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Muratella: attivato presidio delle forze dell’ordine anti roghi

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Apprendo con soddisfazione che è attivo da ieri il presidio delle forze dell’ordine davanti al campo nomadi di via Candoni alla Muratella, così come annunciato lo scorso 5 Dicembre in occasione del Tavolo per l’Ordine e la Sicurezza del Municipio XI dal Prefetto Gabrielli; i continui richiami fatti in questi giorni dalle Istituzioni locali che hanno raccolto anche i malumori dei cittadini hanno trovato una risposta che dovrebbe nell’immediato prevenire il ripetersi di “roghi tossici” e contrastare con maggiore efficienza i fenomeni di illegalità presenti in quell’area – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI.

Il prossimo passo dovrà essere quello di chiudere definitivamente il campo, ormai ingestibile dal punto di vista dell’ordine pubblico, in precarie condizioni igienico sanitarie e la cui attività criminale sta creando insicurezza alla zona nonché evidenti danni ambientali e alla salute pubblica: anche per questo oggi il Consiglio municipale, all’unanimità, ha votato un atto specifico a sostegno di iniziative delle forze dell’ordine di prevenzione e repressione.

Infine, un ringraziamento oggi va al Prefetto e alle forze dell’Ordine che in una situazione davvero complicata per la città hanno dato un segnale di ascolto a questo territorio che al contempo ha trovato un Municipio ed una Maggioranza capace di recepire e trovare soluzioni ai problemi sollevati dai cittadini.




#BiblioCorviale e #ServizioCivile2015: Laboratori di Natale per i più piccoli

LABORATORIO DI NATALE BAMBINI 3-10 ANNI IN BIBLIOTECA NICOLINI

 

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Muratella: ancora roghi tossici, subito presidio forze dell’ordine

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Anche oggi un nuovo “rogo tossico” alla Muratella, ancora una volta brucia materiale cangerogeno frutto dell’attività illegale di commercio di metalli. È necessario che il Prefetto al più presto stabilisca un Presidio delle Forze di Polizia all’esterno del Campo Candoni, così come ha annunciato lo scorso 9 Dicembre in occasione del tavolo per l’ordine e la Sicurezza. – Lo dichiara Emanuela Mino Presidente del Consiglio del Municipio Roma XI
Non si può aspettare oltre. Anche se questa volta l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco ha tamponato il rogo sul nascere; servono soluzioni adesso, soluzioni che vedano, da subito, il presidio come deterrente all’attività criminale e a tutela della salute pubblica e poi la chiusura definitiva del campo, per mettere la parola fine al degrado di quest’area e consentire una riqualificazione vera di questo quadrante di città.



Newsletter dal Tuo MunicipioXI

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RITORNA L’ILLUMINAZIONE DOPO I FURTI DI RAME

ACEA Illuminazione Pubblica S.p.A. ha comunicato la programmazione degli interventi di ripristino dell’illuminazione a seguito dei furti dei cavi di rame, verificatisi a più riprese nel territorio del Municipio XI, dopo le nostre innumerevoli sollecitazioni. E’ già stato eseguito l’intervento a Via Monte Stallonara e nel mese di dicembre sono previsti lavori di ripristino dei cavi in Via Fosso della Magliana, Via Pian due Torri, Via della Magliana e Via Ponte Pisano; a seguire Via del Fosso della Magliana, Via Arzana e Via Muratella. I furti di rame sono un fenomeno piuttosto diffuso nel nostro Municipio, che riguarda soprattutto le strade più periferiche, in genere poco transitate dai pedoni e per questo più esposte a rischi di furti. E’ dunque particolarmente importante che ACEA nelle prossime settimane provveda a riparare gli impianti di illuminazione pubblica danneggiati, proprio a garanzia dell’incolumità pubblica e della sicurezza stradale. I nuovi cavi, inoltre, saranno in acciaio e verranno posati in modo da non essere più asportabili.

 

Aggiornamento sottopasso Portuense

Lo scorso 11 settembre è stata effettuata la chiusura degli scavi archeologici e la consegna delle aree del cantiere per il raddoppio del sottopasso ferroviario di via Portuense. L’area adesso è in mano al Municipio, che ha già predisposto il progetto di sistemazione dell’area, dei sottoservizi e della chiusura della stessa e lo ha consegnato alla Soprintendenza per il nulla osta. Non appena ricevuto si inizieranno i lavori che, come più volte ribadito, dureranno 90 giorni e porteranno alla definitiva apertura del sottopasso in entrambi le direzioni di marcia ed alla predisposizione delle piazzole per il passaggio del trasporto pubblico sulla Portuense, che consentirà di collegare direttamente questo quadrante a Marconi.

Arvalia Legge e scrive

Partirà sabato 12 dicembre la prima parte di “Arvalia Legge… e  scrive”, la manifestazione culturale che per il secondo anno consecutivo, coinvolgerà diversi luoghi del nostro territorio. Come lo scorso anno, l’iniziativa mira ad avvicinare le persone alla lettura intesa come strumento che contribuisce a far maturare una comunità, a dialogare e condividere le proprie sensazioni ed esperienze. La manifestazione si svolgerà fino al 18 dicembre, con appuntamento quotidiani. Il programma completo è disponibile sul sito del Municipio.

 

Candoni, ottenuto presidio fisso Polizia municipale per stroncare i roghi tossici e riportare legalità

Dopo gli ultimi gravi episodi ed in seguito dell’ennesima e reiterata informativa che abbiamo inviato a Campidoglio e Prefettura, è stato predisposto un piano immediato per arrivare a riportare il rispetto della legalità nel campo di via Candoni. Di fronte a queste nostre richieste il Campidoglio ci ha garantito che nei prossimi giorni verrà impedito l’accesso al campo a carri e furgoni, al fine di stroncare il fenomeno del riciclo dei rifiuti e verrà instaurato un presidio fisso della Polizia Locale al fine di garantire nuovamente legalità e decoro del campo. Un importante passo in avanti, quindi, per riportare l’ordine, il rispetto delle regole e permettere sia ai cittadini del quadrante sia ai lavoratori della vicina autorimessa ATAC di poter ritrovare quella serenità persa negli ultimi anni. Come abbiamo sempre detto integrazione e aiuto ai più deboli passano necessariamente da una rigida applicazione delle leggi e da una lotta senza sconti a chi le infrange: non ci possono essere, nella città, zone franche dove i delinquenti si sentano liberi di fare quel che più gli pare.

