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Intervista all’ingegnere Marco Annoni di Telecom, capofila del progetto URBeLOG che punta a razionalizzare l’ultimo miglio del trasporto merci in ambito urbano. Coinvolte le città di Torino, Milano e Genova
Secondo i dati del Rapporto Italia Noi appena pubblicato da Istat, “nel 2012 il trasporto di merci su strada ha sviluppato un traffico di oltre 124 miliardi di tonnellate al km, in forte calo (-13,2%) rispetto al 2011”. Si tratta solo degli effetti della crisi, oppure dato che, sempre secondo Istat, “in rapporto alla popolazione, il volume di traffico italiano è inferiore a quello di tutti i principali partner dell’area dell’euro” ci sono altri elementi alla base di questa differenza?
La crisi economica è chiaramente la ragione principale per la quale il trasporto delle merci ha subito un simile calo, ma nel caso italiano c’è un elemento peculiare che ha aggravato la situazione, facendo sì che nel settore il nostro mercato reggesse meno di altri. A differenza di quanto accade in altri Paesi Europei, in Italia il trasporto merci è un comparto estremamente frammentato. Il trasporto logistico è gestito perlopiù da aziende di piccole, a volte piccolissime, dimensioni, composte anche da una o due persone. Ed è difficile fare economia di scala in questo modo; i cosiddetti padroncini sono quelli che hanno fatto più fatica a non farsi spazzare via dalla crisi.
Questa frammentazione è la stessa ragione per cui è così complicato organizzare l’ultimo miglio del trasporto merci? Si parla da anni di razionalizzazione del trasporto logistico in ambito urbano, ma con scarsi risultati, nonostante sia questa una delle principali cause dell’inquinamento e della congestione del traffico in città.
Esatto, questo purtroppo è un grosso problema, e non solo nella logistica delle merci. Nel mondo dei trasporti, in Italia come altrove, gli attori sono incredibilmente eterogenei: aziende individuali, agenzie partecipate, agenzie completamente pubbliche, grandi imprese private… Non sempre gli interessi collimano in questo mix tra pubblico e privato, che fra l’altro è caratterizzato da scale temporali molto diverse. Un elemento con cui dobbiamo purtroppo fare i conti quando parliamo di ICT e infomobilità. Il mondo delle telecomunicazioni è estremamente rapido: il ciclo di vita dei prodotti è breve, le nuove tecnologie vengono superate continuamente, con aggiornamenti, nuove versioni migliorate… pensiamo invece al settore degli autoveicoli: un’automobile circola fino a otto, nove anni, un veicolo commerciale anche venti. Per non parlare delle infrastrutture stradali che le pubbliche amministrazioni pianificano, operano e mantengono con pianificazioni pluridecennali. L’organizzazione del cosiddetto ultimo miglio, il tratto finale prima della consegna delle merci, deve necessariamente coinvolgere i Comuni, ma tra le difficoltà economiche, le implicazioni normative e di processo il coordinamento tra tutti gli attori coinvolti è molto, molto complicata. Non che la gestione dell’ultimo miglio sia un problema solo italiano, anzi. Solo che se già il contesto è complicato, noi riusciamo ad essere anche particolarmente “bizantini”in quanto a burocrazia…
Se vogliamo trasformare davvero le città nelle smart cities di cui si parla sempre più spesso, la mobilità urbana è forse il primo campo in cui è necessario intervenire . E la direzione sembra chiara: connettere i veicoli alla realtà che li circonda. A livello pratico, come si potrebbe applicare al trasporto merci?
