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Canili comunali di Roma: un futuro appeso ad un filo

 Canili comunali di Roma: un futuro appeso ad un filo per operatori ed animali 

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ROMA, 5 gennaio 2016 – Ancora un nulla di fatto per il futuro dei canili comunali di Roma e per tutti gli operatori impegnati.

Il subcommissario all’Ambiente, gen. Camillo Di Milato, nell’incontrare ieri sera l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese che gestisce il canile comunale Muratella e il rifugio comunale Vitinia ex Poverello ha comunicato di essere in attesa dei pareri legali richiesti per continuare in una proroga fino all’espletamento della gara europea di prossima indizione.

Per il momento, quindi, gli operatori possono contare solo sulla proroga relativa al mese di gennaio 2016, con uno scenario ancora indefinito relativamente al loro futuro lavorativo e di conseguenza al livello di benessere degli animali di cui si occupano da anni.

Poche le certezze sul piatto: la richiesta inoltrata alla Regione Lazio sul prosieguo della cassa integrazione guadagni per gli operatori impegnati (una CIGS che già oggi grava sul 25% delle ore lavorate e quindi del salario percepito) ed il ricorso al TAR del Lazio che dovrà esprimersi sulla congruità della gara emessa ad agosto 2014 dal Dipartimento Ambiente e che ha portato all’indeterminatezza di questi giorni: gli importi della gara erano talmente al massimo ribasso – per ammissione dello stesso Dipartimento Ambiente – da portare ad una mancata aggiudicazione dei canili comunali ed all’attuale caos.

“Le responsabilità amministrative non possono in alcun modo ricadere sul benessere degli animali e sul futuro di operatori, volontari e cittadini”: così l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese in una nota.




Indulgenze e dialogo ecumenico

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Uno degli aspetti particolari del Giubileo è la questione delle indulgenze, su cui papa Francesco ha introdotto novità rilevanti che vanno sottolineate. Si tratta di un istituto di origine medievale che, nella teologia cattolica, rappresenta la remissione, per intervento della Chiesa, della pena corporea o spirituale che resterebbe da scontare (sulla terra o in purgatorio) in seguito ai peccati commessi, dopo che sia avvenuto il perdono della colpa e la riconciliazione nel sacramento della penitenza.

La prassi delle “commutazioni” permetteva di collegare un’indulgenza a pagamenti in denaro (elemosine) o a restauri di chiese. La predicazione delle indulgenze in cambio di elemosine per ricostruire la basilica di S. Pietro, con i connessi abusi (vendita delle indulgenze), fu uno dei motivi dello scontro di Martin Lutero con l’arcivescovo Alberto di Magonza e poi con la S. Sede.

Nel 1967 Paolo VI ha confermato la tradizione con la costituzione apostolica Indulgentiarum Doctrina, ripresa dal Catechismo del 1992.

Ora, nella Bolla di indizione del Giubileo, papa Francesco parla di “indulgenza” e non più di “indulgenze” e non si fa più riferimento alla “remissione della pena temporale dei peccati”.

Si può dire che siamo davvero di fronte ad una rottura rispetto al passato, come ce ne sono state altre nella storia della Chiesa?

Ce lo dirà il dialogo che nel 2017 si avvierà tra i cattolici e i cristiani evangelici, a 500 anni dall’inizio della Riforma protestante. Bisognerà forse fare un ulteriore passo avanti, superando nella riconciliazione tra l’uomo peccatore e Dio la dichiarazione dei propri peccati al confessore. Nella Bolla giubilare ancora permane la centralità “sacerdotale” del ministro del culto cattolico come luogo della misericordia. Nelle altre chiese cristiane la remissione del peccato avviene, invece, nella centralità del rapporto diretto con Dio.

Ma, intanto, qualcosa si è mosso e sembra andare nella giusta direzione. Per ben sperare, occorre rimuovere gli intralci nel percorso del dialogo ecumenico.

 

Fonte : afonsopascale.it apri l’articolo originale



Newsletter dal Quartiere

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E’ cominciato il lavoro del Commissario straordinario di Roma Capitale, Francesco Paolo Tronca, nominato a seguito della decadenza del Sindaco Marino. Il Commissario ha per primo costituito la squadra di lavoro distribuendo deleghe e competenze per poi entrare nel pieno del lavoro occupandosi di problemi legati a decoro e legalità. In questo senso, anche in vista del Giubileo straordinario al via in questi giorni, ha vietato i “risciò” che scorrazzano in centro, ha inibito ai “centurioni” e alle guide turistiche improvvisate, che sono anche causa di disturbo e disagio per i turisti, di stazionare nei pressi dei monumenti della città.

Nel frattempo, a Corviale, è stato annunciato l’avvio dei lavori straordinari di recupero e riqualificazione del Serpentone con il finanziamento regionale di tre milioni di euro, proprio il giorno che ha visto una grande mobilitazione a difesa della legalità nata successivamente al rogo che è stato appiccato ai danni di una delle strutture del “Campo dei Miracoli”; infine  continuano i lavori di ristrutturazione del plesso scolastico in via Mazzacurati che potranno terminare, però, solo a fronte dello sblocco, da parte del Commissario, dei fondi per il secondo stralcio.

A Portuense, intanto, sono terminati i lavori archeologici propedeutici al raddoppio del sottovia ferroviario. Ora, siamo in attesa che la Soprintendenza elabori il progetto dell’opera e le prescrizioni a tutela del patrimonio rinvenuto.

Cominceranno, invece a breve, i lavori di ripristino dell’illuminazione in diverse strade del Municipio XI, da tempo al buio a seguito dei numerosi furti di cavi e di ciò sono contenta perché contribuirà ad aumentare la sicurezza nelle nostre strade, sicurezza e decoro che ritengo imprescindibili. Proprio per questo, ho scritto al Prefetto per segnalare ancora e conoscere le azioni intraprese per risolvere la questione dei roghi tossici che si verificano intorno al Campo di Candoni. A questo proposito, invito tutti, comunque, a voler segnalare il problema, nel momento in cui si verifica, al 112 in modo che si possano attivare le procedure di verifica e controllo. Sempre con riguardo a via Candoni, ho sollecitato una bonifica delle discariche abusive presenti lungo tutta la strada che porta, oltre che agli uffici e al deposito ATAC, anche al nido “Crescere Insieme” e che non può restare in quelle condizioni.

Il 28 e 29 Novembre si è svolto il terzo incontro nazionale di Italia in Comune, una rete di Sindaci, Assessori e Consiglieri italiani, nata per raccontare e condividere le buone pratiche amministrative che hanno avuto successo nei territori, un modo, quindi, per imparare e “rubare” idee da poter applicare; di questa rete sono tra i fondatori e aver contribuito ad organizzare questo incontro è motivo di orgoglio per me, puoi trovare tutte le informazioni a questo sito.

Nell’augurarti una buona lettura ti segnalo che per ogni approfondimento sulla mia attività puoi visitare il mio sito o la mia pagina facebook.

Emanuela Mino




“Gli animali prima di tutto: no lucro nei canili comunali”

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“Gli animali prima di tutto: no lucro nei canili comunali”:continua il braccio di ferro tra gli animalisti ed il Comune di Roma

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QUESTA E’ LA LEGALITA’ DEL COMUNE DI ROMA?

ROMA, 10 novembre 2015 – A distanza di 41 giorni dal 1 ottobre 2015, giorni in cui un soggetto a scopo di lucro sarebbe dovuto entrare nel rifugio comunale Ponte Marconi ex Cinodromo, i cani continuano ad essere accuditi dai volontari e dagli operatori delle associazioni presenti da anni in canile, l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese e L’Impronta.

L’impresa barese Mapia srl, che ha vinto la gara fotocopia di quella bloccata in autotutela dal Comune stesso a dicembre 2014 per lo scoppio di Mafia Capitale, non ha esercitato la clausola di salvaguardia nei confronti degli operatori presenti in canile e il Comune di Roma ha ordinato il ritiro di tutti gli operatori AVCPP (personale per accoglienza al pubblico e adozioni, educatore e terapista) ed il blocco dei servizi ai cittadini e agli animali.

Gli animali non sono adottabili e non sono recuperabili dal punto di vista comportamentale. Il cibo non viene più fornito come da convenzione e i 49 cani presenti si alimentano solo grazie a pappe comprate direttamente a loro spese dalle associazioni presenti.

Le richieste dell’animalismo romano – supportate da tutte le forze politiche cittadine, in maniera bipartisan – di non consentire ad un imprenditore di gestire un canile comunale capitolino (per la prima volta nella storia) non solo non sono state ascoltate dal Comune di Roma ma addirittura gli animali sono stati abbandonati a loro stessi, senza la possibilità di uscire in adozione dalle gabbie: numerose sono le richieste di adozione giunte ad AVCPP da cittadini che vogliono liberare un cane dal canile usufruendo di servizi e professionalità ventennale ma non possono essere portate a termine.

