1

Crescita digitale 2.0

smart-city

Giovedì mattina si è svolto a Palazzo Chigi l’incontro di presentazione del Piano per la crescita digitale da parte del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Del Rio e dalla direttrice dell’Agenzia Digitale italiana, Alessandra Poggiani.

Il Piano è sinergico alla Strategia per la banda ultralarga presentato pochi giorni prima dal Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar e di cui rappresenta la logica continuità riferita alla offerta/domanda di servizi.

In parole povere stiamo parlando di un pezzo consistente di quell’Agenda Digitale che stenta a decollare e, soprattutto, a mostrare i suoi effetti benefici per lo sviluppo e il benessere del paese.

I destinatari della presentazione di giovedì erano le Regioni italiane. Gran parte del budget su cui il Governo punta per investire nella crescita digitale, infatti, è riferito proprio ai fondi del POR-FESR 2014-2020 e in particolare a quelli previsti per il raggiungimento dell’Obbiettivo Tematico 2 denominato appunto Agenda Digitale.

Al netto di tutti questi tecnicismi, la proposta prevede di mettere assieme 1,8 miliardi di euro gestiti dalle regioni e 2 miliardi di euro gestiti dallo stato.

Questo tipo di collaborazione, o meglio di co-progettazione (parole della direttrice Poggiani), rappresenta l’unica possibilità per il raggiungimento di obbiettivi ambiziosi e di larga scala.

Proviamo a fare un po’ di chiarezza e a interpretare meglio la presentazione di giovedì che, comunque, verrà a breve pubblicata sul sito di Agid assieme al documento di dettaglio del Piano, che verrà poi aperto alla consultazione pubblica.

Temi:

I destinatari del piano (direi FINALMENTE) sono i cittadini e le imprese, e non la PA. Questo al sottoscritto era chiarissimo sin da quando l’allora Ministro alla coesione Barca pubblicò il documento metodi e obbiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari. Purtroppo molte amministrazioni centrali e regionali hanno sin qui provato ad eludere questa indicazione, cercando di negoziare finanziamenti per il GOV2GOV invece di seguire il documento Barca e i successivi Accordi di Partenariato che ben indicavano come obbiettivo esclusivo delle azioni derivanti dall’uso dei fondi UE, ovvero quello del GOV2BIZ.

Insomma, il digitale deve servire alla crescita del paese e non alla Pubblica Amministrazioni per rifarsi il trucco. La PA è il mezzo, non il fine della crescita digitale.

Certo, in mezzo a tutto ciò c’è lo switch-off della PA (servizi erogati SOLO in modalità digitale) ma per questo obbiettivo non servono fondi europei, serve il buon senso.

Su tutto ciò si innestano le grandi azioni già concluse o in fase di completamento (identità digitale SPID, Sistema Pubblico di connettività SPC, Riduzione dei Data Center pubblici e passaggio al Cloud PA, Sistema dei pagamenti, Anagrafe Nazionale della Popolazione, Open Data, ecc.) che rappresentano l’infrastruttura sulla quale costruire in modalità collaborativa (co-progettazione) i nuovi servizi digitali ospitati da Italia Login.

Cosa sarà Italia Login non è ancora del tutto chiaro ma, dalla presentazione, si immagina un contenitore di dati, servizi e sistemi pubblici che espone API (Application Program Interface) attraverso l’interrogazione delle quali costruire servizi locali e/o collaborativi.

Governance:

Veniamo al punto dolente. Nonostante lo sforzo di semplificazione comunicativa rimangono grossi dubbi sulla frammentazione dei ruoli e delle competenze.

La slide presentata semplifica sin troppo quella che è un matassa intricata e che forse potrebbe rappresentare un ostacolo alla realizzazione dell’intero impianto dell’Agenda Digitale.

I soggetti protagonisti di nomina governativa sono molteplici e vado a memoria nell’elencarli, sicuro di dimenticarne molti:

  • Paolo Barberis – Consigliere per l’innovazione del Presidente del Consiglio
  • Riccardo Luna – Digital Champion per l’Italia presso la UE
  • Paolo Coppola – Presidente Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana presso Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • Alessandra Poggiani – Direttore Agenzia per l’Italia Digitale
  • Stefano Quintarelli – Presidente del Comitato di indirizzo AGID
  • Raffaele Tiscar -Vice Segretario Generale di Palazzo Chigi con delega alla Banda Larga e ultra larga

poi ci sono le organizzazioni/istituzioni (ne elenco alcune che hanno competenze specifiche o Piani Operativi in materia di Digitale):

  • Agenzia per la Coesione – Fondi strutturali UE
  • Ministero per la Salute – Fascicolo sanitario elettronico, Tessera sanitaria (TS), Centro unificato di prenotazione (CUP), Ricetta elettronica, ecc.
  • Ministero Università e Ricerca – Smart Cities, Competenze digitali, Scuola digitale, ecc.
  • Ministero Sviluppo Economico – Banda Larga, Start-Up, ecc.
  • Ministero della Giustizia – Processo telematico, ecc.
  • Conferenza Stato Regioni/Cisis – Coordina le politiche regionali in ambito Digitale
  • ANCI
  • Sistema Camerale
  • ecc.

