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Non si bluffa con i blockchain 

35645318_10214625975156061_4958870331159740416_nOgni giocatore di poker sa che dopo un po’ i bluff non funzionano più.
Promettere fuoco e fiamme, con un tweet o chiedendo un parere ai propri avvocati, e poi chiudere un accordo passando per il principe delle trattative sembra essere diventato il modello di questa stagione politica.
Ma anche se, secondo Habermas “E’ la percezione che determina la realtà”, questa percezione vira velocemente quasi alla stessa velocità con cui si è creata.
Una leggenda metropolitana narra che un cauto sottosegretario alla Presidenza del Consiglio abbia sul suo comodino una foto di Renzi per non dimenticare mai come velocemente evapori un 40% di consensi.
Qualcuno si ricorda del nobel per la pace di Trump per l’accordo di pace con la Corea del Nord?
Qualcuno ha letto cosa ha realmente sentenziato la Corte Costituzionale per “costringere” il Governo a definanziare le periferie che l’avevano portato al potere? (*)
Aspettando l’arrivo della tecnologia dei blockchain nell’informazione, una modalità di condivisione collettiva che rende tutta la catena degli users garanti del pacchetto condiviso, ci accontentiamo del potere taumaturgico di una foto, ormai vecchia come un dagherrotipo, sul comodino di un sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Ma anche una foto può  essere una fake news nell’epoca della disinformacija.
Buon erede delle fake foto del Miliziano_morente miliziano di Robert Capa e della marianna_1_marianna (2)Marianna del maggio francese la foto del bambino messicano in gabbia è stata costruita dal generale statunitense a capo del contrasto all’immigrazione clandestina per prevenire con l’arma della propaganda le partenze di nuclei familiari dal Sudamerica.
Vi ricorda, per caso, qualche quotidiano tweet di qualche Ministro dell’interno mediterraneo?

(*) “dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), nella parte in cui non prevede un’intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale.”

https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2018&numero=74

 




Papa Francesco a Corviale: la realtà si vede meglio dalle periferie

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Intervista a Pino Galeota

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Papa al Corviale, bagno di folla al Serpentone:
"Grazie a Francesco hanno tappato le buche"

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VISITA-PAPA-FRANCESCO-A3RIDOTTO--724x1024La nostra Comunità è uscita dal “Ghetto” da circa 10 anni avendo la stessa visione e proponimenti di Papa Francesco ovvero “la realtà si vede meglio dalla periferia”.

Questa realtà l’abbiamo guardata in faccia partendo dalle persone e dal nostro e loro vissuto quotidiano e costruito il nostro cammino.

Consapevolmente abbiamo mantenuto la barra e lo sguardo al disagio e alle fragilità, alle paure e alle diffidenze, alla crescita culturale e alle relazioni positive tra le persone, al come creare lavoro e sviluppo sostenibile attento all’ambiente che ci circonda.

Tutto ciò è stato reso possibile, nonostante gli tsunami attraversati, dal proficuo rapporto tra le Istituzioni presenti nel territorio, da operatori privati collaborativi e attenti ai contenuti che ci siamo dati e ultimo, ma non ultimo, da cittadini attivi e da un volontariato fattivo e propositivo.

Una storia scritta e documentata sia nei nostri siti e nel nostro giornale on line che in articoli, riviste, nei social, in programmi radio e televisivi e da incontri e attività cittadine, nazionali e internazionali.

Un percorso decennale non facile e ancora ad ostacoli che vediamo sempre più bassi, a cui interessi e attività delinquenziali e illegali messe in discussione hanno reagito con atti di persuasione anche fisica.

Rivendichiamo di aver “fatto capire” alle Istituzioni che si sottraevano alle loro responsabilità in quanto ritenevamo che la riqualificazione del nostro Territorio era impresa ritenuta quasi impossibile e senza ritorni personali che ce la potevamo fare.

“Noi siamo usciti dal Ghetto” da tempo, invitiamo a prenderne nota ben sapendo che le notizie negative fanno più audience, e stiamo picconando muri materiali e immateriali. I suggerimenti e le risposte sono leggibili dalla “realtà che si vede meglio dalla periferia”.