Voci di corridoio parlano di un accentramento delle adozioni nelle mani del Comune di Roma (che non ha personale specializzato atto a garantire ad animali e cittadini un servizio tanto delicato) forse con l’ausilio di associazioni compiacenti. AVCPP – che ha già rappresentato al Comune di Roma la sua disponibilità a continuare ad occuparsi di adozioni anche a titolo gratuito e che conosce questi animali uno ad uno, dopo averli curati per anni a proprie spese – continua a sollecitare il Dipartimento Ambiente senza ricevere risposta alcuna.

I cani del canile comunale Ponte Marconi ex Cinodromo di Lungotevere Dante 500 sono rimasti senza adozioni, senza servizi e senza cibo: questa è la legalità del Comune di Roma?

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AVCPP dice NO: difenderemo fino alla fine professionalità ed animali. Noi ci siamo e ci resteremo. Invitiamo tutti i cittadini a stare a fianco dei cani e dei lavoratori del canile di Ponte Marconi in difesa di un modello di benessere animale che da oltre 20 anni appartiene a Roma Capitale.

Così l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese in una nota.
Per info, 3496443335




Commento alle linee guida ANAC per affidamento di servizi a enti di terzo settore e alle cooperative sociali

Relativamente alla richiesta avanzata dal Comune di Roma Capitale di avere un contributo sulla proposta di Linee guida dell’ANAC per l’ affidamento di servizi a enti di terzo settore e alle cooperative sociali il Forum del Terzo Settore del Lazio acclude qui di seguito i pareri del Comitato scientifico del Forum TS Lazio, del Mondo della Cooperazione sociale (AGCIsolidarietà, FEDERSOLIDARIETÀ-CONFCOOPERATIVE e LEGACOOPSOCIALI) e della coop sociale il Grande Carro.

CONTRIBUTO DEL COMITATO SCIENTIFICO DEL FORUM TS LAZIO

il contributo del documento ANAC mi sembra si collochi nella linea di assicurare una riflessione importante che cerca di dare una base comune di riferimento giuridico e operativo per chi opera come pubblica amministrazione e come Terzo settore nell’ area degli interventi di welfare.

Questo vuol dire che, come tu proponi, si tratta di una linea da apprezzare e condividere. Ciò non vuol dire,però, accettarne pedissequamente l’ impianto senza evidenziare alcune, a mio giudizio,  gravi lacune.

A tale riguardo mi permetto di far presente:

  1. Mi pare contenutisticamente grave che un documento di codesta Autorità usi il termine NO PROFIT. Non è una questione banale perchè bisogna spiegare che gli organismi di Terzo settore debbono prima di tutto operare con obiettivi di utilità collettiva e debbono poter almeno pareggiare le uscite con le entrate, includendo anche le quote di ammortamento dei capitali investiti. Se riescono a produrre profitti, questi debbono essere reinvestiti nelle attività svolte. Se si chiude l’ iniziativa essa deve essere conferita ad analoga realtà di utilità collettiva senza scopo di privata speculazione Perciò si deve parlare di NON PROFIT che testualmente vuol dire che si opera non per finalità di profitto.
  2. Nel documento non si tiene conto della fondamentale distinzione tra soci lavoratori e dipendenti. Anche l’ Istat non evidenzia questa diversità. Anche se interpellato verbalmente assicura che i dati sono stati raccolti dal Censimento. Questo aspetto va adeguatamente tenuto in evidenza se non altro perchè gli organismi a carattere mutualistico sono quelli caratterizzati da una significativa presenza di soci lavoratori. Non solo: la partecipazione numerosa di soci lavoratori assicura un coinvolgimento più stringente delle persone impegnate. Questo aspetto dovrebbe essere considerato nella normativa in questione quale elemento qualificante.
  3. Non si prende in considerazione la possibilità di lasciare all’ utenza la facoltà di scegliere tra varie offerte omologate dalla Pubblica Autorità. Non è sempre possibile praticare questa linea ( per esempio nel caso dell’ accoglienza degli emigranti ) , ma quando lo è permette di realizzare delle politiche di sostegno sulla base del reddito del nucleo familiare di tutti gli aventi diritto.

Tutto ciò implica:

– un cambio positivo della pubblica amministrazione che deve sempre più caratterizzare il proprio impegno nella funzione di analisi dei bisogni e della domanda per i vari territori ( coinvolgendo gli organismi del Terzo settore ) e di programmazione;

– la restituzione all’ utenza della funzione di scelta tra le varie opzioni poste così in concorrenza tra loro con lo stimolo di puntare sulla qualità e la soddisfazione del cliente (da verificare sulla base di campionamenti );

– la competenza tecnico ispettiva per l’ omologazione delle varie strutture di servizi preposte alle differenti offerte sempre da parte della Pubblica Amministrazione;

– la conseguente eliminazione della necessità di bandire gare.

CONTRIBUTO DI LEGACOOPSOCIALI E FEDERSOLIDARIETÀ-CONFCOOPERTIVE

Proposte alle Linee Guida ANAC per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali – documento di consultazione

Si sottolinea, in premessa, la massima condivisione del percorso avviato dall’ANAC con l’adozione delle Linee Guida ANAC per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali poste in consultazione. Le linee guida ANAC sono senz’altro un’occasione di valorizzazione del ruolo del Terzo Settore e della cooperazione sociale.

  1. Una prima osservazione riguarda il fatto che ad oggi la Regione Lazio non ha ancora approvato la disciplina regionale attuativa della legge 328/2000 e, pertanto, mancano alcuni presupposti richiamati nel documento di consultazione dell’ANAC per l’affidamento dei servizi terzo settore e alla cooperazione sociale. Pertanto, non sono stati adottati specifici indirizzi per regolamentare tra i rapporti tra Comuni e soggetti del Terzo settore: questo elemento sulla quale si base gran parte dell’impianto delle linee-guida, non è di poco conto
  2. E’ molto importante il riferimento delle Linee Guida dell’ANAC alla programmazione nell’organizzazione dei servizi, richiamata dal documento come strumento fondamentale per garantire trasparenza dell’azione amministrativa e la prevenzione della corruzione. Questo porta a varie problemi. Spesso non c’è parità di trattamento tra gli stessi cittadini romani residenti in Municipi diversi e le procedure di affidamento sono tra le più variegate, non programmate anche se necessarie, con carattere di urgenza e non sempre rispettose del Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 163/2006) e della legge 328/2000.
  3. La reale partecipazione attiva e la collaborazione tra enti locali e terzo settore possono essere un efficace strumento sia per l’efficace risposta ai bisogni dei cittadini, sia per evitare distorsioni e fenomeni di corruzione. Auspichiamo che si inserisca nelle Linee guida la raccomandazione all’attivazione e al reale coinvolgimento del terzo settore ai piani di zona. La partecipazione delle organizzazioni di rappresentanza del terzo settore è un altro presupposto delle linee guida mancante a livello regionale, anche a causa del suddetto vuoto normativo; la richiesta di partecipazione è infatti spesso lasciata alla libera iniziativa dei singoli amministratori e non è finalizzata alla valorizzazione del ruolo di co-progettazione. In relazione al percorso individuato per la realizzazione di interventi in co-progettazione, si condivide che sia una procedura idonea per gli interventi innovativi e le 4 fasi individuate nelle Linee guida.
  4. Si ritiene importante, in relazione alla previsione della legge 328/2000 che stabilisce che oggetto del servizio sia l’organizzazione complessiva del servizio, il riferimento ai chiarimenti contenuti nella Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 11 febbraio 2011, n. 5 con la “tolleranza zero” per gli appalti non genuini, visti come una delle forme peggiori di sfruttamento del lavoro. La circolare individua criteri di qualificazione in forza dei quali un appalto può essere definito come genuino richiamando l’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 secondo il quale «il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa».
  5. Auspichiamo che le linee guida ANAC, ampiamente condivisibili nel loro impianto generale, possano essere un utile strumento di sollecitazione all’approvazione del disegno di legge regionale n. 88/2013, in cantiere da troppo tempo, e senza il quale queste linee potrebbero franare su un terreno impervio.
  6. Molto interessante ed appropriata ai fini non solo di un’adeguata concorrenza ma anche di un equo riconoscimento dei costi, la distinzione che viene fatta nell’ambito di strutture di accoglienza sui servizi di accoglienza ai rifugiati e agli immigrati, tra il possesso della struttura e la sua gestione. Questa distinzione apre nuovi scenari anche per i servizi semiresidenziali, oggi infatti le tariffe non tengono conto della differenza di costo tra gestori che dispongono di strutture proprie e gestori che usufruiscono di strutture pubbliche, creando condizioni di favor per i secondi. Riteniamo quanto mai opportune le osservazioni del documento di consultazione in particolare all’importanza della fase programmatoria e condividiamo le proposte ivi contenute, segnalando che superata la fase di presa in carico successiva all’arrivo degli immigrati, il modello di accoglienza e integrazione che garantisce migliori risultati è quello in centri di dimensioni ridotte.