MANIFESTAZIONI DI NATALE IN MUNICIPIO: TANTI APPUNTAMENTI GRATUITI

Anche quest’anno il Municipio ha previsto un ricco cartellone di eventi gratuiti per il periodo natalizio. Spettacoli, musica, animazione, sport, ma anche tanta solidarietà, sono gli ingredienti che allieteranno tutto il mese di dicembre. Dall’8 dicembre fino all’Epifania ci saranno molti appuntamenti in diverse piazze e luoghi del nostro territorio. Tra i tanti Sabato 19, alle 18.00 è in programma, nella sala del Consiglio “L. Petroselli” di Corviale, il tradizionale “Concerto di Natale”, che quest’anno sarà dedicato al Gospel.  Sul tema della solidarietà il Municipio organizzerà anche quest’anno una festa per la Befana il prossimo 6 gennaio, con un grande pranzo destinato alle persone più fragili, a cui farà seguito un spettacolo musicale di intrattenimento. Il programma sarà presto disponibile sul sito del Municipio. In allegato il programma delle iniziative.

PRESENTATI I VINCITORI DEL CONCORSO INTERNAZIONALE “RIGENERARE CORVIALE”

Sono stati presentati i progetti vincitori del Concorso internazionale “Rigenerare Corviale”, promosso e realizzato da ATER  e Regione Lazio, con la consulenza scientifica dell’Area Concorsi dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia. Il concorso ha avuto come obiettivo quello di individuare e selezionare proposte per modificare il sistema degli spazi comuni del corpo principale del complesso edilizio di Corviale. Tra i 45 progetti presentati, la Giuria internazionale ha assegnato il primo premio al progetto coordinato dall’Arch. Laura Peretti, il secondo a quello coordinato da ABDR architetti associati ed il terzo al lavoro coordinato dall’Arch. Juha Samuli Miettinen. Dopo l’avvio dei lavori straordinari di manutenzione edilizia, per Corviale un’altra giornata storica: il punto di arrivo di un lavoro durato molti mesi, svolto da Ater, Regione Lazio e dagli Studi di Architettura che hanno partecipato, e soprattutto il punto di partenza per ridisegnare spazi, funzioni, e soluzioni urbane di Corviale, attraverso progetti concreti fatti per migliorare la vita delle migliaia di abitanti del “Palazzone” e non per assecondare le velleità di qualche intellettuale.

IN AULA CONSILIARE PIU’ DI 300 STUDENTI CONTRO LA PENA DI MORTE

L’Aula consiliare del Municipio Roma XI ha ospitato “Scuole per la vita contro la pena di morte 2015” l’iniziativa organizzata insieme alla Comunità di Sant’Egidio e Giovani per la Pace, in occasione della Giornata  Mondiale delle “Città per la Vita, Città contro la Pena di Morte”. All’incontro hanno partecipato oltre 300 studenti delle scuole superiori di primo e secondo grado del Municipio che hanno ascoltato la testimonianza di Suor Helen Prejean, la religiosa statunitense nota in tutto il mondo per il suo impegno contro la pena di morte  e che ha inspirato il film “Dead man walking”. Abbiamo organizzato questo incontro, per il secondo anno consecutivo, perché crediamo sia fondamentale per i nostri ragazzi,  soprattutto in un momento come questo e dopo i fatti di Parigi che li hanno lasciati sgomenti ed impauriti. Uno Stato non deve rispondere  alla violenza con altra violenza ma con le leggi, perché non può cedere alla paura ed alla brutalità.

 

PONTE GALERIA, PRESTO NUOVA AREA GIOCHI

Ponte Galeria avrà presto un nuovo spazio dedicato ai più piccoli: abbiamo approvato, infatti, un progetto per realizzare una nuova area giochi negli spazi di pertinenza delle nuova scuola dell’infanzia di via Albenga. Ponte Galeria soffre, da sempre, di un’oggettiva carenza di spazi verdi pubblici attrezzati e per venire incontro alle esigenze dei cittadini, abbiamo deciso di individuare possibili soluzioni che consentano di dotare questo quartiere di aree verdi. Il nuovo parco, aperto a tutti, avrà una superficie di complessivi circa 1400 mq e costituirà uno spazio attrezzato per tutto il territorio, con funzione di aggregazione, sociale e di svago. I lavori inizieranno all’inizio del prossimo anno ed avranno una durata di circa 70 giorni complessivi. Il giardino della scuola sarà riorganizzato con l’inserimento di attrezzature per il gioco dei più piccoli e la vegetazione sarà successivamente implementata e sistemata per aumentare le zone d’ombra d’estate, garantendo al tempo stesso il necessario soleggiamento invernale.

FIACCOLATA “LE LUCI DI CORVIALE”

Il 19 novembre si è svolta “Le luci di Corviale”, la fiaccolata per la legalità e contro le intimidazioni, organizzata dal Municipio Roma XI in risposta all’incendio doloso che la notte tra giovedì 12 e venerdì 13 ha colpito la struttura del Calciosociale a Corviale. Quasi 500 persone tra cui tantissimi bambini e ragazzi, sono partiti dalla sede del Consiglio municipale di via Marino Mazzacurati 73 ed hanno attraversato le vie del quartiere, toccando i luoghi e le realtà simbolo della rinascita sociale, culturale e civica di questo territorio. La fiaccolata è stata la risposta di Corviale a chi pensa ancora che le intimidazioni possano fermare il cambiamento di questo quartiere, dove è in atto una trasformazione che passa dalla rinnovata attenzione delle Istituzioni a questo quadrante della città per troppo tempo abbandonato a se stesso e nel rinsaldato legame tra cittadini ed Istituzioni che ha sostituito il vecchio e tacito accordo al ribasso, basato su indifferenza e deresponsabilizzazione reciproche.

UN PONTE DI LIBRI PER LA PACE

In occasione della Giornata Internazionale per i Diritti Umani, abbiamo organizzato la seconda edizione dell’iniziativa “Un Ponte di Libri per la Pace”, che si è svolto giovedì 10 dicembre dalle 10 alle 12, al Ponte della Scienza.  La manifestazione ha coinvolto gli studenti delle nostre scuole con l’intento di offrire una opportunità di scambio di esperienze, pensieri, testi e riflessioni sulla pace e sui diritti umani nella loro globalità e interezza ed è organizzata in collaborazione con UN PONTE PER ANNE FRANK, Beppe Costa, Giovanna Iorio, Simone Dionigi Pala, edizioni del Foglio Clandestino, Edizioni Saecula, LA VOCE CONTRO LA GUERRA, Libra 2.0.

