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Lo specchio costa 3 ore

Al Mercato di Piazza Grande si paga in volontariato.
Dal 14 maggio ogni fine settimana c’è #socialweekend: un centinaio di mobili recuperati da Piazza Grande grazie al progetto “Cambia il finale” di Hera e Last Minute Market potranno essere acquistati in cambio di volontariato. Grazie al Mercato, l’associazione ha dato lavoro a 11 persone svantaggiate.
“Uno specchio può costare tre ore, una camera da letto cinque. Ma il tempo è indicativo, ognuno dona quello che può”. Alessandro Tortelli, presidente dell’associazione Amici di Piazza Grande, spiega così il #socialweekend, la nuova iniziativa del Mercato di Piazza Grande realizzata in collaborazione con Last Minute Market ed Hera. Obiettivo? Vendere mobili e oggetti in cambio di ore di volontariato. Ogni fine settimana i visitatori potranno scegliere i pezzi contrassegnati dal bollino #socialweekend e, dopo aver lasciato i dati necessari per essere ricontattati e un’indicazione di massima circa la disponibilità a donare il proprio tempo a Piazza Grande, potranno portarli via senza pagare. “Ognuno potrà scegliere in base alle sue attitudini o competenze di dedicare un po’ del suo tempo a una delle attività che l’associazione porta avanti a favore delle persone senza dimora, come l’unità mobile, la scuola per i senzatetto o le attività per i migranti – spiega Tortelli – Il nostro obiettivo è evitare che mobili ancora in buone condizioni finiscano in discarica. È la nostra versione del ‘Black Friday’ solo che lo sconto diventa volontariato”.

Piazza Grande è una delle 19 onlus coinvolte nel progetto “Cambia il finale” promosso da Hera in collaborazione con Last Minute Market nei comuni in cui è presente la multiutility da Rimini a Modena. “Il progetto è innovativo – spiega Barbara Sentimenti della direzione ambientale di Hera – I cittadini possono donare beni ingombranti prima che si trasformino in rifiuto rispondendo a un obiettivo ambientale perché in questo modo alimentano il riuso. Poi ci sono i risvolti sociali, con questo progetto si sostengono le attività delle onlus che ritirano i beni presso i cittadini e si sostiene l’inserimento di persone svantaggiate nelle stesse”. I cittadini possono chiedere il ritiro chiamando il numero verde di Hera, “i nostri operatori sono formati per dare come prima indicazione la possibilità di donare i beni che sono ancora in buone condizioni”, oppure possono chiamare direttamente l’associazione che poi si occuperà del ritiro. Nel 2015 con il progetto “Cambia il finale” sono state ritirate 714 tonnellate di materiale, per circa 94 mila pezzi. Da quanto è attivo il progetto (marzo 2014) sono 1.200 le tonnellate di materiale recuperate. “Il gruppo crede molto in questo progetto e intende portarlo avanti anche nel 2016”, conclude Sentimenti.

Grazie al progetto “Cambia il finale” nel 2015 Piazza Grande ha registrato 1.373 contatti telefonici e ha ritirato materiale per oltre 100 tonnellate. I mobili raccolti sono stati utilizzati per arredare 93 appartamenti destinati ad accogliere persone senza dimora (a oggi sono 87 gli adulti e circa 66 le famiglie inserite) e per allestire lo spazio espositivo del Mercato di Piazza Grande. “Obiettivo del Mercato è arredare casa per chi non ce l’ha, dare un lavoro a chi non ce l’ha o l’ha perso e ridurre lo spreco – spiega Tortelli – Grazie alle vendite di mobili e oggetti del Mercato l’associazione ha dato lavoro a 11 persone svantaggiate”. Da dicembre a oggi sono circa 2 mila le persone che hanno visitato il mercato e sono diventati clienti-donatori.

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#MunicipioXI: le newsletter dal Tuo municipio

DOMENICA 8 MAGGIO FESTA PARCO TEVERE CON INAUGURAZIONE STATUE ACCAEMIA DELLE BELLE ARTI DI ROMA

Al Parco Tevere di Magliana arrivano le sculture dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Le sei opere, donate gratuitamente al Municipio, realizzate dagli allievi del corso Scultura Ambientale e Lapis Tiburtinus dell’Accademia, saranno ultimate ed installate all’interno del primo km di Parco fluviale a Roma realizzato 2 anni fa dal Municipio nella Golena del Tevere di Magliana. Le sculture saranno ufficialmente inaugurate Domenica 8 maggio alle 10:15, durante la manifestazione “1 Km di arte e paesaggio sul Tevere”. Il Parco riapre quindi con questo evento eccezionale che lo renderà non più solo un’area verde attrezzata per lo sport ed il divertimento, ma una sorta di Museo a cielo aperto, un unicum nella città. Ciò rappresenta un altro passo in avanti nel percorso di riqualificazione di Magliana: crediamo, infatti, che soprattutto nei quartieri dove la carenza di infrastrutture e servizi è stata storicamente più forte ed evidente, l’Amministrazione deve pensare ad un recupero che porti con se anche l’eccellenza. Tra le varie sculture ce ne sarà una dedicata a Daniele Fulli, il giovane ragazzo assassinato proprio qui quando ancora questo spazio era alla mercé di occupazioni abusive, vandali e degrado e rappresentava un grande elemento di insicurezza per tutto il quartiere. Pensiamo che sia un modo per onorare la memoria di Daniele.

 

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SOTTOPASSO PORTUENSE, DOPO NULLA OSTA SOVRINTENDENZA RIPRESI I LAVORI

Abbiamo voluto aspettare la formalizzazione della ripresa dei lavori per ufficializzare l’avvio dell’ultima tranche del cantiere per il raddoppio del sottopasso Portuense. Abbiamo, infatti, ottenuto dal sovrintendente Prosperetti il nulla osta alla chiusura degli scavi archeologici e quindi all’inizio dei lavori di interramento e asfaltatura dell’area. Ricordo che il sottopasso ferroviario di via Portuense era una di quelle opere dimenticate che siamo riusciti a riavviare all’inizio del 2014 durante la Consiliatura che mi onoro di aver guidato. Fino a novembre 2015 si sono svolte tutte le attività propedeutiche alle indagini archeologiche, successivamente è stato elaborato il progetto finale di chiusura dello scavo e di passaggio dei sottoservizi (consistenti principalmente nell’illuminazione pubblica) a metà marzo abbiamo ottenuto dalla Sovrintendenza il nulla osta e ora sono ripresi i lavori conclusivi. Nelle prossime settimane ci sarà la posa dei cavi e poi entro il mese di luglio, dopo 40 anni, il sottopasso sarà finalmente aperto. Se questo lavoro fosse stato fatto negli scorsi anni avremmo guadagnato tempo: il nostro orgoglio è che siamo arrivati noi, abbiamo riavviato il cantiere e, a partire da luglio, potremo restituire una situazione più decorosa e funzionale ad un intero quadrante.

