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L’ Internet delle cose non è così lontana dalle nostre case

stampantiL’essere umano non è più l’unico elemento pensante del sistema

Oggigiorno la distanza tra le aziende e le persone si è notevolmente ridotta grazie alla diffusione di smarthphone e tablets che fungono da supporto ai nuovi media, quali i social o altre forme di comunicazione diretta. La tecnologia è driver di sviluppo in questo passaggio culturale. Si considerino i motori di ricerca per l’identificazione di luoghi di villeggiatura o di ratings di ristoranti o di locali: a scopo di esempio possiamo citare Expedia, Trivago, Tripadvisor, ma, di fatto, ciò che è fondamentale sottolineare è che l’informazione è ormai ovunque accessibile, sempre aggiornata, sempre condivisa.

Stiamo vivendo un fenomeno culturale che riguarda solo la comunicazione? Forse no. In Germania SAP ha recentemente iniziato una collaborazione con Volkswagen per sviluppare una piattaforma di tecnologia automobilistica intelligente: i dati di viabilità o i parcheggi liberi saranno disponibili nei database SAP e saranno comunicati all’auto intelligente. Negli States aziende come Google, Microsoft o Apple stanno lottando per imporre i propri sistemi operative nelle vetture di nuova generazione;è difficile ipotizzare che tale scontro si limiti al favorire la connettività tra i cellulari e le auto: in uno scenario non lontano a venire, i veicoli potranno parlare ad altre macchine scambiandosi in real-time informazioni sullo status del traffico, su problematiche di parcheggio e altro. Google, Microsoft o Apple non saranno più, nel futuro, aziende digital, ma saranno considerabili anche come partner delle case automobilistiche. Il mondo digitale, quindi, è già compenetrato con il mondo reale. Stiamo entrando nell’era in cui le macchine parlano alle macchine (M2M, machine to machine) e nell’era dell’Internet of Things (Internet delle cose): l’essere umano non è più l’unico elemento pensante del sistema.

Tutti gli oggetti, inevitabilmente, dovranno essere non solo valutati in base alle caratteristiche fisiche del prodotto, ma dovranno essere soppesati anche per le caratteristiche “intellettive” del prodotto stesso, intendo con ciò la sua capacità di essere interconnesso in un sistema, la possibilità di utilizzare diversi protocolli in base alle necessità del caso.

Sono interessati a questa rivoluzione i prodotti della gestione degli accessi? Credo che questa domanda sottintenda un secondo interrogativo, con una facile risposta: «Tu, consumatore, sei interessato a sapere se il cancello della tua abitazione è aperto o chiuso quando non sei in casa? Saresti interessato a sapere in anticipo se l’automatismo installato funziona correttamente? Non ti farebbe comodo sapere tempestivamente se qualcosa non funziona e se è necessario un check-up tecnico?». In uno scenario ormai prossimo il cancello e il portone del garage di casa, le tapparelle, il portoncino di ingresso così come le porte automatiche dei nostri uffici, le barriere che bloccano le aree di parcheggio saranno tutti oggetti di una rete interattiva che sarà in grado di coordinare operazioni, dare informazioni ed in definitiva, offrire un livello di servizio non ottenibile con prodotti tradizionali. Un’invasione di territorio nei confronti di aziende storicamente radicate nel campo della domotica? No, una naturale evoluzione: siamo nell’era dell’Automation Sapiens.

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Milano riempie case e negozi vuoti: 300 spazi cambiano vita e vengono assegnati ai giovani

spaziLa mappa delle proprietà riassegnate dal Comune. Nascono social market, si creano spazi per le start up e perfino per una ciclofficina. L’assessore Benelli: “La nostra missione è trasformare le situazioni”

In via Leoncavallo 12 meno di dieci anni fa si organizzava il traffico di droga tra Milano e Palermo. Da oltre un anno è qui che l’associazione Terza settimana gestisce il primo social market della città, con pane e latte a prezzi scontati, se non gratis per chi ha serie difficoltà economiche. I passaggi: un bene confiscato alla mafia, convertito al sociale dal Comune una volta che ne ha potuto disporre, una nuova vita. Welfare ma anche cultura. In via Val Trompia 45, a Quarto Oggiaro, in uno spazio vuoto è nato Fabriq, un incubatore dedicato all’innovazione, con 15 start up, dietro ciascuna un’idea imprenditoriale da coltivare.

È la strada della rinascita degli spazi pubblici della città: dall’inizio del mandato, in tre anni, la giunta Pisapia ha riassegnato oltre 300 sue proprietà ad associazioni già strutturate ma anche a piccole cooperative di varia natura. Erano edifici vuoti o dismessi, ora sono già vivi o con un progetto avviato da sviluppare. Il percorso non è ancora finito, la strada è lunga. Ci sono grandi ferite da risanare, le Scuderie De Montel a San Siro e l’ex Marchiondi a Baggio sono solo due casi di un futuro che oggi, difficilmente, si intravede. Ma l’obiettivo è ambizioso: entro la fine del mandato l’amministrazione punta a completare la missione riempiendo di idee e persone le altre decine di luoghi ancora senz’anima della città.

