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Documento della Conferenza delle Regioni: governance programmi della Cooperazione europea 2014-20

ueLa Conferenza delle Regioni e delle province autonome, nella riunione del 5 agosto ha adottato una posizione sulla governance dei programmi di  cooperazione territoriale europea 2014-2020.

Il documento (pubblicato sul sito www.regioni.it) è stato inviato dal Presidente Sergio Chiamparino al sottosegretario Graziano Delrio, auspicando l’apertura di un confronto politico sul tema.
Si riporta di seguito il testo integrale.
Posizione delle Regioni e delle Province autonome  sulla governance dei programmi di cooperazione territoriale europea 2014-2020
Le Regioni e Province autonome ribadiscono l’importanza di conservare un forte ruolo nella governance dei Programmi di cooperazione territoriale, anche alla luce dei buoni risultati ottenuti nel periodo di programmazione 2007-2013.
Nel richiamare le posizioni già espresse nel “Documento di posizionamento e proposte operative delle Regioni e Province autonome sui temi prioritari della cooperazione territoriale 2014-2020”, le Regioni e le Province autonome manifestano la propria contrarietà rispetto ad alcune proposte, contenute nella Nota tecnica del 25 giugno 2014 relativa alla “Governance nazionale dell’attuazione e gestione dei Programmi di cooperazione territoriale europea 2014-2020”, che sintetizza le proposte del DPS, del MEF-IGRUE e dell’UVER, in quanto disallineate rispetto all’obiettivo del miglioramento della governance dei programmi di cooperazione territoriale.
Infatti, a fronte dell’affermato intendimento della conferma sostanziale del sistema di governance della programmazione 2007-2013, contraddistinto dal ruolo primario delle Regioni e delle Province autonome, i cambiamenti proposti con la Nota tecnica comportano l’accentramento in capo alle Amministrazioni centrali delle funzioni di indirizzo e sorveglianza dei programmi di cooperazione territoriale, riservando alle Regioni e Province autonome un ruolo sostanzialmente ancillare, e lo spostamento di compiti gestionali e amministrativi, attualmente in capo alle Amministrazioni centrali, alle Regioni e alle Province autonome, senza cenno, peraltro, ad un corrispondente trasferimento di risorse finanziarie e umane. Di seguito sono specificate le questioni problematiche sulle quali occorre trovare un punto di accordo tra Governo e Regioni.
COMITATI NAZIONALI – Le Regioni e Province autonome non condividono la proposta di affidare la presidenza dei Comitati Nazionali dei Programmi per i quali detto organo è previsto (Italia-Croazia, Adriatico-Ionico, Spazio Alpino, Europa Centrale, MED, Interreg Europe, Espon, Urbact, ENI-CBC Mediterranean Sea Basin) ad un’Amministrazione centrale (DPS-MAE-MIT).
Chiedono sia confermata l’assegnazione della Presidenza e Vice – Presidenza di detti Comitati alle Regioni e Province autonome, in quanto se, come sottolineato nella Nota tecnica del 25 giugno 2014, il sistema di governance 2007 – 2013 ha ben funzionato, la ragione è da ricercarsi nell’impegno congiunto delle Presidenze/Vice-Presidenze regionali, nei risultati ottenuti nell’assolvere detta funzione e nella sinergia sviluppata tra livello statale e regionale, anche assicurando un forte coinvolgimento di altri stakeholders del territorio.
Le Regioni e Province autonome evidenziano la debolezza delle argomentazioni poste dalle Amministrazioni centrali a supporto della propria proposta, argomentazioni che richiamano la necessità di garantire l’applicazione del “Codice di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e d’investimento europei” e di garantire una posizione di terzietà rispetto agli attori dei territori.
In ordine al primo punto, già per il periodo di programmazione 2007 – 2013 sono componenti dei Comitati Nazionali – oltre alle Regioni – i soggetti del partenariato istituzionale e socioeconomico, come da Delibera CIPE 158 del 21 dicembre 2007 e i componenti dei Comitati (tutti) sono stati sistematicamente aggiornati con le informazioni disponibili e coinvolti nelle decisioni che le delegazioni italiane nei Comitati di sorveglianza hanno riportato. Per quanto concerne invece la necessità di assicurare una posizione di terzietà, non si condivide che detta esigenza possa essere garantita solo dal livello centrale. Si evidenzia, infatti, fra le varie circostanze elencabili, che chi siede nei Comitati nazionali in rappresentanza delle Regioni e Province autonome non è coinvolto direttamente nella realizzazione di progetti.
COMITATI DI SORVEGLIANZA – La Nota tecnica del 25 giugno 2014 conferma il ruolo di capo delegazione al DPS per tutti i programmi transnazionali, interregionali, per il programma transfrontaliero Italia-Croazia e per il Programma IPA-CBC Italia-Albania-Montenegro ed al MAE per i Programmi ENI-CBC (Italia-Tunisia ed ENI-CBC Mediterranean Sea Basin).
Le Regioni e Province autonome chiedono che la Delegazione italiana sia sempre composta da almeno due rappresentanti delle Regioni e Province autonome (con esclusione dei Programmi per i quali la delegazione di ogni Stato è unipersonale), in particolare, delle Regioni e Province autonome che hanno assunto la Presidenza e Vicepresidenza dei Comitati Nazionali, in coerenza con quanto sopra esposto.
La Delegazione italiana presente nei Comitati di Sorveglianza dovrà esprimere la posizione convenuta nell’ambito dei Comitati nazionali dei rispettivi Programmi.
CIRCUITO FINANZIARIO – Le Regioni e Province autonome, nel convenire sulle modalità di erogazione del cofinanziamento nazionale, già adottate nel periodo di programmazione 2007-2013 per i programmi transfrontalieri con Autorità di gestione italiana, modalità da estendere ai programmi transnazionali con Autorità di gestione nazionale, esprimono invece forte contrarietà rispetto al nuovo meccanismo proposto dal MEF-IGRUE per le procedure di erogazione del cofinanziamento ai beneficiari italiani in caso di programmi transnazionali e interregionali con Autorità di gestione estera.
Tale meccanismo, che prevede il trasferimento alle Regioni e Province autonome delle quote di cofinanziamento nazionale destinate ai beneficiari italiani delle singole operazioni, non rappresenta una semplificazione bensì un appesantimento procedurale e del monitoraggio, con ripercussioni negative per i beneficiari italiani; impatta negativamente sui vincoli del patto di stabilità delle singole Regioni e Province autonome; sposta sulle Regioni e Province autonome la responsabilità di eventuali oneri per il recupero di somme indebitamente versate; non garantisce alle Regioni e Province autonome certezza di risorse, creando un problema di anticipazione di risorse regionali; sposta sulle Regioni e Province autonome l’onere di assicurare un adeguato assetto organizzativo, anche in termini di risorse umane, sempre più scarse in tempi di revisioni della spesa e blocco delle assunzioni.
Le Regioni e Province autonome chiedono venga confermato il circuito finanziario operante per il periodo di programmazione 2007-2013, dimostratosi pienamente soddisfacente e funzionale, e propongono di porre in capo al DPS o alla neo-costituita Agenzia per la Coesione Territoriale l’erogazione della quota di co-finanziamento nazionale destinata ai beneficiari italiani dei Programmi transnazionali e interregionali con Autorità di gestione estera, circuito che pone direttamente in capo all’Amministrazione centrale l’erogazione della quota di cofinanziamento nazionale.
SISTEMA NAZIONALE DEI CONTROLLI – Le Regioni e Province autonome ribadiscono l’intenzione di ricorrere, sulla base di scelte diverse operate dai vari Programmi, o ad una organizzazione dei controlli di primo livello centralizzata nell’Autorità di gestione italiana, che potrà svolgerli direttamente, anche attraverso l’utilizzo di apposite liste di controllori esterni ancorché validata dalla stessa Autorità, o delegare alle Regioni partner i controlli di primo livello sul territorio italiano del Programma, oppure ad una organizzazione decentralizzata, con il coinvolgimento della Commissione mista Stato, Regioni e Province autonome.
Inoltre, le Regioni e Province autonome ribadiscono che deve essere chiaramente e tempestivamente individuato l’organo nazionale responsabile dei controlli di primo livello nel caso di Programmi per i quali viene attivata la predetta Commissione mista.
Evidenziano altresì che permane scarsa chiarezza sull’organo nazionale responsabile dei controlli di primo livello per i Programmi con Autorità di gestione estera, qualora detta responsabilità non sia ricondotta in capo all’Autorità di gestione medesima.
PERSONALE OPERATIVO DEI SEGRETARIATI TECNICI – Come già riportato nella scheda 9 “Personale operativo nel JST. Modalità di gestione contrattuale al fine di garantire continuità operativa” del Documento di posizionamento approvato dalla Conferenza dei Presidenti in data 11 luglio 2013, le Regioni e Province autonome ribadiscono la necessità siano adottati provvedimenti finalizzati a superare i vincoli temporali o di spesa imposti dalla normativa vigente per i contratti a tempo determinato e di collaborazioni, al fine di allinearne la durata al periodo di programmazione 2014-2020, fino alla chiusura dei programmi stessi.
RISORSE FINANZIARIE – Le Regioni e Province autonome ribadiscono la necessità sia assicurata dallo Stato adeguata copertura finanziaria, anche a valere sulle risorse del PON Governance, per le funzioni che le Regioni e Province autonome si impegnano con questo documento a svolgere.
Inoltre, posto che le risorse di assistenza tecnica dei Programmi non coprono la governance interna degli Stati partner e che non tutti i Programmi finanziano i contact points, le Regioni e Province autonome ribadiscono la necessità che detti costi, non coperti dalle risorse di assistenza tecnica dei programmi, siano finanziati a valere sul PON governance o su altri strumenti eventualmente individuati.
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Alfabetizzazione digitale: gli otto principi cardine