municipio XI

 

EX BUFFETTI: IL TAR RESPINGE IL RICORSO DELLA BETA SRL

Continua la nostra battaglia sul fronte della vicenda legata alla bonifica dell’amianto nello stabilimento della ex Buffetti alla Magliana: il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato dalla Beta srl, proprietaria degli immobili, contro l’obbligo di provvedere entro 30 giorni alla bonifica delle coperture in eternit degli edifici della zona “C” del ex complesso industriale. Bene: è ancora più evidente, quindi, che non vi sono ostacoli affinché la Beta ottemperi a quanto ordinato e bonifichi l’area. Questo è il positivo risultato del lavoro svolto dal Municipio in questi anni per cercare di risolvere la delicata questione dell’ex Buffetti. La salvaguardia della salute dei cittadini della Magliana è una priorità e ci siamo battuti in tutte le sedi per eliminare questa fonte di pericolo. Abbiamo ripetutamente sollecitato sia la ASL ad intimare alla proprietà un termine entro cui compiere l’intervento di bonifica, sia il Dipartimento Politiche Sociali affinché ordinasse l’intervento. Sono quindi molto lieto di questa decisione del Tar, che conferma come le nostre preoccupazioni per la salute dei cittadini fossero assolutamente fondate. Noi continueremo a vigilare e a batterci finché gli interventi previsti non saranno realizzati e questa vicenda si chiuda positivamente una volta per tutte.

 

INCONTRO CON IL MONDO DELLA SCUOLA

I servizi scolastici 0-6 anni rappresentano un importante patrimonio dell’intera collettività e garantire la loro qualità è il primo fondamentale passo per il benessere ed i diritti dei bambini e di tutto il personale. Per questo, il 3 maggio ho incontrato i genitori ed il personale dei nostri nidi e delle nostre scuole dell’infanzia con l’obiettivo di trovare soluzioni ed idee condivise su molte tematiche: le nuove aperture, il precariato e l’ipotesi di concessione ai privati di alcune strutture. Durante l’incontro abbiamo discusso di proposte per migliorare la qualità dei servizi in previsione, soprattutto, del nuovo anno scolastico 2016/2017. Credo, infatti, che solo attraverso la salvaguardia dei diritti si è in grado di lavorare con responsabilità, consapevolezza ed entusiasmo. Abbiamo fatto molto, in questi anni, per il mondo della scuola e per chi si prende cura dei nostri figli. Penso, ad esempio, alle due nuove sezioni di scuola dell’infanzia che saranno aperte per l’anno scolastico 2016-2017: una nella scuola Via Allievi/Via Albenga a Ponte Galeria e l’altra nella scuola Torta in cielo di Monteccucco per dare una risposta concreta alla richiesta dei cittadini nei territori in cui più forte è l’esigenza di posti.

 

ASFALTATE LE STRADE DELLA MAGLIANA

Lavori in corso alla Magliana dove sono state riasfaltate o verranno rifatte a breve molte strade del quartiere. Gli interventi riguarderanno, in particolare: via di Santa Passera, via della Magliana, via Scarperia, via Fogliano della Chiana, via Torquanda, via Città di Prato, Piazza Certaldo, via Vaiano e viale Vicopisano. Gli interventi non si fermano a Magliana: sono state già riasfaltate, infatti, anche via Cave del Trullo e le strade limitrofe e prossimamente lo saranno alcune vie di Portuense e Colle del Sole.

 

PARERE NEGATIVO REGIONE SU IPOTESI GASSIFICATORE

Con il parere negativo dato dalla Giunta della Regione Lazio si chiude ogni possibile, e nefasta, ipotesi di accensione del gassificatore a Malagrotta. Bene, siamo più che soddisfatti di questa decisione: gli abitanti della Valle Galeria non avrebbero meritato questo ulteriore supplizio. Non mi stancherò mai di dire che il quadrante di Malagrotta e la Valle Galeria hanno già pagato un prezzo altissimo con la decennale presenza della più grande discarica d’Europa e della più grande raffineria d’Italia, ora abbiamo bisogno di bonificare e rigenerare quel territorio per garantire la salute dei cittadini. L’idea di un nuovo impianto era, quindi, decisamente fuori luogo considerato anche che, già a febbraio, i dati relativi alla raccolta differenziata nel Lazio, ed in particolare l’importante incremento nella città di Roma, dimostravano la mancata necessità del gassificatore.

 

GIORNATE DEL RESPIRO ALLA QUARTARARO

Il Municipio, insieme all’Associazione Onlus S.O.S. Roma Soccorso, ha organizzato le “Giornate del Respiro” L’obiettivo del progetto è offrire, a tutti i cittadini interessati, un’ampia informazione, con operatori specializzati, Test di funzionalità respiratoria (spirometria) e un questionario della Scala di Epworth utilizzato per diagnosticare la OSAS (Sindrome delle Apnee Notturne). Le giornate si svolgeranno il 14/5 presso la ex Scuola Quartararo, via della Magliana 296; il 28/5 alla Polisportiva Trullo, viale Ventimiglia, 38 e il 4/6 nel Piazzale fronte Parrocchia Santa Maria Madre della Divina Grazia – Largo Domus De Maria 7. Tutti gli appuntamenti sono dalle 9 alle 17.

