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Raoul Bova e Tor Sapienza

scusate

Tor Sapienza ci riguarda scrive giustamente in Carteinregola la nostra amica Anna Maria Bianchi (blogger romana). E riguarda in modo particolare noi di CorvialeDomani che dal 2008 abbiamo capito che dalla crisi si esce rilanciando le periferie perché, come dice Renzo Piano, è lì che c’è lo spazio, le energie, il bisogno su cui si può costruire un nuovo modello di sviluppo dopo la crisi irreversibile del modello industriale fossile.

Alfonso Pascale (politico, scrittore) nel suo articolo indica la strada di un nuovo welfare produttivo che realizzi obiettivi concreti nei quartieri periferici.

Noi di Corviale Domani abbiamo da tempo identificato questi obiettivi concreti e, dopo anni di lotte e proposte, abbiamo ottenuto che venissero inseriti nelle Linee guida dell’ATER per rigenerare Corviale.

Noi continuiamo, caparbi, a proporre temi, miglioramenti, osservazioni, progetti perché l’occasione dei lavori al palazzo ATER, finalmente assunti come priorità dalla regione, siano l’occasione per il rilancio produttivo dell’intero quadrante.

Ma di una cosa siamo assolutamente certi, e Tor Sapienza ci rafforza in questa consolidata convinzione: senza legalità e sicurezza non si fa la rigenerazione del palazzo. Ce l’hanno fatto capire i bambini con la loro accorata lettera a Cantone e don Ciotti. Ne siamo talmente convinti che su queste parole d’ordine apriremo i lavori di un seminario di riflessione e confronto che faremo al CESV (Centro servizi per il volontariato) il prossimo 4 dicembre (salva la data).

La partita ora è portare al centro del dibattito politico cittadino il tema delle periferie come occasione per sanare l’abbandono di anni rilanciando un’economia di nuovi servizi fondata sull’ambiente, il risparmio e l’autoproduzione energetica, il riciclo dei rifiuti, l’autoproduzione di cibo a chilometro zero.

Per fare tutto questo dobbiamo far conoscere le nostre lotte, i nostri progetti, le nostre idee. E’ una lotta impari contro un sistema dell’informazione concentrato solo sulle dispute di nomi tra chi saranno i prossimi assessori. Noi a questo proposito diciamo solo che al Campidoglio occorre un cambio di passo: meno vetrine e spot e più attenzione al cuore della città e dei suoi problemi. Cuore che ormai da tempo si è spostato fuori dal centro in quelle periferie dove vive e soffre la maggior parte dei romani.

E non è un caso se Scusate se esisto, ottima parabola della difficoltà di emergere per gli outsider, sia non solo ambientato ma interamente scritto sulla storia delle speranze di rigenerazione di Corviale.

Concludiamo, come nel film: “speriamo”.

https://www.youtube.com/watch?v=fDWSpqQiH4I

 

 




La rivoluzione industriale e il “futuro a costo 0”

rifkinda L’Espresso:

Ognuno di noi diventerà sempre di più “prosumer”, cioè produttore e consumatore di energia, informazioni e persino oggetti. Grazie a una Rete sempre più diffusa che ci permetterà di condividere tutto. Una trasformazione già in corso che potrà riportare il benessere in Italia e in Europa. Il grande economista spiega la sua formula.

Lo scorso 9 luglio il primo ministro italiano Matteo Renzi ha inaugurato il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, invocando un nuovo, coraggioso piano per la creazione di “un’Europa digitale”. Il premier Renzi e Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione e commissario Ue per l’agenda digitale, hanno promosso una conferenza che ha visto riunirsi a Venezia numerosi leader d’impresa italiani ed europei, e che è sfociata nella “Dichiarazione di Venezia”, un documento per traghettare l’Italia e l’Unione nell’era digitale. Per l’occasione mi è stato chiesto di pronunciare il discorso d’apertura.

Ho spiegato che digitalizzare l’economia italiana ed europea significa ben più che offrire una banda larga senza soluzione di continuità e una rete wi-fi più affidabile. L’economia digitale rivoluzionerà l’economia globale in ogni suo aspetto, stravolgerà il modus operandi in pressoché tutti i settori produttivi e recherà con sé opportunità economiche e modelli d’impresa assolutamente inediti. Un nuovo sistema economico – il Commons collaborativo – sta facendo il suo ingresso sulla scena mondiale. È la prima affermazione di un nuovo paradigma economico da quando vennero alla ribalta il capitalismo e il socialismo. Il Commons collaborativo sta già trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, e nella prima metà del XXI secolo arriverà a creare milioni di nuovi posti di lavoro, a ridurre le disparità di reddito, a democratizzare l’economia globale e a dare vita a una società ecologicamente più sostenibile.
Ad accelerare questa grande trasformazione è, paradossalmente, lo straordinario successo dell’economia di mercato. Le imprese private sono alla continua ricerca di nuove tecnologie per aumentare la produttività e ridurre il costo marginale della produzione e della distribuzione di beni e servizi, così da abbassare i prezzi, attirare i consumatori e assicurare ai propri investitori un profitto sufficiente. Il costo marginale è il costo di produzione delle unità aggiuntive di un bene o di un servizio, al netto dei costi fissi. Ma nessun economista, però, aveva mai preconizzato una rivoluzione tecnologica che, sfociando nella “produttività estrema”, avrebbe spinto i costi marginali verso lo zero e sottratto all’economia di mercato l’informazione, l’energia e un gran numero di servizi e di beni materiali, resi abbondanti e virtualmente gratuiti. Ebbene, tutto questo ha già cominciato a realizzarsi.

