1

«Periferie, Giubileo e trasporti» Tour archeologico e priorità

Il sindaco con gli assessori Improta e Pucci si è recato in tram elettrico in visita al mausoleo di Aquilio Regolo e al complesso termale di via Carciano. L’annuncio: «Nel bilancio i soldi per il parco della Serenissima».

Il Piano per le periferie del Campidoglio è partito sul web (#ideefuoricentro) e prosegue con le visite archeologiche tra la storia e la memoria. Primo tour: domenica mattina con partenza da piazza Tiburtino in bus elettrico per raggiungere via Tiburtina e Collatina. Insieme al sindaco Ignazio Marino, gli assessori ai Lavori Pubblici e ai Trasporti, Maurizio Pucci e Guido Improta, la consigliera Sel Annamaria Cesaretti e il minisindaco del IV Municipio, Emiliano Sciascia. Il sindaco al ritorno ha postato una foto sul profilo twitter rilanciando l’hashtag #RomaTuttaRoma con il commento: «Tra le tante bellezze archeologiche delle periferie».

Tra mosaici, travertino e vasche termali

Prima sosta del tour è stata l mausoleo di Aquilio Regolo, d’epoca imperiale (II secolo d. C.), con pavimenti in mosaico e mensole in travertino. «Il bene è demaniale ma il suolo è privato – ha detto Cesaretti – l’impegno come amministrazione è terminare l’esproprio e realizzare il parche archeologico tra Casalbertone, la Roma-L’Aquila, via Casal Bruciato e via Tiburtina». Seconda tappa la villa romana in via Carciano. Tra i mosaici e le vasche del complesso termale frequentato tra il II e il IV secolo d. C., Marino ha parlato del piano strategico per il Giubileo: «Vogliamo realizzare entro l’inizio dell’Anno Santo cinque percorsi archeologici nelle periferie».

Parchi per l’educazione ambientale

E se Cesaretti ha annunciato che «sarà inaugurato il primo museo del Pleistocene a Casal de’ Pazzi», il sindaco ha promesso la realizzazione del Parco della Serenissima nel V Municipio (tra via Serenissima e via Grotta di Gregna): «Nel bilancio 2015 sono stati inseriti 6,3 milioni attesi da anni per compensazione TAV». L’assessore Improta ha aggiunto: «Si tratta di fondi che risalgano agli inizi del 2000 e per cui c’è un ritardo di almeno 15 anni. Grazie al rilancio dei rapporti con FS abbiamo sbloccato diverse cose tra cui questa». L’area caratterizzata da un percorso ad anello è ricca di vegetazione e acqua, indicato per l’educazione ambientale nelle scuole.

I lavori pubblici sulla Tiburtina

Il sindaco ha poi colto l’occasione per parlare dei lavori sulla via Tiburtina: «Completeremo in tempo breve il restante 50% dei lavori per il raddoppio della via Tiburtina dal km 9,3 al 15,8. Da sottolineare come nel cantiere, sotto l’assessorato di Maurizio Pucci, gli operai siano passati da 20 a 70 e ci siano 25 macchine in movimento ogni giorno». E l’assessore Pucci ha aggiunto: «Nelle prossime settimane passeremo a 90 operai e poi andremo al doppio turno. Lavoriamo per terminare gli interventi entro fine anno». </p><p>«Da aree marginali a nuove centralità»: così il sindaco Marino ha definito l’operazione periferie, ricordando: «Al di fuori delle Mura Aureliane vivono circa 2,8 milioni di persone su un totale di 3 milioni. Si tratta di dare la giusta rilevanza al 90% dei romani».</

«Idee fuori centro»

Il piano per le periferie è partito sul web con #ideefuoricentro e con i confronti alla Casa della Città tra il vice sindaco Luigi Nieri, le associazioni, i blogger e i municipi. Primo tavolo il 25 marzo, il secondo il 27. «Dai primi due tavoli di lavoro – ha detto Nieri – dedicati a Cultura e socialità fuori le mura e Riqualificare per trasformare: dalla periferia alla città contemporanea, sono arrivati molti spunti di riflessione». nei programmi dell’Assessorato alle Periferie ci sono 14 incontri pubblici nei prossimi tre mesi, uno in ogni Municipio escluso il I, per dare voce alle proposte dei cittadini sui loro quartieri.

