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Si fa presto a dire green job. Da MCE la guida alle vere professioni verdi

green economyCome orientarsi nell’ambito della green e white economy, settori che creeranno oltre 1.300.000 posti di lavoro in Europa entro il 2020
L’Italia è uno dei paesi leader su scala mondiale per quanto riguarda la progettazione, sviluppo e distribuzione di tecnologie e prodotti relativi all’efficienza energetica. E’ uno dei settori che rappresentano il fiore all’occhiello dell’eccellenza italiana agli occhi del mondo.
Un settore così dinamico porta con sé la creazione di nuovi posti di lavoro. Non è però così facile sapersi districare nella burocrazia che legifera in materia di aggiornamento professionale, patentini per ingegneri, certificatori, impiantisti e altre figure chiave che operano in questo settore. Il risultato è che il più delle volte un neolaureato interessato a intraprendere una delle sopracitate carriere si trova disorientato.
Per questo motivo Mostra Convegno Expocomfort, la più importante manifestazione biennale nell’impiantistica civile e industriale, nella climatizzazione e nelle energie rinnovabili, ha elaborato una guida contenente i consigli per sapersi orientare nel labirinto della normativa italiana e iniziare a intraprendere una fruttuosa e stimolante carriera nella white e green economy.
La «Green Economy» creerà fra oggi e il 2020 oltre 250.000 posti di lavoro in Europa, a cui sono da aggiungere altri 1.061.000 posti che saranno creati dalla White Economy, cioè nel settore dell’efficienza energetica.
Le figure professionali della green economy
Le professioni «green» si identificano in circa 54 figure professionali differenti. Secondo lo United Nations Environmental Programme (UNEP) si definiscono green jobs molteplici lavori diversi nel settore agricolo, manifatturiero, della ricerca e sviluppo, amministrativo e delle attività di servizio che contribuiscono sostanzialmente a preservare e rafforzare la qualità dell’ambiente, a proteggere l’ecosistema e la biodiversità, a ridurre i consumi di energia, materiali e materie prime come l’acqua a minimizzare e a ridurre i processi di inquinamento dell’ambiente.
Ciò porta allo sviluppo della green e white economy influenzando l’occupazione in due modi: la creazione di nuove professionalità come l’Esperto di Gestione dell’Energia, l’Energy Auditor e il Certificatore Energetico; la trasformazione e l’adattamento di figure professionali esistenti che richiedono nuove qualifiche, come il Frigorista e l’Installatore.
La guida sottolinea che la grande maggioranza delle occupazioni create dallo sviluppo delle fonti rinnovabili sono in realtà lavori tradizionali (commessi, meccanici, camionisti). Ci sono perciò professioni che non richiedono l’acquisizione di nuove competenze per lavorare in un’azienda green.
Altre figure invece provengono da altri settori in crisi e godono di una condizione di rivitalizzazione grazie all’acquisizione di nuove competenze.
Infine, ci sono coloro che lavorano a diretto contatto con le nuove tecnologie verdi e che per questo hanno anche bisogno di qualifiche, corsi di formazione e di aggiornamento.
I processi in cui sono coinvolte le professioni green e white
Le aziende green si occupano solitamente di un unico processo. L’insieme di questi processi crea un unicum che va a formare una intera filiera di settore. Ogni processo, indispensabile per la vitalità e mantenimento dell’intera filiera, necessita di figure professionali differenti: Ricerca e Sviluppo; Manifattura; Project development; Procedure per le autorizzazioni; Finanziamenti; Installazione; Operatività e mantenimento; Regolazioni; Commercio e certificati green.
L’aggiornamento
Un settore così innovativo richiede un continuo aggiornamento delle figure professionali coinvolte. L’offerta formativa conta di innumerevoli corsi. A fine 2009 si contavano già 2033 percorsi diversi, fra i quali diventa difficile orientarsi. Fra questi 1129 erano corsi di formazione, 696 corsi universitari, 208 percorsi post-laurea.
Le professioni del futuro
Fra le professioni che richiedono un alto grado di specializzazione green e necessarie certificazioni e qualifiche, la guida di MCE annovera le seguenti figure.
Manager del Governo del Territorio: opera in connessione con la pianificazione del territorio e delle infrastrutture, con la pianificazione urbanistica, con la promozione dello sviluppo economico. Coordina la promozione all’uso delle diverse risorse. Formazione: Laurea di 2° livello in Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio, Master di 2 anni in temi di gestione delle risorse, dell’ambiente, del rischio, della sostenibilità.
Manager esperto nella Programmazione energetico-ambientale-territoriale: programma, gestisce e coordina gli interventi relativi alla produzione e all’utilizzo di energie rinnovabili nel territorio. Formazione: Laurea 2° livello in Ingegneria Meccanica, dell’ambiente e del territorio; Master di 2 anni in temi di gestione dell’energia, delle risorse, della sostenibilità.
Esperto di Progettazione di Sistemi di Energie Rinnovabili: gestisce e coordina la progettazione di diversi sistemi di energia rinnovabile, intervenendo sulla distribuzione delle energie in un determinato territorio e sulla loro composizione/combinazione. Formazione: Laurea di 2° livello in Ingegneria Meccanica. Master in Fonti Rinnovabili.