Inoltre, durante al riunione di giovedì il sottosegretario Del Rio ha proposto alle regioni di entrare al più presto nella ‘Cabina di regia‘ che, a questo punto, mi piacerebbe conoscere meglio da chi è formata e che competenze di indirizzo ha.

Ovviamente dimentico altri soggetti decisori strategici e/o stakeholder di primaria importanza come ad esempio Confindustria e il mondo delle Associazionismo/ONLUS, ecc.

Tanta gente, forse troppa. Qui rivedo le mie riflessioni di qualche mese fa e mi convinco sempre di più che ci vorrebbe un Ministero ad hoc sul digitale con ampia disponibilità di portafoglio ma soprattutto con SUPERPOTERI!

Risorse:

Qui la situazione è più chiara. In primis ovviamente i Fondi Strutturali 2014-2020 per le componenti nazionali PON e regionali POR. Poi molte aspettative sul Fondo Sviluppo e Coesione al quale tutti guardano con grande attenzione e speranza.

L’ammontare per la parte crescita, e dunque servizi per cittadini e imprese (quindi senza considerare sanità, giustizia, banda larga, ecc.) viene stimato in 4,5 di Euro, cui 3,8 miliardi di Fondi UE e 0,7 miliardi che, molto probabilmente, dovranno essere reperiti da qualche capitolo statale.

Poco, tanto? Non lo so. Sinceramente gli unici indicatori quantitativi che abbiamo sono quelli sul da farsi (Digital Agenda Scoreboard), mentre disponiamo di pochi e chiari e documentati sul ciò che è stato fatto e su quanto è stato speso. Anche se la situazione di ritardo digitale ci fa capire per approssimazione che sinora si è speso troppo e male.

Considerazioni:

Il vero problema ora è far presto, stabilire un rapporto collaborativo Stato – Regioni per accelerare quelli che molto probabilmente verranno configurati come Accordi di Programma per l’attuazione dell’Agenda Digitale.

Accordi snelli, basati sugli obbiettivi comuni e non sulla governance. Sarebbe un errore creare sovrastrutture di gestione anche se l’esperienza dei vecchi CRC potrebbe essere un esempio da rispolverare.

Di cosa ha bisogno il paese lo sappiamo tutti, speriamo solo che dopo questa presentazione non ci si perda in liturgie infinite per affidare a soggetti individuali, strutture ad hoc o peggio ancora forme consorziate, la governance di singoli progetti.

Non abbiamo bisogno di protagonisti, abbiamo bisogno di fatti.

link all’articolo

 




ARDUINO CONQUISTA IL MOMA: ECCO L’ITALIA CHE INNOVA ANCORA

arduino new-york-04

6375 chilometri. In linea d’aria è la distanza che separa Ivrea da New York. La prima, cittadina di 24.000 abitanti in provincia di Torino, è famosa per essere stata la culla del sogno italiano targato Olivetti. La seconda, tra le innumerevoli cose per cui può essere ricordata, è sede del MoMa, il museo d’arte contemporanea più importante del pianeta. Al MoMa Olivetti è di casa, simbolo di un’Italia industriale e creativa che stupiva il mondo e ispirava anche i colossi americani nel design come nell’informatica. Dal prossimo anno, però, Ivrea al MoMa sarà rappresentata anche da Arduino.

Arduino è una scheda elettronica con un microcontrollore, chiamata così in omaggio al pub della città che nel 2005 ospitava spesso Massimo Banzi e i suoi amici, inventori di un’eccellenza italiana divenuta famosa nel mond0. Banzi all’epoca lavorava all’Interaction Design Institute di Ivrea. Pensò a questo piccolo computer autocostruito per rispondere alle esigenze dei suoi studenti, che non riuscivano a reperire sul mercato microcontroller potenti ed economici adatti ai propri progetti creativi. Insieme all’ingegnere spagnolo David Cuartielles, a David Mellis, Tom Igoe e Gianluca Martino, Banzi crea qualcosa che nel giro di pochi anni prima conquista i makers, i geek e gli smanettoni, poi rompe i confini dell’universo degli appassionati, vendendo milioni di pezzi.

(il servizio di Wired dedicato ad arduino)

 

La piccola scheda madre permette di far prendere vita a progetti estremamente diversi tra loro. Controllare una serie di luci, far volare un drone, far funzionare una stampante 3d. La bellezza di Arduino risiede nella sua flessibilità. Nasce come piattaforma hardware dedicata ai creativi, si trasforma e diventa la possibilità per tutti (o quasi) di partire da un’idea e realizzarla. La forza del progetto risiede nella sua logica open source. Arduino può essere modificato liberamente (è disponibile sotto licenza Creative Commonsed è supportato da una community molto attiva. Ormai è alla base di numerosi oggetti: lettori mp3, router, amplificatori, mixer, telecomandi. Insieme all’hardware c’è un software, un sito e un forum dove scambiarsi idee, arricchire i propri progetti e confrontarli con gli altri makers. Chiunque può scaricare gli schemi del microcontroller, modificarli e ridistribuire, sempre con licenza CC. L’aspetto vincente di Arduino è proprio questo. Come con il pongo, bastano voglia e capacità per modellarlo a proprio piacimento. L’unico limite risiede nell’immaginazione. Ci si può lavorare per adattarlo a qualsiasi ambito: dagli strumenti musicali ai sistemi di irrigazione intelligente.

