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IL CORVIALE DEL CALCIO nelle foto di Aldo Feroce

il calcio è sociale

   il calcio è sociale

un dribbling social
un dribbling social

il corviale del calcio 
il corviale del calcio

si vince insieme 
si vince insieme

vince solo chi custodisce 
vince solo chi custodisce

il calcio ecosostenibile
il calcio ecosostenibile

 

 

 

 

 

 




Per realizzare i tuoi sogni hai bisogno di giocare in squadra? Adesso puoi!

 Questo articolo parla di nuovi portentosi sistemi per connettere le nostre esistenze e approfittare della rivoluzione della comunicazione. L’aumento della complessità ci induce a collaborare.
E parla anche di come organizzare un gruppo di amici appassionati, formare una macchina sociale e utilizzarla per abbellire il mondo.

Sono molto contento.
Quando 34 anni fa iniziammo a costruire Alcatraz non avevamo in mente solo un posto dove mangiare bene, dormire comodi e stare in mezzo al verde (che non è poco).
E non avevamo solo intenzione di organizzare corsi ed eventi e produrre spettacoli e libri.
Avevamo idee e progetti grandiosi ma ci rendevamo conto che non c’era spazio per il nostro modo di vedere il mondo: tutto era in mano a cricche di affari e potere: la tv, la distribuzione libraria, i teatri.
Per stare in piedi e produrre cultura alternativa non bastavano le idee. Avevamo bisogno di un nostro sistema di autofinanziamento, mettere insieme attività collaterali che portassero i soldi indispensabili per realizzare le idee.
L’attività di ospitalità e corsi di Alcatraz aveva bisogno di pubblicità che otteneva finanziando iniziative culturali. La realizzazione dei libri portava i soldi per mantenere attivo un gruppo di ricerca, scrittura e grafica.
Poi arrivò internet, lo svilupparsi di una grande comunity digitale oltre che fisica ad Alcatraz, Cacao, il quotidiano delle buone notizie, i siti web, un sistema di vendita di libri, le magliette, e servizi per gruppi di acquisto, permettevano l’esistenza di una rete commerciale via web che a sua volta finanziava la comunicazione. A questo sistema si è poi connesso il gruppo di lavoro sulle ecotecnologie, la cooperativa di autocostruzione dell’Ecovillaggio Solare…
Ma fino a un certo punto tutto questo era un sistema che viveva isolato al suo interno. Un piccolissimo gruppo di samurai dell’economia alternativa connesso con una banda di creativi situazionisti agricoli.
Poi negli ultimi mesi, progressivamente, questo gruppo strettamente interconnesso è entrato in uno strano stato di agitazione. Tutta una serie di percorsi personali, molto diversi, hanno trovato improvvisa convergenza, linee che si incrociano, si sovrappongono, corrono parallele.
E ci siamo così accorti che stava scattando un fenomeno sinergico. È un peccato che a scuola non parlino dei fenomeni sinergici. Se le persone fossero a conoscenza di questa possibilità, magari vivrebbero un’altra vita.

