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Corviale a Roma: l’utopia della città in un palazzo

Nato dall’idea socialista, per molti è un mostro, ma gli abitanti hanno imparato a volergli bene.
Completato nel 1982 e firmato dall’architetto Mario Fiorentino, a un anno dall’inaugurazione Corviale era già considerato un lager. Ma nonostante l’isolamento dalla città e il degrado, la gente del posto sta scoprendo un sentimento di orgoglio e porta avanti iniziative sociali e culturali.

“E ce vengheno pe’ fame da lontano perché Roma vole dì la capitale, ma in borgata, questa strada ch’è ‘n’imbuto, Roma vole dì sortanto: Sei fottuto. Sei fottuto, eppure tocca tirà avanti e li giorni te li fanno co lo stampo e la sera compri ‘n etto de castagne, te metti a sede e te ritrovi a piagne. Ma che razza de città, ma che razza de città!”.
Testo e musica di Gianni Nebbiosi, 1972

Corviale rappresentò, alla fine degli anni Settanta del Novecento, il più ambizioso progetto architettonico dell’Istituto Case popolari che con esso doveva dare forma, segno e sostanza all’utopia razionalista dell’architetto e urbanista svizzero Le Corbusier.

Dal progetto alla realizzazione passarono più di 10 anni e venne firmato dall’architetto Mario Fiorentino (1918-1982) noto per aver disegnato, sempre a Roma, tra gli altri progetti, il mausoleo dei martiri delle Fosse Ardeatine e per aver costruito insieme a Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi il quartiere INA Casa al Tiburtino.

Nel 1962 il Parlamento italiano aveva approvato la legge 167 per reperire terreni accessibili all’edilizia popolare; nello stesso anno il Comune di Roma varava il Piano Regolatore Generale. Una delle sue finalità era la riqualificazione delle aree degradate e il recupero degli insediamenti abusivi. All’interno di questo progetto si inseriscono i piani di edilizia economica e popolare, approvati nel 1964 sulla base della Legge 167/62. Le aree 167 sono stanziate all’interno o ai bordi della fascia periferica.

Fiorentino si ispira ad altri progetti: primo fra tutto il Karl Marx-Hof a Vienna, gli studi di Le Corbusier per Algeri, fino ad alcune realizzazioni di Bruno Taut.

Le prime assegnazioni degli appartamenti vennero effettuate nel 1982, ma, già un anno dopo, iniziarono le occupazioni abusive nei quarti piani non ancora completati e non destinati dal progetto originario ad abitazioni perché vi avrebbero dovuto trovare spazio circoli culturali e ricreativi, servizi per la cittadinanza, biblioteche ecc.

Ed è subito lager

Già nel 1983 esce il film Sfrattato cerca casa equo canone (diretto da Pier Francesco Pingitore) in cui l’attore Pippo Franco viene truffato da un impiegato dell’Istituto case popolari. Nel film già si parla di Corviale come lager e come luogo abbandonato: era passato appena un anno dall’inaugurazione.

Per molti anni Corviale è stato sinonimo di degrado e il segno architettonico lasciato da Fiorentino è stato paragonato dai media a un carcere, un lager e così via, tanto da attribuirgli due leggende metropolitane, una associata al palazzo, una all’architetto. La prima leggenda vede nella costruzione del Corviale la cessazione dello spirare della brezza proveniente dal mar Tirreno che rendeva fresche le sere d’estate a Roma: la mitica scomparsa del Ponentino, vento termico a regime di brezza che, a sera in primavera ed estate, spira da ovest sulle coste tirreniche dell’Italia Centrale.

La seconda leggenda, vede Mario Fiorentino suicida per i sensi di colpa dopo essersi reso conto di aver costruito tanta bruttezza. In realtà morì nel 1982 per arresto cardio-circolatorio durante una riunione carica di tensione sul progetto Corviale, con colleghi architetti e rappresentanti dell’amministrazione comunale.

