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Midollo – spettacolo itinerante nelle vertebre del Corviale

Nell’ambito dell’Estate Romana 2017, Laminarie ha creato e prodotto Midollo – spettacolo itinerante nelle vertebre del Corviale.
Il progetto è dedicato al Serpentone – uno dei palazzi più imponenti della periferia romana – che conta 1200 appartamenti disposti su nove piani. Con Midollo, il pubblico varcherà le fessure di questa lunga spina dorsale di cemento che racchiude al suo interno piccole e grandi storie, mettendo in relazione gli spettatori con la struttura architettonica del Serpentone e con le persone e i racconti che lo abitano.

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Corviale: la vicenda del Punto Ristoro arriva in Consiglio Municipale

Votato l’atto del Pd che eviterebbe lo sgombero del Punto Ristoro nel Centro Campanella.

Potrebbe essere stata scongiurata la chiusura del Punto Ristoro ed aggregazione sociale all’interno del Centro Polifunzionale ‘Nicoletta Campanella’ a Corviale. Grazie anche alla presenza in Aula di moltissimi utenti e residenti del quartiere, è stata approvata una mozione presentata dal Pd in Municipio XI. “Oggi, votando il nostro atto, sembra che il M5S abbia fatto marcia indietro, che non voglia più procedere allo sgombero dei locali – hanno spiegato i consiglieri Pd Maurizio Veloccia, Gianluca Lanzi, Giulia Fainella e Angelo Vastola – Ora ci aspettiamo atti conseguenti: che sia evitato lo sgombero del 21 settembre e che quindi sia scongiurata la chiusura”. Lo stesso documento era già stato presentato in Aula il 25 luglio, ma “era stato fatto decadere per volontà del M5S”, spiegano i dem.

IL PUNTO RISTORO – Il Punto Ristoro rischiava lo sgombero e la chiusura, già programmata per il 21 settembre prossimo. Questo, come si legge sul profilo facebook della struttura, perchè “è stato ignorato un bando a cui il centro puntualmente ha sempre partecipato e, nella conformità delle richieste, vinto. Doveva essere ancora una volta così – spiegano – ma il cambio di Giunta ha fatto si che nella parte finale della gara il bando sia stato annullato”. Questo ha portato gli attuali gestori in una situazione di ‘abusivismo’ a causa della scadenza dei termini della concessione. “Eravamo pronti a partecipare a nuovo bando”, spiegano, ma questo non è arrivato. Nei suoi circa vent’anni d’attività il Punto Ristoro ha svolto una funzione aggregativa e di presidio sul territorio di Corviale. Questo, si legge, “fornendo servizi importanti, oltre la cucina un riferimento per uffici, Vigili, studenti e persone del luogo – e ancora – il Punto ristoro, si è sempre contraddistinto per il sostegno all’integrazione rivolta alla fascia più debole, ragazzi con disagi familiari, con disabilità. Ha sostenuto sempre iniziative culturali, con mostre pittoriche e fotografiche di artisti emergenti e iniziative in collaborazione con la biblioteca di Corviale Nicolini”.

IL GIUDIZIO – Risulta particolarmente duro il giudizio avanzato dai consiglieri democratici su questa vicenda. “Sembra che ci sia un vero e proprio accanimento da parte del M5S nei confronti dei cittadini di Corviale e dei loro luoghi di aggregazione – scrivono – prima, nei mesi scorsi, è stata la piscina di Corviale a rischiare la chiusura ora è il turno del punto ristoro, che ricordiamo è a servizio dei ragazzi del centro di salute mentale nonché di tutti i cittadini di Corviale e che il 21 settembre, se il Municipio non interverrà, sarà chiuso con l’utilizzo della forza pubblica”.

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Sono arrivati a destinazione i 24 giovani di “ViaSalaria”

Il gruppo di studenti e giovani ricercatori partiti a piedi da San Benedetto del Tronto il 16 agosto, è approdato a Ostia venerdì 1 settembre portando a termine il cammino attraverso il centro Italia. Noi de La rucola li abbiamo incontrati al termine della prima tappa a Spinetoli, quando c’è stato il loro incontro con il dottor Nazzareno Graziosi, nostro collaboratore e ora pubblichiamo il report della loro avventura così come direttamente l’hanno vissuta.

Il cammino si è concluso!

Durante il nostro tragitto da San Benedetto del Tronto a Ostia abbiamo toccato luoghi, studiato pratiche e discusso con esperti e comunità locali sulle possibilità di sviluppo di territori diversi. Passo dopo passo, tappa dopo tappa, abbiamo costruito un laboratorio di riflessione itinerante che ha coinvolto studenti e giovani ricercatori provenienti da 5 università italiane e che diventerà presto un tavolo permanente di discussione e dibattito su temi di natura urbanistica.

Attraversando Arquata del Tronto, Accumoli e Amatrice, il gruppo ha incontrato ricercatori che da anni studiano il post terremoto, cercando di comprendere i risvolti politici, sociali e urbanistici della catastrofe e le traiettorie e i limiti del processo di ricostruzione.

Parlando con le comunità locali del cratere, i ragazzi e le ragazze di “ViaSalaria” hanno dipinto una immagine di coraggio, umiltà, tenacia e voglia di ritornare ad abitare quanto prima i territori messi in ginocchio dal sisma.

Un enorme grazie ai 24 partecipanti a ViaSalaria, i nostri eroi, ovvero Marco, Francesco L., Francesco P., Federico, Alessandro, Luca B., Eleonora, Fabio, Letizia, Raquel, Gianfrancesco, Jonatas, Alessio, Flavio, Laszlo, Arianna, Liam, Minoo, Giovanni, Serena, Daniele, Niels, Francesco F. e Alessia.