 Io ho avuto la fortuna di essere testimone di un fenomeno analogo, tanti anni fa: un gruppo di persone che diventano una squadra nel senso più pieno del termine, un sistema, un meccanismo collettivo, sociale. Fu quando i miei genitori costruirono il primo palcoscenico smontabile, con tanto di piano sopraelevato e torrette per luci e amplificatori, e andarono a recitare fuori dagli spazi istituzionali per raggiungere chi non sarebbe mai entrato in un teatro. Oggi fare uno spettacolo in un palasport è una banalità: telefoni a un service e ti arrivano a montare tutto senza problemi. Ma 45 anni fa non esisteva niente del genere. Così mi trovai tra mio padre, un fabbro e un falegname intorno a un tavolo e vidi crescere il progetto… Io ero un ragazzino ma sentivo di essere testimone di una grande impresa… Quando non andavo a scuola seguivo i miei nei loro debutti. Arrivavamo nei posti più sperduti, in una bocciofila, in una balera, in un fabbrica occupata, con due camion, e aiutati da una ventina di volontari montavamo tutta la scenografia avvitando centinaia di bulloni a farfalla. Poi dopo lo spettacolo si faceva più alla svelta perché restavano ad aiutarci molti spettatori e si faceva il passamano con le centinaia di riquadri, tavole, trasversali e zampe, i costumi, le maschere, i fondali. Mi piaceva molto vedere la file delle persone che si passavano i pezzi; dal palcoscenico ai camion gli oggetti viaggiavano veloci, era lavoro ma era anche una specie di danza.
E c’era la sensazione che quando le persone si mettono assieme per uno scopo comune riescono a ottenere risultati incredibili…
E non si trattava solo di organizzare un balletto passamano.
In pochi mesi si creò dal nulla una rete di gruppi che trovarono gli spazi, fecero la pubblicità, vendettero i biglietti, organizzarono sei mesi di spettacoli per tre compagnie teatrali che giravano contemporaneamente.
Poi arrivò il riflusso e raramente si riuscì a mettere in piedi iniziative così complesse.
Ci riuscimmo ad esempio quando organizzammo la trasmissione di Ubu Bas va alla guerra, spettacolo che cercava di opporsi alla disastrosa invasione dell’Iraq (come volevasi dimostrare). Uno spettacolo che fu trasmesso da 22 televisioni locali, due reti satellitari e Virgilio sul web; grazie all’appoggio di decine di migliaia di abbonati a Cacao e di molte associazioni pacifiste riuscimmo ad arrivare a più di due milioni di spettatori. 150 mila solo sul web (e allora avevano accesso a internet 5 milioni di italiani). Ma queste grandi mobilitazioni politiche, basate sul meraviglioso volontariato hanno un limite, tendono a perdere intensità col tempo.
Per questo abbiamo lavorato per consolidare un sistema basato sulla professionalità e capace di retribuire il lavoro. La domanda è: cosa succede quando si raduna una massa critica di professionisti passionalmente coinvolti in un progetto che è contemporaneamente lavorativo e ideale?
Stiamo iniziando a vederlo ed è un momento eccezionale.
Se hai voglia di sapere cosa sta succedendo trovi su Facebook la cronaca fotografica degli incontri e delle attività.
Negli ultimi due mesi sono passati ad Alcatraz più di 200 tra musicisti, attori, mostri digitali, pittori, scrittori, terapisti ed ecotecnologi.
Sono state incise canzoni, girati videoclip e documentari, realizzati spettacoli e flash mob, applicazioni per smartphone, quadri, mostre e libri.
Onestamente non ci si può credere…
Qual è la chiave di questi avvenimenti?
Dove sta il trucco? Beh, innanzi tutto c’abbiamo lavorato negli ultimi 35 anni… e poi abbiamo scoperto che nessuna delle forme organizzative del lavoro di squadra proposte dal pensiero dominante (autoritario) combacia con il nostro spirito e il nostro modo di lavorare. Le strutture piramidali sono giganteschi sistemi per sprecare energie, se elimini la struttura verticistica moltiplichi per 4 la capacità di azione del gruppo e diminuisci il tasso di errore.
In pratica, stiamo sviluppando una modalità di lavoro che è direttamente figlia del mondo degli attori e dei cantanti.
Gli artisti girovaghi visti da fuori possono sembrare una congrega vanesia ma vige invece una disciplina ferrea. Nessuno può permettersi di non presentarsi in teatro due ore prima dello spettacolo, nessuno può evitare di recitare se è ancora vivo, a prescindere dal tasso di febbre, coliche, o altro. E se il giorno che ti muore tua madre hai uno spettacolo vai e reciti perché il rispetto per il pubblico che è uscito di casa per venirti a vedere sta in cima alla tua scala di valori…
Quando sei davanti al pubblico devi dare il massimo del massimo, se non ci riesci sei fuori dai giochi.
E in teatro ti devi fidare della gente con cui lavori e loro si devono fidare di te, e non parlo in modo teorico e sentimentale: quando una scena prevede che tu ti butti dal trampolino devi essere sicuro che sotto gli altri attori ti prendano. Sennò ti fai molto male.
Infine, ognuno è responsabile del suo pezzo di lavoro, sia un microfono da sistemare che un monologo da reggere. Mai in nessun caso puoi dare la colpa a un altro. Se sei tu il responsabile devi garantire che tutto funzioni a prescindere dalle condizioni atmosferiche, invasioni aliene e simili.