Arduino può diventare il cuore pulsante di una buona idea e non richiede necessariamente competenze da ingegnere elettronico o programmatore. L’ultima evoluzione riguarda la wearable technology. LilyPad è un microcontroller nato per essere cucito su maglie e oggetti indossabili. Grazie ai sensori può restituire informazioni e dati direttamente da ciò che indossiamo. Molti progetti di IOT (internet of things) hanno alla base una soluzione Arduino che ne permette il funzionamento. Su Kickstarter, una delle principali piattaforme di crowdfunding per progetti creativi, tante delle idee proposte hanno come cuore pulsante proprio la scheda immaginata nel 2005 da Banzi e soci, magari modificata a seconda delle esigenze. Arduino dal prossimo anno sarà esposto al MoMa, simbolo di design e integrazione tra discipline diverse che, grazie alla piccola scheda made in Italy, restituiscono applicazioni concrete. Un mix di tecnica e pensiero, scienza e genio creativo. Da Olivetti ad Arduino. Dal 2015 Ivrea e New York tornano ad essere più vicine.

link all’articolo




Sustanalytics – Big data per la sostenibilità

open_dataIl segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha spinto perchè si avviasse una riflessione a livello globale sull’utilità dei big data. Un esempio?  Attraverso la app “Baidu Recyle”, per ora attiva solo a Pechino e Tianjin, si può conoscere i tempo reale la quotazione sul mercato del riciclo del proprio scarto elettronico e mettersi in contatto con il più vicino riciclatore, grazie all’assistenza di TCL.

L’orologio del millennio scandisce le ore che separano dai nuovi Obiettivi di sviluppo che il mondo si ripromette di perseguire. Le agende delle diplomazie mondiali sono  impegnate a elaborare quella che dovrà essere la continuazione dell’agenda di sviluppo rappresentata dai Millenium Developemnt Goals, ed elaborata nel 2000 al Millenium Summit. Ne usciranno il prossimo settembre, quelli che sono stati ribattezzati come i Sustainable Development Goals (SDGs), che rappresenteranno la cornice entro la quale incanalare l’agenda dello sviluppo dopo il 2015.

Ma dietro quello che sembra all’apparenza un semplice cambio di nome si nasconde una riflessione più profonda che tocca anche i technoscapes, come li ha definiti l’antropologo Appadurai, i nuovi panorami conoscitivi aperti dalle nuove tecnologie, e una delle componenti  fondamentali della contemporaneità.

Un esempio: i big data, l’immensità di dati (strutturati e non strutturati) che vengono immessi ogni giorno in rete dalle interazioni degli utenti di social networks, gps, cellulari, dispositivi medici e ogni altro tipo di device.  Le 4 V distinguono questi dati da quelli ordinari, rendendoli “Big”: velocità nella trasmissione, volume di notizie che contengono, varietà della loro provenienza e valore che sta proprio nell’essere prodotti dagli user riflettendone di fatto le esigenze. E in questo sta la sfida posta dai big data che si sostanzia nel riuscire a raccoglierli, memorizzarli, visualizzarli e analizzarli.

Per fare questo servono algoritmi efficienti  e in tempi ragionevoli perchè questo tsunami informativo venga incanalato, producendo informazioni utili per una serie di fini. Tra questi è sempre più evidente la possibilità, attraverso i big data, di agevolare e supportare pratiche economiche più sostenibili o di cooperazione e sviluppo, specie in ambiti emergenti.

A cementare i big data alla nuova agenda dello sviluppo post 2015, ci ha pensato il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, che ha spinto perchè si avviasse una riflessione a livello globale sull’utilità dei big data affidandone le redini a un Advisory Group presieduto da Robin Li (fondatore del motore di ricerca Baidu) e da Enrico Giovannini, ex Ministro, poi direttore delle statistiche OCSE prima di passare alla presidenza dell’Istat. Il loro compito, coadiuvato anche dalla creazione di UN Global Pulse, un laboratorio con sedi a New York, Jakarta e Kampala, è quello di creare la struttura che servirà a monitorare, attraverso i big data, i progressi compiuti a livello globale per i nuovi target che usciranno a breve.

In questo risiko di innovazione e visioni a lunga gittata non poteva mancare la Cina che presenta sia le competenze sia le condizioni giuste per sfruttare la rete di big data prodotta dai sui 600 milioni di cibernauti.  I fini sono già ben chiari, oltre alle finalità di business per orientare il mercato seguendo i gusti dei nuovi consumatori cinesi, Pechino potrebbe sfruttare, e in parte lo sta già facendo i big data anche a buon fine, per gestire l’imponente processo di urbanizzazione che il paese sta conoscendo e che entro il 20135 promette di portare almeno il 70% della popolazione cinese a vivere in zone urbane, nel mettere in pratica strategie di adattamento ai cambiamenti climatici, e nel gestire processi di evoluzione verso la green economy, e persino nel gestore emergenze quali terremoti e inondazioni.