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17 agosto – Attraversamento del fondovalle del Tronto con Ikonemi e incontro con Nazzareno Graziosi

18 agosto – Incontro sulla SGL Carbon di Ascoli Piceno

22 agosto – Incontro con le Brigate di Solidarietà Attiva e il gruppo di ricerca Emidio di Treviri

23 agosto – incontro con Claudio Centanni (INU Marche)

23 agosto – sopralluogo nella zona rossa di Amatrice

Il 31 agosto, visita al Corviale di Roma

Il 31 agosto, giornata di sosta del gruppo a Roma, “ViaSalaria” ha visitato il Corviale leggendo e interpretando cicli e pratiche d’uso dello spazio pubblico del quartiere. Con l’aiuto di Marco Mareggi (Politecnico di Milano), il gruppo ha studiato qualità e fruibilità dello spazio pubblico e semi privato di questo grande brano di periferia romana. Nel pomeriggio, i partecipanti hanno incontrato Adriano Sias (Corviale Domani), Paolo Scamponi (Comitato di Quartiere Corviale), Don Gabriele (Fraternità dell’Incarnazione Corviale) e Giulia Pietroletti (Università La Sapienza di Roma) che hanno dialogato con il gruppo cercando di restituire la complessità funzionale e sociale dell’edificio.

Trasparenza

I fondi raccolti dalla campagna crowdfunding andranno a finanziare le spese di partecipazione (per chi viene da fuori Torino) alla conferenza finale e di organizzazione della mostra che si terrà a Torino il 20 ottobre prossimo. Un’altra piccola ma doverosa precisazione: ViaSalaria non ha ricevuto alcun contributo da nessuno dei partner del progetto, dunque né dal Politecnico di Torino né dai cinque Comuni che hanno rilasciato il patrocinio. Gli studenti hanno partecipato a loro spese e il progetto è interamente autofinanziato!

Upcoming events

I 24 giovani di “ViaSalaria” invitano tutti i loro sostenitori alla Conferenza Finale e all’inaugurazione della Mostra che si terrà a Torino (Castello del Valentino) il giorno 20 ottobre 2017 (data da confermare), dove discuteranno dei più importanti risultati del cammino e lanceranno l’itinerario del cammino dell’anno prossimo!

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Il tema delle periferie visto da New York

La Grande Mela vara un ambizioso piano per distribuire in maniera più organica gli investimenti nel settore culturale, che andranno a coprire le aree “periferiche”. Un’iniziativa fortemente voluta dal sindaco de Blasio.

Sin dal XIX Secolo, la municipalità di New York finanzia la cultura, e lo fa con un volume d’investimenti di gran lunga superiore a tutte le altre città americane, e ai singoli Stati federali. Addirittura, il fondo nazionale per le arti, che dipende dal Governo, ha una dotazione inferiore rispetto agli stanziamenti della Grande Mela. Il 2017 rappresenta un punto di svolta: con il nuovo piano lanciato dalla città, si intende destinare risorse a quelle aree cittadine che ne hanno sin qui beneficiato di meno, le periferie. Tema che peraltro rappresenta una delle scommesse del presente anche in Italia, dove il Mibact ha stanziato 100.000 euro per la seconda edizione del concorso di idee per la riqualificazione di dieci aree urbane periferiche in tutto il territorio nazionale rivolto ad architetti under 35.

IL NUOVO PIANO CULTURALE

Dopo un lungo studio del territorio, un’apposita commissione del Dipartimento Affari Culturali ha pubblicato il rapporto CREATENYC: A Cultural Plan for All New Yorkers, che in 180 pagine mira a riorientare la vita culturale della città verso le zone sin qui trascurate rispetto ad altre. Tuttavia, ha spiegato Tom Finkelpearl, presidente della commissione “in città non ci sono deserti culturali, ci sono musei, gallerie, e spazi di vario genere in ogni quartiere. Il problema è che non tutti ricevono adeguato sostegno finanziario, in particolare non sono ben distribuiti i finanziamenti per i singoli artisti”. Il nuovo piano intende quindi parificare il più possibile la disponibilità di risorse nelle varie zone. Il primo passo è quello di aumentare immediatamente il sostegno a quelle istituzioni che fanno parte del Cultural Institutions Group, e praticano una politica dei prezzi dei biglietti molto bassa, o addirittura a ingresso gratuito. Ne fanno parte, fra gli altri, il MET, il Museo di Storia Naturale, ma anche la Wave Hill del Bronx, il Jamaica Center for Arts and Learning, e il Museo del Barrio. Così il sindaco de Blasio ha espresso la sua determinazione a portare avanti il progetto: “Questa è una città di ricchezza culturale ineguagliabile che si esprime sui marciapiedi, nei negozi, nei parchi, come nei musei e nei teatri. Se vogliamo mantenere questo clima creativo, dobbiamo usare tutti gli strumenti possibili per garantire a tutti i cittadini pari opportunità di accesso alle opportunità culturali. CreateNYC è lo strumento giusto per farlo“.

DISABILI, AFROAMERICANI, AMBIENTE

Il nuovo piano prevede anche una serie di interventi a sfondo sociale, come ulteriori finanziamenti a favore di artisti con disabilità, e il varo di un programma di formazione professionale dedicato agli afroamericani, volto a favorire la loro presenza in posizioni chiave all’interno delle istituzioni culturali in genere, considerando la bassa percentuale di persone di colore con incarichi dirigenziali. Sono allo studio anche misure per incentivare l’impatto ambientale dell’attività culturale, con incentivi per pratiche di gestione che limitino la produzione di anidride carbonica (ad esempio utilizzando fonti alternative per l’illuminazione degli ambienti). Jimmy Van Bramer, fra i promotori del piano, ha dichiarato come questo sia stato concepito per “andare incontro a tutti coloro che, per qualsiasi ragione, hanno ritenuto che quanto sin qui realizzato non fosse per loro, o che hanno esitazioni nell’accedere a fondi, enti, eccetera. Abbiamo l’obbligo di abbattere quelle barriere e scoprire dove sono le lacune e le iniquità. Stiamo facendo molto. Siamo la capitale culturale del mondo“.