Oggi questo stile di lavoro lo stiamo applicando a un sistema che mette in connessione un ampio ventaglio di professioni.
E non abbiamo semplicemente assommato settori di iniziativa diversi per averne di più.
Quello che ci muove è la necessità di far fronte a un mondo nel quale la comunicazione evolve alla velocità della luce.
Creare una macchina sociale, lavorativa e ideale non è solo idealmente bello è anche l’unica evoluzione capace di permetterci di affrontare la sfida del cambiamento e della complessità. Oggi si comprano pochissimi libri, c’è il digitale, le tv non pagano più quasi niente, a volte devi ringraziare perché ti trasmettono qualche cosa senza farti pagare. Sul web puoi fare 100mila utenti al mese e incassare 200 euro di pubblicità (al mese!)… Non esistono ancora sistemi che ti riconoscano una percentuale sui guadagni che i grandi contenitori percepiscono grazie ai contenuti che tu hai messo in rete. E d’altra parte il mercato digitale è ancora ai primi passi. È difficile trovare ingaggi per gli spettacoli, i teatri sono in crisi…
Una situazione complessa alla quale possiamo adattarci solo mettendo insieme risorse diverse, creando alleanze di nuovo tipo, ad esempio tra chi fa spettacolo e comunicazione e chi ha bisogno di far conoscere tecnologie innovative. Tanto più si riesce a rispondere a bisogni diversi tanto più si allarga la cooperazione, tanto più aumentano le possibilità. Nel suo complesso questo sistema si è assemblato spontaneamente e lo guardo come una creatura che ha preso vita da sé. Nei suoi primi passi sta caratterizzandosi per la capacità di connettere domanda e offerta nei settori più disparati, dalla formazione, ai gruppi d’acquisto di olio, case, auto ed energia elettrica, dagli spettacoli alle consulenze, alle certificazioni… E mi fermo qui perché la lista è troppo lunga.
Ad esempio: come fanno i musicisti adesso che non si vendono quasi più cd e simili? C’è stato un crollo del mercato con percentuali del 90%! Per trovare una soluzione devi collettivizzare il problema, mettere insieme più gruppi per ottenere una forza contrattuale maggiore, e devi mobilitare persone in diversi settori per affrontare il problema in tutti i suoi aspetti.
Puoi associare un disco a un album a fumetti, puoi arrivare ai concerti con un supermercato ambulante, puoi organizzarti tu la ristorazione, puoi diventare veicolo di comunicazione, puoi offrire corsi di musica, crociere concerto, costruire progetti per finanziamenti europei… Ma tutte queste cose ti vengono meglio se crei una rete di relazioni personali di qualità che contempla collaborazione per denaro, per passione e per baratto e che è costituita da esperti nei diversi settori.
Una band di musicisti da sola non ce la può fare…
Ed è difficile che riesca a realizzare grosse produzioni.
Ad esempio, girare con una compagnia di 30 elementi è oggi impensabile così come affrontare produzioni che prevedo decine di migliaia di euro per costumi e scenografie. Il testo di mio padre “Storia di Qu”, con Michele Bottini, regia di Massimo Navone, è andato in scena a Milano grazie all’alleanza tra una serie di scuole di teatro, musica, scenografia, maschere, costumi eccetera… 26 tra attori, acrobati e musicisti in scena e una quarantina di persone dietro le quinte. Quando si sono schierati tutti sul proscenio facevano impressione: un’orda!
Ecco, sono queste le cose che ci stanno succedendo intorno con sempre maggior frequenza e alle quali abbiamo modo di contribuire per quel che possiamo, con grande soddisfazione… (abbiamo scoperto che siamo bravi a creare connessioni, siamo dei valenti sensali…)
E chiarisco, ribadisco, non sto parlando di una qualche forma di organizzazione strutturata. L’aspetto essenziale è che, al di là degli accordi sui singoli lavori da fare assieme, non c’è nessuna forma di connessione strutturata o normata. Non ci sono assemblee, votazioni, maggioranze e centralismo democratico. Abbiamo la stessa forma istituzionale di un gruppo di amici in vacanza. Cioè, nessun vincolo formale. La rete è semplicemente un tessuto di relazioni di conoscenza e amicizia. Se ti telefono e mi dici che viene a giocare la partita alle 5 e poi non vieni ovviamente sei un infame. Ma per il resto la libertà e l’indipendenza sono la regola d’oro dell’amicizia. E così lavoriamo insieme, come una squadra sportiva. E una volta la palla la calcia in rete quello e una volta quell’altro. E tutti siamo ben contenti di fare la comparsa nel video di un altro. E tutti siamo ben contenti se in un’intervista possiamo parlare bene di un amico.
A ben guardare sto dicendo banalità ritrite sull’amicizia e la collaborazione. Ma val la pena di dirle visto che questa normalità per ora la trovi solo qua e là… Piccole isole… E proprio non si capisce perché le persone che la pensano come noi, che hanno scelto un altro stile di vita, che in Italia si stima siano circa cinque milioni, riescano a collaborare così poco insieme: non esiste una borsa del biologico, un sistema di rete tra i siti etici, un sistema di gruppi di acquisto su tutti i prodotti che compriamo, un sistema di fondi di investimento su progetti ecotecnologi e culturali, un’agenzia alternativa che aiuti a presentare domande di finanziamento a enti pubblici e privati, un sistema collettivo di contrattazione con gli spazi culturali, i server, i servizi web, la vendita di pubblicità… E mi fermo qui perché sennò facciamo sera…
Adesso sta sbocciando questa nuova esperienza. Ovviamente abbiamo di fronte rischi e difficoltà, stiamo muovendo i primi passi. E molto dipenderà dal sostegno che riceveremo. Il nostro punto debole è ancora la comunicazione. Una signora che guida il taxi a Milano, una della mia età che non aveva solo i capelli rossi, mi ha detto: dovreste pubblicizzarla Alcatraz, io ho scoperto che esisteva solo sei mesi fa… Dopo trent’anni che ce l’hai messa tutta per far sapere che esiste Alcatraz non lo è venuto a sapere neanche una che potrebbe essere mia sorella, che vede le cose come le vedo io… e ascolta Radio Popolare tutto il giorno…
Questo è lo stato dell’arte… Nelle prossime settimane, se il cielo non ci cade sulla testa, inizieremo a mandarti dei regali, a farti delle proposte compromettenti, a chiederti se vuoi iniziare tu a portare le tue proposte dentro questo circuito.
Potresti iniziare a fare piani d’azione faraonici.
Noi progressisti in Italia siamo cinque milioni. Se ne mettiamo in rete mille e abbassiamo del 2% il tasso di sfiducia filosofico-cosmico, facciamo scintillare la notte (in questo momento 550 siti web hanno aderito allo scambio banner di stradaalternativa.it. Ma è solo l’inizio.)