CONTRIBUTO AGCI – Associazione Generale Cooperative Italiane

 Le Linee Guida aprono con una sintetica rivisitazione dello stato dei rapporti delle relazioni e degli affidamenti nei riguardi degli enti del terzo Settore, sottolineando la complessità di organizzare una modalità complessiva delle regole  a  fronte di una forte diversificazione delle nature dei soggetti e  delle azioni in essere.

Riteniamo che il percorso delineato non possa essere se non una iniziale valutazione e indicazione essendo in questo momento in discussione avanzata presso il parlamento la riforma del Terzo Settore, la riforma del Codice degli Appalti e delle Concessioni che il Legislatore emanerà per il recepimento delle Direttive UE.

Sarebbe di grande chiarezza se come inserito nella lettera o) AC 3194  l’ANAC fosse dotato di potestà di indirizzo, di elementi standard quali bandi tipo, contratti tipo, con efficacia vincolante.

  1. Presupposto indispensabile ad una partecipazione trasparente e condivisa resta la partecipazione effettiva degli Organismi di Terzo Settore ai Piani di Zona nella fase di programmazione e pianificazione (art 19 328/00); tale partecipazione è il presupposto della attivazione coerente della co-progettazione e del superamento del superamento dello “strumento gare” attraverso la partecipazione pubblico-privato in cui comprendere EE.LL., Organismi di Terzo Settore e Cittadini/Utenti.
  2. Per quanto previsto dal dcpm 30 marzo 2001 e evidente anche per giurisprudenza, la scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa con l’esclusione, dall’affidamento dei servizi sociali, del massimo ribasso (TAR Piemonte Sez. I 06/02/12 n.153); si afferma la specialità della disciplina della 328/00 nei riguardi del codice degli Appalti e l’attivazione della delega alle Regioni di legiferare sui criteri di affidamento dei servizi sociali (art. 117 Costituzione); anche nella citata AC 3194 si stabilisce l’uso esclusivo del criterio della oepv.
  3. Qualora si perseguisse in ogni caso l’espletamento di gare, va ribadito che oggetto dell’appalto sia la organizzazione complessiva del servizio come da Circolare Ministero del lavoro n.5 11/02/11  definendo la “tolleranza zero” per gli appalti non genuini; la circolare individua criteri di qualificazione in forza dei quali un appalto può essere definito come genuino richiamando l’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 secondo il quale «il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa».
  4. Riteniamo sia da chiarire con affermazione piena che le Associazioni di Volontariato non possono partecipare a procedure di appalto per gli affidamenti dei servizi sociali, ma svolgere interventi complementari ai servizi; si aggiunge che ove venga privilegiato l’indicazione dell’art.19 della 328/00 attraverso la co-progettazione e la partecipazione pubblico privata, ogni soggetto attivo potrebbe secondo proprie specificità essere pienamente attore della qualità sociale territoriale.
  5. I trattamenti economici previsti fanno riferimento al CCNL più rappresentativo e quindi quello sottoscritto da AGCI Solidarietà, Confcooperative-Federsolidarie
  6. Sulla valutazione delle offerte e delle anomalie non si condivide la giurisprudenza che attribuisce alle tabelle, in relazione agli appalti dei servizi sociali un valore meramente ricognitivo; riteniamo che il costo del lavoro non sia derogabile (abrogazione lettera g) art. 87 Lg. 106/11 e comma 3 medesimo articolo);
  7. Per l’attribuzione del dei punteggi al prezzo con il sistema OEPV si evidenzia come l’allegato P del regolamento attuativo del Codice degli Appalti sviliscono gli aspetti qualitativi in contraddizione con tutti i presupposti legislativi e politici che sono alla radice dei servizi sociali. Segnaliamo che le diciture “servizi aggiuntivi” nei bandi si traducono in ribassi surrettizi della qualità e del costo del lavoro.
  8. Si condivide che i requisiti di moralità, art.38 del Codice debbano essere previsti quali requisiti di partecipazione inderogabili.
  9. In relazione alle limitazioni territoriali si ritiene la territorialità elemento specifico di qualità da inserire nella valutazione qualitativa della OEPV.
  10. In relazione agli Albi delle Cooperative Sociali si ritiene siano requisito fondamentale della qualità della Cooperativa e quindi vadano poetenziati.
  11. In quanto al calcolo delle Cooperative Sociali B dei soggetti svantaggiati si richiama la Circolare del ministero del lavoro n.188 del 17/06/94.
  12. Rispetto alle convenzioni ex art. 5, comma 1 381/91 si precisa:
  • Rispetto alle procedure di selezione previste dagli art. 124 e 125 del d.lgs. 163/06, che si condivide, va comunque specificato che non si applicano altri obblighi previsti dai suddetti articoli in ragione della deroga prevista dal Legislatore per le convenzioni pertanto andrebbe specificato che le procedure di selezione sono quelle previste dal comma 6 dell’art. 124  e dal comma 11 dell’art.125.
  • Si condivide che il progetto personalizzato è il cuore ed il centro dell’attività imprenditoriale della Cooperativa Sociale B e quindi deve essere sempre presente in rilevanza quale progetto di inserimento lavorativo personalizzato ed elemento sostanziale di valutazione nella OEPV e nella verifica degli obbiettivi prefissati.

CONTRIBUTO COOP SOCIALE IL GRANDE CARRO

Per quanto attiene il documento ritengo che la tematica dell’inclusione socio-òlavorativa di alcune categorie di soggetti svantaggiati andrebbe trattata in maniera più approfodita.

Non ho competenza per affrontare l’argomento sotto il profilo “giuridico”, del diritto amministrativo e delle procedure. Posso esprimermi con affermazioni di massima che trovano riscontro in dati empirici e in dati di indagine documentabili

Quello che so è che alcune categorie di svantaggio (es. pazienti psichiatrici, disabili, ecc.) non potranno mai avere risposte istituzionali adeguate se non si hanno presenti le questioni sul tappeto.
a) La questione “clinica”: non ci può essere progetto terapeutico- riabilitativo sensato che non tenga conto della dimensione lavorativa (come questione “intrinseca” e non come un punto di arrivo di altri passaggi – altrimenti è una chimera che non arriva mai!);
b) la questione “appartenenza e continuità terapeutica”): per queste categorie di cittadini il lavoro non è semplicemente esecuzione di un compito, reddito, ma anche identità, empowerment soprattutto nel senso di appartenenza ad un gruppo e ad una progettualità collettiva. Centrale è la continuità con l’eventuale esperienza formativa e con gli “operatori di tutoraggio”;
c) la questione “portata del fenomeno”: studi recenti testimoniano che percentuali tra il 70 e il 90% di persone con sabilità e di persone con problemi psichiatrici (con cartelle aperte presso i servizi preposti) sono esclusi dal mercato del lavoro. Le poche risposte di inclusione socio lavorativa per queste categorie sono dovute per circa il 75% all’impegno delle cooperative sociali di tipo b);
d) la questione “economica”: la possibilità di condurre esperienze di inclusione socio- lavorativa riducono notevolmente i costi sociali (in particolare ad esempio i costi per ricoveri ospedalieri).
Nel documento tutte queste questioni sembrerebbero “implicitamente” essere rimandate alla soluzione dei “laboratori protetti”, ma per le informazioni in mio possesso attualmente questo versante è poco conosciuto e le esperienze romane di inserimento al lavoro di disabili e pazienti psichiatrici appartengono piuttosto alla matrice delle cooperative sociali di tipo b (ex coop. sociali “integrate” in base alla normativa della legge regionale 9/87) piuttosto che a quella della matrice “laboratorio protetto”. Andrebbe come minimo precisato meglio o dotarsi di meccanismi di transizione che consentano di non perdere i pochi posti di lavoro prodotti nel corso di questi anni.
PER ALCUNE CATEGORIE DI SVANTAGGIO, A MIO AVVISO, RIMANE IRRISOLTA LA QUESTIONE DELLA PROTEZIONE DEL MERCATO.