LA SALA CONSILIARE E’ INTITOLATA A LUIGI PETROSELLI

Il 9 dicembre la Sala del Consiglio Municipale di via Mazzacurati è stata ufficialmente intitolata a Luigi Petroselli, il “Sindaco di tutti”. Alla cerimonia hanno partecipato Aurelia Petroselli, vedova del Sindaco, Tonino Lovallo, suo storico collaboratore e Paolo Masini ex Assessore Roma Capitale insieme ai ragazzi delle scuole del nostro territorio. Durante la mattina è stato, inoltre, proiettato il docufilm “Il Sindaco Petroselli”, di Andrea Rusich, realizzato dall’associazione culturale SAFADOFILM, in co-produzione con Aamod (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico). Questa intitolazione ha una grande valenza per tutti noi: Petroselli diceva che “Si può governare Roma solo se la si ama” e mai come oggi queste parole devono essere un faro per chi ha l’onore, prima che l’onere, di amministrare questa meravigliosa città.

ADESIONE ALLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
Anche quest’anno abbiamo aderito alla “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, che si celebra ogni 25 novembre. Il nostro territorio conosce molto bene questo orribile fenomeno: ospitiamo infatti due importanti Centri antiviolenza, che accolgono e proteggono le vittime di abusi, occupandosi anche delle vittime della “tratta” attraverso uno sportello all’interno del CIE di Ponte Galeria. Con queste importanti Istituzioni collaboriamo con un impegno costante che si concretizzerà con l’apertura di una Casa per la semi-autonomia, dove le donne vittime di violenza potranno proseguire nel loro percorso di reinserimento. L’adesione alla Giornata del 25 novembre, che recepisce anche il lavoro della Commissione delle elette del nostro Municipio, non è stata solo formale ma  si è tradotta nella presentazione del libro “Ti amo anima mia” organizzata alla Biblioteca Marconi, insieme all’Associazione Libra 2.0.




I cantieri da soli non bastano

Senza cittadini coinvolti si fallisce.
Gli urbanisti: “Pochi 500 milioni, ma segnale giusto”. Si moltiplicano le social street.
Dietro l’annuncio di Renzi di destinare 500 milioni di euro aggiuntivi per le periferie ci sono posizionamento politico (anche internazionale, altro che proclami bellicisti) e strategia comunicativa (vedi citazione del «rammendo» di Renzo Piano, ormai di moda). Nessun piano segreto e specifico. Del resto basta fare due conti. I soldi vanno alle città metropolitane (tredici già istituite, la Sardegna potrebbe aggiungere Cagliari), da spendere entro il 2016 per progetti da presentare entro la fine di quest’anno. Meno di 40 milioni per città e 13 mesi per spenderli: tempi e soldi sconsigliano interventi giganteschi. Bisogna recuperare progetti già pronti. «Non c’è cifra che basterebbe a risanare le periferie italiane – dice l’urbanista Francesco Indovina -. 500 milioni sono una goccia nel mare, ma anche pochi soldi servono se spesi bene».

Recentemente Indovina ha pubblicato sulla rivista Archivio di studi urbani e regionali (FrancoAngeli) un saggio intitolato «Il ritorno delle periferie» in cui offre un utile approccio al problema. Innanzitutto bisogna uscire dallo stereotipo «centro bello-periferie brutte». Misurare il degrado urbano ampliando il raggio del compasso sulla mappa può valere per le banlieue parigine, non per le principali città italiane «che invece si presentano sempre più a pelle di leopardo, con diversi centri e diverse periferie mischiate». Renzo Piano docet: il Giambellino, che il suo staff sta «rammendando», nasce come periferia negli Anni 30, ma ormai è semicentrale. E Stefano Boeri, architetto e docente al Politecnico cui fanno torto le eccessive celebrazioni per il «bosco verticale», ha detto di sentirsi più a disagio in piazza Cordusio che in tante periferie.

Nuova e ibrida geografia urbana, dunque, in un contesto di disuguaglianze crescenti, servizi pubblici ridotti, risorse finanziarie scarse. Il rischio che corre il governo è ridurre tutto a un’operazione di riqualificazione edilizia. Accresciuti valori immobiliari di palazzi abbelliti producono come prima conseguenza l’espulsione di una fetta della popolazione, che non può permettersi di «pagare» e si sposta altrove. «Per una periferia risanata se ne crea un’altra degradata», dice Indovina citando Harlem a New York, dove la quota di popolazione nera è calata.

La Regione Lazio ha stanziato 20 milioni per risanare il serpentone di cemento (1 chilometro, 5 mila abitanti, il 30% abusivi) del Corviale. L’Istituto nazionale di urbanistica propone di «creare una vera e propria industria della rigenerazione urbana», attingendo alle risorse private con incentivi fiscali tipo ecobonus, replicati su larga scala ed estesi alla dimensione culturale e sociale.

Ma serve quella che l’urbanista napoletano Aldo Loris Rossi chiama «visione olistica» applicata alle città. Approccio soft, processi partecipati, più servizi e socialità che cantieri. Meglio un piccolo locale riutilizzato da un’associazione di quartiere che un grande centro giovanile gestito da funzionari comunali. Non è sempre necessario guardare lontano, dai quartieri sostenibili di Friburgo ai «bandi del barrio» di Barcellona. Tralasciando le più illuminate iniziative bolognesi degli Anni 70, basta studiare la recente riappropriazione di piazzetta Capuana a Quarto Oggiaro (Milano), la ventennale esperienza di Borgo Campidoglio a Torino, le oltre 400 «social street» nate dal 2011. Gruppi nati su facebook che coniugano attività ludica e sociale, dalle feste di quartiere ai muri tinteggiati, dalla raccolta di cibo in scadenza all’assistenza agli anziani. La social street Baia del Re di Milano si segnala per l’integrazione degli immigrati. «Senza connessione tra le persone, ogni progetto di rigenerazione urbana fallisce», spiega Cristina Pasqualini, sociologa della Cattolica e autrice della prima ricerca sul tema.
E mentre si spendono soldi per periferie degradate, sarebbe il caso di non costruirne di nuove. Nel 1968, fu una grande conquista urbanistica l’obbligo di destinare ai servizi di quartiere almeno 18 metri quadri per abitante. Erano altri tempi e l’urbanistica non era morente come oggi. La Lombardia fu la prima, nel 1975, a portare lo standard a 26,5 metri quadri, seguita negli anni successivi dalle altre Regioni. Nel 2005 la Lombardia formigoniana torna indietro agli standard del 1968. Secondo i conti di Sergio Brenna, docente al Politecnico, a Porta Nuova sono diventati 16 metri quadri, monetizzando (a prezzo irrisorio) la differenza al Comune. E si rischia di peggiorare ancora nei nuovi quartieri pianificati in limine mortis dalla giunta Pisapia, in geometrica continuità con quella Moratti.
Lunga e accidentata la via italiana del rammendo, sia a destra che a sinistra.