Le-Professioni-Green




Consiglio dei Ministri approva collegato ambientale “L’Agenda Verde del governo”

ministero ambiente logoIl Consiglio dei Ministri ha approvato questa mattina quella che può essere definita ” l’Agenda Verde ” del governo.
Il “collegato ambientale alla legge di stabilità” rappresenta infatti un fondamentale passo avanti nella definizione delle politiche ambientali nazionali in una logica che per la prima volta le collega ad innovative scelte di politica economica-industriale indirizzate verso una crescita e uno sviluppo sostenibile.
E’ questa la ragione per la quale questo disegno di legge può essere definito senza retorica come una vera e propria Agenda Verde che il governo mette in moto e con la quale prova con ambizione a dare una serie di risposte a quella che oggi deve essere considerata come una sfida decisiva per il nostro Paese: la scommessa sull’ambiente, il suo rispetto e la sua tutela, ma anche la sua straordinaria potenzialità di sviluppo economico.
Il provvedimento, composto da circa una trentina di articoli, si occupa di protezione della natura, valutazione di impatto ambientale, acquisti ed appalti verdi, gestione dei rifiuti, difesa del suolo, servizio idrico, acqua pubblica e comprende persino nuovi strumenti per calcolare l’importanza dell’ambiente. Un pacchetto di norme a 360 gradi capaci di attivare politiche ambientali virtuose, semplificando il quadro normativo, rendendolo più moderno ed efficace e creando al tempo stesso le condizioni per investimenti e crescita economica nel campo della green economy. Il tutto con una ferrea attenzione a riduzione dei costi, semplificazione e trasparenza amministrativa. Strumenti a costo zero, per una politica ambientale più efficace in tutti i settori.
L’Agenda Verde, abbinando politiche ambientali ed industriali, è il frutto di un continuo confronto fra ministeri – Ambiente, Economia, Attività produttive, Lavoro – in una logica di collaborazione istituzionale finalizzata al raggiungimento di un comune obiettivo di sviluppo sostenibile e progresso civico.
SINTESI NORME
Nomina Direttori parchi nazionali (art.2)
Con riferimento alla procedura di nomina dei Direttori di Parco Nazionale si rimette la nomina al Consiglio direttivo del Parco e non più al Ministro dell’Ambiente al quale resta così la sola nomina del Presidente del Parco. Con la semplificazione proposta si ottiene il risultato di rendere più snella ed efficiente l’azione istituzionale degli Enti Parco, consentendo una più agevole gestione delle risorse finanziarie ad essi attribuite, con ricadute positive sulle economie locali.
Unificazione e semplificazione Via e Aia (art.6)
Semplificazione, celerità, risparmio e trasparenza. Con questa norma si unificano le Commissioni Via e Aia. La necessità di provvedere ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti posti a carico delle imprese, di accelerazione dei tempi necessari per l’emanazione dei procedimenti burocratici, comporta la scelta di unificare le due Commissioni e di ridurre conseguentemente il numero dei componenti.
Con la norma in esame è prevista anche una revisione al ribasso dei compensi per la Commissione unificata. Nessun nuovo onere finanziario grava sul bilancio statale per effetto del presente provvedimento.
“Appalti verdi” nella Pubblica amministrazione – (Green public procurement) (art.10)
La disposizione mira a introdurre un incentivo per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e che sono muniti di registrazione Emas (che certifica la qualità ambientale dell’organizzazione aziendale) o di marchio Ecolabel (che certifica la qualità ecologica di “prodotti”, comprensivi di beni e servizi). Il beneficio è una riduzione del 20% della cauzione a corredo dell’offerta, ai sensi del codice appalti. La disposizione, inoltre, ha lo scopo di introdurre tra i criteri ambientali di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa anche il criterio – per i contratti che hanno come oggetto beni o servizi – che le prestazioni al centro del contratto siano dotate di marchio Ecolabel.
Inoltre, tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, viene introdotto quello del costo del ciclo di vita dell’opera, prodotto, o servizio, criterio previsto dalla bozza di nuova direttiva comunitaria sugli appalti pubblici.
Si tratta di misure a costo zero volte a garantire minori impatti sull’ambiente e una conseguente riduzione della spesa nel breve-medio periodo.
Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi, anche alimentari (art.11)