Lettera AGCI Lazio

Comunicato stampa delibera Sabella

Documento di risposta su delibera appalti Comune di Roma

 

Fonte : tiresiapress.it apri l’articolo originale



AVCCP dice no a imprenditori per canili di Roma

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Dopo la decisione del TAR del Lazio di non concedere la sospensiva alla gara di Ferragosto per la gestione dei canili comunali di Roma

“Dopo 20 anni, canili comunali di Roma gestiti da imprenditori
AVCPP dice NO: difendiamo professionalità e animali”

Giuseppe Villirillo, presidente AVCPP:
“Il 13 gennaio 2016 il TAR si esprimerà nel merito della gara, a nostro parere viziata da gravi profili di illegittimità ed illegalità”

ROMA, 23 ottobre 2015 – Dopo 20 anni di politiche animaliste, il Comune di Roma si accinge ad affidare una delle sue strutture, il rifugio comunale Ponte Marconi ex Cinodromo di Lungotevere Dante 500 ad un imprenditore del randagismo barese, proprietario di un mega canile da 1200 posti (mentre la Legge Regionale pugliese consente un max di 200 posti) e gestore degli stabulari per gli animali da laboratorio dell’Università di Bari. Il tutto grazie ad una gara che è la fotocopia di quella sospesa in autotutela dal Comune di Roma stesso a dicembre 2014 perché inquinata dalla presenza di Mafia Capitale (venne ammessa Cooperativa 29 Giugno senza avere i requisiti richiesti dalla gara stessa) e che presenta importi a base di gara incongrui e non rispettosi del benessere degli animali, dei servizi ai cittadini e della tutela dei lavoratori.

Il TAR del Lazio non ha inteso raccogliere la richiesta di sospensiva avanzata dall’Associazione Volontari Canile di Porta Portese (che all’interno del rifugio gestisce le adozioni, l’accoglienza al pubblico, il volontariato e gli educatori) e ha fissato per il 13 gennaio 2016 l’udienza per la discussione nel merito della gara stessa.

Si tratta di un passo indietro molto grave, dopo 20 anni di politiche animaliste che hanno visto le associazioni no profit protagoniste della gestione degli animali all’interno delle strutture comunali.

La Giunta Marino, dopo aver chiuso due strutture di accoglienza comunali come la Valle dei Cuccioli e l’oasi felina Villa Flora, dopo aver lasciato chiuso il rifugio comunale Vitinia ex Poverello, unico parco canile di Roma chiuso agli ingressi di nuovi cani dal 2012 ristrutturato interamente a spese dei volontari ed il cui terreno è stato addirittura comprato dai cittadini e donato al Comune di Roma per consentirne la riapertura, si distingue oggi per considerare come partner una multiservizi (si occupa di manutenzione del verde, derattizzazioni, disinfestazioni, pulizie, gestione di stabulari per animali da laboratorio, gestione di mega canili) che vede negli animali una fonte di reddito. Una società che in Puglia non ha più mercato visto che non viene ammessa alle gare indette dai comuni pugliesi per la gestione dei canili comunali, perdendo sia ricorsi al TAR che al Consiglio di Stato in virtù di una rigorosa normativa regionale che vede solo nelle associazioni animaliste i gestori di riferimento dei cani e dei gatti vaganti sul territorio.

AVCPP dice NO alla decisione del Comune di Roma di procedere in una gara tanto compromessa. Difenderemo fino alla fine professionalità ed animali: noi ci siamo e ci resteremo.

Così l’Associazione Volontari Canile di Porta Portese in una nota.

Per info, 3496443335




#Municipio XI: le newsletter di Ottobre

municipio XI

SBLOCCATI I FONDI E RIAVVIATO IL CANTIERE PER SPOSTAMENTO MERCATO PORTUENSE

Sono stati sbloccati i fondi per lo spostamento del Mercato Portuense nella nuova sede del plateatico del Pup costruito tra via Portuense e Via di Vigna Pia ed affidati i lavori per la ripresa del cantiere. Il progetto, finanziato da anni, aveva i fondi bloccati a causa del Patto di Stabilità; grazie al lavoro svolto da Municipio, Assessorato ai Lavori Pubblici e Assessorato alle Attività Produttive di Roma Capitale sono stati stanziati i fondi necessari a completare le procedure per lo spostamento e riavviare il cantiere per la costruzione della nuova sede. Dalla data di consegna indicata inizieranno a decorrere i termini per il completamento dei lavori la cui durata prevista è di circa 400 giorni. Con la ripresa dei lavori, ed il conseguente spostamento del mercato, si garantirà il recupero del decoro e della vivibilità di quel tratto di via Portuense nonché il lavoro dei 25 operatori attualmente presenti che potranno continuare la loro attività in una struttura a norma di legge e priva delle problematiche igieniche che invece caratterizzano l’attuale sede impropria. Il Dipartimento lavori pubblici ha comunicato che l’avvio dei lavori avverrà entro il mese di ottobre.

 

EFFICIENTAMENTO ENERGETICO: INIZIATI I LAVORI SCUOLA PIRANDELLO, A VIA CUTIGLIANO

E’ stato consegnato il cantiere per i lavori alla scuola “L. Pirandello” di via Cutigliano alla Magliana, il terzo tra quelli finanziati nel Municipio XI attraverso il Bando Regionale per l’Efficientamento Energetico. Gli interventi riguarderanno la coibentazione della struttura, attraverso la sostituzione di 1000 mq di infissi, l’installazione di pannelli isolanti sulle pareti esterne e sulla copertura della scuola, la verifica ed il ripristino degli impianti termici ed idraulici, l’installazione di pannelli fotovoltaici e solari termici sul tetto. In accordo con la Dirigenza scolastica e la Responsabile sicurezza della scuola, i lavori saranno realizzati isolando via via le porzioni di edificio su cui si concentrerà l’intervento,  per garantire lo svolgimento delle lezioni in sicurezza. La fine delle operazioni è prevista per il 10 dicembre 2015. Sempre a Magliana sono in corso i lavori di efficientamento anche all’Asilo nido “Mandorlo Rosa” e Scuola d’Infanzia “Pescaglia” in via Pescaglia 75.

 

LO SPORT PER TUTTI, PROROGATI I TERMINI: LE DOMANDE

Nuova possibilità per presentare le domande di ammissione a “Lo sport per tutti” il progetto lanciato dal Municipio per sostenere l’attività sportiva per i giovani under 18 residenti nel territorio. Considerato, infatti, il grande successo dell’iniziativa con oltre 240 domande pervenute abbiamo deciso di riaprire i termini: da 12 al 30 ottobre le famiglie potranno fare richiesta per usufruire di corsi sportivi, scegliendo tra gli oltre 25 messi a disposizione, per i ragazzi ad un costo agevolato. Si tratta di una iniziativa del tutto innovativa, lanciata per la prima volta dal nostro Municipio che grazie alla collaborazione tra Municipio e Associazioni sportive, consentirà alle famiglie di usufruire di con uno sconto minimo del 65% sul prezzo normalmente applicato (per esempio: un corso che normalmente costa 500 euro ne costerà solo 175). La documentazione per l’iscrizione dovrà essere consegnata al Segretariato Sociale del Municipio XI, via Portuense n. 579. L’elenco delle società sportive che hanno messo a disposizione i corsi è disponibile sul sito del Municipio. Per ulteriori informazioni. Tel. 0669615670.

 

GIOVANI E PERSONE FRAGILI: ONLINE TRE BANDI PER L’ASSISTENZA ED IL SOSTEGNO

Il Municipio ha avviato tre bandi per servizi di assistenza e sostegno alle persone più fragili ed ai giovani. In particolare il primo riguarda gli interventi di sostegno per i minori affetti da autismo, il secondo gli interventi di sostegno nei casi disturbi specifici dell’apprendimento ed il terzo riguarda il servizio denominato “percorsi di accompagnamento per adolescenti NEET (no lavoro – no studio)”. Le domande di partecipazione per tutti e tre i bandi dovranno pervenire entro le ore 12 del 02 novembre 2015. Tutte le informazioni, i moduli per la presentazione delle domande, il capitolato ed i bandi sono disponibili sul sito del Municipio XI.

 

UNA NUOVA AREA GIOCHI NEL GIARDINO DELLA SCUOLA ARVALIA

Abbiamo deciso di realizzare un’area giochi nel giardino della Scuola Arvalia di via Monte delle Capre, nello spazio antistante l’abitazione dell’ex custode, assecondando la proposta del Consiglio di Istituto. L’area ludica è aperta alla fruizione del quartiere e separata dalla scuola da un cancello apribile per il transito dei bambini e mezzi di soccorso in caso di necessità. I lavori, avviati da circa 10 giorni, avranno una durata complessiva di circa 120 giorni.

 

IL GIARDINO DI VIA LICCIANA NARDI E’ STATO RIQUALIFICATO

Lo scorso 14 settembre è stato effettuato l’intervento per il ripristino del giardino di Via Licciana Nardi, il giardino, che non è gestito dal Municipio bensì dal servizio giardini di Roma Capitale, versava in uno stato di pericolo dovuto alla mancata manutenzione dei giochi per anni e anni. Il Municipio ha sollecitato prontamente il Dipartimento Ambiente che ha effettuato  l’intervento. I tempi lunghi sono stati dovuti alla necessità di espletare la gara, per rinnovare gli arredi dell’area ludica. Pur se si è dovuto aspettare un po’ finalmente i bambini di Parrocchietta potranno ritornare a giocare in un luogo bello e sicuro. La cura del giardino sarà affidata all’Associazione Parrocchietta delle Gocce che, già da anni se ne occupa volontariamente con successo, dimostrando l’importanza di una cittadinanza attiva nella cura del bene comune.