Benvenuto Papa Francesco

Pino Galeota
galeota.pino@libero.it
335.6790027 | 366.8198819

 




Continua, a Corviale, la Pasqua delle periferie

Continuano i segnali di rinascita di questa Pasqua delle periferie: Francesco, il papa de “la realtà si capisce meglio dalla periferia” viene a Corviale, alla Parrocchia di San Paolo della Croce domenica 16 aprile alle ore 16.

Qualche giorno fa il TAR ha dato torto ai ricorrenti che rischiavano di bloccare l’inizio dei lavori di riqualificazione del Palazzone. Lavori che ora possono avere inizio a cominciare dalla liberazione delle parti dell’edificio che devono diventare cantiere di riqualificazione. L’attuazione di questa delicata fase, senza cui non si possono cominciare i lavori, è già in atto con tutte le accortezze necessarie.




Comunicare la periferia

“Il presidente Fico va in bus: la normalità si fa social.”

(Corriere della sera del 27/3/18)

“La Banca d’Italia monitora i social media e in particolare Twitter per calcolare le aspettative d’inflazione o per valutare la fiducia dei depositanti” perché come dice Fabio Panetta, vicedirettore generale della Banca, circa l’8o% dei cittadini europei (e italiani) hanno uno smartphone con il quale raccolgono informazioni da Internet e fanno attività che stanno modificando e influenzando i comportamenti. Il 40% delle persone nel nostro Paese hanno accesso al conto bancario, e molti ormai acquistano, attraverso lo smartphone. Utilizzando i dati che noi depositiamo sulle varie piattaforme e tramite l’intelligenza artificiale, le big tech sono in grado di analizzare e indicare comportamenti e aspettative dei   consumatori che potrebbero essere utilissimi per giudicare, ad esempio, il «merito di credito» di persone e aziende.”

(Sole 24 ore del 27/3/18)

Queste due news descrivono il contesto di cui occorre tener conto per affrontare il tema di come

“comunicare la periferia non solo quando è luogo di violenza e degrado ma scavando, andando oltre il problema, approfondendolo e facendo emergere anche le buone prassi di una comunità e di un territorio. Il contrario di quello che accade oggi come rileva una ricerca della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma da cui è emerso quanto l’uso degli stereotipi sia ampio nella periferia raccontata. Nei 30 servizi categorizzati come “servizi sulle periferie” andati in onda da novembre 2017 al 1 marzo 2018 nei tg sono state rilevate 1063 parole significative, in cima alla classifica c’è “quartiere” (43 volte), seguito da “bambino” (34), “paura” (30), “periferia” (25), “Napoli” (20), “droga” (20), “spacciare” (20), “ragazzini” (19) e “immigrati” (18), “sicurezza” (16), “piazza” (15), “spacciatore” (15), “rapina” (15), “degrado” (14), “scuola” (13) e “baby gang” (13).”

(G. Marota “Periferie e informazione” in Reti solidali del 26/3/18)

Ma oltre che mettere in rilievo le buone pratiche occorre creare un sentimento d’identità nelle comunità.

Questo è soprattutto il motivo della campagna “Il presidente Fico va in bus”: riaffermare lo spirito identitario anticasta degli elettori 5 stelle che hanno dovuto ingoiare il rospo dell’elezione al senato della forzaitaliota Casellati.

Gli amici di Scampia hanno ben chiaro quest’obiettivo di rafforzare l’identità della comunità, per esempio, con l’esaltazione della passione per la squadra del Napoli.

Anche gli amici del quartiere Libertà di Bari hanno presente questo scopo attraverso una puntuale campagna contro il degrado e il malaffare nel loro territorio per risvegliare un senso di orgoglio e di riscatto.(…)

La strategia comunicativa è insomma quella del sentimento di appartenenza.

Occorre studiare le pulsioni che muovono la propria comunità.

Serve ricercare le linee emotive che innervano le espressioni social degli abitanti.

Analizzare in maniera trasparente e pubblica tali linee espressive esalta l’azione etica di chi vuole rilanciare le periferie.

L’esatto contrario di chi ne fa trampolino di carriere politiche.