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Si scrive legalità, si legge deserto sociale

Due sgomberi, un bando finto, i richiami alla legalità, il rifiuto di ascoltare quelli dell’acqua. L’arroganza della giunta Raggi contro quelli del Rialto, dove aveva sede il Forum dei movimenti dell’acqua, non è solo un’altra brutta storia romana di sgomberi, ma prima di tutto la conferma che l’amministrazione 5 Stelle “sta compiendo una svolta reazionaria – dice Paolo Carsetti del Forum dell’acqua – “L’unico obiettivo è accreditarsi con il sistema, dimostrare ai poteri forti di essere affidabile, così da candidarsi a governare il Paese intero… Poco importa se nel frattempo la legalità sarà trasformata in un simulacro, la trasparenza in opacità, il cambiamento in continuità, la comunità in solitudine competitiva, la città in un deserto sociale. Il Rialto e il Forum sono solo piccoli intralci nel cammino verso il potere…”

Sono passati tre mesi dal primo sgombero e tre giorni dall’ultimo… Quello che segue è un breve racconto di quanto avvenuto. Per chi l’ha visto e per chi non c’era e per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera. Sono tredici anni che chiediamo una soluzione definitiva attraverso l’attuazione della delibera di Consiglio Comunale 40/04 (tuttora vigente) che prevede lo spostamento delle realtà del Rialto all’ex autoparco dei Vigili Urbani (di Via delle Mura Portuensi) del Comune di Roma. Questa è la soluzione che abbiamo sottoposto da oltre due mesi e mezzo anche all’Amministrazione Raggi, già dopo il primo sgombero del 16 febbraio. Ma, in esatta continuità con le passate amministrazioni, non ha mai voluto prenderla realmente in considerazione.

Ci teniamo a ribadire che la soluzione esiste ed è sotto gli occhi di tutti: nulla osta a completare l’iter procedurale e amministrativo di detta delibera avendo già superato i vari passaggi della Conferenza dei Servizi; l’Amministrazione comunale negli anni ha già acquisito i progetti, ha utilizzato soldi pubblici a tal fine ed il mancato completamento dell’opera configura un sicuro danno erariale; la ricollocazione delle realtà del Rialto è, dunque, un atto approvato dal Consiglio comunale e ora necessita solo della volontà politica della Giunta di attuarla.

Il vero danno erariale per il Comune sta proprio nella mancata attuazione di questa delibera e non negli affitti degli spazi sociali che, tra l’altro, laddove fossimo stati messi nelle condizioni, non ci saremo sottratti dal corrispondere. Ma davvero qualcuno pensa di ridurre lo sgombero di uno spazio come il Rialto e della sede del Forum dei Movimenti per l’Acqua al mancato saldo di un affitto? La questione è ben più complessa e negli ultimi mesi gli sgomberi a Roma sono stati un incubo che ha toccato centinaia di realtà. La banalizzazione che sta costruendo l’Amministrazione, trincerandosi dietro il semplice ripristino della legalità, è preoccupante.

Parafrasando un nostro caro slogan referendario potremo dire: si scrive legalità, si legge deserto sociale. Il confronto con l’Amministrazione è stato avviato all’indomani del primo sgombero e in quell’occasione l’assessore Andrea Mazzillo e il suo staff si erano presi l’impegno di approfondire i termini dell’attuazione della delibera 40/04. “Pochi giorni e vi riconvochiamo”: questo era stato l’impegno assunto in quell’occasione.

Il 24 febbraio le catene che avevano chiuso il Rialto vengono spezzate e questo spazio viene restituito alla città. Poi per due mesi, nonostante le nostre reiterate richieste d’incontro, silenzio più assoluto. La risposta dell’Amministrazione è sempre la stessa: “Stiamo ancora studiando”.

All’improvviso, qualche giorno prima di Pasqua, ci giunge notizia fondata di un nuovo sgombero. Richiediamo con urgenza un incontro allo staff dell’Assessore che inizialmente viene negato e infine concesso per sfinimento.Dopo due mesi ci viene comunicato che ancora non si ha la più pallida idea se la delibera sia attuabile.

Due mesi persi, gettati al vento come nella migliore tradizione italica. In cambio ci vengono “offerti” dei locali del tutto inaccettabili. Principalmente per due ragioni: non garantiscono la possibilità di ricollocazione unitaria delle associazioni ora presenti al Rialto, facendo così venir meno il riconoscimento politico dell’insieme del Rialto e dello spazio sociale in sé, del suo percorso e quindi delle attività che lì vengono svolte in sinergia; i locali hanno come finalità di utilizzo l’emergenza abitativa e nessuna delle realtà del Rialto ha intenzione di sottrarre casa a chi ne ha fortemente bisogno, soprattutto alla luce della drammatica situazione degli sfratti che, procedendo incessantemente, vanno ad aggravare un’emergenza abitativa atavica.

Abbiamo sempre ribadito di essere disponibili a soluzioni transitorie nel momento in cui viene individuata la soluzione definitiva attraverso atti formali (delibera di Giunta e protocollo d’intesa). Altrimenti non si capisce perché definire transitorio qualcosa che evidentemente non lo è. Per usare una metafora: abbiamo segnalato a più riprese che non sussistono problemi da parte nostra ad accettare soluzioni ponte, e quindi uscire dal Rialto, purché siano ben definite le due sponde del guado.

