1

Recupero urbano: semplificazione “per Contratti di quartiere II”

contrattiLa Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nel corso della conferenza unifica del 15 maggio, ha espresso l’intesa sulla semplificazione procedurale finalizzata alla conclusione dei programmi di recupero urbano denominati “contratti di quartiere II”.

L’intesa è però subordinata ad alcune modifiche, proposte dalle Regioni Piemonte e Lombardia, contenute in un documento approvato dalla Conferenza delle Regioni il 14 maggio e pubblicato sul sito www.regioni.it nella sezione “conferenze”-
Si riporta di seguito il testo integrale:
Intesa per la semplificazione procedurale finalizzata alla conclusione dei programmi di recupero urbano denominati “contratti di quartiere II”
Punto 6) O.d.g. Conferenza Unificata
La Conferenza delle Regioni :
CONSIDERATA l’urgenza di dare una risposta ai rilievi formulati dalla Corte dei Conti nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’utilizzo delle risorse statali afferenti il programma di recupero urbano denominati “Contratti di quartiere II”;
PRESO ATTO dei ritardi nell’attuazione del suddetto Programma;
NEL CONDIVIDERE la necessità di semplificare le procedura anche al fine di revocare e riprogrammare le risorse non utilizzate;
ESPRIME, per i motivi sopra esposti, INTESA ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131;
RIBADISCE la disponibilità delle Regioni a modificare, qualora necessario, tutti gli atti, anche pattizi, di propria competenza per realizzare le finalità di cui all’intesa, anche al fine di tutelare eventuali posizioni giuridiche soggettive;
ESPRIME l’intesa con le modifiche richieste dalle Regioni Piemonte e Lombardia (allegato)
Roma, 14 maggio 2014
ALLEGATO
Semplificazione procedurale finalizzata alla conclusione del programma innovativo in ambito urbano denominato “contratti di quartiere II”
La Conferenza Unificata
Nell’odierna seduta del……., …………
VISTO l’articolo 4, comma l, della legge 8 febbraio 2001, n. 21, che ha previsto che il Ministero dei lavori pubblici promuova, coordinandolo con programmi di altre amministrazioni dello Stato già dotati di autonomi finanziamenti, un programma innovativo in ambito urbano finalizzato prioritariamente ad incrementare, con la partecipazione di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati di comuni e città a più forte disagio abitativo ed occupazionale e che preveda, al contempo, misure cd interventi per incrementare l’occupazione, per favorire l’integrazione sociale e l’adeguamento dell’offerta abitativa;
VISTO l’articolo 2 del decreto ministeriale 27 dicembre 2001, n. 2522, registrato alla Corte dei conti l’11 aprile 2002, registro n. 1, foglio n. 199, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 142 del 12 luglio 2002, che ha individuato le risorse finanziarie destinate all’attuazione di un Programma innovativo in ambito urbano denominato “Contratti di quartiere II”;
VISTO il decreto ministeriale 30 dicembre 2002, registrato alla Corte dei Conti — Ufficio di controllo sugli atti dei Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio – il 25 marzo 2003, registro n. l, foglio 215, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 aprile 2003, n. 94, con il quale è stato modificato il citato decreto 27 dicembre 2001 e ripartite, tra l’altro, alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano le risorse destinate al programma “Contratti di quartiere II”‘ nonché fissata in misura pari al trentacinque per cento del complessivo apporto Stato/regioni la contribuzione finanziaria delle regioni e province autonome al menzionato programma “Contratti di quartiere Il”;
CONSIDERATO che ai sensi dell’articolo 4 del citato decreto ministeriale 30 dicembre 2002 le regioni e le province autonome sono state autorizzate a predisporre ed approvare, sulla base del bando di gara allegato al richiamato decreto 30 dicembre 2002, appositi bandi di gara mediante i quali vengono fissate le modalità di partecipazione dei comuni, i contenuti delle proposte nonché specificati i criteri di valutazione delle proposte da assumere da parte della Commissione esaminatrice delle stesse;
CONSIDERATO che tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le regioni cofinanziatrici del programma (Piemonte, Valle d’Aosta. Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) sono stati sottoscritti, tra il 2005 e il 2007, a seguìto della procedura concorsuale con la quale sono stati individuati i comuni da ammettere a finanziamento, Accordi di programma quadro per la realizzazione degli interventi sperimentali nel settore dell’edilizia residenziale ed annesse urbanizzazioni da realizzare nell’ambito del programma innovativo in ambito urbano denominato Contratti di quartiere II debitamente registrati dalla Corte dei Conti;
VISTA l’indagine conoscitiva sul programma di che trattasi svolta dalla Corte dei Conti Sezione di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato ed approvata con deliberazione n. 15/2013/G in esito all’Adunanza del 2l novembre 2013;
CONSIDERATO che dalla citata indagine è emersa una eccessiva dilatazione dci tempi di attuazione del programma, tuttora in fase di realizzazione per una parte significativa, nonché un esito insoddisfacente del monitoraggio ed una complessità procedurale conseguente anche al coinvolgimento di più soggetti pubblici oltre che a specifici fattori di criticità quali la perenzione abbreviata che non appare congrua se rapportala all’esecuzione di opere pubbliche;
CONSIDERATO che la Corte dei Conti ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e dci trasporti di comunicare, entro la data del 19.05.2014, le misure adottate a seguito della citata Deliberazione 15/2013 finalizzate a superare le criticità riscontrate nell’attuazione del programma anche prevedendo la revoca dei finanziamenti non ancora attivali e che il predetto Ministero ha richiesto che la deliberazione della Corte dei conti fosse condivisa con le regioni cofinanziatrici dei programmi e con gli enti locali che rappresentano le stazioni appaltanti dci medesimi e che le iniziative da intraprendere fossero oggetto di approfondimento c possibilmente di intesa nella sede della Conferenza;
Visti gli esiti delle riunioni a livello tecnico svoltesi in data l 9.2.2014 e 6.5.2014;
SANCISCE INTESA
ai sensi dell’art. ………………………………………, tra Stato, regioni e autonomie locali sul documento concernente “Misure per la semplificazione procedurale finalizzata alla conclusione del programma innovativo in ambito urbano denominato Contratti di quartiere II”, allegato alla presente intesa.
Roma, …
Il presidente:
Il segretario:
REGIONI PIEMONTE, VALLE D’AOSTA, LOMBARDIA, VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA, LIGURIA, EMILIA ROMAGNA, TOSCANA, UMBRIA, MARCHE, LAZIO, ABRUZZO, MOLISE, CAMPANIA, PUGLIA, BASILICATA, CALABRIA, SICILIA SARDEGNA.
SEMPLIFICAZIONE PROCEDURALE FINALIZZATA ALLA CONCLUSIONE DEL PROGRAMMA IN AMBITO URBANO DENOMINATO “CONTRATTI DI QUARTIERE II”
0. Premessa
La Corte dei Conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato – ha svolto una indagine conoscitiva sul programma ”Contratti di quartiere II” finalizzata a verificarne lo stato di avanzamento fisico e finanziario a livello nazionale e delle singole regioni ad individuare le criticità che ne impediscono la conclusione. L’indagine conoscitiva è stata oggetto della deliberazione Sezione n. 15/2013/G emessa dalla Sezione centrale di controllo nell’adunanza del 21 novembre 2013.
L’istruttoria della Corte dei Conti ha evidenziato diversi profili di criticità riferibili alla fase attuativa dei programmi. In particolare è stata rilevata una pesante dilatazione dei tempi di realizzazione nonostante la legge di finanziamento del programma risalga al 200 l.
Il monitoraggio degli interventi, fatto salvo quello con caratteristiche meramente finanziarie è stato ritenuto “insoddisfacente, non solo perché esso è stato tardivo, ma anche perché parziale, in conseguenza di una carente trasmissione di dati al Ministero delle infrastrutture in particolare da parte di alcune Regioni. L’assenza di un monitoraggio concomitante con la gestione ha precluso possibili interventi correttivi, sostitutivi, di revoca o semplicemente di sollecito dell’esecuzione delle opere. ln secondo luogo, la conoscenza parziale dei risultati conseguiti, solo in parte motivata dal mancato completamento degli interventi, è risultata non adeguata a consentire una valutazione dell’efficacia ed efficienza della gestione”.
La Corte ha anche ritenuto come la complessità procedurale del programma nazionale caratterizzata dal coinvolgimento di più soggetti pubblici ”sia di per sé un fattore di criticità” comporti la necessità di un ripensamento del sistema di finanziamento adottato da parte dello Stato.
La “perenzione abbreviata” propria della contabilità della finanza pubblica è stata riconosciuta come un ulteriore fattore di appesantimento della gestione risultando non certo congrua rispetto alla tempistica di esecuzione delle opere pubbliche.
La deliberazione 15/2013 ha indicato le misure correttive da adottare per contrastare l’eccessiva dilatazione dei tempi di realizzazione. Tra queste particolare rilievo assume la revoca finanziamenti, possibilità peraltro prevista dagli Accordi di programma quadro, ovvero da attivare mediante uno specifico intervento legislativo.
In ottemperanza alla decisione della Corte dei Conti vanno, pertanto, poste in essere opportune iniziative e misure adeguate per ridurre le criticità riscontrate che andranno comunicate alla Corte medesima entro il termine stabilito del 19 maggio 2014.
Nel contesto sopra delineato il presente documento individua pertanto modalità operative finalizzate alla conclusione del programma innovativo di recupero urbano denominato “Contratti di quartiere II”‘ anche attraverso un più forte impulso, maggiore coordinamento e monitoraggio da
parte delle regioni che possano consentire di portare a conclusione in tempi ragionevolmente certi iniziative che risultano avviate ormai a partire dal 2006.
1. Ricognizione interventi