 

VIA CANDONI: L’INTEGRAZIONE E LA PACIFICA CONVIVENZA PASSANO PER IL RISPETTO DELLE REGOLE E DELLA LEGGE

A fine settembre la Polizia Locale di Roma Capitale, sotto il coordinamento del Gabinetto del Sindaco e con il supporto dalla Polizia di Stato, ha effettuato un intervento volto ad alleggerire il Campo di via Candoni attraverso la demolizione  di strutture abitative all’interno del settore bosniaco e, contestualmente, ad allontanare alcune persone, sempre di nazionalità bosniaca, sulla base di un provvedimento comunale per violazione del regolamento interno del Campo. L’intervento è stato  il risultato del lavoro portato  avanti durante le riunioni del Tavolo locale per l’Ordine e la Sicurezza. Proprio durante questi incontri il Municipio ha indicato la necessità di andare a colpire alla fonte tutte le situazioni di degrado e di criminalità che coinvolgono il nostro territorio e, in particolare, quelle legate allo smaltimento dei rifiuti e dei roghi tossici.  Purtroppo, da questo punto di vista, il settore bosniaco del Campo di Candoni è uno dei luoghi dove tali roghi hanno maggiormente luogo, con persone dedite principalmente al commercio illegale del ferro e conseguenti accumuli di materiali, scarti di elettrodomestici, materiali ferrosi e immondizia varia, pronti per essere bruciati. Crediamo, dunque,  sia stato fondamentale intervenire allontanando chi ha violato le regole del Campo e rendendo inagibili i container che utilizzavano come abitazioni. E’ fondamentale, infatti,  far penetrare il concetto secondo il quale l’integrazione e la pacifica convivenza passano necessariamente per il rispetto della legge e delle regole. E’ necessario, inoltre, che a Candoni si rafforzi il controllo costante soprattutto all’interno del Campo per dimostrare che oggi non si è trattato di un episodio estemporaneo ma di una strategia di azione che avrà effetti duraturi.

 

CONSEGNATI ATTESTATI LABORATORIO BABY SITTER E ATTIVO SERVIZIO DI RICERCA E CHIAMATA

Sono stati consegnati gli attestati di partecipazione al primo laboratorio per Baby Sitter specializzata, organizzato dall’Associazione “Natinsieme” e dal Municipio Roma XI. I corsi, iniziati lo scorso maggio, hanno avuto una durata complessiva di 70 ore, di cui 30 ore dedicate all’osservazione partecipata presso i servizi educativi “Nido e Tempo in comune Loris Malaguzzi” e scuola dell’infanzia “La torta in cielo di Gianni Rodari”. Siamo molto fieri di questa iniziativa, un’esperienza innovativa che abbiamo voluto realizzare per formare lavoratrici consapevoli dell’importantissimo ruolo che svolgono presso le famiglie e per tutelare sempre più i nostri cittadini più piccoli. Il laboratorio, totalmente gratuito, è stato pensato per offrire un’opportunità a chi intende lavorare nel mondo dell’infanzia con professionalità, ponendosi come obiettivo quello di ampliare le necessarie competenze teoriche e pratiche per rispondere alla complessità dei bisogni e delle esigenze dei bambini e delle famiglie con cui andranno a relazionarsi. Tutte le frequentanti, oltre all’attestato di frequenza, avranno la possibilità di continuare in questo percorso professionale e formativo, attraverso l’Associazione “Natinsieme” che ha istituito un apposito servizio per mettere in contatto i genitori che necessitano di baby sitter e le stesse, conciliando necessità ed esperienze. Per maggiori informazioni o per trovare una baby sitter qualificata è possibile telefonare al n. 327 666 70 78 oppure scrivere a segreteria@natinsieme.it.

In allegato la locandina.

 

DEMOLITA STRUTTURA ABUSIVA A VIA ODERISI DA GUBBIO

L’Ufficio Tecnico del Municipio e la Polizia Locale di Roma Capitale hanno effettuato un intervento in via Oderisi da Gubbio, che ha portato alla demolizione di una struttura abusiva in via Oderisi da Gubbio. Queste operazioni dimostrano l’impegno del Municipio per il ripristino della legalità, il rispetto delle norme ed il decoro nei nostri quartieri e sono rese possibili grazie alla decisione del Municipio di inserire delle somme in bilancio (circa 100mila euro) da destinare allo smantellamento delle opere abusive. Abbiamo fatto una scelta di campo: il rispetto delle regole nella nostra città deve venire prima di tutto, prima del silenzio e del compromesso al ribasso.

 

A PIAZZALE DELLA RADIO IL “MEMORIAL CRASH KID”: ARTISTI E WRITERS DA TUTTA ITALIA

Sabato 3 ottobre, dalle 8 alle 20, il sottopasso ferroviario tra via Volpato e via Ettore Rolli ha fatto da scenario al “Memorial Crash Kid”, un’iniziativa promossa dal Municipio per ricordare, a 20 anni dalla sua scomparsa, Massimo “Crash Kid” Colonna. Crash Kid, negli anni ’80, fu un pioniere dell’hip-hop romano: formidabile breaker e writer divenne una figura di riferimento di livello nazionale, scomparso giovanissimo. Per ricordarlo numerosi esponenti di spicco del panorama della Street art, arrivati appositamente da tutta Italia, hanno realizzato una mega jam session di graffiti sul muro del sottopasso, dove sarà apposta una targa commemorativa. I Murales ed i Graffiti sono una vera e propria forma d’arte oltre che un’alternativa alle azioni vandaliche che hanno reso necessari, anche nel sottopasso in questione, interventi per ripristinare le condizioni di decoro e pulizia. Questa non è la prima esperienza del genere nel nostro territorio: il disegno sul muro perimetrale della scuola primaria Giovanni Pascoli a via dei Papareschi, le attività svolte a Piazza De André, l’allestimento di piazza Santa Silvia con le opere realizzate dai ragazzi di Scuola viva Onlus e il quartiere Trullo, protagonista, da alcuni anni, dell’opera di riqualificazione portata avanti dai “Pittori Anonimi” sono alcuni esempi di recupero degli spazi pubblici. Questo, insieme al decoro, è uno dei nostri obiettivi principali per dare un messaggio chiaro ai cittadini: contro chi deturpa il territorio ci sarà sempre chi lo recupera.

 

NUOVA STAGIONE TEATRO ARVALIA

Al via la nuova Stagione del Teatro Arvalia, di Via Quirino Majorana 139 con oltre 20 spettacoli a partire da Ottobre fino a Maggio 2016. Anche quest’anno una ricca programmazione: Pirandello, Goldoni, Simon, testi classici e attori sperimentati accanto a registi e autori under 30. Insieme al cartellone serale riprenderanno anche gli spettacoli mattutini riservati a tutte le Scuole Primarie e Secondarie di Primo Grado del nostro territorio, che nella scorsa stagione 2014 hanno portato a teatro oltre 3.000 bambini e ragazzi e 200 insegnanti di 6 Scuole, per quasi 50 ore di teatro pedagogico. Il Teatro Arvalia nasce per avvicinare i cittadini al teatro, alla musica, alle arti performative e per continuare ad offrire luoghi di formazione, di svago e di riflessione.

Per informazioni sulla programmazione del Teatro Arvalia www.teatroarvalia.eu

 

TEATRO INDIA: RINNOVATA LA CONVENZIONE PER I RESIDENTI NEL MUNICIPIO

Continua la collaborazione tra Teatro di Roma – India e Municipio XI, per sostenere e promuovere la funzione culturale e sociale del Teatro sul Territorio. Con la nuova stagione si conferma la volontà di far diventare il Teatro India un centro di produzione, ricerca e formazione, e di arricchire il nostro Municipio di un luogo delle arti aperto a tutti, per offrire la possibilità di avvicinarsi alla cultura e contribuire a migliorare la qualità della vita nel quartiere. Per questo abbiamo rinnovato la convenzione Teatro a Km Zero, una speciale formula dedicata ai residenti del Municipio che offre la possibilità di scegliere tra due tipologie di riduzioni: l’India TKZ Card XI Municipio al costo di 35,00 € per 5 spettacoli a scelta, utilizzabile anche da più persone per lo stesso spettacolo, fino a esaurimento dell’importo, in alternativa, sempre per i soli residenti del Municipio, è stata creata la tariffa a 10,00 € del singolo biglietto (anziché 18,00 €).