Sconfiggere i barbari con l’Animazione sociale

Mosul, l’ex capitale dell’ISIS riconquistata alla libertà, “rinasce con libri e musica” (Repubblica del 2/3/18):

“un gruppo di volontari sta adesso piantando rose e oleandri”,
“nel mercato di libri usati dell’Università un vecchio altoparlante diffonde le dolci note di un notturno di Chopin”,
“s’è disputata una maratona”,
“decine di migliaia di libri che diverse città del pianeta hanno inviato”,
“tra pochi mesi sarà pronta una nuova biblioteca”,
“hanno cominciato a scrivere romanzi, a dipingere, si sono dati alla fotografia”.

Perché ricorriamo a questa metafora estrema, Mosul ex capitale dell’ISIS, per spiegare l’Animazione sociale?
Perché sembra che questo concetto estremamente semplice ed intuitivo non riesce a bucare lo schermo, non solo lo schermo manipolato ed altamente epidermico dell’opinione pubblica (la famosa gente), ma anche quello di istituzioni, amministrazioni, politica.
Quando leggiamo che ad Ostia non si riesce, o meglio non si vuole, aprire una palestra in locali confiscati alla malavita organizzata.
Quando leggiamo che, sempre a Ostia, vengono chiesti presunti danni sia ai malfattori che a chi ha, inutilmente, cercato di riportare una spiaggia libera ai cittadini dopo anni di esproprio malavitoso tollerato e spalleggiato dalla locale amministrazione.
Quando si chiedono arretrati megagalattici e non dovuti ad associazioni che a Roma da decenni offrono servizi sociali che l’amministrazione non riesce ad erogare.
Quando inutilmente, perchè hanno perso tutti relativi processi con grande sperpero di risorse pubbliche pagate dalle tasse dei cittadini, s’intimidiscono dirigenti pubblici che hanno applicato norme decennali per favorire i servizi sociali offerti dall’associazionismo.
Quando si sottrae una piazza di Roma a un brillante e capace gruppo di ragazzi che l’ha tolta al degrado facendone una vetrina internazionale della cultura cinematografica.
Cosa dobbiamo pensare allora?
Che chi ci amministra è come l’ISIS?
O molto più modestamente che è ignorante, nessuna offesa ma nel senso letterale che ignora, del ruolo che l’Animazione sociale svolge.
E allora non ci resta che rileggergli quello che Ciro pensava dei Greci: “Non mi hanno mai fatto paura uomini che hanno un luogo d’incontro speciale in mezzo alla città, dove giurano questo e quello e si imbrogliano fra loro”.
Ebbene noi vogliamo, e lavoreremo per riuscirci, costruire un tale luogo in ogni periferia, in ogni territorio perchè quelle piazze diventino il luogo dell’incontro e della socialità, il luogo dove si sconfiggono i barbari così come i Greci sconfissero i Persiani.




La Chimera lungometraggio sull’abbattimento delle vele di Scampia

L’idea di girare La Chimera, il lungometraggio che racconterà passo dopo passo il processo che porterà all’abbattimento delle vele di Scampia e alla costruzione di una vita degna per chi per anni ci ha abitato, è nata quando ci siamo resi conto, guardandoci in faccia durante una delle mille interminabili riunioni, che questa storia non poteva essere lasciata nelle mani del sensazionalismo e del pietismo della stampa main stream.
Già, perché non è una storia come le altre.
È una storia straordinaria, collettiva, la storia di un popolo, come sempre ama ribadire Omero, che ha preso in mano il proprio destino e ha deciso di riscriverlo.
Una storia fatta di riunioni tese, cortei, vittorie, abbracci, risate e incazzature. Una storia di porte sbattute in faccia e poi riaperte, sempre con in testa caparbiamente la realizzazione di un obiettivo comune.
Una storia di democrazia, in cui è la gente che detta alla politica modi e tempi con cui si realizzano le cose.
Il film vi permetterà di mettervi per un po’ dalla nostra parte e seguire con gli occhi di dentro questa trama bellissima.
Per ora lasciatemi solo dire che mi sento incredibilmente fortunata ad avere incrociato durante la mia vita innanzitutto Vittorio e poi il comitato vele e di essermi trovata al loro fianco in questa battaglia fatta per amore e solo per amore.

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Il degrado dell’Università del marciapiede

A Napoli, il recente susseguirsi delle azioni di bande di ragazzini di 10 -15 anni o poco più, ai danni di altri coetanei, assaliti senza motivi e ridotti in fin di vita o gravemente feriti, è un segno preoccupante del degrado del valore della vita nel nostro Paese.