Nel frattempo il 18 aprile la Corte dei Conti si è pronunciata dichiarando nullo il danno erariale e non esigibili i canoni di mercato sul patrimonio indisponibile facendo venire meno le motivazioni alla base delle riacquisizioni degli immobili da parte del Comune. Continuiamo per giorni a richiedere un nuovo incontro e a segnalare allo staff dell’assessore Mazzillo la necessità di una risposta chiara su tutto ciò.

Sabato 6 maggio 10.000 persone scendono in piazza, attraversano il centro di Roma per arrivare sotto al Campidoglio e ribadiscono anche alla Giunta Raggi che “Roma non si vende”!

L’8 maggio, all’improvviso, sul sito di Roma Capitale compare un avviso di bando finalizzato alla concessione di un immobile sequestrato alla criminalità per lo svolgimento di attività sul tema dell’acqua e dei beni comuni. Un bando cucito su misura del Forum Acqua che identificando l’oggetto nel solo tema dell’acqua e dei beni comuni cancella la pluralità degli ambiti su cui intervengono da anni le realtà presenti al Rialto.

Ci domandiamo: che differenza passa tra questo bando e le pratiche politiche che hanno portato a Mafia Capitale? Un bando che non è neanche tale fino in fondo in quanto si tratta di un avviso e infatti si afferma “La documentazione del bando di gara per l’assegnazione dell’immobile, in concessione in comodato d’uso gratuito, verrà definita solo al perfezionamento delle procedure di acquisizione e della effettiva disponibilità del bene confiscato e, pertanto, la presente procedura non è vincolante per questa Amministrazione”.

Un bando che svela il trucco: l’immobile non è ancora nell’effettiva disponibilità del Comune ma evidentemente c’era fretta di provare a costruirsi un alibi in previsione dell’imminente sgombero che, guarda caso, avviene il giorno successivo alla sua pubblicazione.

Il 9 maggio, infatti, all’alba veniamo svegliati dalle telefonate delle forze dell’ordine che stavano sgomberando il Rialto. L’assessore Mazzillo dice soddisfatto che si tratta di un atto dovuto volto al ripristino della legalità. Giustizia è fatta. La misura è colma!

Ci sottraiamo convintamente a questo ricatto, a questo tentativo di corruzione e intendiamo denunciarlo con forza. Ora l’Amministrazione può addurre mille altre scuse per lo sgombero, dall’ingiunzione di un fantomatico tribunale (quale, quando, a che titolo, per quali reati?) al rischio crollo dell’immobile. In questi anni, mesi, settimane e giorni non è mai stato notificato nulla, né a noi né all’Amministrazione. Chiunque ha un minimo di onestà intellettuale sa che si tratta solo di un ulteriore tentativo volto a rafforzare l’alibi.

Tutto ciò conferma che l’Amministrazione 5 Stelle di Roma sta compiendo una svolta reazionaria, tinta di nero, il cui unico obiettivo è accreditarsi con il sistema, dimostrare ai poteri forti di essere affidabile, così da candidarsi a governare il Paese intero nel 2018. Purtroppo, la strada intrapresa è quella giusta.

Poco importa se nel frattempo la legalità sarà trasformata in un simulacro, la trasparenza in opacità, il cambiamento in continuità, la comunità in solitudine competitiva, la città in un deserto sociale. Il Rialto e il Forum dell’Acqua sono solo piccoli intralci nel cammino verso il potere, quello vero. Ciò non toglie che la nostra mobilitazione proseguirà senza sosta perché intendiamo arrivare a una gestione pubblica, trasparente, democratica e partecipata dell’acqua a Roma e in tutti gli altri territori.

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Non c’è più distanza sociale tra centro e periferie

Rapporto Istat, Roma sempre più frammentata socialmente.
A Roma “emerge una decisa frammentazione sociale. Il centro storico mostra una morfologia compatta con una chiara prevalenza di aree residenziali a profilo medio alto, che rappresentano a livello spaziale il 38,9% della popolazione, intramezzate da alcune aree con prevalente popolazione anziana”. È quello che si legge a proposito della distribuzione sociale sul territorio urbano della popolazione capitolina in un approfondimento (dedicato anche a Milano e Napoli) del rapporto 2017 dell’Istat, presentato questa mattina a palazzo Montecitorio.”Accanto a questa tipologia sociale coincidente a grandi linee con i municipi centrali – prosegue l’approfondimento – si riscontra una base insediativa caratterizzata da aree del ceto medio. In questo mosaico composito si intrecciano aree popolari a rischio di degrado, spazialmente parlando, l’8,1% della popolazione, in cui convivono differenti tipologie di disagio sociale ed economico. Queste aree accomunano la popolazione italiana e quella straniera: occupazione di bassa qualificazione, grado di istruzione medio-basso, nuclei familiari con numeri relativamente alti di componenti”. Da registrare, sempre secondo il Rapporto “una perdita progressiva dei confini tra centro e periferia. Un processo spaziale derivante dal quadro evolutivo della struttura sociale urbana e perturbana in cui agli insediamenti preesistenti si sommano nuove tipologie di abitanti”.

Il secondo elemento comune tra le tre città è: “L’assenza di periferie uniformi e di segregazione residenziale dei gruppi più disagiati. Non emerge cioè un modello insediativo caratterizzato da grandi aree distinte dalla presenza esclusiva di specifici gruppi sociali”. Secondo l’Istat: “Questa porosità tra aree e gruppi diversi rappresenta un elemento di forza nella prospettiva dell’integrazione sociale, ma anche una possibile fonte di conflitti”. La terza caratteristica che accomuna Roma, Milano e Napoli è: “La presenza di aree compatte caratterizzate da una decisa presenza di profili medio-alti”.