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L’ accesso ai trasporti pubblici aiuta la salute mentale

La grande città stressa? Sicuramente! Ma soprattutto se i cittadini non sono in grado di viverla pienamente…

I più perfidi potrebbero pensare che, date le ultime notizie passate anche sulle cronache nazionali, il riferimento sia al sistema dei trasporti pubblico romano. Ma non è così.

Questa volta l’indagine riguarda le grandi città in generale, che si sa sono di per sé motivo di stress e di agitazione quando si tratta di spostarsi a piedi- per le carenze che hanno molti servizi, in auto- per le code chilometriche che si creano in certi orari, ma anche in bici- visto che molte città sono ancora sprovviste di piste apposite.

Vivere in città ha i suoi vantaggi, certo: condurre una vita più stimolante, a contatto con i numerosi eventi che attraversano una grande città ogni giorno è sicuramente l’aspetto più positivo. Ma spesso la difficoltà maggiore è usufruire dello spazio urbano, specialmente per donne e anziani.

E così una recente indagine della Rivista Internazionale dell’Ambiente e della Salute pubblica suggerisce che una buona accessibilità ai trasporti pubblici, così come una struttura urbana “concentrata” ( e non troppo estesa), potrebbe contribuire a ridurre il rischio di depressione, soprattutto nelle donne e negli anziani, aumentando le opportunità di muoversi e di avere una vita sociale attiva.

Per l’indagine, un gruppo di ricercatori con sede in Italia, ha raccolto dati a lungo termine concernenti i residenti della città di Torino. Oltre ai dati demografici di base (come l’istruzione e lo stato del lavoro) e fattori sociali (come ad esempio il tasso di criminalità), essi hanno esaminato cinque caratteristiche dell’ambiente edificato: densità dello sviluppo, armonia nell’utilizzo del territorio, spazio pubblico e verde, servizi culturali, e l’accesso al trasporto pubblico. Essi si sono poi anche concentrati sull’aspetto sanitario, analizzando gli antidepressivi maggiormente prescritti in quest’area.

Tra i fattori ambientali si è visto che la frequenza e l’accesso ai mezzi pubblici “proteggono” la salute mentale, soprattutto nelle donne (di tutte le età) e negli anziani ( di un’età tra i 50 e i 64). I ricercatori hanno appurato che gli antidepressivi normalmente vengono prescritti in misura inferiore a questo tipo di popolazione, se essa risiede in luoghi raggiungibili più rapidamente in autobus o in treno e in luoghi in cui le costruzioni raggiungono altezze perlopiù medie. Il contrario avviene per coloro che vivono in zone periferiche, mal collegate al centro, esclusi totalmente dal fermento, culturale, logistico e sociale del centro.

Per i più anziani, la necessità di guidare o di farsi ‘trasportare’ da qualche parente o amico crea infatti una sorta di isolamento e di tristezza, ma soprattutto d’impotenza nel fare le cose.

Il risultato della ricerca certo non sorprende moltissimo, anche se manca una connessione tra la salute mentale ad esempio e gli spazi verdi, elemento di felicità nella visione comune della realtà. Ma probabilmente la fruizione dei parchi è strettamente legata ai trasporti pubblici e quindi torniamo al primo punto di massima criticità dello spazio urbano.

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Dramma sfratto per 150 mila famiglie

Nel 2014 boom delle richieste per “morosità incolpevole” e quasi 80mila i provvedimenti diventati esecutivi, anche nei confronti di persone in condizioni di estrema difficoltà economica o di salute. Nel frattempo le assegnazioni di alloggi popolari procedono a rilento e le situazioni di disperazione si moltiplicano. Quello della crisi abitativa è un dramma che l’Italia affronta da decenni, ma senza riuscire a venirne a capo. Anche perché le soluzioni si rivelano spesso motivo di nuovi problemi, come dimostrano gli scandali dei piani di zona e dell’edilizia agevolata a Roma.
Piani di Zona, l’ennesimo scandalo romano

di MARIO REGGIO
ROMA – Il Giubileo della “misericordia” è alle porte, ma la spietata macchina degli sfratti non si ferma. Mobilitati gli ufficiali giudiziari e i poliziotti, quando il giudice autorizza l’intervento della forza pubblica. Nel 2014 in Italia le richieste di sfratto sono state più di 150mila. Nella graduatoria in testa la Lombardia seguita dall’Emilia Romagna, la Toscana e il Lazio. Gli sfratti colpiscono soprattutto la grandi città dove si concentrano i casi di “morosità incolpevole”, quelli che riguardano le famiglie colpite dalla crisi e che non possono più permettersi di pagare l’affitto.

Nessun blocco previsto nel decreto milleproroghe, in cambio 446 milioni a favore dei Comuni per fronteggiare l’emergenza. Una goccia rispetto all’onda anomala ormai all’orizzonte. Plaude Confedilizia, cresce la mobilitazione delle associazioni che cercano di difendere gli inquilini. Ci sono soluzioni? Una potrebbe essere quella dei “piani di zona”, vale a dire l’edilizia agevolata con finanziamenti regionali a fondo perduto e affitti calmierati. Ma a Roma, ad esempio, il meccanismo si è trasformato in una grande truffa. Tanto da far dire all’ex assessore all’urbanistica, Giovanni Caudo: “E’ un sistema bacato”.
Case senza strade né fogne, a Roma lo scandalo Piani di Zona

Intanto la Procura ha aperto un’inchiesta e stanno per arrivare i primi avvisi di garanzia. Un’altra soluzione ci sarebbe: trasferire gli sfrattati nei “residence” facendo ingrassare i proprietari, visto che i canoni mensili sfiorano i 2mila euro. L’ormai famosa “vacca da munge” di Mafia Capitale. Come arricchirsi con i poveri, tanto paga la comunità. Dietro ogni sfratto c’è comunque un dramma umano, come quello della signora Silvana Mendico, 73 anni, costretta a chiedere ospitalità alle tre figlie.
Sfrattata dall’ex marito, il dramma di Silvana
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Marina Caprioli, 33 anni, quattro figli, sfrattata con l’ausilio della forza pubblica. Ecco la sua storia. “Abitavo a Giardinetti, una casa di 20 metri quadrati ricavata da un lavatoio, piena di muffa. Lavoravo in un negozio di ferramenta. La padrona del negozio è anche la proprietaria della casa. Contratto registrato per 100 euro al mese, in realtà ne pagavo 500 più 65 di condominio. Soldi che la signora mi tratteneva direttamente dalla paga. Per arrotondare, il sabato e la domenica lavoravo in una pizzeria”.