Un primo passo è già stato fatto, l’agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) ha avviato una collaborazione proprio con Baidu che ha portato alla creazione del Big data Joint Laboratory focalizzato per il momento su questoni di salute pubblica ed ambiente ma che promette di allargare il proprio spettro in futuro.  Primo prodotto di questa joint venture, un’applicazione per agevolare il riciclo di materiale elettronico, di cui la Cina è processore a livello mondiale con forti conseguenze ambientali. Attraverso l’app “Baidu Recyle”, per ora attiva solo a Pechino e Tianjin, si può conoscere i tempo reale la quotazione sul mercato del riciclo del proprio scarto elettronico e mettersi in contatto con il più vicino riciclatore, grazie all’assistenza di TCL.

Certo lo scenario dei big data cinesi presenta aspetti problematici (rischi di monopolio sulle informazione, gestione della privacy) e che in Cina hanno specificità uniche rispetto al resto del mondo. Prima di tutto è tendenzialmente chiuso laddove la Great FireWall, la muraglia cibernetica voluta da Pechino, riesce, almeno in parte, ancora a contenere le barriere che isolano la rete e il flusso di dati dalla Cina.  In più l’utilizzo dei big data ha negli organi di gestione delle Statistiche, un partner naturale e strategico. Da questo punto di vista la Cina presenta una gestione, in mano al National Bureau of Statistics, “con caratteristiche cinesi”, spesso lacunosa e lascia poco spazio alla comparazione.

Mentre le stime per la crescita del mercato dei big data parlano di un salto dagli attuali 2.3 miliardi di dollari a 8.7 miliardi previsti per il 2016, serve manodopera capace e a questo ci ha pensato IBM che lo scorso luglio ha firmato un memorandum of understanding con il Ministero dell’istruzione cinese, che prevede un fondo del valore di 100 milioni di dollari per fornire software ed expertise a 100 università cinesi per creare la prossima generazione di esperti di Big data.

Le grandi aziende di Media e Internet cinesi non stanno certo a guardare e quella volpe di Jack Ma, CEO di Alibaba, cha creato una divisione destinata a mettere in piedi una struttura per analizzare i dati elaborati ogni giorno dagli utenti delle piattaforme di business-to-business e di e-commerce come Taobao.com. Le finalità in questo caso non paiono comprendere lo sviluppo sostenibile, se non quello degli affari delle corporation cinesi.

link all’articolo




Messaggi WhatsApp per i pullman. Dopo Brescia, Roma. E Bergamo?

whatsappLe info sui pullman, ora, arrivano con un messaggio di WhatsApp. A Brescia, Roma e Napoli. Ma Bergamo?

Brescia ha attivato il servizio da mesi, ora al via anche a Roma e a Napoli. E ci si aspetta un affollamento di messaggi decisamente più corposo, considerando anche solo la mole di traffico. Le info sui pullman, ora, arrivano con un messaggio di WhatsApp.

La cosa è molto semplice: è attivo un call center (4 persone preposte per questo servizio) che risponde all’utente via messaggio WhatsApp e quindi ogni viaggiatore può, se lo volesse, comunicare via cellulare con l’operatore attivo, per avere info su ritardi e mancanze, su servizi e aggiornamenti. Ma anche fornendo il viaggiatore stesso delle notizie utili in tempo reale: il pullman in panne, un incidente, con tanto di messaggi anche audio, video o fotografici.

Dal tradizionale call center attivo poche ore al giorno ad un servizio di Customer Care integrato che pone al centro la soddisfazione del cliente. Cambia la comunicaizone, si evolve il trasporto, condividendo in tempo reale le informazioni, in un canale di dialogo rinnovato e sempre on line.

L’avventura del Customer Care di Brescia Mobilità ha inizio nel maggio 2013, per poi avviarsi su pullman e metro: ora la partenza dell’operazione WhatsApp su Roma e Napoli, con una mobilità decisamente molto complicata.

Ma cambiano le esigenze dei viaggiatori, turisti, pendolari, semplici cittadini e la viabilità si fa più integrata in un’ottica sempre più europea.E Bergamo? Per ora sono attive, ma non ovunque, le pensiline con gli orari di arrivo previsti dei mezzi di Atb. Un dialogo costante con un call center che comunica via messaggio WhatsApp sarebbe sicuramente un passaggio in avanti, magari anche in lingua inglese, per il turismo e in attesa di Expo.

link all’articolo




Ci salverà la musica?

Nella musica italiana è difficile individuare tratti peculiari o specificità. È italiana solo perché nasce nel territorio del nostro paese. In realtà, è frutto del confronto con le molte popolazioni straniere con cui gli italiani sono venuti a contatto. Evidente è l’influenza della cultura bizantina, spagnola, araba, greca e teutonica nel tessuto più intimo dell’espressione popolare che un pregiudizio romantico vorrebbe incontaminata e pura – appunto – da influssi esterni. E questo vale per tutti i generi musicali, dal folklore alla musica d’arte e alla canzone. Persino il ballo liscio non nasce – come molti credono – tra l’Emilia Romagna e la Lombardia. Ma le sue radici si allungano in Austria e in Francia.

