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IL CORVIALE DELLA POESIA: un esempio di sviluppo urbano

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Correva l’anno 1979 quando il giovane assessore alla cultura Renato Nicolini convocava sulla spiaggia di Castel Porziano il grande happening della poesia contemporanea. Roma venne messa sulla scena internazionale di un genere espressivo spesso sottovalutato e divenne punto di riferimento per i movimenti che in quegli anni la animavano. Anche la scelta dello scenario conferì all’evento un significato particolare: un tratto di costa laziale intatto e frequentato da un popolo ai margini del turismo balneare, un luogo rimosso.

A distanza di 35 anni un altro luogo simbolo della capitale fa da sfondo a un raduno nel nome della poesia. Si tratta di Corviale, il famoso blocco edilizio che per anni è stato citato ad esempio del degrado urbano e che sta diventando l simbolo di una progressiva e spontanea rinascita.

Poetitaly a Corviale” è il nome della manifestazione in corso fino al 7 settembre e concepita da Simone Carella, che vede alternarsi decine di poeti e artisti, tra la biblioteca intitolata proprio a Renato Nicolini e la cavea all’aperto, realizzata insieme all’enorme edificio e rimasta nel tempo abbandonata a se stessa, uno spazio artificiale ma selvaggio quasi quanto la spiaggia che ospitò la famosa Kermesse. Il programma promette la compresenza delle tendenze più disparate, dalle forme liriche e classiche a quelle più popolari, fino al rap.

Incontri e laboratori fanno da complemento a reading e performance, in un programma ricco di decine di nomi. Le serate sono introdotte da Andrea Cortellessa, sono previsti, tra gli altri, interventi di Nanni Balestrini, Franco Cordelli, Luigi Cinque, Davide Riondino.

Non deve stupire la realizzazione di un evento in quella che era ritenuta l’estrema periferia della metropoli, perché Corviale sta diventando, a suo modo, una vera centralità. Oltre alla biblioteca del sistema comunale e un centro culturale, il Mitreo, che vi operano da anni, è divenuta sempre più spesso sede di manifestazioni d’arte, iniziative sportive e, grazie all’associazione “Corviale Domani” un vero luogo di sperimentazione per nuovi modelli urbani. Il laboratorio che si è strutturato grazie all’impegno di persone come Pino Galeota e Tommaso Capezzone sta avviando progetti di rivalutazione dell’intero complesso con l’impiego di nuove tecnologie, nel campo della produzione energetica, dell’auto-produzione di beni di consumo, di forme di socializzazione legate al fare.

Un esempio di quello che Corviale si accinge a diventare è rappresentato dall’esperimento che verrà realizzato in occasione dell’Expo 2015 di Milano, il cui progetto è stato presentato nella scorsa edizione della biennale architettura di Venezia: il masterplan per un Roof Top Lab unico nel suo genere, sul tetto lungo un chilometro dell’edifico.

Dalla poesia alla scienza alle culture della coabitazione, il falansterio della via Portuense rappresenta ormai una metafora di quello potrebbe essere il futuro dei nostri spazi urbani nell’ottica di uso intelligente e partecipato di spazi che hanno solo bisogno di trovare quel senso che, spesso, era sfuggito perfino a chi li ha voluti e realizzati.

link all’articolo di Umberto Croppi da Huffingtonpost




PAROLE D’ITALIA PER SCENE DI FRANCIA. SELEZIONE TESTI.

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INVITO A PRESENTARE NUOVI TESTI

 

Parte ad ottobre 2014 la nuova edizione del progetto dedicato alla drammaturgia italiana contemporanea in Francia promossa dalla Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo.
L’iniziativa Parole d’Italia per scene di Francia, che prosegue l’esperienza delle cinque edizioni di Face à Face, viene realizzata in collaborazione con l’Istituto italiano di Cultura a Parigi e con i teatri e i Festival di alcune città della Francia che, ospitando le passate edizioni di Face à Face, hanno registrato un interesse sempre crescente da parte del pubblico, della critica e degli operatori.

 

Al fine di arricchire il panorama dei testi e degli autori da presentare ai teatri francesi, questa Direzione Generale invita a presentare nuove proposte di testi entro il 15 settembre 2014.
I testi dovranno essere inviati, in formato pdf, da un indirizzo di posta elettronica certificata al seguente indirizzo  mbac-dg-s.servizio3@mailcert.beniculturali.it, insieme ad un CV dell’autore, e dovranno rispondere ai seguenti criteri:

 

  • testi di autori viventi
  • testi prodotti o  comunque andati in scena in forma di presentazione pubblica negli ultimi tre anni
  • partecipazione al progetto Face à Face non più di due volte nell’arco di tre anni con una pausa di due anni tra un triennio e l’altro

 

Va inoltre indicato se il testo:

 

  • ha ottenuto premi o segnalazioni negli ultimi 4 anni
  • è già stato tradotto in lingua straniera

 

Il dossier delle proposte pervenute integrerà l’elenco di testi già individuati nell’ultima edizione del progetto Face à Face, ma non ancora presentati al pubblico francese. I Teatri francesi potranno quindi scegliere, a proprio insindacabile giudizio, le opere da presentare sotto forma di letture, mise en espace o allestimenti nel quadro della prossima edizione del progetto.
I Teatri francesi nell’ambito della propria programmazione inserita nel quadro del progetto “Parole d’Italia per scene di Francia” potranno comunque individuare altri testi e/o spettacoli da ospitare, sostenendone direttamente i relativi costi.