Segno abitato

Sul degrado di Corviale, sulla sua rinascita, su fantomatiche proposte di abbattimento si sono versati fiumi di inchiostro ed il chilometro come spesso viene definito (attributo forse più appropriato dell’incomprensibile serpentone dato che l’edificio si staglia lungo una linea dritta che tutto fa pensare tranne che alle linee flessuose di un serpente) è stato, nel corso di trenta anni, passerella di politici e oggetto di studi internazionali in diverse discipline, dall’urbanistica all’architettura, alla sociologia fino a forme di interessante sperimentazione artistica.

Nonostante proposte di abbattimento e di abbellimento, Corviale è ancora lì, identico a come venne costruito ma trasformato nel tempo da segno architettonico a segno abitato, pulsante di vita e di istanze di partecipazione comunitaria. Ma allo stesso tempo Corviale è un monolite che non dialoga con la città, soprattutto perché i servizi che da progetto originario avrebbero dovuto trovare spazio nel complesso, sono invece fuori, te li devi andare a cercare e i mezzi pubblici, se pur notevolmente potenziati, nel fine settimana latitano.

Secondo alcune interpretazioni, esso rappresenta il fallimento dell’idea socialista, l’utopia del Falansterio, ovvero la materializzazione dell’idea del filosofo francese del XIX secolo Charles Fourier di creare una comunità egualitaria e autosufficiente come una città. Corviale oggi è un manufatto, per dirla in termini architettonici, o è un quartiere, in termini più sociologici che urbanistici? È un luogo oppure un oggetto poggiato come un enorme pezzo di Lego su una parte di quella campagna romana ritratta con romantica dovizia da Ettore Roesel Franz a metà Ottocento?

Gli abitanti, nel corso del tempo, hanno imparato a volere bene a Corviale, hanno acquisito sempre più una nuova coscienza e stanno scoprendo un sentimento di orgoglio.

Soprattutto, nel tempo si è iniziato a parlare di Quadrante Corviale perché il palazzo in fondo non è che uno degli elementi di un territorio molto vasto di circa 774 ettari, ricco di parchi, attrezzature sportive uniche a Roma (come la palestra di rugby), contenitori di arte contemporanea. Nel mese di novembre 2012, dopo trentacinque anni dalla costruzione, si è tenuto un convegno a Roma organizzato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e si è dato vita ad un partenariato di associazioni locali denominato Corviale Domani.

Monumentale mostro

Considerato da alcuni un “mostro” e da altri un monumento della Roma contemporanea, Corviale è un complesso di 958 metri di lunghezza, 200 metri di spessore, 30 metri di altezza divisi in nove piani il tutto per un totale di 750.000 metri cubi di cemento, su di un’area edificabile di circa 60 ettari; dentro quello che è uno dei più grandi parallelepipedi del mondo, ci sono 1.202 appartamenti dove vivono circa “8.500 vicini di casa”.

Quando conduco qui le incursioni urbane della mia associazione Ottavo Colle la prima cosa che si nota è l’estremo silenzio. Uno psichiatra della ASL locale, Antonello d’Elia, ha studiato questo silenzio correlandolo al senso di abbandono e all’assenza di una idea di città intesa come comunità, relazioni, strade e spazi.

Nessuno sa con esattezza quanti siano i residenti perché molti sono tutt’ora abusivi e l’ATER, che è proprietario dell’edificio, fatica a riscuotere gli affitti e a procedere al censimento. L’utopia di cui è stato vittima Corviale, realizzata dal team capitanato dall’architetto Fiorentini, ha in Le Corbusier e nella sua idea di città radiosa e città verticale la paternità. In questa città verticale la densità di popolazione sarebbe stata altissima, circa 3.000 abitanti per ettaro e questo avrebbe favorito l’instaurarsi di legami comunitari e solidaristici.