PS
Questa cosa potremmo chiamarla La Compagnia dei Servizi Globali.
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IL CORVIALE DELLA POESIA presenta Franco Arminio – PAESOLOGO

317581_304121059602407_241438021_nuna volta i giovani poeti del sud, io ero uno di loro,
dovevano andare assai spesso all’ufficio postale.
la via per esistere passava per i francobolli.
adesso non c’è bisogno di uscire sull’almanacco dello specchio,
i funzionari milanesi della poesia
sono stati seppelliti dalla rete.
io non glielo mando il mio libro,
lo mando a chi mi manda le marmellate
i biscotti, il vino.
è un tempo nuovo e bisogna fare cose nuove.
i poeti della pertica, che di verticale
hanno solo la posa,
ormai hanno fatto il loro tempo.
con la rete la poesia torna tra la gente,
è un gesto diretto
come stringere la mano
a un morente.




Rifiuti: discussione aperta su rete nazionale

rifiuti“Ci sono alcune questioni che solleveremo cercando soluzioni possibili. Per ora lo stato della discussione è che abbiamo un documento che indica dei criteri, con riserva di definire degli emendamenti”. Così Sergio Chiamparino al termine della Conferenza delle Regioni del 25 settembre chiarisce i termini della questione.

Un articolo del decreto “Sblocca Italia” prevede la possibilità di trasferire il rifiuto solido urbano da una regione all’altra attraverso un sistema che prevede una rete nazionale. L’argomento sarà affrontato in una prossima Conferenza delle Regioni in vista di un’Audizione parlamentare.
Comunque critico l’assessore della Lombardia: “Noi non accetteremo che arrivino rifiuti da altre Regioni. Piuttosto boicottiamo gli impianti – ha detto l’assessore al Bilancio della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia – L’articolo 35 dice che chi non ha fatto il proprio dovere mettendo a posto il ciclo dei rifiuti potra’ avvalersi degli impianti di altre regioni. E’ una cosa che non sta ne’ in cielo ne’ in terra”.
Anche il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, è contrario al provvedimento: “Il mio no a qualsiasi ipotesi di arrivo di rifiuti indistinti da altre regioni è chiaro e netto. Lo è stato in passato a fronte di altre analoghe ipotesi, lo è anche oggi”. “L’autosufficienza nella gestione della risorsa rifiuti dev’essere un obiettivo prioritario, seriamente perseguito da tutte le regioni – aggiunge Zaia – non un optional. Quanto vuole introdurre il governo con questo decreto cerca di scaricare nuovamente sulle regioni che hanno fatto molto, soprattutto in termini di raccolta differenziata, i problemi di quelle che non hanno saputo attuare politiche efficaci in questo settore”. “Ma il Veneto – ribadisce Zaia – non è più disposto a pagare per le carenze di altri”.
Invece il vicepresidente della Conferenza delle Regioni e presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, spiega che “l’utilizzo dei rifiuti è legato all’energia e l’energia è qualcosa che riguarda il perimetro nazionale. Sono questioni che non si possono regionalizzare o provincializzare. E poi mi chiedo: perchè i rifiuti solidi urbani non possono essere trasferiti mentre quelli tossici e nocivii si’?”.
Chiamparino getta acqua sul fuoco in merito ad un possibile intervento della Consulta sull’articolo 35 del decreto Sblocca Italia che prevede l’obbligo degli impianti di trattamento di smaltire i rifiuti che provengono da tutta Italia: “Nessuno ne ha parlato. Ci sono alcune questioni che solleveremo cercando soluzioni possibili”, ribadisce Chiamparino.
Quindi Caldoro aggiunge: “Quanto ai rifiuti solidi urbani, invece, l’Europa dice che vanno regionalizzati ma per ragioni economiche e non ambientali. Per questo, ritengo che questa gestione debba essere nazionale. Hanno ragione alcune Regioni a dire che questo passaggio deve essere graduale e che, eventualmente, la compensazione debba essere pagata”.
Il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, afferma che “c’è una sorta di anticipazione della riforma del Titolo V della Costituzione in tema di energia”. Per Pittella  “E’ un tema politico significativo nel rapporto tra Regioni e Governo al quale le Regioni non vogliono sottrarsi: sono materie come l’energia che non possono non stare in capo allo Stato ma dobbiamo costruire i giusti equilibri tra consumo del territorio, utilizzo di tecnologie e rapporto con i cittadini che hanno sempre avuto un impatto non favorevole con i termovalorizzatori”.
link al sito



Capire il mondo dove va, anche per il futuro di Corviale

seta“La chiave è la rete” (*) sintetizza efficacemente Giampaolo Visetti nello spiegare il successo in borsa di Alibaba, un brand che fattura più di Amazon ed eBay messe insieme.

D’altronde distribuisce online 800 milioni di prodotti a partire dallo zoccolo duro di 630 milioni di cinesi in rete.

Ma per capire il futuro occorre andare oltre il fuoco d’artificio di questi grandi numeri: bisogna capire che “l’Asia da fabbrica del mondo è mutata in distributore del pianeta” (*).

Com’è potuto accadere questa mutazione genetica di un gigante che ha mezzo miliardo di utenti di smartphone solo in Cina?