Tra le questioni ambientali più rilevanti che l’Italia deve affrontare, vi sono quelle legate al consumo di energia da fonti non rinnovabili (con la conseguente emissione di Co2) e quelle legate alla produzione di rifiuti. Per entrambe le problematiche, rendere obbligatorio il riferimento ai criteri ambientali per gli acquisti pubblici (Green Public Procurement) può contribuire in maniera rilevante alla loro soluzione, con ricadute positive anche sotto il profilo economico.
Si inseriscono inoltre nel Green Public Procurement gli acquisti relativi al settore “alimentare”, considerato a livello europeo il principale settore di impatto ambientale con il 31% degli impatti totali dei consumi.
Si tratta sostanzialmente di introdurre – accanto allo strumento degli accordi volontari con i grandi attori della distribuzione (in particolare la grande distribuzione) – anche strumenti obbligatori che premiano quegli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della fornitura delle derrate alimentari, agiscono in modo virtuoso.
Incentivi per la Green economy del riciclo e riutilizzo (art.12)
Una delle novità più importanti del collegato è rappresentata dall’ introduzione, per la prima volta nella legislazione italiana, di incentivi e meccanismi di sostegno al “mercato dei materiali e dei prodotti riciclati”.
Si introducono nella nostra legislazione un insieme di principi e di incentivi ai consumatori, alle aziende e agli enti locali per sostenere l’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo in modo da promuovere il recupero, riciclo e il riutilizzo oltre al recupero energetico, per il quale esistono già numerose forme di incentivo (certificati verdi e bianchi, ecobonus per le ristrutturazioni). Uno dei vantaggi di tali politiche di incentivazione è quello non solo di prevenire lo spreco di materiali ma anche quello di ridurre il consumo di materie prime con la conseguenza immediata di un uso razionale di risorse materiali scarse, un minor utilizzo di energia, e la progressiva diminuzione di emissioni di gas serra.
L’incentivazione dell’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo apre un nuovo mercato in cui piccole e medie imprese possono recuperare i materiali riciclabili per rivenderli come materia prima o semilavorati alle imprese produttrici di beni. Un mercato che si può tradurre pertanto anche in nuova occupazione ed innovazione tecnologica nel campo della Green economy che non è fatto solo di attività in campo energetico ma anche e soprattutto di attività nel campo dell’uso razionale delle materie e dei materiali.
Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio (art.15)
Si stabilisce la previsione di raggiungere di un tasso di raccolta differenziata pari al 65% alla fine dell’anno 2020. Tale previsione è perfettamente coerente con le disposizioni europee che non individuano obiettivi di raccolta differenziata ma fissano, invece, specifici obiettivi di recupero. Questo provvedimento si rende necessario per adeguare il dato normativo al dato reale e per evitare che i Comuni incorrano nelle sanzioni correlate al mancato raggiungimento di tali obiettivi negli attuali termini di legge.
Tale modifica si rende necessaria anche alla luce dei recenti dati sulla raccolta differenziata dai quali si evince che gli obiettivi previsti dalla normativa vigente non sono stati perseguiti a livello omogeneo sul territorio nazionale. Attualmente la percentuale media nazionale di raccolta differenziata si attesta sul valore del 39,9% (dato preliminare Fonte Ispra: Rapporto Rifiuti urbani Ed. 2013).
Con il provvedimento si incentivano i Comuni che raggiungono gli obiettivi prefissi e che verranno premiati con il pagamento di solo il 20% del tributo regionale rispetto ai rifiuti che si conferiscono in discarica. Per i Comuni che non raggiungono gli obiettivi vengono stabilite delle misure addizionali al tributo. Tutto il gettito, tributo e addizionali, vanno in un fondo che le regioni devono utilizzare per incentivare il mercato del riciclo e quindi della green economy.
Pianificazione impianti di incenerimento (art.20)
Una novità importante riguarda anche il recupero energetico dei rifiuti, con l’attribuzione al Ministero dell’ambiente del compito di individuare la “rete nazionale ed integrata ed adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti”, in modo da disporre in pochi mesi di un quadro chiaro a livello nazionale degli impianti esistenti, di quelli in fase di realizzazione e del fabbisogno residuo. Un quadro di pianificazione utile per superare le forti disomogeneità territoriali presenti a livello nazionale, completando la rete di impianti senza rischiare fenomeni di eccesso di offerta, come quelli che si registrano attualmente nel nord Europa.
Autorità di distretto (art.23)