Come spesso succede la precarietà incide sulle vicende personali. “Mio marito ha chiesto la separazione, ma i 300 euro al mese che mi aveva promesso non li ho mai visti. Faceva l’autista e si era fatto mettere in nero per non tirare fuori un euro. Ogni tanto passava a casa ma erano sempre litigate e volavano gli schiaffi. A quel punto ho chiesto alla proprietaria di venirmi incontro perché non ce la facevo più a tirare avanti. Dal febbraio del 2014 ho smesso di pagare l’affitto e lei ha chiesto lo sfratto. A quel punto le ho fatto la causa di lavoro. E lei mi cacciato dal negozio. Nel frattempo ho trovato un nuovo compagno e sono rimasta incinta”. Il 16 giugno del 2015 arriva l’ufficiale giudiziario con al seguito due camionette della polizia. Per qualche giorno viene sistemata in un residence. Appare anche l’assistente sociale del Comune. “Mi ha promesso di trovare una soluzione perché io lì non ci volevo più stare. Ho aspettato ma ‘sta soluzione non è mai arrivata. Allora ho deciso di tornare a casa dei miei. In quella casa ci viviamo in 11, mio padre e mia madre, mia sorella con il figlio, mio fratello, io e il mio compagno assieme ai quattro figli. Noi dormiamo nel salone ma non può andare avanti a lungo”.

Altra storia particolare è quelle avvenuta, sempre a Roma, il 25 novembre. Alle otto di mattina, in via Fillia, nella zona Collatina, Roberta M., madre di due figli minori, attende l’arrivo dell’ufficiale giudiziario con la forza pubblica. Ha perso il lavoro, quindi rientra nella categoria di quelli che non possono pagare l’affitto per “morosità incolpevole”. Ha chiesto aiuto alla Regione Lazio che ha le ha offerto un finanziamento di 8 mila euro. Ma il gestore del piano di zona “via Longoni” non intende ragioni. Il tribunale civile autorizza quindi lo sfratto esecutivo con la forza pubblica. Passano un paio d’ore ma non si vede nessuno. Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti, che è andato a trovarla, sta per tornare sui suoi passi. Roberta gli offre un caffè. All’improvviso arriva l’ufficiale giudiziario con i poliziotti. I due si barricano in casa. Sale la tensione, Gli agenti si dicono sicuri di entrare. Ma c’è un piccolo, grande, problema. Nell’appartamento ha iscritto la sua residenza parlamentare Roberta Lombardi, deputata di 5 stelle. Impossibile quindi entrare, salvo l’autorizzazione della Camera. “La truffa dei piani di zona – afferma la parlamentare – deve finire, farò di tutto perché ciò avvenga, Non è possibile che decine di migliaia di cittadini che vivono in case costruite con i contributi pubblici continuino a pagare affitti molto più alti di quelli fissati dalla legge”.

Esempi come tanti altri che alimentano il fenomeno delle occupazioni abusive. Un meccanismo infernale e senza fine. Proprio per affrontare l’emergenza casa, esiste una legge, quella dei “Piani di zona”. Ecco di cosa si tratta. Il Comune individua un’area, mette a bando l’appalto per la costruzione di nuove abitazioni. Il progetto prescelto determina l’esproprio del terreno. A quel punto la Regione finanzia, a fondo perduto, in media al 50 per cento, il costo dell’opera. La cooperativa edilizia, o l’impresa che si aggiudica il cantiere, è obbligata a presentare un piano finanziario nel quale devono essere evidenziati i costi, compresi quelli delle opere di urbanizzazione primaria. Adesso arriva il bello. Nessuno ha mai presentato i piani finanziari al Comune di Roma, che avrebbe dovuto esercitare il controllo. Quasi nessun costruttore ha depennato dai costi il finanziamento a fondo perduto della Regione. Cosa è accaduto allora? La truffa ha permesso a cooperative e imprese di imporre affitti o prezzi di vendita gonfiati. Ma la Regione Lazio e il Comune di Roma, che hanno l’obbligo di controllare tutto il meccanismo, nel frattempo cosa facevano? Nella migliore delle ipotesi chiudevano un occhio.
Roma, sfrattati perché la coop ha aumentato il prezzo di vendita

In via Marcello Gallian fanno bella mostra le palazzine di 5 piani tirate su dalla Lega San Paolo Auto. Una delle coop edilizie più gettonate e che si vanta avere fatto sempre campagna elettorale per il Partito Democratico. “Per diventare soci e prenotare l’alloggio hanno versato dai 159mila ai 250mila euro a testa – racconta Angelo Fascetti, coordinatore nazionale dell’Associazione Inquilini e Abitanti – poi è arrivata la richiesta di versamento fuori sacco di 100mila euro. Una parte dei soci si è rifiutata di tirare fuori soldi in più. La Lega San Paolo li ha cancellati dal libro soci ed ha chiesto ed ottenuto lo sfratto esecutivo. Questo nonostante i vertici della cooperativa siano indagati per truffa, concussione ed estorsione aggravata. Una colossale ingiustizia perché il giudice civile non ha tenuto conto che gli ex soci hanno versato l’intero importo pattuito, mentre la cooperativa – conclude – non ha depurato dai costi il finanziamento a fondo perduto ottenuto dalla Regione Lazio”.

Intanto qualcosa, anche se a fatica, si sta muovendo. A parte l’indagine della magistratura, l’allora assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, Giovanni Caudo, ha presentato una delibera, approvata dalla giunta, nella quale si obbligano le coop e le imprese ad adeguare gli affitti e i prezzi di vendita, dopo aver depennato il finanziamento regionale. In caso di mancato adempimento il Comune applicherà le sanzioni previste dalla legge. E si tratta di multe salate. “Nei casi più gravi – si legge nella delibera – si arriverà al sequestro degli immobili”. Ora manca solo la firma del commissario straordinario perché la delibera non è riuscita ad arrivare nell’Aula Giulio Cesare.