Nell’ultimo decennio il fenomeno del costo marginale zero ha seminato lo scompiglio nell’industria dei “prodotti d’informazione”: milioni di consumatori si sono trasformati in “prosumers” (produttori e consumatori) e hanno iniziato a produrre e condividere musica attraverso i servizi di file sharing, video attraverso YouTube, sapere attraverso Wikipedia, notizie personali attraverso i social media, e persino e-book gratuiti attraverso il Web. Il fenomeno del costo marginale zero ha messo in ginocchio l’industria discografica, estromesso dal mercato giornali e riviste, indebolito l’editoria libraria. Pur riconoscendo le notevoli conseguenze legate al progressivo azzeramento del costo marginale, fino a non molto tempo fa gli analisti sostenevano che il fenomeno non avrebbe mai superato il confine che separa il mondo virtuale dalla realtà economica concreta dell’energia, dei servizi e dei beni materiali. Oggi quel confine è stato varcato.

L’internet delle cose
È in atto una nuova, dirompente rivoluzione tecnologica, che metterà milioni (e presto centinaia di milioni) di prosumers in condizione di produrre e condividere energia, così come una sempre più nutrita serie di oggetti realizzati mediante stampa 3D, a costi marginali quasi zero. La combinazione fra l’Internet delle comunicazioni, l’avviata Internet dell’energia e la nascente Internet dei trasporti e della logistica automatizzati sta dando vita all’Internet delle cose (Idc), la piattaforma di una Terza rivoluzione industriale che nei prossimi decenni trasformerà profondamente l’economia planetaria. Miliardi di sensori, collegati a ogni apparecchio, strumento, macchina o dispositivo, raccorderanno ogni cosa e ogni persona in un’unica rete neurale che si estenderà, senza soluzione di continuità, lungo tutta la catena economica del valore. Sono già 14 miliardi i sensori collegati a flussi di risorse, magazzini, sistemi stradali, linee di produzione industriali, reti elettriche, uffici, case, negozi e veicoli, per monitorarne ininterrottamente le condizioni e il rendimento e trasmettere la massa di dati così ricavata, i big data, alle Internet delle comunicazioni, dell’energia e della logistica e dei trasporti. Si ritiene che nel 2030 l’ambiente umano e quello naturale saranno collegati, in una rete intelligente a diffusione globale, da oltre centomila miliardi di sensori. Imprese e prosumers potranno connettersi all’Internet delle cose e sfruttarne i big data e le analisi per elaborare algoritmi predittivi al fine di migliorare la propria efficienza, aumentare drasticamente la produttività e abbattere quasi a zero i costi marginali di fabbricazione e distribuzione dei prodotti fisici, come già fanno i prosumers con i prodotti d’informazione.

 

Nei prossimi decenni, per esempio, l’enorme quantità di energia che usiamo per riscaldare le nostre case e azionare i nostri elettrodomestici, per alimentare le nostre imprese, per far marciare i nostri veicoli, insomma per fare funzionare ogni componente dell’economia globale, verrà generata a costo quasi zero e sarà quindi pressoché gratuita. È già così per quegli svariati milioni di pionieri che hanno trasformato le loro abitazioni e le sedi delle loro attività in microcentrali capaci di raccogliere sul posto energia rinnovabile. Già prima che il costo fisso dell’installazione di questi impianti solari o eolici sia recuperato (generalmente in un lasso di tempo molto breve che può variare dai due agli otto anni), il costo marginale dell’energia prodotta grazie a essi è quasi zero. Diversamente dai combustibili fossili e dall’uranio impiegato per generare energia nucleare, dove la fonte energetica continua ad avere un costo, i raggi solari catturati sui tetti e il vento intercettato tra gli edifici non costano nulla. L’Internet delle cose consentirà ai prosumers di monitorare il consumo di elettricità nei propri stabili, ottimizzarne l’efficienza energetica e cedere ad altri l’elettricità verde in eccesso attraverso la sempre più articolata Internet dell’energia.

Analogamente, centinaia di migliaia di hobbisti e di start-up sono già impegnati nella produzione in proprio di oggetti tramite stampa 3D, sfruttando software gratuiti ed economici materiali riciclati (plastica, carta e altre materie prime reperibili in loco a costo marginale quasi zero). Nel 2020 i prosumers saranno in grado di scambiarsi prodotti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi, affidandone il trasporto a veicoli senza conducente alimentati da propulsori elettrici o pile a combustibile, cioè da energia rinnovabile a costo marginale quasi zero, e supportati da un’Internet della logistica e dei trasporti.

Grazie al carattere distribuito e paritario dell’Intenet delle cose, milioni di piccoli soggetti – imprese sociali e individuali – saranno messi nelle condizioni di cooperare pariteticamente in Commons collaborativi, instaurando economie di scala laterali capaci di bypassare gli ultimi intermediari che nella Seconda rivoluzione industriale, dominio delle grandi aziende globali a integrazione verticale, tenevano alti i costi marginali. Questa fondamentale trasformazione tecnologica del modo in cui l’attività economica è organizzata e portata a dimensioni di scala prelude a un grande mutamento nel flusso del potere economico, che dalle mani di pochi soggetti passerà a quelle delle masse, con conseguente democratizzazione della vita economica.

Gli incrementi di produttività della Terza rivoluzione industriale supereranno quelli della Prima e della Seconda. Secondo le previsioni della Cisco Systems, nel 2022 l’Internet delle cose genererà risparmi ed entrate per 14.400 miliardi di dollari. Uno studio della General Electric pubblicato nel novembre 2012 conclude che nel 2025 i guadagni di efficienza e produttività resi possibili da una struttura Internet industriale intelligente potrebbero interessare tutti i settori economici, investendo “circa metà dell’economia globale”.