La politica negli ultimi anni in questo settore si è evoluta. Una necessità per andare incontro alla fame di spazi che in città è un’esigenza insaziabile. Così, si sono cambiati approccio e regole: si punta meno sull’anzianità delle associazioni che si fanno avanti e più sul progetto che c’è dietro, e che deve tenere conto della storia di quel luogo, delle necessità di chi lo vive, dei progetti sociali o turistici che possono trovare lì una casa. E ancora dove si può si abbattono gli affitti, chi ristruttura spesso non paga il canone per un certo periodo, ci sono regole più semplici con bandi aperti spesso anche alle associazioni ancora in fase di costituzione. E la risposta della città è stata talvolta entusiasta. Al bando ‘Fatevi spazio’, che assegna 23 locali ad associazioni, chiuso da poco, le proposte arrivate sono state 130 e 650 i sopralluoghi effettuati. Segno che un interesse della città, da intercettare, c’è.

Dopo mesi di lavoro tra vari assessorati comunali, oggi la mappa degli spazi comunali disponibili con i relativi piani di riutilizzo è pronta, il Comune l’ha pubblicata online. Ci sono i 45 progetti socioculturali (che con ‘Fatevi Spazio’ saranno 70), come il primo albergo sociale nell’ex scuola di via Mambretti e la Casa dei diritti di via De Amicis. Ci sono i 100 beni confiscati alle mafie, trasferiti dallo Stato al Comune, che stanno riaprendo gradualmente. E poi la novità di start up e incubatori, realtà sorte da bandi come ‘Risorse in periferia’ e ‘Tira su la clèr’, che hanno dato un indirizzo e risorse a nuove aziende aperte in periferia, col doppio intento di riaprire le porte a strutture dimenticate e di rivitalizzare i quartieri più decentrati.

Anche con le cascine l’assessorato all’Urbanistica sta provando una strada simile, promuovendo il recupero di quelle più storiche come la Monluè, sede oggi di attività culturali e di accoglienza. E ancora sono promossi gli spazi di socialità per i quartieri, punti di ritrovo per i residenti delle zone popolari. Anche il verde è un futuro possibile: tra i giardini condivisi che hanno preso il posto del nulla ci sono quello dedicato a Lea Garofalo a Porta Volta o l’Isola Pepe Verde.

La nuova vita può anche essere a tempo determinato. Uno degli esempi più significativi del riuso temporaneo è la Palazzina 7 in viale Molise 68, oggi ciclofficina. Poi ci sono negozi comunali vuoti, rinati spesso in librerie a canone agevolato, oltre a 40 recuperi già avviati. Ma la rinascita non è finita: «La caccia agli spazi prosegue e man mano che si trovano immobili liberi cerchiamo di assegnarli — dice l’assessore al Demanio, Daniela Benelli — dietro ogni caso c’è un grande lavoro, il bando, sopralluoghi, le proposte, i controlli. La nostra missione prosegue e contiamo di arrivare a fine mandato riempiendo tutti gli spazi pubblici oggi ancora vuoti».

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What is the Internet of Things?

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Ever wondered what people mean when they talk about the ‘Internet of things’? The future of the digital world will explode with interconnectivity putting you at the heart of everything that’s done online. Scary for the privicists, not so bad for anyone else! Will Roebuck explains…

The ‘Internet of Things’ is real, already here and is revolutionising the way we live.

The Internet of Things is the capability to connect everything with anything, everywhere using the Internet. So, your fridge can reorder food to be delivered through your online shopping account. Livestock feeding systems can replenish themselves and give animals just the right amount of food they require to keep them tip top healthy. Smart cars can drive themselves using satellite navigation. And the long-term sick can be monitored at home rather than having to stay in hospital, thus giving them more independence.

All by superfast connections to the Internet. It’s a brave new world!

The Internet already has 10 billion ‘things’ connected to it, including computers, portables and smart phones. Before the end of the next Parliament in 2020 this figure will rise to over 50 billion, all linked and controlled by embedded and attached sensors and actuators. Current estimates suggest that 95% of all data ever created in the history of the world happened in the last two years. It won’t be too long before that statistic changes to two minutes.

The ‘Internet of Things’

The Internet of Things is the next evolutionary step in a world relying more upon digital technologies to find solutions that deal with the social and economic challenges which lie ahead. The Internet of Things is the third wave of the mass Internet revolution following the invention of the world wide web in the 1990s and then Internet connectivity extended to mobiles enabled by European GSM in the early 2000s.

Make no mistake. The scale of interconnectivity will transform and disrupt current political, social, legal, economic and commercial business models over the next decades. Traditional eco-political cycles will end, many will fail to keep up with the exponential changes. But fresh opportunities and innovation will continue to drive economic growth, leading to more and better jobs, and a more sustainable economy.