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Alcune amministrazioni locali hanno intrapreso, o stanno intraprendendo, attività di alfabetizzazione digitale della popolazione. Mi permetto, di seguito, di elencare alcuni principi di fondo da osservare per evitare di ingenerare inutili aspettative, e per ottenere risultati duraturi nel tempo.

1) Non si è alfabetizzati digitali una volta per sempre. Il mondo dell’Information Technology è in costante trasformazione. Il mondo dell’Information Technology muta a velocità mai conosciuta nella storia del genere umano. L’alfabetizzazione digitale deve dare gli strumenti culturali per scavare con curiosità questo mondo e trarne tutti i benefici disponibili.

2) L’alfabetizzazione digitale non andrà rivolta solo agli anziani, come comunemente si pensa. Tutta la popolazione, a partire dai principali decisori e Stakeholders, versa in un penoso stato di divide digitale. Avere un tablet sotto il braccio o usare il telepass non è sintomo di alfabetizzazione digitale.

3) L’alfabetizzazione digitale è un moderno diritto di cittadinanza. Internet è una straordinaria miniera di sapere. Bisogna però conoscere e condividere dove c’é l’oro da scavare e dove invece c’é solo inutile pietrisco. Tuttavia, non tutti sono (e saranno) interessati ad Internet. Molte persone di ogni generazione vivono bene senza Internet. Non facciamogliene una colpa.

4) Abbandoniamo quell’aria di superiorità che contraddistingue i “guru del digitale”. Internet non è una religione, né costituisce la terra promessa. Se vogliamo che Internet si affermi come strumento di progresso civile ed economico (quale può essere) non abbiamo bisogno di sprezzanti sacerdoti. Per affermare la cultura di Internet abbiamo bisogno di utili e umani volontari.

5) L’alfabetizzazione digitale è, prima di tutto, una lezione di consapevolezza. Internet é la rivoluzione della conoscenza e del sapere. Internet é uno strumento nelle mani del genere umano per dialogare meglio.

6) L’alfabetizzazione digitale non si riduce ad insegnare a spedire una mail o ad accendere un account su Facebook. Né tantomeno l’alfabetizzazione digitale è una lezione ai dipendenti comunali sulle inutili leggi che impediscono a Internet di affermarsi nella Pubblica Amministrazione. L’insegnante é un umanista che si è impadronito del web.