 

partner
actOral, Festival des arts et des ecritures contemporaines, Marsiglia La Comédie di Saint-Etienne,
Centre Dramatique National Le Théâtre, Scène Nationale de Saint-Nazaire Festival Ring / La Manufacture – Centre Dramatique National Nancy-Lorraine Théâtre National Populaire de Villeurbanne La Colline – Théâtre National / Paris Maison Antoine Vitez, centro internazionale della traduzione teatrale Fabulamundi. Playwriting Europe
Ficep, forum degli Istituti culturali stranieri di Parigi
Suona Italiano
Info

MIBAC Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo
Emanuela Morassi
email: emanuela.morassi@beniculturali.
tel. +39.066723.3451

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Apple e Google a caccia di programmatori tra i banchi delle medie

googledi Federico rampini da Repubblica:

Inventano “app” di successo e diventano milionari prima di aver superato la pubertà. Ecco perché i giganti del web corteggiano i giovanissimi.

Non è solo la generazione dei Baby boomer a sentirsi spaesata o inadeguata nella padronanza delle tecnologie, rispetto ai Millennial. Ora i ventenni sentono il fiato sul collo di una generazione più agguerrita di loro. I nuovi inventori corteggiati da Apple e Google stanno facendo ancora la scuola media. Le frontiere del reclutamento di cervelli nella Silicon Valley diventano sempre più precoci. Un esercito di dodicenni e tredicenni affollano le conferenze tecnologiche per presentare i propri brevetti, vincono competizioni internazionali, piazzano le loro app sugli smartphone.

Finiscono sul Wall Street Journal i campioni di questa nuova fascia di età, milionari prima di aver superato la pubertà. Il quotidiano economico intervista in prima pagina Grant Goodman, 14 anni, e già al suo terzo brevetto di successo. Quando Apple l’anno scorso decise che sui nuovi iPhone non ci sarebbe stato YouTube in dotazione, il ragazzino si tuffò sull’opportunità. Inventò Prodigus, una app che consente di guardare video sull’iPhone, senza la pubblicità imposta da YouTube. “Se cominci così presto – dice Goodman al Wall Street Journal – hai una lunghezza di vantaggio rispetto ai ventenni”. Lui ha già costituito una società, la Macster Software, per gestire la sua attività d’inventore. Sa mettere in competizione fra loro Apple e Google, cimentandosi con app per tutti i loro prodotti. Ne ha brevettata una che serve a vedere il livello di carica della batteria dell’occhiale Google Glass, un minuscolo indicatore luminoso. Ha anche inventato un videogame. Questa è stata l’estate del suo addio alla scuola media, da settembre entra al liceo.

Ci sono casi perfino più precoci. Quando a giugno Google ha organizzato a San Francisco la sua conferenza annua I/O, dedicata a tutti gli inventori che sviluppano nuovi software e app, ha dovuto prevedere un apposito “programma giovani” con 200 partecipanti. I più piccoli tra loro avevano 11 anni, e guai a guardarli dall’alto in basso: sottovalutarli può essere un errore micidiale. Per non essere meno competitiva dei rivali, nel reclutamento dei giovanissimi cervelli, Apple già nel 2012 cominciò ad abbassare l’età minima per essere ammessi alle sue conferenze di developer: dai 18 ai 13 anni. La metà delle borse di studio per partecipare gratis alle conferenze tecniche di Apple, riservate a veri professionisti, sono state vinte da minorenni.

La creatività di questi enfant prodige è ben remunerata. Google in un anno ha versato 5 miliardi di dollari agli inventori delle migliori app, mentre Apple addirittura il doppio: 10 miliardi. I ragazzini negano che il guadagno sia la molla che li spinge a rinunciare alle feste da ballo o al baseball per passare pomeriggi e sere a escogitare nuove invenzioni. La mamma di Grant, Becky Goodman, non accetta insinuazioni o processi alle intenzioni: “Non abbiamo investito emotivamente nella speranza che lui sia il prossimo Mark Zuckerberg. A noi interessa solo che sia felice”. E tuttavia…

A quell’età i compagni di classe possono essere crudeli verso i nerd, come vengono chiamati i secchioni troppo bravi in matematica e informatica. I B-movie di Hollywood con episodi di bullismo sono pieni di nerd umiliati da compagni più bravi nello sport o nel rimorchiare le ragazzine. Salvo ricredersi, quando arrivano a casa i primi assegni delle royalties? Nick D’Aloisio, che ha appena compiuto i 18 anni ma cominciò anche lui nella pre-adolescenza, l’anno scorso ha venduto a Yahoo per 30 milioni di dollari la sua app Summly, che offre una sintesi veloce delle principali notizie di attualità.