E’ come se fosse stata aperta una nuovissima via della seta di fibbre ottiche per “piantare affari in ogni angolo del mondo” stabilendo “il contatto tra origine e destinazione di un prodotto o di un pensiero” (*) perchè su questa nuovissima via della seta non transitano solo 800 milioni di prodotti, ma anche  e soprattutto informazioni e idee, insomma conoscenza (tanto per sostanziare in concreto la definizione della nostra come “società della conoscenza”).

Ma l’aspetto più interessante, anche e soprattutto per il futuro di Corviale, è che attraverso questa nuovissima via della seta “anche i villaggi isolati – grazie al web – si reinventano epicentri produttivi del 21° secolo”  (*).

E’ questo dunque il futuro di Corviale per uscire dal suo guscio di periferia per proiettarsi nel mondo del 21° secolo.

E’ questo un futuro possibile per i 134 comuni italiani con meno di 150 abitanti con il conseguente degrado idrografico e boschivo.

(*) Gianpaolo Visetti Cina.com da La Repubblica del 25/9/14




Rifiuti, recuperare materia dalla frazione secca residua

rifiutidi Giuseppe Miccoli da ecodallecitta.it

E’ possibile recuperare materia dalla frazione secca residua a valle della raccolta differenziata porta a porta. Quali tecnologie? Ne abbiamo parlato con Gianluca Intini, professore del Politecnico di Bari ha introdotto il tema “Remat: raccogliere la differenziata a valle del ciclo” al focus tematico della regione Puglia dal titolo ‘Monitoraggio della qualità della Raccolta differenziata in Puglia’

 

Professore Intini, è’ possibile recuperare materia dalla frazione secca residua a valle della raccolta differenziata porta a porta. Quali tecnologie secondo Lei sono le più appropiate?
Oggi ho presentato qui per il Politecnico di Bari i risultati di una sperimentazione condotta nell’ambito della redazione del Piano regionale della gestione dei rifiuti urbani, la quale sostanzialmente ha analizzato la frazione secca residua della raccolta differenziata, in diversi comuni della regione Puglia e ne ha fatta un’analisi merceologica, al fine di verificare ancora la presenza potenziale di imballaggi da avviare a successivo recupero. È emerso sostanzialmente che, anche nei comuni dove la raccolta differenziata aveva dei valori elevati, ad esempio nella provincia di Brindisi, nell’ex consorzio Brindisi2, ancora esiste, in particolar modo per la plastica e per la carta, una discreta frazione, un 10%, che ancora potrebbe essere recuperato. Perciò si è posto il problema tecnologico di come poter recuperare questo 10%, ed è stato proposto, nell’ambito del piano regionale, l’introduzione di questi che noi abbiamo chiamato “remat”, cioè “recupero materia”, vale a dire l’introduzione di un separatore balistico che sostanzialmente differenzia le frazioni 2d dalle frazioni 3d, cioè le frazioni piane da quelle che hanno un volume, e poi ognuna di queste frazioni, attraverso i separatori ottici, possono essere utilizzate per recuperare quello che effettivamente oggi ha un mercato, e quindi attraverso il Conai o il libero mercato possono essere vendute per trarne un vantaggio. Questo comporterebbe un duplice vantaggio. Uno: si risparmierebbe sui costi di conferimenti di quella frazione al recupero energetico (oggi in Puglia si paga circa un cento euro a tonnellata); due: avvieremmo al recupero di materia e non al recupero energetico ancora una frazione di raccolta differenziata, quindi aumenteremmo il tasso di raccolta differenziata. Quindi c’è un vantaggio sia ambientale che economico.

Stiamo parlando di raccolta differenziata a valle della raccolta porta a porta, in cui si riesce ulteriormente a separare e a recuperare materia. È corretto?
Esatto, oggi esistono impianti di questo tipo, non stiamo parlando di fantascienza, in Europa, in particolar modo in spagna ,in Germania, ne ho visto uno in Canada, a Cipro, e c’è anche l’esempio di Granada e anche a Roma. A Roma c’è un impianto che in realtà lavora l’industriale e non i rifiuti urbani e so che recentemente credo sia stato inaugurato un impianto a Bologna. Quindi a mio parere può essere una soluzione. Certo, questi impianti lavorano molto bene sul multi materiale, in generale, però se noi facciamo una raccolta differenziata spinta dove abbiamo tolto l’organico, che porta dei problemi nella fase di selezione, secondo me può essere un sistema che può essere adattabile. Quindi vediamo se qualche gestore implementerà questo sistema e vedremo i risultati.

In cosa consiste il recupero di questa materia, esiste già un mercato?
Si, esiste un mercato, nel senso che chiaramente si preferirebbe recuperare la bottiglia in pet, ma la bottiglia in pet ha già un mercato, quindi una volta che noi le selezioniamo anche quell’1% presente in impianti di questo tipo, che poi tra l’altro sono automatici, non hanno bisogno di grossa forza lavoro, in realtà è un 1% che tu puoi avviare con un costo di mercato notevole, pensiamo al cartone, all’alluminio, all’acciaio, cioè ci sono materiali che effettivamente tu paghi, è chiaro che non mi metterò a separare un materiale che ha un basso valore aggiunto,perché diventa poi molto complessa la linea, quindi ovviamente qui si tratta di andare a integrare impianti esistenti cercando di togliere il separabile,io le chiamo le frazioni buone, che comunque rappresentano una piccola percentuale all’interno del rifiuto indifferenziato, che ancora sconta un tasso di raccolta differenziata non ancora elevato.