The Internet of Things is capable of providing bottom up consumer/citizen engagement and imposing top down surveillance and control. But, the latter will be very different from what we have been used to. Governments and traditional media can no longer get away with only giving the public carefully-chosen information, as demonstrated with the Edward Snowden and Julian Assange sagas. Mass consumerism means that we can now all build our own trusted networks online through social media – which hides nothing. And the massive scale of current data collection and usage will make the issues around data protection and ownership of digital identities even more sensitive and complex. No-one trusts governments with databases rich with content about individual citizens. That’s one of the reasons why the UK government is setting up an ID Assurance Scheme without them. Security, reliability and resilience issues will become more acute with greater dependence on interconnected critical national infrastructure focused on communications and energy.

It’s a lot to take in. The UK has global leadership in some Internet of Things areas, for example chip design and creative applications. Technology needs to be neutral. Decisions upon how we are able to control our lives better, or enable others to control them for us may be better made from market forces and not politicians or regulators.

Leadership

Whatever happens, British leadership is essential to driving the economic and social strategies affecting the Internet of Things. We still need to grow our economy, create new jobs for new industries, and keep unnecessary public expenditure down whilst delivering better public services. It’s not just government leadership we require. Business people and top managers in public sector roles must all play their part, put their heads above the parapet, make tough decisions and drive through innovation and change. Entrepreneurs also need support to take their creative ideas to market and achieve their long-terms ambitions and goals.

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Smart city: 4 consigli per affrontare l’innovazione nel 2015

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Ci sono delle scale da dover salire. Può sembrare un ostacolo. Ci possono essere, però, alla fine di questo percorso delle straordinarie opportunità. La Società di consulenza Gartner ha indicato ai manager (anche i “pubblici” che definisco come i “decisori”) i 10 principali trend tecnologici per il 2015 (Gartner, i 10 trend tecnologici che i manager devono conoscere)

Chiariamoci subito. Quelle che vengono indicate non sono le “nuove tecnologie”. Gartner indica i trend in corso. Ciò che voglio sottolineare é l’agire umano di fronte all’evoluzione dell’Information and Communication Technology.

Ho provato a tradurre 4 tendenze (anche con l’aiuto delle nuovo software per sviluppare immagini CANVA) in scenari/attività pensando ad un Sindaco, ad un pubblico amministratore e …. non solo. D’altronde siete sempre tutti pronti a parlare di smart city.

  1. Computing ovunque. Lo sottolineo sempre, anche nei miei libri, l’avvento pervasivo dei device mobili come strumento di connettività al web cambia la nozione e la forma del concetto di spazio. Il concetto di spazio andrà riconsiderato nella sua forma/visione più ampi. Ripensare gli spazi di vita (anche quelli di lavoro) é una attività indispensabile per le aziende (e per le P.A.) smart. “Sono gli ambienti di lavoro e pubblici che dovranno adattarsi agli utenti”, sostiene Gartner.

Ripensare l’uso di Internet of Things. Quanti Sindaci e gestori di Public Utilities hanno pensato che I.O.T. non é quantità (alla faccia degli indici quantitativi sulla smartness)? Chi avrà la capacità di concepire e organizzare attività di gestione, monetizzazione, produzione, estensione dei dati che provengono da I.O.T.? È aperto un concorso

Stampanti 3D. Gartner afferma che le spedizioni di stampanti 3D aumenteranno del 98% nel 2015 e raddoppieranno nel 2016. L’uso della stampante 3D pervaderà non solo gli ambiti produttivi, ma anche i luoghi della creatività e dell’istruzione. Si sta affermando sempre di più l’epoca degli “ecosistemi innovativi”. Vi prego non parlatemi più del telelavoro. Evitate di raccontare che i coworking sono i luoghi delle partite IVA.  Non sminuite così la portata innovativa di chi lavora in modo decontestualizzato utilizzando strumenti che esaltano il valore della digitalizzazione

Analytics avanzati, pervasivi, invisibili. Milioni di oggetti, milioni di social conversazioni, tutte le attività umane interfacciate con il web generano, nel loro dispiegarsi, dati. I dati rappresentano oggi l’essenza della conoscenza. Chi decide quali dati assemblare? Chi decide dove assemblare i dati? Chi decide come visualizzare i dati? Ecco la nuova dimensione degli open data. Ecco la necessità di una nuova generazione di dashboard di visualizzazione della quale ogni Amministrazione avrebbe un disperato bisogno se vuole governare davvero le città

La realizzazione di questi prodotti/servizi é ormai indispensabile in ogni città che voglia definirsi smart. Cosa manca allora? Una forte consapevolezza nelle Governance cittadine e la voglia di immaginare e di non subire il futuro

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Could the new EU Commission ignite a Smart Cities revolution across Europe?

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In one of her final speeches as the Vice President of the European Commission for the Digital Agenda, Neelie Kroes claimed that Europe is missing out on a global digital opportunity. She recognised that a digital revolution isn’t just about which model smartphone you have but about the lives that people lead across the Union, and in the context of our day-to-day lives and increasing urbanisation across the World, the Smart City revolution offers those significant advantages – including smart travel, efficient energy use, e-health and e-education to name a few. The new Commission President Jean-Claude Juncker has been clear that the Digital Agenda is once again a top priority for the new Commission but will this deliver the Smart Cities revolution that we need across the Union?