La giovane età comporta qualche limitazione legale, facilmente aggirabile. Per costituire una società bisogna essere maggiorenni, perciò alcuni di questi ragazzini intestano la propria azienda a genitori o nonni. Per definizione, i loro mestieri non conoscono frontiere: lo conferma la storia di Douglas Bumby (16 anni), la cui app JustGo! (cronometro per corridori) è già in vendita in tutti gli AppStore; Douglas che vive in Canada di recente si è trovato un partner agli antipodi, in Australia, il 17enne Jason Pan con cui hanno creato la società Apollo Research. E c’è il caso di Ahmed Fathi, un 15enne volato dall’Egitto alla Silicon Valley per partecipare alla conferenza degli inventori organizzata da Apple. Fathi ha imparato a programmare software e a creare app come autodidatta, seguendo un corso online su YouTube. Ha già inventato, brevettato e venduto ad Apple il suo Tweader, un’app che legge Twitter ad alta voce per chi sta guidando o pedalando in bicicletta.

Il filosofo francese Michel Serres, che insegna alla Stanford University in California, usa il personaggiodelle favole Petit Poucet, cioè Pollicino, per descrivere la generazione mutante dei “nativi digitali” i cui pollici prensili viaggiano alla velocità della luce sul display del telefonino. No country for old men, non è un mondo per vecchi, così hanno anche tradotto le teorie di Serres sul potenziale rivoluzionario di queste generazione. Ora anche i ventenni devono guardarsi alle spalle, incalzati da un’obsolescenza già in agguato.

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Makerspace, il loft del Pigneto dove i trentenni fanno gli artigiani

famocoseda Repubblica:

Si chiama “Famocose”, apre a metà settembre. Sul modello delle officine di mezza Europa.

Seghe elettriche, macchine da cucire, saldatrici, ma anche stampanti e scanner 3D, plotter e macchine a taglio laser, una camera oscura e una cabina di verniciatura. Sono alcuni degli strumenti degli “artigiani digitali”: designer, falegnami, sarti, fotografi, architetti, che dal 13 settembre si ritroveranno in una Bauhaus del Terzo Millennio nel cuore del Pigneto, in via Caltanissetta, a ridosso dell’area pedonale.

Qui al civico 26, in quella che un tempo era una tipografia, aprirà “Famo cose”, il primo makerspace romano, prendendo a modello spazi analoghi nelle capitali del mondo, come la Beta Haus di Berlino, che da cinque anni è la casa degli artigiani urbani, quei giovani professionisti che nelle affollate e care metropoli occidentali non hanno spazio e risorse per un laboratorio personale. “Famo cose” è un open space di 210 metri quadri in cui far confluire passioni e professionalità dei trentenni freschi di università, unendo le tecnologie all’avanguardia alla vocazione artigiana del Pigneto.

Così mentre in centro le botteghe storiche chiudono per lasciare spazio ai fast food la soluzione per i creativi di ieri e di oggi è il makerspace. “Sono il primo ad aver bisogno di un posto dove “fare cose”  –  racconta Luca Magarò, designer romano, 30 anni,  –  e a Roma mancava un punto dove riunire le idee e le professionalità, che andasse oltre il coworking e i fablab. Questa non è un’associazione o un centro sociale, ma un punto di servizi e formazione artigiana”.

“Famo cose” sarà aperto a tutti, dai bambini alle casalinghe, dagli studenti ai pensionati. Se di giorno (dalle 9 alle 18) sarà dedicato ai professionisti, che troveranno attrezzature e consulenza, anche per start up e gruppi di lavoro, la sera (dalle 18 alle 22) il makerspace aprirà le porte agli hobbisti. Chi non ha un luogo dove fare decoupage, dipingere o creare piccoli mobili, cucire abiti o realizzare gioielli, smanettare con l’elettronica, insieme alle idee e agli stimoli di altri creativi. E chi non sa da dove cominciare, potrà iscriversi a corsi di elettronica, falegnameria, design, moda: il sabato l’open space si trasformerà in un’aula con videoproiettore, per lezioni in cui gli attrezzi del mestiere sono parte integrante della formazione.

“Le persone devono uscire da qui con un oggetto realizzato da loro  –  spiegano i “makers” che sono diventati otto  –  anche se avremo una piccola sala relax, non ci sarà spazio per perditempo”. Fin dal nome, che è una provocazione al “faccio cose vedo gente” di Moretti, una dichiarazione di guerra a quello spirito “radical chic” che nell’immaginario urbano sembra essersi impossessato del Pigneto. Qui si viene a sporcarsi le mani. Di vernice e trucioli, con il seghetto in una mano e l’iPad nell’altra. Artigiani con passione, come nel simbolo di “Famo cose”: un bullone stilizzato a forma di cuore.

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IL CORVIALE DELLA POESIA: Rifkin, il festival della poesia e le stampanti 3 D

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Molti si saranno meravigliati del dossier appena pubblicato sulla stampanti 3 D chiedendosi che “c’azzeccano” col progetto di rigenerazione di Corviale. Ci facciamo aiutare da Jeremy Rifkin: “La tecnologia sta (…) creando un futuro migliore (…) una Super Internet, una rete (…) che consenta lo scambio (…) di oggetti, grazie alle stampanti 3 D, e  (…) di energia rinnovabile che tutti ormai possono produrre autonomamente”.