Nel 1972, nella relazione finale del progetto, Fiorentino scrive di essersi ispirato agli acquedotti romani per lo stagliarsi di questo enorme manufatto nella Valle dei Casali – si colloca infatti in una parte vasta di quello che resta della campagna romana: “Il progetto nacque da un’idea ispirata alla storia ed alle immagini di Roma e del suo territorio. Questo presentarsi dell’edificio, così perentorio, e solo nel paesaggio della campagna, su un costone emergente e questo suo proporsi nel paesaggio anche da grandi distanze alto sulla valle del Tevere e sulle colline, richiama alla memoria gli acquedotti e i grandi ruderi del paesaggio romano, un tempo soli e grandiosi, così come ci appaiono nei più ampi spazi delle incisioni della città e della campagna romana”.

Una volta era tutta campagna

Oggi, a dare vita a questo monumento al Novecento ci sono tante realtà associative che resistono. Come il Mitreo Iside, uno spazio polifunzionale che, solo grazie alla determinazione e al coraggio di Monica Melani, artista e promotrice culturale di questo luogo, è stato recuperato da uno dei tanti spazi comunali e dell’Ater rimasti vuoti e abbandonati per anni. L’artista Monica Melani, vera e propria pioniera in questo quartiere, così ricorda Corviale quando nel 1968 vi si trasferì con i genitori dal quartiere Marconi: “Una immensa area verde con pochi casali sparsi, boschi di eucaliptus, campi di grano, viali di ciliegi ed aree sterrate adibite a campetti da calcio animati da gruppi di bambini e ragazzi fino al tramonto. Una realtà, anche relazionale, più rurale che cittadina. Il muretto, dove da ragazzi ci riunivamo, era proprio all’angolo tra via Casetta Mattei e via di Poggio Verde, la strada/cantiere rimasta poi chiusa per circa un decennio durante la costruzione del chilometro, e che nei primi anni dell’occupazione era diventata, insieme a via Mazzacurati, dove è ora Il Mitreo, estremamente pericolosa, con insediamenti abusivi e criminalità diffusa, tanto che gli abitanti delle aree vicine, evitavano di passarci, condannando Corviale all’isolamento dal resto del territorio”.

Con l’isolamento venne quell’identità specifica che Corviale conserva ancora oggi: “Un periodo iniziale difficile – continua Monica Melani – generazioni decimate dall’eroina, come peraltro in tutta Italia, ma anche costellato dalle tante battaglie di cittadini che non si sono arresi, ed in virtù degli anticorpi sviluppati hanno chiesto con forza, ed in parte ottenuto, pari diritti e dignità, avviando un lento ma inesorabile, ed oggi potremmo dire inarrestabile e straordinario cambiamento. Un grido, uno strappo che in tanti abbiamo avvertito e a cui abbiamo risposto mettendoci il cuore, coltivando il sogno, con passione ed instancabile quotidiano impegno, di creare insieme una migliore e sostenibile qualità di vita per questo territorio così ricco di potenzialità e talenti”.

Moltiplicatore di cultura

Il Mitreo – Arte Contemporanea, coraggioso recupero e riuso di uno spazio pubblico di circa 800 metri quadrati, abbandonato da oltre vent’anni, nasce con questo intento e per contribuire a rimettere al centro della contemporaneità il valore sociale e propulsivo dell’arte.
Corviale

Uno degli spazi del Mitreo – Arte Contempranea

Attivo dal 2007, ha attratto competenze, energie, risorse, imprese, associazioni e singoli cittadini, fungendo da moltiplicatore di cultura, relazioni, scambio e condivisione, suggerendo collaborazioni, regalando fiducia, prendendosi cura di sogni e bisogni, facilitando contaminazioni virtuose e sviluppando reti di relazioni durevoli come il coordinamento Corviale Domani, un partenariato locale ispirato e reso possibile dall’instancabile Presidente dell’Associazione Pino Galeota, il cui progetto, riconosciuto nel 2012 di interesse Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali, attraverso un protocollo di intesa con i Municipi XI e XII e l’Università di Roma La Sapienza, ha dato il via ad una ricerca e confronto che ha coinvolto l’intera comunità fino alla realizzazione delle linee guida per il Concorso Internazionale di Architettura, indetto dalla Regione Lazio nel 2015, per la Rigenerazione di Corviale e del suo territorio.