Il fenomeno della delinquenza minorile non è prerogativa unica della bella città partenopea, ma è sempre esistito in tutto il mondo ed anzi, si deve osservare che, in Italia, non ha ancora fortunatamente raggiunto i livelli delle metropoli d’oltre Oceano od europee.

Infatti, negli stessi giorni in cui i mezzi di comunicazione davano ampio spazio all’impiego delle armi in possesso dei fanciulli, che gioiosamente si rincorrevano tra i marciapiedi, sparando in aria, facendo alcune vittime, colpevoli soltanto di trovarsi nel luogo e nel tempo sbagliato, a Rio de Janeiro i morti si contavano a decine nella favela di Roihna ed a Vittoria, capitale dello Stato di Espirito Santo, ironia della sorte, raggiungevano il numero di 85.

Il salto di qualità nelle attività dei piccoli scugnizzi napoletani è indice del degrado “dell’Università del marciapiede”, che da sempre ha rappresentato la loro unica scuola al ladrocinio, che soffre, come del resto le altre istituzioni ufficiali, della perdita di autorità da parte dei docenti e dei genitori.

La corporazione dei ladri, universalmente diffusa tra tutte le classi sociali, ha sempre seguito regole ben precise, e fin dall’antichità ha goduto di importanti protezioni, incominciando da Mercurio, che si era guadagnato il riconoscimento ufficiale da parte della categoria, per l’abilità e l’astuzia con cui era riuscito a sottrarre ad Apollo il bestiame degli dei, tirandolo per la coda, per non lasciare tracce e per venire a tempi più recenti a San Dismas (25 marzo) ed all’autorevole San Nicola (6 dicembre), che oltre ai commercianti ed ai viaggiatori si fanno carico anche degli esecutori dei furti.

Una delle regole principali che nobilitava la categoria era l’assoluta proibizione di fare ricorso alla violenza e di portare qualsiasi tipo di armi, motivo aggravante.

Per entrare a fare parte della corporazione, era necessaria una elevata preparazione specialistica, legata alle capacità individuali che variavano con l’età, l’attitudine fisica, la preparazione intellettuale, la conoscenza delle lingue, il ceto sociale, ma soprattutto la tradizione e l’ambiente famigliare.

L’arte, la letteratura, il cinema, e la televisione hanno illustrato ladri famosi, che con le loro vite avventurose e spericolate hanno affascinato generazioni di amanti delle forti emozioni, e che a volte hanno cambiato il corso della storia.

In questi ultimi decenni, con la rapida diffusione dell’informatica e dell’elettronica, il percorso formativo dell’“Università del marciapiede”, il cui primo diploma riguarda il furto del portafoglio, della borsetta, della catenina, dell’orologio, della pensione, ecc. non è più sufficiente e la specializzazione richiede tempi lunghi, che non rispondono alle esigenze delle giovani generazioni.

Per riuscire a compiere con successo l’asportazione di gioielli preziosi da una bacheca sorvegliata con un sistema elettronico molto sofisticato, nel volgere di pochi minuti, come si è verificato, di recente nella Mostra, Tesori di Moghul e dei Maharaja a Palazzo Ducale, a Venezia, è necessario un bagaglio conoscitivo delle tecnologie molto approfondito, mentre è più semplice compiere una rapina a mano armata, uccidendo, se necessario, per eliminare ogni ostacolo alla fuga.

La prospettiva allettante per i minori è, quindi, quella di abbandonare la vecchia e tradizionale corporazione dei ladri, per andare ad ingrossare le file di quella più moderna e dinamica dei rapinatori, dove la richiesta di nuove energie e di manovalanza è in aumento, su sollecitazione del ricchissimo mercato della droga.

Alle famiglie dei bambini che hanno difficoltà a risolvere il problema di riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, il loro futuro interessa relativamente, poiché è importante che si rendano indipendenti, nel più breve tempo possibile.

Ne deriva che si stanno creando con l’impiego criminale dei minori, le premesse per un peggioramento diffuso dei rapporti sociali non solo nelle città, ma anche nei piccoli comuni.

Il presidio del territorio da parte delle Forze dell’ordine è un’esigenza prioritaria, ma non è sufficiente a riportare il rispetto della vita, che è la condizione fondamentale per dare significato alla sopravvivenza dell’umanità.