Morosità in aumento, Milano in piena crisi

di LUCA DE VITO
MILANO – La signora Liliana Tagliaferri, 82 anni, abita in zona piazza San Giuseppe. Per 40 anni ha vissuto in una casa dell’inpdap. Quando è stato venduto il complesso di case, lei non ha potuto acquistare e oggi – sola, senza figli, mai sposata – vogliono mandarla via. Così rischia di veder arrivare la polizia da un giorno all’altro. Anche la Milano dell’Expo ha le sue contraddizioni e, soprattutto, a cominciare dall’emergenza di chi non riesce più a pagare l’affitto e si ritrova senza casa. Il numero di richieste di sfratto all’ombra della Madonnina è uno di quelli che nessuno vuole maneggiare: nelle 14.766 richieste pendenti al Tribunale, ben 10.707 sono per chi non paga l’affitto, mentre solo 2.791 sono per finita locazione (1.268 per altri motivi). La proporzione tra sfratti per morosità e quelli per termine del contratto di affitto, è in aumento: all’inizio del 2014, infatti, il rapporto era di tre a uno, mentre adesso siamo quasi al quattro a uno. Situazione analoga in provincia, con un totale di 7.061 sfratti, dei quali 4.998 per morosità, 1.679 per finita locazione e 384 per altri motivi. A fine giugno il numero degli sfratti eseguiti con la forza pubblica nel 2015 era di 1.491 (dal 2010 la media annuale è di 2.800).
Sfratti, tra i “dannati” di Milano in coda allo sportello della Sicet
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I numeri che fanno ancora più paura sono quelli che riguardano chi uno sfratto lo ha già subito. A Milano ci sono 270 famiglie con sfratto eseguito – e quindi senza un tetto – con in mano l’assegnazione teorica per un appartamento. Sono i più sfortunati di tutti – si tratta di coloro che hanno chiesto una casa popolare in deroga alla graduatoria perché in situazione d’emergenza – e sono in crescita rispetto ai 150 dello scorso anno. Quando non riescono a trovare una soluzione da parenti o amici, dormono in strada o in comunità. A queste cifre si devono poi aggiungere le oltre 3.064 richieste in deroga che sono giacenti presso gli uffici comunali e non ancora valutate. A conti fatti, una marea umana cresciuta negli anni di crisi perché rimpolpata proprio dalla grossa quantità di sfratti per morosità incolpevole.

“La cosa che fa più male – racconta Leo Spinelli, segretario del sindacato inquilini Sicet Cisl che guida gli sportelli dove ogni giorno si presentano decine e decine di persone in difficoltà – è che in passato una soluzione si trovava sempre. Venivano messi negli alberghi, per un periodo temporaneo, e poi gli veniva assegnata una casa”. Adesso non è più così. Già, ma perché? Tra le tante motivazioni, c’è la fatica, apparentemente insormontabile, nel riuscire a rimettere in circolo quelle case popolari vuote che rimangono sfitte. Quasi 10mila alloggi – fra proprietà del Comune e Aler, azienda regionale per l’Erp – che non si riesce a ristrutturare e assegnare. E che sarebbero oro colato per centinaia di famiglie. L’idea del Comune di Milano, però, è diversa: per affrontare l’emergenza abitativa, spiegano, bisogna fare in modo che i privati affittino le case che tengono vuote (a Milano si parla di circa 80mila abitazioni).

“L’emergenza abitativa si è riversata in blocco sull’edilizia popolare a cominciare dalle famiglie sfrattate – ha detto l’assessore alla Casa Daniela Benelli – Ma rispetto a un patrimonio Erp insufficiente, c’è un bacino molto più ampio di alloggi privati, spesso sfitti, che vogliamo rimettere in circolo. Il nostro obiettivo è intervenire prima dello sfratto, evitando che le famiglie restino senza casa e tutelando i proprietari dal rischio della morosità”. L’idea del Comune è stata quella di avviare l’agenzia sociale per la locazione con l’obbiettivo di mediare tra inquilini e proprietari per evitare sfratti e trovare canoni sostenibili. “Ma a qualche mese dall’avvio dell’agenzia e dello stanziamento di risorse come fondo di garanzia – spiegano dal Sicet – i numeri delle morosità incolpevoli rientrate grazie a questi interventi si contano sulle dita di una mano”.

A Torino alloggi provvisori nei container

di GABRIELE GUCCIONE
TORINO – C’è un titolo che Torino avrebbe fatto volentieri a meno di tornare a possedere: capitale degli sfratti per morosità. Nel capoluogo piemontese l’anno scorso si è registrato uno sfratto ogni 227 famiglie. “Per numero di procedure in rapporto alla popolazione – denuncia Giovanni Baratta, segretario regionale del sindacato inquilini Sicet-Cisl – Torino primeggia tra le grandi città metropolitane. La media italiana è di uno sfratto ogni 334 famiglie”.

La tragica media torinese è il risultato di una crisi che ha segnato profondamente il volto dell’ex città della Fiat e che ha cominciato a mietere le sue vittime a cominciare dal 2008. Da allora le procedure di sfratto iscritte nel mandamento del Tribunale di Torino sono più che raddoppiate: da 2.216 si è passati in sette anni a 4.693. L’incremento è stato del 111 per cento. Palazzo di Città, in questi anni, ha cercato di arginare il fenomeno. Negli ultimi tempi, però, la situazione è peggiorata e anche le occupazioni abusive di immobili, un tempo sporadiche nella sabauda Torino, hanno cominciato a diventare più frequenti. Solo l’anno scorso, riferisce il vicesindaco Elide Tisi, “per far fronte all’emergenza sfratti sono stati assegnati 444 alloggi di edilizia residenziale pubblica, sono stati stipulati 320 contratti convenzionati tramite l’agenzia di locazione del comune e sono stati attivati 95 contratti d’affitto garantiti dal fondo comunale Salva Sfratti, che assicura i proprietari dalla morosità a fronte di uno sconto sull’affitto”. Uno strumento innovativo, quest’ultimo, sperimentato per la prima volta nel 2013, con il contributo delle fondazioni ex bancarie, e poi preso a modello dalla nuova legge nazionale sulla casa.

I 4.693 sfratti dell’anno scorso hanno prodotto 1.144 domande di aiuto alla commissione comunale per l’emergenza abitativa: 1.144 famiglie che hanno provato a bussare alla porta del Comune in cerca di aiuto. “L’accoglienza in housing sociale e in alloggi temporanei ha sostenuto 205 famiglie – racconta il vicesindaco di Torino – mentre 1.794 nuclei famigliari usufruiscono del contributo a sostegno dell’abitazione da parte dei Servizi sociali”. In totale, sommati tutti assieme, la città è intervenuta su 2.800 famiglie.

Il fatto è che il fenomeno non sembra voler diminuire, tanto che l’amministrazione ha deciso, nell’ultima riunione della giunta comunale, un intervento mai immaginato prima: la costruzione di un “rifugio per gli sfrattati” capace di dare ospitalità temporanea a 200 persone. Una struttura che sarà ricavata riutilizzando i container dell’ex accampamento degli operai che hanno lavorato al Passante ferroviario torinese.

