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Un ex pugile, un giovane rapper nostrano e un vecchio comunista. Sono l’anima di Corviale. Vittorio Barbante, 43 anni, boxer e una lunga storia alle spalle, tira qualche cazzotto a un sacco appeso nella palestra.
Locali dimenticati dal Comune (doveva sorgere un asilo) e dove oggi la speranza è infilata in un paio di guantoni. Vittorio, figlio d’arte nella boxe, appena può fila in palestra. Pugni che sfidano la droga e il degrado, «che servono per tirarti fuori dai guai», racconta, che scandiscono il ritmo dell’allenamento, «dando un senso alla tua vita». Qui non si rifiuta nessuno. E proprio davanti alla palestra c’è l’Incubatore, un «servizio comunale per l’avvio di nuove iniziative». Ci lavorano alcuni ragazzi, tra cui un rapper-produttore, Riccardo Dell’Avversano, alias Brasca. Di mestiere, però – precisa – fa la guardia giurata, ma anche lui appena può torna a Corviale. Nel quartiere c’è pure il calcio sociale, che raduna ragazzi nel nome dello sport e il campo da rugby.
Marco Balderi, che gestisce il bar dietro la biblioteca è la memoria storica del quartiere, arrivato negli anni Ottanta, «quando fummo inghiottiti dall’edonismo reganiano». Racconta con una nota di colore, che a Corviale hanno sempre convissuto il Partito Comunista e la parrocchia di gesuiti. Peppone e don Camillo. Il bianco e il nero. «Poi ognuno di noi, liberamente – chiude – ha scelto con cosa riempire la propria vita».
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