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L’orto urbano? Ora è “componibile”

Il progetto di Human Habitat, da montare e riutilizzabile: “Così l’agricoltura può tornare in città”.
Tempo di costruzione stimato: dieci giorni, assicurano gli ideatori Mikkel Kjaer e Ronnie Markussen, una coppia di giovani imprenditori, fondatori del laboratorio di progettazione urbana Human Habitat. Non solo facile da montare ma anche riutilizzabile innumerevoli volte. Quindi semplice da reimpiantare all’esigenza.

“Abbiamo voluto rendere l’agricoltura urbana ancora più intelligente – dice Markussen – La nostra idea era quella di progettare un’unità che fosse capace di aumentare la sicurezza alimentare in città, abbassare l’impronta ecologica della produzione alimentare e creare posti di lavoro. Abbiamo voluto ricollegare le persone al cibo, dando loro uno spazio verde che porti nuovamente la natura nelle nostre città. Non solo, volevamo che questo spazio “green” fosse anche facilmente adattabile ai cambiamenti del paesaggio urbano”. Versatile ma soprattutto funzionale: progettata per essere autosufficiente al suo fabbisogno di acqua, calore ed elettricità, l’intera fattoria ha un ingombro di poco più di trenta metri quadrati, ma una volta installata la zona di produzione interna e protetta, da poter dedicare alle colture, sviluppata in verticale semplicemente raddoppia. Il progetto pilota è partito ed ora è attivo e funzionante e lancia la sfida al futuro: riuscire ad ovviare agli ostacoli che si oppongono allo sviluppo dell’agricoltura “urbana”. Due tra tutti: la mancanza di spazio nelle città sempre più densamente popolate, e le incertezze dovute ai cambiamenti climatici. E questa sfida parte proprio dalla capitale danese: “L’azienda stazionerà lì per un periodo di dieci mesi, durante i quali ci dedicheremo alla raccolta di dati, concentrandoci principalmente sulla capacità di produzione e sullo sviluppo e consumo di energia e sull’utilizzo di acqua.

La farm ospiterà anche laboratori didattici e di formazione in primavera con l’obiettivo di avviare un’impresa sociale in grado di creare posti di lavoro “green”. – spiegano gli ideatori – I prodotti saranno poi venduti a ristoranti e caffetterie locali e da primavera i residenti locali saranno in grado di acquistare prodotti personalmente presso il mercato alimentare settimanale che albergherà proprio di fronte alla fattoria”. Una produttività che secondo Kjaer e Markussen può essere stimata su due modelli: per le aziende indipendenti che puntano a vendere i loro prodotti al dettaglio a piccoli commerciati o grazie ai banchi del mercato la resa finale potrebbe attestarsi sulle tre tonnellate all’anno; un progetto più ampio invece che miri alla produzione di ortaggi, verdure e frutta per la distribuzione di scuole, asili, per fare degli esempi, potrebbe puntare ad una produzione annua da stimare all’incirca sulle sei tonnellate.

Ma il progetto non immagina solamente un’agricoltutura urbana più sostenibile e non punta solo alla riqualificazione di luoghi cittadini dismessi, come parcheggi abbandonati o spazi inedificabili tra edifici adiacenti: “Con il tempo, vorremmo sviluppare una versione della fattoria, che possa contribuire ad affrontare le crisi umanitarie, in particolare dove le persone sono costrette a vivere in condizioni precarie (campi profughi, centri d’accoglienza, vittime di disastri naturali). – precisano – Per questo successivo step il modello che immaginiamo avrà un design ancora più “componibile”, il che permetterà un trasporto più agile ma anche la possibilità di creare delle farm assemblate ad hoc capaci di provvedere a delle esigenze commisurate”. Un progetto ambizioso, quindi, che decisamente non mira a restare cofinato a questo primo ed innovativo esperimento di Copenhagen.

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Guida delle Entrate sull’Ecobonus 65%

Estensione della detrazione all’Edilizia residenziale pubblica, cessione del credito ai fornitori per gli incapienti per interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali.

Guida Entrate Ecobonus (aggiornata a gennaio 2016)




Municipio XI ribadisce il no al gassificatore a Malagrotta

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Con il voto unanime del Consiglio, abbiamo ribadito ancora una volta un NO chiaro e deciso all’ipotesi di riattivazione del gassificatore di Malagrotta; una tecnologica obsoleta, quella della termovalorizzazione e un impianto non necessario poichè in contrasto con la strategia sulla gestione del ciclo dei rifiuti della città di Roma che punta sulla raccolta differenziata, sul riciclo e sugli impianti di trattamento a freddo – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI.

Io non mi stancherò mai di ribadire, inoltre, che la Valle Galeria ha portato sulle spalle, per più di quarant’anni, il peso della discarica più grande d’Europa e degli impianti di trattamento che hanno provocato ferite profonde in quel territorio, come l’inquinamento di falde, suoli e fiumi e pesanti conseguenze per la salute delle persone tradotte con un tasso di tumori più alto del 30% rispetto ad altre aree di Roma. Oggi, l’unico progetto necessario per quel territorio è portare a termine il piano di risanamento e recupero che prevedere un monitoraggio ambientale, interventi di bonifica e la copertura della discarica con alberature sopra ad uno strato isolante, da porre, che permetta ai rifiuti depositati da decenni di non fuoriuscire e continuare a contaminare il sito.

 




Ponte dei congressi, ottima notizia via libera alle prime opere

 

Esprimo soddisfazione per la notizia appresa relativamente all’inizio, esauriti i controlli preliminari sull’impresa vincitrice del bando, dei primi lavori per la costruzione del Ponte che collegherà l’autostrada per Fiumicino all’Eur, all’altezza della Magliana; è stato, difatti, assegnato l’appalto per gli scavi archeologici preventivi e al contempo, la Regione ha anche dato l’ok per la VIA, la valutazione d’impatto ambientale, propedeutica all’avvio della procedura di gara. – Lo dichiara Emanuela Mino, Presidente del Consiglio del Municipio XI. –

 

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Un progetto importante, un’opera che un intero quadrante di Roma attende da anni, dal forte valore strategico perché permetterà di regolare i flussi di viabilità, decongestionando la circolazione e costituendo una nuova porta di accesso alla città per chi viene dall’Aeroporto di Fiumicino e si dirige in direzione EUR; inoltre, verrà anche realizzato un grande parco fluviale e percorsi ciclopedonali.