Le modifiche proposte rispondono alla impellente necessità di pervenire ad una configurazione stabile e definitiva per le Autorità di distretto, che superano definitivamente le Autorità di bacino. In tal modo si risolvono anche i contrasti con l’ordinamento comunitario e si risponde positivamente alle richieste degli organismi comunitari preposti alla verifica della corretta attuazione della direttiva quadro in materia di acque (direttiva quadro acque e direttiva alluvioni).
Difesa del suolo e dissesto idrogeologico (art.24)
Si introduce il finanziamento degli interventi di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree ad elevato rischio idrogeologico attraverso un meccanismo che rende più agevole la rimozione e la demolizione di opere ed immobili realizzati abusivamente nelle aree del Paese classificate a rischio idrologico elevato. E’ un provvedimento necessario per quelle zone in cui le condizioni di fragilità del territorio rendono particolarmente urgente la necessità di realizzare interventi di messa in sicurezza da fenomeni di dissesto idrogeologico, la cui concreta attuazione spesso viene impedita da manufatti di vario genere spesso realizzati illecitamente.
Fondo di garanzia per il servizio idrico nazionale (art.25)
Al fine di rilanciare i necessari programmi di investimento per il mantenimento e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, finalizzati a garantire un’adeguata tutela della risorsa idrica e dell’ambiente secondo le prescrizioni europee e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe, a decorrere dal 2014 è istituito un Fondo di garanzia di interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche in tutto il territorio nazionale.
Obiettivi prioritari del Fondo sono rilanciare la politica di sviluppo delle infrastrutture nel settore; completare le reti di fognatura e depurazione; evitare sanzioni europee per inadempimento dell’Italia; ridurre l’onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico, con vantaggi per l’utenza; avviare la realizzazione di infrastrutture finalizzate al recepimento dei principi della strategia Blue Print.
Il Fondo di garanzia viene alimentato da una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato opportunamente definita.
Tariffa sociale del servizio idrico integrato (art.26)
La disposizione mira a rendere effettivo l’obiettivo di rafforzare la natura “pubblica” della risorsa acqua, come richiesto anche dal Referendum del giugno 2011 e dalla stessa relazione del Gruppo di Lavoro in materia economico e sociale ed europea (cosiddetti “Saggi”) e come già affermato nella normativa nazionale. Con questa norma l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, al fine di garantire l’accesso universale all’acqua, assicura agli utenti domestici a basso reddito del servizio idrico integrato, l’accesso a condizioni agevolate alla quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. La sostenibilità dell’intervento e la copertura dei relativi costi viene garantita dalla previsione di un’apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del servizio idrico integrato.
Morosità nel servizio idrico integrato (art.27)
Con l’applicazione delle tariffe basate sul principio di copertura dei costi, l’impatto economico sugli utenti è cresciuto in modo rilevante, creando crescenti problemi di morosità. Il provvedimento mira a regolamentare le modalità di gestione del fenomeno della morosità per limitarne l’insorgenza, assicurarne l’efficace contrasto in modo che i costi non ricadano sugli utenti non morosi e per garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle utenze non in regola con i pagamenti.
In fase di studio
Contabilità ambientale: nasce il Comitato per il capitale naturale (art.31)
Le questioni ambientali entrano a pieno titolo nel processo decisionale economico e finanziario del Paese. Viene istituito infatti senza alcun costo per la spesa pubblica il Comitato per il capitale naturale con l’obiettivo di integrare i costi ambientali nel processo di preparazione del Documento di economia e finanza (Def) e degli altri atti di governo in materia di programmazione finanziaria e di bilancio. Il Comitato fornirà al Governo gli strumenti utili per la migliore comprensione degli effetti dello stato delle risorse naturali e dell’ambiente, sulla performance economica del Paese e sul benessere degli individui, individuando in particolare le conseguenze economiche e sociali derivanti dalla mancata prevenzione degli impatti e dei danni ambientali delle attività produttive. Entro il 28 febbraio di ogni anno il Comitato consegna al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato delle informazioni e dei dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie seguendo le metodologie definite dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea.
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Trasformazione dei terreni di proprietà pubblica in proprietà collettiva