Intanto bisogna precisare che, quando parliamo di mobilità e di veicoli connessi non intendiamo esclusivamente le automobili, ma anche le biciclette e le motociclette, il trasporto pubblico e quello commerciale, lo stesso pedone se vogliamo. Il tema dell’infomobilità è diventato sempre più centrale e negli ultimi dieci anni la Comunità Europea si è impegnata con fondi e finanziamenti per sviluppare la ricerca e la standardizzazione nel settore. L’obiettivo è arrivare ad avere veicoli che possano circolare liberamente in Europa con strumentazioni standard in grado di comunicare tra di loro e con le infrastrutture. C’è una grande spinta da parte di Bruxelles in questa direzione, perché permetterebbe di risolvere, o almeno semplificare, tanti problemi allo stesso tempo: sicurezza, efficienza, impatto ambientale… Si va da una cosa semplicissima – in cui l’Italia è all’avanguardia – come il telepedaggio, ai sistemi di car sharing, da soluzioni per aumentare la sicurezza diminuendo il rischio di incidenti, alla prenotazione automatica delle ricariche per le auto elettriche fino alla possibilità di regolare dinamicamente l’accesso alle ztl in base alla congestione del traffico, al meteo, alle concentrazioni di inquinanti. E’ la flessibilità, la chiave di tutto, la possibilità di monitorare ed adattare la viabilità al contesto in tempo reale e in modo dinamico. E ora anche per il trasporto delle merci si stanno aprendo possibilità interessanti. Sia il MIT che il MIUR hanno aperto bandi molto interessanti, che stanno facendo di alcune grandi città italiane dei laboratori a cielo aperto per i Sistemi di Trasporto Intelligente (ITS)
E qui veniamo al progetto URBeLOG, che vi vede direttamente coinvolti: Milano, Torino e Genova: il vecchio “triangolo industriale” sta tornando in prima linea per il trasporto smart? D che cosa si tratta e che ruolo gioca Telecom Italia nel progetto?
Nella tematica “Logistica di Ultimo Miglio” Telecom Italia si è classificata al primo posto nel bando Smart City del MIUR, e l’abbiamo fatto con questo progetto, URBeLOG, appunto, che punta proprio a razionalizzare l’ultimo miglio del trasporto merci. Fondamentalmente si tratta di scardinare quella frammentazione di cui parlavamo prima, coordinando tutti gli attori in gioco per gestire in tempo reale i processi distributivi dalla produzione alla consegna, riducendo tempi, consumi ed emissioni. Telecom Italia è capofila del progetto, ma con noi collaborano tantissimi enti diversi: IVECO, SELEX Elsag, TNT, Politecnico di Torino, Università Commerciale Luigi Bocconi, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa… La sperimentazione coinvolge Torino, Milano e Genova, con un impegno diretto delle amministrazioni, come molto intelligentemente richiedeva il bando. Non resteranno impegni vaghi: ci sono delibere firmate, che garantiscono la collaborazione ed il coordinamento delle agenzie di mobilità, degli interporti e dei vari soggetti interessati dal progetto. I Comuni dal canto loro non riceveranno finanziamenti diretti, ma potranno beneficiare dei servizi che sperimenteremo gratuitamente, aiutandoci a valutare costi-benefici e a migliorare l’attuazione. Concretamente, sperimenteremo dei sistemi di ottimizzazione in tempo reale dei percorsi e dei carichi nelle flotte che distribuiscono i colli ai commercianti, con l’aiuto di dispositivi di localizzazione satellitare ed equipaggiamenti di comunicazione installati direttamente sui veicoli, monitoraggi degli indicatori ambientali… L’aspetto fondamentale è che una volta messi a punto questi modelli saranno assolutamente replicabili nelle altre città, proprio per uniformare e rendere il più efficiente possibile l’intero sistema. Quando avverrà? Si procederà un passo alla volta. Si pensi all’eCall, la chiamata di emergenza veicolare pan-Europea automatizzata in caso di incidenti stradali, che, al termine di un lungo percorso di standardizzazione tecnica e normativo sarà obbligatoria su tutte le nuove auto omologate a partire da ottobre 2015. E’ un dispositivo tecnologicamente semplice che viene installato per uno scopo specifico, ma che, fornendo funzioni di connettività al veicolo, potrebbe diventare una base d’appoggio per altri servizi che magari ora nemmeno immaginiamo. Ci vorrà del tempo, ma il futuro della mobilità è questo, e la strada è già cominciata.
Elena Donà