Lo aveva percepito con grande chiarezza un grande Santo italiano, Giovanni Bosco, due secoli orsono, quando aveva dovuto sostenere, con grande difficoltà e tra la generale indifferenza dello Stato e della Chiesa, il disegno degli oratori salesiani, che hanno contribuito all’inserimento nel mondo del lavoro di migliaia di giovani, costretti a vivere ai margini delle città, dominate dall’ansia della ricchezza.

Per il nostro futuro servono più poliziotti, più carabinieri, ma soprattutto più Salesiani.

Ervedo Giordano

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Giochi di bambini - Pieter Brueghel Il Vecchio

Giochi di bambini – Pieter Brueghel Il Vecchio

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Le periferie un grande progetto per il paese

Martedì 19 dicembre scorso, è stata presentata la Relazione sull’attività svolta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. La presentazione è stata l’occasione per una più estesa riflessione sulla rigenerazione delle periferie, sullo sviluppo locale, sulla sicurezza, sulle politiche abitative e sulle politiche attive per il sociale.
Nel saluto introduttivo la Presidente della Camera on. Laura Boldrini ha ricordato come nelle sue diverse visite a quartieri problematici abbia potuto scoprire la presenza di un forte associazionismo locale a cui le istituzioni non devono voltare le spalle, ma al contrario offrire misure d’intervento certe e permanenti.
La mattinata è stata moderata da Goffredo Buccini, editorialista e inviato del Corriere della Sera, che ha evidenziato come con le molteplici audizioni della Commissione i cittadini siano entrati nei palazzi del governo.
I lavori della Commissione si sono sviluppati fra novembre 2016 e dicembre 2017 e sono stati documentati dalla Rai attraverso il filmato “Un mondo di Lato”. Per questo motivo la Presidente della Rai dott.ssa Monica Maggioni ha ricordato quanto incida sulle periferie l’impatto dei migranti e come la dimensione digitale della comunicazione di fatto produca l’assimilazione delle generazioni successive di migranti con i nativi.
Il presidente della Commissione on. Andrea Causin, ha ricordato quanto la sempre maggior presenza di migranti sia fondamentale per comprendere la nuova questione urbana. In particolare, ha rappresentato la sua personale lettura della periferia come frutto di “scelte sbagliate o non scelte delle amministrazioni” in cui anche lo stato sembra ritirarsi. Per reagire serve una grande compattezza istituzionale.
Il vice presidente on. Roberto Morassut ha ricordato come la crescita attesa e prevista della popolazione nei grandi aggregati urbani non debba risolversi in una nuova espansione. Sono necessarie leggi organiche sull’urbanistica e un programma decennale d’interventi. A questi si deve associare la tutela della legalità nella gestione del patrimonio residenziale pubblico troppo spesso occupato senza titolo e infine una fiscalità territoriale capace di restituire una quota della rendita alla città. Infatti, solo di recente è stato abolita la possibilità per i comuni di utilizzare gli oneri di concessori per la spesa corrente. L’attività del governo si è mossa in questa direzione sia con bonus fiscali sia con la semplificazione amministrativa.
L’on. Morassut, inoltre, ha ricordato come sia necessario rivedere il livello di governo dei sistemi locali, sia a livello di macroregioni sia a livello di città ormai policentriche.
Infine anche Morassut ha evidenziato come non si possa prescindere dall’energia vitale delle associazioni e della sussidiarietà nella gestione degli spazi pubblici.
L’altra vice presidente on. Laura Castelli ha evidenziato l’assenza del Presidente Gentiloni come segnale di una mancata riflessione sulla struttura del paese a fronte di cui la marcata presenza delle associazioni nella Relazione finale
Lungo ed interessante l’intervento del sen. Marco Minniti, in qualità di Ministro dell’Interno ha ricordato come la sicurezza rappresenta un profilo unitario a cui concorre un complesso di interventi da parte delle istituzioni ognuna con il proprio ruolo. Interventi diversi che come i singoli tasti della tastiera musicale concorrono all’armonia complessiva. Inoltre è necessario adattare le politiche della sicurezza alle specificità dei singoli territori. All’idea di sicurezza o luogo sicuro concorre, infatti, non solo la polizia ma anche l’urbanistica, l’educazione e la cultura.
L’on. Minniti ha ribadito come non possiamo lasciare la maggioranza di persone per bene vittime di una minoranza di soprusi, ne va del concetto stesso di democrazia.
Infine, il tema i flussi migratori non devono essere comunicati come “emergenza” ma come fenomeno strutturale da governare con un insieme complesso di attività anche fuori dai confini. Come esempio di buone pratiche ha richiamato l’attenzione sull’accordo con 265 comuni della Campania per l’accoglienza diffusa dei migranti. 265 comuni che rappresentano il 72% della popolazione della regione.
La mattinata è stata conclusa con gli interventi degli altri componenti della Commissione con particolare riguardo alle politiche abitative: on. Andrea De Maria, on. Fabio Rampelli, On. Daniela Gasparini, on. Vicenzo Piso, on. Paolo Gandolfi, on. Claudia Mannino. A cui hanno fatto seguito gli interventi sulle politiche attive per il sociale dell’on. Stefano Quaranta e dell’on. Milena Santerini.
Fin qui la cronaca, due parole a commento.
L’argomento indagato dalla Commissione ha una grande consistenza per numero di persone coinvolte e una grande incidenza sulla sensibilità degli abitanti. Un argomento di grande attualità e concretezza che ha innescato un contatto diretto fra rappresentanti della politica e cittadini al di fuori degli ordinari canali della rappresentanza locale. In questo senso i numerosi sopralluoghi nelle realtà metropolitane e le ancora più numerose audizioni a cittadini singoli ed associati.
Forse per la prima volta i Deputati che costruiscono le leggi sono entrati in contatto diretto con gli utenti delle stesse leggi. Questo contatto diretto è avvenuto in modo diretto e al di fuori della intermediazione abitualmente svolta dai partiti.
Questo superamento dei partiti intesi come corpo intermedio si dimostra anche negli stessi lavori della Commissione caratterizzati per una grande unitarietà d’intenti sopra gli schieramenti dei partiti.
Tutti i membri della Commissione hanno segnalato la grande energia e vitalità sociale presente nei quartieri degradati. Questa vitalità era antecedente la Commissione, solo che i canali di comunicazione rappresentati dai partiti si erano evidentemente sclerotizzati e non segnalavano in modo adeguato l’emergente protagonismo sociale.
Nei prossimi articoli cercheremo di esaminare il dettaglio delle singole proposte scaturite in seno alla commissione per farne oggetto di approfondimento per contribuire a costruire il grande progetto per il paese. (1 continua)