I Contratti di quartiere per i quali sono stati sottoscritti gli atti contrattuali sono 195 e sono pressoché tutti da ultimare. Allo stato attuale ne risultano conclusi 7: Sant’Angelo Lodigiano (LO), Pavia (Scala), Pavia (Pelizza), Cremona, Cupramontana (AN) Somma Vesuviana (NA), Aidone (EN). In relazione alle differenziate tipologie di avanzamento dei singoli interventi costruttivi (elencate al successivo punto 1.2) saranno adottate differenziate misure correttive.
1.2.Tipologie di avanzamento
a) interventi non avviati
Si tratta spesso di interventi per i quali non si è ancora giunti a concludere le attività di progettazione per adeguamento ad intervenute normative (soprattutto sismiche) che impediscono di avviare le successive fasi di affidamento e di aggiudicazione dei lavori.
Per questi interventi occorre fissare un termine ultimo per concludere e/o aggiornare la progettazione definitiva o esecutiva dell’intervento, in relazione alla tipologia di appalto prevista. Tali ritardi non appaiono più sostenibili in un quadro generale caratterizzato da una scarsità di risorse da destinare al settore e appare congruo assegnare centoventi (decorrenti dalla data di sottoscrizione della presente Intesa) per portare a conclusione ciascuna attività progettuale. Trascorso tale termine si darà luogo alla decadenza automatica dei relativi finanziamenti, che potranno essere riprogrammati, con riferimento alla quota di finanziamento statale, per il 50%, su proposta di ciascuna regione, con le modalità indicate al punto 4.1, mentre il restante 50% sarà ripartito, a livello nazionale, tra le regioni sulla base del numero dei Contratti di quartiere II ultimati alla data del 31.12.2014 mediante decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti.
b) interventi con avanzamento inferiore al 50%
Si tratta di un numero rilevante di interventi che presentano difficoltà esecutive. Per questi interventi occorre individuare percorsi di stretto accompagnamento da parte delle regioni per favorirne la conclusione da comunicare al Ministero nell’arco di novanta giorni dalla sottoscrizione della presente Intesa. Qualora i termini di completamento degli interventi non risultino congrui, i Comitati Paritetici valuteranno l’ipotesi di revoca prevista dal precedente punto sub a).
c) interventi con avanzamento superiore al 50%
Sono la gran parte degli interventi per i quali le regioni devono monitorare i relativi stati di avanzamento al fine di prevenire l’insorgere di criticità esecutive e procedimentali che ne possono ritardare la conclusione.
d) interventi sospesi
Si riferiscono, per la gran parte, ad interventi interrotti per inadempienza contrattuale dell’impresa esecutrice in relazione ai quali occorre individuare efficaci percorsi per giungere all’appalto delle opere di completamento verificando, in particolare, gli aspetti relativi alla copertura finanziaria.
Qualora la dotazione finanziaria iniziale risultasse non sufficiente per coprire i maggiori costi dell’intervento potranno essere utilizzate le disponibilità provenienti dalle revoche disposte in ciascuna regione (si veda punto 2.1).
e) interventi non più attuabili
Si tratta di interventi che risultano avviati per perdita dei requisiti di fattibilità tecnico-amministrativa e per i quali non risulta avviata la relativa procedura di affidamento. Le relative
dotazioni finanziarie saranno revocate.
2. Varianti esecutive
2.1.Definizione ed approvazione
Le varianti al progetto attengono alla fase esecutiva dell’appalto e vanno pertanto inquadrate nella cornice normativa vigente in materia di contratti di lavori pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i.) e relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 5 ottobre 2010, n.207).
Le varianti sono da riferire, pertanto, all’ambito di competenza delle stazioni appaltanti che operano per il tramite dei soggetti preposti allo svolgimento delle attività connesse alla fase esecutiva (direttore dei lavori, responsabile del procedimento). La proposta e l’approvazione delle varianti, fermo restando il finanziamento statale assegnato al soggetto attuatore, spetta pertanto alla stazione appaltante medesima. Per la Regione siciliana le varianti che utilizzano i ribassi d’asta sono approvati dal Comitato paritetico su proposta del responsabile regionale.
I Comitati paritetici Stato-regioni potranno occasionalmente considerare di destinare le disponibilità rinvenienti dalle revoche all’eventuale copertura di costi aggiuntivi conseguenti alle varianti presentate al Comitato dalle regioni.
3. Rimodulazione programmi
3.1 Definizione
Si considera ”rimodulazione del programma di interventi” la proposta di un comune comportante una sostanziale modifica degli elementi costitutivi del programma originario degli interventi ammessi a finanziamento quali la sostituzione di interventi con tipologie diverse da quelle inizialmente previste (ad esempio: la sostituzione di un intervento residenziale con una urbanizzazione primaria o secondaria o viceversa; la rinuncia all’esecuzione di interventi previsti nel programma originario; della consistenza dei singoli interventi; proposta di realizzare ulteriori interventi nel perimetro del Contratto di quartiere). La rimodulazione potrà anche prevedere una diversa incidenza percentuale tra gli interventi di edilizia residenziale e le opere di urbanizzazione primaria e secondarie inizialmente previste ed il superamento degli eventuali limiti percentuali di cofinanziamento massimo ammissibile.
Le richieste di rimodulazione ai programmi costruttivi sono state formulate spesso a seguito di avvicendamenti dei vertici amministrativi degli enti locali (soprattutto in comuni con dimensioni ridotte). Le regioni eviteranno di sottoporre ai Comitati paritetici richieste di rimodulazione fondate su tali presupposti.
Non costituiscono sostanziali modifiche al programma le rilocalizzazioni dello stesso intervento all’interno del perimetro del Contratto di Quartiere e, fermo restando il rispetto degli obblighi di servizio, il subentro di altro operatore per cause di forza maggiore acclarate dalla Regione (ad esempio: fallimenti, liquidazioni coatte, cessazione di attività o di ramo d’azienda, rescissioni contrattuali) .
4. Revoche di finanziamenti per singoli interventi
In relazione a singoli interventi che risultano non ancora avviati per perdita dei requisiti di fattibilità tecnico e amministrativa i Comitati paritetici disporranno le relative revoche secondo quanto già previsto dagli Accordi quadro sottoscritti.
Le revoche saranno disposte in relazione a quegli interventi che presentano uno stato procedurale o di ridotto avanzamento che lascia presupporre una tempistica di realizzazione non più compatibile con un efficace utilizzo delle risorse pubbliche assegnate, purché non siano stati assunti obblighi giuridicamente perfezionati.
Si tratta di quegli interventi per i quali non risulta ancora perfezionato giuridicamente l’avvio (assenza di procedura di affidamento). Potranno essere riconosciute, qualora adeguatamente documentate, le spese già sostenute.
4.1. Riallocazione risorse
Le disponibilità rinvenienti dalle revoche restano attribuite per il 50% alle singole regioni, come detto al precedente punto 1.2. Il responsabile regionale dell’Accordo di programma proporrà al Comitato paritetico la riallocazione delle risorse disponibili per ulteriori interventi da realizzare nell’ambito dei Contratti dì quartiere già ultimati o che presentino un soddisfacente stato di avanzamento e purché tali ulteriori interventi siano caratterizzati da sicura cantierabilità.
5. Azioni di accompagnamento e misure acceleratorie
Sui 195 comuni inizialmente ammessi a finanziamento soltanto 39 (pari al 20,42%) presentano popolazione superiore ai 100.000 abitanti e sono pertanto riferibili a contesti territoriali nei quali le condizioni di disagio abitativo ed urbano sono più marcate. Per contro, 97 comuni (50,78%) hanno popolazione non superiore a 50.000 abitanti e 33 comuni (17.2%) presentano una dimensione demografica fino a 100.000. Di conseguenza buona parte dci programmi (all’interno dei quali sono presenti più interventi costruttivi puntuali) si riferiscono a stazioni appaltanti (comuni ed ex Iacp) che possono non essere sufficientemente attrezzate per gestire con efficacia le procedure connesse a programmi complessi quali quello in argomento, anche se in taluni comuni di grandi dimensioni è dato riscontrare non minori difficoltà operative.
In aggiunto al modulo procedimentale della Conferenza di servizi le regioni potranno avviare iniziative di accompagnamento tecnico che consentano di raggiungere in concreto e in tempi ragionevolmente certi gli obiettivi di riqualificazione edilizio-urbanistico e sociale sottesi ai programmi assicurando il necessario personale dedicato, il costante monitoraggio investimenti programmati.
Le Regioni Toscana, Campania e Calabria, ancorché non cofinanziatrici del programma in argomento nominano, tra i propri funzionari, un responsabile operativo con il compito di promuovere le opportune iniziative per portare a conclusione i singoli Contratti di quartiere ricadenti nel proprio territorio e che predispone, ogni sei mesi, un Rapporto di monitoraggio da inoltrare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti evidenziando, in particolare, le criticità presenti e formulando le soluzioni per superarle, tenuto conto, in ogni caso, di quanto stabilito nella presente Intesa che costituisce riferimento per l’attività del Ministero e il funzionario designato responsabile operativo ai sensi del presente punto per i contratti di quartiere ricadenti nelle predette regioni. Le somme revocate sono riallocate dal Ministero su proposta di ciascun responsabile operativo regionale.
6. Monitoraggio
Con riferimento a tale attività le regioni svolgono un fondamentale ruolo attraverso la predisposizione di Rapporti su base semestrale già previsti dagli Accordi di Programma. Le Regioni dovranno individuare modalità più incisive di raccolta dei dati e delle informazioni presso i comuni in modo da descrivere l’effettivo avanzamento dei programmi e le problematiche che emergono con riguardo a ciascun intervento.
Per l’adozione di un format unificato di Rapporto le Regioni hanno aderito alla proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di prendere a modello quello adottato dalla regione Lombardia.
 