 

PREMIO ARVALIA: IL 21 MAGGIO LA SECONDA EDIZIONE

A fine maggio il Parco Tevere tornerà ad accendersi per la seconda edizione del “Premio Arvalia”, lo speciale riconoscimento Istituito del Municipio XI per premiare associazioni, comitati o semplici cittadini del territorio che si sono distinti nella loro attività quotidiana. La serata di premiazione si svolgerà, infatti, sabato 21 maggio sempre nell’anfiteatro del Parco (ingresso via Scarperia). Grandi protagonisti dell’evento saranno, come lo scorso anno, i vincitori del Premio: cittadini del Municipio scelti tra le tante candidature arrivate in ciascuna delle categorie previste (tra cui Sport, Arte e Spettacolo, Attività Produttive). A decretare i vincitori sarà un’apposita commissione, presieduta dall’Assessore municipale alla cultura Fabrizio Mossino, composta da Paola Gasperini, Dirigente Scolastico; Maddalena Maggi, Presidente Cooperativa H Anno zero; Alessia Pompei, Responsabile attività culturali e promozione della lettura Biblioteca Marconi; Guido Dell’Aquila, Giornalista RAI; Gianni Frisoni, Associazione Commercianti Trullo ed i consiglieri Giulia Fainella, Rossella Coltorti e Luigi di Bella. Grande ospite della serata sarà Max Paiella, il comico cantante protagonista della trasmissione di successo “Il Ruggito del Coniglio” di Rai Radio 2 e reduce dal successo di aprile dello spettacolo “Solo Per Voi” al Teatro Vittoria in Roma.

In allegato la locandina.

 

SECONDA EDIZIONE “SIAMO TUTTI ROMANI”

Si terrà domenica 27 maggio 2016 a Piazza Caterina Cicetti, nel quartiere Trullo, la seconda edizione della Festa “Siamo tutti romani”. La manifestazione, come lo scorso anno, mira a coinvolgere tutti i cittadini del territorio e, in particolare, gli studenti delle scuole primarie e secondarie sul tema dell’integrazione e della solidarietà. Durante la manifestazione ci saranno concerti, esibizioni di teatro e sportive.




Sbilanciamo le città

Come cambiare le politiche locali.
Come dare una casa a tutti e opporsi alla rendita immobiliare
Come adattarsi al cambiamento climatico
Come realizzare politiche di inclusione sociale dei migranti
Come ridisegnare il welfare locale
Come realizzare una città pulita
Come cambiare la gestione delle imprese municipalizzate dei servizi pubblici locali
Come promuovere la cultura, la formazione e le arti nelle città
Come praticare il mutualismo e l’economia sociale e solidale
Come mettere le infrastrutture digitali al servizio di città “intelligenti”
Come favorire l’occupazione per il benessere delle comunità locali
Come trasformare la mobilità urbana
Come favorire la partecipazione democratica a livello comunale
Come recuperare e valorizzare gli spazi urbani e le periferie
Come contrastare la privatizzazione dei servizi pubblici locali
Come gestire bilanci, finanza locale e debito dei Comuni
Come combattere la corruzione e l’illegalità

Sbilanciamo le citta




La Cavea di Corviale diventa “L’albergo delle piante”

Arrivano 300 alberi per contrastare il degrado e l’abbandono nella piazza del XI municipio.
Più che un giardino nel cemento o un progetto di riqualificazione – termine spesso abusato quando si parla di arte in periferia – più che la retorica del colore contro il grigio, “l’Albergo delle piante” è prima di tutto un luogo di partecipazione nato dove prima c’era il nulla.

La Cavea di Corviale, meglio nota come piazza del mercato, anfiteatro quadrangolare che nella visione dell’architetto Mario Fiorentino, artefice nel 1972 del controverso progetto architettonico, doveva essere una sorta di agorà, è una spianata di cemento a ridosso del “Serpentone” circondata da scalinate, fredda d’inverno e torrida d’estate. Fino ai primi mesi del 2015 ha ospitato, nello spazio interno sottostante, il mercato ortofrutticolo, poi chiuso. La piazza su cui si affacciano la comunità residenziale e il centro diurno del Dipartimento di Salute Mentale Roma XI era tornata nel degrado, nell’abbandono e nell’isolamento.

Almeno fino ad ottobre dell’anno scorso, quando Mimmo Rubino e Angelo Sabatiello, artisti dalla diversa formazione ma uniti dal comune desiderio di avviare un progetto creativo, partecipato, inclusivo e aperto, hanno portato il primo vaso nella Cavea e dato vita all'”Albergo delle piante”, un vivaio collettivo in cui tutti sono invitati a portare una pianta e contribuire al suo mantenimento. “L’albergo è un progetto orizzontale, aperto alle influenze e a possibili variazioni e variabili, proprio come una pianta spiega Rubino, street artist “stufo di interventi imposti” e desideroso di confrontarsi per un lungo periodo con un luogo e i suoi abitanti.

Ispirati dal pensiero del filosofo Leibniz, secondo cui viviamo nel migliore dei mondi possibili, l’Albergo è il “migliore dei giardini possibili”. Anzi, con un pizzico d’autoironia Rubino e Sabatiello lo definiscono “il giardino più bello di Roma”. E non sono gli unici a crederlo. Nonostante i mesi invernali, l’assenza di fondi e di permessi, e alcuni avventori che, soprattutto nel primo periodo, facevano sparire le piante (“non usiamo il termine rubare – sottolinea Rubino – speriamo che se le siano portate a casa e le stiano curando meglio di come potremo fare noi”), il vivaio sta generando un piccolo miracolo. Sta riattivando il posto.

Ogni mercoledì, alle 5, gli ospiti della comunità aprono la struttura per un tè. Al momento conviviale, un allegro caos, settimana dopo settimana si aggiunge una nuova presenza. Dai ragazzi del centro di aggregazione giovanile (Cag) “Luogo Comune” dell’Arci di Corviale, a residenti del complesso popolare; ma ci sono anche esterni, incuriositi dal progetto che si avvale di una efficace campagna di comunicazione su Facebook. C’è chi porta una pianta, chi porta qualcosa da mangiare, chi, come Dario Guerrentini “er Poeta de Corviale”, porta una poesia.

“Avevamo provato in passato ad aprire la struttura al pubblico – spiega Alessandra Sabbatini, operatrice della comunità residenziale – ma alle nostre feste non partecipava mai nessuno. E’ bello vedere che oggi i pazienti vengono accettati e non stigmatizzati. E’ la dimostrazione che, insieme, si può fare qualcosa di bello. Fino a poco tempo fa i ragazzi venivano qui solo per tirare pietre contro le finestre, mentre oggi quando s’incontrano si salutano e scherzano insieme”, conclude.