Alla domanda se sia un visionario risponde: “Vedo le cose ovvie che altri sottovalutano. Vedo le opportunità.”

Una volta si diceva che per fare le rivoluzioni ci vuole la poesia ora le utopie ci vengono spesso disegnate dagli scienziati, ma noi crediamo ancora che la poesia ci possa dare le parole e i sogni per il cambiamento.

Non per niente al Festival della Poesia a Corviale, il poetitaly dal 1 al 7 settembre alla Biblioteca Nicolini e alla Cavea, c’è – tra tanti altri – Nanni Balestrini l’autore di “Vogliamo tutto”.

Una grande stagione di cambiamenti ci aspetta se la sappiamo cogliere entrando nello spirito del tempo.

Spirito del tempo che possiamo cogliere se andiamo oltre le prime pagine dei giornali ed entriamo nel dettaglio di articoli che quasi sempre non leggiamo: solo alcuni titoli per identificare i temi che determineranno il futuro:

2025, quando l’energia sarà a costo zero (e fatta in casa)”

Cercasi piccoli geni Apple e Google a caccia tra i banchi delle scuole medie”

“Come apprendere a scuola (…) i segreti per costruire un programma”

Makerspace il loft del Pigneto dove i trentenni fanno gli artigiani

Se poi aggiungiamo che nel nuovo Decreto Legge sulla Casa è previsto “Se (…) comunità di cittadini (…) presentano un progetto di riqualificazione consistente nella pulizia (…) nella manutenzione ed abbellimento (…) anche mediante la collocazione di elementi di arredo urbano o la realizzazione di eventi (…) quei cittadini possono essere esonerati dal pagamento del (…) tributo (…)”.

Se si sa leggere tra le righe si vedono tutte le caratteristiche del nostro progetto di rigenerazione di Corviale in cui tutto si tiene dal Festival della Poesia allo sviluppo di una generazione di makers anche con l’uso delle stampanti 3 D, il tutto con lo l’utilizzo di progetti basati sui Fondi Europei di sviluppo.

Programma del Festival di Poesia di oggi:

Bibliote Nicolini

h.17,30

Introduzione e presentazione di Carla De Angelis

Omaggio a Maria Luisa Spaziani: letture di Maria Piazza e Michela Zanarella

(il pubblico potrò partecipare con un proprio omaggio poetico o con una testimonianza)

Interventi musicali di “Evi – Lillj – Maria”

La poesia classica: letture e interpretazioni a cura di Angelo Filippo Jannoni Sebastianini

 




INTRODUZIONE ALLA STAMPA 3D: COME USARLA

stampantiArticolo di proprietà del portale www.stampa3d-forum.it

Se state leggendo questa pagina probabilmente siete alla ricerca delle informazioni di base sulla stampa 3D. Questa guida intende essere un’Introduzione alla stampa 3D destinata a tutti coloro che vogliono capire meglio come funzionano le stampanti 3D e cosa realmente possono produrre queste macchine. Non aspettatevi solamente un’infarinatura generale, le nostre Guide affrontano anche tematiche estremamente specifiche, al punto da poter essere utili anche ai più esperti.

La nostra Introduzione alla stampa 3D è suddivisa in più sezioni, le quali possono essere viste a loro volta come delle vere e proprie Guide ad ogni singolo argomento relativo alla stampa 3D. Infatti, per usare una stampante 3D, è necessario avere diverse conoscenze sulla modellazione 3D, sui materiali, sui software, sulle diverse tecnologie esistenti e molto altro. Questo non significa che per stampare in 3D sia necessario studiare chissà quanti argomenti, ma sicuramente è importante aver letto almeno una volta una Guida, in modo da non essere completamente all’oscuro di piccoli dettagli che a lungo andare potrebbero solamente darvi dei problemi.

Proprio per questo motivo la nostra Introduzione alla stampa 3D rimarrà online a lungo termine, in modo che voi possiate usufruirne tutte le volte che ne sentiate la necessità. Non avrete bisogno di studiare a memoria i contenuti di queste pagine, potrete consultarli tutte le volte che volete, stamparli e condividerli con altre persone, sempre nel rispetto delle regole Creative Commons del nostro portale.

Ecco gli argomenti trattati nella nostra guida introduttiva:

Una volta terminata la lettura di questa nostra guida introduttiva alla stampa 3D sarete in grado di capire quanto sia sfacettato questo mondo in continua crescita.

Alessandro Tassinari

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SCANNER 3D PER LA STAMPA 3D

scanner-3dArticolo di proprietà del portale www.stampa3d-forum.it

Gli scanner 3D sono dispositivi che ci permettono di ottenere modelli 3D da oggetti esistenti. Questi dispositivi rilevano le superfici che rientrano nel proprio raggio d’azione memorizzando le informazioni ottenute e rielaborandole, producendo in conclusione una descrizione matematica per punti dell’oggetto scansionato. In altri termini, un modello 3D digitale.

 

Le tecnologie per gli scanner 3D sono diverse e differiscono soprattutto per:

 

  • la meccanica: gli scanner 3D possono essere fissi o mobili. Quelli fissi dispongono generalmente di un piano che ruota, sopra al quale viene posizionato l’oggetto da rilevare. Quelli mobili sono impugnati da un operatore che deve avere la cura di puntarlo contro l’oggetto interessato, rilevandone le superfici.
  • la tipologia di raggi che lanciano verso l’oggetto desiderato.