 



Agenda digitale: documento per programmazione 2014-2020

agenda digitaleNel corso della Conferenza delle Regioni del 5 agosto 2014 è stato approvato un documento sulla programmazione dell’Agenda digitale 2014-2020.

Già nel 2013 era stato approvato un “Contributo delle regioni per un’Agenda Digitale a servizio della crescita del Paese” (vedi “Regioni.it” n.2315). Il nuovo documento è un altro passo in avanti per un’Agenda Digitale che permetta al Paese di passare alla fase esecutiva della digitalizzazione infrastrutturale, nel rispetto dei principi delle politiche regionali dell’Europa.
Si intende così organizzare i livelli e gli strumenti di intervento sugli obiettivi dell’Agenda Digitale europea e dell’Agenda Digitale italiana.
Il digitale può liberare la crescita e funzionare da volano. Le Regioni propongono un insieme di azioni in piena collaborazione interregionale per rendere sostenibile la loro realizzazione. L’attuazione delle agende digitali regionali è uno strumento per arrivare ad un vero cambiamento strutturale del Paese. In questo quadro si può favorire  una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva da qui al 2020.
L’Agenda Digitale è un’idea di futuro, una visione dell’Italia e delle Regioni nell’era digitale, non è un documento programmatico di settore, né solo l’articolazione di un insieme di azioni o interventi. In pratica l’agenda deve ergersi a vero piano industriale e non solo documento di auspicio e indirizzo per l’ adeguamento infrastrutturale e culturale.
L’Italia deve attuare interventi strutturali per essere in grado di sfruttare appieno le opportunità del digitale per produrre cambiamento nell’economia, nel tessuto sociale e nelle istituzioni. L’Italia ha straordinari punti di forza culturali, sociali ed economici per essere protagonista della rivoluzione digitale anche in Europa e nel mondo.
Le politiche per il digitale devono quindi concorrere a creare un quadro normativo ed un ecosistema digitale favorevole alla crescita economica, alla volontà di investire ed innovare, allo sviluppo delle reti tecnologiche (infrastrutture), delle reti sociali tra le persone, delle reti tra istituzioni e tra le imprese.
Per questo occorre una mobilitazione delle migliori energie del Paese per affrontare l’emergenza del divario digitale culturale che ostacola lo sfruttamento delle nuove opportunità del mondo digitale: occorre superare la logica dell’informatizzazione dell’esistente e ripensare i processi profondamente, cambiare l’organizzazione del lavoro sia nel pubblico che nel privato, scoprire nuovi mercati e modelli di business, affrontare le sfide sociali emergenti con l’innovazione sociale, accrescere la partecipazione e l’inclusione, migliorare la qualità della vita, affermare nuovi diritti.
Il Documento integrale è stato pubblicato della sezione Conferenze del sito www.regioni.it :
Documento Approvato – PROGRAMMAZIONE 2014-2020: LE AGENDE DIGITALI PER LA CRESCITA



“Rose celesti” di Alessandro Cives

Una scatola di ricordi e fotografie che, tirate fuori, una ad una, mandando avanti traccia dopo traccia, evocano sorrisi e tenerezza. Rose celesti è il primo album solista di un cantautore e artista a tutto tondo romanoAlessandro Cives.

L’album tematico, autoprodotto nel 2008 e riedito nel  dalla casa discografica Terresommerse, è magmatico: una lava densa di significati nascosti tra gli accordi, tra arrangiamenti semplici e irruenti al tempo stesso.

I testi, malinconici, a volte onirici, sono l’accompagno di un artista che ha sempre la testa tra le nuvole, e che per nulla al mondo scenderebbe tra noi tutti, /gli altri/ a spiegarci le meraviglie del suo pianeta, del suo mondo.

I brani narrano piccoli e grandi sentimenti, drammi quotidiani e incontri tra giovani, raccontano sensazioni. Ma è solo un’impressione! Dietro c’è molto di più e questo è l’enigma-Cives, la figura e l’emblema di un personaggio, di una persona e di un artista che va oltre l’apparenza.

Un disco che va scoperto oltre le note e oltre le prime impressioni, un album che non si accontenta di un primo ascolto, ma che rimane evocativo anche quando si sanno tutti i testi a memoria. Ad un primo impatto non risulta un album facile perché può risultare sgradevole, acerbo.

Nel caffè di Andy ha un bel sound, un ritmo incalzante con motivi alti e bassi, modulati dalla voce. È una traccia vintage: ricorda molti oggetti degli anni Settanta – Ottanta, dagli “autobus verdi” (cit. film “Fantozzi”) ai telefoni a gettoni, dalle nevicate abbondanti a Roma e le scuole chiuse. Il lessico mirabolante, stroboscopico, ricorda un giro alle montagne russe tanto che  “sembra di stare in una giostra”, una storia che non è una storia, parole che ricordano di soppiatto i testi dei Subsonica.