ortiCi sono diverse iniziative legislative per richiedere l’assegnazione dei terreni pubblici ma nessuna scioglie il nodo fondamentale: la riconduzione di tali beni dalla proprietà pubblica alla proprietà collettiva della generalità dei cittadini abitanti nei territori di riferimento.
Basterebbe un articolo unico:
1. I terreni utilizzabili per la coltivazione agraria o come bosco o come pascolo permanente appartenenti ad enti pubblici sono trasformati in demani civici e costituiscono proprietà collettive della generalità dei cittadini abitanti nel territorio comunale o frazionale in cui i beni sono situati. Tali beni sono indivisibili, inalienabili, inusucapibili, inespropriabili.
2. I terreni di cui al comma precedente sono amministrati separatamente dagli altri beni pubblici con Comitati da eleggersi con le norme di cui alla legge 17 aprile 1957 n. 278; tali amministrazioni sono denominate “Amministrazioni Separate di Beni di Uso Civico” (ASBUC).
Alfonso Pascale




La guerra sotterranea

vinoSono passati trentasei anni da quando, quindicenne a Parigi, ho cominciato a frequentare il mondo del vino. Eppure qualche tempo fa, in un pomeriggio trascorso nel sud del Piemonte, ho imparato in cinque ore più di quello che avevo imparato nei trentasei anni precedenti. Questo la dice lunga sulla mia ignoranza, ma anche sulla genialità dell’uomo che mi ha accompagnato in giro per la sua azienda agricola nei dintorni di Novi Ligure.
Nei suoi trenta ettari di terreno, Stefano Bellotti a Cascina degli Ulivi, produce vino, alleva bestiame e coltiva cereali, frutta e verdura. All’inizio degli anni ottanta, Bellotti è stato uno dei primi italiani a sposare quella pratica olistica (espressione di una vecchia tradizione del “buonsenso contadino”) che va molto oltre quello che Bruxelles definisce come biologico. Si chiama “biodinamica” ed è ispirata (ma solo ispirata) al fondatore delle scuole Waldorf e della filosofia antroposofica, Rudolph Steiner.
Bellotti è un uomo schietto e carismatico, con una luce – quasi un laser – perenne negli occhi. Ha mani solcate come i terreni collinari che cura scrupolosamente. Inequivocabilmente contadino, non dovremmo però stupirci davanti alla sua stupefacente capacità di articolare i concetti più complessi. E un nuovo contadino. Di quelli che hanno forse rubato agli artisti il ruolo di contestatori dello status quo.
Lo sapevate, per esempio, che il rapporto tra le radici di una pianta e il terreno può aiutarci a capire la vera natura della politica globale? Ecco, nemmeno io, almeno fino a quando non ho seguito il suo improvvisato corso di specializzazione tra le vigne di Filagnotti, nella regione vinicola del Gavi. “Se coltivata naturalmente, secondo i veri metodi biologici, una singola pianta di grano produrrà radici primarie che affondano nel terreno fino a 12 metri con circa cinque chilometri di filamenti radicali”, mi ha spiegato Bellotti. “La stessa pianta, coltivata seguendo le pratiche industriali dell’agrochimica, in un terreno che riceve erbicidi, pesticidi e fungicidi tossici (come accade nel 99 per cento dei casi in tutto il mondo) penetra nel suolo tra i 5 e 10 centimetri e produce poche centinaia di metri di filamenti radicali. Abbiamo una riduzione di cento volte.”