regioni.it



ZINGARETTI RILANCIA CORVIALE CON I FONDI EUROPEI

foto di Aldo Feroce

foto di Aldo Feroce

“Nella nuova programmazione europea vogliamo che ci siano investimenti sociali, infrastrutturali, urbanistici. Grazie all’Europa Corviale sarà uno dei cuori degli investimenti, cosi che possa risorgere come merita, e dimostrare a tutta l’Europa che ne siamo capaci” – è il commento del presidente, Nicola Zingaretti, intervenuto all’inaugurazione della struttura.”

foto di Aldo Feroce

foto di Aldo Feroce

Aperto a Corviale, a Roma, il primo  campo di ‘calciosociale’ del mondo. La struttura, che nasce in un luogo che era abbandonato e fatiscente, rappresenta un’occasione riportare vita e speranza per tanti ragazzi con disabilità, con problemi di droga o disagio familiare.

Legno, argilla, canapa, canniccio, pannelli solari e geotermia. Addio cemento: la struttura è un grande esempio di architettura ecosostenibile. I campi da calcio sono stati realizzati in materiale organico a base di fibra di cocco, sughero e olio di lino. La palestra, priva di barriere architettoniche, è ricoperta di faggio naturale.

5000 scorze d’albero per il tetto della palestra, unico al mondo. C’è una persona dietro ogni corteccia che ne compone la superficie, di 900 metri quadrati: i ragazzi delle comunità terapeutiche di Calciosociale, i giovani, i bambini, i volontari e i residenti di Corviale. Ognuno di loro le ha scortecciate, frollinate e verniciate. Si tratta di una vera e propria prova di architettura sociale.

La prima casetta dell’acqua pubblica, è stata inaugurata all’interno del campo. Chiunque, a un costo simbolico, potrà comprare acqua microfiltrata a fini alimentari.

La mensa della legalità e della sostenibilità, è questo il prossimo progetto di Calciosociale. La mensa sarà alimentata con tutti quei prodotti “di eccesso” scartati dalla grande distribuzione o dalla ristorazione ma ancora consumabili.

‘Vince solo chi custodisce’, è la frase incisa sul cancello d’ingresso di questo ‘Campo dei miracoli’, per proteggere questo luogo che arriva dopo anni di lavoro.

da regione.lazio.it (sala stampa)




Caudo: “Roma al lavoro con Piano per la high line verde di Talenti”

pianoL’ARCHISTAR Renzo Piano l’ha anticipato a Repubblica. Vuole riprogettare i due chilometri del “viadotto dei Presidenti”, una linea tranviaria mai più realizzata, un relitto urbano, che doveva collegare Saxa Rubra a Cinecittà. E pensa che possa diventare una high line verde, popolata di alberi e biciclette, dal parco delle Sabine al parco Talenti. Ma il suo interesse avvolge tutta la periferia, con gli altri suoi “strappi”. Per ricucirli.

Un’occasione unica per Roma.
“Assolutamente sì. Proprio sul “viadotto dei presidenti” abbiamo lavorato in questi mesi e raccolto un progetto proposto da due giovani architetti romani, Massimiliano Foffo e Alessandro Lungo” spiega l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo “In quel municipio, il III, abbiamo avviato quella che abbiamo chiamato la strategia municipale del riuso degli edifici dismessi e sottoutilizzati. Un censimento di tutti i palazzi vuoti e le infrastrutture abbandonate. E questo per noi è lo strumento per fare la rigenerazione urbana”.

Ora l’intervento di Piano è una chance importantissima, considerando la sua fama riconosciuta nel mondo intero.
“È proprio così. Pensiamo che il nostro progetto è assolutamente coerente con quello che dice Piano e dunque possiamo sviluppare insieme un intervento”.

Chiederete a Piano un’idea progettuale, dei disegni?
“Il lavoro che lui propone è già illustrato dal gruppo di giovani architetti che lavora con lui. Il contributo dell’équipe di Piano è fondamentale proprio per dare una maggiore concretezza e rilevanza al progetto”.

In che cosa consiste concretamente?
“Il viadotto dei Presidenti, costruito e abbandonato, è un’infrastruttura che nasconde al suo interno il tracciato per una linea di trasporto pubblico. Si tratta di rigenerare questo spazio con usi diversi, che vanno dal verde alle piste ciclabili, a servizi per i cittadini. Quella che oggi è una strada può diventare un’infrastruttura “porosa” e aprirsi agli spazi abitati intorno. Ed è l’inizio di un processo di riammagliatura delle parti slabbrate della periferia”.

Avete già contattato Piano?
“Sì, lo abbiamo cercato e ci parlerò oggi. Spero sia l’inizio di una collaborazione per le periferie. Abbiamo a disposizione per il III municipio un finanziamento europeo per il riciclo urbano. Si potrebbe trattare di una sinergia vincente”.

Quali sono i grandi progetti su cui punta il Campidoglio nei prossimi anni?
“Uno è la Città della Scienza in via Guido Reni, poi il rilancio dell’area Sdo di Pietralata, quindi riavviare tutti i cantieri bloccati lungo la Colombo, da Campidoglio 2 agli ex Mercati Generali, da piazza dei Navigatori all’ex Fiera di Roma fino alla Nuvola. Ma c’è anche l’ex Mattatoio di Testaccio per il quale proprio oggi sono partiti i lavori per la realizzazione della pedonalizzazione dello slar- go davanti all’ingresso principale, con un parcheggio a fianco del Monte dei Cocci”.

E in periferia?
“Interventi sulla città fuori al Raccordo, da Tor Vergata a Ciampino. Poi i nodi delle stazioni su ferro, da Ponte Mammolo a Marconi, vicino ai quali si costruiranno nuovi servizi”.

Quando si realizzerà la pedonalizzazione del Tridente?
“Noi stiamo finendo la predisposizione della pavimentazione e dell’arredo per la pedonalizzazione. Il passo seguente sarà quello di definire le regole per non danneggiare nessuno. Per consentire alle attività commerciali di poter avere ad esempio il carico e scarico delle merci. Mentre per gli abitanti bisogna individuare i parcheggi che saranno destinati a loro. Uno è quello del Galoppatoio e poi si potrebbero razionalizzare i posti auto sul lungotevere”.

E quando cominceranno i lavori per la nuova piazza Augusto Imperatore?

“Dopo l’approvazione del bilancio da parte del Consiglio comunale potremo fare la gara per selezionare l’impresa. Il nostro obiettivo è quello di aprire il cantiere entro quest’anno, il duemillesimo dalla morte di Augusto”.

link all’articolo




Calcio sociale, a Corviale nasce il “Campo dei Miracoli”

calcioInaugurato ai piedi del “Serpentone” dopo una riqualificazione avviata dalla Provincia di Roma nel 2012. La struttura è realizzata sui modelli dell’architettura ecosostenibile, con campi in materiale organico e una palestra ricoperta di faggio

Un piccolo grande ‘miracolo” a Corviale: un campo sportivo in totale abbandono e degrado che oggi diventa un esempio di recupero delle periferie e insieme un modello internazionale di architettura ecosostenibile. E’ il ‘Campo dei Miracoli’, il primo centro di calcio sociale al mondo, inaugurato oggi ai piedi del ‘Serpentone’ dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, dall’assessore ai Lavori pubblici di Roma Capitale Paolo Masini con il presidente di Calciosociale Massimo Vallati, la segretaria generale della Fondazione Vodafone Ida Linzalone e l’imprenditrice Barbara Mezzaroma, il presidente dell’XI Municipio Maurizio Veloccia e il direttore del centro Astalli per i rifugiati padre Giovanni La Manna.