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Quando la periferia si impone

Ma che bella sorpresa! Dalle classifiche pubblicate da www.eudoscopio.it, il portale della Fondazione Agnelli, risulta che alcuni dei licei migliori di Roma si trovano in periferia: l’Immanuel Kant a Tor Pignattara, l’Aristofane al Tufello o il Vito Volterra di Ciampino, per fare alcuni esempi. E nonostante tutto scopri, improvvisamente, che esiste anche quella periferia che ridà speranza.

Da un po’ di tempo è tornata di moda, al centro dei discorsi e dell’attenzione. Merito soprattutto di Papa Francesco, diciamoci la verità, che non perde occasione di citarla in ogni luogo e in ogni occasione. Che sia del mondo, dell’esistenza o dell’anima Bergoglio ha messo la periferia al centro del dibattito pubblico, non solo italiano, ovviamente. Chi si candida alle prossime elezioni la cita e la evoca. Chi oggi affronta da vicino la lotta al terrorismo la studia e la analizza. Chi ci abita la ama e la odia. Luoghi “di sofferenza, di sangue versato e di cecità che desidera vedere”, dice spesso il papa venuto proprio “dalla fine del mondo”, ma anche di voglia di riscatto e di emancipazione.

Piena di contraddizioni, spesso dimenticata, una periferia, quella moderna, che si fa sempre più grande, che di fatto ingloba i centri storici delle grandi aree urbane. Periferie diverse l’una dall’altra. Da quelle post-belliche degli anni ’50 e quelle del boom economico, quelle dure degli anni ’70, fino ad arrivare a quelle dei nostri giorni, dispersive e dominate dai grandi centri commerciali, che si fanno essi stessi “centro” delle moderne periferie. Leggere di quei licei che si giocano le prime posizioni dell’eccellenza con scuole di quartieri più “blasonati” ridà fiducia. Merito certamente dei dirigenti scolastici, degli insegnanti, ma anche degli studenti e dei genitori che con il loro lavoro spesso duro, ma silenzioso riescono a compiere questi miracoli. E allora da dove ripartire in una città come Roma se non da qui? Dal tentativo, dice Renzo Piano, di “far guizzare qualche scintilla nella testa dei giovani”. E che potrebbero ridare anche ‘alla cecità la speranza di tornare a vedere’

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Condividere e collaborare a Roma

È nato a Roma un “Coordinamento di realtà collaborative” per collegare in rete le molte esperienze nate in città negli ultimi anni – tra coworking, fablab, riciclo, agricoltura urbana e sociale, welfare comunitario e digital social innovation -, e di dare fiato e gambe a un ecosistema collaborativo di soggetti paritari capace di trattenere nei territori il valore della produzione sociale. Il coordinamento ha già fissato per il week end del 9 e 10 gennaio 2016 un laboratorio di coprogettazione urbana, per immaginare insieme le risposte collettive che è possibile dare in uno dei momenti più drammatici per questa città.
Sono bastate poche affollate riunioni per capire che la strada è lunga e irta di ostacoli, ma non si tornerà indietro. Semplicemente perché tutti sono decisi a percorrerla, ognuno con le sue motivazioni. Parliamo infatti di gente diversa, con storie, culture politiche, professioni e obiettivi diversi, giovani e meno giovani, poveri e meno poveri, militanti e non, precari e non.
Ma di chi stiamo parlando?… Difficile trovare una definizione univoca, dipende dal punto di vista con cui li si osserva. Toni Negri direbbe che sono una forma embrionale di soggettivizzazione della moltitudine, o più puntualmente di cognitariato che si autorganizza per sostituire la logica della cooperazione sociale alla legge del valore. Jeremy Rifkin li chiamerebbe “change makers”, ovvero le legioni di “prosumers” che stanno traghettando il sistema mondo verso la terza rivoluzione industriale: una radicale trasformazione fondata su collaborazione, autoproduzione, indipendenza energetica e sistemi intelligenti, tra big data e internet delle cose, che sta determinando il passaggio epocale da un regime centralizzato, gerarchico e appropriativo di gestione delle risorse e della conoscenza a un regime collaborativo, orizzontale e aperto.
Come correttivo alla visione deterministica e tecno-ottimista di Rifkin, il guru del peer-to-peer Michel Bauwens darebbe una definizione più sfumata, che problematizza la soggettività nell’era del Web interattivo, mettendoci di fronte all’evidenza che le tecnologie in quanto tali hanno in sé stesse sviluppi possibili diametrali. Da un lato verso un’enfasi della centralizzazione appropriativa, dell’approccio estrattivo alle risorse e del controllo sociale esasperato, dall’altro verso un sistema di cooperazione aperto e orizzontale nella dimensione dei commons. Perché il tema del futuro non è se vincerà la collaborazione, ma è quale collaborazione vincerà, e cioè chi controllerà il valore generato dalla produzione sociale. Bauwens innestando il tema della collaborazione in quello dei commons restituisce una dimensione territoriale e politica a questa transizione epocale, e nomina con acutezza le soggettività che stanno giocando la partita: dal capitalismo netarchico degli imperi virtuali, tra Google, Amazon, Facebook, alle comunità resilienti, alle reti dei commons “glocal”, cioè coloro che organizzano localmente una condivisione globale di risorse.
E a Roma cosa succede? Le strutture che praticano questa nuova economia del fare collaborativo producendo commons e relazioni paritarie, cioé il variegato popolo della collaborazione e della condivisione, si stanno mettendo in rete con tante e diverse finalità, ma con una consapevolezza condivisa di essere uno degli attori che si giocherà la difficile partita del futuro. E lo stanno facendo in una fase difficilissima, nella quale i territori sono sempre più abbandonati a loro stessi da un potere che si ritrae dalla dimensione locale, si ricentralizza e si verticalizza.
Dall’anno scorso hanno cominciato a ragionare su come condividere saperi e strumenti, su come generare collaborazione diffusa, su come interagire con le istituzioni sollecitandole a praticare l’innovazione, su come ci si possa organizzare per offrire alla città un welfare collaborativo in maniera sistematica e generalizzata. E recentemente si sono unite in un “Coordinamento di realtà collaborative”, che ha già fissato per il week end del 9 e 10 gennaio 2016 un laboratorio di coprogettazione urbana, per disegnare insieme le risposte collettive da dare in uno dei momenti più drammatici per questa città. In un momento in cui sembrano prevalere soltanto le articolazioni complementari della crisi di sistema: nuove povertà, autoritarismo, austerity, criminalità ed esclusione sociale.
Il primo obiettivo è condividere saperi e pratiche tra le diverse esperienze collaborative e i diversi mondi della cooperazione, nei terreni più diversi. Dal coworking ai fablab, dal mutualismo alla cittadinanza attiva, dalla filiera corta all’open source. E ci sono già alcuni nodi di questa rete che si collocano nella frontiera della sperimentazione, modellizzando le pratiche e intrecciando i diversi contesti collaborativi. Emblematico il caso di Officine Zero, fabbrica recuperata che coniuga l’organizzazione mutualistica del lavoro precario, il coworking, le officine creative di riciclo e il fablab, ma su cui incombe la minaccia di un’asta fallimentare che vorrebbe spazzare via l’esperienza per una valorizzazione immobiliare.
Il coordinamento si è riunito il primo dicembre presso i “laboratori creativi multifunzionali” de “il terzo spazio”, nome evocativo di quel “third space” coniato dall’urbanista americano Edward Soja per indicare gli spazi liberati dalle determinazioni del capitale globale, dove un nuovo immaginario plasma nuove relazioni e accoglie le differenze. E loro s’insediano proprio in una spazialità drammatica, quella di Tor Sapienza, dove il terzo settore non è riuscito a colmare i vuoti delle istituzioni e ad arginare le manifestazioni delle comunità del rancore. E il “terzo spazio” indica la exit strategy: tenere insieme la “cura” e l’“operosità”, per dirla con Aldo Bonomi, hanno creato un ibrido tra un centro sociale e un laboratorio scientifico che coniuga robotica, biohackers, corsi di formazione, scuola popolare e attività per l’infanzia, in una logica di fusione di sociale, cultura, formazione e ricerca.
E non senza significato il coordinamento ha deciso di radunarsi in questo spazio esattamente un anno dopo le note tensioni territoriali con i centri di accoglienza all’immigrazione, perché “il terzo spazio” nasce proprio come risposta a quei giorni drammatici, frutto di una concertazione tra alcune realtà già attive a Tor Sapienza e gli spazi collaborativi di Garbatella, il coworking Millepiani e il FabLab Roma Makers, che dalla loro fondazione sperimentano fruttuosamente lo stare in rete sul territorio. Prese singolarmente queste realtà sembrano solo piccoli “semi di futuro”, ma tenuti insieme a tanti altri nel neonato coordinamento possono aspirare a quello che Alberto Magnaghi definirebbe “progetto locale”. Tra le tante realtà ci sono i coworking che praticano la sharing economy e che diventano hub su scala urbana connettendo saperi e produzioni collaborative territoriali, facendo da incubatori per start-up, orientamento al lavoro, centrali di progettazione e formazione.
In pratica sostituendosi alle istituzioni. E poi i FabLab che stanno diffondendo il verbo e la pratica dell’autoproduzione e della collaborazione open con un’attenta opera di mediazione tra mondi diversi, dalla scuola alle officine di quartiere, alle istituzioni, alla media e grande impresa. E ancora i gruppi e le associazioni che lavorano sui commons immateriali, dall’open source alla digital social innovation, alle infrastrutture cognitive che sotto forma di piattaforme indipendenti configurano nuovi e rivoluzionari geosocial, mappature collaborative che si fanno deposito di conoscenze territoriali e strumento di attivazione di reti. E infine reti intere di recente formazione che aspirano a sovvertire il ciclo di riproduzione agro-alimentare della città, tra agricoltura urbana e sociale, gas, orti condivisi, così come le reti della conoscenza a cui si collegano realtà “business oriented”, che cercano di gettare un ponte tra società e capitale per fare in modo che l’economia si misuri anche in termini di sostenibilità sociale e ambientale.