7) L’alfabetizzazione digitale è una lezione sulla sharing society (prima ancora che sulla sharing economy). Alfabetizzare é insegnare le virtù, i vantaggi, le modalità della condivisione.

8) ….. traete ora tutte le considerazioni che volete sulle cosiddette “competenze digitali”. L’alfabetizzazione digitale non é una cosa da affidare agli informatici.

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Sistema wireless per ridurre la congestione del traffico

traffico-150x150Il MIT lancia RoadRunner, un dispositivo che sfrutta lo standard wireless 802.11p e che mappa le aree cittadine, stabilendo un numero massimo di vetture in ingresso e l’offerta di percorsi alternativi.

Tratti stradali a pedaggio, app che avvertono sul livello di congestione del traffico, navigatori in grado di suggerire percorsi alternativi. Sono diverse le soluzioni proposte dal mercato per migliorare la viabilità stradale ma nessuna finora ha realmente risolto il problema, sopratutto in quelle aree urbane particolarmente congestionate.
Ora ci prova il MIT con un sistema GPS chiamato RoadRunner, che è stato accolto con fervore all’Intelligent Transportation Systems World Congress, svoltosi a Detroit la scorsa settimana, dove è stato presentato e premiato come ‘uno dei progetti più innovativi’.

Un modello per Singapore

Il dispositivo, creato ad hoc per la città di Singapore, si propone come alternativa ai sistemi attualmente vigore, che prevedono la delimitazione di alcune aree accessibili soltanto attraverso il pedaggio, opportunamente segnalate da alcuni trasmettitori radio installati nei vari punti strategici. RoadRunner, invece, è un dispositivo palmare installabile direttamente nel cruscotto delle auto e che, dalle prime simulazioni, è in grado di aumentare dell’8% la velocità della vettura durante i periodi di picco. I ricercatori si sono avvalsi dei modelli stradali ricavati dal sistema di pedaggio vigente ma modificando quei modelli- e quindi incoraggiando o scoraggiando percorsi alternativi- si potrebbero avere dei risultati nettamente più efficienti. “Con il nostro sistema, è possibile disegnare un poligono sulla mappa e dire, ‘voglio controllare questa intera regione'”,spiega Jason Gao, uno degli sviluppatori del sistema.

Test

Il sistema è stato testato su 10 vetture a Cambridge, in Massachusetts. Se il test su 10 auto non è sufficiente per influenzare la viabilità è stato però utile per valutare l’efficienza del sistema di comunicazione e dell’algoritmo utilizzato.

Stabilire un numero massimo di vetture

Il primo principio su cui si basa RoadRunner è l’assegnazione di un numero massimo di vetture che possono accedere in una determinata zona. Qualsiasi vettura deve ricevere un’autorizzazione virtuale che i ricercatori chiamano “gettone.” Se non vi sono più ‘gettoni’ disponibili, il dispositivo seleziona percorsi alternativi che conducono l’automobilista passo per passo verso la sua destinazione. 

Utilizzare lo standard wireless 802.11p

Il sistema utilizza uno standard wireless chiamato 802.11p, un’alternativa al Wi-Fi che utilizza una fetta ristretta dello spettro elettromagnetico, ma è concesso in licenza per trasmissioni di alta potenza, in modo che si possa avere una frequenza di trasmissione molto più alta.

Nei test i ricercatori hanno utilizzato cellulari per controllare i sistemi radio 802.11p, che hanno la dimensione di un tipico sistema di pedaggio installabile nel cruscotto, ma in futuro potrebbe essere possibile incorporare le radio direttamente nei cellulari, sviluppando quindi un’app scaricabile.

Ricerca sui materiali
Altra questione affrontata, quella dei materiali. Nel corso del Simposio Internazionale in Low Power Electronics and Design  i ricercatori del Mit in collaborazione con la Nanyang Technological University di Singapore, hanno presentato un paper che dimostra come una radio 802.11p composta da nitruro di gallio e controllata da un sistema elettronico in silicio consumerebbe la metà della potenza rispetto alle radio tradizionali. Inoltre, il Singapore-MIT Alliance for Research and Technology (SMART) ha sviluppato una tecnica per integrare il nitruro di gallio nei processi di produzione del chip attualmente proposto in silicone. 

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Agire, le agende digitali per la crescita: la proposta delle regioni

ueLa Conferenza delle regioni e province autonome, nella riunione dei presidenti del 5 agosto scorso, ha approvato un importante documento intitolato Agire le agende digitali per la crescita, nella programmazione 2014-2020.

Il documento è probabilmente passato inosservato per via del periodo di ferie, ma si tratta di un documento rilevante in cui l’attuazione delle agende digitali regionali è presentata come uno strumento per arrivare ad un vero cambiamento strutturale del Paese nel quadro di una strategia unitaria, “usando il digitale per riprogettare la Repubblica“.

Ci troviamo in un momento importante rispetto ai fondi strutturali: a luglio si è completata la fase di costruzione partecipata dei Programmi Operativi regionali (POR) che declinano la programmazione 2014-2020. Essi comprendono anche gli interventi legati all’agenda digitale ed alla specializzazione intelligente (ricerca&innovazione). Restano da definire alcuni Programmi Operativi nazionali (PON), sperabilmente in una strategia complessiva che sia coerente e riconosca il ruolo di AgID.

I Programmi Operativi delle regioni dovranno ancora attraversare una fase di confronto e perfezionamento con la Commissione europea, e lo stesso Accordo di partenariato di livello nazionale non è ancora chiuso. Ma il quadro delle risorse e delle priorità è ormai chiaro, ed è necessario pensare in breve tempo a come rendere effettiva la fase di esecuzione.

Le politiche per il digitale devono concorrere a creare un quadro normativo ed un  ecosistema digitale favorevole alla crescita economica, alla volontà di investire ed  innovare, allo sviluppo delle reti tecnologiche (infrastrutture), delle reti sociali tra le persone, delle reti tra istituzioni e tra le imprese.