Una riqualificazione avviata dalla Provincia di Roma di Zingaretti nel 2012 e realizzata grazie al contributo della Fondazione Vodafone e il sostegno dell’impresa Pietro Mezzaroma e figli per un costo complessivo, finora, di 1,5 milioni di euro. Addio cemento: arrivano il legno, l’argilla, la canapa, il canniccio, i pannelli solari, la geotermia. La scritta sul cancello d’ingresso la dice lunga sul pensiero dietro questo progetto: ‘Vince solo chi custodisce’.
I campi da calcio sono stati realizzati in materiale organico a base di fibra di cocco, sughero e olio di lino, come i campi del Milan a Milanello e l’ ‘Out’ dell’Olimpico. La palestra è ricoperta di faggio naturale, con prestazioni di livello internazionale, ed è priva di barriere architettoniche. Ma cuore del progetto è il tetto della palestra, unico al mondo: 900 metri quadrati ricoperti da 5000 scorze d’albero. Ogni corteccia (in genere lo scarto della produzione, che viene buttato o bruciato) è stata lavorata dalle comunità terapeutiche di Calciosociale, dai ragazzi e dai residenti di Corviale. Ogni scorza simboleggia una persona in quella è a tutti gli effetti una prova di ‘architettura sociale’, inserita nel festival internazionale ‘Open house Roma’.

Calciosociale, la realtà che dal 2005 offre ai giovani delle periferie romane un nuovo modo di vivere il calcio come laboratorio di integrazione, vuole per il futuro integrare il Campo dei Miracoli con la prima Mensa della legalità e sostenibilità, una mensa sociale alimentata con tutti quei prodotti in eccesso che la grande distribuzione o la ristorazione scartano ma che sono ancora consumabili. Inoltre nel Campo è stata inaugurata la prima casetta dell’acqua pubblica di Roma ‘Acqua si che a un costo simbolico offre ai cittadini acqua pubblica microfiltrata a fini alimentari.

Commosso il presidente di Calciosociale Vallati: “Quando abbiamo iniziato questo progetto tutti ci dicevano di fare una ‘romanella’ (una realizzazione alla buona, ndr) – ha affermato – Ma noi abbiamo detto no alla ‘romanella’, abbiamo voluto che qui a Corviale ci fossero gli esempi più avanzati della bioarchitettura. Questo non è un campetto di calcio ma una grande sfida per creare cambiamento. Oggi abbiamo fatto un gol bellissimo di quelli che si ricordano tutta la vita, siamo in vantaggio, ma è una grande scommessa. Credo che Corviale sia nei prossimi anni un sogno nel quale spendere tempo e impegno politico”.

repubblica.it




Smart cities o Grandi Fratelli?

smart-cityLe città si riempiono di sensori e sistemi di controllo per diventare evolute. Ma siamo realmente pronti a gestire le nuove tecnologie escludendo il rischio di ‘tilt’ e di sfruttamento di dati personali?

L

e città per diventare intelligenti si affidano alla tecnologia. E attualmente parlare di tecnologia significa perlopiù riferisi allo sviluppo di sistemi innovativi, integrati e connessi grazie alle immense possibilità offerte dalla rete. Ecco che le città del futuro vengono immaginate (e progettate) come modelli gestiti e controllati attraverso sensori, app e sistemi di monitoraggio che funzionano grazie all’implementazione di software sempre più complessi.

Le insidie che si nascondono dietro il progresso

Il cosiddetto Internet of things affascina per le possibilità che potrebbe offrire, ma al tempo stesso spaventa proprio per la sua fatuità ed inconsistenza. I dati che si raccolgono possono essere considerati sempre attendibili? Quante sono le possibilità che un sistema software possa essere intaccato da hacker e quante quelle di un blackout? I timori e le perplessità sono ormai noti, ma la comunità scientifica non smette di ribadirli. “Le tecnologie IT si stanno diffondendo con una rapidità inimmaginabile e in modo disordinato. E ciò che ne consegue è la mancanza di serie valutazioni dei rischi”, avverte Anthony Townsend, ricercatore senior presso la New York University e autore del saggio “Smart Cities: Big Data, Civic Hackers, and the Quest for a New Utopia”, in cui mette in guardia sull’attuale tendenza a progettare le città basandosi esclusivamente su algoritmi piuttosto che sull’esperienza umana.

Città del mondo sempre più smart e integrate

In tutto il mondo è un prolificarsi di città dove la tecnologia la fa da padrona. Londra, Seul e Stoccolma utilizzano da anni un sistema di sensori per monitorare il traffico e gestire la congestione urbana. Singapore è allo stesso modo interamente gestita da dispositivi di controllo basati su rilevatori di informazioni di ogni genere. Rio de Janeiro è famosa per la sua centrale operativa high-tech dove circa 400 collaboratori monitorano ogni elemento, dal traffico alle parole chiave presenti nei social media locali, con l’obiettivo di individuare tendenze o criticità prima che si verifichino.

Il modello innovativo di Santander
Ma uno dei modelli più evoluti, e a cui progettisti e governatori di tutto il mondo guardano con molto interesse, è tuttora rappresentato da Santander, antica città portuale sulla costa atlantica della Spagna. Un progetto su cui l’Unione Europea ha investito, circa quattri anni fa, più di 11 milioni di dollari per creare un vero e proprio prototipo di smart city che potesse essere replicato anche altrove. Alla base del modello spagnolo, sviluppato grazie alla partnership con la facoltà di ingegneria dell’Università di Cantabria, vi è un sistema di sensori, più di 10 mila, che monitorano ciascun elemento urbano: dall’illuminazione al traffico, dai livelli di temperatura e umidità a quelli delle emissioni nocive, dagli spostamenti delle persone alla quantità di rifiuti. I dati raccolti vengono immediatamente inviati al laboratorio IT dell’Università di Cantabria, che ha il compito di controllarli e di intervenire in caso di criticità.


Ma la rilevazione di dati sensibili non è l’unico aspetto su cui si fonda la “smartness” di Santander. Grande importanza è stata data anche al coinvolgimento dell’interapopolazione in questo percorso verso l’innovazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie. Grazie allo sviluppo dell’app “El Pulso de la ciudad” è possibile per i cittadini ottenere numerose informazioni e in tempo reale: si va dalle informazioni sulla viabilità urbana ai tempi di arrivo dei mezzi pubblici. Basta poi puntare lo smartphone su esercizi commerciali o monumenti per ottenere informazioni su orari di esercizio nel primo caso e descrizioni e breve cronistoria nel secondo. Ma l’interattività non finisce qui. L’applicazione permette anche di fotografare un incidente o un guasto (come la canonica buca nel manto stradale) e di inviare al municipio o agli organi preposti la propria lamentela o richiesta di intervento.
L’informatizzazione della città si estende anche alla gestione dei dati pubblici che, grazie a un sistema informatizzato aperto e trasparente sono resi liberamente consultabili da chiunque fosse interessato. Per finire, il lancio di un social network che accoglie al suo interno tutti gli abitanti di Santander, per creare un un nuovo rapporto di collaborazione e interazione tra il popolo e il governo della città.

Il rischio di blackout e di attacco hacker è tutto fuorché remoto

Concettualmente, nulla da obiettare. Ma affidare l’intera gestione urbana al funzionamento di sensori e app aumenta necessariamente il rischio di un blackout di sistema. Il recente ‘tilt’ delle due applicazioni per messaggistica mobile e condivisione delle foto è un esempio lampante di come disfunzioni e interruzioni dei servizi siano una possibilità tutt’altro che remota. Perché i server in caso di sovraccarico possono bloccarsi e i software possono essere facilmente intaccati dagli hacker. “L’esempio del software Y2K, meglio noto come Millenium Bug, è significativo. E ripararlo è costato ad aziende e governi più di 300 mln di dollari- dichiara Towsend, aggiungendo che “il governo israeliano abbia più volte denunciato attacchi esterni ai sensori, fra cui la nota debacle che ha colpito la città di Haifa, mandandola letteralmente in tilt per un paio d’ore.” Ci sono, poi, una serie di aspetti ancora poco considerati, come l’esistenza o meno di dispositivi in grado di gestire queste emergenze o di allertare in tempo la popolazione e sopratutto i responsabili dei sistemi. Non si è ancora pronti, avverte Towsend, per una diffusione così capillare dell’IT.

Città evoluta o Grande Fratello?