Sono proprio i dieci pazienti ospiti nella struttura i principali soggetti impegnati nella manutenzione del vivaio. “Non è facile, le piante sono tante ed è un grosso lavoro, abbiamo solo un tubo per l’acqua, quindi dobbiamo riempire i secchi e farci il giro di tutta la Cavea”, racconta Enrico, da due anni ospite del centro, che confessa di essere un po’ preoccupato per l’arrivo della calura estiva. Ai ragazzi del centro di aggregazione invece è affidato “l’incubatore”. Nel loro cortile, non distante dalla Cavea, si prendono cura delle piantine prima che siano forti abbastanza da essere portate nella destinazione finale.

L’obiettivo finale è quello di riempire la piazza di piante. Oggi sono 80, ma il progetto, per definirsi concluso, ne dovrebbe ospitare 300. “Non abbiamo imposto regole, ma ci atteniamo ad un ‘manuale di stile”, spiega Sabatiello, già artefice di altri interventi di arte pubblica “verde”. “Non compriamo piante, devono essere tutte in vaso e non devono superare l’altezza di un uomo, in modo da non interferire con l’architettura del luogo e poter essere spostate facilmente in base alla stagione”.

“Il sogno è che chiunque possa venire qui a coltivare il proprio giardino, magari stimolare anche un po’ di competizione per chi ha la pianta più bella – aggiunge Rubino – e soprattutto che continui a vivere senza la nostra presenza quotidiana. Siamo consapevoli delle alte possibilità di fallimento del progetto, ma non ci importa. La vera opera d’arte è la partecipazione. E se
un giorno qualcuno del posto ci verrà a dire di interrompere il progetto perché la Cavea serve per altri scopi, anche quello sarà un successo. Vorrà dire che avremo creato un luogo di vita in cui il quartiere possa incontrarsi e identificarsi”. Intanto la prima conquista in questo senso è stata raggiunta. Digitando “Albergo delle piante” su Google Maps si viene dirottati proprio alla Cavea di Corviale, tra via Poggio Verde e via Mazzacurati 23.

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Come l’architettura urbana influenza lo stato d’animo

Alcune ricerche confermano che vivere in un quartiere monotono aumenti lo stress e peggiori la qualità della vita.
Nella nostra vita quotidiana non ci capita spesso di pensare molto su come lo spazio in cui ci muoviamo e interagiamo influenzi i nostri stati mentali, ma diversi studi dimostrano in che modo l’architettura e l’ambiente siano in grado di condizionarci emotivamente.

Una ricerca condotta da Justin Hollander – professore di urbanistica presso la Tufts University, Massachusetts – ha dimostrato come il design architettonico influisca sulla salute delle persone, dimostrando che un ambiente ben disegnato, variegato e non monotono migliorerebbe la qualità della vita.

GLI STIMOLI DEGLI EDIFICI COMPLESSI. Anche la psicologia cognitiva ha studiato l’impatto dell’architettura sulla vita quotidiana conducendo una serie di esperimenti sul campo. Una ricerca condotta da Colin Ellard – neuroscienziato presso l’Università di Waterloo – ha monitorato le diverse reazione di alcuni volontari, utilizzando dei sensori cutanei mentre passeggiavano in un quartiere di New York. I risultati dell’esperimento hanno evidenziato che l’attività cerebrale aumentava davanti a negozi, ristoranti ed edifici complessi e vivaci, mentre si abbassava drasticamente quando i volontari incontravano sul loro cammino architetture prive di movimento.

I RISCHI DI UN AMBIENTE MONOTONO. Altri studi hanno messo in relazione la maggiore incidenza di alcuni disturbi, come il deficit dell’attenzione, con luoghi poco attraenti e monotoni. Un edificio che non produce stimoli, non attiva la nostra mente e aumenta anche il livello di stress; di più, un ambiente disordinato e caotico provoca effetti deleteri sulla nostra salute mentale. Il segreto sta quindi nel trovare il giusto equilibrio tra ordine e movimento.

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Alla scoperta del piccolo Bangladesh nelle periferie di Roma

Al parco dell’Aniene, la domenica mattina, le squadre di cricket si ritrovano per giocare partite che durano ore, in un’area attrezzata e gratuita. Arrivano da molti quartieri di Roma, dalla provincia, dall’Umbria. Come il primo ragazzo che incontriamo, che ha la maglia della Ternana e che non è, come davo per scontato, bangladese, ma indiano.

A cricket, infatti, giocano tutti assieme: bangladesi, indiani, pachistani e afgani. Popoli dalle storie intrecciate, spesso segnate da guerre, che parlano lingue diverse ma vicine.

Nel parco, a godere del sole di aprile, famiglie che fanno il barbecue, bambini che giocano a pallone, un altro gruppetto di ragazzini e ragazzine che si allenano anche loro a cricket.

La squadra dei ragazzi bangladesi si allena prima dell’inizio della partita, senza fretta, fra scherzi e risate. Abitano tutti a Tor Pignattara, come la maggior parte dei loro connazionali che vivono a Roma. Uno dei quartieri del VI municipio, che, assieme a Pigneto, Casilino, Quadraro e Gordiani, è il più popolato a livello cittadino in relazione alle sue dimensioni.

Pigneto-Banglatown

Sono i quartieri compresi tra la Prenestina e la Tuscolana, con la Casilina in mezzo, tra i tram 5, 14 e 19, che arrivano a Centocelle, e il trenino delle ferrovie laziali, quello che ha preso il posto dello storico tranvetto. Quartieri nati nei primi decenni del novecento, a togliere spazio alla campagna, in forma di borgate e di case più o meno abusive. Quartieri nati per essere abitati da immigrati, genti arrivate da lontano, con abitudini e tradizioni diverse, che spesso non sapevano parlare l’italiano: erano abruzzesi, pugliesi, veneti, sardi, marchigiani. Sono le piazze e le vie in cui si è combattuta la Resistenza, spesso le stesse case nelle cui cantine sono stati nascosti i gappisti, i renitenti alla leva, gli antifascisti. Quartieri in cui è stato vivo sempre, e molto poi negli anni sessanta e settanta, l’associazionismo, la politica dal basso, spesso legata ai problemi abitativi che ancora gravano sui residenti.