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Rapporto istat 2017




L’Altra Italia: il calcio di Corviale, un progetto di inclusione sociale

E’ una storia che parte da lontano, quella del Calcio sociale di Corviale, “il serpentone” progettato negli anni ’70 come nuovo modello abitativo alla periferia di Roma, lungo un chilometro, abitato da seimila persone, e divenuto fatiscente e degradato. Lì, dopo alcuni anni di attività nomade per la capitale, è approdata la sede del Calcio sociale, progetto di inclusione che parte dall’amore per il calcio e dalle sue regole ‘buone’ per fare attività formativa, sociale e umana.
Gli esordi di Massimo Vallati

Tutto inizia dall’infanzia di Massimo Vallati, un bimbo – oggi adulto e presidente di Calcio sociale – che ama il calcio da morire, e che come tanti della sua età passa i pomeriggi a rincorrere la palla con entusiasmo ed energia da vendere. Ma piano piano arriva la doccia fredda, perché Massimo entra a contatto con il rovescio della medaglia del calcio: “Il contrasto profondo tra la bellezza dello sport e la violenza degli stadi”, racconta Vallati. Lui è tifoso della Lazio e ben presto entra tra gli ultras: i cori, le trasferte, l’entusiasmo, l’amicizia, la condivisione, fino a che la curva si divide e a fare da contraltare agli Eagles supporter – i ‘buoni’ – nascono gli Irriducibili, “xenofobi e di estrema destra”. E così, in curva, durante Italia 90, quel “metro di distanza tra i due gruppi, mi fece pensare alle guerre tra vicini di casa, quella tra Palestinesi e Israeliani, quella nella ex Jugoslavia, perché l’odio era diventato più grande del concetto di sport”, prosegue Vallati, che da quel giorno decise di allontanarsi dal mondo del calcio, per molto tempo. “Un allontanamento vero, dettato da una ferita profonda”. Ma una decina di anni dopo, come accade con tutte le passioni, l’amore riaffiora. “Facevo volontariato a Monte Verde e pensai che sarebbe stato bello organizzare un torneo diverso: lo slogan doveva essere ‘cambiare le regole del calcio per ridisegnare le regole del mondo’; quella che stavamo avviando era una battaglia sociale e politica, innanzi tutto. E visto che il calcio è il più grande fenomeno sociale al mondo, aveva senso per noi partire proprio da lì per cambiare le cose”, sottolinea Vallati. (continua dopo la foto)

Un campo biodegradabile e una palestra di legno e argilla

Così è nato il Calcio sociale nel 2005 che dopo aver girovagato per la capitale, è approdato, non senza difficoltà “e anche molte perplessità” a Corviale, luogo allora identificato dalla Regione come uno spazio da occupare con questa attività. “All’inizio non eravamo per niente convinti di fare una cosa giusta a fermarci in quel posto, ma poi abbiamo accettato la sfida”, ricorda Vallati, mentre ripercorre tutto l’iter che ha portato alla realizzazione del Campo dei miracoli (così si chiama la sede), interrotto ad un certo punto anche dal Marrazzo gate (era stato infatti l’ex presidente della Regione Lazio a sostenere il progetto). Finalmente, tuttavia, sono partiti così i lavori che hanno portato alla realizzazione e all’inaugurazione nel 2014 di strutture pensate con l’obiettivo di seguire criteri e modalità etiche e di portare bellezza in una periferia così degradata: il campo da calcio è stato costruito in materiale biodegradabile (e addirittura commestibile); per la palestra sono stati usati legno, argilla, canniccio ed è stato eliminato il cemento grigio; il tetto, unico caso al mondo – 900 metri quadri – è stato totalmente ricoperto di scorze d’albero: 5mila cortecce messe insieme dalle comunità terapeutiche che partecipano a Calcio sociale, dai ragazzi, dai residenti di Corviale, e che rappresentano tutte quelle persone. Grazie a questa particolarità il Campo dei miracoli ha ricevuto nel 2013 il premio per lo sviluppo sostenibile alla fiera internazionale di Ecomondo. Da lì, poi, è stato tutto un susseguirsi di riconoscimenti: il Governo nel 2014 ha riconosciuto l’esperienza di Calcio sociale come ‘best practice italiana per lo sport e l’inclusione sociale ’. “E’ poi partito un progetto europeo che prevede lo studio dei benefici del calcio sociale esportando l’esperienza in Francia, Inghilterra, Bulgaria e Ungheria”, spiega Vallati mentre racconta anche di come il mondo universitario e scientifico sia interessato a studiare approfondire questa realtà. (continua dopo la foto)

Un progetto di inclusione sociale

Perché, in fondo, Calcio sociale è un progetto di inclusione che si basa, nella pratica, su una società sportiva dilettantistica onlus, aperta a ragazze e ragazzi, adulti, uomini e donne, persone con disabilità, problemi di droga, penali, di disagio familiare che opera anche come attività di prevenzione: il calcio diventa una metafora della vita e si gioca sperimentando l’accoglienza e il rispetto della diversità nella convinzione, come recita uno degli slogan, che “vince solo chi si custodisce”. Il campo da calcio, insomma, si presenta come una palestra di vita, dove normodotati e persone disagiate stanno insieme: ognuno può fare richiesta di partecipare, dai 10 ai 90 anni, e una commissione tecnica si occupa di valutare gli inserimenti nelle squadre, che sono tutte equilibrate affinché nessuna parta svantaggiata per i tornei. “Non esiste la figura dell’arbitro, ma quella dell’educatore e del vice-educatore, alle squadre vengono assegnati dei coefficienti e accade anche che un disabile tiri un calcio di rigore che porta la squadra in finale!”, racconta Vallati. La componente agonistica non viene mai a mancare, ma ha lo stesso peso della condizione di parità in cui le squadre e i giocatori sono posti. E i partecipanti, oltre a prepararsi atleticamente e tecnicamente, seguono dei laboratori educativi parallelamente alla preparazione per le partite (questo è il senso dell’Accademia di Calcio sociale): “90esimo pensiero, ad esempio, è un ‘match’ in cui le squadre si confrontano su un tema e hanno 45 minuti di tempo per raccontarlo”. (continua dopo la foto)

L’attentato del 2015

Il Campo dei miracoli ormai è un punto di riferimento per le battaglie sociali e di legalità: nel 2014 è stato tappa dei campionati mondiali della Fifa perché a questa realtà è stato riconosciuto l’alto valore sociale e nello stesso anno, sempre a Corviale, si sono tenuti anche gli stati generali dell’antimafia. Perché la battaglia che è stata fatta contro la criminalità organizzata che pervadeva il quartiere è stata dura e incessante. E ha “portato anche, nello stesso giorno dell’attentato al Bataclan di Parigi, il 13 novembre del 2015, ad un attentato incendiario e intimidatorio al Campo dei miracoli: “Abbiamo reagito e deciso di presidiare quello spazio, non con delle guardie, ma con al presenza di una radio notturna, Radio Impegno, che racconta gli ostacoli e i progetti delle associazioni che a Roma si occupano di sociale. Non credevamo neanche noi che l’esperienza radiofonica, nata in quel modo, potesse proseguire, ma invece è passato già un anno e il 30 maggio festeggeremo il nostro primo anniversario”.

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A Cannes l’Italia delle periferie con le sue donne forti

A festival brutti, sporchi, cattivi ma veri. Per glam c’è Bellucci

Le donne forti che resistono, i bambini che colpe non hanno, la periferia: è con questo volto, tutt’altro che perfetto, certamente urticante ma anche molto realistico, che l’Italia va al festival di Cannes (17-28 maggio) grazie ai film di registi che non hanno paura di raccontare dove siamo e come siamo. C’e’ Fortunata (Jasmine Trinca) che nell’omonimo film di SERGIO CASTELLITTO (Un Certain Regard) si affatica dalla mattina alla sera, troppo giovane e confusa per crescere la figlia e resistere ad un marito violento che non si rassegna al fallimento del matrimonio come troppo spesso accade.

E l’indipendenza economica è l’occasione del riscatto di una vita piena di dolori. C’e’ Giovanna (Raffaella Giordano) che nel film di Leonardo Di Costanzo L’INTRUSA (Quinzaine des Realisaterus) alla periferia di Napoli ha fondato una masseria per bambini, un’oasi, per sottrarli al degrado ma che si trova ad accogliere, con tutti i drammi che ne conseguono, Maria che e’ la moglie di un killer camorrista che vuole sfuggire al ‘sistema’ della sua famiglia.

In SICILIAN GHOST STORY di Antonio Piazza e Fabio Grassadonia (Semaine de la critique) c’è Luna (Julia Jedlikowska polacco-palermitana), una ragazzina testarda che lotta nel paese dell’omertà perchè il suo compagno di classe Giuseppe (Gaetano Fernandez del quartiere Zisa di Palermo) di cui è innamorata è scomparso e nessuno lo cerca neppure la polizia, è figlio del pentito ed è meglio non parlarne (è l’atroce storia di Giuseppe Di Matteo il bambino sciolto nell’acido dai corleonesi di Brusca e il film sotto forma di fiaba ha il valore di ricordarcela).

C’è Agnese (Selene Caramazza) di CUORI PURI esordio di Roberto De Paolis (Quinzaine) che a 18 anni è sotto lo scacco della madre che le vorrebbe far prendere il voto di castità e invece perde la verginità dietro ad un ragazzo di borgata che arranca e si arrangia (Simone Liberati). E poi ci sono i bambini, le vittime di tutto, che colpe non hanno ma che da sempre sono a rischio di persecuzione per le colpe dei padri, i figli dei camorristi di Scampia e dei mafiosi di Altofonte oppure i rom di A CIAMBRA di Jonas Carpignano (Quinzaine), che vivono da sempre a Gioia Tauro in Calabria e che il regista per dare maggiore verità ha preso proprio nella loro comunità. Sullo sfondo, ma alla fine protagoniste più degli attori, ci sono le periferie, i territori dove i conflitti sociali diventano aspri, dove la guerra è tra poveri, dove legalità e illegalità si fronteggiano anche nelle piccole spicciole cose e dove il razzismo contro profughi, rom e migranti può diventare necessità.

Unica eccezione a quest’Italia brutta sporca e cattiva che va a Cannes è DOPO LA GUERRA, il film di Annarita Zambrano (Un Certain Regard) che racconta un dramma familiare all’interno di una famiglia borghese lacerata dalla violenza degli anni ’70, tra fuoriusciti accolti dalla Francia e parenti in Italia costretti a fare le spese della giustizia. Con Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Charlotte Cetaire e Jean Marc Barr nel cast.

Per il glamour invece schieriamo il top, la madrina Monica Bellucci, sempre più internazionale mentre un pezzo illustre di storia del cinema come Claudia Cardinale danza sui tetti di Roma nell’immagine ufficiale del festival. Nell’edizione monstre, il 70/mo (17-28 maggio) nessun film italiano e’ in gara per la Palma d’Oro e la mappa tricolore si compone di 6 film in tutto.

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Bando alle periferie: il progetto del Comune di Milano per la rigenerazione urbana

Palazzo Marino lancia un avviso pubblico per i quartieri periferici della città. La riqualificazione passerà dalla valorizzazione del tessuto sociale.
Il Comune di Milano ha lanciato “Bando alle periferie”, avviso pubblico per l’erogazione di contributi destinati a progetti a sostegno della rigenerazione urbana nell’ambito delle periferie del capoluogo lombardo.

Lo scopo del bando è quello di intervenire sui quartieri periferici della città non solo riqualificandoli dal punto di vista estetico, ma cercando di rivalorizzare il loro tessuto sociale, rendendoli luoghi più vitali, solidali, aperti alle diversità e alle contaminazioni reciproche di culture, stili ed opportunità sociali. La sfida, quindi, è quella di superare l’idea di periferia come luogo di degrado fisico degli spazi pubblici e privati, mancanza di connessioni, percezione di insicurezza, mancata integrazione sociale, squilibri demografici, carenza di legami di comunità, ecc.

Chiunque volesse presentare la sua proposta ha tempo fino al 5 giugno 2017 per far pervenire la sua proposte alla Direzione Periferie del Comune di Milano.

I contenuti del bando

L’iniziativa mette a disposizione 540 mila euro per sostenere le proposte di associazioni di volontariato, fondazioni, associazioni di promozione sociale, associazioni sportive, associazioni culturali e tutti coloro che hanno a cuore il miglioramento della qualità della vita nei quartieri periferici milanesi. Il bando prevede però che l’iniziativa dovrà essere cofinanziata per almeno il 10% dall’associazione che la propone. Inoltre, tutti i progetti dovranno essere portati a termine entro e non oltre il 31 dicembre 2017.

Le aree cui dovranno essere destinate le risorse sono: Giambellino-Lorenteggio, Adriano-Padova-Rizzoli, Corvetto-Chiaravalle-Porto di Mare, Niguarda-Bovisa, QT8-Gallaratese. Gli interventi ammissibili sono svariati: si possono proporre iniziative culturali, sportive, educative, formative e più in generale di animazione territoriale, fino a progetti che prevedono percorsi volti allo sviluppo di organizzazioni di comunità e al rafforzamento delle reti sociali. Come è possibile leggere dal bando, in questi casi dovrà essere data particolare attenzione all’inclusione di quei gruppi sociali tradizionalmente poco inclusi nella vita pubblica, sociale ed economica della città.

Per conoscere in maniera più approfondita i criteri di valutazione e i restanti contenuti del bando, vi rimandiamo a questo indirizzo internet. Al suo interno, oltre che scaricare il bando, sarà possibile presentare il proprio progetto.

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Bando alle periferie – AVVISO PUBBLICO MILANO




Torpignattara compie 90 anni e festeggia con l’arte di strada

Il quartiere popolare più multietnico di Roma è al centro di una vera e propria rinascita artistico-culturale.
A Torpignattara, o meglio, a Torpigna, volendo usare lo slang romano, i rumori si confondono tra loro fino a diventare dei suoni, quelle che possono sembrare ombre sono spesso luci particolari, l’italiano si mescola con il cinese e il bengali, con il polacco e il rumeno, con il senegalese e il portoghese, creando una lingua che ha un ritmo a sé, unica come è unico questo posto della Capitale. Siamo nel quinto Municipio, in un’area popolare incastonata tra l’Acquedotto Alessandrino e la Prenestina sempre più vivace ed interessante (è attaccata al già “gentrificato” Pigneto), facilmente raggiungibile da piazza di Porta Maggiore con il pittoresco trenino bianco e giallo della linea Roma-Centocelle oppure percorrendo in auto la via Casilina.

Negli ultimi anni, la rinascita del quartiere è cominciata proprio in quelle sue vie principali dove, tra casette basse e palazzoni, il fischio del treno, i clacson delle auto e diverse insegne al neon, spesso color fluo, è facile trovare un negozio di frutta e verdura (con nomi come “Gram Bangla”, con la ‘m’ al posto della ‘n’), ristoranti etnici accanto a trattorie romane che sono qui più o meno da quando venne costruito (esattamente novant’anni fa), ma anche saloni di bellezza e subito dopo un tempio induista e una moschea, supermercati aperti ventiquattro ore su ventiquattro e persino un McDonald, uno dei più frequentati di Roma.

“Da quando è stato aperto, è diventato un ritrovo ‘elegante’ sui generis per tutte le comunità della zona”, ci spiega Simone Marchesi, bolognese di nascita, ma residente a Tor Pignattara da quasi quindici anni, esperto di Politiche Pubbliche d’investimento nonché vice presidente dell’Associazione culturale “Alice nel Paese della Marranella”. “La presenza di un Mc è di per sé banale, ma qui assume inattesi significati”, aggiunge. “Il quartiere cambia e migliora ogni giorno di più, sono tante le persone che decidono di venirci a vivere perché qui, in una maniera tutta speciale, si vive bene”.

È lui la nostra “guida speciale” per un giorno tra le strade di Torpigna, che inizia proprio da quella via della Marranella che sono in molti – da queste parti – a chiamare “la Banglanella”, la via che sabato prossimo, 20 maggio, si trasformerà, per il terzo anno consecutivo, in un grande spazio aperto dedicato alle arti figurative, performative e di strada. “Sarà un vero e proprio viaggio alla scoperta delle meraviglie di questo quartiere, per troppo tempo guardato con sospetto dai romani e ignorato dai non romani”, aggiunge Simone, dopo aver superato il Bar Latteria Italia, rimasto così come appariva negli anni Cinquanta. “La festa di Alice, che avrà come tema portante la bellezza della diversità, sarà anche stavolta un evento d’arte e di riqualificazione del tessuto urbano e sociale” e – tiene a precisarci – “rappresenta un’importante occasione per la valorizzazione del carattere multietnico e meticcio del quartiere”.

La valorizzazione e i cambiamenti sono evidenti in Largo Perestrello, la piazza del mercato, che per l’occasione si è rifatta il look proprio grazie ai membri di quell’associazione culturale (e a quelli di Retake Roma, specializzata nella riqualificazione e pulizia degli spazi pubblici cittadini) che, insieme, sono riusciti a darle una nuova bellezza ridipingendo le saracinesche dei chioschi dove, proprio nella giornata del 20 maggio, saranno montate le fotografie dell’artista Sara Camilli per una mostra en plein air promossa dal Goethe-Institut.

A proposito di pitture e quant’altro, vera attrattiva del posto, tra le tante altre cose, sono i meravigliosi murales di Torpignattara, tantissimi e spesso di grandi dimensioni, siti in ogni angolo o muro del quartiere. I primi vennero realizzati nel 2008, quando venne aperta la Wunderkammern Gallery (è al numero 124 di via Gabrio Serbelloni), un ex deposito di frutta, oggi punto di riferimento per street e urban art di alto livello (è diretta da Dorothy de Rubeis, Giuseppe Ottavianelli e Giuseppe Pizzuto) con sede anche a Milano.

I più belli sono sicuramente quelli di Nicola Verlato, pittore vicentino, che li ha realizzati in Via Galeazzo Alessi, al civico 215, un omaggio particolare al poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini che qui ambientò parte dei suoi romanzi. Pasolini lo ritroviamo anche in via dell’Acqua Bullicante, sulla facciata esterna dello Spazio Impero (l’ex Cinema Impero), oggi sede della STAP Brancaccio, la scuola di Teatro e di Arti Performative – accanto a quelli dedicati a Ettore Scola e Anna Magnani realizzati David Diavù Vecchiato, fondatore di MURo, il museo di Urban art del Quadraro. Degni di nota sono anche quelli del francese Jef Aérosol, quasi sempre in bianco e nero su sfondo colorato, dove figure umane si accompagnano a farfalle o ad altri animali fantastici.

“La scuola elementare Carlo Pisacane (sempre in via dell’Acqua Bullicante, ndr) è nota per essere una delle più multietniche d’Italia” ci ricorda Simone, “ed è un ottimo esempio di integrazione culturale”. Si deve proprio ai genitori di quella scuola e alla loro associazione, l’Associazione Pisacane 0-11, la seconda edizione di ‘Taste the World’ (in programma dal 2 giugno prossimo), un evento che esalta il gusto delle differenze e supera le barriere con dieci cucine da dieci diverse nazioni, con musica dai quattro angoli della terra, laboratori, mercatini e incontri. Dal 6 giugno, ci sarà poi la nuova edizione del Karawan Fest, un festival di cinema nomade che porterà lo schermo direttamente nei luoghi comuni dove i cittadini di Torpignattara intessono rapporti e relazioni per riaffermare l’esigenza dell’incontro e del superamento degli stereotipi.

Di recente, in quella che a tutti gli effetti è la micro area più suggestiva del quartiere, la Certosa, si è tenuta una grande festa in ricordo di Ciro Principessa, il giovane operaio che la sera del 19 aprile del 1979 venne accoltellato da un neofascista (Claudio Minetti, legato al famigerato Stefano Delle Chiaie), sui gradini della sezione del PCI in via Torpignattara. Tra gli organizzatori c’è Vincenzo Libonati, sceneggiatore e scrittore di origine lucane (il suo ultimo libro si intitola “Millemari” ed è pubblicato da Lepisma Edizioni), proprietario di un posto davvero speciale che non potete non visitare una volta che sarete da queste parti.

È il bar-libreria “Shakespeare and Co”, che proprio sull’esempio della storica ed omonima libreria parigina a due passi da Nôtre-Dame, riesce a coinvolgere persone appassionate di letture di qualità facendo sorseggiare un buon vino a prezzi accessibili, un tè o un caffè con un piacevole sottofondo musicale. La trovate in via dei Savorgnan, una via nascosta ai più e lontana dal traffico e dal caos della Casilina, un vero e proprio mondo a sé con case dai colori pastello, fiori e aiuole con quell’aria un po’ délabré che è tutto fuorché costruita, un villaggio dove tutti si conoscono e dove la gente ti saluta anche se non ti conosce, come se ti incontrasse in un ascensore o nella sala d’attesa di un medico.

“Questo locale, in realtà, è nato al Pigneto, ma tre anni fa ho deciso di spostarlo qui, ed è proprio qui che ho deciso anche di venire a vivere”, ci spiega Libonati davanti ad una birra ghiacciata, seduto sul piccolo tavolino in legno che è poi il suo “ufficio” speciale sul marciapiede. Dentro, clienti abituali bevono vino vicino ad un biliardino posizionato sotto due bici appese al soffitto, mentre nel piccolo ed incantevole giardino, sciarpe, magliette, cappelli e altri oggetti dimenticati da alcuni clienti sbadati (c’è persino un reggiseno!) vanno a formare un’installazione tra piante ad alto fusto.

Prima di andare via, andiamo da “Betto e Mary” (sempre in via dei Savorgnan, ma al numero 99), la storica trattoria romana che vanta tra le sue specialità, la coda alla vaccinara, la coda di vacca, la trippa, il cuore, gli intestini di agnello, le animelle e i testicoli di toro. Lì è impossibile spendere più di quindici euro e le cravatte sono da lasciare all’ingresso. Diverso ambiente, ma sempre molto accogliente, da “Fatti di Farina”, forno, bar e ristorante al numero 245 della vicinissima via Alessi, di proprietà del pugile-fornaio Emanuele Della Rosa e di suo fratello Enrico, in società con il giornalista sportivo Stefano Piccheri.

Sul far della sera, quando le luci e i rumori si confondono ancora con i suoni e le ombre non proprio in quest’ordine, notiamo un foglietto appeso a un albero per strada con la scritta “il meglio deve ancora venire”, una frase può che essere solo di buon auspicio per questi posti e per l’intero quartiere che è tutto da scoprire e da conoscere se non ci siete mai stati, uno di quelli dove la bellezza – citando Peppino Impastato – dimostra di poter essere un’arma perfetta contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

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