Encouragingly, the parliamentary approval of the new European Commission last week demonstrates that the digital agenda will continue to be a top priority for policy makers across the institutions. Ms Kroes’ role has been expanded in the new Commission too – with a Vice President for the Digital Single Market (Andrus Ansip), a Commissioner for the Digital Economy & Society (Gunther Oettinger) and a digital brief in no less than another 11 commissioner portfolios. This  indicates that President Junker is standing by his pre-election pledge of making the Digital Single Market a top priority. The estimated EUR250bn of new growth off the back of an efficient, connected European Digital Single Market together with the potential for export opportunities to advancing economies such as China – where new Smart Cities are being built from scratch – explains the continued focus on the Digital Agenda.

However, Ms Kroes has also expressed her view of the immediate challenge of a digitally divided Europe – which she described as a digital Europe versus an analogue Europe. As a consequence, the local impact of a Commission driven approach to the Digital Agenda and Smart Cities investment is likely to be vastly different across the Union. Germany and Italy were identified by Ms Kroes as two of the worst performers for connectivity which, with Italy currently presiding over the European Council, could either be a help or a hindrance.

But what could this mean for existing and new policy output from the Commission? The anticipated completion of the existing draft directives on data protection and cyber security reform remain high on the agenda – although the impact of ongoing negotiations for the Transatlantic Trade and Investment Partnership with the United States is not yet fully understood. It will probably also mean a harder push on reforming the telecoms market (including spectrum reform) following the recent Connected Continent package too – the lack of progress on this front being a failing that Ms Kroes recognised in her speech to the Broadband World Forum in Amsterdam last Wednesday.

Whilst the prioritisation of the Digital Agenda is welcomed, it is also clear that the challenges are still vast. The new Commission takes up post with an already full brief. Ms Kroes was well respected during her time as Vice President but the to-do list is as long as ever. Mr Oettinger’s task is especially challenging: he has been asked to report on the obstacles preventing a connected Digital Single Market within the first six months. That includes reform of the telecommunications market, including harmonising of spectrum rules. Getting this right will create the foundation on which Smart Cities can be built. Without harmonisation of rules and agreed standards to allow interoperability, a European revolution of Smart Cities advancement for the 21st century would appear to have significant obstacles in its path.

If the Commission delivers on its promises, Europe could see a Smart Cities revolution take place generating much needed economic growth and creating lucrative export opportunities. Mr Oettinger’s report on the European Digital Single Market in six months’ time will therefore be an eagerly awaited read.




Strategia Europa 2020: contributo alla consultazione pubblica

ueLa Conferenza delle Regioni e delle province autonome interviene nella consultazione pubblica della Commissione Europea sulla revisione intermedia della Strategia Europa 2020. E lo fa con un contributo, approvato il 16 ottobre, che è stato inviato al Sottosegretario Sandro Gozi (che ha la delega per le politiche comunitarie).