 

SCANNER 3D LASER A TEMPO DI VOLO

 

Questi dispositivi utilizzano una luce laser che viene riflessa sulla superficie dell’oggetto rilevato. Il sensore del laser cronometra il tempo di volo, ossia il tempo che ci mette il fascio di laser a tornare all’origine in seguito essere rimbalzato sulla superficie rilevata, potendo definire se un determinato punto è più o meno vicino al diodo laser che emette l’impulso di luce. Questa misura è possibile in quanto la velocità della luce è costante, sarà quindi il tempo di andata e ritorno dell’impulso luminoso laser che definirà la posizione nello spazio del punto battuto. La precisione di uno scanner 3D laser a tempo di volo dipende quasi esclusivamente dalla precisione con cui esso riesce a misurare il tempo di volo.

 

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SCANNER 3D CON SISTEMA A LUCE STRUTTURATA

 

Gli scanner 3D con sistema a luce strutturata proiettano sulla superficie dell’oggetto da rilevare un fascio di luce. La deformazione del pattern proiettato definisce la posizione dei punti che compongono l’oggetto, permettendo ad una telecamera di calcolarne le coordinate tridimensionali attraverso una triangolazione.

 

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SCANNER 3D ECONOMICI

 

Sono diverse le aziende che si sono lanciate nel mercato degli scanner 3D vedendo l’aumentare dell’interesse nei confronti di questi utili pezzi di tecnologia. Stiamo parlando, per esempio, degli scanner di MakerBot, Rubicon 3D e Structure Sensor.

 

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Esistono poi altri metodi più smanettoni per scansionare degli oggetti 3D. Uno dei più conosciuti è quello che sfrutta il potenziale del Microsoft Kinect. Proprio così, l’accessorio per la famosa XBox 360 può essere trasformato in uno scanner 3D low cost grazie ai suoi driver open source e a diversi software scaricabili online. Altro metodo economico è quello di utilizzare una macchina fotografica o uno smartphone e software open source per elaborare le immagini ottenute. Per maggiori informazioni su questo metodo di rilievo vi rimandiamo a questo articolo su 3D ArcheoLab.

link all’articolo

 




3D ARCHEOLAB: LA STAMPA 3D PER I BENI CULTURALI

archeolab-scannerArticolo di proprietà del portale www.stampa3d-forum.it

Le tecnologie di rilievomodellazione e stampa 3Dstanno rivoluzionando il settore dei Beni Culturali, creando nuove forme di documentazione, fruizione e divulgazione. Proprio la tecnologia della stampa 3D, associata alle moderne tecniche di rilievo tridimensionale open source, consente di ottenere in tempi rapidi e a costi contenuti riproduzioni fisiche di reperti archeologicielementi scultorei oarchitettonici che possono essere utilizzati a scopi differenti: per studio e ricerca, per la didattica con le scuole, per l’allestimento di percorsi museali alternativi.

 

In quest’ottica è nato 3D ArcheoLab, un progetto di tre giovani professionisti dei Beni Culturali: Giulio Bigliardi, Sara Cappelli e Sofia Menconero. L’obiettivo del progetto 3D ArcheoLab è quello di permettere a tutti il libero e pieno accesso al nostro patrimonio culturale, facilitandone la fruizione attraverso ilsuperamento delle barriere geografiche, fisiche e culturali. A questo scopo, 3D ArcheoLab utilizzatecnologie 3D libere, open source e low-cost per creare  nuove forme di conoscenza, divulgazione e accessibilità del nostro patrimonio.

 

3D ArcheoLab si rivolge a tutti quei musei che vogliono rinnovare il proprio percorso espositivo e i propri servizi online e offline, attraverso un approccio più tecnologico, più innovativo e più coinvolgente.

 

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Il primo passo è quello di creare una galleria fruibile liberamente online, anche in mobilità, e popolata di modelli 3D di reperti museali (un esempio: 3d-archeolab.sketchfab.me). Il team di 3D ArcheoLab è infatti specializzato nella realizzazione di rilievi e modelli 3D ad alta risoluzione di oggetti utilizzando esclusivamente software libero e open source.

 

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Il secondo passo è quello di riprodurre gli oggetti rilevati in 3D attraverso la tecnologia della stampa 3D. Tali riproduzioni sono gli strumenti più efficaci per creare originali attività didattiche per le scuolee per gli studenti, nella convinzione che l’approccio tecnologico e lo sviluppo di soluzioni innovative che riuniscono educazione e intrattenimento sia il modo più efficace per migliorare la conoscenza del nostro patrimonio culturale tra le giovani generazioni.

 

Infine, le riproduzioni vengono utilizzate per allestire all’interno dei musei percorsi tattili per non vedenti, in modo da garantire anche a loro un’esperienza di visita completa, troppo spesso legata solamente a testi descrittivi in braille o ad audioguide che in alcun modo riescono a restituire la complessità di un reperto.