link all’articolo




Le donne protagoniste di una rivoluzione culturale che non si deve fermare

Abbiamo partecipato ad alcuni incontri promossi da reti di donne tunisine, dall’organizzazione del Rinnovo della presa di coscienza femminile. Sia che si parlasse di repressione politica che di diritti le problematiche sono sempre affrontate con un’interpretazione dei diritti ancora molto legata ad una legge non scritta che è quella della famiglia. Abbiamo visto un documentario riferito alle testimonianze di donne imprigionate e torturate durante il regime di Ben Ali, regime che era riconosciuto da tutti gli stati occidentali senza che nessuno operasse mai una forma di critica politica sui metodi utilizzati per reprimere il dissenso. Riconoscere oggi quelle violenze, quelle morti, quei traumi ha una forte rilevanza sociale per le donne come quelle della Rete delle donne tunisine e marocchine che, per voce di alcune loro rappresentanti, denunciano come si sia ancora molto lontano da ogni forma di rispetto dei diritti di uguaglianza sanciti dalla costituzione. Bello l’intervento di Saida Naa Rouf, che sottolinea sempre la profonda differenza sulla capacità di incidere che hanno gli uomini rispetto alle donne nelle scelte politiche del paese. Con la grande capacità che hanno le donne qui, si dicono cose molto dure rispetto alle dure regole della società islamica che non riconosce ruolo alle donne se non figlie, sorelle, mogli, madri, soprattutto nelle aree rurali del paese dove l’autonomia economica delle donne è ancora un sogno impossibile.

Sorridendo, con dolcezza le donne del Reseau Femmes Atlas Tafialalt parlano, denunciano, si stringono l’un l’altra per cercare insieme una via che, dicono, deve passare dalle riforme del diritto di famiglia, per arrivare ad un cambiamento strutturale della società, soprattutto attraverso il potenziamento dei progetti di sensibilizzazione delle donne. Ci tengono a sottolineare il loro non voler essere considerate femministe, ma voler invece essere donne che lottano per diritti che legalmente gli sono riconosciuti ma che difficilmente vengono praticati soprattutto per crescere una nuova generazione di donne che sappia reagire alle discriminazioni, riconoscendole come tali. In uno dei dibattiti c’è stato un leggero disagio per gli interventi continui di alcuni uomini che hanno assunto in questo contesto un ruolo di protezione maschile non molto condivisibile, ma comprensibile, soprattutto quando, come padri, auspicavano un futuro di uguaglianza per le loro figlie. Le attiviste hanno apprezzato molto la nostra presenza e l’interesse che le donne occidentali hanno dimostrato partecipando agli incontri, presupponendo la nostra quasi assenza di problematiche di genere. Abbiamo cercato di spiegare che non è che nel nostro paese siano tutte rose e fiori, ma che vi sono enormi discriminazioni sia in campo lavorativo che sociale, con la considerazione finale che comunque anche per noi essere donne rappresenta ancora una differenza in negativo. Abbiamo notato questo grande fermento fra le donne arabe, questa grande consapevolezza di essere il vero motore del cambiamento, il sapere di essere la punta di diamante di una rivoluzione culturale che non si può, non si deve fermare.

link all’articolo




In Francia i nuovi edifici dovranno avere tetti verdi o pannelli solari

La settimana scorsa il parlamento francese ha approvato una legge che imporrà a tutti i nuovi edifici nelle aree commerciali di avere un tetto coperto parzialmente da pannelli solari o piante. I tetti con piante – conosciuti come “tetti verdi” – non sono solo belli da vedere, ma aiutano ad assorbire l’acqua piovana, forniscono un habitat per gli uccelli e altri animali e diminuiscono notevolmente la quantità di energia necessaria all’edificio per regolare le temperature.

Inoltre aiutano a combattere l’effetto “isola di calore” in cui le aree urbane presentano temperature più elevate rispetto alle campagne circostanti, una differenza che può raggiungere i 12 gradi.

Nonostante le pressioni delle lobby ambientaliste, la legge non sarà applicata ai tetti che si trovano fuori delle zone commerciali e non imporrà l’uso di tecnologia verde nei palazzi già esistenti.

Questo, però, non significa che i palazzi in questione non possano essere modernizzati a prescindere dagli obblighi di legge. Il mese scorso sulla torre Eiffel, la struttura più famosa della Francia, sono state installate due pale eoliche. Parigi vuole consumare il 25 per cento di energia in meno e ridurre le emissioni del 25 per cento entro il 2020.

Quest’anno la capitale francese ospiterà un’importante Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Oggi la Francia ottiene circa l’80 per cento della sua elettricità dall’energia nucleare, e da tempo ha perso terreno rispetto a paesi come Germania e Danimarca nello sviluppo delle tecnologie verdi. Ora però i francesi sembrano aver preso slancio in vista della conferenza di novembre.

Nel 2009 la città di Toronto ha imposto ai palazzi industriali e residenziali la presenza di tetti verdi. L’anno scorso Sydney ha approvato un’iniziativa per la copertura verde di più tetti nella speranza di rendere sostenibile la più grande città dell’Australia entro il 2030. Anche negli Stati Uniti il numero di tetti verdi è in aumento, ma a quanto pare quelli di Manhattan non funzionano come dovrebbero.

link all’articolo




La sharing economy rivoluziona il sociale

Accordi fra sharing e imprese sociali, ecco come influiscono sull’economia.

Sono 138 le piattaforme collaborative che operano in Italia, divise in 11 diversi ambiti tra i quali i più interessanti sono il crowdfunding (con il 30% delle piattaforme), i beni di consumo (20%) i trasporti (12%), il turismo (10%), il mondo del lavoro (9%). E’ quanto emerge da una ricerca curata da Collaboriamo.org. Ma soltanto l’11% dei servizi collaborativi – quelli cioè che mettono in contatto persone per scambiare e condividere beni – sono registrati come associazioni o imprese sociali. Infatti, sebbene siamo molti i punti in comune tra il terzo settore e le piattaforme di sharing, i due mondi comunicano appena. Eppure un incontro porterebbe degli enormi vantaggi a entrambe le parti. Stringendo degli accordi con le piattaforme collaborative, le imprese sociali potrebbero, per esempio, rinnovare i servizi esistenti.
Alcuni esempi: Tabbid, piattaforma che mette in contatto persone per eseguire piccoli lavoretti, ha promosso un accordo con una cooperativa per includere i detenuti all’interno della propria piattaforma. Timerepublik, banca del tempo digitale e Scambiacibo o Ifoodshare che promuovono lo scambio in eccedenza di cibo, permettono a servizi come il Banco Alimentare e le banche digitali di raggiungere un pubblico più ampio. Rete del Dono, piattaforma di crowdfunding per la raccolta di donazioni online a favore di progetti d’utilità sociale ideati e gestiti da organizzazioni non profit, permette, come gli altri servizi di questo tipo, di trovare nuove forme di sovvenzioni in un momento in cui le istituzioni non sono più in grado di erogare finanziamenti. SouthwarkCircle, piattaforma di incontro fra volontari e anziani o Bircle, servizio che mira a creare itinerari di viaggio accessibili attraverso guide costruite con la partecipazione dei cittadini, sono, invece, nuovi servizi sociali pensati già in ottica collaborativa.
In questo modo le imprese sociali, attraverso il modello di servizio proposto dalle piattaforme di sharing economy potrebbero recuperare il rapporto con i cittadini che nel tempo si è in parte perduto, trovare nuovi modelli di business, replicare su diversi territori il proprio servizio e rendere l’offerta personalizzata e facilmente raggiungibile. Dall’altra parte i servizi di sharing economy potrebbero trovare nel terzo settore un pubblico culturalmente già predisposto a condividere, e, soprattutto, nel modello di gestione tipico del non profit, la cooperativa, una tipologia giuridica più inclusiva, in grado di garantire una più giusta distribuzione degli utili tra membri e piattaforme.

link all’articolo




Perché fare foto in bianco e nero?

“Prof. ma perché i fotografi scattano ancora in bianco e nero, adesso che c’è il colore?”

Ecco una di quelle domande, apparentemente banali, con cui uno studente ti inchioda nel bel mezzo di una lezione sulla storia della fotografia…

Quella delle foto in bianco e nero è una di quelle cose che si dà per scontato: anzi, la foto d’autore (con le dovute eccezioni) è per antonomasia in bianco e nero! Ma gli studenti, abituati a fare quotidianamente decine di scatti a colori con il loro cellulare (al massimo applicano qualche filtro effetto “vintage”) non sono abituati al bianco e nero e lo percepiscono come un’anomalia.

“Ho cominciato con la tv in bianco e nero, con il cinema, di cui sono appassionato, in bianco e nero. Tutti i miei maestri sono fotografi in bianco e nero. Sono cresciuto con il bianco e nero e poi per i reportage, per quello che faccio io, è più efficace. Il colore distrae sempre chi guarda una foto, si concentra più sul colore che sul contenuto“.

Ecco cosa ha dichiarato il grande fotografo Gianni Berengo Gardin quando gli hanno chiesto, di recente, perché continuasse ad usare il bianco e nero. E questa foto della serie “Mostri a Venezia” ci spiega bene il senso delle sue parole…

1

Dunque togliere il colore non costituisce necessariamente una perdita di informazioni. Può, infatti, rafforzare molto di più il senso e la comunicatività dell’immagine.

Una foto a colori rischia di essere troppo realistica, lascia poco spazio all’immaginazione, in alcuni casi è proprio una copia del reale.

Le foto a colori più belle, in effetti, sono quelle che hanno proprio il colore come soggetto.

2

Il bianco e nero risulta, invece, più evocativo proprio perché sottrae un dato visivo. È la differenza che passa tra l’acqua del mare e la sua rappresentazione fatta da un impressionista: toglie precisione ma guadagna di atmosfera!

foto-bn-monet

Nella foto in bianco e nero le forme emergono maggiormente grazie ai passaggi chiaroscurali attraverso toni di grigio. La tridimensionalità è più evidente, i volumi si fanno più puri.

4

Le ombre, grigie o nere anch’esse, assumono la stessa importanza degli oggetti che le producono e diventano parte fondamentale della composizione molto più che nella foto a colori.

ombre

La texture dei materiali diventa molto più ricca e tattile. La luce accarezza la materia svelandone la trama superficiale.

texture

Il ritmo presente nelle architetture o negli elementi naturali appare particolarmente marcato grazie alle diverse intensità di luce e ombra.

ritmo

Nebbia e foschia diventano incredibilmente suggestive. Sembrano soffici ed impalpabili…

831.624.2801 c. 1960

La profondità spaziale appare più leggibile grazie ai gradienti di grigio dovuti all’atmosfera che si frappone tra gli oggetti e l’osservatore.

grigi

Le silhouette si stagliano in modo netto e assumono una forte espressività.

silhouette

Anche le immagini drammatiche sembrano più astratte e surreali.

dramma

Il dolore e la paura, perdendo la carnalità (e a volte la pornografia) del colore, risultano più assoluti e intensi.

dolore

E composizioni essenziali e minimaliste risultano comunque piene e complete.

essenziali

Naturalmente non si deve credere che per migliorare una foto a colori basti convertirla in bianco e nero. Una buona foto in bianco e nero va pensata (in bianco e nero) ancor prima dello scatto. Perché la scelta del soggetto, della luce e della composizione deve essere fatta in funzione di una rappresentazione composta da tutti i toni del grigio.

Questo non vuol dire che occorra scattare direttamente in bianco e nero. Oggi, infatti, si può scattare a colori e convertire in b/n in un secondo momento. Occorre, però, lavorare con programmi di post-produzione fotografica (Photoshop ad esempio) seguendo alcuni accorgimenti per bilanciare le tonalità e migliorare il contrasto.

c

Può sembrare una procedura che “falsa” la realtà ma si tratta di correzioni che vengono fatte anche con la tradizionale pellicola (sia con filtri sull’obiettivo che in fase di stampa in camera oscura).