Senza considerare, poi, la questione della privacy e quindi quella della sicurezza nella gestione dei dati. I sensori sono in grado di catturare moltissime informazioni e non c’è ancora una chiara legislatura che stabilisca quali sono quelle che possono essere divulgate ed utilizzate e quali quelle che potrebbero, in caso di diffusione, danneggiare enormemente i soggetti coinvolti. Il rischio, avverte Rob Ritchin, direttore del National Institute for Regional and Spatial Analysis dell’Università di Irlanda- è che si passi da una società democratica a una autocratica. Perché mettere una città, e i suoi abitanti, sotto stretto controllo, significa trasformarla in un sistema molto simile a un Grande Fratello.”

link all’articolo




COMUNICATO STAMPA

comunicato stampaENIGMA CORVIALE

Sabato 10 maggio 2014 dalle ore 10.00 un viaggio alla scoperta del Corviale che è in noi: “Il Corviale ha consentito di introdurre all’interno della sua architettura alcuni elementi e segnali di riconoscimento” in queste poche illuminanti parole Mario Fiorentino  ci fa intravedere l’enigma dell’architettura di fronte alle sfide della metropoli moderna: il senso dello smisurato, dello spaesamento che rinuncia a nascondersi per cercare invece di ritrovare la sua dimensione civile nella coabitazione dei molti, dei tanti, dell’urbe che si fa casa. Corviale non poteva che nascere a Roma, la città eterna, la prima metropoli globale della storia crea il primo grattacielo orizzontale, la città in forma di casa: Corviale.

Sabato 10 maggio vieni a visitare la casa della città: IL CORVIALE.

L’evento è parte di OPEN HOUSE 2014: SCOPRI L’ARCHITETTURA DELLA CAPITALE

Programma:

Enigma Corviale

Via Marino Mazzacurati 61, sotto le 4 ciminiere promosso da: S. Panunzi con Ass. Corviale Domani e Ass. MitreoIside

Su Corviale è stato detto di tutto, ma non che nasconde un enigma. Da quando abbiamo iniziato a decifrarlo stiamo scoprendo cose sbalorditive, non serve crederci, sono scientificamente verificabili da chiunque. è un’avventura che cambia chi la vive, non sappiamo come finirà, ma certamente è iniziata. Abbandonate luoghi comuni, pregiudizi e ideologie. Corviale è qualcosa di più che un’architettura utopica, non può essere stato pensato da una sola persona, né da un gruppo, è un vero squarcio nell’ecosistema spazio temporale, per rientrare nel mondo da un’altra porta. Corviale non è un palazzo, ma una leggenda.

SAB ore 10, ingresso 50 persone bus: 98 / 775 / 785 / 786 / 889

 

Complesso residenziale a Corviale
Via dei Tani, ang. via Mazzanti CAMPO Architetti con V. Giorgi

L’intervento occupa un’area di due ettari su una collina in vista del quartiere IACP di Corviale. Gli edifici strutturano il terreno in forte pendenza formando una corona intorno al parco pubblico. Gli alloggi hanno tre tipologie diverse e sono progettati con criteri bioclimatici. Il quartiere costituisce una nuova grande cerniera urbana che ricuce ambiti prima separati.

SAB ore 10 e 11
30 persone, accesso libero

bus: 775 / 785 / 786

Corviale Km verde

Marino Mazzacurati 90

Tstudio – Guendalina Salimei

Il progetto originario destinava il “piano libero” ai servizi di interesse comune, servizi mai realizzati, al punto che, successivamente, il piano venne occupato abusivamente. Riqualificare il piano libero del “Corviale” ha significato ricercare nuove forme innovative e condivise dell’abitare. Ad oggi, le forme di vicinato sono parte integrante dell’abitare, grazie alla presenza di spazi privati divenuti pubblici che rappresentano un’importante novità tipologica prodotta dall’auto-organizzazione. Il piano libero diventa, dunque, elemento di interruzione “positiva” nella vita dei residenti e “ossatura verde” dell’edificio.

SAB visite ore 10.30-11.30-12.30 30 persone

bus: 98 / 775 / 785 / 786 / 889

Plesso scolastico Mazzacurati
Via Marino Mazzacurati 90 Tstudio – Guendalina Salimei

Il plesso scolastico “Mazzacurati”, si trova all’interno di Corviale, costruito a fine anni’80, si trova oggi in condizione di degrado e sottoutilizzo. Il progetto propone una serie di interventi volti non solo a ridare una maggiore funzionalità e un attenzione al risparmio energetico, ma anche a definire una nuova identità all’interno del quartiere con la creazione di un “patio-giardino d’inverno”, un teatro, nuovi laboratori, un micronido, e la sistemazione del verde.

SAB visite ore 10 / 11 / 12.00 30 persone

bus: 98 / 775 / 785 / 786 / 889

  • Accesso libero, prenotazioni sul sito www.openhouseroma.org alla sezione 10|11 maggio14 inserendo la mail, nome e cognome.



L’#innovazione che vorrei nei comuni dal 2014 in poi

smart-city

I comuni italiani sono migliaia di enti pubblici territoriali che erogano il maggior numero di servizi essenziali alla collettività. Nei comuni c’è un fabbisogno di innovazione in vari ambiti, per la gestione efficiente della mobilità, dell’ambiente, dell’energia, della cultura, del settore sociale e scolastico, delle aree verdi, dei servizi all’utenza in generale.
L’innovazione nel 2014 dovrebbe permettere almeno:
l’ottimizzazione delle procedure operative interne agli uffici,
l’erogazione di migliori e nuovi servizi all’utenza,
la partecipazione e collaborazione dei cittadini alle scelte di governo locale.
Le amministrazioni comunali conoscono i problemi locali, ma spesso non riescono a individuare le soluzioni più idonee ad uscire dalle criticità, a volte chiedono e pagano nel mercato beni e servizi che poi non risolvono definitivamente i problemi. C’è una difficoltà ad individuare lo specifico fabbisogno di innovazione! Quali tipologie di innovazioni adottare nella Pubblica Amministrazione per superare le criticità, soddisfare i bisogni dei cittadini e migliorare la qualità della vita degli individui?
Un mix armonioso e intelligente di:
Innovazione Sociale (human-culture),
Innovazione di Processo (management),
Innovazione Tecnologica (tech).

[L’innovazione sociale]
è il tipo di innovazione più complessa e difficile da innestare dentro la Pubblica Amministrazione, in quanto deriva da processi non codificati (nè legiferati) e da approcci culturali squisitamente spontanei dei dipendenti e dirigenti, che, anche in caso di assenza di un forte supporto politico (all’innovazione), si propongono come attori di iniziative e progetti nuovi, sperimentali, casuali si ma orientati a funzioni tipiche di una città cosiddetta “intelligente”. L’innovazione sociale fuori dalle stanze degli enti pubblici è facile da individuare e monitorare, basta prestare attenzione alle realtà ormai diffuse dei coworking, dei fablab, dei barcamp, dei guerrilla gardening, degli hackathon, dei crowdsourcing, delle startup che animano i territori. L’ideale sarebbe mettere in diretta comunicazione e collaborazione queste realtà esterne direttamente con i dipendenti e dirigenti della Pubblica Amministrazione. Questa “contaminazione” culturale può portare ad uno svecchiamento delle politiche e metriche gestionali degli enti pubblici a cominciare dalla gestione degli spazi pubblici esterni, degli spazi verdi, o di quelli dismessi e abbandonati. I soggetti e le associazioni private attive nel campo dell’animazione territoriale possono essere di grande aiuto alla Pubblica Amministrazione che spesso non riesce a valorizzare tanti immobili e spazi non utilizzati. Queste contaminazioni culturali e di metodo dovrebbero avvenire con una frequenza temporale costante (es. mensile), diventare nuova consuetudine.
L’innovazione sociale dentro la P.A. si può agevolare attraverso l’utilizzo di format aggregativi quali le GOVJAM ad esempio, utilizzate da qualche anno e con risultati positivi in varie città del mondo. Dipendenti pubblici e soggetti privati a vario titolo ed esperienza si incontrano per 48 ore ed insieme, attraverso l’uso di tecniche di gioco e strumenti multimediali, costruiscono, disegnano progetti utili alla collettività e li caricano istantaneamente su idonei portali web rendendoli pubblici. Un format che da ai dipendenti pubblici e ai soggetti della Società civile ruoli operativi precisi. L’innovazione sociale dentro la P.A. sopperisce alle leggi vigenti che spesso non riescono ad innovare efficacemente i modelli e processi gestionali interni in quanto sono disposizioni imposte e quindi viste come scomode o difficili da attuare. L’innovazione sociale fuori dalla P.A. è libera da schemi e quadri legislativi di riferimento, per questo si diffonde con velocità portando vantaggi nella vita quotidiana di tutti.
L’innovazione sociale dentro la P.A. per realizzarsi si deve alimentare di dipendenti e dirigenti intraprendenti e creativi (ci sono, tranquilli!), con idee nuove, sperimentali, capaci di fare rete dentro la stessa P.A. in maniera trasversale, orizzontale (uso di servizi cloud), in controtendenza alle tradizionali modalità organizzative per compartimenti stagni (la UO, il Servizio, l’Ufficio, il Settore, l’Area). E’ quello che sta succedendo nelle città più intelligenti e lo si legge chiaramente nel Vademecum delle smart cities italiane dell’ANCI (pag. 14): “…organizzazioni costruite in funzione delle policy e dei progetti più rilevanti, piuttosto che (come spesso accade ora) solo in funzione della produzione diretta dei servizi”. E ancora a pag. 17: “Lavorare nell’amministrazione: dalla conoscenza verticale all’integrazione orizzontale. Molte delle città che hanno avviato il percorso di programmazione (smart city, n.d.A.) sono partite dal confronto tra i settori interni dell’amministrazione stessa. Superare la verticalizzazione interna dell’amministrazione è una delle prime sfide delle città in trasformazione.”
L’innovazione sociale dentro la P.A. ha bisogno di utilizzare strumenti di cloud per la condivisione e gestione di dati/informazioni/progetti/attività; senza cloud si resta isolati e fuori dalle logiche operative e collaborative di rete. Capita sovente che più dipendenti, anche appartenenti a diversi enti pubblici, condividono documenti di lavoro su piattaforme online gratuite di cloud di terze parti, ma lo fanno perchè sentono l’esigenza operativa quotidiana di usarli, perchè sono consapevoli dei benefici che ne derivano, quelli sono in qualche modo innovatori che usano strumenti di lavoro spesso non forniti dalle rispettive amministrazioni!
L’innovazione sociale dentro la P.A. deve permettere (data input) e deve gestire (data management) la partecipazione dei soggetti attivi della Società alle scelte di governo del territorio: “core” della democrazia partecipativa. L’innovazione sociale dentro la P.A. serve contemporaneamente a migliorare la qualità interna della P.A. ed a migliorare i rapporti che la P.A. intrattiene con la Società.
L’innovazione sociale nella P.A. è l’uso quotidiano dei social network da parte di ogni singolo ufficio per migliorare la qualità e quantità della comunicazione pubblica con la collettività. Oggi Linkedin facilita la costruzione di partenariati trasnazionali per progetti da presentare a seguito delle call europee.
L’innovazione sociale nella P.A. è pensare alla produzione e rilascio dei dati in formato aperto (open data) nel momento preciso in cui si avvia una qualsiasi attività lavorativa negli uffici che prevede l’uso di dati e informazioni, a partire da quelli già in possesso dell’ente: questo serve non soltanto a raggiungere gli obiettivi imposti per legge di “amministrazione trasparente” (d.lgs. 33/2013), ma anche per dare l’opportunità alla società più creativa di generare applicazioni e servizi innovativi utili a tutti derivanti dall’uso e riuso degli open data.