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito del Municipio.

In allegato la locandina.




Renzi e l’educazione a governare

milano

Il discorso che Matteo Renzi ha pronunciato alla Festa dell’Unità di Milano è stato il discorso di un leader che guarda ai problemi del Paese e dell’Europa in perfetta sintonia coi valori di libertà, equità e fraternità delle grandi correnti culturali e politiche del centrosinistra europeo.

Mi è piaciuto il modo come il premier ha legato l’uno all’altro i vari argomenti, partendo da quelli che riguardano le persone più in difficoltà. E mi ha colpito soprattutto la nettezza delle affermazioni. È apparso del tutto evidente che le scelte su cui il governo sta lavorando, non sono il frutto dell’improvvisazione, né di mediazioni estenuanti, tese ad annacquarne la portata fino a svilirle.

Emerge nello sfondo un paradigma nuovo che il Lingotto aveva abbozzato e che, purtroppo, le vicende interne al PD avevano fatto accantonare per tornare a più tranquilli percorsi di continuità con il passato.

Ma questo paradigma nuovo non è ancora diventato cultura politica diffusa nel partito. E soprattutto non si alimenta dell’apporto dei cittadini e della società. È questo il limite di fondo che oggi va superato. Manca nel Pd un’azione educativa e formativa che coinvolga tutti, una funzione di autoapprendimento collettivo che riguardi i gruppi dirigenti a tutti i livelli e i singoli circoli. Mancano centri diffusi di elaborazione di proposte e gruppi di studio che facciano inchiesta sociale nei quartieri  e nelle comunità, in relazione costante coi movimenti che operano nella società. Un partito riformista non può non dotarsi di questi strumenti.  Se non è soprattutto una palestra di educazione a governare non è niente. E la trasformazione in un covo mafioso diventa ineluttabile.

 

Fonte : afonsopascale.it apri l’articolo originale



Lo sviluppo dal basso in Sebregondi

sebregondi

Chi vuole conoscere il pensiero critico, elaborato già negli anni Cinquanta, nei confronti della logica quantitativa e slegata dal capitale umano territoriale, che ha caratterizzato l’idea prevalente di sviluppo e il conseguente intervento pubblico nel Mezzogiorno e nelle cosiddette aree depresse, non può prescindere dalla figura straordinaria di Giorgio Ceriani Sebregondi. Egli maturò, precocemente e da autodidatta, una visione dello sviluppo del tutto originale e lungimirante che solo negli ultimi decenni si è andata affermando nel dibattito scientifico e istituzionale, in Europa e nel mondo. Chi oggi si occupa delle politiche regionali europee non può prescindere dalla sua opera che resta una delle riflessioni più lungimiranti sui temi dello sviluppo che si siano mai prodotte in Italia.

Perché il suo contributo non ha mai trovato spazio nel dibattito pubblico nazionale? Il motivo sta nella forte caratterizzazione ideologica degli interlocutori dell’epoca e, successivamente, nei loro eredi. Marxisti, liberaldemocratici, keinesiani, rigidamente fermi nei loro schemi, non comprendevano l’originalità della sua ricerca e né vollero prestare ascolto per afferrarne il senso. Il confronto sulle sue idee, di fatto, avvenne esclusivamente con interlocutori stranieri. Non è esagerato affermare che tra le cause del fallimento delle politiche industriali per il Mezzogiorno va annoverato anche l’isolamento e l’allontanamento di questo illustre studioso dalle sedi dove quelle politiche venivano elaborate.

L’esperienza politica

Sebregondi nacque a Roma nel 1916 da famiglia lombarda. Laureato in giurisprudenza, cattolico, partecipò alla Resistenza nelle fila del Cln lombardo. Forte fu il suo legame con il filosofo  Felice Balbo con il quale aderì al Movimento dei cattolici comunisti e al Partito della Sinistra cristiana. Quando questo movimento si sciolse alla fine del 1945, si iscrisse al Pci dal quale uscì nel 1950, insieme a Balbo, Ubaldo Scassellati, Mario Motta, Claudio Napoleoni e Sandro Fè d’Ostiani, per obbedire alle indicazioni della Chiesa che aveva scomunicato i cattolici aderenti a quel partito.

Nonostante vivesse in un contesto di forti scontri ideologici, la sua visione culturale e politica è sempre stata molto laica e deideologizzata. Egli si ispirava senza pregiudizi alle diverse esperienze storiche contemporanee, sia nel campo capitalistico che in quello socialista, e si affidava poi alle capacità politiche e alle dinamiche sociali quali erano empiricamente riscontrabili nella realtà. Al centro della sua attività intellettuale c’era l’impegno civile nel trovare le soluzioni tecnico-politiche per promuovere lo sviluppo della società.

Nel suo pensiero, la società è un ente storico, determinatosi intorno a motivazioni, con suoi caratteri strutturali, capace di evoluzione. Ed è la società stessa a produrre le funzioni dello Stato e dei cittadini. Il primo è promotore, garante, fornitore di strumenti finanziari e tecnici per l’attuazione dello sviluppo. I cittadini sono attori organizzati, che dialogano con lo Stato sul terreno delle scelte concrete di politica economica, sociale e culturale riguardanti il loro territorio (nazionale o locale), si appropriano delle opportunità e delle capacità rese disponibili, le interpretano, le gestiscono, e si sviluppano. Lo sviluppo di una società è, per lo studioso, un processo nel quale i suoi attori consolidano la propria “indipendenza”, la loro “non soggiacenza al ricatto della situazione, indipendenza rispetto alle parti politiche, economiche, culturali, che regolano la situazione presente”. Egli avverte per tempo la mancanza di una scienza capace di affrontare i problemi dello sviluppo in modo organico, ossia dal punto di vista dell’organizzazione di tutte le sue parti e funzioni ai fini di uno sviluppo unitario e omogeneo.

L’impegno civile

Dopo una prima esperienza al Servizio studi dell’IRI, nel 1947 Sebregondi fu chiamato all’Ansaldo di Genova da Angelo Saraceno, che ne era direttore, per svolgere la funzione di segretario generale. In tale veste, affrontò la delicata situazione creatasi con la smobilitazione delle industrie meccaniche genovesi. Si trattò di un tentativo di ristrutturazione in condizioni impossibili: c’erano 30.000 operai, di cui 18.000 in esubero. Dopo le elezioni del 18 aprile 1948, lui e Angelo Saraceno furono “cacciati via”. Ed è a questo punto che Angelo segnalò Giorgio al fratello Pasquale Saraceno e così passò alla SVIMEZ.  Nel giro di poco tempo tra i due si aprì una divaricazione sull’idea di sviluppo che presto li condurrà all’aperta rottura. Per Sebregondi, infatti, nel processo di sviluppo il sociale assume una valenza centrale. Per ridimensionare il ruolo dello studioso di cui non condivideva l’impostazione, Saraceno istituì allora una sezione sociologica nella SVIMEZ, affidandone a lui la responsabilità. E nei primi mesi del ’58 lo allontanò dall’Associazione. Sebregondi assunse un incarico presso la Commissione Europea a Bruxelles e nel giugno dello stesso anno morì, a soli 41 anni.

Le aree depresse

Sebregondi svolse la sua intensa attività di studioso alla luce di un pensiero fondato essenzialmente su due elementi rilevanti: 1) la convinzione che lo sviluppo di una determinata area, per non essere effimero, deve essere autopropulsivo; 2) il giudizio di inadeguatezza di una concezione che limita il concetto di sviluppo ad una dimensione economica.

Secondo la sua concezione, gli interventi per le aree depresse, individuata la dimensione territoriale più adeguata, devono favorire “ un sistema in cui si attuino e si sviluppino, per forza autonoma, i processi di agglomeramento e di cumulazione”. “È importante sottolineare – aggiunge Sebregondi – il concetto di autopropulsività, ossia della rottura in radice della situazione di ristagno”. Una politica di sviluppo quindi deve puntare a favorire la migliore combinazione dei diversi fattori, ma soprattutto influendo “sull’atteggiamento e sulla volontà delle popolazioni che devono sostenere ed orientare le politiche di sviluppo. Una politica di sviluppo che non riesca ad essere autosviluppo diviene un’imposizione o un’elargizione gratuita senza seguito. Lo sviluppo di una società non può essere né regolato né imposto. Ciò non significa che non debbono esservi interventi e assistenza dall’esterno. Anzi, senza questi interventi non può generalmente originarsi – almeno nelle società depresse o arretrate – l’avvio del processo di sviluppo, il passaggio dalla stasi e dall’involuzione allo sviluppo. Ma in che deve consistere, più precisamente, quest’apporto, per non essere a sua volta inefficace od oppressivo? Oggi in pratica, i paesi sviluppati – almeno nell’Occidente – si comportano come se fosse sufficiente l’apporto di capitali, di moderni strumenti di lavoro, di cognizioni tecniche. Tutto ciò è di certo indispensabile ma non sufficiente. Ciò che occorre in primo luogo è l’apporto di un principio motore, di motivazioni ideologiche che sollecitino a volere lo sviluppo, e quindi a procurarsi e utilizzare i mezzi propri e altrui per attuarlo”.

