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Celli e Tognon e la corte di Rozzol Melara a Trieste / Villa e Piazza

rozzolNon ne sappiamo mai abbastanza di questi grandi complessi che, come il Corviale, le Vele o lo Zen, hanno segnato gli anni settanta. Bisognerebbe renderli continui oggetti di conoscenza e di sapere, non smettere mai di indagarne le origini, le risorse e i drammi, non accontentarsi della retorica del “fallimento delle buone intenzioni”. Riccardo Villa si è inerpicato fino a vedere Trieste dall’alto, oltre la grande corte di Rozzol Melara.

“La presenza della dimensione pubblica accanto a quella privata, la densità di popolazione, la concentrazione di servizi, la presenza di spazi tipicamente urbani (la piazza, la strada pedonale), l’articolazione delle destinazioni d’uso, la plurifunzionalità, la varietà di situazioni interne ed esterne, costituiscono alcuni dei criteri fondamentali che hanno permesso di strutturare Rozzol Melara come parte di città, rifiutando quindi, finalmente, il ruolo di periferia degradata che è stato così spesso assegnato agli interventi popolari in Italia” (Carlo Celli)
Ci allontaniamo da Trieste, lasciandoci il mare alle spalle. La strada sale sempre più in alto; ora la città si sfrangia in un pulviscolo di villette mono o bi-familiari, esattamente quel “modello ideologico della tipologia suburbana” a cui lo stesso Celli cercava di trovare un alternativa. Quasi inaspettatamente, lo sprawl della periferia triestina si interrompe e la vegetazione collinare lascia il posto a un muro di cemento alto più di trenta metri. Siamo arrivati a Rozzol Melara.
Costruito tra il 69 e l’82 da un gruppo di architetti guidato da Carlo Celli su commissione dell’IACP, il complesso si compone di due corpi ad L, uno di altezza doppia rispetto all’altro – raddoppiamento demarcato da uno spazio di distribuzione mediano, ritmato da grandi oblò. All’interno del passo costante dato dai corpi di distribuzione “scivolano” – analogamente ai cassetti lecorbuseriani delle Unitè d’Habitation – le varie tipologie di appartamenti, la cui varietà contribuisce al disegno delle facciate senza mai comprometterne il rigore. Ideato per ospitare 2.500 abitanti, il quadrilatero di Rozzol Mealara ambisce a trascendere la condizione di edificio per diventare esso stesso una città. La forma scelta dai progettisti – il quadrato – evoca essa stessa la figura della città di fondazione, così come la croce di strade che ne solca l’interno – un cardo e decumano ai quali si legano i servizi comuni principali.
La coincidenza fra la dimensione architettonica e quella urbana è resa esplicita dalle parole degli stessi progettisti, che definiscono lo spazio centrale una «corte-piazza», sovrapponendo deliberatamente la scala dell’edificio a quella della città. Modelli formali adottati a prescindere dalle relazioni, dai rapporti, dalle proporzioni che storicamente li contraddistinguono, e che si lacerano sotto la tensione di dimensioni andate oltre ogni soglia critica. Distanze così grandi che, più che una corte o una piazza, quel che rimane ricorda piuttosto un terrain vague. La figura del quadrato si ripropone anche ad una scala inferiore: la griglia che innerva l’intero insediamento divide gli spazi, organizza i percorsi, gestisce la relazione fra spazio pubblico e privato, incasellando letteralmente ogni attività umana. Nelle intenzioni dei progettisti quest’aggregato di cellule, combinato agli spazi per la vita associata e alimentato dall’elevata densità di abitanti, avrebbe consentito di sviluppare «nel modo più conveniente» le relazioni sociali.
Tra un tracciato e l’altro della griglia cartesiana la gomma a bolli che riveste le solette da’ luogo – più che a degli spazi – a dei vuoti pneumatici, utilizzati dall’attività umana non tanto per una loro attrattività intrinseca quanto per un semplice principio di occupazione del vuoto. «Qua dentro possiamo fare di tutto, perché non c’è niente» afferma uno dei giovani di Rozzol Melara.
Atterrati su quell’altura quasi come un oggetto extra-terrestre proveniente da un qualche universo cartesiano, i possenti calcestruzzi del quadrilatero sono erosi ed incrostati dagli abitanti del nuovo insediamento; la scala titanica, oltre-umana di Rozzol Melara è oggi timidamente addomesticata quì da un murales, là da un campo da calcio, altrove da un altalena; gli spessi infissi metallici neri celati da tende. Il brutalismo schematico di questa città di fondazione viene questionato, ma mai veramente compromesso. Al pari di alcuni – forse più noti – edifici-città coevi, Rozzol Melara rimane una spaventosa quanto affascinante testimonianza costruita di un’idea assoluta, teatro delle complesse relazioni fra architettura e società.
Riferimenti

Casabella 437, giugno 1978

Testo Riccardo Villa, fotografie di Francesco Piazza

Riccardo Villa nato a Milano nel 1987. Si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 2012. Attualmente vive a Bruxelles, dove lavora come architetto. È inoltre membro del consiglio editoriale e redattore di vari articoli per la rivista on line gizmoweb.org. Ha recentemente contribuito alla redazione della Guida all’architettura di Milano, pubblicata a novembre 2013

Francesco Piazza nato a Novara nel 1986; Si laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 2011 e attualmente lavora nel campo dell’architettura e della fotografia. Si forma in diversi ambiti che spaziano dal landscape alla fotografica, dal real estate alla grafica virtuale. Nel 2012 fonda, insieme ad un gruppo di freelance, ELGrupo, un’attività che sviluppa i diversi ambiti della comunicazione digitale.

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