Si riporta di seguito il testo integrale del documento che è stato anche pubblicato sul sito www.regioni.it (sezione “Conferenze”).
Contributo delle Regioni e delle Province autonome italiane  alla consultazione pubblica della Commissione europea sulla revisione intermedia della strategia Europa 2020
Il processo di europeizzazione degli ordinamenti nazionali ha favorito la partecipazione delle Regioni alla programmazione, negoziazione e implementazione delle politiche nazionali ed europee. Le riforme delle politiche regionali e di coesione e l’adozione della Strategia Europa 2020 hanno consentito alla Commissione europea di esercitare una sempre più forte influenza sulle politiche di sviluppo nazionali, legittimando le Regioni ad intervenire nel percorso di costruzione e di attuazione del diritto europeo. Attraverso i principi di sussidiarietà e di partenariato, si va progressivamente affermando un sistema di governance multilivello, dove la responsabilità viene suddivisa tra i diversi livelli di governo (europeo, nazionale, regionale e locale) e le scelte sono calibrate sul territorio di riferimento.
L’istituzionalizzazione del confronto intergovernativo in sede di Conferenze Stato – Regioni (Decreto legislativo 281 del 1997 e Legge 234 del 2012) e la previsione di una presenza delle Regioni e delle Province autonome nel Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) (articoli 2 e 19 della legge 234 del 2012) rappresentano elementi significativi del sistema di governance multilivello presente nell’ordinamento italiano.
In questa prospettiva, le Regioni e le Province autonome si trovano a dover adattare la propria organizzazione al mutato contesto istituzionale, anche procedendo ad una ristrutturazione degli uffici che consenta di partecipare in maniera efficace alla preparazione e all’implementazione delle politiche europee. D’altro canto l’impianto stesso del processo decisionale europeo è ancora troppo centralizzato e poco flessibile per rispondere in maniera adeguata ai diversi fabbisogni regionali.
In tal senso, la recente e innovativa esperienza delle strategie macroregionali può rivelarsi di assoluto interesse per le Regioni e i territori,
in quanto dimensione geo-amministrativa in cui Regioni, Stati e Unione europea hanno l’opportunità di ottimizzare i propri strumenti di realizzazione delle politiche europee, privilegiando la logica del progetto, in un’autentica governance multilivello e proponendo per l’Unione europea un modello di sviluppo policentrico.
La Conferenza delle Regioni condivide i principi e le proposte di riforma contenute Dichiarazione di Atene sulla revisione intermedia della Strategia Europa 2020 – Una visione territoriale per la crescita e l’occupazione, adottata dal Comitato delle Regioni il 7 marzo 2014. Nella seduta del 12 giugno 2014, la Conferenza ha anche aderito alla Carta della governance multilivello in Europa, adottata dal Comitato delle Regioni il 3 aprile 2014, impegnando le Regioni italiane a farsi promotrici dei principi e delle strategie in essa contenute.
In attuazione di quanto sopra, la Conferenza delle Regioni ritiene che la revisione della strategia UE 2020 sia l’occasione per rispondere in maniera efficace all’attuale crisi economica e per rilanciare il processo di integrazione europea, fissando obiettivi ambiziosi ma credibili e condividendo tra le istituzioni dei diversi livelli la ownership del processo di riforma. Quindi, un più forte partenariato dove si possa affermare la dimensione territoriale delle politiche europee e la responsabilità condivisa della loro scelta.
In concreto la Conferenza ritiene che la revisione della strategia Europa 2020 debba prevedere:
1) un più forte e reale partenariato come metodo ordinario di selezione delle politiche pubbliche;
2) una maggiore ownership della nuova strategia da parte di tutti i livelli di governo;
3) un collegamento diretto e funzionale tra la nuova strategia e la politica di coesione europea;
4) una forte dimensione territoriale che comporti l’elaborazione di obiettivi e indicatori diversi per i diversi territori europei;
5) l’elaborazione in partenariato dei Programmi nazionali di riforma, basati su raccomandazioni specifiche definite anche a livello territoriale.



Dal wi-fi al car sharing, ecco cosa rende “intelligenti” le città che rilanciano l’Italia

smart-cityMilano al primo posto, poi Bologna e Firenze, nella nuova graduatoria delle “smart cities” in grado di sostenere lo sviluppo del nostro Paese. Ma il confronto internazionale dimostra che siamo ancora lontani dall’avanguardia

Le prime in Italia sono le ultime (o quasi) in Europa. Oggetto: le città più “intelligenti”, ovvero quelle che aiutano a creare un’impresa e offrono spazi verdi, asili nido, trasporti efficienti insieme a una rete sociale che non ci faccia sentire soli. In classifica Milano è la “numero uno”, sugli altri gradini del podio Bologna e Firenze, seguite da Modena, Padova e Venezia. Roma? Dodicesima, due posizioni prima di Torino. Maglia nera, con il numero 106: Reggio Calabria.

La nuova fotografia dei capoluoghi “smart”, scattata da quelli di ICity Rate 2014 è una classifica (la presentano oggi a Bologna) che viene stilata ogni anno e analizza 72 indicatori: dai chilometri di piste ciclabili presenti nel territorio comunale ai chili di raccolta differenziata fatta da ogni abitante. Fino all’applicazione della tecnologia nella gestione del traffico. “Ma non è solo un semaforo intelligente a rendere “intelligente” una città – avverte Gianni Dominici, sociologo dell’innovazione e direttore generale di Forum PA, la società che mette a punto la graduatoria – le smart cities sono quelle in grado di rilanciare lo sviluppo, di riavviare i motori del Paese: eccellenti dal punto di vista economico e in grado di offrire una buona qualità della vita”.

Così quest’anno, per la prima volta, emergono con prepotenza le grandi città. “L’Italia dei borghi ha un ruolo fondamentale nel vivere bene – continua Dominici – ma se vogliamo diventare competitivi a livello internazionale dobbiamo ripartire da quei territori fertili dove è più facile dare spazio ai cittadini e far crescere le nuove iniziative”.

In concreto cosa cambia nella vita di un giovane che abita a Milano piuttosto che a Reggio Calabria? Cambia che trova se non proprio il lavoro almeno i luoghi e le condizioni per avviare un’impresa e confrontarsi con altri talenti: spazi di co-working, incubatori per start up e accesso più semplice al credito. Poi i servizi e le infrastrutture per spostarsi con agilità, magari in modo alternativo grazie alla connessione diffusa, ai trasporti pubblici capillari e alle applicazioni per car o bike sharing. Quindi parchi, cinema e mostre per divagarsi, quartieri sicuri, assistenza sanitaria e un buon governo del territorio. “Perché se l’innovazione non viene bene amministrata – sottolinea Dominici – è difficile che riesca a farsi strada”.
Al di là della graduatoria generale ci sono poi una serie di eccellenze settoriali. Firenze è la migliore città nel governo locale, Milano ha il primato nell’economia e nella qualità della vita, Trento (che l’anno scorso era in vetta e stavolta scivola al 13esimo posto) vince la palma di più attenta all’ambiente, Ravenna è campione nell’offerta di reti e relazioni sociali mentre Venezia batte tutti nella mobilità. “Sembra assurdo per una città attraversata dalla laguna, che ai più fa pensare a gondole e vaporetti, ma a livello internazionale l’antica repubblica marinara ha una posizione strategica e buone infrastrutture: una stazione ad alta velocità che arriva in centro, un aeroporto, le autostrade. È ben accessibile da tutta Europa”, continua Dominici.