Molto interessante è la riflessione che Sebregondi compie sul sostegno pubblico alle iniziative imprenditoriali private. Se la difficoltà per iniziative imprenditoriali nelle aree depresse è conseguenza di una crisi generale del sistema istituzionale e politico l’ente pubblico non può “surrogare” l’iniziativa privata. L’ordinamento istituzionale non deve né sostituire l’iniziativa privata né “sanarne” le deficienze. Deve svolgere una funzione di garanzia, eliminando le strozzature che condizionano o impediscono l’iniziativa imprenditoriale privata.

“Il problema principale – egli scrive – non è quello del livello del reddito, ma delle fonti del reddito; ed il vero lavoro da fare, per sostenere lo sviluppo non è quello di puntare ad un rapido incremento di produzione di beni e redditi, ma a promuovere la migliore combinazione dei fattori produttivi, evitando il rischio che vi siano squilibri tra consumi e capacità produttiva, tra capitali tecnici e capitale umano; tra economia e istituzioni. Insomma lo sviluppo non è solo una categoria economica: nell’economia di piano, quindi, assumono preminente rilievo i livelli di occupazione, di investimenti, di reddito, ecc., come misurazioni statiche di disponibilità di fattori e come indicazione di traguardi successivi eteronomamente determinati. Viceversa, nel sistema autopropulsivo e autonomo, l’aspetto statico di tali livelli passa decisamente, come si è visto, in seconda linea rispetto alla problematica del movimento interno del sistema, dei suoi vizi e delle condizioni di riattivazione”.

In uno scritto del 1953 Appunti sullo sviluppo armonico, Sebregondi offre una definizione di reddito che anticipa temi divenuti oggi di moda: “La realtà è che non ci siamo ancora decisi a introdurre fra gli elementi formativi del reddito – inteso come complesso di beni e di valori reso disponibile per la soddisfazione dei bisogni umani – una serie di valori culturali, morali, religiosi, affettivi, che sono pur decisivi per il giudizio, la scelta e l’azione anche economica: valori che sono decisivi nell’uomo per giudicare dell’economicità o meno di una determinata azione. Finché dunque l’economia non potrà tenere sistematicamente conto di valori che entrano nel reddito reale degli individui e delle società, non potrà darne misura quantitativa o si sforzerà di valutare a prezzi di mercato valori che non sono oggetto di mercato, non avrà la possibilità di misurare con sufficiente approssimazione la convenienza di determinati impieghi di denaro, di forze di lavoro, di strumenti tecnici e di risorse naturali. Né potrà stabilire con sufficiente approssimazione una corrispondenza fra livello di reddito e grado di sviluppo”.

La sociologia

Accanto all’impegno nella SVIMEZ, Sebregondi continuò a svolgere una intensa attività in gruppi che agivano sul piano culturale e tecnico-politico intorno alla figura di Balbo. Nel 1951, si strutturò un gruppo multidisciplinare che si era dato il compito di ripensare le diverse discipline in vista di una rifondazione del quadro culturale ed economico nazionale, una fucina per la formazione di una nuova classe dirigente. Parteciparono in fasi diverse, oltre Sebregondi, Fè d’Ostiani, Motta, Napoleoni, Scassellati, anche Achille Ardigò, Aimone e Paolo Balbo, Ernesto Baroni, Bartolo Ciccardini, Gianni Baget Bozzo, Renzo Caligara, Franco Maria Malfatti, Italo Martinazzi, Nino Novacco, Ettore Sobrero.

Nel gruppo, Sebregondi era responsabile per l’area sociologica. Egli non aveva una preparazione specifica su tale materia e, nelle Università italiane, questa disciplina era stata di fatto bandita per iniziativa di Benedetto Croce, d’intesa con Giovanni Gentile. La sua curiosità intellettuale lo portò, dunque, ad attingere direttamente alle esperienze di altri Paesi. Dopo una prima produzione, il gruppo fu costretto a rinunciare alle sue ambizioni per alcune divaricazioni interne e per contrasti con i dirigenti democristiani e la gerarchia ecclesiastica.  Nel 1953, il gruppo si sciolse e in parte si frammentò. In particolare, Balbo e Scassellati daranno vita – con un gruppo di dossettiani rimasti senza la loro guida che si era ritirata dalla politica – alla rivista Terza Generazione e contribuiranno alla costruzione di una sinistra democristiana.

I rapporti con Economie et Humanisme

Sebregondi s’era, nel frattempo, messo in contatto con la rivista francese Economie et Humanisme – diretta da padre Louis Joseph Lebret e specializzata sui temi del sottosviluppo a livello mondiale – per approfondire le sue teorie sullo sviluppo del Mezzogiorno. E da quel punto di osservazione egli influenzò enormemente i contributi di Terza Generazione, la quale ebbe a caratterizzarsi, nel suo breve periodo di vita, per le inchieste sociali che conduceva nei territori e per l’approfondimento dei temi dello sviluppo locale e di quello meridionale, in particolare.

Lo scambio tra Sebregondi e padre Lebret fu molto fecondo soprattutto perché permise allo studioso italiano di cimentarsi sui temi dei movimenti sociali, sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli avanzati, e di approfondire le possibilità di una loro più rapida espansione.

L’economista dello sviluppo, Enzo Caputo, in un saggio del 2012 ha analizzato lo scambio epistolare tra Sebregondi e Lebret. E ne vien fuori un ritratto davvero sorprendente sulla capacità dello studioso d’indagare fenomeni così lontani dalla sua esperienza quotidiana. Con grande acume etico e politico, egli avverte il religioso sui rischi di derive populiste e terzomondiste nel dedicare energie intellettuali in una teorizzazione organica di un modello sociale nuovo capace di superare il capitalismo e il socialismo. E consiglia il leader di Economie et Humanisme di orientare il movimento che si batte per l’autodeterminazione dei popoli verso un’azione pragmatica di costruzione di soluzioni fattibili, dialogando con le diverse ideologie in campo e differenziandosi da esse con la testimonianza di un umanesimo moderno.

Egli pone l’esigenza di una nuova governance che rifletta la centralità dello sviluppo nell’epoca contemporanea, favorendo l’incontro e il confronto tra uno Stato garante e promotore di soluzioni corrispondenti agli interessi dei diversi soggetti sociali e i movimenti di questi soggetti organizzati. Tali movimenti presentano problematiche complesse che non s’identificano con quelle di una classe o di una categoria, ma riguardano “pezzi di società” in contesti specifici (nazionali, sub-nazionali). E gli Stati moderni, nelle loro dimensioni nazionali, sovra-nazionali, regionali, possono aprirsi alle diverse istanze dei movimenti e proporre soluzioni di garanzia perché la loro stessa natura è cambiata. “Il ceto medio… diviene la vera base sociale dello Stato, concepito come nuovo centro d’iniziativa autonoma, visto come unico elemento capace di moderare l’antagonismo delle posizioni estreme, di evitare le rotture, di garantire il diritto, la stabilità dell’occupazione, il contenuto reale del salario, la continuità di un progresso del tenore di vita”.

Secondo Sebregondi, di fronte a questo tipo di Stato, i movimenti devono essere in grado di organizzarsi e d’interloquire, dandosi forme nuove di rappresentanza: “una nuova organizzazione che sia insieme di tutela e rappresentanza dei nuovi interessi: una controparte non meramente oppositrice ma integratrice dell’iniziativa statale… I partiti regolano la forma di potere e organizzano le forze che sostengono quella forma… agiscono per il rispetto o per la trasformazione costituzionale, per la formazione delle leggi, per la composizione del governo, per la determinazione dei metodi di governo. Ma si trovano disarmati per quanto riguarda la formazione, la determinazione e la scelta della materia di governo, potremmo dire del contenuto del potere”.

Nella società contemporanea – egli afferma – “i partiti non hanno strumenti propri per giudicare in sé e per manovrare direttamente questa materia: e se, come oggi avviene, per carenza di altre appropriate istituzioni o per timore di perdere un predominio assoluto, tentano di penetrare in questa sfera di competenza, riescono soltanto a creare confusioni di sedi e di termini, a mostrare la propria inadeguatezza… La crisi odierna dei partiti consiste per buona parte nel sentirsi e mostrarsi incapaci di dominare una realtà che non è di loro competenza. I partiti stessi, pertanto, potranno ritrovare una propria solidità istituzionale e chiarezza operativa via via che nuove istituzioni e organismi verranno ad assumere e a condurre, in forma propria, i nuovi rapporti tra cittadini e Stato”.