[L’innovazione di processo]
è necessaria per:
permettere il miglioramento (o ridisegno) delle procedure operative esistenti dentro una Pubblica Amministrazione,
permettere l’ottimizzazione dei flussi di lavoro e dei tempi,
consentire una più efficace interazione e comunicazione tra i dipendenti pubblici,
permettere l’adozione di applicativi gestionali nuovi, più efficaci e user friendly,
permettere ai dipendenti di usare le videoconferenze su piattaforme online gratuite evitando tanti inutili spostamenti fisici o invio di lettere per piccoli chiarimenti e conseguenti rimpalli di competenze con perdite enormi di tempo,
stabilire degli indicatori di performance dei servizi pubblici erogati dagli uffici, (indicatori da rendere online), al fine di dare alla Società e alla stessa P.A. un metro di valutazione realmente oggettivo dell’efficacia del metodo e procedura utilizzata dagli uffici, abilitando in tal maniera la Collettività ad effettuare attività di ranking online in grado di fornire indicazioni alla P.A. per eventuali aggiustamenti.
abilitare i dipendenti all’uso dei servizi cloud per la condivisione/gestione documentale (collaborazione),
permettere a tutti i dipendenti della P.A. la consultazione (data visualisation) delle banche dati georeferenziati, mantenendo solo a chi ne ha il ruolo l’immissione dei dati (data entry),
permettere l’interscambio completo delle banche dati tra i diversi uffici eliminando definitivamente l’invio di carta per richieste dati all’interno dello stesso ente (osceno nel 2014), ecc.
generare la pubblicazione di set di dati in formato aperto (open data), quale procedura automatica abilitata dagli applicativi usati ogni giorno dai dipendenti nello svolgimento delle proprie mansioni,
abbandonare possibilmente per sempre (senza che nessuno si offenda) il vecchio e sudicio fax.
Alla base dell’innovazione di processo si pone l’inevitabile attività di ridisegno dell’architettura interna dei servizi e degli uffici (vecchia di svariati decenni), ovviamente dopo avere condotto un’accurata radiografia/ricognizione delle competenze e ruoli di ogni singola Unità Organizzativa (= la cellula organizzativa di lavoro più piccola dentro la P.A.). Per ridisegnare l’architettura interna dei servizi e degli uffici è necessario che l’intero ente pubblico con le sue figure apicali si metta in discussione, senza mantenere assetti preesistenti consolidati spesso non più in funzione dell’efficacia ed efficienza della governance urbana!
Questo è il punto di partenza per l’innovazione di processo, che può essere generata solo attraverso
una conversione culturale della classe politica, della dirigenza tecnica/amministrativa e dei dipendenti, (c’è anche innovazione sociale in questo punto),
una forte motivazione delle figure apicali delle amministrazioni pubbliche ed il pieno supporto della classe politica che governa l’istituzione (quindi: sindaco + tutti gli assessori + tutti i dirigenti = tutti compatti).
L’innovazione di processo è innovare il modo in cui si lavora, il modo in cui fanno le cose quotidiane dentro gli uffici, innovare le interrelazioni tra gli uffici interni, innovare le relazioni di lavoro tra ufficio e cittadini. Per disegnare i nuovi assetti di un ente pubblico locale, al fine di assicurare una maggiore efficienza/efficacia nel governo del territorio, inevitabilmente bisogna fare riferimento alle 40 professioni ICT dello schema europeo E-competence Framework 3.0, in modo tale che tutto il processo di reingegnerizzazione dell’ente orientato all’uso intelligente dell’ICT sia effettuato da personale dotato di competenze professionali specifiche. Quindi partire dalla redazione e approvazione di un dettagliato Piano ICT comunale, ampiamente condiviso, nel quale stabilire almeno:
competenze ICT da individuare in ogni ufficio assicurando una rete interna con modalità operative omogenee,
obiettivi da raggiungere con i rispettivi tempi e responsabilità,
tecnologie digitali da utilizzare per ottimizzare il lavoro quotidiano,
procedure operative omogenee da seguire nei diversi uffici per ogni servizio da erogare all’utenza,
modalità di monitoriaggio e scelta di indicatori semplici per valutare nel tempo le prestazioni dei vari uffici dell’ente,
modalità operative di partecipazione online dei cittadini all’azione di governo,
modalità di comunicazione online dei vari uffici (amministrazione trasparente, social network vari,…),
ecc.
Nell’era caratterizzata da un uso massiccio di strumenti ICT, i dipendenti di una PA identificati come maggiori esperti “informatici” nelle varie aree devono poter collaborare in rete quotidianamente al fine di implementare costantemente le funzionalità della piattaforma digitale utilizzata, assicurando sempre l’omogeneità, la semplicità e la standardizzazione delle procedure operative in maniera tale che l’avvicendamento periodico di operatori non comporti ritardi nell’erogazione dei servizi all’utenza. Fare in modo che gli applicativi gestionali vengano disegnati e sviluppati con un unica architettura gestionale per tutti i servizi web della stessa PA e avendo in mente che gli utilizzatori finali sono i cittadini, per la maggior parte senza particolari conoscenze informatiche. Evitare al cittadino servizi web che prevedono operazioni quali: scarica il file, stampalo, firmalo, scansionalo, ricaricalo online e quindi invialo, optando per procedure più semplici analoghe a quelle utilizzate nel campo dell’e-commerce (acquisto biglietti aerei, oggetti, ecc.). Un Piano ICT comunale deve stabilire con chiarezza questo e tanto altro ancora.
L’innovazione di processo deve portare all’abbandono delle procedure che comportano ancora l’uso della carta (oppure l’orrenda abitudine di stampare le email), la duplicazione di procedure/attività solo per mantenere gattopardiane abitudini consolidate nel tempo. Richiede l’uso intelligente di applicativi gestionali online (e non sul pc), e open source, in grado di permettere la gestione totale dei flussi di dati/informazioni insieme alla relativa pubblicazione periodica nel portale web istituzionale (raggiungendo gli obbiettivi di “amministrazione trasparente”).
L’entrata in vigore di nuovi obblighi normativi può comportare difficoltà ad un ente non attrezzato con processi gestionali innovativi: lo spettro delle sanzioni per l’inadempienza porta a lavorare comunque, ma perdendo l’efficienza operativa. Viene in mente il Decreto 33/2013 Trasparenza che impone la pubblicazione delle informazioni sulle attività di un ente pubblico, obiettivo estremamente positivo, ma che per la sua completa attuazione comporta il ridisegno degli applicativi gestionali dell’ente se si vogliono evitare duplicazioni di attività e tempi. Mi spiego meglio: è o non è insensato redigere ordinanze, deliberazioni, determinazioni, bandi, capitolati, ecc. attraverso l’uso di editor di testo di terze parti e successivamente impiegare ulteriore tempo per reimmettere le stesse informazioni degli atti citati, con altri software diversi dai primi, su un portale web per ottemperare agli obblighi del D. Lgs.33/2013 Trasparenza ?! Si può fare il lavoro una volta sola andando a soddisfare 2 esigenze diverse se la P.A. fa prima innovazione di processo.