“Sono anni che mi occupo come abitante, cittadino e poi amministratore, di Corviale – spiega Pino Galeota – Numerosi sono stati i laboratori, i seminari, gli incontri, le pubblicazioni, le collaborazioni e riconoscimenti che ne hanno segnato il cammino del progetto Rigenerare Corviale. Obiettivi strategici riguardano la realizzazione di interventi materiali e immateriali per promuovere beni relazionali e profitti sociali (cultura, sport, socialità) come veicolo di benessere, inclusione sociale e sviluppo economico accompagnato dal terzo settore e le imprese sociali”.
Vivaio d’arte

Negli ultimi mesi un gruppo di artisti, tra cui Mimmo Rubino e Angelo Sabatiello, sta portando avanti il progetto di arte pubblica L’albergo delle Piante: Tutto nasce circa un anno fa quando, sotto la supervisione della psicologa dell’ASL locale, Ester Stocco, alcuni ragazzi del Centro Di Aggregazione Giovanile iniziarono a portate delle piante in uno dei cinque spazi-cavea di Corviale, pensati inizialmente nel progetto come “spazi assembleari dei cittadini”, dove gli abitanti avrebbero dovuto riunirsi. Sono tutti abbandonati e non utilizzati, tranne questo dove, gradualmente, le persone stanno portando delle piante collocandole sui gradoni e prendendosene cura.

Rubino tiene a precisare che si tratta di un progetto artistico e che l’arte è nella relazione che si crea tra chi e da chi partecipa alla costruzione di questo vivaio urbano. La pianta diventa un medium per l’identità del luogo che volutamente gli artisti hanno lasciato come è, grigio e con tag qui e là sui muri. Né raccolgono gli inviti a pulire o a trasformare il luogo. Questi artisti non credono che Corviale debba trasformarsi in qualcosa d’altro per migliorare ma che possa trovare dentro di sé la capacità di affermarsi come comunità urbana.

Una radio nella notte

Un’altra realtà nata recentemente è Radio Impegno come diretta streaming notturna dal Campo dei Miracoli di Corviale. Il Campo dei Miracoli è la prima sede di Calciosociale in Italia. Il Calciosociale è una nuova tipologia di calcio: aperta a tutti e basata su regole fuori dalla logica comune e dallo straordinario impatto sociale. L’obiettivo è creare un modello di società più giusto e coeso trasformando i campi di calcio in palestre di vita dove l’integrazione avviene quando le persone disagiate entrano a diretto contatto con persone normodotate. Si distingue per essere un centro polifunzionale innovativo, ricostruito secondo le migliori soluzioni di Bioarchitettura ed è riconosciuto come il primo esperimento di Architettura Sociale in una periferia romana. La sua sede è a Corviale, nel Municipio XI.

Alcuni mesi fa è stato oggetto di incendio doloso. Radio Impegno è nata anche per dare spazio alla voce del quartiere e per mostrare che anche di notte c’è una presenza attiva. Gli obiettivi dei curatori sono quelli di custodire il Campo dei Miracoli, bene simbolo della rinascita di un quartiere, costruire una rete di tutti quei soggetti impegnati a diffondere la cultura della legalità, costruire una rete di associazioni e cittadini impegnati sui temi dell’ambiente, della cultura, dell’informazione, dei diritti civili e della povertà. Ma anche quello di denunciare le piccole e grandi prepotenze della criminalità e stimolare la partecipazione e l’impegno della gente comune alla vita sociale e politica della città. Un’altra realtà made in Corviale per questo quartiere/città ancora in attesa di aprire un dialogo con Roma. Ce la stanno mettendo tutta e i risultati arriveranno.

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