 

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Al momento 3D ArcheoLab ha attiva una collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia e con l’Accademia Valdarnese del Poggio di Montevarchi; ha inoltre in corso un progetto su Parma, in collaborazione con il costituendo On/Off FabLab Parma. Infine, collabora conOpen Téchne e l’Istituto di Formazione e Ricerca della Federazione Italiana Club e Centri UNESCO nell’organizzazione di attività di formazione nel campo del software libero e dei Beni Culturali.

 

3D ArcheoLab: dall’oggetto reale alla riproduzione 

 

Il miglior modo che abbiamo oggi per una corretta documentazione di un qualsiasi oggetto è il rilievo tridimensionale, poiché consente di ricreare un modello virtuale identico all’originale, metricamente corretto e fotorealistico. Un modello 3D ci permette di estrarre un qualsiasi rilievo bidimensionale dell’oggetto, come prospetti, piante o sezioni, nonché di ricreare materialmente l’oggetto grazie alla tecnologia della stampa in 3D. Uno dei limiti principali ad un uso diffuso delle tecnologie di rilievo 3D (su tutte laser scanning e fotogrammetria) nell’ambito dei Beni Culturali è dato dal costo elevato per l’acquisto delle strumentazioni necessarie e delle rispettive applicazioni, spesso nell’ordine delle decine di migliaia di euro.

 

Tuttavia, oggi esistono tecnologie e software liberi e open source che, partendo da semplici immagini digitali, consentono di ottenere un accurato rilievo 3D semplicemente utilizzando una macchina fotografica digitale, anche compatta, e un PC di medie prestazioni, come un notebook.

 

Il primo passaggio fondamentale è ovviamente l’acquisizione di buone fotografie digitali. In questa fase è certamente utile l’utilizzo di una buona macchina fotografica, anche se camere compatte e addirittura smartphone hanno dato buoni risultati (qui un esempio). In certe situazioni può essere molto utile l’uso di un cavalletto, sopratutto in luoghi chiusi con poca luce dove il rischio di ottenere immagini mosse è molto alto; è infatti da evitare l’uso del flash. Può risultare utile anche l’uso di un manfrotto nei casi in cui l’oggetto da fotografare sia particolarmente alto e diventi impossibile scattare fotografie anche della parte più elevata dell’oggetto. Quando scattiamo le fotografie dobbiamo sempre considerare la tridimensionalità dell’oggetto che abbiamo di fronte. Per ottenere un rilievo completo e accurato è indispensabile scattare foto tutt’attorno all’oggetto: su tutti i lati, sopra e, se possibile, anche sotto. Ogni porzione dell’oggetto deve comparire in almeno tre fotografie e ogni foto deve avere un margine di sovrapposizione del 60% circa con quelle adiacenti. In pratica, si scatta una prima fotografia, poi ci si sposta un po’ di lato e se ne scatta un’altra, e così via finché abbiamo compiuto un giro completo attorno all’oggetto e non siamo tornati al punto di partenza; è consigliato scattare una fotografia almeno ogni 15 gradi di spostamento.

 

Il software

 

Una volta scattate le fotografie dell’oggetto, possiamo elaborarle con il software libero Python Photogrammetry Toolbox – PPT. Dopo aver aperto il software (è possibile installarlo sia su GNU/Linux che su Windows: si rimanda al sito dello sviluppatore per tutti i dettagli), il primo passo è caricare la cartella contenente le immagini nel tab “Check Camera Database” e qui inserire la larghezza in mm del sensore CCD della macchina fotografica che abbiamo utilizzato (se non si ha a disposizione il manuale, basta fare una veloce ricerca su Google). Il secondo passo è caricare la cartella delle immagini nel tab “RunBundler“: questo processo orienterà nello spazio le immagini ricostruendo i punti di presa di ciascuna immagine. Al termine di questo processo PPT crea una cartella temporanea con i risultati parziali dell’elaborazione. Il secondo e ultimo passaggio consiste nel caricare tale cartella temporanea nel tab “RunCMVS/PMVS” e al termine di questo passaggio il software avrà creato una nuvola di punti 3D degli oggetti che abbiamo fotografato; il risultato, in formato PLY, è visibile all’interno della solita cartella temporanea (percorso /tmp/”nome-cartella-temporanea-creata-da-PPT”/pmvs/models/).

 

Per visualizzare il risultato possiamo utilizzare il software libero MeshLab: qui è possibile caricare la nuvola di punti creata da PPT, ripulirla dai punti in eccesso e creare la mesh lanciando il comando “Surface Reconstruction: Poisson” (sul canale YouTube degli sviluppatori si trovano molti tutorial).

 

La stampa 3D

 

A questo punto ci basta esportare il file in formato STL e aprirlo con un software di slicing, come CURA o Slic3r, per creare il file GCODE da dare in pasto ad una stampante 3D.

 

Il progetto 3D ArcheoLab sta rivoluzionando il mondo dei Beni Culturali in modo innovativo, sfruttando software open source e nuove tecnologie che piano piano stanno diventando accessibili a tutti.