 

Nel dettaglio sono 145 milioni, dei 197 stanziati dal Governo, le risorse già disponibili (il Campidoglio dovrà stanziare la somma che resta, ovvero 52 milioni di euro) che serviranno a realizzare un ponte, a campata singola e in acciaio, che prevede due livelli, uno per auto e autobus e uno, sottostante, per pedoni e ciclisti.

I lavori, hanno una durata prevista di 24 mesi dal termine degli scavi e sono firmati dall’architetto Enzo Siviero con lo spagnolo Juan Arenas de Pablo. Il risultato sarà un nuovo ponte, a valle dell’attuale viadotto con il quale creerà un percorso intrecciato ad anello. Sarà lungo novecento metri, avrà una carreggiata larga 19,25 metri con quattro corsie, due provenienti dall’autostrada Roma-Fiumicino, le altre due da viale Isacco Newton e via della Magliana e infine uscite anche su viale dell’Oceano Indiano e su viale Egeo, mentre le banchine laterali e centrali saranno larghe un metro.

 




Esce il terzo disco dei ragazzi di Tor Pignattara

“Stop! In the name of love” è il nuovo album della Piccola Orchestra di Tor Pignattara composta da giovani talenti fra i 13 e i 18 anni: “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali”.
Un nuovo album con due tracce inedite: è la nuova avventura della Piccola Orchestra di Tor Pignattara, il gruppo di giovani talenti dai 13 ai 18 anni composto interamente da ragazzi e ragazze, figli di stranieri, che vivono nel nostro paese. Abitano tutti a Roma e ad unirli è l’amore per la musica e la voglia di suonare insieme: sotto la direzione artistica di Pino Pecorelli hanno presentato pochi giorni fa il loro nuovo disco: “Stop! In the name of love” .

Otto tracce per raccontare al meglio un sentimento universale: l’amore che in tutte le sue forme, come la musica, riscalda e unisce. Quello corrisposto e quello abbandonato, per un amico o per la terra natìa. E l’amore per il colore della propria pelle: quello che supera qualunque barriera culturale, politica e sociale. “Stop! In the name of love” si rivela, da subito, un album dalle atmosfere calde: ci sono i classici della Motown e i brani tradizionali di diverse parti del mondo, per finire con due tracce inedite. L’album si può ascoltare online (vai sul sito della Piccola Orchestra).

La Piccola Orchestra è un progetto musicale unico in Italia, che mette insieme ragazzi che vivono nel nostro Paese ma sono figli di stranieri. Piccoli musicisti dai tratti europei, asiatici, indiani o nordafricani, ma in fondo tutti romani di Roma. “Veniamo da Centocelle, Tor Pignattara o Ostiense. Siamo italiani di seconda generazione, è oggettivo, ma per noi il colore della pelle non conta. Siamo tutti uguali” , dicono mentre, con occhi grandi e appassionati, raccontano il loro terzo album. Un lavoro che “ ci è costato impegno e fatica” . Ma dimostra anche “ quanto siamo cresciuti sia musicalmente che come gruppo. All’inizio fare musica insieme era un esperimento. Adesso ci sentiamo davvero un’orchestra” . Ognuno un cuore e uno strumento per fare un solo battito. Immagine evocata in copertina, nel loro ultimo lavoro che prende il nome da un classico delle Supremes.

“Stop! In the name of love” include generi diversi. Lingue diverse. Ritmi, suoni e colori dal mondo attraversando sonorità vicine e lontane. Da “El emigrante latino”, tradizionale del Sud America, si cambia atmosfera con “Is it because I’m black?” di Syl Johnson. Poi un salto nel mondo arabo con “Bekotb Ismak ya habibi”, passando per l’America Latina con “Ytal vez”. Immancabile l’omaggio alla canzone italiana con “Come stai” di Domenico Modugno. Ma il cuore dell’album è composto da due brani inediti, al centro del disco: “Treska”, un allegro ska strumentale, e “Le grande homme” , dalle atmosfere rarefatte. Un mix di musica, cultura, incontro e creatività: i pilastri di un progetto artistico-sociale, innovativo e ambizioso, ideato nel 2012 da Domenico Coduto per Musica e altre cose. E realizzato grazie al prezioso contributo della Fondazione Nando Peretti, Fondazione Alta Mane Italia, Open Society Foundations e S IAE. Un vero e proprio laboratorio musicale pensato per i ragazzi italiani e immigrati di seconda generazione, con il cuore dappertutto e le radici a Tor Pignattara, una delle zone più multietniche della Capitale. Un progetto e un album, potremo dire, figli dell’amore.

“Lo stesso amore che abbiamo deciso di raccontare in musica, in tutte le sue forme”, spiega Pino Pecorelli, direttore artistico della Piccola Orchestra. Un’orchestra composta da “ragazzi nati dall’incontro tra donne e uomini di culture molto diverse che si amano, decidono di vivere insieme e di mettere al mondo figli che portano sul viso i segni più rappresentativi e belli dell’immigrazione. Quelli del meticciato, di nuove razze che si formano e sono destinate a costituire la spina dorsale dell’Italia nei prossimi anni”.

La Piccola Orchestra di Tor Pignattara, nata nel 2012, ha prodotto tre dischi e un videoclip. Si è esibita al MAXXI d i Roma per la presenza del Ministro dell’Integrazione, al TedxRoma, al festival Arezzo Wave e al MACRO di Roma. Ha ricevuto il Premio Simpatia consegnato in Campidoglio ed il premio Cultura Contro le Mafie al Meeting delle Etichette Indipendenti di Faenza. Ideatore e produttore: Domenico Coduto. Direttore artistico: Pino Pecorelli. Coordinamento socio-educativo: Daniele Cortese.

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Newsletter del XI Municipio

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AL VIA LAVORI RIQUALIFICAZIONE SCALINATA S. RUFO

A fine gennaio sono iniziati i lavori di riqualificazione della scalinata di S. Rufo, che collega direttamente Via Catacombe di Generosa con Piazza Madonna di Pompei. L’intervento, che durerà circa 15 giorni, prevede il ripristino e la messa in sicurezza della scalinata attraverso l’eliminazione degli stati di pericolo, il rifacimento del piano degli scalini, la sistemazione dei passamano e dei muretti di contenimento dei terreni adiacenti. Un intervento molto atteso: la scala, infatti, è l’unico passaggio pedonale che collega l’abitato di Via Catacombe di Generosa e Via Fulda con Madonna di Pompei e quindi Via della Magliana. Un passaggio percorso da centinaia di persone per raggiungere la stazione “Magliana” della linea FR1 (Tuscolano-Ostiense-Trastevere-Fiumicino) o l’Ospedale Israelitico in Via Fulda.