Quartieri legati anche alla malavita, che negli anni ottanta hanno conosciuto da vicino l’eroina e i suoi effetti, che sono invecchiati, in cui i negozi hanno chiuso uno dopo l’altro per la concorrenza dei grandi centri commerciali più in periferia. Dalla fine degli anni ottanta hanno cominciato a ripopolarsi, ringiovanire, hanno riaperto i negozi. Le scuole sono tornate ad avere le classi piene, hanno aperto altre sezioni. Grazie ad altri immigrati: primi fra tutti i bangladesi, seguiti da cinesi, filippini, egiziani, peruviani e marocchini (Pigneto-Banglatown. Migrazioni e conflitti di cittadinanza in una periferia storica romana, a cura di Francesco Pompeo, Meti Edizioni 2011-2013).

Una delle cose che si sente ripetere più spesso nei bar della città è che la comunità bangladese è molto chiusa. Che comunque sono troppi e le moschee pericolose.

Io e Simona, la fotografa, tra la comunità bangladese troviamo sorrisi e disponibilità, porte aperte e storie e parole. Conosciamo Shobin, che è stato promotore di una delle prime associazioni Italia-Bangladesh, che oggi si chiama Villaggio Esquilino e si è aperta alle altre collettività di migranti. Parla un italiano chiaro e ricco, grazie anche al fatto che quando è arrivato qui, a vent’anni, con una laurea, si è iscritto di nuovo alle superiori, e poi all’università. Conosciamo Bachcu, presidente di un’altra associazione, la Dhuumcatu, molto attiva nella richiesta di diritti fin dagli anni novanta.

Conosciamo Opu, che ha ventotto anni e abita al Pigneto insieme a uno dei suoi fratelli. Ha vissuto i suoi primi sette anni in Italia in un paese tra Firenze e Pisa, lavorando in un’industria tessile, così quando parla usa spesso “sicché”. Con lui andiamo a cena in un ristorante di suoi connazionali a piazza Vittorio, dove lavora un suo amico che lui chiama, romanamente, “zio”. L’insegna dice “Ristorante indiano”, ma le scritte sono in bangladese. Opu ci spiega che la cucina è più o meno la stessa, ma loro usano meno spezie, sua sorella non le usa per niente, ma a lui piace quel mangiare piccante.

Parlo, domando e ascolto le storie delle persone con cui, da anni, condivido strade, negozi e mezzi pubblici. Il barista e il fruttivendolo, la vicina e i suoi bambini che, come i loro coetanei figli di genitori bangladesi crescono confrontandosi quotidianamente con culture diverse, fra un lessico incapace di definirli, discorsi e sguardi dell’altro su di loro, di loro sull’altro. Parlano in italiano con tutti tranne che con i loro genitori e gli altri adulti della comunità che conoscono e frequentano.

A casa imparano la lingua materna, la ascoltano e la parlano, più o meno bene. Non imparano, nella maggioranza dei casi, a leggerla e a scriverla, la lingua bengali, per questo una ventina di loro vanno il sabato pomeriggio a studiare con Mary, una ragazza che ha più di vent’anni e quando parla sembra sussurrare. Si ritrovano alla casa del popolo, in via Bordoni, in quella parte di quartiere che molti conoscono come la Marranella. Sede di Rifondazione comunista, ospita nei suoi spazi numerose attività organizzate dai nuovi cittadini: lezioni di manguera per le ragazzine peruviane, messe cristiano evangeliche per i filippini, corsi di italiano per stranieri. Fino al 2008 la scuola si chiamava Bangla Academy e contava più di cinquecento iscritti.

È felice di quest’occasione: fare nel paese di arrivo lo stesso lavoro che faceva in quello di partenza

Il gruppo che, la domenica mattina, impara invece musiche e canti tradizionali è composto da una cinquantina di ragazzine e ragazzini fra gli otto e i tredici anni. I maschi hanno i jeans e il cappelletto con la visiera un po’ di lato, le femmine vestiti colorati se sono piccole e camicie a scacchi se sono più grandi, i capelli lunghi neri e molti raccolti in una coda bassa, o alta. Quando una di loro, una delle grandi, va alla lavagna a scrivere il testo della canzone, lo fa con l’alfabeto latino. Compie un’operazione di traslitterazione che le viene automatica, non conoscendo l’alfabeto bengali.

La lezione si tiene nel centro Asinitas, in una strada che da via dell’Acqua Bullicante sale verso Centocelle, in uno spazio di verde, con case a un piano, qualche animale, tra i palazzi dei due quartieri. L’insegnante si chiama Sushmita, è venuta ad Asinitas per seguire il corso di italiano e poi le hanno offerto l’aula per le sue lezioni domenicali. Suona un armonium indiano, con una mano batte il mantice per far passare l’aria e con l’altra suona la tastiera. Mi dà l’impressione, da quello che vedo, che sia una di quelle insegnanti che riescono ad avere gli occhi su tutti gli alunni, senza che nessuno resti escluso dal loro campo visivo, dalle loro intenzioni. Faceva l’insegnante anche nel suo paese, prima di sposarsi e di raggiungere suo marito a Roma, sette anni fa. Per questo, nonostante le difficoltà, è grata e felice di quest’occasione, di questa cosa preziosa e rara in cui è riuscita: fare nel paese di arrivo lo stesso lavoro che faceva in quello di partenza.

La grande menzogna

L’italiano, Sushmita, lo parla a fatica, come la maggior parte delle sue connazionali, che qui non lavorano e non hanno quindi occasione di parlarlo quasi mai. Cominciano a farlo quando i figli crescono e iniziano ad andare alla scuola materna e poi a quella elementare: si confrontano con le insegnanti, con gli altri genitori, gli altri bambini. E con i loro stessi figli, che imparano in fretta e che rischiano altrimenti di perdere nel loro percorso scolastico italiano.

Come Mary, l’insegnante, o come Toma, che ci offre un caffè e il payesh, un dolce di latte, zucchero e riso, quando andiamo a casa sua, un pomeriggio, mentre sua figlia Tasnia che ha cinque anni gioca con uno smartphone.