Periferie: “vi si tocca con mano crescita disuguaglianze”

“L’attenzione che la Camera dei deputati ha rivolto al mondo delle periferie è stato uno dei tratti distintivi di questa legislatura. Lo ha fatto la Commissione d’inchiesta, nella sua attività di studio, di riflessione e di ricerca sul campo. E l’ho fatto io stessa, come Presidente della Camera, visitando fin dall’inizio del mio mandato numerosi quartieri difficili delle nostre grandi città: da Scampia a Quarto Oggiaro, da Librino a Corviale, da Tor Bella Monaca allo Zen di Palermo e tanti altri quartieri. È stata una bella esperienza perché ho avuto la facoltà di incontrare direttamente tante persone”.

Ricordo a Corviale una festa che hanno organizzato i giovani del “calcio sociale”. Ma ricordo con altrettanta commozione l’accoglienza delle donne dello Zen che sono state con me per ore; anzi, sono stata io con loro, a casa loro per ore: all’inizio non è stato semplice, ma poi abbiamo stabilito un contatto. E in quelle ore raccontavano le loro giornate, i loro problemi, i loro figli, cosa voglia dire essere donna sola con figli in un quartiere complicato. Così come mi ricordo anche la giornata passata a Quarto Oggiaro, sempre a casa delle persone, per sentire come abbiano anche proposte concrete da sottoporre alle Istituzioni, non solo quelle locali, anche nazionali.