CONGIUNTE: LA GIUNTA DEL MUNICIPIO TORNA NEI TERRITORI PER SEI INCONTRI

Riprendono da metà febbraio gli appuntamenti di “Congiunta”: gli incontri che la Giunta municipale tiene direttamente nei vari quartieri del territorio. A partire da mercoledì 10 febbraio, una volta a settimana, il Presidente e gli Assessori del Municipio incontreranno i cittadini per spiegare le scelte fatte, ascoltare i problemi e programmare gli interventi futuri.

Sono sei gli incontri in programma (in allegato la locandina):

10 febbraio ore 17.30 C.S.A. Piana del Sole (ponte Galeria/Piana del Sole) – Via Pescina Gagliarda s.n.c.

17 febbraio ore 17.30 C.S.A. Cardano “Amici del Sorriso” (Marconi) – Via Girolamo Cardano n. 145

24 febbraio ore 17.30 C.S.A. Mario Roma (Trullo) – Via Calamandrei n. 95

2 marzo ore 17.30 C.S.A. Ciricillo (Portuense) – Via degli Irlandesi n. 46/A

9 marzo ore 17.30 Comitato di Quartiere Magliana – V.le Vicopisano, 83

16 marzo ore 17.30 C.S.A. Nuovo Corviale – Largo Emilio Quadrelli n. 5

 

BONIFICATA E MESSA IN SICUREZZA L’AREA GIOCHI A VIA PIAN DUE TORRI

L’area giochi di Via Pian due Torri è stata bonificata e messa in sicurezza nell’ambito dei progetti di ACEA per il territorio. Sono state effettuate: la rimozione della vecchia pavimentazione e relativa ricollocazione del nuovo tappeto anti trauma, la sostituzione dei giochi inutilizzabili e la riqualificazione di tutto il giardino. Prosegue, dunque, il lavoro per le aree gioco del nostro territorio, per restituire spazi bonificati ai cittadini, soprattutto ai più piccoli che così possono tornare a giocare in luoghi più belli e sicuri. Quello di via Pian due Torri, infatti, è solo l’ultimo di una serie di interventi realizzati dal Municipio. A settembre è stato inaugurato il nuovo parco di via Ventimiglia, al Trullo: un nuovo spazio dedicato ai più piccoli, realizzato dove fino a poco tempo fa c’era la vecchia e cadente bocciofila con la copertura in amianto, demolita durante lo scorso anno; ad inizio dello scorso anno, invece, è stata la volta del giardino di Santa Silvia riqualificato con la riparazione dei giochi, l’integrazione della pavimentazione anti trauma ammalorata e la pulizia e cancellazione di scritte su muri e panchine, solo per citarne alcuni.

CAMPO DI VIA CANDONI: INIZIATIVA DI PULIZIA INSIEME A RESIDENTI ED AMA

Il 22 gennaio al Campo Nomadi di via Candoni si è svolta un’iniziativa promossa da Roma Capitale e Municipio XI insieme ad Ama, durante la quale oltre 50 residenti del campo stesso, appartenenti all’etnia Rom, hanno provveduto a ripulire i cumuli di rifiuti ingombranti. L’iniziativa nasce dopo un sopralluogo effettuato dal Municipio insieme alla Dott.ssa Vaccaro, sub commissario di Roma Capitale alle politiche sociali, e alla Dott.ssa Matarazzo di Roma Capitale. Questo è un primo ed importante passo sul piano della responsabilizzazione degli abitanti di Candoni. Come Municipio sosteniamo da sempre che il ripristino della legalità all’interno del campo passa necessariamente per un cambiamento culturale dei suoi abitanti. Per questo, dopo aver richiesto ed ottenuto la presenza di un presidio fisso della Polizia Locale per controllare l’accesso ed impedire ai non autorizzati di entrare, stiamo lavorando per coinvolgere gli abitanti di Candoni nel recupero del Campo L’iniziativa quindi ha un doppio valore: concreto perché permette di intervenire con operazioni di pulizia volontarie e senza spese da parte della pubblica amministrazione, ma soprattutto simbolico perché rappresenta un primo passo culturale e di collaborazione da parte degli abitanti.

MANUTENZIONE STRADE, PRONTI I PRIMI INTERVENTI

Inizieranno, nelle prossime settimane, gli interventi di manutenzione di alcune strade del nostro Municipio. Purtroppo, come noto, le vicende che hanno interessato il Comune di Roma hanno rallentato notevolmente gli affidamenti degli appalti di gara, in particolare quelli riguardanti la grande viabilità, in tutta Roma. A breve inizieranno alcuni lavori in tutti i quadranti del Municipio volti, principalmente, ad eliminare le situazioni di maggior pericolo. I primi quadranti interessati saranno quelli di Colle del Sole e di Portuense, con il rifacimento delle carreggiate di via Maroi e di parte di via Sirtori. Si proseguirà poi verso gli altri quadranti individuando, sia nelle zone più centrali come Marconi e Magliana, sia in quelle più periferiche, come Corviale, Casetta Mattei e Piana del Sole, gli interventi necessari per mettere in sicurezza le strade del territorio.

RIDUZIONE LISTE D’ATTESA NEI SERVIZI SOCIALI

Il Municipio in questi due anni ha ritenuto fondamentale salvaguardare i Servizi Sociali del territorio. A tal fine abbiamo incrementato le riserve destinate a questo settore nel bilancio del 2014 con 600mila euro aggiuntivi, confermandole anche nel 2015. Grazie a questa costante attenzione siamo riusciti finalmente ad invertire la tendenza della spesa sociale, assestata da troppo tempo sul segno negativo. Le maggiori disponibilità ci hanno permesso di abbattere sensibilmente le liste di attesa. A gennaio del 2015 l’attesa per l’assistenza domiciliare ai disabili era di circa 200 persone mentre nello stesso mese del 2016 è di circa 100; per l’assistenza agli anziani, invece, a gennaio dello scorso anno la lista contava quasi 300 persone, mentre a gennaio di quest’anno ne conta circa 65. Inoltre, grazie all’aumento dei fondi destinati ai bambini con disabilità nelle scuole, si è avuto un miglioramento del servizio, con un’aggiunta delle ore di assistenza.