L’era del commons collaborativo
Milioni di persone stanno già trasferendo parti o segmenti della loro vita economica dai mercati capitalistici al Commons collaborativo globale. I prosumers non si limitano a produrre e condividere informazioni, contenuti d’intrattenimento, energia verde, oggetti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi a costo marginale quasi zero. Condividono tra loro anche automobili, case e persino vestiti, attraverso siti di social media, strutture per facilitare i noleggi, club di ridistribuzione e cooperative, ancora una volta a costo marginale quasi zero.
Questa economia della compartecipazione collaborativa vede attivamente impegnato il 40 per cento della popolazione statunitense. Gli americani che usano servizi di car sharing, per esempio, sono oggi svariati milioni. E ogni veicolo noleggiato in car sharing toglie dalla strada 15 automezzi di proprietà. Allo stesso modo milioni di persone che possiedono una casa o risiedono in un appartamento mettono oggi in condivisione le loro abitazioni con milioni di viaggiatori, sempre a costi marginali prossimi allo zero, tramite servizi online come Airbnb e Couchsurfing. Fra il 2012 e il 2013, nella sola New York le persone ospitate in case e appartamenti grazie ad Airbnb sono state 416.000, facendo perdere all’industria alberghiera newyorkese un milione di pernottamenti. Al “valore di scambio” sul mercato si va sempre più sostituendo il “valore della condivisione” nel Commons collaborativo.

In una società a costo marginale zero la produttività estrema riduce – una volta assorbiti i costi fissi – il costo delle informazioni, dell’energia, delle risorse materiali, del lavoro e della logistica necessari per produrre, distribuire e riciclare beni e servizi. Il passaggio dal possesso all’accesso significa un maggior numero di persone che condividono un minor numero di beni in Commons collaborativi, e una drastica riduzione del numero di nuovi prodotti venduti, con conseguente contrazione dell’uso di risorse e minori emissioni di gas serra nell’atmosfera. In altri termini, la spinta verso una società a costo marginale zero e la possibilità di scambiarsi in Commons collaborativi energia verde quasi gratuita, nonché beni e servizi fondamentali, portano alla più sostenibile ed ecologicamente efficiente delle economie possibili. La corsa all’azzeramento del costo marginale è la chiave per assicurare all’uomo un futuro sostenibile sul pianeta.

Recenti ricerche hanno evidenziato il potenziale economico del Commons collaborativo. Da uno studio del 2012 è emerso che il 62 per cento dei nati tra gli anni Sessanta e il nuovo millennio è attratto dall’idea di condividere beni, servizi ed esperienze in Commons collaborativi. Alla richiesta di indicare in ordine d’importanza i vantaggi di un’economia della condivisione, gli intervistati hanno assegnato il primo posto al risparmio di denaro, seguito dall’impatto sull’ambiente, la flessibilità nello stile di vita, la praticità della condivisione e la facilità d’accesso a beni e servizi. Tra i vantaggi emotivi gli intervistati hanno messo al primo posto la generosità, seguita dalla sensazione di essere parte importante di una comunità, la consapevolezza di vivere in modo intelligente, il maggior senso di responsabilità e quello di appartenenza a un movimento.

Ma quanto è verosimile che il Commons collaborativo arrivi a soppiantare il modello d’impresa convenzionale? In un sondaggio d’opinione condotto dalla Latitude Research, «il 75 per cento degli intervistati si è detto dell’avviso che nei prossimi cinque anni la condivisione di beni materiali e di spazi conoscerà un’espansione». Molti analisti del settore concordano con queste previsioni ottimistiche. Nell’era che si sta profilando le multinazionali operanti in un contesto di mercato capitalistico, dominato dal profitto, resteranno a lungo tra noi, ma in una posizione sempre più marginale, essenzialmente come forza d’aggregazione di servizi e soluzioni di rete, e affiancheranno come efficaci partner il Commons collaborativo. Tuttavia, il mercato capitalistico cesserà di essere l’arbitro esclusivo della vita economica. Stiamo per entrare in un mondo almeno parzialmente oltre i mercati, un mondo nel quale impareremo a vivere insieme in un Commons collaborativo globale sempre più interdipendente.

 

L’opportunità per l’europa
Potenzialmente l’Unione europea è il più grande mercato interno a livello mondiale, con 500 milioni di consumatori, cui vanno aggiunti i 500 milioni dei territori legati a essa da accordi di partnership, come i paesi del Mediterraneo e del Nordafrica. La creazione di un’Internet delle cose, in grado di collegare l’Europa e i territori a essa associati in un unico spazio economico integrato, consentirà a un miliardo di persone di produrre e scambiare a costo marginale quasi zero informazioni, energia rinnovabile, oggetti prodotti con stampa 3D e un’ampia gamma di servizi in un’economia digitale ibrida, un po’ mercato capitalistico e un po’ Commons collaborativo, con notevolissimi benefici per la società. La Dichiarazione di Venezia per lo sviluppo di un’Unione digitale nel semestre di presidenza italiana è il primo, fondamentale passo per la creazione di un mercato unico integrato.