Le donne bangladesi a Roma sono solo il 29,6 per cento della comunità, perché non partono quasi mai da sole ma al seguito dei mariti. Arrivano qui dopo essersi sposate, spesso con matrimoni organizzati, nel senso che i loro coetanei emigrati, quando decidono di sposarsi, tornano a casa per qualche mese, si rivolgono alla famiglia o a una persona fidata per trovare una moglie che li segua in Europa. Sposarsi con un probashi, così si chiamano gli emigrati, è considerata cosa prestigiosa, anche perché di solito in patria non sanno come realmente vivono gli uomini quando arrivano da noi. Gli antropologi la chiamano “la grande menzogna”. Così le donne il più delle volte sono convinte di migliorare il loro stile di vita e invece lo peggiorano. Anche perché la società fortemente patriarcale e centrata sull’uomo, che non caratterizza solo i musulmani ma anche gli indù, minoranza in Bangladesh, limita le loro libertà di movimento, impedisce quell’esperienza di riscoperta di sé che spesso fa chi lascia la sua terra.

Così le si vede in giro per il quartiere quasi sempre accompagnate da qualcuno, o con i figli, con i loro sari colorati, che alcune usano anche come velo, mentre altre non si coprono i capelli.

Una società attraversata da forti contraddizioni, quella bangladese, sia in patria sia qui.

Trovo su Youtube un documentario sulle donne, sui loro corpi, le mode e i modelli di bellezza che mi ricorda l’italiano Il corpo delle donne. A parlare sono scrittrici, docenti universitarie, studentesse, cantanti, attrici e modelle, alcune di loro esprimono un discorso femminista ricco e complesso.

Il film Television, uscito nel 2014, di Mostofa Sarwar Farooki, racconta con i toni della commedia la storia di una giovane coppia di innamorati in lotta con il padre di lui, imam del villaggio, per ottenere il permesso di guardare la televisione. L’imam, le sue regole e le sue chiusure, sono visti come parte di un mondo in declino, assurdo e illogico.

Al parco dell’Aniene chiedo a Micha, che mi ha spiegato un po’ come funziona il cricket, se non ci sono delle squadre femminili e mi risponde che no, che in Bangladesh le ragazze non possono giocare, quindi non sanno giocare. Mi spiega che quelle ragazzine che si stanno allenando là in fondo sono nate qui, dice: “Se a mia figlia, che nascerà qui, piacerà il cricket potrà giocare, lei sì che potrà farlo”.

La nuova generazione

Nel film 2 francos, 40 pesetas, del regista spagnolo Carlos Iglesias, un gruppo di amici emigrati in Svizzera agli inizi degli anni settanta si confronta sul tema dell’identità, dell’integrazione. Uno di loro afferma di essere integrato. L’altro gli fa notare che, nonostante vivano in Svizzera da sette anni, sua moglie non parla una parola di tedesco e frequentano solo altri spagnoli. Allora il primo ammette che in effetti è così, ma che è disposto a sopportare tutto questo perché ha fiducia nel fatto che per suo figlio non sarà così, che lui avrà, anzi, le occasioni raddoppiate, e una vita più felice.

Si “salta” una generazione, si confida nel fatto che quella successiva sarà più libera, avrà più diritti e soffrirà di meno.

La nuova generazione di bambine e bambini bangladesi romani, intanto, sotto la guida attenta di Sushmita, prepara uno spettacolo per il capodanno, che è stato lo scorso 14 aprile ma i cui festeggiamenti vanno avanti fino al 25. Indosseranno gli abiti tradizionali, colorati e festosi, e canteranno le bellezze del Bangladesh davanti alla loro comunità. Magari sperano che a vederli vengano anche i loro compagni di scuola, i loro insegnanti, gli abitanti del quartiere, italiani egiziani o peruviani, che saranno curiosi di conoscere un po’ più da vicino quelle persone che incrociamo ogni giorno per strada, sul tram, al bar sotto casa o al banco del mercato.

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Scuole di periferie aperte d’estate e nei giorni di festa

Per fare sport, musica e laboratorio.
“Stanzieremo fondi specifici per l’apertura prolungata nelle scuole. Dieci milioni che utilizzeremo per le periferie delle grandi città”.

Ad annunciarlo, in un’intervista al Mattino di Napoli, è stato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini in un’intervista al mattino del 25 aprile, nella quale sottolinea: “ogni ragazzo che conquistiamo noi è un ragazzo che perdono i clan”.

Riferendosi alle zone dove si concentra la malavita organizzata, Giannini ha tenuto a dire che i fondi sono stati stanziati per essere destinati “non solo a Napoli ma anche a Roma, Palermo, Bari, Milano e Torino, perché le periferie hanno vita complicata anche al Nord, sia pure per problemi diversi. Servono azioni mirate”.

Il responsabile del Miur ha poi spiegato che i 10 milioni di euro stanziati sono “immediatamente disponibili. Si tratta di utilizzarli per le attività extracurricolari che le scuole possono organizzare nell’ambito dell’autonomia”. I primi istituti scolastici ad essere coinvolti sarebbero quelli del secondo ciclo.
Poi, sempre il ministro ha aggiunto che le risorse umane a sostegno del progetto vanno integrate. “Gli insegnanti, grazie al piano della Buona Scuola, in questo momento ci sono. Ma naturalmente non basteranno. Qui non si tratta di prolungare nella giornata l’apprendimento delle materie tradizionali. Si deve puntare sullo sport, sulla musica, che è l’altra grande passione dei giovani, sulle attività di laboratorio per avvicinarli a un mestiere”.

Si tratta di attività, del resto, già oggi utilizzate nelle scuole per formare e cementare valori positivi nei giovani, in particolare nei cosiddetti Bes, i ragazzi con Bisogni educativi speciali, conseguenza spesso conseguente del degrado sociale e familiare in cui vivono.

“L’autonomia nella scuola resta la parola chiave ma perché funzioni davvero – sottolinea il ministro – va orientata e guidata: per esempio, se si vuole puntare sulle attività sportive occorrerà ricorrere a figure specifiche di educatori e allenatori esterne all’istituto. E questo lo si potrà fare grazie all’accordo firmato a suo tempo dal ministero con il Coni, che ci mette appunto a disposizione le sue professionalità”.

Secondo il ministro dell’Istruzione, dunque, “bisogna fare in modo che le scuole restino aperte anche d’estate, anche nei giorni festivi. Il rapporto fra insegnanti e ragazzi non può conoscere discontinuità. Ai ragazzi dobbiamo dare un orizzonte. Devono capire che non esistono storie già scritte. In questo senso la scuola non è il problema, è parte della soluzione”, ha concluso Giannini.

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Nasce ‘Bruchi’ l’asilo familiare nel verde

Nasce un nuovo asilo nel quartiere Pisana, municipio XII. Si chiama ‘Bruchi, l’arte di crescere‘ ed è un asilo familiare, nel verde, a ispirazione steineriana, per bambini da 3 a 6 anni. L’idea è di due maestre, Chiara D’Errico e Bruna Costantini, che hanno trovato ospitalità all’interno dello storico casale di Colle Massimo (in via Mario de Renzi 44), ristrutturato e riportato in vita dalla cooperativa il Carosello, che da 10 anni organizza nel cuore della Pisana corsi, laboratori, centri estivi per bambini. Oltre a un nido, una ludoteca e un centro clinico. Ora la cooperativa, presieduta da Mariarosaria Danza, si arricchisce di un nuovo asilo a ispirazione steineriana, che aprirà le porte a settembre. “Qui i bambini troveranno una casa calda e accogliente– spiega la maestra Chiara D’Errico- dove si sentiranno a loro agio da subito. Accogliamo bambini da 3 a 6 anni con una pedagogia steineriana“.
Pedagogia che sarà arricchita dal vissuto personale delle maestre: “Crediamo molto nell’importanza della natura come vera maestra di ogni bambino: abbiamo uno spazio verde molto grande dove i bambini possono giocare, sperimentare l’orto, osservare il passaggio delle stagioni”. Ci sarà anche “tanto spazio per l’arte: Steiner dice che dita abili producono abilità di pensiero e questo noi lo abbiamo già sperimentato con i bambini”. Ma che cos’è un asilo familiare? “E’ un asilo dove i bambini si sentono a casa propria, dove vengono praticate attività semplici e domestiche, come fare il pane, fare il telaio, la pittura o sgranare i piselli all’aria aperta. L’importante è che il bambino si senta a proprio agio, a casa sua. Le classi sono piccole, al massimo 15 bambini”. Questo, sottolinea, fa sì che “il bambino venga accudito e coccolato dalla maestra in modo molto individuale. E’ importante che la maestra si accorga del passare delle emozioni nella giornata del bambino e possa così lavorare, insieme al bambino e alla famiglia, alla crescita sana del bambino”.

Il Carosello, spiega la presidente Danza (una “psicodrammatista che utilizza il gioco di ruolo per raggiungere una migliore comprensione di se stessi”), è “un centro polifunzionale per la famiglia e l’infanzia: abbiamo servizi dedicati a tutte le generazioni, dai nonni ai nipoti, secondo l’impostazione della casa verde di Francoise Dalto”: uno spazio rilassante e accogliente dove grandi e bambini possono incontrarsi, giocare, favorendo così la vita sociale di qualsiasi età. “Accogliamo i bambini in un ambiente naturale– spiega ancora Danza- in particolare la nostra idea è di considerare il bambino un soggetto: attraverso la parola, il contatto e la natura stimoliamo quelle che sono le potenzialità dei bambini”. Nel centro clinico, inoltre, si affrontano “i disagi dei bambini che riguardano la fanciullezza come il linguaggio, le relazioni, il comportamento”. Per Danza “il Carosello oggi è una potenzialità, una risorsa del territorio, speriamo che ci possano utilizzare al meglio”. Cristina Maltese, presidente del municipio XII, sottolinea: “Il Carosello dimostra come si possano utilizzare al meglio luoghi di proprietà pubblica: qui si è creata una sinergia importante tra pubblico e privato che ha dato vita a servizi molto importanti per questa zona. Questo era un vecchissimo casolare diroccato, una collina in abbandono, un luogo in degrado che è stato recuperato e aperto al quartiere”. Oggi, dice, è “un luogo dove accogliere le famiglie, dove poter lavorare con i bambini. E’ diventato il cuore pulsante del Colle Massimo. Qui è stato fatto un miracolo”. Per Maltese “il quartiere è come una famiglia: le istituzioni hanno bisogno di collaborazioni forti con soggetti come questi. Qui c’è un’ottima energia, ci sono persone brave, professionali, con un cuore grande. E’ un esempio di come i luoghi pubblici devono essere utilizzati: il municipio- assicura- sarà al loro fianco”. L’asilo ‘Bruchi, l’arte di crescere’ ha una pagina facebook: https://m.facebook.com/Bruchi-Larte-di-crescere-1219579878054454/ e la cooperativa il Carosello è alla pagina: http://www.ilcarosello.it/ssv/home.coop

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Canili comunali di Roma: legalità o macelleria sociale ?

Dal 1 maggio 2016 quale futuro per le strutture di Muratella e Ponte Marconi dopo il mancato rinnovo della gestione all’Associazione Volontari Canile di Porta Portese

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CANILI COMUNALI DI ROMA: LEGALITA’ O MACELLERIA SOCIALE?  IL VOLONTARIATO E’ DI SUPPORTO, NON PUO’ ESSERE SOSTITUTIVO

 

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ROMA, 27 aprile 2016 – Il Comune di Roma ha indetto una licitazione privata tra le associazioni animaliste iscritte al Registro del Volontariato del Lazio per la gestione dei canili di Muratella e di Ponte Marconi. Con una “migliore offerta (sconto percentuale)” su di una base di gara da 129.000 euro al mese. Un importo che impedisce la gestione della migliaia di cani e gatti, molti dei quali non autosufficienti, che entrano tutti gli anni a Muratella (una media di 2.300 animali l’anno, feriti, malati, maltrattati, morsicatori, smarriti etc). A meno che il Comune di Roma non immagini che il volontariato possa sostituire il personale professionalizzato attualmente impiegato sulla base di una pianta organica decisa dal Comune di Roma stesso nel 2004. Questo il succo della battaglia che ancora una volta si sta consumando tra le gabbie del canile Muratella ed il canile Ponte Marconi, le uniche due strutture comunali rimaste aperte dopo la chiusura della Valle dei Cuccioli e del rifugio Vitinia ex Poverello. L’Associazione Volontari Canile di Porta Portese, la onlus che dal 1997 gestisce i canili comunali dopo aver superato 2 licitazioni private e partecipato a tutte le gare indette dal Comune di Roma (ben 4 – nel 2008, e poi nel 2013, 2014 e 2015 – non una andata a buon fine) lo ha detto chiaro: piuttosto che continuare ad abbassare gli importi a base d’asta, mettendo sul lastrico decine di famiglie e annullando servizi agli animali ed ai cittadini, la Roma dei Prefetti dovrebbe nominare l’ennesimo Commissario. Solo in questo modo, il Comune si renderà conto della professionalità e della mole di lavoro che c’è nei canili. E del fatto che l’intero importo affidato al gestore è sempre ed esclusivamente andato al benessere degli animali. La soluzione non può essere affidare ai volontari la gestione quotidiana dei canili comunali (con i rischi che tutto ciò comporta) o nel prendere tutti gli animali e chiuderli nei canili privati convenzionati con aperture al pubblico limitate rispetto ai canili comunali e posizionate fuori Roma, con conseguente elevata riduzione delle possibilità di adozione; In aggiunta, appare davvero improbabile che dei volontari possano gestire il Punto di Primo Soccorso Gatti della Muratella,
dove il Comune convoglia tutti i gatti randagi o di colonia feriti, malati o investiti rinvenuti su tutto il territorio comunale, gatti spesso non autosufficienti, che richiedono terapie e manovre , in particolare spremitura della vescica, che solo personale qualificato è in grado di erogare.

La criminalizzazione dell’ottima gestione dei canili comunali (non un intervento della Magistratura dal 1997) parte da lontano: è dal 2008, dalla Giunta Alemanno, che il modello impostato negli anni è stato messo sotto accusa con motivi strumentali. Non potendo dimostrare né ruberie né maltrattamenti né sprechi, si è cercato di incrinare il rapporto di fiducia con la cittadinanza attraverso una campagna scandalistica e diffamatoria mentre operatori e volontari AVCPP portavano avanti il loro impegno quotidiano, raggiungendo il punto di pareggio tra le entrate degli animali nei canili e le loro uscite, tra adozioni e ricongiungimenti con le famiglie che li avevano smarriti. E dal 2013, con la Giunta Marino, si è dato lo scacco finale, con la chiusura di ben 3 strutture comunali: l’oasi felina Villa Flora ed le strutture di accoglienza per gli animali Valle di Cuccioli e Vitinia ex Poverello e l’indizione di gare pubbliche con importi non congrui con il benessere degli animali e inquinate dalla partecipazione delle cooperative di Mafia Capitale. Oggi, i Commissari Prefettizi, dopo aver parlato tanto di legalità e di impossibilità di continuare con le proroghe in attesa dell’espletamento dell’ennesima gara indetta (Gara Europea), tentano l’ultima carta: una licitazione privata tra associazioni di volontariato con una cifra di partenza ridicola, sperando che qualche onlus voglia assumersi l’onere di mantenere lo standard di benessere cui gli animali di Roma hanno diritto e a cui sono abituati utilizzando pochi operatori e molto volontariato. AVCPP continuerà nel suo impegno, a fianco dei suoi volontari e degli operatori. La legge parla chiaro: strutture e animali sono di proprietà del Sindaco. E maltrattamento non è solo inferire su di un animale ma anche ometterne le giuste cure. Così è stato dal 1997. Saranno i Prefetti comunali a dimenticare la legge e a mettere a rischio il futuro dei loro animali? AVCPP ha indetto una conferenza stampa per venerdì 29 aprile 2016, alle ore 10:00 presso il canile comunale di Muratella. In vista di un improbabile passaggio di consegne che dovrebbe avvenire dal 1 maggio 2016.




Bando periferie degradate, saranno ammessi anche i progetti preliminari

Accolte le modifiche Anci; i Comuni dovranno approvare il progetto definitivo entro 60 giorni dalla convenzione.
Via libera a progetti preliminari e studi di fattibilità per candidarsi al bando da 500 milioni di euro per la riqualificazione urbana nelle periferie degradate.

La modifica al precedente schema di bando, che ammetteva la presentazione solo di progetti definitivi, arriva dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), nel corso della Conferenza Unificata del 14 aprile scorso.

Bando periferie degradate: ok a progetti preliminari
La nuova bozza del bando, approvata dalla Conferenza Unificata, ridefinisce alcune delle procedure e dei requisiti di presentazione dei progetti per la riqualificazione urbana nelle periferie.

Una delle novità più rilevanti riguarda l’apertura nei confronti di stadi progettuali non definitivi; infatti lo schema di bando prevede la possibilità di presentare anche uno studio di fattibilità o progetto preliminare.

In tal caso però prescrive che i soggetti proponenti s’impegnino ad approvare, entro 60 giorni dalla sottoscrizione della convenzione o dell’accordo di programma, il relativo progetto definitivo o esecutivo.

Il Presidente Anci, Piero Fassino, ha dichiarato a margine dei lavori: “L’Associazione ha registrato positivamente l’accoglimento degli emendamenti discussi in sede tecnica per cui sarà possibile la partecipazione al bando con la presentazione solo di uno studio di fattibilità e non del solo progetto esecutivo”.

Bando periferie: 3 mesi per presentare i progetti e per valutarli
Lo schema di bando precisa che i soggetti proponenti “dovranno presentare i progetti entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale”.

In sede di Conferenza Unificata si sono anche stabiliti “tempi certi per la conclusione della procedura di valutazione”. In particolare, sono previsti 90 giorni (circa 3 mesi) dalla scadenza del termine per la presentazione dei progetti per la conclusione del procedimento di valutazione.

Previsti invece 30 giorni per la sottoscrizione delle convenzioni e/o accordi di programma.

Riqualificazione periferie degradate: la altre modifiche Anci
Un altro emendamento Anci accolto riguarda la possibilità per le amministrazioni di richiedere il 10% del finanziamento eventualmente assegnato al momento della firma della convenzione e/o accordo di programma: ciò consentirà di coprire anche i costi di avvio dell’intervento infrastrutturale dei soggetti proponenti.

Infine un’altra questione sollevata da Anci riguarda il conflitto tra città metropolitane e capoluoghi di Provincia.

A tal proposito Fassino ha dichiarato: “Al governo abbiamo chiesto che si espliciti la possibilità di partecipazione anche per le città capoluogo di Regione”; adesso infatti il testo prevede solo la partecipazione delle Città metropolitane e dei capoluoghi di Provincia.

“Se la possibilità di ricevere il finanziamento restasse solo alle Città metropolitane”, ha spiegato il presidente Anci, “si verificherebbe una ingerenza legislativamente e costituzionalmente illegittima perché la Città metropolitana non può decidere un intervento sul territorio di un capoluogo di Regione, prerogativa questa della giunta e del Consiglio del capoluogo stesso”.

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