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Domenica scorsa abbiamo reso l’estremo saluto a Eugenio De Crescenzo con un rito religioso celebrato da Padre Massimiliano, intorno i familiari, gli amici e i colleghi. Lo abbiamo potuto fare solo ora che è finito il lockdown per la pandemia. Con dentro di noi il dolore intenso per una fine insensata; un dolore che si è accumulato in questi due mesi a quello per i tanti morti, alla sofferenza per la clausura, al distanziamento sociale che costituisce una mutilazione del bisogno più elementare dell’uomo di esprimere i propri sentimenti.
Ci siamo raccolti al Parco della Mistica, presso l’Onlus “Volontari Capitano Ultimo”, in una semplice cappella formata da quattro pali di legno e un tetto in mezzo al prato. Eravamo in tanti a provare l’angoscia di non poterci abbracciare e salutare con una stretta di mano, nemmeno dinanzi alla perdita di un amico comune.
Non aver potuto onorare Eugenio in tutto questo periodo è una ferita grave che ci porteremo dentro per molto tempo. Se viene meno il rispetto per i morti si va verso l’imbarbarimento. Il culto dei morti è un aspetto fondamentale della civiltà umana, perché ha originato, negli ultimi diecimila anni, la sedentarietà e quindi la cultura della convivenza e della stessa comunità.
Eugenio è stato un costruttore di comunità. Ha ispirato e animato progetti di grande respiro, come il Parco della Mistica e tante cooperative sociali. Bisognerà trovare il modo per raccogliere in modo ordinato l’insieme delle sue realizzazioni per poterle raccontare. Spetta, infatti, a noi il compito di conservare la memoria delle opere che egli ha compiuto per poterle vivificare e moltiplicare. È questo il messaggio lanciato da Paola, Elisa, Padre Massimiliano, Gianni Palumbo e Francesca Danese che lo hanno salutato con parole intense e commosse. Tonino Tosto ha declamato, da par suo, i versi di un poema armeno che Eugenio amava molto.
Dobbiamo imparare dal dolore di queste settimane a dare valore alle relazioni umane più profonde, al silenzio contemplativo, al ricordo che predispone all’inventiva. “Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo” – scriveva Kant più di due secoli fa. Eugenio si è attenuto in modo scrupoloso a tale imperativo. Ed è questo il dono e il segno d’amore più grandi che egli ci lascia perché possano ancora vivere e generare gioia e bellezza.