Il folk che fuoriesce dalla traccia Di qui recupera un amore per la bella musica anni Sessanta e Settanta, dal folk dylaniano all’armonica di Lennon. Dolcissima anche l’immagine che ci facciamo del protagonista nella quarta storia in cui “Jennifer era già sposata”: Amori che vanno e vengono amori che distraggono e concentrano. Scopriamo in Alessandro una grande forza di spirito e di volontà, una passione che non si accontenta di fare pubblico ed audience, ma che varca le possibilità della sua stessa vita.

Ancora più malinconica, con un tono più dimesso e con una chitarra che vuole gracchiare sulle corde dell’affetto, è la traccia Il guardaroba di Arlette, in cui la protagonista “dici scusa e intanto tu preparata sei/non per me”. Relazioni improbabili, o semplicemente finite. Qui, la sua voce si fa suadente, provocatoria, un dialogo a bassa voce per ricordare, o rimpiangere?, un dubbio: “Ora che cos’hai deciso di fare di me io/ non lo so. (..) E metti il trucco forte, dolce e deciso per/ scordarti di me”.
Melody
 è una strimpellata al mare: lo si sente dalle onde di sottofondo, cornice di una ballata de andreiana, solitaria e armonica. L’incipit ricorda l’accordo iniziale di “Quattro cani” di Francesco De Gregori.

Passi, emozioni sottili, tra azioni banali, quotidiane e cose non importanti che sono la cornice di un fondo perduto, di un barile ricco di petrolio. Non c’è solo Cives in questo album ma c’è tutta la sua cultura musicale, che non sempre viene ripresa negli arrangiamenti, anzi, quasi mai, perché come mi ha detto una sera “Io so quello che voglio, so cosa voglio che si senta nel disco”. Echi.

Alessandro è un ragazzo che ci crede ancora, in un mondo migliore, in un futuro compatibile, e che ha bisogno di crederci nelle sue idee: “le mie idee erano solo idee/e ora guardale”. Un ragazzo che forse ha sofferto nella sua vita e che però ha trovato la via giusta. Ma non siamo qui a fare di questo piccolo capolavoro un’analisi freudiana. “Io passo di qui, non vedi che io/ non mi fermo mai”.

Enigma e sentimento, passione e piccole storie ma alla fine dell’album, ancora dobbiamo capire cosa sono le rose celesti, binomio che in ogni testo viene ripreso. E forse non lo capiremo mai.

 

Arrangiamenti di Alessandro Cives e Libero Volpe.
Registrazione: maggio/ottobre 2008. Mastering: novembre 2008
Prodotto da Fabio Furnari Edizioni Terre Sommerse

 

 

Written by Elisa Longo

Photo by Lilly Vigna

 

Oubliette -

LINK ALL’ARTICOLO

http://oubliettemagazine.com/2014/08/26/rose-celesti-di-alessandro-cives-uno-sguardo-malinconico-ed-onirico/




“Vie d’uscite”, primo album di Vladimiro Modolo: un EP da tenere in macchina

Vie d’uscite”, il primo album di Vladimiro Modolo, autoprodotto nel 2013,  è pieno e completo, un ep da tenere in macchina, da ascoltare sull’autobus, o da sottofondo casalingo. Una musica d’altri tempi ma che rilancia un cantautorato moderno. Di classe.

La prima traccia La sindrome del porcospinoè la più roboante di tutte, la più cantautorale, varia spesso moduli ritmici e ha un ritmo da montagne russe. Il motivo pianoforte e violino, che battono le stesse note, nel raccordo finale, ricorda qualcosa di già ascoltato, un motivo elegante che rimane impresso, anche a fine traccia. Si divide in due parti ed è nella cesura il valore prezioso, unico.

La musica mi salverà è una canzone che ha sicuramente qualcosa da dire. Un brano melodico e ascoltabile. Ad un primo ascolto può risultare banale, scontata, una canzone di impegno già ascoltata, ma dentro c’è il cuore di Modolo, il rapporto viscerale con la sua passione per la musica. Un messaggio umano e culturale netto, definito, un appello in difesa di tutti gli artisti, cantautori e non, del mondo.

Dolcissima è Nelle mie lacrime (se mi lasci ti cancello) in cui la tragica fine di una relazione d’amore fa confondere le lacrime dell’innamorato con il ricordo, sbiadito, della sua fiamma. Un pianto della mancanza, tenero ed amaro allo stesso tempo. Un tango in due fittizio, trasportato dalla morbidità melodica. “Se mi lascio ti cancello/ inutilmente/ tanto tu sei qui/nelle mie lacrime/ non riesco a toglierti dagli occhi un solo istante”.

Nella traccia Ascoltare il pazzo, la voce di Vladimiro si modula in solfeggi e falsetti espressivi e piacevoli, su toni diversi. “La vita è bella non si sa/ lo dice il pazzo al posto mio/ se fosse giusto oppure no, fare in modo che qualcosa sempre ci sia”.

Una ghost track, che da il nome all’album, che sembra un live, in acustica, con la parola “affollano/accollano” mascherata, espressione dialettale non propriamente ortodossa! Un ep sicuramente da ascoltare e riascoltare, che riprende spesso le stesse tonalità e lo stesso ritmo, seppur con passaggi interessanti.