Se tra le città medio-piccole la più smart è Pisa (19esima per i suoi 89mila abitanti) e tra le piccole svettano i 49mila cittadini di Mantova (piazzata al gradino 26), resta del tutto irrisolta la questione meridionale. Nel Mezzogiorno le performance migliori sono quelle di Cagliari, 60esima, seguita da Pescara e L’Aquila. Ma bisogna arrivare in coda per incontrare le grandi città del Sud: Bari è al numero 71, Napoli all’80, Palermo all’82.
Proprio a queste realtà, forse le meno pronte ad accoglierli, arriverà la fetta maggiore dei fondi europei destinati ai progetti urbani. “Almeno 3,5 miliardi di euro, da sfruttare fino al 2020”, fa i conti Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum PA. “Dei 70 miliardi in ballo per l’Italia, la metà comunitari e la metà cofinanziati dal nostro Paese, almeno il 5 per cento dovrà essere destinato a migliorare le città, mentre un altro miliardo è stato già stanziato per lo sviluppo sostenibilee tecnologico delle città metropolitane. Speriamo di non sprecarli”.

Di fatto molto resta da fare, soprattutto in confronto agli altri stati membri. Perché nelle classifiche internazionali Milano, la nostra eccellenza, risulta 19esima. Figuriamoci le altre.

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Milano, via libera all’associazione Smart City

smartL’associazione avrà il compito di coordinare i progetti, di valutare la partecipazione della città ai bandi Ue del programma Horizon 2020 e di promuovere sinergie e momenti di condivisione delle decisioni.

Milano continua il percorso verso la smartness. Dopo la redazione, avvenuta lo scorso luglio, delle Linee Guida volte ad identificare 7 ambiti e i relativi obiettivi da perseguire in un’ottica di smart city, ieri è stato aggiunto un ulteriore tassello. Il Consiglio Comunale ha approvato, con 23 voti a favore, 9 voti contrari e 2 astenuti, la nascita dell’associazione Milano Smart City. L’associazione, senza scopi di lucro, avrà il compito di coordinare i progetti volti a rendere la città sempre più smart e intelligente e di valutare la partecipazione della città ai bandi europei del programma Horizon 2020 favorendo il dialogo e il confronto tra i diversi attori del territorio.
L’obiettivo è infatti quello di creare un modello organizzativo stabile e unitario che consenta sinergie e interazioni fra gli attori coinvolti, che contribuisca a snellire le procedure di comunicazione e che promuova momenti di condivisione delle decisioni.

Continuerà il dialogo con le altre città (smart)
Grazie alla nascita dell’associazione Milano Smart City, che non comporterà oneri aggiuntivi per il Comune, continuerà il dialogo con le altre città attive all’interno dell’Osservatorio Anci Smart City, come Genova e Torino, allo scopo di favorire lo sviluppo di politiche nazionali sempre più smart e orientate ad un uso intelligente delle risorse.�
Partnership
Oltre al Comune di Milano, l’associazione vede come soci fondatori, la Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Milano, in rappresentanza del mondo delle imprese e vedrà la collaborazione delle Università (in rappresentanza del mondo della ricerca), nonché gli enti pubblici locali, territoriali e non territoriali, che condividono lo sviluppo di politiche smart.�
I passi percorsi
La creazione dell’associazione è l’ultima delle tappe raggiunte di un percorso iniziato, per la città di Milano, quasi due anni fa. E che ha previsto, a partire dal forum cittadino “Public Hearing: verso Milano Smart City”–  svoltosi il 19 aprile 2013 con l’obiettivo di coinvolgere i principali attori dello sviluppo della città nella creazione di un sistema non solo di consultazione e governance- l’avvio di una programmazione per ridisegnare la città in chiave smart. Sono state coinvolte le istituzioni, i privati, le università e il terzo settore attraverso la creazione di gruppi di lavoro tematici corrispondenti ai pilastri tradizionali delle Smart Cities: Smart Economy, Smart Living, Smart Environment, Smart Mobility, Smart People, a cui si aggiunge un gruppo di lavoro specifico per Milano sull’Expo.  Parallelamente è stato svolto un lavoro di mappatura dei lavori più ‘smart’ in essere e degli stakeholder, per l’individuazione di soggetti interessati a contribuire con idee ed investimenti.