Considerando le possibilità d’azione sul lato delle Pubbliche Amministrazioni e quelle per la “Crescita digitale”, le principali priorità si possono sintetizzare nella figura seguente:

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A fine di rendere efficaci gli investimenti che saranno portati avanti in uno spettro d’intervento così ampio come quello sopra raffigurato, le Regioni individuano nel documento quattro azioni “leader” da portare avanti con una piena  collaborazione inter-regionale per rendere sostenibile la loro realizzazione ed il loro completo dispiegamento sui territorio, da sviluppare in rapida successione:

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Tali azioni sono abilitanti a tutti gli interventi della programmazione 2014-2020 e sono in stretta sinergia sia con l’Agenda Digitale europea e nazionale, in particolare con le azioni  leader nazionali su fatturazione elettronica, ANPR e SPID, sia con le azioni dell’Agenda  Urbana e delle Aree interne nell’ottica dei processi continui delle “smart city&communities” (comunità intelligenti).

Tali azioni sono abilitanti non solo per gli interventi delle regioni, in quanto le regioni si propongono come asse infrastrutturale portante per una coerente strategia nazionale che abbia un duraturo effetto strutturale e di sistema.

Proprio per questo le azioni leader proposte dalle regioni sono pensate in stretta connessione al percorso del disegno di legge delega sulla riorganizzazione delle PA da poco presentato dal Governo e con l’Alleanza istituzionale per una “Italia Semplice” approvato in Conferenza unificata.

La proposta è quindi di attivare le azioni prima di arrivare ai decreti legislativi, in modo che i  decreti legislativi non siano solo un “inizio” ma facciano parte di un percorso progettuale esecutivo già in atto per la riprogettazione della Repubblica con il digitale.

Le quattro azioni sono sintetizzate nel modo seguente:

1) Community cloud & cybersecurity

Vision: Dare al cittadino servizi pubblici digitali sicuri ed efficaci, basati sullo sfruttamento pieno del paradigma cloud, con servizi infrastrutturali (identità, interoperabilità, ecc) gestiti a livello regionale al massimo livello di sicurezza dell’informazione e nell’ottica dell’economia di scala e di scopo, abilitando al tempo stesso la concorrenza tra i privati nello sviluppare servizi applicativi in cloud in un ecosistema digitale che sia driver della crescita con il digitale anche del settore privato non-ICT.

Lo sviluppo dell’amministrazione digitale e dell’economia digitale non può prescindere da  una effettiva garanzia della sicurezza delle reti e dell’informazione e quindi la fiducia da  parte dei cittadini verso i servizi on-line.

La riprogettazione della Repubblica deve avere solide e sicure fondamenta digitali.

Bisogna evitare di replicare la prima fase dell’egov italico, con una serie di progetti isolati, sconnessi da veri cambi organizzativi negli uffici, senza economie di scala, senza vere logiche “open”.

Il documento afferma un importante principio: le PA non possono continuare a sviluppare software in una logica ormai superata dall’evoluzione tecnologica ed insostenibile nel tempo sia per complessità che  per costi di mantenimento.

Il “riuso di software” ha ormai dimostrato abbondantemente i suoi limiti e va anch’esso superato.

Viene delineato per le regioni il ruolo di “cloud service broker” per il livello locale, ma non solo, in una logica di specializzazione dei sistemi di cloud che in rete fra loro erogano servizi a più territori e a più livelli di PA (locale, regionale e nazionale), rimuovendo gli ostacoli allo sviluppo di un ecosistema di servizi applicativi erogati dai privati in cloud.

Non è più possibile, infatti, fermarsi oggi al “solo” consolidamento dei data center pubblici, operazione comunque da portare a termine quanto prima, ma occorre puntare veramente sul cloud.

2) Centri inter-regionali sulle competenze digitali

Vision: Realizzare un sistema inter-regionale di centri di competenza digitale, ricercando la specializzazione di gruppi di regioni su singole tematiche in modo da avere personale pubblico in grado di fornire supporto a tutte le Amministrazioni territoriali e centrali.

Avere nelle PA capacità organizzative stabili per la gestione di programmi & progetti (programme&project management) e strutturare funzioni associate per gli uffici ICT dei comuni e reti scolastiche per la gestione associata dell’innovazione didattica e digitale.

Il documento prevede l’attuazione di  trasformazioni organizzative per arrivare a servizi pubblici integrati ed interoperabili (joined-up public services), ovvero servizi delle PA erogati attraverso una integrazione dei processi tra le diverse amministrazioni coinvolte ed una completa interoperabilità nello scambio dei dati tra di esse che vada anche oltre la semplice dematerializzazione dei documenti.

3) Una PA con servizi digitali che superino la logica dei procedimenti

Vision: Rendere noti e riorganizzare i servizi delle PA per erogarli attraverso un ecosistema di servizi digitali sviluppati in collaborazione tra pubblico e privato, con le amministrazioni che lavorano “senza carta” (digital by default) e “scambiando dati e non documenti” superando quindi la logica dei procedimenti a favore di quella centrata sui servizi multicanale. Avere nelle PA le capacità organizzative stabili per valorizzare il patrimonio informativo pubblico liberandone le possibilità di sfruttamento per la crescita economica, sia come dati aperti (open data) che come servizi avanzati in sussidiarietà (ad es. le PA espongono i servizi ed i privati fanno i portali per fruirne).

Il documento si  propone di partire dal sistema di cooperazione SPCoop/ICAR già in uso in tutte le regioni (visto anche il rilancio della “cooperazione applicativa” dettato dall’art. 24-quinquies del recente d.l. n. 90/2014 convertito dalla legge n. 114/2014) e dal progetto di interoperabilità “e015” legato ad Expo2015 come piattaforma “collante” di tutte le numerose iniziative pubbliche e private legate ai temi di open data, big data, open gov, smart city & communities, cultural heritage digitale, ecc.

4) Fascicolo digitale del cittadino

Vision: Dare al cittadino accesso unitario a tutte le informazioni che lo riguardano, ovvero “i suoi dati”, che sono in possesso delle PA e dare al cittadino la possibilità di condividere tali dati con servizi pubblici e privati quando serve.