 

Per chi volesse approfondire l’argomento del software di Slicing per un oggetto 3D, consigliamo la consultazione della guida apposita a CURA SlicerLINK

 

Giulio Bigliardi

link all’articolo

 




GUIDA A CURA SLICER -BASE-

scanner 3DArticolo di proprietà del portale www.stampa3d-forum.it

Il processo di produzione di un oggetto 3D si può suddividere in 3 grandi categorie: lamodellazione, lo slicing e la stampa.
In questo articolo entreremo nel vivo del processo che maggiormente influisce sulla qualità finale dell’oggetto: lo slicing. Per farlo utilizzeremo un software libero chiamato “Cura”.

 

Ma cos’è lo Slicing?

 

Dopo aver creato il nostro oggetto 3D tramite i programmi di modellazione (LINK alla nostra guida alla modellazione), abbiamo bisogno di convertire il disegno in un linguaggio comprensibile dalla nostra stampante 3D.  Qui entra in gioco il nostro programma Cura Slicer, che grazie ad una serie di parametri impostati dall’utente elabora il modello 3D, calcolando il percorso più efficiente che la nostra stampante 3D deve fare per ottenere il risultato migliore.

 

Perché Cura?

 

Esistono moltissimi software predisposti a fare questo genere di operazioni ma sicuramente i punti di forza di Cura rispetto ai suoi competitor sono la semplicità e l’ottima user-experience, riuscendo così ad ottenere ottimi risultati agendo su un numero essenziale di parametri. In più è un software libero: Cura è scaricabile dal sito della Ultimaker (QUI) ed è disponibile per tutti i SO quali Windows, Mac OS e Linux.

 

Il primo avvio

 

Una volta installato ed avviato Cura ( lo potete scaricare gratuitamente a questo link), dovremmo settare il software in modo da farlo comunicare con la nostra stampante. Per far ciò andremo nel menu  “Machine->Machine settings..  “

 

Machine_settings

 

  •     Maximum width: lunghezza del piano di stampa (asse X).
  •     Maximum depht: profondità del piano di stampa (asse Y).
  •     Maximum height: Altezza del piano di stampa (asse Z).
  •     Serial Port: lasciare AUTO.
  •     Baudrate: selezionare il baud della vostra  elettronica.

 

 

 

 

 

I Parametri base

 

Nella parte sinistra della schermata di Cura è possibile accedere ai parametri di personalizzazione dello slicing.
Cura

 

– Quality

 

Questa sezione è dedicata alla qualità della stampa, che andrà ad influire anche  sul tempo finale della stampa: una maggior qualità richiede un maggior tempo di lavorazione:

 

  • Layer height: è l’altezza del layer, quindi di ogni singolo strato depositato dall’ugello dell’hotend: influisce direttamente sulla qualità della stampa (valore consigliato da Cura: 1/4 del diametro del vostro ugello);

 

layer Height

 

  • Shell Thickness:  é lo spessore delle pareti, che va espressa come multiplo del diametro dell’ugello di estrusione. Esempio: avendo un ugello di 0.5 e impostando la Shell a 1.0, verranno generate 2 linee perimetrali (in genere da 2 a 4 linee);

 

  • Enable retraction: se spuntata, abilita la retraction della quale parleremo dopo. (default: ON)

 

 

 

– Fill

 

Con questi due parametri andremo a modificare i criteri di riempimento dell’oggetto: cosa che influirà sulla resistenza meccanica del pezzo stampato:

 

  • Bottom/Top thickness: è lo spessore delle pareti superiori e inferiori del modello, dovrà essere un valore multiplo del Layer Height. Esempio: con un Layer Height di 0.2 per avere 3 strati pieni si imposterà questo campo con 0.6 (solitamente da 2 a 4 layer);
  • Fill Density: è il valore espresso in percentuale della quantità del riempimento: impostando 25%, il riempimento del modello sarà composto da 25% di materiale e 75% vuoto. Maggiore sarà il riempimento e maggiore sarà il materiale utilizzato ma anche la solidità del pezzo. (valore consigliato minimo: 25% );

 

raft_25%                               raft_60%

 

– Speed temperature

 

In questa sezione di Cura si settano i valori di velocità e temperatura di stampa essenziali per la buona riuscita del modello:

 

  • Print Speed: agendo su questo valore si modifica la velocità della stampa: all’aumentare della velocità diminuisce la qualità e la durata della stampa (si utilizzano valori compresi tra 30 e 60, si puo arrivare fino a 120 mm/s);
  • Printing temperature: temperatura di stampa dei materiali (PLA 210- 180° , ABS 210-230°, Nylon 230-260°), questi parametri sono indicativi, la temperatura ottimale di stampa per lo stesso materiale varia molto in base al produttore della plastica e anche dal colore (ovviamente si parla in misura di 3-4 gradi massimi);

 

– Support

 

Cura è in grado di disegnare automaticamente i supporti per l’adesione al piatto e se necessario il supporto per le parti a sbalzo (bridge):

 

  • Support type: è  la selezione del tipo di supporto per modelli con sbalzi, difficilmente viene utilizzato per le prime stampe e quindi normalmente viene settato su None;
  • Platform adhesion type : questo campo ci interessa maggiormente di più, è il tipo di supporto per l’adesione al piatto, il Brim estende il primo layer oltre ai contorni del modello per aumentare considerevolmente l’adesione al piatto di stampa, mentre Raft crea uno strato aggiuntivo che verrà stampato tra il piatto e l’oggetto, cosa che rende più difficoltosa l’eliminazione del surplus di materiale ( consiglio: Brim );

 

– Filament

 

  • Diameter: è il diametro del filo, va cambiato ogni volta che si cambia la bobina dalla quale si sta stampando, si consiglia di utilizzare il calibro in quanto il diametro del filo può variare di o,4mm da bobina a bobina;
  • Flow: valore percentuale della quantità di materiale estruso, non dovrebbe essere necessario modificarlo;

 

-Advanced

 

Per ora vediamo solo due opzioni della tendina advanced che sono necessari per un primo settaggio del software

 

Advanced

 

– Machine

 

  • Nozzle size: è il diametro del nostro ugello di estrusione, un nozzle con diametro minore ci permetterà di inseguire una qualità sempre maggiore ( solitamente 0,5 – 0,4 – 0,35 – 0,3 ).

 

 

 

– Retraction

 

Ecco che siamo arrivati alla famosa retraction che avevamo anticipato all’inizio della guida, praticamente è l’azione di ritirare il filo fuori dall’estrusore, per poter fermare l’estrusione ed evitare il gocciolamento, deve essere eseguito quando l’estrusore si sposta da un punto all’altro senza dover depositare materiale:

 

  • Speed: velocità con la quale viene eseguirà la retraction, da non aumentare eccessivamente per evitare slittamenti (tra 90 e 140 mm/s);
  • Distance: la lunghezza della retraction, dipende dal nostro tipo di estrusore di diretto ( con il motore sul carrello dell’hotend) oppure bowden (motore solitamente ancorato al telaio della stampante) , Diretto: 4-5mm , Bowden: 8-16mm;

 

 

 

 

 

Eseguiti tutti questi settaggi saremo in grado di caricare il modello 3D ed esportare il relativo GCode, oppure inviarlo direttamente alla nostra stampante.

 

E con questo abbiamo visto tutti i parametri base per configurare al meglio la nostra stampante con Cura slicer. Se si riscontrano dei problemi durante la stampa, molto probabilmente agendo su questi valori riuscirete a sistemarli. Inoltre, mentre inserite alcuni parametri, Cura stesso vi informerà se c’è qualcosa che non va.

 

Ovviamente, per qualsiasi problema o necessità di chiarimento potete chiede consiglio sul forum della nostra community. Buone stampe!

Leonardo Bertè

 

link all’articolo

 




Alle imprese sociali gli immobili pubblici inutilizzati

immobiliLe imprese sociali potranno usare gli edifici pubblici inutilizzati e i beni mobili e immobili confiscati alla criminalità. Le imprese private (con scopo di lucro) e le amministrazioni pubbliche potranno assumere cariche negli organi di amministrazione delle imprese sociali, ma non potranno averne la direzione e il controllo. Infine, il Governo si prende 12 mesi di tempo (anziché sei) per emanare i decreti legislativi che tradurranno in pratica la riforma del terzo settore.

Sono queste alcune novità introdotte nel disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri, rispetto alla bozza del provvedimento circolata prima della riunione dell’Esecutivo. Il ministero del Lavoro e quello dell’Economia stanno ancora definendo le ultime limature al Ddl.

Per sostenere le imprese sociali, come annunciato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sarà istituito un fondo rotativo: dovrà finanziare a condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali «materiali e immateriali».

Una delle sfide legate all’attuazione della riforma sarà quella di misurare l’impatto delle azioni svolte dalle imprese sociali. A questa valutazione saranno infatti legate le agevolazioni fiscali per coloro che investiranno in queste imprese. In base al disegno di legge varato dal Governo, i decreti attuativi dovranno dare una definizione puntuale dell’impresa sociale, come «impresa privata a finalità d’interesse generale» che abbia come obiettivo principale «il raggiungimento di impatti sociali positivi misurabili, realizzati mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi di utilità sociale».

Un esempio di questo impatto positivo lo dà Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro con delega al terzo settore: «Un’impresa sociale che opera nel reinserimento lavorativo dei carcerati – spiega – e fa registrare una diminuzione del tasso di recidiva, comporta un beneficio per il lavoratore e uno per la società, perché sgrava lo Stato di un nuovo costo. Dovremo trovare un parametro per misurare concretamente l’impatto sociale delle azioni messe in campo».

Infine, saranno riviste le regole del cinque per mille dell’Irpef, introducendo «obblighi di pubblicità» delle risorse destinate dai contribuenti agli enti del terzo settore. Probabilmente, saranno potenziati gli strumenti per rendicontare le somme del cinque per mille, un obbligo già previsto dal 2008. I destinatari del contributo, infatti, entro un anno dall’incasso degli importi, devono redigere un rendiconto dal quale risulti in modo chiaro e trasparente la destinazione delle somme ricevute, e conservarlo per 10 anni. Le organizzazioni che ricevono più di 20mila euro devono anche inviare il documento al ministero che ha erogato le somme. Gli enti che non redigono il rendiconto rischiano di dover restituire gli importi ricevuti, in caso di controlli.

Fonte: ilsole24ore.com