La democrazia diretta

A questo punto, Sebregondi affronta i problemi della ‘democrazia diretta’ tanto consona alla mentalità e all’organizzazione istituzionale dei popoli anglosassoni, e così poco di casa fra altri popoli, specie latini. Ma anche per questi il problema dell’organizzazione di nuovi istituti di democrazia diretta avrebbe dovuto porsi, dal momento che in tutti i paesi lo Stato si stava trasformando, “da spettatore o regolatore delle iniziative altrui, in attivo e autonomo operatore”.

Insomma, egli è convinto che se si vuole intervenire per lo sviluppo di una comunità, sia essa nazionale, sub-nazionale o locale, bisogna discuterne con la comunità. E questa, per poter discutere, deve organizzarsi, prepararsi, darsi forme adeguate di partecipazione e di rappresentanza.

Nelle pagine esaminate da Caputo, c’è la visione – per quanto embrionale – di un nuovo sistema di governance, in cui si intrecciano: da una parte, lo Stato garante e promotore dello sviluppo e le comunità organizzate con forme specifiche di rappresentanza diretta e, dall’altra parte, i diversi livelli della democrazia rappresentativa. La modernità di questa visione è sorprendente: un modello articolato di governance di questo tipo sarà sperimentato e in parte attuato nelle politiche di coesione regionale dell’Unione Europea. Si tratta del sistema di governance multilivello, comprensivo di forme di democrazia diretta (i gruppi Leader), in cui i piani d’azione locale sono sottoposti a processi di messa a punto e verifica orizzontali e verticali, con la partecipazione dei vari livelli territoriali e di diverse aggregazioni di cittadini.

Sebregondi scrive: “Si tratta di promuovere quella nuova forma di organizzazione dei cittadini che solleciti, guidi ed esprima il formarsi di un’autonoma capacità tecnica, politica e giuridica dei cittadini stessi a concorrere alla determinazione della politica di sviluppo economico e sociale: ciò può e deve farsi senza pretendere di sostituire ed eliminare i partiti e i sindacati, bensì liberando tali organizzazioni da compiti che sono loro impropri , e rendendo perciò stesso più sane e più ampie le condizioni della loro specifica attività”.

Come si è già detto, il contesto italiano non valorizzò le sue elaborazioni. Forse le sue proposte politiche erano troppo laiche, in un contesto nel quale lo scontro tra democristiani e comunisti era dominante e sembrava difficile concepire uno sviluppo che dovesse essere tenuto “al riparo dall’invadenza dei partiti”. Forse dal punto di vista teorico era troppo spregiudicato e attingeva al marxismo, al keynesianesimo, agli scritti di diversi economisti anglosassoni contemporanei e pianificatori di ogni parte del mondo, in un contesto accademico ancora ingessato, nel quadro di un dibattito economico dominato dal confronto tormentato tra Marx, i classici e i neoclassici.

Una sintesi per l’oggi

Caputo così sintetizza i punti salienti del pensiero di Sebregondi che potrebbe oggi essere riproposto e fatto circolare nelle attività formative, finalizzate alla costruzione di nuove classi dirigenti:

  • arretratezza e sviluppo. Rottura e ricomposizione del rapporto tra Stato e società. L’area depressa si dà in presenza di un sistema sociale bloccato, che non riesce ad approfittare delle opportunità esistenti dentro e fuori di esso. Il processo di sviluppo si ha quando questo collegamento si ristabilisce: lo Stato (sia esso nazionale o sovranazionale) offre la prospettiva e i mezzi dell’emancipazione; il sistema sociale riaccende le sue tensioni al cambiamento e si riorganizza per trovare la strada e vincere la sfida dello sviluppo.
  • la centralità del contesto istituzionale. L’inadeguatezza del sistema istituzionale è alla radice della bassa redditività degli investimenti nelle aree depresse. E finché tale inadeguatezza permane, qualunque intervento pubblico è destinato a fallire. Per modificare il sistema istituzionale bisogna partire da un incontro costruttivo tra Stato e comunità interessate.
  • Centralità e universalità dello sviluppo. L’idea dello sviluppo come prospettiva divenuta realistica di espansione sociale, superamento di un blocco e di una frattura tra dinamiche della società e istituzioni, incontro fra la proiezione delle aspettative sociali e la capacità di garantirle e organizzarle da parte dello Stato è attualissima e riguarda il Ghana come la Cina, l’Italia e gli Stati Uniti, o il Vietnam.
  • Dimensione pedagogica dello sviluppo. Una corretta azione educativa rappresenta l’anello di congiunzione fra il concetto di società e quello di sviluppo. Autoinchiesta, autoeducazione, autosviluppo sono percorsi fattibili che trovano riscontro in un ampio ventaglio di esperienze socio-educative in diverse aree del mondo.
  • Partenariato, assistenza e aiuti. Questa idea può essere addirittura rivoluzionaria se applicata alle attuali politiche di cooperazione allo sviluppo, ponendo al centro della cooperazione la “integrazione di interessi”, la condivisione di nuovi spazi di partenariato che esaltino i commerci, gli scambi istituzionali (compresa la legalità e la sicurezza) e culturali, anziché gli aiuti che – in assenza di solide partnership – ribadiscono la subalternità dei destinatari.
  • L’auto-organizzazione e la democrazia diretta. Sono le società interessate (nazioni, comunità) che devono organizzarsi e interloquire ai diversi livelli con gli Stati promotori di sviluppo, per definire e porre in atto i programmi necessari. A livello sub-nazionale, devono nascere nuovi istituti di democrazia diretta, di natura comunitaria che promuovano e permettano questo incontro e questo dialogo, al riparo dall’invadenza dei partiti. Occorrono movimenti specializzati nell’appoggio al sorgere di queste forme, alla formazione delle leadership comunitarie.
  • Nuovi sistemi di governance. Sperimentare un’adeguata dialettica tra le forme di democrazia diretta e i diversi livelli rappresentativi di governo. Così come l’integrazione tra dimensioni comunitarie sub-nazionali e sovranazionali con apertura verso l’alto e verso il basso dei processi decisionali.

 

Fonte : afonsopascale.it apri l’articolo originale



Gara canili comunali bloccata da un black out

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Sospesa l’apertura delle buste prevista per oggi.

Per domani convocati in Assessorato sindacati e associazioni 

GARA CANILI COMUNALI BLOCCATA DA UN BLACK OUT MENTRE ASSESSORATO DICE: “STIAMO CERCANDO NUOVE RISORSE”

L’interruzione di corrente al Dipartimento Ambiente comunicata sul sito del Comune di Roma già da ieri. Ma AVCPP non è stata avvertita

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ROMA, 26 agosto 2015 – Un black out elettrico blocca l’apertura delle buste della gara per la gestione dei canili comunali di Roma. “Sul sito del Comune di Roma il disservizio è comunicato già da ieri. La gara parlava di un preavviso di 24 ore nel caso di spostamenti di date/orari/luoghi per l’appuntamento dell’apertura delle buste. Noi non siamo stati informati: è arrivata una mail 10 minuti dopo le ore 15:00… Siamo quindi andati all’appuntamento, abbiamo girato nella palazzina del Comune e abbiamo acceso interruttori e visto badge e distributori automatici di bevande perfettamente funzionanti. Però non abbiamo incontrato nessun altro concorrente alla gara. Il che è normale che lasci sollevare qualche perplessità” così Simona Novi, presidente dell’Associazione Volontari Canile di Porta Portese, la onlus che gestisce i canili comunali dal 1997 e che sta facendo una battaglia affinchè il bando di Ferragosto del Comune di Roma, fotocopia di quello sospeso a dicembre perché inquinato da Mafia Capitale, venga ritirato visto che gli importi posti in gara non sono congrui con il benessere degli animali, i servizi ai cittadini e la salvaguardia dei posti di lavoro.

“Leggiamo un comunicato stampa di oggi dell’Assessorato in cui si dice che si sta facendo il massimo sforzo per reperire nuove risorse. Ci sembra un importante passo avanti: è la dimostrazione che quello che diciamo ha più che un fondo di verità. Per domani sono stati convocati due incontri, uno alle 11 con i sindacati, ed uno alle 15:30 con le associazioni che gestiscono canili e gattili comunali e l’impresa che lava le gabbie del canile Ponte Marconi. Ascolteremo quello che dall’Assessorato avranno da dirci – conclude Simona Novi – Ma prima torniamo a chiedere all’assessore di ritirare questa gara che trasformerebbe i canili comunali di Roma in canile lager. Del resto se esiste l’impegno per trovare nuovi fondi, evidentemente se ne è accorta anche l’assessore Marino. E chiediamo che, di conseguenza, vengano restituiti subito i plichi di gara integri a tutti i partecipanti”.

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