Nel suo insieme l’album concentra le cinque più importanti colonne della vita umana: l’amore(Nelle mie lacrime), la passione – in questo caso, per la musica – (La musica mi salverà), la follia (Ascoltare il pazzo), la guerra (La sindrome del porcospino) e la dinamica, il movimento (Immobile).

Melodico, tenero ed espressivo: questi sono i tre aggettivi più giusti per poter definire, qualora fosse necessario, il nuovo album di Vladimiro Modolo, un insieme di passione e tanta creatività.

La sua è musica nuova, l’ascolto evoca la piacevole sensazione di una colonna sonora cinematografica, l’emozione di cominciare un libro, la sorpresa di un mix di delicatezza e di musicabilità. Il progetto grafico, curato da Alessandro Cives, un altro artista che oltre ad esprimersi con la musica, svolge attività di illustratore, contiene in sé un messaggio subliminale, tutto da capire.

 

Il sogno della Crisalide. Vie d’uscita.

Anno di produzione: 2013. Prodotto da Modolo Vladimiro.
Registrazione e mixaggio a cura di Marco Bucci.
Vladimiro Modolo: voce, chitarra acustica e chitarra elettrica
Alberto Poli: pianoforte, violini e arrangiamento
Massimo Pizzuto: basso
Marco Bucci: batteria, seconda voce, tastiere ed effetti.
Giuseppe Chimenti (Modì): chitarra elettrica ed effetti
Jacopo Giannasso: pianoforte
Progetto grafico: Alessandro Cives.

 

Written by Elisa Longo

 

 

 

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http://oubliettemagazine.com/2014/09/19/vie-duscite-primo-album-di-vladimiro-modolo-un-ep-da-tenere-in-macchina/




Le notti dei giovani cantautori, nuovi talenti al premio De André

de andreVenerdì e sabato sera alla Magliana quindici musicisti alla rassegna dedicata all’artista genovese.

“Mi è rimasta impressa l’intervista fatta all’epoca dell’inaugurazione della piazza dedicata a Fabrizio alla Magliana. Una persona del quartiere diceva che lui “era uno che amava la gente come noi”. In effetti Fabrizio ha sempre avuto la sensazione che il pubblico gli riservasse grande rispetto, oltre che attenzione”. Dori Ghezzi, la compagna di una vita di De André, ricorda quando  –  alcuni mesi dopo la scomparsa dell’artista avvenuta quindici anni fa  –  fu inaugurata quella piazza. Spazio che dopo un paio di stagioni ritorna ad ospitare il gran finale del Premio De André, la kermesse delle nuove leve della canzone d’autore italiana, con quindici nuovi talenti pronti a contendersi la vittoria. Che per Dori Ghezzi, fin dagli esordi del Premio presidente della giuria, non è la cosa più importante: “Per molti ragazzi scrivere e cantare storie è un momento della loro vita che poi si conclude rapidamente alla fine del periodo di studi, quando prendono piede altri progetti di vita. Lo sport e la musica fanno crescere meglio, anche se fatti in modo non professionale, come esperienze di vita. Questo è lo scopo veramente importante, non necessariamente diventare celebri…”.

Ma ecco tutti i giovani che tra stasera e domani saliranno sul palco: Cff e il Nomade Venerabile da Bari con “Il mio inverno”; Losburla da Torino con “Dilettanti”; Domenico Imperato da Pescara con “Nino”; Chiara Dello Iacovo da Asti con “Donna”; Maltese da Torino con “Io non ti voto più”; Simone Spirito da Napoli con “Al centro storico”; La suonata balorda da Campobasso, con “Magari fumando”; L’Istrice da Rovigo con “Il fiore e la nuvola”; Francesco Mircoli da Fermo con “Carolina Bruno Vidal”; 4 Soldi Project da Agrigento con “Italia”; Gerardo Pozzi da Treviso con “Badabum”; Lelio Morra da Napoli con “Elena”; Ruben Coco da L’Aquila con “Blu”; Piergiorgio Faraglia da Roma con “L’uomo nero”; Fadà di Benevento con “Non ne posso più”. Tutti quanti già on line sul sito Repubblica. it con le canzoni che hanno proposto per l’occasione.

Oltre ai giovani, sul palcoscenico della kermesse che fa parte del cartellone dell’Estate Romana oltre ad essere sostenuta dall’XI Municipio, stasera toccherà alla band degli Scooppiati e all’ospite speciale Fiorella Mannoia: la signora della canzone d’autore che riceve il Premio De André alla carriera. Domani invece sarà la volta di Alessio Bondì e Maldestro. Oltre che di Diodato: ormai più che un giovane cantautore sulla rampa di lancio, premiato per la reinterpretazione dell’opera di Fabrizio De André (per l’originale versione di “Amore che vieni, amore che vai” inserita nella colonna sonora del film di Daniele Luchetti “Anni felici”). Il compito di introdurre e coordinare le decine di artisti che andranno in scena è affidato a Massimo Cotto, affiancato a colpi di ironia da Andrea Rivera

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