“Perché è importante questa differenza?”, gli ho chiesto. “Diventa una pianta che non ci nutre più. Perché il sapore e le qualità nutritive di un cereale – come di qualsiasi pianta – sono determinate dall’assorbimento di minerali da parte delle sue radici”, mi ha risposto abbandonandosi a una risata. “Una volta, quando una persona mangiava pane, mangiava pane. La gente poteva sopravvivere mangiando quasi soltanto pane, perché conteneva quasi tutto di cui l’uomo ha bisogno. Oggi invece la maggior parte del pane che mangiamo è completamente inutile dal punto di vista alimentare”.
“E le uve da vino?”, ho chiesto. “Di tutte le piante coltivate, la vite è forse la più sensibile all’apporto dei sali minerali. Se coltivata in modo naturale è in grado di penetrare nel terreno per venti metri, mentre una pianta coltivata in modo convenzionale e chimico è già tanto se arriva a cinquanta centimetri di profondità. Se consideri che i sali minerali assorbiti dalle radici determinano l’aroma del vino (attraverso la magia della fermentazione) capirai che il contatto ridotto con i minerali dell’agricoltura industriale ha un effetto devastante. Mancano le caratteristiche più intrinseche dell’uva e del vino, e quindi bisogna ricostruirle artificialmente in laboratorio, aggiungendo altri composti chimici al prodotto e un’altra fase cancerogena al processo”.
Prima di continuare, Bellotti ha osservato il mare di foglie verdi che ci circondava. “Quando tratti le viti con agenti chimici (molti dei quali derivano dall’industria militare, come Roundup di Monsanto, sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio nella guerra del Vietnam) la pianta perde la maggior parte delle sue capacità fotosintetiche, che sono alla base del suo dialogo vitale con la luce e l’energia solare”.
Mi ha guardato, e sul suo viso è passato un sorriso ironico. “Anche noi esseri umani abbiamo bisogno dell’energia solare e della luce per sopravvivere, ma per alimentarci non possiamo stare fermi sotto il sole, a meno che non vogliamo essiccarci e morire. Riceviamo l’energia del sole mangiando piante che l’hanno assorbita al posto nostro. Impedendo alle piante di assorbire la luce solare non facciamo altro che impedire a noi stessi di immagazzinare l’energia del sole. Per questo perdiamo vitalità e voglia di agire, e alla fine non siamo più capaci di pensare come dovremmo”.
Improvvisamente Bellotti mi ha piantato addosso uno sguardo penetrante che non dimenticherò per molto tempo. A qualcuno la sua tesi finale potrà sembrare strampalata, ma vi suggerisco di verificarne le basi scientifiche. “Le multinazionali che ogni giorno aumentano il loro controllo sull’approvvigionamento alimentare globale hanno tutto l’interesse a farci mangiare piante che in realtà non sono vere piante, perché così ci rendono più malleabili e sottomessi, esseri umani meno vivi e meno capaci di resistere al potere”.
Correzione: 13 novembre 2013 In un versione precedente di questo articolo c’era scritto che il Roundup è sviluppato anche a partire dall’uso del Napalm, invece è sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio, un defoliante prodotto dalla Monsanto e usato dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam. Il Napalm veniva prodotto dalla Dow Chemical, un’altra multinazionale statunitense, che produceva anche l’agente arancio.
Jonathan Nossiter
link all’articolo