[L’innovazione tecnologica]
permette ed abilita gli individui a co-gestire informazioni e dati e processi partecipativi in maniera tale che la Società ne possa beneficiare in vari campi e nella maniera più totale/completa/ottimale possibile. L’innovazione tecnologica è un fattore fortemente abilitante, che fornisce gli strumenti idonei per fare le cose al meglio, farle in maniera partecipata nell’era dell’Open Government, quindi attraverso flussi di dati/informazioni bidirezionali (dalla e alla Pubblica Amministrazione).
Questa tipologia di innovazione si rivolge sia a chi produce software/hardware che alla vasta platea di utenti dal dipendente pubblico all’associazione, all’impresa, al cittadino. Molte città del mondo già impegnate a realizzare progetti concreti per diventare luoghi intelligenti, cioè luoghi che migliorano la qualità della vita di tutti, hanno sperimentato con successo l’uso delle piattaforme digitali abilitanti, che permettono ai dipendenti di una P.A. e ai cittadini/imprese/associazioni di una Società:
la generazione e condivisione di un flusso bidirezionale di informazioni/dati utili sia alla P.A. che alla Società. A tal riguardo ci viene ancora in aiuto il Vademecum delle città intelligenti (a pag 18) “I data analytics hub: i dati IN comune. Ancora in poche città è possibile osservare all’opera un vero e proprio sistema cittadino che integra in un singolo centro di data analytics i dati provenienti da un grande numero di agenzie su fenomeni centrali come il controllo del traffico, delle emergenze e le infrastrutture dei servizi, insieme anche ai dati generati dai cittadini o dalle imprese”;
la generazione di servizi nuovi online che fino a poco tempo fa la Società non fruiva, si pensi ad esempio alle applicazioni su dispositivi in mobilità o servizi web georeferenziati che possono essere realizzati non solo dalla P.A. ma anche dalla comunità degli sviluppatori e civic hackers che dispongono dei dati pubblici in formato aperto;
la generazione di un senso di fiducia nuovo da parte della Società nei confronti della P.A. che governa i territori;
la gestione ottimale delle procedure di lavoro interna della P.A. con riduzione dei tempi operativi, azzeramento delle duplicazioni, permettendo la dematerializzazione;
la generazione di proposte e progetti da parte della Società (Associazioni, Cittadini, …) che la P.A. può recepire e co-gestire insieme al proponente sulle stesse piattaforme digitali abilitanti (in puro spirito Open Government);
la generazione automatica di set di dati aperti come processo di output delle funzioni operative svolte quotidianamente dai dipendenti, fattore che permette agli sviluppatori di realizzare applicazioni dai contenuti dinamici, aggiornati tempestivamente.
L’innovazione tecnologica, se pianificata, progettata e ingegnerizzata da un ente pubblico sia attraverso la consultazione capillare di tutti gli uffici interni che dei vari soggetti della Società civile (Associazioni categoria, Ordini professionali, ecc), ingloba al tempo stesso l’innovazione di processo.
Le piattaforme digitali abilitanti (dashboard, pannelli di controllo) stanno diventando gli ecosistemi di gestione intelligente del territorio, gli attrezzi per effettuare anche le analisi predittive degli amministratori pubblici, abbracciano ambiti quali: energy management, sicurezza urbana, mobilità, logistica urbana, spazi pubblici, aree verdi, aree sportive, servizi sociali e scolastici, cultura, biblioteche digitali, protezione civile, ecc. Funzionano solo con l’immissione giornaliera di dati e informazioni per poi essere organizzate/elaborate/aggregate/…e rilasciate sotto forma di servizio web utile alla PA e alla collettività.
Vengono chiamati anche Cruscotti Smart City per indicare un pannello di controllo di informazioni, dati, analisi, processi, scenari,… (il caso di Torino nel Vademecum delle città intelligenti, pag. 179).
Le piattaforme digitali devono permettere l’erogazione di servizi cloud per la memorizzazione, gestione e condivisione di una mole notevole di dati/informazioni che un qualsiasi cittadino/associazione, dietro procedura di autenticazione, intende mettere a disposizione della P.A.
L’innovazione tecnologica HW/SW è fondamentale per attuare concretamente l’agenda digitale, per omogeneizzare le “procedure” digitali necessarie alla fruizione di uno stesso servizio pubblico nei comuni del territorio nazionale, che già al nascere sono “procedure diverse” da città a città.
L’innovazione tecnologica nella P.A. deve servire per fare in modo che tutti gli uffici abbiano velocità elevata di connessione alla rete, evitando disservizi causati da tempi lunghi di latenza, e dando priorità alle soluzioni tecniche che minimizzano impatti ambientali e spesa.
L’innovazione tecnologica è essenziale per generare cambiamenti positivi e tempestivi nella Società, la nuova metodologia degli appalti pre commerciali (PCP – Pre Commercial Procurement) potrebbe supportare tantissimo la P.A. italiana nel migliorare le proprie performance nel governo del territorio. E’ auspicabile un ricorso a tale procedura, che consente un ideale incontro tra la P.A. dei servizi e il mondo della ricerca tecnologica (al riguardo il PCP è contemplato dal Programma europeo Horizon2020 [1] – [2] – [3]). Che le nuove programmazioni finanziarie pubbliche nazionali e regionali 2014-2020 (con la Strategia Regionale dell’Innovazione) diano ampio spazio alla metodologia degli appalti pre commerciali per soddisfare meglio i fabbisogni di innovazione tecnologica dei numerosi Comuni. E mentre noi leggiamo una Università slovacca ha persino costruito una piattaforma digitale per la gestione ottimale e smart delle diverse procedure prevista dal PCP.

— Conclusioni non innovative —
L’innovazione è un processo umano che deriva da un attitudine culturale: idee che camminano nella testa delle persone e si trasformano dopo in comportamenti anche senza una legge statale che lo imponga.
Le 3 tipologie di innovazioni elencate devono essere pensate e fuse insieme e non tenute separate da una linea di confine tecnico/amministrativo come spesso avviene nelle funzioni di alcune #PA.
Le innovazioni tutte avvengono realmente quando il numero di soggetti della P.A. e della Società Civile coinvolti nel ridisegno del funzionamento dei servizi pubblici (reingegnerizzazione ICT), è il maggiore possibile = esiste una diretta proporzionalità.
L’innovazione è un processo politico: se i politici che governano il territorio lanciano gli input di azione attraverso piani definiti senza “burocraticizzare” ogni singola iniziativa, l’innovazione sarà oleata ed agevolata per generare mutamenti positivi e rapidi nella Società.
Dai processi di innovazione nessun individuo della Società è escluso: tutti hanno una conoscenza utile, ma devono essere disposti a condividerla facilmente e quotidianamente nella rete = la foresta pluviale è un ecosistema ricco di vita e rigoglioso proprio perchè fatto di tante specie diverse che coesitono (“the Rainforest”, V.Hwang & G.Horowitt, 2012).
_____
Enjoy your innovation

Ciro Spataro (da innovatoripa.it)

link all’articolo

 




SuperOrtoPiù, sul tetto un orto urbano pensile di 750 metri quadrati

orti

Progettato da Pistoletto, rimarrà funzionante fino a Expo2015. Ospiterà anche una piccola risaia

In un quartiere della città un tempo sede di grandi industrie, come la Ansaldo, oggi si cerca di costruire in modo diverso e di lasciare spazio al verde e all’agricoltura. Anche se l’orto e il prato si ricavano sul tetto di un palazzo. Succede a Milano, nel distretto del design di via Tortona, dove l’installazione ‘SuperOrtoPiù’ dimostra come un nuovo modo di progettare e costruire può portare l’agricoltura in città. ‘SuperOrtoPiù’ è un grande orto urbano pensile di 750 metri quadrati, progettato dall’artista Michelangelo Pistoletto, e realizzato sul tetto di uno dei palazzi di Superstudio Più. L’installazione, presentata in occasione degli eventi del Fuorisalone (dall’8 al 13 aprile a Milano), rimarrà funzionante da aprile a giugno 2014 e in maniera permanete nel periodo di Expo 2015, che ha come tema proprio ‘Nutrire il pianeta. Energia per la vita’. La terrazza per il momento ospita un prato e una parte di orto ma si evolverà nei prossimi mesi arrivando ad ospitare una piccola risaia.

“Il design e l’architettura devono riportare gli orti nelle città – ha spiegato il curatore del progetto,Fortunato D’Amico – per ora questa nostra installazione può sembrare una provocazione ma credo sia anche una realtà, e un’esigenza, che cresce sempre più nelle città”. La prova di questa voglia di verde e di agricoltura nelle città, secondo i curatori del progetto, sta proprio nell’esplosione del fenomeno degli orti urbani. “In città come Torino o Milano – ha detto D’Amico – sono nate tante realtà di cittadini che si occupano degli orti urbani. Tutto questo porta a pensare che c’è bisogno di una nuova politica di progettazione perchè cambierà il mondo di vivere, di mangiare e gli spazi cittadini dovranno essere adeguati”. ‘ Alla base del progetto di questo orto cittadino in quota non ci sono solo idee ma anche praticità e tecnologia, perché è un particolare sistema multistrato a garantire la salute di orto, prato e risaia. “Si tratta di un sistema per avere coperture di verde anche in luoghi come questo – ha spiegato Marco Castellazzi di Harpo Group che si occupa di sistemi verdi pensili – funziona con un supporto multistrato che impermeabile e con copertura anti radice che unisce strati di drenaggio, areazione e accumulo idrico”. All’interno dell’installazione ‘SuperOrtoPiù’ c’è spazio anche per l’abitare sostenibile con il prototipo delle case in legno e paglia di ‘Nova Civitas’. Nel corso della settimana del Fuorisalone i visitatori potranno vedere realizzata la casa ‘work in progess’, dai lavori iniziali fino alla struttura ultimata.

Michela Nana (ANSA) 

link all’articolo

 




Sei nonni sotto un tetto, si moltiplica il co-housing anti-crisi

cohousingA Roma con S.Egidio si sperimentano esperienze di comune

Sei nonni sotto un tetto. Accade a via Pratomagno, nel quartiere africano, a Roma dove si sperimenta la condivisione di una casa tra anziani. Per combattere la crisi ma anche la solitudine si dividono le bollette, la spesa ma anche il tempo. A via Pratomagno il coinquilino più anziano, Michele, ha 98 anni. Ma c’è anche Clinio, che ha vissuto per anni in strada e poi si è fermato; Francesco, ex macchinista tipografico soprannominato ‘il ministro degli Esteri’ o ‘delle minestre’ per via delle sue abilità culinarie. Poi ci sono Luigia, Oliviero e Angela. All’ingresso della casa si apre lo spazio comune: sulla destra c’è una cucina (alle 19 c’è già qualcosa che bolle in pentola), sulla sinistra una sala dominata dalla tv e dalle poltrone che dà su una terrazza. “Sono arrivato qui circa tre anni fa, prima stavo in un ‘ricovero’ – racconta Michele -. Sono stato lì 10 anni, poi ho saputo che qui c’era posto e sono venuto. Mi trovo bene, perchè lì eravamo 32 persone e qui 6. Ci facciamo compagnia. Andiamo d’accordo, mangiamo insieme, abbiamo le nostre camerette. Siamo tutti amici, viviamo insieme come facciamo a non essere uniti…”.

Nelle stanze, quattro in tutto per gli anziani, ognuno conserva con cura un po’ del suo passato: foto, quadri e ricordi mostrati con orgoglio. Come delle pipe intagliate nel legno da Francesco, uno della casa: “Sono arrivato il 18 dicembre del 2010 e sono il primo – racconta fiero – La giornata tipo? I primi si svegliano alle 7.30, qualcuno alle 9.30. Poi iniziamo a cucinare, in genere lo faccio io per tutti, per i belli e i brutti – scherza – Perché quando cucino io si mangia un po’ meglio. La mia specialità è la zuppa di fagioli. Dopo pranzo qualcuno esce, altrimenti stiamo qua”. Se facciamo feste e cene a casa? “Avoja! – risponde in romanesco Oliviero, classe 1933 -. Sempre, quasi tutte le domeniche, a volte c’è un compleanno, poi una cosa, un’altra!”.

“Qui ognuno contribuisce come può al mantenimento della casa – spiega Roberto Bortone, dellaComunità di Sant’Egidio – ogni anziano dà una parte in base al suo reddito per contribuire alle spese della casa, dalla badante alle pulizie, fino alle bollette e alla spesa”. Gli anziani “escono a fare la spesa, hanno rapporti di vicinato e questo è importante anche per la loro salute – dice Giovanna Sisti, anche lei di S.Egidio -. Questa è un’esperienza replicabile perchè ogni volta che due anziani mettono insieme le loro risorse, una casa, una pensione c’è la possibilità di una convivenza e quindi la possibilità di non andare in istituto. In un momento in cui il welfare è in crisi, le pensioni sono limitate e il problema della casa esiste la possibilità di fare delle convivenze è una rivoluzione anche culturale, una possibilità concreta di far fronte in modo sereno al momento della vecchiaia”. Tra i coinquilini di via Pratomagno si percepisce un rapporto ormai consolidato: scherzano, si stuzzicano. Una comune agée dove si condivide tutto e ci si aiuta. Anzi, qualcosa di meglio di una comune. “E’ come una famiglia – dice Angela con gli occhi da bambina- ed è quello che desideravo per la mia vecchiaia”

Paola Lo Mele (ANSA) 

link all’articolo




Fondi per lo spettacolo, cambia tutto

soldiAddio a bolli e commissioni: più opportunità per chi farà domanda e nuove agevolazioni agli under 35

Il governo è deciso ad investire in cultura e spettacolo. Sta preparando la riforma del Fus, il Fondo Unico per lo Spettacolo con il quale ogni anno finanzia enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese che lavorano nel cinema, musica, teatro, danza e spettacoli viaggianti. Ma in questi giorni si sta lavorando anche ad introdurre per legge incentivi fiscali per i privati e le imprese «che collaborino al recupero del nostro patrimonio», come annuncia il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini. Si tratta di «una convenzione-tipo che vada bene per tutti gli atti di liberalità». Il ministro ha aggiunto che, appena ci sarà la legge, telefonerà lui «personalmente alle grandi imprese italiane, una per una, chiedendo aiuto per salvare il nostro patrimonio, il nostro Paese».

 

Chi lavora nel mondo dello spettacolo, invece, si prepari a dire addio alla carta, ai bolli, ai progetti annuali, alle commissioni elefantiache, ai registi direttori di teatro e ai loro spettacoli in cartellone.

 

Lo schema della riforma del Fus è stato inviato lunedì alla Conferenza Unificata che dovrà dare il parere non vincolante entro 60 giorni. Subito dopo sarà messo a punto il testo definitivo del decreto. L’obiettivo è arrivare al 2015 con la riforma pienamente operativa. La decisione fu presa quando al ministero dei Beni Culturali c’era ancora Massimo Bray, ma è stata condivisa dall’attuale ministro. A studiare tutti i dettagli è stato il direttore generale del Mibact Salvo Nastasi.

 

La riforma cambia un meccanismo nato nel 1985, quasi 40 anni fa, che è stato sempre più spesso soggetto a critiche per la scelta dei soggetti finanziati, sempre gli stessi, e per la confusione creata da una procedura dai criteri continuamente modificati. Ora per fare domanda per un finanziamento si chiedono almeno tre anni di esperienza alle spalle, con il nuovo meccanismo cadrà il requisito dei tre anni, chiunque potrà fare domanda, e saranno previste condizioni agevolate per i gruppi di «under 35».

L’importante sarà avere i requisiti necessari per ottenere un punteggio abbastanza elevato. Cambieranno infatti gli indicatori utilizzati per la valutazione dei progetti, saranno sostituiti con indicatori che promettono di essere più chiari e misurabili e in grado di tenere conto anche di variabili finora del tutto trascurate come la presenza del soggetto da finanziare in territori dove il consumo pro capite da parte dei residenti è inferiore ad altri. Il contributo sarà assegnato tenendo conto delle attività programmate in termini di quantità e qualità.

Le commissioni che dovranno valutare le domande arrivate saranno di soli cinque componenti, due nominati dalla Conferenza Unificata e altri tre dal ministro con procedura di evidenza pubblica. Saranno in carica per tre anni ad eccezione del primo ciclo di nomine, che dureranno un anno in più e saranno nominate già da quest’anno per occuparsi delle domande arrivate per il 2014.

Cambia anche la durata del finanziamento, tre anni invece di uno. Ora, infatti, ogni anno, gli operatori devono presentare un nuovo progetto ed aspettare per sapere se sono stati ammessi e questo vuol dire prendere impegni per l’anno successivo senza avere alcuna garanzia di poterli rispettare. Dare un orizzonte di tre anni significa fornire maggiore sicurezza a chi opera nel settore.

Rivoluzionato il sistema dei teatri stabili, che, secondo il ministero, non ha funzionato come avrebbe dovuto: vengono quindi creati i Teatri Nazionali e i Teatri di Rilevante Interesse Culturale.

FLAVIA AMABILE (da lastampa.it)

link all’articolo