PERSONE E CONDOMÌNI, IL PROGETTO ABITO

condominioConvivenza condominiale, atto spesso difficile e conflittuale.

Tre giovani trentini under 40 riunitisi nella start up Community Building Solutions, hanno però avuto un’intuizione: rovesciare l’assioma della convivenza condominiale e mettere a valore il capitale relazionale presente nei complessi abitativi.

CBS è una start up di innovazione sociale  fondata da Tania Giovannini, Francesco Gabbi e Francesco Minora è una delle vincitrici del Bando Seed Money di Trentino Sviluppo Spa. Un bando che ha finanziato 36 nuove start up dell’Area promozione tecnologica di Trentino Sviluppo. La start up, a partire da questo finanziamento e in linea con le competenze dei suoi creatori, intende sviluppare servizi per il community building attraverso progetti di economia sociale, sviluppo urbano sostenibile e azioni di welfare territoriale.

 

Oltre il 50% delle persone in Italia vive in condominio e le controversie che scaturiscono producono annualmente circa 200.000 cause che paralizzano il sistema giudiziario. “Perché i vicini di casa non li scegliamo e molto spesso si tratta di una vicinanza forzata che genera conflitto – spiega Francesco Gabbi presidente di CBS – così, dalla convinzione che le naturali difficoltà della convivenza condominiale potessero essere trasformate in risorsa è nato Abito. Il risparmio su misura, affinché il co-abitare non sia solo una condizione da subire. Gli obiettivi del progetto sono quelli di migliorare l’abitabilità dei contesti abitativi da una parte e contribuire al mantenimento e alla riqualificazione dell’immobile dall’altra. Con Abito risparmi, sei informato e vivi meglio”.

Abito si rivolge ai cittadini, ai condòmini, agli amministratori di condominio, alle cooperative di abitazioni, ma anche alle istituzioni per promuovere politiche di coesione territoriale. Il sito di Abito diventerà presto una piattaforma dalla quale sarà possibile accedere a tutti i servizi ed entro ottobre partiranno le prime sperimentazioni in 5 complessi residenziali. “Siamo pronti ad entrare nei condomini e a prendere le misure, continua Francesco Gabbi, faremo un’analisi quantitativa dei costi che riguardano sia il nucleo abitativo singolo che il condominio nel suo complesso”. Dopo la fase di analisi verrà proposto un “abito” su misura attraverso strategie di sharing e pooling che genereranno un risparmio da depositare in un fondo comune utilizzabile secondo le modalità definite collettivamente dai condòmini stessi.

 

I due consiglieri ITEA Michela Chiogna e Luca Gottardi hanno sottolineato la condivisione degli obiettivi del progetto durante la presentazione del progetto alla stampa: “Abbiamo aderito con entusiasmo a questa iniziativa perché incontra perfettamente la mission di ITEA sotto diversi punti di vista – spiega Michela Chiogna. Prima di tutto, l’obiettivo di una buona convivenza, che sia il più possibile partecipata, e l’aumento della socialità. In secondo luogo la volontà di incontrare le necessità economiche delle persone che non passa solo dall’accesso agevolato all’abitazione ma anche dall’abbattimento di alcuni costi e dal contenimento delle spese collaterali; obiettivo perseguito concretamente dal progetto. In ultimo una convinzione: che lavorare insieme su un contesto abitativo favorisca il nascere di un attaccamento, e quindi di una cura, del territorio”. Partner del progetto anche la cooperativa sociale Kaleidoscopio con la presenza del presidente Michele Odorizzi che sottolinea l’innovatività e il cambio culturale messo in atto da Abito. “Nel tempo in cui il pensiero dominante è l’individualismo proporre un cambio di paradigma di questo tipo è assolutamente controcorrente. E’ interessante rilevare che, nell’era dell’enfasi data al confort interno dell’abitare, qui l’attenzione sia spostata su un altro tipo di qualità: quella delle relazioni”.

La vicinanza della Provincia autonoma di Trento all’iniziativa è rappresentata dalla presenza dell’Assessore alla coesione territoriale, urbanistica, enti locali ed edilizia abitativa Carlo Daldoss, che sottolinea il carattere innovativo dell’iniziativa e lo sguardo di fiducia che infonde questa start up per un cambiamento possibile. La convinzione è che la capacità di creare di coesione, minimizzando le differenze tra i singoli e nella comunità, sia la chiave vincente per affrontare il futuro.

Convivenza condominiale, atto spesso difficile e conflittuale.

Tre giovani trentini under 40 riunitisi nella start up Community Building Solutions, hanno però avuto un’intuizione: rovesciare l’assioma della convivenza condominiale e mettere a valore il capitale relazionale presente nei complessi abitativi.

CBS è una start up di innovazione sociale  fondata da Tania Giovannini, Francesco Gabbi e Francesco Minora è una delle vincitrici del Bando Seed Money di Trentino Sviluppo Spa. Un bando che ha finanziato 36 nuove start up dell’Area promozione tecnologica di Trentino Sviluppo. La start up, a partire da questo finanziamento e in linea con le competenze dei suoi creatori, intende sviluppare servizi per il community building attraverso progetti di economia sociale, sviluppo urbano sostenibile e azioni di welfare territoriale.

 

Oltre il 50% delle persone in Italia vive in condominio e le controversie che scaturiscono producono annualmente circa 200.000 cause che paralizzano il sistema giudiziario. “Perché i vicini di casa non li scegliamo e molto spesso si tratta di una vicinanza forzata che genera conflitto – spiega Francesco Gabbi presidente di CBS – così, dalla convinzione che le naturali difficoltà della convivenza condominiale potessero essere trasformate in risorsa è nato Abito. Il risparmio su misura, affinché il co-abitare non sia solo una condizione da subire. Gli obiettivi del progetto sono quelli di migliorare l’abitabilità dei contesti abitativi da una parte e contribuire al mantenimento e alla riqualificazione dell’immobile dall’altra. Con Abito risparmi, sei informato e vivi meglio”.

Abito si rivolge ai cittadini, ai condòmini, agli amministratori di condominio, alle cooperative di abitazioni, ma anche alle istituzioni per promuovere politiche di coesione territoriale. Il sito di Abito diventerà presto una piattaforma dalla quale sarà possibile accedere a tutti i servizi ed entro ottobre partiranno le prime sperimentazioni in 5 complessi residenziali. “Siamo pronti ad entrare nei condomini e a prendere le misure, continua Francesco Gabbi, faremo un’analisi quantitativa dei costi che riguardano sia il nucleo abitativo singolo che il condominio nel suo complesso”. Dopo la fase di analisi verrà proposto un “abito” su misura attraverso strategie di sharing e pooling che genereranno un risparmio da depositare in un fondo comune utilizzabile secondo le modalità definite collettivamente dai condòmini stessi.

 

I due consiglieri ITEA Michela Chiogna e Luca Gottardi hanno sottolineato la condivisione degli obiettivi del progetto durante la presentazione del progetto alla stampa: “Abbiamo aderito con entusiasmo a questa iniziativa perché incontra perfettamente la mission di ITEA sotto diversi punti di vista – spiega Michela Chiogna. Prima di tutto, l’obiettivo di una buona convivenza, che sia il più possibile partecipata, e l’aumento della socialità. In secondo luogo la volontà di incontrare le necessità economiche delle persone che non passa solo dall’accesso agevolato all’abitazione ma anche dall’abbattimento di alcuni costi e dal contenimento delle spese collaterali; obiettivo perseguito concretamente dal progetto. In ultimo una convinzione: che lavorare insieme su un contesto abitativo favorisca il nascere di un attaccamento, e quindi di una cura, del territorio”. Partner del progetto anche la cooperativa sociale Kaleidoscopio con la presenza del presidente Michele Odorizzi che sottolinea l’innovatività e il cambio culturale messo in atto da Abito. “Nel tempo in cui il pensiero dominante è l’individualismo proporre un cambio di paradigma di questo tipo è assolutamente controcorrente. E’ interessante rilevare che, nell’era dell’enfasi data al confort interno dell’abitare, qui l’attenzione sia spostata su un altro tipo di qualità: quella delle relazioni”.

La vicinanza della Provincia autonoma di Trento all’iniziativa è rappresentata dalla presenza dell’Assessore alla coesione territoriale, urbanistica, enti locali ed edilizia abitativa Carlo Daldoss, che sottolinea il carattere innovativo dell’iniziativa e lo sguardo di fiducia che infonde questa start up per un cambiamento possibile. La convinzione è che la capacità di creare di coesione, minimizzando le differenze tra i singoli e nella comunità, sia la chiave vincente per affrontare il futuro.




Acqua piovana nelle pareti per produrre energia

muroWalls 2.0 con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq è in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua

Risparmio idrico ed efficienza energetica. Sono queste le parole chiave di Walls 2.0, sistema capace di recuperare l’acqua piovana, immagazzinarla nei muri e tramutarla in energia. Il sistema, firmato da Rany Young, ha un meccanismo alquanto semplice: lo strato d’acqua che si insinua nelle pareti permette di migliorare notevolmente le prestazioni dell’edificio, aumentando l’isolamento termico tra interno ed esterno. Al contempo, con l’acqua immagazzinata direttamente sul posto e utilizzabile per tutte le necessità quotidiane, viene eliminato il problema del trasporto, riducendo i costi economici e ambientali del servizio.

 

Le pareti perimetrali in cemento sono realizzate aggiungendo una speciale membrana al calcestruzzo liquido che, durante il processo di polimerizzazione, costruisce dei cristalli all’interno dei pori del calcestruzzo, rendendolo completamente impermeabile e duraturo.

Con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq – afferma Young – il sistema sarà in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua piovana. Inoltre, a differenza dei normali serbatoi d’acqua piovana, il sistema è in grado do resistere 4 volte di più.

Il prototipo sarà ora sperimentato dalla Watershed Management Group.