Ricordo ad esempio a Napoli, a Scampia, una riunione piena di persone: era stata organizzata dal Comitato delle Vele, ed era un incontro fatto lì in un sottoscala, con centinaia di persone nel momento in cui si stava decidendo di trasferire queste famiglie fuori dalle Vele. Stare lì con loro e ascoltare la loro contentezza, perché finalmente questo avveniva, per me è stato motivo di grande soddisfazione, mi stavano dando fiducia. E poi mi invitarono anche ad andare ai primi trasferimenti – perché in quel momento si era in procinto di farli – ad andare con loro nel momento in cui uscivano dalle Vele e andavano nelle nuove case: belle, dignitose, pulite, non umide, senza degrado.

Sono stati passaggi che ho trovato per me molto importanti per riuscire a mettere in atto un tentativo di riconciliazione tra le istituzioni e le persone.

Le ragioni di questa mia e nostra attenzione sono evidenti. Una parte consistente dei cittadini italiani vive e lavora in periferia. Chi vive e lavora in periferia normalmente è anche più giovane, quindi i nostri ragazzi e le nostre ragazze vivono in questi quartieri.

E poi è in queste periferie che si tocca con mano cosa voglia dire la crescita delle diseguaglianze: c’è il volto della diseguaglianza in queste periferie. Vuol dire meno lavoro per i giovani e per le donne; maggiore tasso di abbandono scolastico; maggiore carenza di servizi; condizioni di degrado e di forte disagio sociale.

L’Istat – saluto il Presidente Alleva che vedo qui, mi fa piacere che sia con noi – ci dice che nel 2016 il 30 % delle persone residenti in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale; e la gran parte di queste persone vive nelle periferie. Non è esagerato dire che il Paese non ripartirà veramente se non si andrà a prosciugare questa vasta area di disagio sociale.

Però nel mio viaggio nelle periferie non ho visto solo degrado, solo disagio, solo insicurezza. Sarebbe non completo fermarci a questa lettura.

Ho visto tante persone – devo dire, tante donne – che al degrado non ci stanno, decidono di reagire, che si associano, che fanno comitati, che fanno laboratori, che fanno associazioni, che si mettono insieme per cercare di risolvere i problemi; fanno proposte concrete,  si rivolgono alle istituzioni sia locali che nazionali.

Sono figure che non accettano una condizione prestabilita: siccome nasci e cresci in periferia non hai scampo. No, c’è una forza che viene da questi quartieri che noi non troviamo in altri quartieri. Io non l’ho trovata la stessa forza e la stessa determinazione nei quartieri meno problematici, dove è più facile: ognuno pensa per sé, perché tanto c’è chi pensa al resto. Nei quartieri, invece, dove c’è il degrado, le persone hanno più tendenza a unire le forze, a mettersi insieme per trovare la soluzione. Allora bisogna ringraziarle, queste persone: io voglio rivolgermi a loro, voglio dire grazie a chi fa questo sforzo di reazione, che non aspetta dall’alto la soluzione; voglio dire grazie alle associazioni di questi quartieri, ai comitati, grazie perché non c’è la resa, non c’è la rassegnazione, non c’è lo sconforto, ma c’è la capacità di reagire.

Però queste persone noi non dobbiamo mica deluderle: perché, se al comitato che riesce a aggregare le persone e a perorare la causa della soluzione attraverso il contatto con le istituzioni, le istituzioni voltano le spalle, allora il problema diventa molto grave. Per questo io penso che di fronte a chi si rivolge alle istituzioni con una soluzione non bisogna mai e poi mai voltare le spalle.

Il Governo ha finanziato numerosi progetti di rigenerazione urbana, dando séguito al Programma straordinario per le periferie varato dal Parlamento con la legge di stabilità 2016. Diversi di questi progetti erano stati elaborati insieme ai cittadini. E questo anche è un aspetto importante. Ma queste misure non possono rimanere occasionali, né sperimentali. Devono diventare certe e permanenti, perché non basta intervenire una tantum per incidere veramente sulla qualità della vita di questi quartieri.

Allora la nostra presenza – quella mia e quella della Commissione – nei quartieri di periferia ha anche un valore politico che non può essere sottovalutato: perché in un tempo in cui c’è sfiducia verso le istituzioni, c’è distacco, non ci possiamo limitare a fare buone leggi – che già è tanto – ma dobbiamo uscire dal palazzo; dobbiamo stare fuori, stare con le persone, avere l’umiltà di ascoltarle e dare alle persone la possibilità di far parte del sistema decisionale.