Predisporre un’infrastruttura Idc per un’economia da Terza rivoluzione industriale richiederà un consistente volume di investimenti pubblici e privati, come già accaduto per le due rivoluzioni industriali precedenti. Nel 2012 l’Unione europea ha investito in progetti infrastrutturali 740 miliardi di euro, gran parte dei quali sono andati a puntellare l’obsoleta piattaforma tecnologica pensata per la Seconda rivoluzione industriale e giunta ormai da tempo alla sua massima capacità produttiva. Se solo il 10 per cento di quei fondi fosse indirizzato diversamente, se cioè in tutte le regioni dell’Unione europea venisse destinato alla costruzione di un’infrastruttura Idc e integrato da altrettanti fondi istituzionali e da altre forme di finanziamento, l’Unione digitale potrebbe diventare una realtà entro il 2040 (a fine 2011 gli investitori istituzionali dei Paesi Ocse contavano risorse per oltre 70.000 miliardi di dollari, di cui appena il 2 per cento risulta investito in programmi infrastrutturali).

L’Internet delle comunicazioni dell’Ue dovrà essere potenziata, a partire dalla diffusione universale della banda larga e dalla copertura wi-fi gratuita. L’infrastruttura per l’energia dovrà essere trasformata, passando dai combustibili fossili e dal nucleare alle energie rinnovabili. Milioni di edifici dovranno essere riadattati, dotati di impianti per sfruttare le fonti rinnovabili e convertiti in microcentrali elettriche. La rete elettrica dell’Unione europea dovrà essere trasformata in un’Internet dell’energia, una struttura digitale intelligente in grado di regolare il flusso dell’energia prodotto da milioni di microcentrali verdi. Il settore logistica e trasporti dovrà essere digitalizzato e diventare un network di veicoli senza conducente, spostati in automatico via gps su reti stradali e ferroviarie intelligenti. L’affermarsi della propulsione elettrica e a celle a combustibile richiederà milioni di apposite stazioni di rifornimento, tutte connesse all’Internet dell’energia. Occorrerà costruire strade intelligenti, attrezzate con milioni di sensori in grado di fornire in tempo reale all’Internet della logistica e dei trasporti informazioni sui flussi di traffico e sugli spostamenti dei carichi merci.

La progressiva instaurazione in tutta la Ue, e nei Paesi suoi partner, di un’infrastruttura Idc digitalizzata e intelligente restituirà lavoro a milioni di europei, genererà nuove occasioni di business sia nell’economia di mercato sia nel Commons collaborativo, propizierà un vertiginoso incremento di produttività e darà vita alla società sostenibile dell’era post-carbonio. L’investimento nelle infrastrutture innesca sempre un effetto moltiplicatore, che si ripercuote nell’intero spettro dell’economia. La ritrovata occupazione di milioni di persone farà salire il potere d’acquisto, e l’accresciuta domanda dei consumatori schiuderà nuove opportunità d’impresa, generando ulteriori posti di lavoro. Inoltre, la costruzione della piattaforma Idc renderà possibile un esemplare incremento di produttività lungo la catena del valore, potenziando, ancora una volta, l’effetto moltiplicatore in tutto l’organismo economico.

L’alternativa, arroccarsi in una Seconda rivoluzione industriale ormai al tramonto, con opportunità economiche sempre più modeste, un Pil sempre più contratto, una produttività sempre più in calo, un tasso di disoccupazione sempre più alto e un ambiente sempre più inquinato, è improponibile: significherebbe avviare l’Europa su una lunga china di contrazione economica e i suoi abitanti verso il declino della loro qualità della vita.

La presidenza italiana del Consiglio europeo costituisce un’occasione unica per guidare l’Europa sulla via di una nuova era economica. Il percorso deve iniziare con la trasformazione dell’economia italiana attraverso la coesione di Stato, industria e società civile in un organico programma economico di lungo periodo e in un piano d’azione che punti a fare del paese un’autentica vetrina della nuova Europa digitale.

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Roma brucia sotto gli occhi inebetiti di Roma

Quali riflessioni inducono i fatti sconcertanti avvenuti a Tor Sapienza e nell’intero quadrante est di Roma?

La prima riflessione è che interi quartieri della capitale d’Italia sono controllati dalle mafie. L’eroina che si spaccia in così enormi quantitativi non può nascere sugli alberi lungo i viali della città e il riciclo di attività illecite non può avvenire spontaneamente. Roma è il centro dove si realizza l’osmosi  tra gruppi italiani di criminalità organizzata e i loro “colleghi” stranieri. Non solo. È anche la cabina di regia di un’inedita alleanza: quella tra mafie e movimenti populisti e xenofobi di destra per organizzare un consenso diffuso intorno ai traffici illeciti e ai fenomeni di corruzione, soffiando sul fuoco del malessere sociale nei quartieri con una maggiore presenza di immigrati. Di questo non c’è ancora consapevolezza nelle forze politiche, nelle istituzioni e nella società civile. È solo disattenzione o si tratta anche di mafiosità latente che ci riguarda un po’ tutti? Mi ha fatto piacere che a parlarne con toni consapevoli, in una riunione del Pd, sia stato il presidente del Municipio V, Giammarco Palmieri. Forse è possibile preparare un’iniziativa politica adeguata che parta dal basso.

La seconda riflessione è che i figli e i nipoti degli ex baraccati e degli ex borgatari degli anni cinquanta e sessanta, migrati dalle regioni centro-meridionali del paese, stanno sviluppando un loro modo peculiare di vivere la crisi economica. Essi stanno subendo un arretramento dei livelli di benessere fino a rasentare la soglia di povertà. La condizione di profonda incertezza rispetto al futuro fa sì che queste persone sviluppino una tipica avversione verso i deboli: non perché c’è in loro il senso del nemico, ma per paura di cadere nello stesso livello. Allora, attraverso l’aggressione al nero, al nordafricano, al bengalese, si stabilisce  una distanza rispetto al pericolo di una contaminazione da contatto. È la reazione a questo rischio e a quello di cadere al loro stesso livello. L’avversione contro il più debole è, poi, il bisogno di sfogare le frustrazioni che provengono dalle sfere della società in cui non si può arrivare, calpestando coloro che stanno sotto: creando, cioè, dei capri espiatori al di sotto. Un rancore verso l’alto che si sfoga verso il basso. È una distorta ricerca di dignità. Su questi sentimenti fanno leva i movimenti populisti per incanalare la violenza verso gli immigrati e la protesta verso le istituzioni considerate le principali responsabili dell’afflusso di stranieri nei quartieri multietnici della città. Non c’è, dunque, da perdere ulteriore tempo nel varare le misure socio-economiche del governo Renzi: 1) ridurre la pressione fiscale sul reddito da lavoro medio basso; 2) rendere permanente il bonus di 80 euro per i lavoratori con reddito inferiore a 26 mila euro; 3) eliminare il costo del lavoro a tempo indeterminato dalla base imponibile dell’IRAP; 4) fiscalizzare totalmente i contributi previdenziali per tutti i neo assunti, nei prossimi tre anni, con contratto a tempo indeterminato. Prima si interviene per ridurre il disagio sociale delle famiglie e prima si potrà arrestare il clima di violenza.

La terza riflessione è che nei quartieri di Roma interessati a questi fenomeni si dovrebbero concentrare risorse pubbliche e private per azioni di sviluppo – opportunamente accompagnate e facilitate – in grado di modificare drasticamente la struttura economica e sociale dei territori. Si tratta di creare lavoro in una logica produttiva stabile mediante processi di autoimprenditorialità economicamente sostenibile e coinvolgendo giovani italiani e stranieri.  La programmazione dei fondi europei 2014-2020 potrebbe essere un’opportunità qualora le istituzioni locali e la società civile, organizzata nelle assemblee di cittadini, costituissero dei partenariati pubblico-privati per promuovere lo sviluppo locale e gestire i beni comuni.  Questi percorsi forti di sviluppo potranno poi riguardare anche un’opera più lunga, diuturna, di educazione, di attivazione culturale, di associazionismo sociale. Ma oggi l’attenzione è rivolta esclusivamente a questi aspetti che vanno sotto il titolo “cultura”. E non si ha alcuna idea su come costruire, invece, uno sviluppo economico duraturo mediante nuove attività produttive e un nuovo Welfare produttivo. Da nessuna parte si discutono gli obiettivi concreti da realizzare nei quartieri della “guerriglia urbana” per renderli intelligenti, sostenibili e inclusivi, come prevede Europa 2020. Si sta perdendo stupidamente l’occasione dell’istituzione della città metropolitana di Roma capitale per dare finalmente la piena autonomia ai municipi e permettere così di avere un’istituzione di prossimità attrezzata per affrontare i gravi problemi della città. C’è ancora a Roma una classe dirigente degna di questo nome?

Manifestazione di cittadini a Tor Sapienza

Manifestazione di cittadini a Tor Sapienza




Osservazioni di Corviale Domani alle linee guida ATER

1) Per la riqualificazione del Palazzo Ater di Corviale queste le priorità e modalità individuate:

LEGALITÁ — Ristabilire la legalità è priorità assoluta, per farlo, si suggerisce di:

– verificare il nominativo dell’assegnatario con  l’attuale possessore dell’alloggio;

– fare contratto di locazione a  coloro che ne hanno diritto, verificando la situazione familiare ed eventuali sanatorie presentate nei termini di legge;

– verificare le condizioni socio-economiche dei soggetti per la chiusura dei contenziosi;

– prevedere in fase contrattuale l’assegnazione con patto di futura vendita.

SICUREZZA — Strettamente collegata a quanto sopra indicato ai fini di ristabilire la legalità. Inoltre i progetti di connessione orizzontale e verticale, trancio H compreso, dovranno tenere in considerazione:

– la criticità di spazi troppo vasti che da sempre favoriscono vandalismi, furti ed uso impropri;

– recupero ed assegnazione ai titolari degli alloggi dei posti auto e cantine ad oggi occupate abusivamente per farci depositi di materiali vari ed attività sociali e artigianali (carrozzieri, meccanici, falegnami ecc.) le quali dovranno trovare sistemazione legale ed adeguata nel progetto di riqualificazione, previa disponibilità degli stessi e indagine in merito. Attualmente tali attività risultano prive di autorizzazioni quali CPI (certificati prevenzione incendi) ed altro ai fini della sicurezza;

–  sistemazione degli ascensori, peraltro non adeguati ai portatori di Handicap, per vano ascensore e porte inadatte all’introduzione di carrozzine;

–  trasferimento dei contatori di energia elettrica dai sottoscala ai singoli alloggi, al fine di impedire gli allacci abusivi per il prelevamento di corrente elettrica;

– prevedere strumenti necessari per la messa in sicurezza quali impianti di videosorveglianza (videocitofoni, telecamere, ecc..) o guardiania.

-Riscaldamenti e uso acqua  diamo per scontato che con i lavori previsti questi servizi essenziali saranno messi a norma con contatori nelle singole abitazioni o  nei locali assegnati per attività socio-culturali e produttive.

COSTRUZIONE DEGLI ALLOGGI QUARTI E QUINTI PIANI — Dopo la realizzazione dei nuovi alloggi, già previsti nei progetti: –  assegnarli con i requisiti previsti agli aventi diritto previa identificazione e verifica di idoneità  anche per gli occupanti delle sale condominiali e delle torrette.

SVOLGIMENTO LAVORI — I lavori dovranno rispettare quanto previsto dai piani di riqualificazione, nel rispetto delle normative vigenti e dei tempi di attuazione.