NUOVI CORSI E LABORATORI PER GLI ANZIANI

Nuove attività in arrivo nei centri anziani del Municipio. Sono stati approvati, infatti, due progetti per la realizzazione di “Attività artistiche” e “Corsi di formazione per l’acquisizione di competenze informatiche” destinati agli iscritti, con l’intento di arginare fenomeni di esclusione sociale e solitudine. Il progetto “Attività artistiche” comprende laboratori di pittura, fotografia e teatro, attraverso l’inserimento in un gruppo con il quale condividere esperienze ed interessi; i “Corsi di formazione”, invece, hanno come obiettivo quello di offrire agli iscritti l’opportunità di acquisire competenze informatiche al fine di sperimentare nuove forme di comunicazione, interagire con le amministrazioni, acquisire informazioni e reperire modulistica, solo per fare alcuni esempi.

BONIFICATA ED APERTA AREA VERDE A VIA MONTE DELLE CAPRE

Sono terminati, alla fine di dicembre, i lavori di ripristino e bonifica di un area verde di circa 700 mq di proprietà comunale, situata all’interno di un complesso condominiale in via Monte Delle Capre 29. I lavori eseguiti hanno interessato la demolizione di un tratto di muro perimetrale, lesionato e diventato pericoloso, e la sua ricostruzione. Gli interventi, inoltre, hanno permesso la realizzazione di una rampa di accesso carrabile su via Cave del Trullo che consentirà a tutti i cittadini, una volta arredata, di accedere all’area, la realizzazione di recinzioni metalliche, la bonifica da piante infestanti e la potatura delle alberature esistenti, il rafforzamento dei muri non interessati dalla demolizione e la predisposizione di pozzetti e tubolari per il passaggio di pubblici servizi. Una volta completato con arredi, giochi e panchine, il giardino sarà aperto al pubblico e rappresenterà un importante punto di ritrovo.

FIRMATO PROTOCOLLO DI INTESA MUNICIPIO XI E Is TECH

E’ stato firmato, il 29 gennaio, un Protocollo d’Intesa tra il Municipio Roma XI e Is TECH, per l’avvio di un progetto pilota basato sulla tecnologia APA – Abbattimento Polveri Atmosferiche – funzionale alla purificazione dell’aria, in uno o più plessi scolastici del territorio.APA è una tecnologia in grado di depurare l’aria (depolverazione, degassificazione, disodorazione) attraverso l’integrazione di tre differenti processi chimico-fisico-meccanici svolti in modo innovativo, abbattendo con altissima efficacia gran parte degli inquinanti presenti in atmosfera. Questa tecnologia ha conquistato, negli ultimi anni, sempre più terreno nel settore della depurazione dell’aria ed ha ottenuto diversi riconoscimenti e premi (Premio Italia degli Innovatori, Premio Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, Premio Best Practices per l’Innovazione Confindustria Salerno). In questi giorni sono in corso i sopralluoghi per l’individuazione dei plessi.

 




La grande ricucitura

Rigenerare Corviale – Look beyond the present è il titolo del concorso internazionale bandito dall’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale del Comune di Roma e finanziato dalla Regione Lazio, sottoscrivendo un protocollo d’intesa con l’Ordine degli architetti di Roma. Corviale, situato nell’undicesimo Municipio della Capitale, è un complesso residenziale di proprietà pubblica, progettato all’inizio degli anni Settanta da una squadra guidata dall’architetto Mario Fiorentino.

Una città lineare, che si estende per circa un chilometro, le cui prime abitazioni vennero assegnate nel decennio successivo alla progettazione e attualmente conta oltre seimila abitanti con una quota parte di occupazioni considerate abusive. Complessivamente si calcolano 1202 appartamenti e si prevede di ricavare 103 nuovi alloggi al quarto dei nove piani della struttura, originariamente destinato ai servizi.

Lo scorso dicembre l’architetta Laura Peretti, con lo Studio Insito che dirige, si è aggiudicata con un premio di centomila euro il bando, che richiedeva proposte per modificare il sistema degli spazi comuni del corpo principale del complesso edilizio, al fine di ottenere una nuova qualità urbana e spaziale. L’intento dichiarato è di assicurare una migliore vivibilità e sicurezza per gli abitanti di un luogo a lungo trascurato dalle istituzioni, alienato dall’altra città. La disponibilità di risorse per una prima fase di lavori è stata stanziata ed è pari a 7.2 milioni di euro. Il completamento dell’iter progettuale (fase preliminare, definitiva ed esecutiva) è previsto entro un anno e mezzo. Nell’ipotesi di Peretti saranno necessari circa sei anni per la concretizzazione di tutti gli interventi studiati. Il costo totale dell’opera di rammendo, di ricucitura topografica e valorizzazione dovrebbe attestarsi attorno ai venti milioni di euro.

Il progetto non riguarda gli alloggi, ma la viabilità e il recupero delle aree verdi; ripensa le connessioni urbane dell’edificio, le sue coperture introducendo criteri di efficienza energetica e avrà un contributo artistico di Mimmo Paladino. Il 7 settembre è stato effettuato il primo sopralluogo nell’area, per poi elaborare il disegno concettuale entro il termine dato del 18 novembre. La giuria internazionale, che ha valutato 45 progetti, ha premiato il gruppo Peretti con questa motivazione: «Affronta meglio i temi richiesti dal concorso, perché esprime la capacità di controllare alle varie scale la complessità, a livello paesaggistico, urbano, della circolazione interna all’edificio e dello spazio pubblico». La riqualificazione di Corviale è stata definita «la prima e più significativa sperimentazione di rigenerazione urbana delle periferie romane».

Peretti, qual è stata la sua esperienza di Corviale prima di approcciare il progetto?

«Molti anni fa da studentessa. Ci sono tornata, da abitante di Roma, perché insegnavo alla Cornell University e ci portavo i miei studenti. L’ho scoperto decisamente di più nel recente contatto diretto che all’epoca degli studi. Quando l’Ater ha bandito il concorso, prima di effettuare il sopralluogo collettivo, ero poco convinta. Poi sono venuta via con l’impressione opposta».

Quali sensazioni le destano la struttura, la sua storia e i suoi dolori?

