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Studio Enel: con l’efficienza energetica +2% Pil e aumento degli occupati del 2%

efficienzaL’Italia potrebbe ridurre i consumi totali di energia tra il 12 e il 18%, risparmiando fino a 72 milioni di tonnellate di CO2 al 2020
È stato presentato oggi a Roma in una conferenza lo studio “Stato e prospettive dell’efficienza energetica in Italia”, realizzato dalla Fondazione Centro Studi Enel e dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano.
Alla conferenza hanno preso parte il Presidente di Enel e Presidente del Comitato Scientifico Internazionale Fondazione Centro Studi Enel, Paolo Andrea Colombo; l’Amministratore Delegato, Direttore Generale del Gruppo e Presidente della Fondazione Centro Studi Enel, Fulvio Conti; il Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Simona Vicari e il Presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Guido Bortoni.
I rappresentanti delle istituzioni e gli esperti del mondo accademico e dell’industria hanno evidenziato l’importanza dell’efficienza come strumento strategico di politica energetica e volano per la ripresa economica del Paese.
Secondo lo studio (CLICCA QUI), l’applicazione di strumenti e sistemi per l’efficienza energetica potrebbero generare un impatto sul sistema economico nazionale pari al 2% del PIL e un risparmio compreso tra 50 e 72 milioni di tonnellate di CO2 al 2020. A ciò si aggiungerebbe un aumento degli occupati fino al 2% a fronte di una riduzione dei consumi totali di energia compresi tra il 12 e il 18%.
I potenziali di risparmio nei due scenari
“Dall’analisi delle tecnologie e degli scenari al 2020 emerge – si legge nello studio – che il potenziale di risparmio legato alle applicazioni di tecnologie per l’efficienza energetica è notevole, con risparmi annui a regime sui consumi finali al 2020 di 288 TWh in uno scenario di sviluppo ottimo e di 195 TWh in uno scenario di sviluppo moderato e che gran parte del risparmio energetico annuo conseguibile al 2020 (il 95% circa) riguarda interventi nel patrimonio edilizio (residenziale, terziario e industriale), rispettivamente 273 TWh e 183 TWh per gli scenari di sviluppo ottimo e moderato”.
I benefici
Il Report fornisce uno sguardo d’insieme ai benefici per il Paese associabili a tali ipotesi di penetrazione al 2020, mostrando come “i vantaggi siano consistenti. Allo scenario di sviluppo ottimo, infatti, è associato un risparmio annuo a regime di emissioni di CO2, calcolato sulla base della riduzione dei consumi finali di energia, di 72 milioni di tonnellate (circa 50 milioni nello scenario di sviluppo moderato), a fronte di un volume d’affari complessivo di 512 miliardi di euro (circa 350 miliardi di euro nello scenario di sviluppo moderato) nell’intervallo di tempo considerato (che si traduce in un volume di affari annuale di circa 64 miliardi di euro) e di una ricaduta sul sistema industriale complessiva pari a 3.726.637 Unità di Lavoro Annue – ULA (circa 2,5 milioni nello scenario di sviluppo moderato) nell’intervallo di tempo considerato (che si traduce in circa 460.000 ULA all’anno). Inoltre, assumendo l’italianità dell’intera filiera, l’incidenza del volume d’affari annuo sul PIL sarebbe compresa tra il 2 e il 4% e gli operatori legati all’efficienza energetica coprirebbero annualmente una percentuale compresa tra l’1,2% e il 2% del totale occupati”.
Gli ostacoli
Le principali difficoltà nella realizzazione di politiche che aumentino l’efficienza energetica riguardano fattori culturali, economici, regolatorio-normativi e tecnologici. Si va dalla scarsa efficienza nell’allocazione degli incentivi rispetto alle reali esigenze del mercato, come gli aiuti destinati a tecnologie diffuse e ormai mature, alla difficoltà di accesso e alla scarsa aderenza alle reali esigenze degli operatori. A questo si aggiunge la complessità regolatoria, in particolare nei casi di tecnologie legate all’utilizzo di energia elettrica, accompagnate dalla mancanza di un sistema Paese a supporto dell’efficienza energetica.
Sul fronte dei benefici, numerosi sono soprattutto quelli legati alla riduzione dei consumi energetici, sia in termini di decarbonizzazione di alcuni settori come quello dei trasporti e del riscaldamento, sia di diminuzione degli inquinanti, specie nelle città. Tuttavia, sottolinea lo studio, questi miglioramenti sono limitati da una serie di fattori economici e regolatori, tra cui la struttura della tariffa elettrica fortemente progressiva e le difficoltà di accesso a forme contrattuali diverse da quelle standard.
Il ruolo delle utility
Inoltre, lo studio riconosce alle utility un ruolo importante nell’abbattimento delle barriere che ostacolano la diffusione dell’efficienza energetica. Le aziende elettriche, infatti, possono agire come system integrator delle tecnologie su scala nazionale in un’ottica di lungo periodo che favorisca lo sviluppo di una filiera industriale integrata. Infine, unendo scala e capillarità, le utility possono fungere da hub per offrire un servizio “chiavi in mano” al cliente con caratteristiche di economicità, competenza tecnica, affidabilità, semplificazione e disponibilità finanziaria.
L’efficienza deve diventare un “pensare comune”
In conclusione, secondo il report “I numeri sembrano dimostrare che l’Italia abbia le carte in regola per puntare senza esitazioni sull’efficienza energetica, per garantirsi uno sviluppo sostenibile e ricadute economiche e occupazionali positive. L’efficienza energetica può inoltre rappresentare un trampolino per sviluppare e dare slancio, in un’ottica strategica di lungo periodo, a filiere industriali che possono rappresentare l’ossatura del Paese in un futuro a medio-lungo termine”. Tuttavia, l’Italia deve esercitare “uno sforzo congiunto, che parta dalle istituzioni – con il ruolo cruciale in tal senso del policy maker – e arrivi ai singoli cittadini, affinché l’efficienza energetica diventi un “pensar comune”, un tema di primaria importanza. Solo così sarà possibile sviluppare un approccio integrato al tema dell’efficienza energetica che potrà portare a effetti moltiplicativi sui benefici ottenibili”.