A me ha fatto molto piacere che in questo viaggio io abbia anche potuto ricambiare le visite. Io sono andata a visitare questi quartieri, ma non c’è stata una volta in cui le associazioni, i cittadini e le cittadine di quei quartieri non siano stati poi invitati da me a venire qui, a Montecitorio. Perché Montecitorio non è solo il palazzo dei deputati e delle deputate, ma è la casa di tutti gli italiani e le italiane.

C’è un gruppo di cittadini di Tor Bella Monaca che non si perde una domenica di ‘Montecitorio a porte aperte’: ogni prima domenica del mese, quando noi apriamo ai cittadini e io faccio la guida turistica, loro sono sempre in prima fila, vengono continuamente perché c’è un evento culturale. Mi piace, è democratico che si vada nell’istituzione parlamentare e fruire di cultura: tutti devono avere accesso alla cultura, non può essere l’esclusiva solo di chi paga. Mi piace che sia gratis la cultura, per tutti i cittadini, e questo facciamo e abbiamo fatto in questi anni.

Le donne dello Zen sono venute qui, non erano mai andate a Roma, non avevano mai preso un aereo, non erano mai entrate in un’Istituzione. Anche questo è democratico: sono venute e sono state una giornata con noi, abbiamo fatto vedere loro il palazzo, abbiamo spiegato il sistema legislativo, le abbiamo invitate a pranzo. E sapete perché sono venute? Perché avevamo mantenuto la promessa, perché la mattina in cui eravamo andati lì con il Sindaco Orlando, loro ci avevano fatto delle richieste molto chiare: vogliamo il campetto da calcio per i nostri figli; vogliamo l’elettricità nella strada principale, dove non c’è più; i cassonetti devono essere rimessi nelle posizioni dove stavano prima che fossero portati via non si sa da chi. La sinergia con le istituzioni: il sindaco Orlando si impegna a farlo, e dopo un mese tutto questo viene fatto; le donne dello Zen cambiano opinione riguardo alle istituzioni, “allora si può fare”. E vengono a Montecitorio, con la convinzione che stanno ricambiando una visita che a loro stava particolarmente a cuore.

E così abbiamo fatto con tutti, lo abbiamo fatto con i ragazzi di Scampia, “la Scugnizzeria”: figli di persone che quasi tutte hanno problemi con la giustizia, magari un padre o una madre in prigione; ma non può essere che la colpa dei genitori ricada sui figli. Se i figli fanno attività sportiva, o teatro, allora si sentono attori, sì, attori anche del loro futuro, perché nel fare l’attore poi diventano capaci anche di riscattare una condizione. Qui a Montecitorio hanno fatto la prima rappresentazione teatrale: erano felici, erano ragazzi che si sentivano accettati, riscattati. E tantissimi altri sono gli esempi che vi potrei portare.

La periferia non è solo un luogo geografico, è una condizione sociale. Io nella mia precedente attività, quando mi è capitato di lavorare in tante parti del mondo, ho visto la periferia nei centri di tante città africane; a riprova che la periferia non è un luogo geografico, è una condizione. E dunque è su quella condizione che noi dobbiamo lavorare.

La periferia non chiede assistenza, no: la periferia chiede uguaglianza delle opportunità, chiede l’applicazione dell’articolo 3 della Costituzione. E chiede anche empowerment, coinvolgimento nelle decisioni: “noi ci siamo, siamo i primi esposti, vogliamo esserci, dare il nostro contributo, contare”. Questo vuole la periferia, non vuole assistenzialismo!

Penso – ha concluso Boldrini – che l’impegno della Camera vada nella direzione giusta e mi auguro che nella prossima legislatura non si perda questa attenzione, anzi spero che si rafforzi. Spero che Luciano e Rita da Tor Bella Monaca continuino a venire a Montecitorio ogni prima domenica del mese. E mi auguro anche che i ragazzi del “calcio sociale” – Giorgia, Massimo ed Alessio – possano continuare a contare sulla Camera per le attività che svolgono con i ragazzi di Corviale. Mi auguro tutto questo, ma dipenderà da noi e da voi. Cerchiamo di mantenere viva questa attenzione insieme”.

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Rigenerazione urbana: un progetto per l’Italia

 

Dossier periferie ANCI

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