«Lo percepivo come un edificio un po’ eroico per questa grande volontà di salvare l’agro romano. Era molto visibile l’intenzione dell’architetto di creare una diga architettonica ed è stata una cosa molto importante. È stato uno dei pochi momenti nella storia dell’architettura italiana in cui, al di fuori della dittatura, abbiamo avuto il compimento di un pensiero politico espresso e reso realtà. Stando a lungo lontana dalla città non ho vissuto il carico di sofferenza sociale concentratosi nell’area. Oggi ho trovato Corviale un luogo non degradato socialmente, con risorse vitali, che ha problemi comuni ad altre zone. C’è una storia di questo edificio che appartiene sicuramente al suo entrare nella città e diventare un pezzo di città vero. C’è una questione demografica, come nel resto del paese. L’invecchiamento può produrre un ripiegamento. Corviale è stato la risoluzione di un problema abitativo e sicuramente ne ha creati degli altri. È successo perfino a un edificio molto più semplice da gestire come l’Unité d’Habitation di Marsiglia. Ha patito un periodo di abbandono fortissimo e adesso ha il comitato degli inquilini; ed è motivo di orgoglio di tutta la gente che abita lì tenerlo nelle condizioni in cui venne progettato».

Perché tuttora anche a livello internazionale questo edificio attira simile attenzione?

«Dovremmo fare una mostra dal titolo Corviale e i suoi fratelli. Questa dimensione che a noi sembra gigantesca non è assolutamente una cosa incredibile: Vienna rossa, Mosca, la Francia stessa; ci sono tantissimi esempi di edifici con dimensioni addirittura più grandi di Corviale. È così famoso, intanto perché è un gran pezzo di architettura, al di là di tutti i difetti evidenziabili. Come per altri edifici di architetti è stato capito dopo molto tempo, come succede quando gli edifici non sono così sbagliati. Ci sono ovviamente degli errori, ma in un pezzo di città nuova è un po’ difficile non commetterne. È un’architettura fatta da un architetto molto bravo, ma è stata costruita un po’ fuori tempo massimo. La costruzione di Corviale è stata come un rigurgito di un’ideologia che era ormai alla fine. Altre utopie architettoniche di quel tipo in altri luoghi in Europa non sono state condotte a termine. È diventato l’icona di un periodo, la sua solidificazione, la rappresentazione non solo ideale. A Roma esistono altri chilometri».

Ritiene che la creatura di Fiorentino fosse già nata male e in che modo si cura dopo un lungo abbandono?

«Non è nato rotto, ma ideologicamente forzato. Penso che abbiamo rivelato alcune potenzialità di Corviale. Abbiamo lavorato su Corviale come struttura urbana e non edificio. Il concorso chiedeva, senza toccare le case, di mettere a posto quello che non funziona: il rapporto con la città e quello con il suolo, l’attacco a terra. Essendo un edificio costruito in maniera molto razionale con un sistema strutturale ripetitivo, non ha dunque un’articolazione strutturale tale per cui non si possa metterci le mani. Si pensava che l’edificio dovesse essere completamente autonomo, dovesse essere una città di per sé e che si esaurisse in sé e per sé».

Come definirebbe il vostro disegno d’intervento: rammendo, ricucitura topografica, rigenerazione urbana?

«È talmente un grande rammendo che è la ricucitura di un crinale tra città e campagna. La definizione più corretta credo sia una ricucitura topografica innanzitutto: riuscire a ritrovare l’identità del luogo quasi prima dell’insediamento. Qui il rapporto tra suolo ed edificio non è in armonia. Mi auguro che venga fatto, perché è vitale per Roma, per Corviale. Stiamo parlando comunque di un paese, perché settemila persone rappresentano un paese. Stiamo dando a persone che ora hanno solo un’abitazione dei servizi per i quali pagano le tasse. Un grosso progetto di rigenerazione è una grande opportunità per Roma. Oggi tutto quello che è vuoto, viene occupato, vige la legge del più forte. Lo spazio per la sopravvivenza è una cosa, quello per vivere un’altra».

Ha già sentito Renzo Piano?

«Sposo in pieno l’idea del rammendo fra parti di città che sono strappate. Il nostro mestiere è dover rispondere alla domanda: come facciamo la città? E oggi che la città c’è, non c’è bisogno di costruire inutilmente, soprattutto nelle periferie che spesso sono state costruite senza un pensiero organico. Detesto l’idea dell’archistar che arriva, fa il suo oggetto e poi se ne va. Costruire la città vera non significa cementificare; costruire una città vuol dire creare rapporti fra le parti. Utilizzare quello che abbiamo già e renderlo urbano nel senso della civitas, renderli luoghi. Visto che Corviale è un pezzo di periferia molto cospicua spero mi capiterà l’opportunità di parlarne con Piano».

In che cosa consiste la prima fase dei lavori?

«La road map significa seguire il principio di realtà dei finanziamenti. I primi interventi puntano alla razionalizzazione di tutti i corpi scala, perché c’è una situazione di disordine assurda, di astrusità e rigidità dei percorsi con cui oggi il residente deve fare i conti. Sulla percorribilità verticale attualmente non ci si può contare. Per ogni corpo scala ci sarà un nuovo ascensore a norma e un atrio di accesso. L’accesso al proprio appartamento è uno degli aspetti più importanti, ognuno desidera avere una sorta di percorso personalizzato e questo al Corviale non è consentito. Abbiamo allora provato a ricompartimentare questo chilometro di edificio in senso individuale, modificando la strada che corre parallela all’edificato e che impedisce un accesso personalizzato e la realizzazione di piazze o sistemi di variazione. Abbiamo interpretato il fondamentale criterio della permeabilità, richiesto dal bando di concorso, come la necessità di mettere a sistema questa situazione, restituendo senso individuale all’accesso all’appartamento. Riconsiderare la connessione urbana dal piano terra e il piano garage. Fare il primo spostamento della strada, via Poggio Verde, in modo di poter cominciare la piazza. La strada deve diventare un generatore di spazio. Riassumendo: riportare a terra gli ingressi, fare gli atri, le scale e la piazza. Poi andranno concretizzati criteri di efficienza energetica, copertura con pannelli solari, un piano di illuminazione, giardini pensili».

Ci spiega che cosa intende per piazza?

«La piazza è stata posizionata in corrispondenza del salto di quota, laddove c’era il punto più difficile da risolvere, il punto di discontinuità massima. Abbiamo pensato che è esattamente lì il punto in cui sia necessario intervenire in maniera importante, anche perché è il punto che potenzialmente può attaccare di più Corviale alla città. Questa piazza gradonata risolve lentamente tutto il salto di quota con delle scale, ma anche delle rampe, e rompe la linearità dell’edificio. È possibile per tutti percorrere la piazza in lunghezza, ci sembrava un’esigenza fondamentale, vitale. La piazza è un cuore. Oggi Corviale purtroppo è un corpo dove scorrono dentro delle lunghe arterie, ma non c’è il luogo dove questo pulsa».

Nella definizione di Fiorentino Corviale costituiva la testa di ponte tra campagna e città. Come dargli il respiro di un ambiente molto interessante tra la Riserva naturale della tenuta dei Massimi e la Valle dei Casali?

«L’idea della diga per la campagna, di questo limite invalicabile al costruito, era talmente ossessiva nella testa di Fiorentino che si è dimenticato di quello che c’era al di là. L’ha concepita in una maniera talmente ideologica che la campagna non esiste più a Corviale. La si vede solo dagli ultimi piani. Abbiamo progettato di riaprire un varco importante. Dove sorgerà la piazza ci sarà un passaggio che permette un’apertura cospicua, passando sotto Corviale e aprendosi verso la campagna in corrispondenza del teatro, dove prevediamo la demolizione di un edificio che sta lì. Vorremmo riuscire a far respirare di nuovo l’aria della campagna a questo edificio. Questa idea l’abbiamo portata anche davanti con lo spostamento della strada, che non sarà più rettilinea assecondando il verde. Anzi uno dei fondamentali su cui abbiamo lavorato è infatti la compenetrazione forte fra il basamento verde, sul quale Corviale poggia. E che non sia più un basamento fatto di asfalto. Adesso è semplicemente un’aiuola molto lunga, ma non è un verde che si possa utilizzare, non è uno spazio».

I servizi che immaginate produrranno occupazione? Il lavoro resta l’urgenza sociale.

«”Qui non abbiamo bisogno di spazi nuovi, ma soprattutto di spazi gestiti”, mi hanno detto. Sono previsti edifici di servizio come atelier, centro di ricerca agricolo, laboratori e negozi distribuiti in vari punti e anche una quota di orti urbani. La gestione sarà altrettanto importante. Non serve a niente realizzare un bellissimo luogo, se poi viene abbandonato, se non c’è una struttura di gestione organizzata e pensata prima. Questo non sta all’architettura, tuttavia certamente anche il problema della gestione va posto all’amministrazione. Abbiamo pensato a servizi di prossimità per stimolare un’occupazione per la gente che abita lì. È vero che nel passato la gestione dell’Ater è stata in molti frangenti uno sfacelo, però Corviale non è semplice e nel momento in cui diventa veramente la casa deve essere curata. Uno dei grandi difetti di Corviale è la gestione impersonale. Non abbiamo la pretesa irrealistica di risolvere tutto, ma di attivare, coinvolgere i cittadini».

A quanto ammontano i costi?

«Il concorso richiedeva i dettagli del preventivo di spesa, dunque che cosa s’intende fare con i 7.2 milioni di euro a disposizione per il primo intervento articolato su tutto l’edificio».

assonotturna

(Figura 2. Assonometria notturna)

I fondi sono stati già stanziati?

«Sì».

Perché gli abitanti dovrebbero fidarsi? Non mancano loro ragioni storicizzate per lo scetticismo.

«Nutro fiducia, perché ho trovato seria la modalità in cui sono stati preparati i documenti del concorso con domande molto chiare. Ho pensato che questo potesse essere un concorso pulito ed è quello che è successo. Ho fiducia, perché da quando ho vinto il concorso tutte le persone a cui ne parlo, o mi domandano, hanno una fascinazione per questo edificio. Non mi ero mai resa conto che ci fosse questa affezione, che tocca anche le persone che ci abitano. Abbiamo già coinvolto Andrea Segre per un piccolo documentario, per raccogliere fin dall’inizio le voci e la storia di questo percorso».

Avete aperto un confronto con chi vive il luogo, ascoltato le loro necessità? Il senso di identità è radicato.

«So che la maggior parte degli abitanti di Corviale sono appunto sfiduciati, perché si sono sentiti abbandonati. Da architetta quello che posso fare è avere una grande attenzione nell’ascolto delle esigenze di tutti. È ovvio che nelle decisioni che saranno prese non tutti saranno contenti, però attivare un rapporto positivo con gli abitanti è fondamentale per come concepisco l’architettura. La qualità del concorso sta anche nella previsione della compartecipazione. Le domande poste dal concorso derivavano da una fase di ascolto. Ho cominciato, anche se non ho ancora firmato l’incarico ufficiale, per la seconda parte del progetto, perché penso che sia dirimente».

Che cosa si aspetta dalla politica?

«Il concorso è stato bandito da Ater e la Regione Lazio si è molto esposta. Il Presidente Zingaretti è andato a Corviale, si è impegnato, ha detto e so che ha un’attenzione particolare per il posto. Non posso che sperare che la politica mantenga quanto promesso. Sappiamo che in Italia non è molto comune, però Roma vive un momento particolare e bisogna ripartire. L’auspicio è che il processo continui come è cominciato. Il fatto che ci sia già uno stanziamento è una cosa molto buona. Ci vuole un controllo importante sulla costruzione. Tutti gli enti hanno l’obbligo della gara d’appalto. Il problema della gara è che sia pulita. Finora è stata una gara pulita, perché io non sono nemmeno di Roma. Non sono una persona che doveva vincere. Il progetto è stato votato da una giuria internazionale con sei voti favorevoli su sette con un bel distacco sul secondo. La politica può sorvegliare che le gare continuino a essere fatte in maniera pulita. Secondo me gli abitanti di Corviale possono fare qualcosa. Sono molti e contano elettoralmente. Gli abitanti di Corviale con tutte le proprie molteplici differenze dovrebbero cercare di formare una voce compatta».

Quali saranno i tempi presumibili per la realizzazione?

«È molto difficile stabilirli ora. Il concorso è la fase preliminare. Dovremmo firmare entro sei mesi il progetto definitivo, che serve per le concezioni edilizie, poche in questo progetto, e poi c’è la fase esecutiva. Dal definitivo all’esecutivo c’è un tempo che riguarda anche degli stanziamenti, la burocrazia, la conferenza dei servizi per spostare la strada, la volontà politica di chiudere questo progetto e condurlo in porto. Di lavoro nostro come architetti c’è almeno un anno e mezzo. Complessivamente prevedo sei, sette anni».

È una previsione ottimistica?

«Se la vedo bene, sì».

“A cento anni di distanza dal 1870 è ancora la stessa – dalla periferia al centro – la vera legge urbanistica di Roma: il massimo profitto attraverso ogni possibile rendita parassitaria”, scriveva Italo Insolera. In un quadro di emergenza abitativa, qual è il futuro delle case popolari?

«Affrontiamo una crescita commercialmente quasi incontrollabile per cui la città è diventata un mercato e questo è un fenomeno duro da cambiare. La pianificazione corre dietro a quello che avviene, cercando di tappare le falle. Non è nuovo nella storia di Roma, sì. Il patrimonio edilizio parassita non è denaro messo all’interno dell’economia che quindi crea movimento e risolve urgenze. Resta nelle tasche di chi ha la rendita. Ho lavorato molto sul tema delle case popolari. Recuperare una dimensione sociale del nostro lavoro credo sia una condizione di necessità. Il futuro delle case popolari? Cresce la percentuale dei sempre più poveri. Le case popolari sono tornate e torneranno a essere richieste; è inevitabile in una società sempre più diseguale. I costi sociali di non affrontare questi problemi sono altissimi. Oggi abbiamo degli strumenti di previsione di queste dinamiche molto più accurati rispetto a quelli di venti o trenta anni fa. Anche cinicamente, per una questione elettorale, ai governi conviene fare i conti prima per non pagare le conseguenze dopo».

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Moratoria giubilare per gli spazi sociali

L’altra faccia di Mafia Capitale. Una moratoria giubilare per cancellare i debiti degli spazi sociali e della città di Roma prodotti da una governance inefficiente e imposti per via amministrativa o poliziesca. E una “carta di Roma” che, sull’esempio del regolamento sugli usi civici approvato dalla giunta De Magistris per l’Asilo Filangieri a Napoli, stabilisca una cornice giuridica di garanzie che tuteli e sviluppi l’autogestione, il mutualismo e le produzioni indipendenti come beni comuni.
Moratoria giubilare

Sono i due punti messi in agenda dall’assemblea “Roma non si vende” intensa, e partecipata da centinaia di persone, svolta ieri all’atelier Esc, sotto sgombero come molti spazi sociali autogestiti – La Torre, Corto Circuito, Auro e Marco, Casale Falchetti -, associazioni (Il comitato per l’acqua) e sedi di partito (la storica sezione del Pci oggi Pd di via dei Giubbonari). Dopo la lettera aperta e l’appello internazionale si apre un nuovo percorso che coinvolge la città e gli spazi sociali contro la gestione neoliberale di Roma commissariata: per il diritto alla città contro svendite, sgomberi e privatizzazioni.

La rete per il diritto alla città, che a Roma riunisce gli spazi di movimento, ha mostrato unità di intenti e la volontà di riprendere un discorso politico unitario. Ripartire dai quartieri, dal lavoro, dal contrasto al taglio degli asili nido, qualcuno ha detto, ricostruire la legittimità politica dei centri sociali. Al momento non ce n’è per nessuno, c’è solo il Fiscal Compact e austerità. E, forse, un futuro da giocarsi.

La campagna elettorale a Roma si preannuncia confusa e impaurita. La città è una polveriera, è ingovernabile, sotto scacco del commissariamento per debito (altro che Tronca) e il tallone di ferro del governo. All’assemblea erano presenti tutte le componenti della sinistra cittadina e nazionale, oltre ai Cinque Stelle candidati in pectore (ma non in realtà) a vincere sulla ruota del Campidoglio.

La debolezza in cui si trova tutta la politica a Roma, e la sua subalternità ai poteri economici formali e informali o a quelli della magistratura, è un rischio per tutti, non solo per gli spazi sociali. Questo, in fondo, è l’effetto della crisi: insieme a disoccupazione e corruzione, ha fatto saltare le mediazioni, devastando le istituzioni di prossimità, rendendole evanescenti, oltre che inefficienti. Non è detto che un nuovo sindaco affronterà (anche senza risolverlo) questo problema politico. È più probabile che sarà l’esecutore fallimentare della città per conto del governo e dei poteri dominanti. Un tema che non avrà molto peso in una campagna elettorale che sarà un referendum pro o contro Renzi e nulla più.

Ripartire da una carta di Roma

La ricerca di un patto di governo tra la sinistra e il partito che ha prodotto il disastro Marino è stata un’ecatombe per una sinistra già debole e artificiosa. Ciò non toglie che la disintegrazione della mediazione politica — con Marino e la sua giunta di “centrosinistra” che hanno fatto addirittura peggio di Alemanno che almeno non permise gli sgomberi – ha disarticolato le pratiche dell’autogestione di cui Roma è tradizionalmente ricca. Non è possibile trovare una legittimità all’interno dei patti politici stretti tra i partiti. Quella delega ha prodotto la desertificazione della città, oltre che l’attacco deliberato alle forme di vita indipendente.

Si riparte da zero. È una scelta coraggiosa. L’idea di creare una “carta di Roma” attraverso una consultazione della cittadinanza e della politica può essere un nuovo inizio. Il progetto è di riscrivere le regole e stabilire un patto con la nuova giunta. Sempre che poi le urne esprimano una maggioranza, un sindaco e una politica disponibile a riprendere il discorso della negoziazione sociale e non riproponga, invece, l’ideologia del decoro e la gestione amministrativa e legalitaria della vita civile con sgomberi, multe, polizia. E gestione dei conflitti con la magistratura. Quello che si è visto con Marino, quando la città era in balia di una dialettica molto lontana dalla politica. Nell’assemblea non sono mancati riferimenti polemici, contenuti, a un partito come Sel che ha percorso questa strada, per esserne travolto.

Da registrare, al momento, l’impegno dei parlamentari di Sinistra italiana a porsi come “garanti” con il governo commissariale della città. In mancanza di un consiglio comunale, questi parlamentari si sono candidati ad esercitare una mediazione politica con Tronca tutta da costruire, ma necessaria anche per evitare di trasformare i prossimi tre mesi di campagna elettorale in una guerra degli sgomberi.

Contro l’ideologia del bando

Il dissenso principale è contro lo strumento di governo del sociale: il bando. È stata chiesta l’abolizione della delibera 180 — voluta dall’ex sindaco Marino e dal suo vice Nieri di Sel — che ha sostituito la delibera 26 che per un lungo tempo ha regolato — male, molto male — la gestione e l’affidamento dei numerosi spazi sociali. La giunta Marino ha fatto una scelta rovinosa, sotto la spinta del populismo penale e del legalitarismo esplosi dopo “Mafia Capitale”: rimettere a bando tutti gli spazi — non solo quelli autogestiti, in totale ottocento — a prezzi di mercato. Un modo per cancellare 25 anni di storia di movimenti di base e associazionismo a Roma, affidando i luoghi più preziosi alla speculazione immobiliare, ai capitali provenienti dal riciclaggio oppure alla desertificazione come è accaduto con il teatro Valle.

Interessante è anche la polemica contro l’ideologia del bando. Alla crisi prodotta dal sistema “Buzzi-Carminati” che prosperava grazie ai bandi del comune che garantivano gli appalti alle cooperative coinvolte in Mafia Capitale, la giunta Marino e oggi il Commissario Tronca hanno risposto riproponendo lo stesso sistema. Con una differenza: hanno ristretto i criteri di accesso ai bandi, riservandoli ai soggetti economicamente più forti. Invece di incidere sul potenziale corruttivo e criminogeno di questi strumenti, hanno amplificato i rischi puntando a dissolvere le esperienze storiche in vari settori. Il caso dei centri interculturali per i minori, una “buona pratica” romana, è clamoroso.

La Carta di Roma dovrebbe sostituire la delibera 180. Ci si augura inserire anche altri elementi che riguardano aspetti determinanti per l’autorganizzazione: il lavoro, e il suo darsi come cooperativa o impresa sociale, nel rispetto della dignità delle persone e del reddito. La delibera 26 non ha mai considerato l’aspetto dell’autoreddito e della costruzione di impresa, lasciando gli spazi sociali in una terra di nessuno tra il buon cuore dell’associazionismo e l’invenzione di stratagemmi per aggirare le normative. Da qui le multe, la persecuzione dei vigili urbani e della Siae. Si tratta, invece, di prospettare un’economia municipale autogestita che riconosca la dignità economica, sociale e politica del mutualismo. Cosa, ad oggi, mai avvenuta. I movimenti hanno passato il loro tempo a difendersi contro le irregolarità prodotte da una cornice che interpreta l’auto-organizzazione solo come un illusorio associazionismo non-profit.

L’uso comune

Un altro spunto per la riflessione politica, emerso dall’assemblea, è la convergenza tra l’antica idea dell’autogestione con la più recente riflessione (e pratica) del darsi le regole, una condotta, un’organizzazione sociale alternativa a quella statale dall’alto. Si è riscoperto l’origine dell’autonomia all’interno di una più matura riflessione sull’auto-governo. Il riferimento al regolamento per gli usi civici approvato dalla giunta De Magistris (che ha dato la solidarietà a Esc sotto sgombero) è un’inizio di riflessione (leggi La cultura dell’autogoverno). In questa cornice si era posto anche lo statuto della fondazione del teatro Valle, dissolto con la chiusura punitiva e sine die del teatro.

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Anche a Carnevale la periferia vale

I comitati del Tiburtino tra le strade del Municipio.
L’appuntamento è fissato per il giorno 7 febbraio alle ore 10.30 al parco di Pomona. Alcuni comitati del Tiburtino scendono tra le strade del Municipio per denunciare l’abbandono delle periferie.
“Se lo speculatore scherza col quartiere, tu non restare lì a sedere, porta in strada l’allegria che col carnevale lo cacciamo via!” E’ questo il motto della sfilata organizzata da alcuni dei comitati che operano nel Tiburtino. L’appuntamento è fissato per il giorno 7 febbraio alle ore 10.30 al parco di via Pomona, nel quartiere Pietralata con l’evento dal titolo ‘Anche a Carnevale la periferia vale’.

A scendere tra le strade del Municipio IV, i comitati di Parco Pomona (Pietralata), comitato Giovanile Pietralata, Tiburtino III secondo a nessuno (Tiburtino III), comitato Mammut (Ponte Mammolo) e il Nodo Territoriale Tiburtina, organizzando una sfilata carnevalesca che percorrerà alcune delle vie di Pietralata e Tiburtino. Una mobilitazione, come tante altre fatte fino ad ora, per tentare di cambiare la situazione di disagio che si vive nelle periferie.

In una nota diffusa dagli organizzatori, si legge: “Nel quadrante tiburtino, all’abbandono pressocchè totale delle amministrazioni comunali e municipali alcuni comitati rispondono dal basso con iniziative, azioni dirette a migliorare il territorio e monitoraggio di quelle attività “di palazzo” che sono sempre più lontane dalle esigenze dei quartieri”.

I punti che su cui gli organizzatori intendono battersi sono diversi, dalla “speculazione dei Punti Verde Qualità, la discarica tossica a cielo aperto dopo lo sgombero della baraccopoli di Ponte Mammolo, la scandalosa gestione di tematiche complesse come l’accoglienza dei migranti, i livelli di polveri sottili pm10 stabilmente al di sopra dei limiti per la salute, le nubi tossiche”. Non solo. A questi si aggiungono anche “il malfunzionamento dei mezzi pubblici, la carenza di spazi di socialità e cultura sono solo alcune delle criticità vissute dagli abitanti della Tiburtina”. Infine, la nota prosegue: “Si tratta di tematiche che, per incapacità o volontà politica, continuano a non trovare soluzione nè tantomeno coinvolgimento del territorio da parte istituzionale, facendo giungere a esasperazioni e degenerazioni interi quartieri”.

Quindi la denuncia: “A questo stato di cose rispondiamo con una parata carnevalesca attraverso cui, con giochi e divertimenti, denunceremo le problematiche dei luoghi che viviamo ogni giorno, per ricordare che anche a Carnevale “la periferia vale”, concludono.

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Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute

Renato Nicolini – mercoledì 27 gennaio , ore 17:00

proiezione
In occasione del Giorno della memoria

“Ausmerzen”, “verbo gentile”, come dice Paolini, “che evoca la terra e il mese di marzo, quando i pastori, prima della transumanza, sopprimevano le pecore e gli agnelli troppo lenti, tant’è che in tedesco significa ‘sopprimere chi rallenta la marcia, chi è troppo lento per seguire il branco’” (ma è anche sinonimo di ‘sradicare, abbattere, eliminare, rifiutare, dimenticare, espungere, estirpare, radiare’) è la cronaca agghiacciante dello sterminio di massa, che prepara la soluzione finale, raccontata col distacco paradossale di uno che avrebbe potuto esserne sia la vittima sia il responsabile, e la freddezza di chi mettendolo in scena cerca di aiutare la gente a affrontare i dilemmi che pone. “Lo spettacolo segue le origini delle idee eugenetiche”, spiega infatti Paolini. “Racconta ciò che accadde in Germania tra il 1934 e il 1939, l’accelerazione della macchina burocratica tedesca verso la sterilizzazione di massa, quando l’eugenetica diventa disciplina universitaria, e poi il salto dalla sterilizzazione all’eliminazione

Per i temi trattati si consiglia la visione ad un pubblico adulto

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