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Europa: chance o handicap?

ueE’ cominciata la partita delle elezioni europee e, soprattutto a destra, si delineano le strategie.
Segnali preoccupanti mettendo in fila due editoriali di Vittorio Feltri sul Giornale:
30/10/13: Paese stufo dell’euro: Berlusconi e Grillo nuova maggioranza: “Ci domandiamo perché Berlusconi e Grillo non si alleino (…) conducendo insieme una lotta finalizzata alla riconquista italiana della sovranità nazionale e del diritto di battere moneta”
31/10/13: L’Europa degli imbecilli che ci dà lezioni sul wc: “stabilire per decreto la quantità di acqua da erogarsi negli orinatoi (meno di mezzo litro) e nei water (cinque litri e non di più). (…) incomprensibili quasi come le quote latte.”
Dall’altra parte, rinchiusi nei propri recinti ombelicali, non s’ode battito di ciglia. Per fortuna soccorre, come sempre più accade, quella parte della società civile che Paul Ginsborg definì “ceto medio riflessivo” e che a mò più globalizzato potremmo riconoscere come “società della conoscenza”. Essa c’indica alcune linee di riflessione teoriche, economiche e – finalmente – operative:
nell’ordine:
– Alain Touraine propone un’interessante analisi sulla fine della società. Non parafrasando per niente la poco felice “fine della storia” di Fukuyama, propone alla riflessione il tema che il passaggio dal capitalismo produttivo al capitalismo finanziario genera un annichilamento del sociale. Si pone illuministicamente l’obiettivo di uscire da questa perdita con la proposta del passaggio dalla relazione con l’altro alla relazione con se stessi. Ritrova in questa scoperta la ragione della centralità dei diritti che, per Touraine, “stanno al di sopra delle leggi”. Il sociologo francese ricorda come esempio della sua analisi “la condizione femminile che è diventata uno degli elementi determinanti per valutare il grado di sviluppo di una società.”
– La Fondazione per le qualità italiane Symbola insieme a Unioncamere e alla Fondazione Edison presenta nel suo Manifesto “Oltre la crisi l’Italia deve fare l’Italia” un rapporto da cui evince che:
* la green economy ha tre milioni di occupati,
* 328 mila aziende hanno investito per risparmiare energia e limitare l’impatto ambientale,
* tali aziende nel 2013 hanno operato il 38% delle assunzioni,
* il 42% delle aziende che ha fatto eco-investimenti esporta.
– Il Ministero dei Beni Culturali sta lavorando per alleggerire il corpo centrale delle sue strutture rafforzando quelle periferiche che non riescono quasi, per personale carente e anziano (età media 55 anni), ad esercitare l’essenziale tutela del territorio e pianificazione paesaggistica riducendosi sempre più a sole funzioni burocratiche.
Se, impropriamente ma muniti del sempre più scarso “ottimismo della ragione”, uniamo queste tre “buone nuove” abbiamo già un primo scheletro di quello spirito di Europa 2020 che, ben aldilà di piccoli calcoli elettorali, dovrebbe pervadere il Paese.
Tommaso Capezzone
Italia oltre la crisi
Manifesto Italia oltre la Crisi
dati Italia oltre la crisi
schede Italia oltre la crisi




Roma: Patto Civico con i costruttori per la rigenerazione urbana e la legalità

rigenerazioneIl sindaco della capitale propone un’alleanza con le imprese di costruzioni sul Piano Regolatore e per una nuova urbanistica
Negli ultimi cinque anni gli investimenti nel nostro settore a Roma e provincia sono scesi di un quarto. Abbiamo perso 2 miliardi di euro e 22mila posti di lavoro”.

È un quadro a tinte fosche quello descritto dal presidente dell’associazione costruttori edili di Roma e provincia, Edoardo Bianchi, nella sua relazione presentata all’assemblea annuale 2013 dell’Acer.

L’edilizia è un volano per la ripresa dell’economia

“È il momento delle scelte coraggiose e rigorose. Tutti noi siamo consapevoli che non vi possono essere occupazione e ricchezza senza impresa”, ha sottolineato Bianchi, che ha posto l’accento sulla necessità di “puntare sull’edilizia, perché siamo un settore antirecessivo. E siamo un efficace volano di ripresa dell’economia”.

Allarme sui capitali mafiosi

Il presidente degli imprenditori edili romani ha lanciato anche un allarme sulla criminalità mafiosa. “Esiste un concreto rischio che si affermino sul mercato laziale imprese con capitali di dubbia provenienza”, che nell’attuale momento di scarsità di risorse finanziarie e di difficoltà di accesso credito può realmente “alterare il mercato regolare”. Secondo Bianchi è necessario un progetto che “riesca a comunicare l’esiguità delle risorse con l’esigenza di dare risposte concrete alla città. In un periodo di recessione le politiche di governo non possono più essere quelle che hanno caratterizzato gli anni di crescita economica”. Occorre quindi “rivedere totalmente le logiche gestionali che hanno prodotto sprechi e inefficienze che hanno drenato risorse senza produrre risultati di interesse per la collettività”.

L’emergenza abitativa

Per quanto riguarda il problema allarmante del fabbisogno abitativo, il presidente Acer ha ricordato che “sono anni che si fanno delibere programmatiche ma non è stata costruita ancora un’abitazione”. Secondo Bianchi, strumenti attivabili nel breve periodo ci sono, come nel caso del bando regionale 355 del 2004, e potrebbero generare a Roma 5.700 alloggi. “Non appena la regione definirà le modalità di erogazione del finanziamento e dopo le opportune rimodulazioni del lotto dell’operatività dell’intervento, all’indomani apriremo i cantieri e dopo due anni le case saranno pronte”, assicura Bianchi.

Marino: Patto civico con i costruttori

Di fronte alla platea dei costruttori romani riuniti per l’assemblea annuale, il sindaco di Roma Ignazio Marino ha proposto un nuovo Patto Civico fra la città e le imprese di costruzioni.

”Il Patto Civico che proponiamo ad Acer – ha spiegato Marino – è volto proprio alla realizzazione del Piano Regolatore e all’avvio di una nuova stagione dell’urbanistica romana: quella della rigenerazione, diversa da quella dell’espansione e della conservazione. Quello della rigenerazione – che è anche una rigenerazione culturale con cui guardare la città – è l’orizzonte che ci permette di fare fronte ai rischi e di cogliere le opportunità rese evidenti dalla crisi del passato modello di sviluppo”.
Proposta per la trasparenza e la legalità
Il sindaco di Roma garantisce l’impegno “a cambiare e migliorare il ruolo dell’amministrazione. Il nostro obiettivo è sradicare la discrezionalità, dare solidità agli atti e alle procedure eliminando ambiguità. Vogliamo ridurre i contenziosi e rendere coerente e trasparente il nesso fra gli obiettivi che l’amministrazione intende perseguire e le modalità con le quali li realizza. Abbiamo già pronta una proposta per la trasparenza e la legalità”, ha annunciato Marino.

http://www.casaeclima.com/index.php?option=com_content&view=article&id=17217:roma-patto-civico-con-i-costruttori-per-la-rigenerazione-urbana-e-la-legalita&catid=1:latest-news&Itemid=50




Siamo tutti statuine: nei supermarket la nostra copia in 3D

stampanteLa miniatura, alta 20 centimetri, è realizzata con una scansione del corpo e le stampanti di ultima generazione. Riproduce i tratti nel minimo dettaglio: è già in vendita a Londra e sarà tra i regali più ricercati del Natale 2013.
Il regalo-novità del Natale 2013 da mettere sotto l’albero siete voi. Bè, non proprio voi, impacchettati dalla testa ai piedi, bensì un modellino, un bambolotto, una versione ridotta del prodotto originale, peraltro identica in ogni più piccolo particolare. Si chiama “Mini-me” ed esce dalle stampanti in 3D che secondo gli economisti produrranno una nuova rivoluzione industriale. A Londra si può già comprare, per 40 sterline (circa 50 euro) nei supermercati Asda, e per un po’ di più, da 70 a 120 sterline (85-150 euro), da Selfridges, i grandi magazzini di Oxford street che competono con Harrods per la palma di più eleganti department stores della capitale. Ma conviene sbrigarsi, perché a dicembre, prevedono gli esperti di marketing, ci sarà la ressa per portarsi via una di queste statuine che sono la perfetta copia di chi le compra.
Non è neanche un anno che si sente parlare di stampanti tridimensionali: macchine potenzialmente in grado di fare anzi rifare tutto, da un portachiavi a un aeroplano, sicché in un giorno di un futuro non molto lontano non saranno più necessarie le fabbriche, basteranno le fotocopiatrici in 3D per darci una serie infinita di qualsiasi cosa di cui abbiamo bisogno. Ma se quello è il futuro e ad alcuni di noi sembra ancora fantascientifico (non a scienziati e futurologi, come Christopher Barnatt, autore di “3D Printing: the next industrial revolution”, e Chris Anderson, autore di “Makers: the new industrial revolution”, due fra i tanti studi sul fenomeno pubblicati negli ultimi mesi), il presente è già pronto a sbarcare sulle strade dello shopping natalizio. Ieri il Sun, tabloid popolare londinese, ha pubblicato il “mini-me” di un cronista, andato a farsi fare una copia tridimensionale di se stesso al supermarket Asda di York: modica spesa di 40 sterline, ma bisogna aspettare una settimana per farsi consegnare una bambola che ci somiglia come se ci guardassimo allo specchio. Uno specchio che fa sembrare più piccoli: è alta 20 centimetri. Ma riproduce qualsiasi dettaglio, dai vestiti che indossiamo al giornale che Daniel Jones, questo il nome del reporter del Sun, teneva in mano. Funziona così: un addetto ti scansiona con una macchinetta che tiene in mano, quindi un computer cuce insieme centinaia di minuscole immagini fino a costruire un ritratto in 3D, che viene poi inviato a una stampante da 100mila sterline (120mila euro) da cui sbuca il prodotto finito. La nostra mini-copia.
Prima di Natale sarà possibile sottoporsi alla medesima procedura in qualunque altro dei 27 supermarket dell’Asda sparsi per l’Inghilterra; e tra pochi giorni, dal 24 ottobre, lo stesso servizio sarà disponibile da Selfridges, nel cuore di Londra, dove i prezzi saranno un po’ più alti ma i tempi di consegna del “Mini-me” più brevi (due giorni). Nei grandi magazzini saranno in vendita anche stampanti in 3D per tutte le tasche, da 750 a 3mila sterline l’una, così come, nella corsa allo shopping di Natale, in negozi di elettronica come Curry e Maplin. “Prevediamo che le copie tridimensionali sostituiranno le fotografie come modo migliore per avere immagini di sé”, dice Phil Stout, capo del dipartimento digitale dell’Asda. “Che sia il primo giorno di scuola o la laurea, la cerimonia di nozze o il primo vagito di un bebè, ci sarà presto un Mini-me per tutte le occasioni da regalare a parenti, innamorati e amici”. Invece di bambole e soldatini, insomma, sotto l’albero del Natale 2013 cominceremo a trovare copie di noi stessi. C’è solo da augurarsi che si possano migliorare, rispetto all’originale, come Photoshop permette di fare con le foto. “Mi somiglia proprio”, scrive il giornalista del Sun rimirando il modellino di se stesso, “eccetto per il naso, naturalmente, il mio non è certo così grosso”.

ENRICO FRANCESCHINI

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Programmazione dei Fondi europei 2014‐2020

soldiwww.governo.itNei prossimi giorni, dopo l’imminente definizione finale da parte delle istituzioni europee del bilancio pluriennale e dei regolamenti sulle politiche di coesione, il governo italiano su iniziativa del Ministro per la coesione territoriale presenterà alla Commissione europea la bozza dell’Accordo di partenariato (vedi allegato)sulla programmazione dei fondi strutturali 2014‐2020.
Si tratta di un documento importante, nel contesto della gravissima crisi che da tempo colpisce l’Italia. Queste politiche svolgeranno un ruolo fondamentale per la crescita, per il rilancio del sistema produttivo, l’incremento dell’occupazione e il miglioramento della coesione sociale nel nostro paese, in tutte le sue regioni.
In base ai principi europei, le politiche di coesione riguardano l’intero territorio nazionale, pur con modalità diverse: le regioni del centro nord sono incluse nel gruppo delle regioni europee più sviluppate; Sardegna, Abruzzo e Molise fra le regioni in transizione, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia, fra le regioni meno sviluppate.
In base agli stessi principi, alle Regioni è destinato, per il periodo 2014‐20, complessivamente un contributo europeo di circa 30 miliardi di euro, di cui 7 per le regioni più sviluppate, 1 per le regioni in transizione e 20 per le regioni meno sviluppate.
A tali cifre vanno aggiunti gli importi del cofinanziamento nazionale (obbligatorio per le politiche di coesione europee), pari agli stanziamenti comunitari. Nel quadro degli interventi per lo sviluppo regionale, le politiche comunitarie si sommano alle politiche nazionali, incardinate sul Fondo Sviluppo e Coesione che ha una allocazione nella legge di stabilità di circa 54 miliardi distribuiti negli anni di attività dei fondi.
Nel complesso le politiche di sviluppo e coesione conteranno su circa 100 miliardi di euro.
Tali risorse devono svolgere, nel ciclo 2014‐20, un ruolo duplice, ma strettamente integrato: da un lato continuare nell’azione di potenziamento e miglioramento dei contesti regionali; dall’altro assicurare un sostegno, strutturale e non congiunturale, ai processi di rafforzamento delle imprese, di incremento dell’occupazione, di miglioramento del tessuto sociale dopo la grande crisi.
A tal fine, la programmazione 2014‐20 opera una prima grande scelta innovativa rispetto alle esperienze precedenti di utilizzo dei fondi: quella di specializzare il Fondo Sviluppo e Coesione nel finanziamento delle grandi opere infrastrutturali, in particolare nel campo dei trasporti e dell’ambiente. Ciò consente di poter disporre di una tempistica di spesa più adatta a realizzazioni grandi e complesse sotto il profilo amministrativo e tecnico. Inoltre, permette di non vincolarsi alle scadenze che riguardano i fondi strutturali di solito difficilmente compatibili con la durata dei processi di realizzazione delle opere infrastrutturali.
Così, le politiche nazionali (Fondo Sviluppo e Coesione in corso e previsto per il 2014‐20) si orienteranno sulla infrastrutture più importanti, oltre che su ambiti nei quali le politiche europee
non intervengono; i Fondi Strutturali invece investiranno sulle imprese e sulle aree territoriali, sulle persone e sulle infrastrutture leggere, in coerenza con i regolamenti comunitari.
La strategia europea indica per i Fondi Strutturali 11 grandi aree di intervento. In questo quadro, la strategia italiana opera alcune scelte che tendono a concentrare le risorse in pochi obiettivi segnando una innovazione rispetto al passato ciclo di programmazione. In particolare, agli obiettivi ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione e competitività delle piccole e medie imprese è destinato il 37% delle risorse, con un incremento rispetto al ciclo di programmazione precedente del 10%. All’obiettivo promozione dell’occupazione è destinato il 14% delle risorse con un incremento rispetto al ciclo di programmazione precedente del 4,1%.
La valorizzazione dei beni ambientali e culturali – oggetto nei cicli precedenti di importanti investimenti di tutela e rifunzionalizzazione ‐ al fine di promuovere impresa e occupazione assume un ruolo estremamente importante nel programma
Il programma conferma, altresì, investimenti rilevanti sia per promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà, sia nell’investimento nella scuola e nella formazione.
Inoltre, viene proposto un nuovo programma di intervento sulle città. Le città possono essere il motore della ripresa dell’economia italiana, luoghi nei quali più facilmente nascono e sviluppano nuove imprese utilizzando i saperi delle persone. I programmi urbani saranno costruiti mirando ad una pluralità di ambiti fra loro integrati, fra cui spiccano per importanza le forme di mobilità sostenibile, gli interventi per l’efficienza e il risparmio energetico, per l’economia digitale e l’inclusione sociale.
Allo stesso modo attenzione particolare viene dedicata alle aree interne del paese, per rompere i vincoli dell’isolamento, garantire quantità e qualità dei servizi pubblici, mettendole in grado di contribuire maggiormente al rilancio del paese.
Nell’ambito della strategia nazionale, le azioni per il Mezzogiorno sono caratterizzati da uno sforzo maggiore di individuazione di interventi a scala macroregionale, evitando i rischi di isolamento delle programmazioni regionali e definendo temi comuni di lavoro, a partire dal rafforzamento di filiere produttive di specializzazione (nel manifatturiero, nell’agricoltura, nell’agroindustria e nel turismo di qualità) e dalla realizzazione di infrastrutture leggere di connessione e integrazione delle reti.
Le scelte per la programmazione di queste risorse sono finalizzate ad assicurarne un impatto rapido ed efficace sull’economia di tutte le regioni italiane, per accompagnare progressivamente i primi segnali di ripresa a partire dal 2014. Apprendendo dall’esperienza ciò ha portato ad alcune scelte di fondo di rilevante importanza.
Viene rafforzato il presidio nazionale dei Fondi Comunitari. Ciò non significa ricentralizzare la spesa, ma assicurare l’impegno e la responsabilità politica delle istituzioni nazionali per una loro efficiente e rapida attuazione, per la definizione di regole ed indirizzi comuni, per la coprogettazione, il sostegno tecnico e il monitoraggio di interventi e azioni, per un incisivo ruolo della costituenda Agenzia nazionale per la coesione territoriale. Le risorse europee mirano ad incrementare il benessere dei cittadini e la competitività delle imprese: è compito di tutte le istituzioni, a tutti i livelli, collaborare perché ciò accada, indipendentemente dalle specifiche responsabilità gestionali.
Presidio nazionale significa assicurare l’integrazione delle politiche comunitarie, oltre che con l’azione del Fondo Sviluppo e Coesione, anche con l’insieme delle politiche ordinarie; contemperare l’obiettivo di avere sull’intero territorio nazionale pratiche e metodi omogenei, con le opportune esigenze di adattarli agli specifici contesti territoriale; sostenere senza discriminazioni cittadini e imprese; promuovere interventi rapidi, valorizzando la diffusione delle buone pratiche da territorio a territorio.
A tal fine la programmazione conterrà alcuni schemi di intervento per l’intero territorio nazionale e/o per il Mezzogiorno, mirati a sostenere: i processi innovativi delle imprese, in particolare di minore dimensione, e di ampliamento della capacità produttiva, materiale e immateriale; l’assunzione a tempo indeterminato nelle imprese di giovani ad alta qualifica, come fondamentale elemento di un rafforzamento strutturale delle aziende; la riduzione del cuneo fiscale attraverso misure di decontribuzione attive su un periodo prolungato di tempo e coerenti con gli interventi già in corso; schemi di contrasto alla povertà attraverso l’inclusione attiva.
La programmazione conterrà altresì, all’interno di programmi operativi nazionali, per l’intero territorio nazionale e/o per il Mezzogiorno, azioni che richiedono una uniforme capacità attuativa, nell’interesse della parità di trattamento e del costo e dell’efficacia nella gestione delle misure: tipiche di questi casi sono le azioni contro la dispersione scolastica e per rafforzare le competenze degli studenti.
La programmazione conterrà programmi operativi regionali, con interventi che richiedono attenzione alla dimensione territoriale (come le strategie regionali di specializzazione intelligente richieste dall’Unione Europea), e richiedono adattamenti e specificazioni; in una logica, tuttavia, di sempre maggiore integrazione fra le diverse misure sui territori.
Per superare i rilevanti problemi attuativi di queste politiche, che hanno interessato in passato tutti i livelli istituzionali, centrali e regionali, pur con differenze significative, si prevede una notevole riduzione del numero dei programmi operativi e, soprattutto, al loro interno, del numero di azioni da perseguire.
I programmi diventano ovunque davvero operativi: non più solo documenti generali di orientamento. Dovranno indicare ciò che si farà, definendo con precisione i risultati attesi, le azioni per perseguirli e i tempi necessari. Sarà inoltre assicurata la collaborazione con il partenariato istituzionale e la trasparenza di tutte le informazioni anche attraverso il portale OpenCoesione.
http://www.opencoesione.gov.it/
bozza_dell_accordo_di_Partenariato




Partenariato Pubblico-Privato

pascaleAlfonso Pascale: “A Corviale abbiamo dato vita ad un Partenariato Pubblico-Privato che intende allargarsi anche ad altri quartieri del Quadrante per candidarsi a a gestire in modo integrato i Fondi Europei 2014-2020.
Spetta alla Regione Lazio decidere se estendere l’approccio Leader, finora utilizzato solo nelle aree rurali, anche alle città e se i Partenariati che nasceranno potranno utilizzare contestualmente i diversi Fondi comunitari.
Il Comune di Roma farebbe bene a sollecitare la Regione a compiere questa scelta. Solo in questo modo si potranno creare nei territori delle vere e proprie comunità, capaci di dotarsi di progetti territoriali condivisi e definire regole comuni per realizzarli, nel quadro degli obiettivi Europa 2020.”




El Pais: Abbiamo lasciato i nostri lavori per creare orti urbani

ortiRuben Garcia e il suo partner, Daniel Roig, sono i fondatori della
societa’ GrowinPallet, che vende orti urbani, dalla struttura per piantare in casa fino alla
manutenzione con un agricoltore a domicilio. Il loro sogno: riempire i tetti di Barcellona
di ortaggi e frutta. E creare un’attivita’ che sia subito redditizia.

Domanda. Come e’ nata l’idea di vendere orti urbani a domicilio?

Risposta. L’idea e’ nata alla fine dello scorso anno quando io e il mio socio Daniel
Roig abbiamo tenuto un corso di orti urbani come hobby mentre lavoravamo nei nostri
posti di lavoro che non avevano niente a che fare con gli orti. Un giorno, vedendo lo
spazio sottoutilizzato che c’e’ sui tetti di Barcellona, c’e’ nata l’idea di renderli produttivi
coltivando ortaggi biologici e al tempo stesso migliorando l’aspetto attuale delle terrazze
inospitali e abbandonate della citta’.

D. E l’idea e’ ormai un’impresa…

R. Come societa’ siamo nati di recente. Il mio socio e io abbiamo lasciato i nostri
lavori ben remunerati per dedicarci a questo progetto nel febbraio 2013, senza sapere
ancora se era fattibile. Ma abbiamo voluto dedicare piu’ tempo di quanto avremmo
potuto fare tenendo i nostri posti di lavoro.

D. Vivete di questo nuovo lavoro?

R. Anche se sulla carta l’azienda e’ redditizia, lo sapremo solo tra un po’ di tempo. Al
momento non abbiamo un reddito con cui vivere ma questa e’ una scommessa a lungo
termine e nessuno aveva detto che sarebbe stato facile o veloce. Al momento siamo i
nostri unici dipendenti e con l’aiuto dei nostri collaboratori siamo in grado di soddisfare
le esigenze attuali.

D. Quali sono i vostri piani per crescere e fare di GrowinPallet un progetto redditizio?

R. Per la stagione estiva contiamo di realizzare sperimentazioni pilota con potenziali
utenti del nostro prodotto e del nostro servizio di agricoltori urbani. In questo modo
riceveremo un prezioso feedback per migliorare tutte le possibili carenze. E anche
lavorare con i clienti che abbiamo conquistato: un ristorante, un albergo e una comunita’
di condomini che vogliono disporre del servizio del contadino urbano per l’orto
GrowinPallet che hanno gia’ installato sul loro tetto. Inoltre, stiamo offrendo formazione
a giovani a rischio di esclusione sociale, in collaborazione con la fondazione Formació i
Treball. Questi giovani acquisiscono conoscenze sugli orti urbani e, in questo modo,
siamo in grado di offrirgli posti di lavoro nella nostra azienda come agricoltori urbani.

D. Con i vostri orti non c’e’ piu’ bisogno di andare al supermercato a comprare i
pomodori?

R. Le necessita’ coperte devono dipendere dal cliente a cui e’ diretto il prodotto. Mi
spiego: la ragione principale per cui un ristorante vuole un orto e il servizio di contadino
urbano, e’ quello di attirare clienti nel proprio locale offrendo ai commensali la
possibilita’ inconsueta di gustare piatti cucinati con verdure raccolte nell’orto accanto a
loro. Un prodotto, peraltro, ecologico e di qualita’, che non ha nulla a che fare con quelli
trovati nei grandi supermercati. In un condominio o in una casa per anziani, invece,
l’esigenza principale e’ quella di avere uno spazio per il tempo libero, una piccola oasi di
natura nel cuore della citta’ per riposarsi e per raccogliere qualche verdura con i figli e i
nipoti, senza tenere troppo conto del prezzo di cio’ che si sta raccogliendo. Anche se
abbiamo adeguato le nostre tecniche di coltivazione in modo che il prezzo per
chilogrammo di verdure sia il piu’ vicino possibile a quello dei negozi biologici, le nostre
verdure non saranno mai piu’ convenienti di quelle che si possono comprare al
supermercato.

D. Quanto costa un GrowinPallet?

R. Al prezzo dell’impianto, che varia da modello a modello, bisogna aggiungere
anche il costo di installazione. Inoltre, bisogna aggiungere il costo di manutenzione da
parte di un agricoltore urbano che viene una volta a settimana nel vostro orto. Per
esempio, il prezzo di un impianto di coltura di base e’ di 38 euro piu’ la spedizione. Il
costo di installazione (montaggio, miscela del substrato e semina) e’ di 125 euro. Un
totale di 163 euro.
Alejandra Agudo
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A Roma si assegnano 33mila mq per farne orti urbani e strapparli così al degrado e al cemento

ortoSalvaguardare il territorio dal degrado urbano e dalla cementificazione: è questo l’obiettivo che la Regione Lazio ha intenzione di perseguire con l’assegnazione di ben 33.000 mq di terreno incolto all’Associazione Orto XII che presto lo trasformerà in un gigantesco orto urbano.
L’area destinata alla riqualificazione si trova a ridosso del Rio Vallerano, uno dei pochi affluenti del Tevere scampato alla cementificazione che negli ultimi anni ha divorato le campagne delle periferie capitoline. Grazie a questa decisione, l’abbandono e il degrado che affliggono il territorio hanno le ore contate.
Non appena l’Associazione entrerà ufficialmente in possesso dell’area e i lavori di bonifica saranno ultimati, si provvederà ad assegnare ad ogni cittadino che ne ha fatto richiesta un appezzamento di circa 250 mq di terreno. Un gesto importante anche dal punto di vista sociale, visto che la maggior parte dei 75 pre-assegnatari sono per lo più pensionati.
L’iniziativa è di fondamentale importanza per il recupero di una zona che negli ultimi anni è stata letteralmente divorata dal cemento, dai rifiuti e da una urbanizzazione selvaggia. La riconversione di quei terreni equivarrà ad una vera e propria ‘terapia’ per tutto l’Agro Romano e la zona del Rio, per troppo tempo dimenticata dalle autorità e dai romani.
Finalmente alcune associazioni si muovono perché il Comune collabori alla creazione di percorsi ciclabili attrezzati. E speriamo che almeno stavolta le lungaggini burocratiche non ostacolino questo importante processo di riqualificazione che tanto gioverebbe al territorio e ai cittadini.

di ERIKA FACCIOLLA

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