Si usano, infatti, dei filtri da apporre sull’obiettivo capaci, ad esempio, di scurire molto l’azzurro del cielo per aumentare il contrasto con le nuvole. In questi casi si applica un filtro arancione che, assorbendo tutte le lunghezze d’onda della luce meno quelle relative all’arancione (poco presenti però nel colore del cielo) fa sì che l’azzurro appaia quasi nero! Per inciso: la funzione bianco e nero con filtro arancione è presente anche in Photoshop.

foto-bn-filtro

Ultimamente si sta diffondendo la moda di fare il procedimento opposto: passare dal bianco e nero al colore. Ma se una foto a colori contiene tutte le informazioni relative alla luminosità utili a trasformarla in bianco e nero, il contrario non è così automatico.

Una foto in bianco e nero non possiede più le informazioni cromatiche; si possono intuire i colori (anche per la cosiddetta “costanza percettiva“) ma non è detto che siano quelli realmente appartenuti al soggetto.

Black and white photo of Natalie Wood at the Beach Colorized

E poi c’è una via di mezzo, capace di mettere insieme l’asciuttezza del bianco e nero e l’impatto del colore. È quella foto in cui di colorato resta solo un elemento focale, che attira tutta l’attenzione su di sé.

foto-bn-partecolorata

È un effetto interessante di cui non si deve abusare. Se utilizzato in modo mirato può creare una scena molto suggestiva. Un po’ come la bambina con il cappottino rosso nel film Schindler’s list.

SCHINDLER'S LIST (1993) OLIWIA DABROWSKA STEVEN SPIELBERG (DIR) 025 MOVIESTORE COLLECTION LTD

Provare a creare degli scatti in bianco e nero può essere un interessante esercizio didattico. Ho fatto questo esperimento a scuola lavorando sugli scorci urbani, un soggetto abbastanza adatto a cogliere forme, volumi, passaggi di luce ed ombra, ritmi, texture etc.

Ecco alcune foto fatte da studenti e studentesse di quinto anno (liceo scientifico) dopo avere osservato i lavori dei grandi maestri.

foto-bn-studenti

Ci sono verticali un po’ cadenti, immagini sottoesposte o sovraesposte, inquadrature imperfette… ma quello che conta è aver provato ad osservare intenzionalmente la realtà circostante con l’idea di selezionarne una porzione significativa capace di comunicare qualcosa in più dell’intera scena.

Lo scopo è sempre quello: imparare a vedere. Bisogna imparare a vedere prima di fotografare, ma fotografare può diventare un modo per imparare a vedere!

link all’articolo




La musica dei nuovi italiani suona a Tor Pignattara

E’ composta da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione.“Non è musica dal mondo ma la fotografia di un’Italia che esiste già”. Realizzato il primo cd, ora crowfunding in rete per realizzare il primo video.

Ci sono le sonorità africane del djambè di Shady, che si fondono al suono del basso synth di Simone e il darabouka di Jacopo. C’è poi il glokenspiel di Nazareno, la chitarra elettrica di Alessandro, il flauto traverso di Eleonora e le tastiere di Damian. Mentre alla voce si alternano Lorenzo, Francesca, Alif e Nives. È un mix di musicalità vicine e lontane quello incarnato dalla Piccola orchestra di Tor Pignattara, un ensemble musicale formato da ragazzi dagli 11 ai 17 anni, quasi tutti di seconda generazione e provenienti dal quartiere più multietnico della Capitale.

“Non è l’oriente che incontra l’occidente, non è la musica del mondo”, ma semplicemente la fotografia di un’Italia che esiste già, recita la copertina del primo cd di questa versione baby dell’ormai famosa Orchestra di Piazza Vittorio, non a caso diretta da uno dei suoi fondatori, il bassista Pino Pecorelli e da Livio Minafra. L’idea però è di Domenico Coduto, fondatore dell’associazione Musica e altre cose che circa un anno fa ha deciso di dare vita a questo esperimento musicale mettendo insieme ragazzi sotto i 18 anni con storie e percorsi diversi, in grado di suonare strumenti provenienti da ogni parte del mondo. “La nostra non è una scuola di musica – precisa – ma un’orchestra appunto. Fin dall’inizio abbiamo cercato ragazzi che già sapessero suonare uno strumento, possibilmente legato alle tradizioni della loro famiglia, per creare un mix tra musica pop e suoni tradizionali. Ho pensato di creare un gruppo multietnico guardando semplicemente la realtà dove vivo, e dove esiste già questo mescolarsi di culture”. Molti dei ragazzi sono figli di coppie miste, ci sono poi gli italiani e i figli di immigrati. “Sono ragazzi che dovranno aspettare 18 anni per essere riconosciuti come italiani,– aggiunge Coduto – noi non facciamo politica ma pensiamo che la nostra musica possa essere uno strumento per parlare e portare all’attenzione questi temi e valori come l’integrazione e il dialogo fra culture”. In un anno di vita l’orchestra ha già prodotto un primo cd composto da otto tracce che attingono al repertorio tradizionale e lo reinterpretano con brani che vengono dal Bangladesh (Ek Din Matin Vitore Hobe Gor), dall’Africa (Chaba Koria) da Cuba (El son te llama), dal mondo arabo (Sidi Mansour Ya Baba). Completano il disco due brani di Livio Minafra (Flying e Unique Sun Unique Blood).

link all’articolo




CINEMA IMPERO. IL PROGETTO C’È, IL CONSENSO PURE. PERCHÉ NON SI VA AVANTI?

Dopo la raccolta di 4.000 firme per richiedere la riapertura del Cinema Impero, dopo i sondaggi e dopo il laboratorio partecipato di progettazione a cui hanno partecipato oltre 1.000 persone e 32 fra associazioni e imprese (il più grande labaratorio partecipato mai fatto a Roma), il nostro movimento di “pressione” è riuscito ad ottenere un primo risultato: i 5 piani della torre su via Acqua Bullicante sono stati riaperti e ora accolgono corsi di danza, teatro, perfomance e musica. Quasi 500mq che sono diventari spazi di formazione per le arti perfomative come previsto dal nostro progetto.Lo spazio è gestito dalla proprietà che coordina le attività.

Manca ancora molto però. Tutto lo spazio retrostante – il vero Cinema Impero – è tutt’ora chiuso e nonostante il nostro progetto sia ormai riconosciuto da tutti (proprietà e istituzioni) come fattibile non passa in fase esecutiva. C’è in atto una sorta di “sospensione” che ci preoccupa, che ci fa temere il peggio. La recente delibera sui cinema chiusi non aiuta a pensare positivo in quanto consente anche di speculare sull’area.

Per questo nei prossimi giorni torneremo a farci sentire, a chiedere incontri e tavoli, a chiedere perché un progetto fatto (anche con piani architettonici esecutivi come quello di Christian di Domenicantonio), condiviso e supportato da migliaia di persone, definito best practice dall’Università e dal Forum PA, studiato e discusso alla Biennale dello Spazio Pubblico sia ancora fermo.

Noi non chiediamo niente per noi. Non facciamo parte della schiera di quelli che protestano per passare all’incasso.
Noi chiediamo che lo spazio sia riaperto nelle modalità condivise con migliaia di cittadini di questo quartiere: Spazio culturale polifunzionale.
Noi chiediamo di riavere un cinema e un polo culturale e chiediamo di averlo come lo hanno “disegnato” i cittadini di Tor Pignattara.

Stiamo registrando le varie fasi di questo cantiere in progress e stiamo costruendo un documento audiovisivo per testimoniare la nostra attività e la grande partecipazione che lo ha contraddistinto. Sarà un doc in progress perché intendiamo mettere la parola fine solo quando l’intero cinema sarà riaperto

link all’articolo




La rivoluzione non sarà trasmessa in tv

Approda finalmente a Roma SLAM X, il format socio-culturale che negli ultimi cinque anni ha riscosso un grande successo presso il COX18 di Milano. Un festival di reading e performance organizzato da Agenzia X, con la partecipazione di scrittori, musicisti e artisti “che rappresentano stili, sensibilità e opinioni differenti, pronti a salire sul palco per leggere testi, alcuni musicati e altri figurati, che richiamano a un’idea critica della società contemporanea” [dal comunicato del Cox18 – Slam X 2010]

Il Trauma Studio e Agenzia X sono lieti di annunciare il primo RAVE LETTERARIO della Capitale, un evento di nuova concezione sia per il pubblico romano che per gli ospiti coinvolti. Nell’arco della stessa serata un doppio appuntamento a sottoscrizione unica e con una lunga kermesse di ospiti, ciascuno dei quali avrà a disposizione le luci della ribalta per 10 minuti: autori che leggono testi di rapper urbani, cantanti che rappano poesie aiku, poeti che si avventurano in spoken-word musicati, chef che omaggiano grandi scrittori, intellettuali che declamano ricette di cucina, attori che si cimentano nei classici della letteratura, performer che reinterpretano fumetti d’autore.

L’evento sarà ospitato in due differenti location, entrambe nel quartiere San Lorenzo: dalle 19:00 alle 1:00 nella prestigiosa cornice della Sala Vittorio Arrigoni del Nuovo Cinema Palazzo e dalle 23:00 alle 4:00 presso Communia, fino alla conclusione di questa lunga notte dedicata alla parola e alla musica.

Sottoscrizione popolare (consigliata) per accedere a tutti i palchi o in formula ridotta per l’ingresso ad una sola location.

Sostieni la cultura indipendente e gli spazi occupati.

Partecipa al primo RAVE LETTERARIO di Roma!
Appuntamento Sabato 11 Aprile 2015

 




Allevi: raccontare senza parole

Un concerto di Allevi è una sensazione strana, emozionante e coinvolgente perché la sua musica – senza parole – racconta e i semplici titoli che prima di ogni brano ti spiegano il contesto del pezzo ti portano immediatamente, per esempio, in quella prima colazione con la persona amata e le frasi musicali diventano immediatamente e magicamente senza alcuna mediazione le frasi che tu immagini scambiare a colazione la mattina con la tua persona amata. E’ come quando leggi un grande romanzo che vedi i personaggi, costruisci i loro volti i loro vestiti i loro gesti a tua immaginazione a tua immedesimazione e leggere, infatti, non è come vedere un film ma è costruirsi il proprio film diventandone il costumista e lo scenografo, la colonna sonora ed il fotografo (a questo proposito vedi anche l’articolo sulla differenza tra la fotografia in bianco e nero e quella a colori). Ed è così con i pezzi di Allevi: ondate di note ti avvolgono ti trascinano nelle loro storie evocate da quelle poche parole di spiegazione dei titoli e ti coinvolgono nella scrittura della narrazione. Tu sei l’autore e il protagonista e sei anche il regista del deutero protagonista: la persona amata assume le fattezze del tuo ricordo e le sue parole sono quelle dei tuoi sogni o dei tuoi rimorsi con la colonna sonora che ti trascina su e giù up and bottom appresso alle sue fascinazioni. Ondate ora lievi ora compulsive ti inondano sul bordo del mare dove attonito ti lasci impressionare dallo spettacolo della natura che la musica mette in scena – forse – solo per te, proprio per te, a tua misura, one to one: “perché la buona musica ti riconcilia col mondo”. Uscendo una ragazza, rapita come le altre migliaia accorse, racchiude il senso – antico, primigenio – dello stare insieme ognuno perso nelle sue storie, ma insieme. e questo solo la musica ce lo restituisce. dopo la morte del sacro sola rimane a tenerci uniti attorno al suo caldo fuoco.




Scarica 422 libri d’arte gratuitamente dal Metropolitan Museum of Art

Certo, potreste pagare 118$ su Amazon per il libro del Metropolitan Museum of Art (Met) dal titolo “The Art of Illimination: The Limbourg Brothers and the belles Heures of Jean de France, Duc de Berry”, uno dei tanti in catalogo. La seconda opzione invece è la più gradita: potreste pagare 0 € scaricandolo sul sito di MetPublications, che offre 5 decadi di pubblicazioni del Metropolitan Museum of Art leggibili o scaricabili gratuitamente!

Preparatevi a passare un bel po’ di tempo per spulciare tutto il catalogo del Met, che conta 422 libri d’arte che vanno da Leonardo da Vinci alle sculture Buddiste cinesi, dall’Impressionismo agli Avori africani, dagli scacchi a Van Gogh, fino all’Art Decò e a tutto ciò che vi viene in mente.

Se siete appassionati d’arte, di cultura in generale o semplici curiosi, è proprio il momento per ampliare lo spettro delle vostre conoscenze con la minima spesa possibile: 0.

link all’articolo