Internet delle cose è la nuova industria

internet coseNon solo pc e smartphone; l’IoT consentirà di gestire meglio i rifiuti, i consumi e il traffico. Ricerca BI Intelligence
Avete mai sentito parlare di “IoT”?
Si tratta di una sigla inglese che sta per Internet of Things, più propriamente Internet degli oggetti. Con questo neologismo ci si riferisce all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti, un fenomeno oggi in piena esplosione, se si considera che “le connessioni” si muovono già ben al di là di là dei dispositivi informatici, investendo sempre più oggetti, a partire da termostati, parchimetri e sistemi di sorveglianza.
ENTRO IL 2018 SARANNO 9 MILIARDI I DISPOSITIVI DELLA CATEGORIA IOT. Le stime per questa fetta di mercato IoT appaiono rilevantissime; un recente studio di BI Intelligence ha infatti previsto che l’internet degli oggetti crescerà in maniera esponenziale nel corso dei prossimi anni. Se oggi sono stati calcolati 1,9 miliardi di dispositivi rientranti in questa categoria, essi diventeranno 9 miliardi entro il 2018 tra smartphone sempre più polifunzionali, televisori intelligenti, tablet, computer da indossare e PC combinati. E, altra caratteristica sottolineata dallo studio, sempre più questi dispositivi saranno in grado di “comunicare” tra loro.
DOVE L’IOT SI FARÀ SENTIRE. Ma vediamo, dal rapporto, quali saranno le principali applicazioni dell’ “internettizzazione” degli oggetti:
SISTEMI DI GESTIONE INTELLIGENTE DEL TRAFFICO. Una ricerca recentemente condotta dal gruppo di telecomunicazione GSM Association (GSMA) ha previsto che entro il 2020 ammonterà a 100 miliardi di dollari il fatturato derivante da applicazioni “smart” di gestioni del traffico automobilistico e dei parcheggi.
SISTEMI DI GESTIONE DEI RIFIUTI. Un settore che sarà sempre più automatizzato, come dimostra il caso di Cincinnati, nell’Ohio, Stati Uniti, dove il volume dei rifiuti residenziali è sceso del 17% e il volume di riciclaggio è cresciuto del 49% attraverso l’utilizzo di un programma di “pay as you throw” (paga in base a quanto butti), che ha utilizzato la tecnologia IoT per monitorare coloro che eccedevano i limiti stabiliti per i rifiuti.
RETI ELETTRICHE INTELLIGENTI CHE REGOLANO LE TARIFFE PER IL CONSUMO D’ENERGIA. Questo settore, calcola il McKinsey Global Institute, permetterà di conseguire un risparmio stimato tra i 200 e i 500 miliardi di dollari all’anno entro il 2025, solo negli Stati Uniti.
SISTEMI IDRICI E CONTATORI INTELLIGENTI (SMART METERS). Le città di Doha, San Paolo e Pechino hanno ridotto le perdite d’acqua dal 40 al 50% posizionando sensori collegati a Internet sulle pompe e su altre infrastrutture idriche, in grado di mandare segnali immediati in caso di guasto e, quelli più sofisticati, già in grado di prevederlo con l’anticipo necessario per intervenire.