Queste le priorità individuate:

– coibentare totalmente il Palazzo, utilizzando la bioarchitettura, soprattutto se si vuole che gli interventi ai fini del risparmio energetico siano efficaci;

–  intervenire e/o sostituire gli infissi degli alloggi;

–  intervenire al rifacimento o la risistemazione dei tetti di tutto lo stabile compreso il Corpo Basso e trancio H;

–  ricostruzione delle fognature esistenti e di servizio al Palazzo, al trancio H e a tutte le strutture collegate (vedi gli stabili che ospitano il consiglio municipale, vigili e mitreo, il mercato, la scuola, ecc..),  in gran parte ostruite o insufficienti e causa di  continui allagamenti e fuoriuscita di liquami con necessario continuo intervento di auto spurgo dai costi elevatissimi e che causano danni alle strutture e alle attività esistenti. Costi aggiuntivi per le casse regionali e comunali

– Anche qui diamo per scontato che  i 9 piani esistenti vengono collegati con ascensori e scale dirette.

2) Ristrutturazione del piano terra: obiettivi e strategie — Il Progetto di rigenerazione funzionale, ambientale e sociale dell’edificio Corviale  dovrà occuparsi anche del  sistema di servizi e degli spazi aperti ad esso connessi (Distretto evoluto d’arte, cultura, sport e ambiente), migliorando così le prestazioni dell’edificio  inteso come condensatore sociale, energetico e di comunicazione. In questo senso appare molto importante creare spazi idonei a supportare le nuove relazioni tra edifico e contesto, attraverso la rigenerazione di parti del basamento con eventuali demolizioni e creazioni di spazi liberi trasversali  in cui realizzare  percorsi e aree attrezzate e in generale spazi della socialità, tenendo in conto  sicurezza e gestibilità. Il sistema di attraversamenti dell’edifico dovrà essere in stretto rapporto con il progetto di  riorganizzazione ambientale e paesistica degli spazi verdi sui due lati opposti dell’edificio (verso il calcio sociale, il municipio, il mercato, il mitreo, la biblioteca, la scuola, i campi sportivi rugby, piscina, ecc) da un lato e verso la campagna (orti urbani, passeggiate, ecc.)  dall’altro.

3) “Colorare il Corviale” — Gli interventi di ristrutturazione dovranno tenere in considerazione la volontà  più volte espressa con inchieste e incontri da parte della Comunità e non solo, circa la necessità di “colorare il Corviale” anche attraverso elementi identitari.

4) Connettività di Corviale con il resto della città e sviluppo produttivo — Una attenzione particolare merita il tema mobilità e connettività da e verso la città che, per quanto riguarda il servizio pubblico verso le due stazioni Termini e Tiburtina, attualmente necessita di due o tre mezzi (bus + metro), penalizzando lo sviluppo economico delle attività già presenti sul territorio. Tale tematica va inquadrata anche in previsione della costruzione del nuovo stadio della A.S. Roma e dell’ipotesi di prolungare la Metro B da Laurentina a Muratella che suggerisce la realizzazione di un rapido e diretto collegamento con il Corviale e il suo quadrante tramite navette e funivia. Ciò risulta essere una priorità anche in relazione all’idea di sviluppo produttivo che il progetto nel suo insieme rappresenta. Aree specifiche, oggi spazi occupati o vandalizzati saranno infatti destinati ad attività legate al riuso e riciclo dei rifiuti, al recupero artigianale ma anche allo sviluppo turistico e culturale legato alla storia del Corviale da attuare di concerto con le strutture già esistenti sul territorio. Al proposito andranno individuati, per favorirne lo sviluppo produttivo tenendo in conto il Terzo Settore,  requisiti e parametri per l’affidamento degli spazi  pubblici a soggetti attivi a favore  della collettivita’ e che, insieme a forme di tutoraggio, andranno  verificati con indirizzi, scelte e  risultati ottenuti.

5) Attività innovative/creative connesse — La rigenerazione sociale dell’edificio Corviale  dovrà passare attraverso lo sviluppo di progetti che rendano i suoi abitanti protagonisti della loro storia. Tali attività potranno essere gestite dalle strutture socio-culturali esistenti, in collaborazione con le scuole, che hanno contribuito in questi anni a generare una fitta rete di relazioni, dando voce ai cittadini e richiamando, in più occasioni, l’attenzione dei media e delle istituzioni. Scelta questa che si coniuga con consapevolezza, competenze e partecipazione come hanno dimostrato nel corso di questi anni eventi, manifestazioni, proposte ed i Forum “La forza nel segno”, tanto per citare, che insistono  sulla necessità di intervenire nella riqualificazione e nel completamento del Progetto Corviale. Vanno in questa direzione le linee guida dell’ATER,  arricchendolo di spunti di riflessione e progettualità innovative ed avveniristiche, il Corviale nel terzo millennio,   in cui si ineriscono, fra l’altro, la nascita del 1° Distretto dell’arte, cultura, sport ed ambiente di Roma e la sottoscrizione di un partenariato interistituzionale che vedrà il Corviale e il suo territorio presente nel  prossimo autunno alla Biennale Internazionale dell’Architettura di Venezia quale prima  vetrina del nostro contributo all’Expo’ 2015 su cui tutti i soggetti interessati stanno lavorando.

6) la ricchezza verde — I parchi urbani – Tenuta dei Massimi e Valle dei Casali 1350 ettari – che definiscono i limiti territoriali del quadrante Corviale e altre aree verdi complementari sono parte centrale del progetto con l’obiettivo di progettare il territorio oltre l’urbano e agricolo per migliorare  la qualità paesaggistica, l’efficienza energetica e la sua capacità di ripristinare  la condizione di equilibrio dell’ecosistema.  Questa ricchezza   dovrà parlare sempre di più la lingua della multifunzionalità e dell’interdisciplinarietà dell’agricoltura, della tutela attiva dei territori, uno sviluppo locale partecipato, un’interazione dell’urbano rurale che rispondano ad una domanda di servizi e di spazi pubblici. Progettare il territorio oltre l’urbano e l’agricolo per migliorare la qualità paesaggistica, l’efficienza energetica e la sua capacità di riequilibrare l’ecosistema territoriale sono  resi possibili se accompagnati da un percorso partecipativo a cui la Comunità allargata sta lavorando. Multifunzionalità e interdisciplinarietà dell’agricoltura, la tutela attiva dei territori, uno sviluppo locale consapevole, un’interazione dell’urbano rurale che  risponda ad una domanda di servizi  che i cittadini e le nuove economie verdi richiedono. Nella traduzione del fare significano orti urbani; agri club; chilometro zero; agricoltura sociale; tetti da costo a ricavi; energie rinnovabili; risposte all’inquinamento; economie dei rifiuti urbani; spazi pubblici collegati, formazione,  conoscenza,  forma collaborative di organizzazione e produzione.

7) Corviale 2020  intelligente sostenibile inclusivo — Un capitolo a parte merita Corviale 2020/ fondi europei su cui il progetto ATER e le sue linee guide sul Palazzo Corviale avranno un rilievo importante in quanto  strettamente connesse con il suo territorio e con il modello di rigenerazione urbana proposto. Nel  contempo  sono in corso d’opera incontri promossi dal MIBACT con tutti i firmatari del partenariato interistituzionale, come da Forum 2013, per definire la proposta quadro degli interventi da presentare in modo pubblico a fine giugno su questo tema.

Si segnalano al proposito alcune possibili iniziative di partecipazione diretta:

Laboratorio inclusivo di scrittura, realizzazione e comunicazione di uno spettacolo sulla storia di Corviale dagli anni ’70 ai giorni nostri. Al centro del laboratorio saranno le persone con il supporto degli operatori specializzati sul territorio e delle diverse realtà del partenariato ognuna delle quali metterà a disposizione idee, progetti, competenze, tecnologie, ecc..ma soprattutto la sua storia legata al Corviale.

Realizzazione di uno  spazio/laboratorio sul tetto del Mitreo, con la costruzione di una sorta di Casa di Vetro, in cui lavorare ed essere visibili dall’edificio e dal territorio.

Condividiamo:

– L’opportunità di valutare, di concerto con Roma Natura, l’implementazione del numero degli orti urbani ( valorizzando quelli esistenti) e lo sviluppo della prevista vocazione agricola e  di progetti/strutture/attrezzature per rendere gli spazi aperti  intorno al Palazzo, piazza di Corviale compresa, funzionali all’idea che il progetto complessivo rappresenta (fattorie sociali, ippovie, ecc..).

– la valorizzazione del bene Corviale anche attraverso:

il recupero di risorse aggiuntive per interventi di manutenzione ordinaria e gestione con operazioni di marketing quali:

– quella sul tetto del Palazzo (visibile da Google Map), come suggerito durante la riunione   del 12 marzo scorso, in attesa dell’avvio della sua rigenerazione come da modello di sviluppo del prof. Panunzi. Al proposito si condivide l’opportunità che il tetto divenga l’elemento orizzontale    unificante, ricordando che la Comunità ha favorito l’accordo fra l’università del Molise e  l’Ater per la sperimentazione dei primi 500mq;

– il facilitare le richieste da parte di registi, artisti, ecc. di utilizzo degli spazi del Corviale come location per film, performance, istallazioni, ed altro;

la diffusione di opere d’arte sul territorio del Quadrante e la continuazione dell’iniziativa avviata durante il Forum e che sta coinvolgendo le persone che a vario titolo si stanno impegnando per la rigenerazione del territorio.

la formazione come elemento qualificante di conoscenza e di competenze per la riuscita  degli interventi previsti nel progetto di riqualificazione  (vedi smart community, riuso e riciclo, spazi interni per attività produttive e artigianali. agricoltura sociale…)

la gestione come requisito determinante su cui investire risorse, competenze e coinvolgimento diretto degli abitanti nelle attività che verranno attivate e negli spazi pubblici da affidare.  Che sia in filo diretto con la sicurezza e il mantenimento curato del bene Corviale.

La registrazione del marchio Corviale  per evitarne usi distorti e valorizzazioni improprie.

– di intervenire, come suggerito dal Presidente Veloccia, sulle carenze dei locali che

ospitano realtà  già attive ed a rischio e che hanno coinvolto fin qui finanziamenti pubblici

e privati ( vedi Centro N. Campanella, struttura che ospita il Consiglio del Municipio,

l’ufficio Tecnico, i vigili, il Mitreo, i centri sportivi…) .

– l’opportunità di costruire gli interventi individuando un preliminare complessivo e poi, a seconda delle priorità, da individuare in modo condiviso, da programmare le scelte in base  alle risorse esistenti e a quelle prossime venture.

Scuola Collodi 7




Guida ai finanziamenti comunitari nel settore dell Turismo

ueEC – Guide EU funding for tourism – Oct 2014




Ha iniziato con questi contenitori, 60 giorni dopo ha lasciato a bocca aperta tutti i vicini di casa!

Stanco del suo noioso prato verde il proprietario di questa casa ha pensato: “Tutta questa fatica per un praticello verde e monotono? Si sarà anche carino e ordinato, ma non mi dà nessuna soddisfazione.”
Ispirato ed in vena creativa questo ragazzo ha deciso di dare una svolta “epocale” al suo giardino…via il pratino all’inglese! 

Sei curioso di sapere quello che ha combinato? Guarda le immagini qua sotto.

Tutto è iniziato con questi contenitori in legno…

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Compost (o terriccio) gentilmente offerto dal comune, perché non approfittarne?

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I semi iniziano a germogliare, ed ecco i primi supporti per favorire la crescita..

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Come creare un impianto d’irrigazione? Work in progress…

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La rucola è la prima a spuntare…

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Secondi classificati: gli spinaci…

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Ed ecco le barbabietole a portare un pò di colore…

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Una bella prospettiva dei ravanelli che spuntano…

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Immancabili carote, impossibile farne a meno…

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Piselli…

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Ha raccolto talmente tanto, che il ragazzo ha dovuto regalare (volentieri) alcuni dei suoi ortaggi…

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 Guarda che belli questi cipollotti…

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Il verde di questi fagioli è magnifico…

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 Conosci i tomatillos? Eccoli qua…

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Cetrioli, anche loro immancabili…

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Primo piano di un bel peperone…

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Un pomodoro già maturo, e gli atri a seguire…

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Lo spettacolo dei fiori di zucca…

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Come potevano mancare i fiori? 

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I blocchi in cemento sono perfetti per coltivarci le erbe aromatiche…

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Rifatti gli occhi con questo!

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Uno sguardo al giardino del vicino…non c’è confronto!

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Che dici, secondo te questo vicino di casa prenderà spunto dall’ingegnosa e creativa porta accanto?

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Bando aree agricole, presentati i vincitori

F_diMajo_33771-1024x682Questa mattina, insieme al vicesindaco Luigi Nieri, l’assessore all’Ambiente Estella Marino e il presidente del III Municipio Paolo Marchionne, abbiamo presentato i vincitori del primo bando pubblico per l’assegnazione di aree agricole e immobili rurali in disuso di proprietà di Roma Capitale per lo sviluppo di nuove aziende agricole biologiche multifunzionali.

Dopo aver aperto, lo scorso maggio, un avviso pubblico per l’assegnazione di circa 100 ettari di terre divisi in 4 lotti oggi abbiamo i primi vincitori che realizzeranno nuove aziende agricole biologiche in aree bellissime e di grande valore.

La Tenuta Redicicoli, nella Riserva naturale della Marcigliana, è stata assegnata a un giovane di 21 anni, Daniel Burraiil progetto vincitore per l’area di Tor de Cenci, nella Riserva naturale di Decima, è stato presentato dal 33enne Mario Sonno e il lotto di Borghetto San Carlo, nel Parco di Veio, è stato assegnato alla cooperativa agricola CO.R.AG.GIO, costituita da 15 giovani agricoltori.

Tra le attività che verranno realizzate ci sarà la vendita diretta di prodotti a km 0 a disposizione delle cittadine e dei cittadini, fattorie didattiche e centri estivi per ragazzi, orti sociali, reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, un agri-ristoro e un parco avventura.

Un anno e mezzo fa in campagna elettorale delineammo con chiarezza quella che era la nostra visione politica, urbanistica e ambientale per l’area dell’Agro Romano e più in generale per la città intera: basta cemento e rigenerazione dell’esistente. Oggi diamo concreta dimostrazione di quel cambiamento annunciato e confermato da alcune scelte significative sul consumo di suolo.

Questa operazione mi rende particolarmente orgoglioso per i tanti obiettivi che riusciamo a raggiungere contemporaneamente. L’affidamento delle terre a giovani agricoltori rappresenta un vero e proprio investimento per il futuro, all’insegna dello sviluppo sostenibile: ai vincitori del bando chiediamo infatti di prendersi cura di questo bene comune e di metterlo a valore restituendo alla collettività e al quartiere servizi e iniziative sociali.

L’affitto ha un prezzo simbolico, dai 100 ai 200 euro a ettaro l’anno. Questo perché vogliamo incentivare la nascita di nuove realtà che fanno bene alla città e aiutano i giovani a essere protagonisti del futuro.

Il settore agricolo negli ultimi anni ha registrato una crescita costante nel territorio romano. Abbiamo, quindi, inserito nel bando un criterio di valutazione dei progetti volto a valorizzare lo sviluppo della biodiversità nella conduzione delle aziende che nasceranno.

Questo è solo il primo di tanti passi che vogliamo fare. Entro dicembre presenteremo il prossimo bando con altre quattro aree, complessivamente per 95 ettari. La prima si trova nel Municipio XI di 25 ettari due aree nel Municipio III di rispettivamente di 10 e 40 ettari e la quarta area nel Municipio IV di 20 ettari.

Quello agricolo è un settore vitale che per la nostra città e noi vogliamo valorizzarlo guardando al futuro.

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In Giappone una casa ai giovani che aiutano i vecchi

geisha“Stanze in cambio di ore di volontariato…per evitare il collasso…Alcune città offrono le abitazioni ai ragazzi che rianimino i quartieri con bar e concerti…frequentino nel tempo libero locali e circoli della zona, parlino e scherzino con gli anziani…consegnino un pò di spesa a chi non riesce a muoversi e animino le feste dei vicini…Governo e privati offrono case per volontari a studenti e under 30 che pagano il canone in ore di volontariato…Kobe e Akashi hanno spinto il modello all’estremo: stanze in offerta per ragazzi che rianimano la città. Devono organizzare concerti e barbecue, gestire palestre, tenere aperti cinema, biblioteche e bar.”