Gramsci e il carattere cosmopolitico della musica

Se c’è un’italianità della musica la si può scorgere solo in questa molteplicità di esperienze, generi e stili, derivanti da fattori storici, economici, politici e linguistici, e non già in un suo radicamento deducibile da fattori biologici e ambientali. Ne parla Antonio Gramsci nei suoi Quaderni del carcere:  «In Italia la musica ha in una certa misura sostituito, nella cultura popolare, quella espressione artistica che in altri paesi è data dal romanzo popolare (…) e i geni musicali hanno avuto quella popolarità che invece è mancata ai letterati». E s’interroga: «Perché la “democrazia” artistica ha avuto un’espressione musicale e non “letteraria”? Che il linguaggio non sia stato nazionale, ma cosmopolita, come è la musica, può connettersi alla deficienza di carattere popolare-nazionale degli intellettuali italiani?» Ecco la risposta del pensatore sardo: «Nello stesso momento in cui in ogni paese avviene una stretta nazionalizzazione degli intellettuali indigeni (…), gli intellettuali italiani continuano la loro funzione europea attraverso la musica. Si potrà forse osservare che la trama dei libretti non è mai “nazionale” ma europea, in due sensi: o perché l’intrigo” del dramma si svolge in tutti i paesi d’Europa e più raramente in Italia, muovendo da leggende popolari  o da romanzi popolari; o perché i sentimenti  e le passioni del dramma riflettono la particolare sensibilità europea settecentesca e romantica, cioè una sensibilità europea, che non pertanto coincide  con elementi cospicui della sensibilità popolare di tutti i paesi, da cui del resto aveva attinto la corrente romantica». Attraverso la musica, si conferma in sostanza la vocazione universalistica di un popolo che non aveva un “particulare” da coltivare ed esportare, ma si sente a pieno titolo in un contesto globale.

Il deficit di cultura musicale

Chi ascolta attentamente la musica, può facilmente notare che dietro ogni pezzo c’è una storia, un processo, una sedimentazione di culture. Ma in genere chi consuma musica non ne comprende questa profondità. E non sceglie i brani in base a questi aspetti. Non a caso, per garantirsi l’eccellenza, molti si affidano ai divi e così suppliscono ad una cultura musicale deficitaria.

L’arte di massa nasce a metà Ottocento con l’idea di fruire di essa come distensione, distrazione, anziché sforzo intellettuale e mezzo di educazione. Nasce così l’arte “facile”, non problematica. La musica è invece un prodotto umano in sé compiuto di cui vanno compresi i meccanismi. La scuola, l’educazione di base e l’azione culturale penetrante e diffusa della società civile possono modificare la mentalità prevalente e suscitare un interesse a investire sul futuro della musica.

La musica italiana è aperta all’innovazione

A differenza della letteratura, la musica italiana porta con sé due elementi che interagiscono in modo virtuoso: il carattere cosmopolitico e aperto al mondo globale, in opposizione ad ogni rigurgito nazionalistico e autarchico, e l’apertura all’innovazione. I musicisti sono portati a fare i conti con l’innovazione. L’evoluzione della musica è sempre stata accompagnata e anche influenzata da un progresso di tecnologia che nei secoli precedenti era pressoché applicato all’organologia. Si pensi, ad esempio, cosa ha implicato il passaggio dal clavicembalo al pianoforte, inventato dall’italiano Bartolomeo Cristofori. La tecnologia di cui oggi disponiamo è figlia di un lungo processo di ricerca che ha le sue radici tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento, quando si incominciarono a cercare nuove forme di scrittura ed espressione musicale. Con l’aiuto di maestranze tecniche e scientifiche, alcuni compositori cercarono anche strumenti musicali innovativi per esprimere i nuovi linguaggi, sfruttando l’elettricità, il magnetismo, i motori elettrici ed elettromeccanici. Un passo importante verso il connubio tra innovazione tecnologica e musica si ha con la cosiddetta Computer Music, da cui si sviluppa il sintetizzatore che viene utilizzato con successo nella cosiddetta musica elettronica ma anche nella musica pop e rock a partire dagli anni sessanta. Dagli anni ottanta in poi, la diffusione del protocollo MIDI e del computer Atari consente una grande diffusione della tecnologia musicale. Oggi il processo di innovazione è indirizzato principalmente alla ricerca del sistema di interazione tra l’utente e la macchina in grado di essere di semplice utilizzo soprattutto nell’interazione in tempo reale. Sicuramente i tablet e principalmente l’ipad della Apple cambieranno nei prossimi anni il modo che avranno gli utenti di interagire con le applicazioni software.

Il futuro è la musica

Oggi i giovani di buona cultura, generalmente umanistica, sono portati a contestare tutti o quasi tutti i processi d’innovazione tecnologica. In essi prevale lo spirito romantico, la nostalgia del bel tempo che fu. Guardano con sospetto alla modernità e tendono a rinchiudersi in difesa dinanzi alla globalizzazione con atteggiamenti autarchici. Un diffuso atteggiamento antiscientifico sottende un’inefficace politica di sostegno al made in Italy.

L’agricoltura italiana, che pure ha conosciuto nella sua storia un rapporto intenso con la tecnologia e la scienza, sta pesantemente subendo questa involuzione indotta da una cultura umanistica che si contrappone alle discipline scientifiche. Una cultura umanistica che identifica il “buono”, il “bello” e il “giusto” con l’atteggiamento antiscientifico e non sostiene, con la disponibilità ad un approccio pluridisciplinare, l’esigenza di tenere in equilibrio etica, innovazione tecnologica e sostenibilità.

Forse l’Italia potrà farcela a guardare in avanti con ragionevoli speranze, se promuoverà tra le nuove generazioni un’attività educativa e culturale capace di valorizzare i due tratti distintivi della musica italiana: il suo carattere cosmopolitico e l’apertura all’innovazione. Comprendendo fino in fondo la musica, il suo mondo e i suoi meccanismi, forse saremo in grado di cogliere pienamente le opportunità della globalizzazione  e della rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo.

10609272_10204291425716903_1516857527_n

Alessandro Cives, cantautore romano




L’ Internet delle cose non è così lontana dalle nostre case

stampantiL’essere umano non è più l’unico elemento pensante del sistema

Oggigiorno la distanza tra le aziende e le persone si è notevolmente ridotta grazie alla diffusione di smarthphone e tablets che fungono da supporto ai nuovi media, quali i social o altre forme di comunicazione diretta. La tecnologia è driver di sviluppo in questo passaggio culturale. Si considerino i motori di ricerca per l’identificazione di luoghi di villeggiatura o di ratings di ristoranti o di locali: a scopo di esempio possiamo citare Expedia, Trivago, Tripadvisor, ma, di fatto, ciò che è fondamentale sottolineare è che l’informazione è ormai ovunque accessibile, sempre aggiornata, sempre condivisa.

Stiamo vivendo un fenomeno culturale che riguarda solo la comunicazione? Forse no. In Germania SAP ha recentemente iniziato una collaborazione con Volkswagen per sviluppare una piattaforma di tecnologia automobilistica intelligente: i dati di viabilità o i parcheggi liberi saranno disponibili nei database SAP e saranno comunicati all’auto intelligente. Negli States aziende come Google, Microsoft o Apple stanno lottando per imporre i propri sistemi operative nelle vetture di nuova generazione;è difficile ipotizzare che tale scontro si limiti al favorire la connettività tra i cellulari e le auto: in uno scenario non lontano a venire, i veicoli potranno parlare ad altre macchine scambiandosi in real-time informazioni sullo status del traffico, su problematiche di parcheggio e altro. Google, Microsoft o Apple non saranno più, nel futuro, aziende digital, ma saranno considerabili anche come partner delle case automobilistiche. Il mondo digitale, quindi, è già compenetrato con il mondo reale. Stiamo entrando nell’era in cui le macchine parlano alle macchine (M2M, machine to machine) e nell’era dell’Internet of Things (Internet delle cose): l’essere umano non è più l’unico elemento pensante del sistema.

Tutti gli oggetti, inevitabilmente, dovranno essere non solo valutati in base alle caratteristiche fisiche del prodotto, ma dovranno essere soppesati anche per le caratteristiche “intellettive” del prodotto stesso, intendo con ciò la sua capacità di essere interconnesso in un sistema, la possibilità di utilizzare diversi protocolli in base alle necessità del caso.

Sono interessati a questa rivoluzione i prodotti della gestione degli accessi? Credo che questa domanda sottintenda un secondo interrogativo, con una facile risposta: «Tu, consumatore, sei interessato a sapere se il cancello della tua abitazione è aperto o chiuso quando non sei in casa? Saresti interessato a sapere in anticipo se l’automatismo installato funziona correttamente? Non ti farebbe comodo sapere tempestivamente se qualcosa non funziona e se è necessario un check-up tecnico?». In uno scenario ormai prossimo il cancello e il portone del garage di casa, le tapparelle, il portoncino di ingresso così come le porte automatiche dei nostri uffici, le barriere che bloccano le aree di parcheggio saranno tutti oggetti di una rete interattiva che sarà in grado di coordinare operazioni, dare informazioni ed in definitiva, offrire un livello di servizio non ottenibile con prodotti tradizionali. Un’invasione di territorio nei confronti di aziende storicamente radicate nel campo della domotica? No, una naturale evoluzione: siamo nell’era dell’Automation Sapiens.

link all’articolo




Proposta di legge: “Disposizioni per la diffusione dell’accesso alla rete internet mediante connessioni senza fili”

wifi

XVII LEGISLATURA
A.C. 2528
________________________
PROPOSTA DI LEGGE
di iniziativa del deputato
BOCCADUTRI, BRUNO BOSSIO, CARBONE, LOSACCO, MIGLIORE “Disposizioni per la diffusione dell’acceso alla rete internet mediante connessione senza fili”

                     __________________________________

ONOREVOLI COLLEGHI! — Negli ultimi anni è emerso in modo chiaro il ruolo di internet nello sviluppo dell’economia, e non solo di quella digitale, ma anche di quella reale. La crescita della rete e l’accesso ai suoi servizi assicurano prestazioni efficienti e risparmi di gestione alla Pubblica Amministrazione ed alle imprese, con beneficio indiscusso per l’economia del Paese, per tutti i cittadini e per la loro qualità di vita.

In tal senso, lo sviluppo della rete internet e l’allargamento della sua base di accesso contribuiscono in modo indiscusso, come attestato da un’ampia letteratura in merito, alla costruzione di nuovo valore e all’innalzamento del prodoto interno lordo (PIL): oggi benessere e crescita hanno anche bisogno della rete internet.

Purtroppo, nonostante il periodo di forte crisi economica da cui l’Italia sta tentando con enormi sforzi di uscire, questo Parlamento non è ancora riuscito ad affrontare in modo serio e risolutivo il tema del digital divide. L’Italia si colloca in posizioni arretrate per quanto riguarda l’accesso alla rete internet e ciò rischia di comportare un progressivo impoverimento dei nostri settori produttivi, compreso il turismo cui facciamo affidamento per attrarre visitatori che apprezzino la nostra accoglienza e i nostri beni culturali.

Questa proposta di legge intende mettere in campo in campo una serie di strumenti tesi a migliorare la possibilità di accesso alla rete Internet tramite tecnologia wi-fi da parte di tutti i consumatori.

L’analisi della situazione presente vede solo poco più dell’8% degli esercizi commerciali e degli uffici pubblici coperti da tecnologia wi- fi.

Lo scopo che si pone la proposta di legge e quello di arrivare in sei mesi a una copertura del 100%.
La possibilità di accedere alla rete internet in mobilità, in un Paese dove gli apparati dotati di tecnologia wi-fi sono già ampiamente diffusi, è un’opportunità enorme : in questo modo si rende più accogliente il Paese per i tanti turisti che ogni anno lo scelgono come meta delle proprie vacanze, ma si rilancia anche la crescita economica con la creazione di nuova occupazione, tutto questo grazie a una maggiore interazione non solo tra privati, ma anche tra privati e pubblica amministrazione. Inoltre, si assicura una modalità di accesso alla internet anche alle classi sociali meno abbienti, facendo dell’Italia un Paese all’avanguardia a livello mondiale.

La rete internet rappresenta, infine, uno strumento indispensabile per garantire la libertà di espressione dei cittadini e per

 

l’accesso alle informazioni, all’istruzione, alla formazione, ai servizi pubblici ed alla cultura. La proposta di legge prendendo spunto dalle riflessioni di parte della dottrina costituzionale che configura l’accesso alla rete internet come un “servizio essenziale”, l’attuazione del quale è demandato alle sinergie che si sviluppano tra pubblico e privato, nel solco di quanto già sperimentato in altri paesi europei, quelli scandinavi innanzitutto.

In conclusione, con un ridotto investimento economico da parte dei privati e degli enti pubblici, si potrebbe far fare all’Italia un grande balzo in avanti sul tema dell’accesso alla Internet e sulla contestuale riduzione o abbattimento del digital divide.

La proposta di legge si compone di un solo articolo, suddiviso in 8 commi.
In particolare il comma 1 stabilisce che l’obbligo per una serie di soggetti di dotarsi del collegamento alla rete Internet e di renderla disponibile tramite tecnologia Wi Fi, consentendo l’accesso gratuito e libero. Il comma 2 prevede i casi di esenzione dall’obbligo.

Il comma 3, estende, invece, l’obbligo ad altri soggetti e il comma 4 prevede l’istituzione di un fondo per il sostegno all’installazione nei mezzi di trasporto pubblico di collegamenti gratuiti alla rete internet (come peraltro sta avvenendo in alcune grandi città).

Il comma 5 attribuisce ai comuni il compito di vigilare sull’ottemperanza degli obblighi previsti, che possono irrogare sanzioni, mentre il comma 6 demanda all’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni il controllo sull’attuazione dellla legge.

Il comma 7, infine, istituisce un fondo per il sostegno alla diffusione di router e di modem wireless di ultima generazione, in grado di garantire una migliore diffusione del segnale.

Se questa proposta di legge fosse approvata, l’Italia sarebbe il primo paese al mondo quanto a sostanziale accessibilità alla rete internet da parte degli individui.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

“Disposizioni in materia di accessibilità wifi ad internet”

1.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, al fine di facilitare l’accesso alla rete internet, tutti gli esercizi commerciali, le associazioni culturali aperte al pubblico, i taxi, gli esercenti attività di noleggio con conducente, i bus privati, i treni e gli aerei registrati in Italia hanno l’obbligo di dotarsi di collegamento alla rete internet e renderla disponibile tramite tecnologia wireless basata sulle specifiche dello standard IEEE 802.11 (wi fi), consentendo l’accesso a tutti a titolo gratuito e senza necessità di utilizzare credenziali di accesso e password.