Il documento sottolinea che occorre sfruttare il grande investimento (già in corso, ma il cui finanziamento è da completare con risorse che vanno oltre i fondi strutturali) per la realizzazione del “Fascicolo sanitario elettronico” anche come driver per digitalizzare tutti servizi delle PA, sfruttando gli standard di interoperabilità ed il modello funzionale già sviluppato per la sanità per usarlo come contenitore di tutte le informazioni delle PA che riguardano un cittadino, invece di continuare a produrre decine di fascicoli settoriali (fascicolo elettronico dello studente, fascicolo delle pratiche edilizie, fascicolo previdenziale, cartella sociale informatizzata, fascicolo del dipendente, ecc).

Le quattro azioni sono sì di natura abilitante ed infrastrutturale, ma prevedono come risultato, da qui al 2017, anche l’erogazione di servizi concreti e direttamente fruibili dal cittadino su tutto il territorio nazionale, in collaborazione con il livello nazionale e locale ed attraverso una declinazione delle quattro azioni su ogni singolo territorio regionale.

Abbiamo bisogno di tradurre l’agenda digitale in fatti, ed il documento delinea un percorso di “execution” fattibile anche se sfidante: speriamo possa trovare la massima condivisione a tutti i livelli istituzionali perché… è tempo di “agire”!




Il feticcio merce buca lo schermo

merceIl feticcio merce buca lo schermo e irrompe sulla scena della realtà fuoriuscendo dalla vetrina e intercettando gli sguardi e l’interesse dei passanti.

Questo dev’essere anche l’obiettivo di una notizia : bucare la palude, arrivare alla “gente”, colpire alla pancia per parlare alla testa e soprattutto per restare nella memoria perchè la memoria è una funzione estremamente selettiva.

Ricordiamoci sempre della Lilly Gruber al tg che si metteva di “squincio” per bucare così come aveva cominciato a fare una famosa anchorwoman americana.




Via libera al Collegato Ambiente. “Nasce la prima legge italiana per la green economy”

green-economy-150x150da casaeclima.com

Fondo di investimento da 1 miliardo per la green economy, nuove regole sul fine vita degli impianti fotovoltaici, stretta sull’abusivismo edilizio, fracking vietato su tutto il territorio nazionale.

Via libera dalla VIII commissione Ambiente, Territorio e Lavori pubblici della Camera al disegno di legge – collegato alla legge di stabilità 2014 – recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali.

“Con la conclusione dell’esame in commissione, oggi di fatto nasce la prima legge italiana per la green economy. Abbiamo lavorato intensamente sia con il governo che con le forze politiche di maggioranza e di opposizione e il risultato consente di consegnare all’esame dell’Aula un testo innovativo e interessante, che allinea l’Italia tra i paesi di testa dello sviluppo sostenibile”. Lo ha dichiarato Enrico Borghi, capogruppo del Pd in commissione Ambiente e co-relatore del provvedimento insieme ad Alessandro Bratti (Pd).

FONDO DI INVESTIMENTO DA 1 MILIARDO PER LA GREEN ECONOMY. Tra le novità introdotte, un emendamento dei relatori approvato dalla VIII commissione prevede la creazione di un Fondo italiano investimenti Green Communities, finanziato per 1 miliardo di euro di cui almeno il 51% garantito dalla Cassa depositi e prestiti, almeno il 20% dal ministero dell’Economia e delle Finanze – sulla base delle risorse della programmazione Ue 2014/2020 – e il resto allocato sul mercato. Il Fondo è istituito dal Mef attraverso la Cdp.

PIANO PER LA QUALIFICAZIONE AMBIENTALE DEI PRODOTTI DEI SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI. La commissione ha approvato anche un emendamento (Chiara Braga del Pd prima firmataria) che prevede un Piano per la qualificazione ambientale dei prodotti dei sistemi produttivi locali, i distretti industriali e le filiere che caratterizzano il sistema produttivo nazionale, con l’obiettivo di definire le azioni e le indicazioni tecniche ed operative volte a migliorare le capacità competitive delle imprese per rispondere alla crescente domanda di prodotti sostenibili da parte dei consumatori finali e dei clienti intermedi di molti settori produttivi.

Tra le finalità delle azioni previste dal Piano quella di promuovere, con la collaborazione dei soggetti interessati, l’adozione di tecnologie e disciplinari di produzione innovativi, in grado di garantire il miglioramento prestazionale dei prodotti e, in particolare, la riduzione degli impatti ambientali che i prodotti hanno durante il loro ciclo di vita.

Il Piano sarà adottato con decreto del ministro dell’Ambiente di concerto con il ministro dello Sviluppo economico, sentiti i ministri dell’Economia e delle finanze e delle Politiche agricole e forestali, entro 180 giorni dall’entrata in vigore della presente legge.

IMPIANTI FOTOVOLTAICI, NUOVE REGOLE SUL FINE VITA. Un altro emendamento presentato dai relatori prevede nuove regole sul fine vita degli impianti fotovoltaici. Per i pannelli fotovoltaici immessi a consumo successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, sia come comparto domestico che professionale, al fine di una corretta gestione del loro fine vita, i sistemi individuali e collettivi, per ciascun nuovo modulo immesso a consumo, adottano un sistema di garanzia finanziaria ed un sistema di geo-localizzazione.

Il sistema di garanzia finanziaria e il sistema di geo-localizzazione dovranno rispondere alle tipologie individuate dal Gse nel Disciplinare Tecnico del dicembre 2012 in attuazione delle Regole applicative per il riconoscimento delle tariffe incentivanti.

Nel Collegato ambientale “vi sono misure interessanti e del tutto inedite”, sottolinea il co-relatore Borghi. “Penso al divieto di fracking che diventa legge per la prima volta, o alla delega al governo per il pagamento dei sistemi ecosistemici e ambientali. Oppure alle logiche incentivanti per la premialità della raccolta differenziata che sostengono i comuni virtuosi e gli consentendo di diminuire le tasse ai cittadini. Oppure, ancora, l’avvio di iniziative sperimentali come il vuoto a perdere negli esercizi pubblici, per diminuire l’uso della plastica, o delle aree “oil free zone” nelle quali incentivare l’autosufficienza energetica senza uso di fonti fossili. Di rilievo anche gli incentivi per gli appalti verdi e per l’utilizzo dei materiali derivanti da riciclo e riuso nelle pubbliche amministrazioni, nonché le misure sulla riorganizzazione delle autorità di bacino e l’avvio della strategia nazionale per le green communities”.

Secondo Borghi si tratta di un provvedimento “organico e adeguato, in grado anche di innescare la nascita di nuove filiere produttive nel campo della sostenibilità e della tutela ambientale, che ora speriamo possa passare rapidamente all’esame dell’Aula anche in forza del positivo clima di collaborazione tra le forze politiche riscontrato in sede di comitato ristretto e di commissione”.

IMBALLAGGI. La commissione ha tra l’altro approvato sette articoli fortemente sostenuti dal Movimento 5 Stelle. Per quanto riguarda gli imballaggi, entro sei mesi il governo dovrà predisporre la sperimentazione per il vuoto a rendere per il vetro (acque minerali e birra) negli esercizi commerciali pubblici.

VALUTAZIONE DI IMPATTO SANITARIA PER I NUOVI IMPIANTI. Per i nuovi impianti viene introdotta la Valutazione di impatto sanitaria, con la previsione anche dell’analisi dell’impatto sulla salute dei cittadini per ogni nuova autorizzazione richiesta. La salute avrà diritto di cittadinanza nella progettazione di ogni nuova opera.

STRETTA SULL’ABUSIVISMO EDILIZIO. Giro di vite sull’abusivismo edilizio: le amministrazioni dovranno pretendere il pagamento delle sanzioni in caso di abusi, e, in caso di inadempienza saranno gli stessi amministratori ad assumersene le responsabilità, anche con decurtazioni degli stipendi.

FRACKING VIETATO SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. Vietato, ufficialmente e per legge, il fracking su tutto il territorio nazionale. L’azienda che dovesse averlo praticato dovrà rendicontare le proprie azioni – ed eventuali conseguenze – al Governo.

NUOVE REGOLE PER I REFLUI OLEARI. I rifiuti oleosi potranno essere sversati nell’impianto fognario solo dopo trattamento e solo se le olive in questione hanno provenienza regionale.

INCENERITORI. Stralciata la norma per cui se un inceneritore non ha più rifiuti poteva riceverne da fuori regione. Stop, quindi, ai viaggi di rifiuti urbani sul territorio italiano.

CASE MOBILI, NECESSARIA L’AUTORIZZAZIONE NEI LUOGHI DI PREGIO E TURISTICI. Nuova stretta, infine, per le case mobili, che spesso diventavano veri e propri villaggi non autorizzati: in luoghi di pregio e turistici avranno bisogno anch’esse di autorizzazione.

“Grazie a un lavoro intenso portato avanti insieme a tutti i gruppi politici e durante il quale il ministro Galletti è stato sempre presente, il Collegato Ambientale esce dalla Commissione Ambiente molto cambiato e rafforzato”, sottolinea Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera.

APPALTI VERDI E RILANCIO DEI PROGRAMMI DI INVESTIMENTO PER LA MANUTENZIONE E LO SVILUPPO DELLE INFRASTRUTTURE IDRICHE. “Dal Collegato – spiega Realacci – è stata eliminata qualsiasi ipotesi di riduzione degli obiettivi di raccolta differenziata e sono state rafforzate invece le misure per il recupero e il riciclo delle materie prime seconde, per la riduzione della quantità di rifiuti prodotti e molte altre disposizioni come quelle in sostegno della mobilità sostenibile. Vengono inoltre introdotti un fondo di investimento per la green economy e agevolazioni sulle tasse sui rifiuti per i comuni virtuosi. Tra i molti temi su cui interviene il Collegato anche gli appalti verdi e il rilancio dei programmi di investimento per la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Tutte norme – conclude Realacci – che possono indirizzare l’economia e la società italiane verso soluzioni in cui l’ambiente e la green economy sono chiavi per lo sviluppo”.

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Tutto casa e robot in 600 invenzioni: il futuro possibile secondo i giovani

Dal 27 settembre al 5 ottobre, al Parco della Musica, la seconda edizione della Maker Faire Rome. Tra i nuovi oggetti anche Fonie, il phon per farsi dei selfie mentre ci si asciuga i capelli

Il futuro? Sarà a Roma, per una settimana, dal 27 settembre al 5 ottobre, per la seconda edizione della Maker Faire Rome, ovvero, come dicono gli organizzatori, “la celebrazione del futuro possibile”, quello realizzato già oggi dai “makers”, giovani di ogni angolo del mondo che, in barba alla crisi, al pessimismo, all’oscurità che avanza, provano a immaginare il futuro, usando tutte le nuove tecnologie che hanno a disposizione per dar vita a invenzioni che potrebbero, possono, cambiare la nostra vita in meglio.
Al Parco della Musica, per dieci giorni prenderà vita un villaggio di 70 mila metri quadrati, nel quale verranno presentate circa 600 invenzioni da tutto il mondo mentre nelle sale si alterneranno conferenze e seminari con centinaia di speaker. Il tutto, nel weekend che precede l’Innovation Week, sarà aperto da un’anteprima al Maxxi, con un hackaton, ovvero una maratona di trecento sviluppatori chiamati a cimentarsi sul futuro della casa.

Ad avere il posto d’onore nella grande manifestazione romana saranno, come è giusto, i giovani makers italiani, non solo attraverso le loro invenzioni, i progetti, le idee che verranno presentate nella manifestazione. Ma anche, a 50 anni dall’invenzione del primo personal computer della storia, la Programma 101 di Olivetti, la Fondazione Make in Italy in collaborazione con il Miur chiederà ai giovani delle scuole di inventare una nuova P101. E ancora: gli studenti saranno protagonisti assoluti anche nel secondo giorno di Maker Faire, il 3 ottobre, quando sul palco e in platea tutti, speaker e pubblico, saranno rigorosamente under 20.

La Maker Faire sarà una festa a misura di famiglie con bambini, ma, tengono a sottolineare gli organizzatori, “con un forte messaggio politico. L’innovazione raccontata dall’Innovation Week e Maker Faire è un’innovazione che nasce dalla voglia di sperimentare e di condividere. È un’innovazione che riconosce il valore della ricerca scientifica senza dimenticare che, senza la voglia di sporcarsi le mani, è difficile vedere risultati concreti. Innovation Week/ Maker Faire vuole essere una festa e una celebrazione dell’impegno di chi “ci prova”, perché un Paese che vuole uscire dalla crisi deve pensare che l’innovazione è prima di tutto un grande sforzo collettivo di sperimentazione e di costruzione del futuro”.

Makers Faire, dopo il successo dello scorso anno, punta ancora più in alto: gli speaker di fama internazionale, tra Innovation Week e Maker Faire, saranno oltre 100 e si alterneranno nelle varie conferenze previste in programma. Personalità come lo scrittore e attivista Cory Doctorow, l’astronauta Samantha Cristoforetti, l’artista Neil Harbisson, il chirurgo Glenn Green e molti altri ancora. Ci sarà anche modo di divertirsi, vedendo in azione Adam, il robot maggiordomo, o provando Fonie, il phon per farsi dei selfie mentre ti asciughi i capelli, o M. e. s. s. i., nome non casuale di un software che monitora le prestazioni di una squadra di calcio e ne analizza le tecniche di gioco.

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La Silicon Valley italiana

Il software che viaggia su un drone per controllare gli hooligans o la app che sorveglia i traffici della camorra tra i rifiuti. Non siamo in America, ma a casa nostra. Da Catanzaro a Cagliari, da Latina a Treviso: l’innovazione nasce nelle zone più insospettabili. L’idea vincente è non spostarsi dal proprio territorio

QUALCHE mese fa Diego Fasano, un produttore di software di 41 anni, stava guidando la sua Smart e ascoltava la radio. Raccontavano la storia di un impiegato che si licenzia e va in Brasile a prendere foto aeree della foresta amazzonica. Fasano frenò di colpo. Aveva avuto un’idea. La sua azienda, la Connexxa, è nata nel duemila in una periferia di Catanzaro e da allora è cresciuta fino a fatturare 4,5 milioni l’anno. Nascosti in un open space accanto a un gommista, sopra una palestra abbandonata, i programmatori della Connexxa sviluppano soprattutto due tipi di innovazione. Producono e vendono in Italia e all’estero software medicali, per esempio cartelle mediche digitali consultabili da un iPad. E sempre più spesso, specie di recente, creano sistemi di vigilanza. Grazie a un programma della Connexxa, le porte delle torri di controllo degli aeroporti di Malpensa e Linate si aprono automaticamente se riconoscono l’iride di un occhio registrata in precedenza. A Salerno, le telecamere della Connexxa sorvegliano aree dove la camorra potrebbe versare rifiuti industriali: sono collegate a un software che analizza miliardi di dati dalle immagini e manda un segnale alle forze dell’ordine non appena nota movimenti anomali.

Ora la storia del fotografo italiano in Amazzonia aveva ispirato a Fasano un altro esperimento: montare quei sistemi di sorveglianza su un drone. Guidato dal software, la telecamera a bordo, un piccolo drone cubico largo 50 centimetri può seguire un’auto a 300 metri dal suolo, può controllare una curva di hooligans durante una partita di calcio, trovare un disperso sotto le macerie percependo il calore del corpo con dei raggi infrarossi. Le riprese rimbalzano su un iPad o su Google Glass. Fasano ha trovato una piccola società di Ravenna, una Srl a un euro per neulaureati di quelle rese possibili dal governo di Mario Monti. Hanno lavorato un po’ insieme e in giugno hanno presentato un prototipo a una fiera internazionale a Londra. Giovedì Fasano vola a Toronto per allearsi con un’azienda che vuole distribuire il drone in tutto il Nord America e in luglio ha già concluso accordi simili in Pakistan e Messico. Ma non intende spostare i suoi circa dieci programmatori da Catanzaro. E non solo per affetto verso la città d’origine. “Penso anche che per trovare da qualche altra parte dei neolaureati così bravi a scrivere codice informatico – confessa Fasano – dovrei pagarli molto di più. E altre aziende cercherebbero di portarmeli via”.

La disoccupazione giovanile in Italia supera il 42% e in Calabria è intorno al 55%, quasi un record mondiale. Numeri come questi sono anche il risultato di un sistema che non riesce più a produrre merci povere in ricerca e tecnologia a costi competitivi. Il prezzo di un giocattolo o di un pigiama sarà sempre più basso se sono fatti in Cina. Ma la Connexxa e decine di altre imprese innovative simili rivelano però un altro lato della stessa medaglia: dopo anni di crisi, disoccupazione ed erosione dei salari d’ingresso nel primo lavoro, in Italia si possono produrre beni ad alto contenuto di intelligenza a costi molto competitivi. Un bravo informatico neolaureato di Catanzaro, Roma o Cagliari potenzialmente non vale meno di uno di Palo Alto, Boston o Londra; eppure, malgrado tasse e contributi sempre elevati, costa un terzo o la metà. Silenziosamente, lontano dalle polemiche di Confindustria, sindacati e governo, centinaia di giovani ingegneri e imprenditori lo hanno capito e su questo stanno costruendo una nuova stagione di innovazione del made in Italy. È come se questo Paese iniziasse a contenere piccole dosi di Bangalore, India: un posto così impoverito ma così pieno di talento, di creatività e di cultura che gente altamente istruita accetta di lavorare per molto meno del massimo. Nel basso di gamma l’Italia costa troppo ma nell’alto di gamma, quando riesce ad arrivarci, è diventata difficile da battere. Il solo problema è che questo strato di produttori innovativi è molto sottile, benché in crescita.

Mai come adesso si stanno diffondendo centinaia di startup tecnologiche – quasi sempre di software – nei distretti più insospettabili. Il più celebre è H-Farm, l’incubatore di aziende nei pressi di Treviso che si sta rivelando un’esperienza mista di successi e sconfitte. A Cagliari un piccolo distretto di startup si è aggregato intorno a gruppi affermati come Mutui Online e Dove Conviene, un motore di ricerca di negozi sul web. A Latina, al quarto piano sopra un centro commerciale ai margini della città, Franco Petrucci stima che gli “incubatori” di startup in Italia a questo punto sono almeno 25 (un incubatore è uno spazio che aggrega imprese tecnologiche in fase di lancio o crescita iniziale). Petrucci si è reso conto che startupper e innovatori italiani non hanno niente da invidiare a nessuno, almeno per talento e creatività, un giorno al Plug and Play Tech Center a Sunnyvale qualche anno fa. Visitando quel posto, uno dei più grandi acceleratori di startup al mondo, trovò una targa al primo investitore di venture capital tecnologico del ‘900: Adriano Olivetti. Ma Petrucci non era lì per turismo. Partito da Latina come ingegnere informatico, lavorando da consulente per grandi gruppi globali aveva intravisto un buco nella rete. Mancava qualcosa che le multinazionali sarebbero state pronte a pagare caro pur di avere: un software capace di integrare tutte le funzioni e informazioni di gruppi come Johnson & Johnson o Novartis. Realizzando quel progetto, ha fondato quasi da solo e partendo da poche centinaia di euro la Decisyon. Oggi la sua azienda ha 80 dipendenti, ha attratto investimenti di “venture capital” per 50 milioni di dollari dagli Stati Uniti (impresa quasi impossibile in Italia), programma la quotazione al Nasdaq tra qualche anno, ma non muove la base produttiva da Latina. “Per un laureato di alto livello in America dovrei pagare 120mila dollari l’anno – dice Petrucci -. Qui mi costano un terzo e sono altrettanto capaci”. Come anche Fasano a Catanzaro, Petrucci a Latina ha un accordo con l’università locale per farsi segnalare i migliori studenti e metterli alla prova. Se la passano, li assume con contratti permanenti: “È fondamentale che le persone siano stabili – dice – . Chi lascia, porta via memoria storica e all’inizio chi entra è sempre dieci volte meno produttivo”. A Palo Alto il ricambio incessante dello staff è un problema, perché le offerte sono ovunque. Negli incubatori italiani invece i rapporti restano più stabili.

Esempio ne è l'”ecosistema” per startup che hanno creato fra i pini dell’Eur, a Roma, due imprenditori che si frequentano da quando le rispettive madri si incontrarono dal ginecologo alle vigilia della loro nascita 38 anni fa. Gianluca Granero e Marco Trombetti sono partiti con Translated, un sistema che usa il software per traduzioni online e ha fra i due clienti Google, Amazon, Ibm, L’Oréal. L’azienda oggi fattura 12 milioni l’anno e i due hanno deciso di reinvestire gran parte degli utili: affittano due ville di lusso dell’Eur, costruite dai palazzinari degli Anni 70 ma vuote da anni a causa della crisi, e ora là dentro ospitano poco meno di dieci startup. Ognuna sta in una stanza, fatturano centinaia di migliaia di euro ciascuna, condividono le cucina e le palestre delle due ville, si occupano di mestieri come pianificazione di viaggi, vendita di applicazioni mobili da tutto il mondo, costruzione di banche dati online.

Granero riconosce che lavorare a Roma garantisce un vantaggio di costo fondamentale sul resto d’Europa o sull’America. Ma sa che non mancano gli svantaggi: quello più concreto riguarda la carenza di investitori locali per far crescere le imprese dopo le fasi iniziali; l’handicap psicologico coinvolge invece la reputazione. “Dobbiamo risolvere l’Italian problem”, osservò un cliente americano qualche tempo fa. Intendeva dire che voleva spiegare al suo capo che con Granero e Trombetti si poteva lavorare bene, malgrado il loro passaporto. Gli risposero che non stesse a prendersi il disturbo. “Una volta che hai scremato il meglio, noi ingegneri italiani siamo i più bravi “.

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IL CORVIALE DELLA POESIA: messaggi a “I pittori anonimi del Trullo”

cavea1 da “I pittori anonimi del Trullo”

Questo e un altro messaggio insieme ad altre decine che ci arrivano e abbiamo chiesto il permesso per pubblicare:
“Cari Pittori Anonimi, questo è solo un altro dei tantissimi messaggi di apprezzamento che immagino abbiate ricevuto in questi mesi, ma ci tenevo comunque a farvi sentire anche la mia voce. Sono la mamma di un bimbo ancora troppo piccolo per poter capire quanta ricchezza avete donato, non solo al quartiere, ma a tutte le persone che qui vivono o passano. Sono nata e cresciuta qui vicino, e tutte le mattine porto mio figlio a passeggiare con la carrozzina tra i colori che avete regalato anche a lui. Lo porto a salutare Nina, e a respirare un po’ dell’allegria che salta fuori da ogni angolo. Ho sempre amato questo quartiere, ma da quando ci siete voi l’aria è più fresca, diversa, e non si tratta solo di qualcosa che ha a che fare con il decoro urbano: i vostri colori hanno parlato ai nostri cuori, dimostrando a tutti che lamentarsi serve solo a nascondersi dalle proprie responsabilitá, mentre con un sorriso e molta buona volontà si possono fare grandi cose. Quando mio figlio sará un po’ piú grande gli spiegherò che in questo quartiere vivono delle persone speciali che un giorno hanno avuto una semplice ma grande idea per insegnarci che in un mondo più bello le persone sono più felici; che avere rispetto delle cose comuni e dei luoghi significa avere rispetto per sé stessi; che non esiste solo un “io” ma esiste anche un “noi”, e questo semplice concetto, insegnarlo a noi, a Roma, non era facile. Voi ci siete riusciti coi colori, e quindi grazie anche a nome di chi sará grande domani.”




Lettura di un’immagine

ralph laurendi Tommaso Capezzone

Perchè quest’immagine cattura subito l’attenzione, ma contemporaneamente non disturba? perchè fluisce nel senso che si legge con comodo senza impedimenti e alla fine torni indietro a rileggerla? Sì il verbo “rileggerla” è esatto perchè una foto così si legge, si fa leggere e rileggere e si memorizza. Ci memorizza un’idea rassicuratrice di compostezza erotica, un piacere che non ti turba ma è per sempre. In un tempo incerto di crisi c’è bisogno d’immagini e sogni solidi, senza dubbi e ripensamenti: insomma grigi. E la foto è tutta un’elegante sfumatura di grigi. Un senso di sicurezza racchiuso, al centro dell’immagine, dal piccolo forziere della borsa: la Ricki id chain bag.

Una sola sintetica parola: La Nuova