Green economy, accordo tra ENEA e Regione Lazio

grattacieli greenNuovo piano energetico regionale, centri per l’innovazione e filiere verdi, Scuola per le Energie, edifici pubblici a emissioni zero
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, e il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli, hanno firmato un protocollo d’intesa per l’individuazione e la messa a punto di strumenti tecnologici e normativi che favoriscano la creazione di nuovi posti di lavoro e lo sviluppo economico nel settore della green economy.
Attraverso questa collaborazione con l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, la Regione Lazio entra ufficialmente nella sfera della strategia “Europa 2020” che mira ad una crescita intelligente, grazie ad investimenti più efficaci nell’istruzione, nella ricerca e nell’innovazione sostenibile.
NUOVO PIANO ENERGETICO, CENTRI PER L’INNOVAZIONE E FILIERE. Salvaguardia dell’ambiente, efficienza energetica e gestione dei rifiuti saranno il volano della ripresa e una nuova opportunità per i giovani in cerca di occupazione. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, gli sforzi di Regione ed Enea si concentreranno su iniziative formative a favore dello sviluppo sostenibile, con particolare riguardo all’energia e all’ambiente: redazione del nuovo Piano Energetico Regionale, creazione di una rete regionale di centri per le innovazioni tecnologiche, con laboratori di incubazione, dimostrazione e collaudo e l’individuazione di filiere produttive “green” per creare un nuova occupazione.
SCUOLA DELLE ENERGIE. In particolare, con l’obiettivo di favorire la formazione professionale in campo energetico e facilitare l’accesso lavorativo in questo settore, il protocollo punta allo sviluppo della Scuola delle Energie, presso il Centro Ricerche “Casaccia” dell’Enea, che funzionerà anche come polo formativo per le strutture amministrative regionali e locali.
FORMAZIONE DEI DIPENDENTI PUBBLICI. Oltre al polo formativo della Scuola delle Energie, l’Enea provvederà all’affiancamento tecnico formativo per il recepimento della normativa nazionale e comunitaria in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, in modo da creare una nuova classe di dipendenti pubblici capaci di rispondere tempestivamente ai bandi dell’Unione europea e quindi di intercettarne i finanziamenti.
EDIFICI PUBBLICI A EMISSIONI ZERO. L’Agenzia supporterà inoltre la Regione nei progetti pilota “Zero Emission”, volti a rendere i centri pubblici del Lazio ed i relativi edifici a emissioni zero, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili, l’incremento dell’efficienza energetica e la gestione sostenibile dell’acqua e dei rifiuti.

http://www.casaeclima.com/index.php?option=com_content&view=article&id=17461:green-economy-accordo-tra-enea-e-regione-lazio&catid=1:latest-news&Itemid=50




Le aziende agrituristiche in Italia

agriturismoNel 2012 il numero di aziende agrituristiche si conferma superiore alle 20 mila unità: le aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’agriturismo sono 20.474, 61 in più (+0,3%) rispetto all’anno precedente.
Nel corso del 2012, le nuove aziende autorizzate all’attività agrituristica sono 1.286, quelle cessate 1.225; rispetto al 2011, aumentano sia le nuove autorizzazioni (+97 unità) sia le cessazioni (+476 unità).
Le aziende agrituristiche si caratterizzano per la diversificazione dei servizi offerti. Persiste, infatti, l’offerta di pacchetti turistici integrati con servizi differenziati, diretti a meglio qualificare l’attività agrituristica rispetto al territorio in cui viene esercitata .
Rispetto al 2011, gli agriturismi aumentano soprattutto nel Nord-ovest (+5,8%) e nel Centro (+2%), mentre calano nel Sud (-13,2%).
Il 40,9% degli alloggi, il 46,1% dei ristori e il 42,1% degli agriturismi con degustazione è localizzato nel Nord, mentre il 40,8% delle aziende con altre attività agrituristiche è ubicato nel Centro .
Toscana e Alto Adige, con 4.185 e 2.996 aziende, si confermano i territori in cui l’agriturismo risulta storicamente più consistente e radicato.
Più di un’azienda agrituristica su tre è a conduzione femminile; la maggiore concentrazione si rileva in Toscana, con 1.707 aziende, pari al 40,8% del totale regionale e al 23,5% del totale nazionale.

http://www.istat.it/it/archivio/103202




“Il Partenariato Pubblico-Privato in Italia nel 2012 – Una strada obbligata per il rilancio del Paese”

partenariatoRapporto partenarariato pubblico privato 2012