Sono esentati dall’obbligo di cui al comma 1 gli esercizi commerciali, le associazioni culturali e gli uffici pubblici con una superficie inferiore ai 100 metri quadri, nonché gli esercizi commerciali e le associazioni culturali con un organico inferiore ai due dipendenti.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli uffici pubblici, gli uffici degli esercenti un pubblico servizio, i tribunali, gli ospedali, i porti e gli aeroporti provvedono a garantire il collegamento alla rete internet con le modalità di cui al comma 1 in almeno due aree.

È istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico un fondo per il sostegno all’installazione nei mezzi di trasporto pubblico di proprietà, anche tramite partecipazioni, di Comuni e Regioni, del collegamento alla rete internet con le modalità di cui al comma 1, con una dotazione pari a due milioni di euro per gli anni 2017, 2018 e 2019. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in

2.

3.

4.

 

vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità per l’erogazione delle risorse del fondo mediante la connessione di contributi per ottemperare agli obblighi stabiliti dal presente articolo.

  1. In caso di inottemperanza agli obblighi di cui dal presente articolo, i comuni provvedono a punire i soggetti inadempienti con una multa sino a euro 5.000, con l’esclusione degli esercenti l’attività di trasporto di persone.
  2. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni esercita la vigilanza sull’attuazione del presente articolo, anche sulla base di segnalazioni provenienti dai privati cittadini. Irroga direttamente sanzioni nei confronti degli esercenti attività di trasporto di persone A tale scopo, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Autorità adotta un regolamento nel quale stabilisce le modalità di segnalazione e le procedure per la rilevazione delle inadempienze per l’irrogazione delle sanzioni.
  3. È istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico un fondo pari a un milione di euro per gli anni 2017, 2018 e 2019 per il sostegno alla diffusione di router e di modem wireless basati sulle specifiche dello standard IEEE 802.11 di classe “n” o “ac” o tecnologie successive. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità per l’erogazione delle risorse del fondo mediante la connessione di contributi per ottemperare agli obblighi stabiliti dal presente comma.
  4. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui al comma 4 dell’articolo 10 del decreto legge 29 novembre 2004, n.

282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

 




What is the Internet of Things?

stampanti

Ever wondered what people mean when they talk about the ‘Internet of things’? The future of the digital world will explode with interconnectivity putting you at the heart of everything that’s done online. Scary for the privicists, not so bad for anyone else! Will Roebuck explains…

The ‘Internet of Things’ is real, already here and is revolutionising the way we live.

The Internet of Things is the capability to connect everything with anything, everywhere using the Internet. So, your fridge can reorder food to be delivered through your online shopping account. Livestock feeding systems can replenish themselves and give animals just the right amount of food they require to keep them tip top healthy. Smart cars can drive themselves using satellite navigation. And the long-term sick can be monitored at home rather than having to stay in hospital, thus giving them more independence.

All by superfast connections to the Internet. It’s a brave new world!

The Internet already has 10 billion ‘things’ connected to it, including computers, portables and smart phones. Before the end of the next Parliament in 2020 this figure will rise to over 50 billion, all linked and controlled by embedded and attached sensors and actuators. Current estimates suggest that 95% of all data ever created in the history of the world happened in the last two years. It won’t be too long before that statistic changes to two minutes.

The ‘Internet of Things’

The Internet of Things is the next evolutionary step in a world relying more upon digital technologies to find solutions that deal with the social and economic challenges which lie ahead. The Internet of Things is the third wave of the mass Internet revolution following the invention of the world wide web in the 1990s and then Internet connectivity extended to mobiles enabled by European GSM in the early 2000s.

Make no mistake. The scale of interconnectivity will transform and disrupt current political, social, legal, economic and commercial business models over the next decades. Traditional eco-political cycles will end, many will fail to keep up with the exponential changes. But fresh opportunities and innovation will continue to drive economic growth, leading to more and better jobs, and a more sustainable economy.

The Internet of Things is capable of providing bottom up consumer/citizen engagement and imposing top down surveillance and control. But, the latter will be very different from what we have been used to. Governments and traditional media can no longer get away with only giving the public carefully-chosen information, as demonstrated with the Edward Snowden and Julian Assange sagas. Mass consumerism means that we can now all build our own trusted networks online through social media – which hides nothing. And the massive scale of current data collection and usage will make the issues around data protection and ownership of digital identities even more sensitive and complex. No-one trusts governments with databases rich with content about individual citizens. That’s one of the reasons why the UK government is setting up an ID Assurance Scheme without them. Security, reliability and resilience issues will become more acute with greater dependence on interconnected critical national infrastructure focused on communications and energy.

It’s a lot to take in. The UK has global leadership in some Internet of Things areas, for example chip design and creative applications. Technology needs to be neutral. Decisions upon how we are able to control our lives better, or enable others to control them for us may be better made from market forces and not politicians or regulators.

Leadership

Whatever happens, British leadership is essential to driving the economic and social strategies affecting the Internet of Things. We still need to grow our economy, create new jobs for new industries, and keep unnecessary public expenditure down whilst delivering better public services. It’s not just government leadership we require. Business people and top managers in public sector roles must all play their part, put their heads above the parapet, make tough decisions and drive through innovation and change. Entrepreneurs also need support to take their creative ideas to market and achieve their long-terms ambitions and goals.

link all’articolo