Sono molte le realtà, e non è necessario nominarle, perché come ogni vera rete collaborativa esse credono nel soggetto anonimo, plurimo, molteplice, acefalo, realmente democratico. Non saranno mai all’ombra del “corpo” del leader, perché rifuggono istintivamente l’organizzazione piramidale, fintamente rappresentativa, di fatto autoritaria. Credono nel qui e ora, nelle relazioni tra pari che praticano, in modi di esistenza concreti e in modi di azione reali. Non saranno mai un brand, una forma chiusa che produce identificazioni immaginarie, perché una vera soggettivazione si realizza nella relazione reale e non nei dispositivi autosufficenti. Con Nicolas Bourriaud sostengono “gruppo contro massa, vicinato contro propaganda, low tech contro high tech, tattile contro visivo”.
A fronte delle mancate risposte della politica della rappresentanza, emerge così una nuova possibilità, quella di comunità di pratiche collaborative che si collocano tra reti digitali e territori, tra globale e locale, contendendo lo spazio ambivalente e conflittuale della sharing economy. Da un lato il modello della collaborazione dominata dal codice proprietario, che estrae valore dalla produzione sociale fondata sulla figura atomizzata del prosumer. Dall’altro il modello di un ecosistema collaborativo che su una base territoriale cerca di trattenere il valore nei territori, per fondare un modo diverso di produrre e stare insieme, generando benessere diffuso, conoscenza condivisa, coesione sociale e sostenibilità ambientale. Perché è uno spettro? Perché è invisibile e potente. Perché è potente? Perché è una soggettivazione basata sul fare e sul desiderio, non solo sulla mancanza e sul bisogno. Perché non solo rivendica diritti, ma li pratica. E fa ora sistema costruendo (e non teorizzando) quel mondo dei commons inteso come matrice di un modello alternativo di economia e di società.

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Municipio XI: intitolata sala Consiglio al sindaco Luigi Petroselli

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Un bella mattina quella di oggi, nella Sala del Consiglio del Municipio XI, dove, alla presenza anche della Vedova Signora Aurelia e di Tonino Lovallo, suo autista dell’epoca, è stata scoperta la targa con la quale si è ufficializzata l’intitolazione della Sala al Sindaco Luigi Petroselli, votata dal Consiglio lo scorso 23 luglio.

Municipio XI Sala Luigi Petroselli

Intitolare la Sala al Sindaco Petroselli, prematuramente scomparso, uomo di una caratura morale e di competenza amministrativa, deve essere per noi non solo il giusto tributo alla persona, alla sua capacità di saper parlare a tutti gli strati della popolazione e di essere amato e stimato da tutti, ma dovrà essere per noi ispirazione quotidiana per la nostra azione di Governo ed esempio da seguire per riportare la politica più vicina ai cittadini. – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI.