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RETE SCUOLE ALFAMEDIALI. La scuola nell’era dell’audiovisivo. La proposta alfamediale di Erice

I Maestri alfamediali di Erice

I Maestri alfamediali di Erice

La Scuola Alfamediale considera l’Audiovisivo come un “secondo alfabeto”.

Il primo, quello fonico, è il più importante linguaggio monomediale della carta, Il secondo,

quello audiovisivo, il più importante linguaggio multimediale dello schermo. Il primo

traghetta l’umanità dalla civiltà del rito e del mito alla civiltà del logos o della “ragione

chiusa del testo scritto”, lineare e formale, letteraria e disciplinare; il secondo dalla

civiltà del logos a quella dell’olos o della “ragione aperta del testo spettacolare”, dinamica

e complessa, organica e simulativa. La Scuola Alfamediale sviluppa ed integra

entrambe le forme di pensiero.

Il secolo audiovisivo

Il ‘900 è stato chiamato in tanti modi, ma mai “il secolo dell’audiovisivo o dello

schermo”. Dopo circa un secolo d’incubazione e di riproduzione tecnica dei linguaggi

analogici – immagine , suono, movimento (cinema muto1895) – nel 1927 con la proiezione del primo film sonoro nasce l’audiovisivo.

Passa meno di un decennio e l’audiovisivo-cinema diventa audiovisivo-televisione in

bianco e nero nel 1936 e a colori negli anni ‘60. L’audiovisivo TV entra direttamente

nelle case offrendo alle masse spettacoli di ogni tipo e producendo effetti inediti nel

paesaggio interiore ed esteriore: un profondo rispecchiamento culturale e sociale, la

contestazione studentesca nel 1968, la forte spinta consumistica, la liberalizzazione dei

costumi. I primi personal computer del 1975 sembrano bloccare l’invasione della televisione

e sviluppare un diverso uso dello schermo, ma solo apparentemente, perché

appena dieci anni dopo, nel 1985, il linguaggio audiovisivo ricompare nella forma digitale

di multimedialità. Pochi anni ancora e nel 1989, mentre cade il muro di Berlino per

effetto, appunto, delle armi improprie della televisione e del computer, si diffonde nel

mondo internet. Il web impiega un altro decennio per veicolare video on line e già nel

2000 con il videofonino e nel 2005 con Youtube anche internet diventa audiovisivo. Ora

il video dilaga sulla rete e teoricamente tutti possono mandare messaggi video a tutto

il mondo. Il futuro sarà sicuramente audiovisivo: sequenziale, interattivo, interpersonale,

HD, 3D, da occhiali, da polso…

Intanto, in meno di cento anni, l’audiovisivo sconvolge il sistema simbolico-culturale

dell’alfabeto e della stampa, l’ingloba nel suo sistema multimediale di spettacolo,

moltiplica la stessa produzione letteraria e scientifica. Collateralmente, mette in crisi

famiglia, chiesa, scuola, politica, mondo della produzione, del lavoro ed impone un

nuovo ordine storico e geografico, chiamato, con una parola ormai conclamata, “globalizzazione”.

L’emergenza rifondativa della scuola

L’avvento e l’affermazione dell’audiovisivo cambia l’ambiente fisico e mentale

degli uomini dopo circa tre millenni di egemonia culturale dell’alfabeto, stampa compresa.

Ecco le nuove emergenze culturali.

1. Tutti gli alfabetizzati, circa 6 miliardi (altri 800 milioni non conoscono la scuola),

senza accorgersene, diventano semianalfabeti audiovisivi: sanno stare con il corpo

e la mente davanti allo schermo, ma non sono capaci di starci dentro.

2. Il pensiero umanistico delle lettere e dei numeri e il pensiero scientifico delle conoscenze

disciplinari, anche se rimangano gli strumenti basilari dello sviluppo civile,

culturale e sociale dei popoli, non sono più sufficienti a vivere e governare gli imprevedibili

e complessi processi del mondo globalizzato.

3. Il pensiero multimediale dell’audiovisivo, proprio perché causa-effetto della nuova

storia e del nuovo mondo, si rivela, invece, adatto ad interpretare e capire la molteplicità,

la complessità, la flessibilità, l’ordine sistemico, organico, comunicativo,

creativo della civiltà dello spettacolo.

4. La formazione del nuovo pensiero può essere davvero efficace solo se passa dalla

mediazione della scuola. La Cultura Multimediale dell’audiovisivo, la Terza Cultura,

deve, pertanto, entrare correttamente nel curricolo ed operare la mirata riconversione

istituzionale della Scuola Alfabetica o delle Due Culture (Umanistica e Scientifica)

in Scuola Alfamediale o delle Tre Culture (Umanistica, Scientifica, Multimediale).

5. Ma che cos’é la Cultura Multimediale? E’ tutto ciò che ruota attorno al sistema telecamera

– schermo (penna e carta multimediali): strumenti analogici e digitali, tecniche

d’uso, reti multimediali on line e off line, informazioni veicolate, linguaggi integrati,

forme testuali, sistemi simbolici, ambienti antropologici di vita e di lavoro.

La disattenzione verso queste cinque emergenze, indotte dall’audiovisivo, ha già

prodotto profondi effetti discriminatori sulla popolazione mondiale, suddivisa di fatto in

tre grandi categorie antropologiche: gli inclusi, i reclusi, gli esclusi.

Gli inclusi, stimabili attorno a un miliardo e distribuiti nei Paesi più avanzati,

hanno la padronanza del pensiero alfabetico-numerico (umanistico-scientifico) della

carta e del pensiero audiovisivo-multimediale dello schermo; i reclusi, variamente graduati,

sono circa 5 miliardi ed hanno la padronanza solo del pensiero alfabetico; gli

esclusi, circa 800 milioni di analfabeti, sono totalmente privi dell’uno e dell’altro.

In questo contesto tripartito va considerata la strana posizione dei reclusi. Per gli

inclusi essi rappresentano un inesauribile mercato di consumatori, a cui vendere i loro

beni immateriali (il sistema dello spettacolo, innanzitutto); per gli esclusi il territorio da

invadere e occupare, perché là si producono e si consumano i beni materiali.

La strategia di Lisbona

In questo contesto di rivoluzione culturale, silente e non intenzionale, indotta dall’azione

riambientativa dell’audiovisivo, l’Europa si vive come “reclusa”. Vede svanire il

suo primato storico, culturale e produttivo conquistato secoli fa con la stampa e la cultura

del libro e sente di non controllare le strane forze della globalizzazione, che tenta di

spiegare solo dal punto di vista economico, ma non pedagogico ed antropologico.

Reagisce nel 2000 con la strategia di Lisbona, fissando nel 2006 le 8 competenze chiave

che ogni cittadino europeo deve possedere per vivere nell’Unione e demanda agli Stati

nazionali la messa a punto degli strumenti formativi necessari. Ecco le 8 competenze:

1) Comunicazione nella madrelingua; 2) Comunicazione nelle lingue straniere; 3)

Comunicazione matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) Competenza

digitale; 5) Imparare a imparare; 6) Competenze sociali e civiche; 7) Spirito d’iniziativa

e d’imprenditorialità; 8) Consapevolezza ed espressione culturale.

Le prime tre competenze sono storicamente presenti nel curricolo della Scuola

Alfabetica o delle Due Culture e richiedono solo nuove messa a punto formative. La

quarta è appena entrata e va sicuramente consolidata. La quinta, la sesta e la settima

sono, invece, totalmente nuove nella forma e nella sostanza ed appaiono come inse3

gnamenti trasversali che non rimandano a precise materie di studio. L’ottava spazia tra

formazione artistica e letteraria e riflessione critica e scientifica.

Come è facile notare, le 8 competenze chiave della strategia di Lisbona non indicano

né una chiara pedagogia, né un preciso curricolo, né specifiche materie, né una

metodologia. Non rimandano neanche a precisi linguaggi e a precisi contenuti. Per questo

motivo non si sa bene cosa fare. Finora si é fatto davvero poco per attuare il programma

UE. Intanto, il clima d’avvento millenario di Lisbona sembra del tutto scomparso

per effetto della improvvisa recessione e della imprevedibilità storica. Manca la

visione satellitare e la visionarietà profetica. La scuola sembra affondare nelle sue stesse

innovazioni di sopravvivenza. Le 8 competenze chiave UE possono aspettare.

La strategia alfamediale

Diversamente dalla strategia di Lisbona la Scuola Alfamediale o delle Tre Culture,

Umanistica, Scientifica, Multimediale ha già un corpo organico – antropologico-linguistico,

pedagogico-curricolare, organizzativo-metodologico – sufficientemente sperimentato

ed istituzionalizzato.

La strategia alfamediale poggia su quattro principi pedagogici tra loro in stretta

relazione: La spettacolarità audiovisiva, l’integrazione linguistica, la sintesi culturale, la

presentazione video.

1. L’audiovisivo é il più completo linguaggio dello spettacolo su schermo (cinema, televisione,

computer, internet, videofonino…), evoluzione storica dello spettacolo diretto

su scena e dello spettacolo illustrato su carta.

2. Il valore culturale e formativo dell’audiovisivo non sta soltanto nella quantità e qualità

degli spettacoli trasmessi, ma principalmente nell’integrazione linguistica di testi

audio (suono, parola parlata) e testi video (movimento, immagine, scrittura, stampa)

ovvero di tutti i linguaggi del Corpo (movimento, suono, immagine) e della

Parola (parlata, scritta, stampata), finalmente riunificati.

3. Il curricolo porta a sintesi cultura alfabetica (monomedialità su carta) e cultura

audiovisiva (multimedialità su schermo) ovvero i due momenti si pongono in continuità,

ampliamento ed alternativa.

4. La presentazione video è il principale esercizio didattico attraverso cui lo studente

impara a stare davanti e dietro alla telecamera (e dunque dentro lo schermo) e a

pensare e a comunicare in modo spettacolare con il Corpo e la Parola.

La presentazione video

Nella Scuola Alfamediale o delle Tre Culture tutti gli studenti fanno periodicamente

la presentazione video. Si tratta di un esercizio di scrittura del Corpo – Parola fatta

davanti e dietro alla telecamera e dunque “dentro lo schermo” per il pubblico di telespettatori

della classe. Essa produce tre grandi effetti innovativi:

si aggiunge, rafforza ed integra, nell’unità semantica dello spettacolo, tutti gli

esercizi tradizionali di scrittura monomediale: disegno, tema, riassunto, problema,

ricerca, interrogazione.

Aggiunge al tradizionale lavoro testuale di lettura, scrittura e traduzione monomediali,

tre nuove forme di testualità multimediale: l’integrazione di testi di linguaggi

diversi, la loro trasposizione dalla carta alla scena e poi allo schermo e la redazioneedizione

di materiali didattico-culturali in stampa illustrata e in video.

Rinnova l’ordine curricolare della scuola, dell’insegnamento e della professionalità

docente, centrandolo, decisamente, non più su un solo linguaggio universale, ma su

due: quello monomediale dell’alfabeto e quello multimediale dell’audiovisivo.

Tecnicamente, la presentazione video si fa nello studio televisivo della scuola o, in

mancanza, direttamente in classe, come si vede nelle due immagini.

In questa prima foto si vede un’alunna seduta davanti ad una telecamera pronta

a fare la lettura comunicativa di una pagina illustrata (titolo, disegno colorato e testo

scritto) da lei elaborata per trasposizione da un tema, da una ricerca o da qualche altro

compito. La trasposizione è di fatto una riscrittura comunicativa del testo con l’aggiunta

di un disegno in bianco e nero o colorato, che arricchisce semanticamente l’intera

composizione. Alle sue spalle c’è un telo monocromatico (azzurro) che permette di

decontestualizzare o contestualizzare la lettura con un’immagine in chromakey.

Dalla parte opposta alla telecamera c’è un compagno che ascolta dalla maestra le

indicazioni di funzionamento tecnico e linguistico della telecamera, lo strumento di registrazione

che “scrive” tutto quello che succede nel campo di ripresa: suoni, parole,

forme, gesti, colori, movimenti, errori, emozioni, incertezze, disinvoltura, padronanza,

convinzione di quello che si legge per offrirlo come servizio culturale ad un pubblico di

telespettatori. Sullo sfondo si vede lateralmente un televisore (potrebbe essere la LIM)

poggiato su un carrello e rivolto alla classe. L’intera apparecchiatura (televisore-telecamera)

é chiamata “unità mobile TV”. Ce n’é una per tutte le classi che si affacciano sullo

stesso corridoio della scuola. In fondo c’è la lavagna che dal suo posto fisso trasmette

alla classe i suoi messaggi scritti col gesso. L’alunna lettrice, al segnale convenuto,

legge la pagina scandendo bene le parole, dando espressività alla voce, ma soprattutto

guardando, ad ogni passaggio significativo della lettura, nell’obiettivo della telecamera.

Guardare nella telecamera è molto importante perché rafforza il contatto comunicativo

con il pubblico di telespettatori, in cui il lettore deve immedesimarsi.

La prova è seguita in diretta dalla classe e ripetuta più volte sulla base delle valutazioni

di resa comunicativa fatte da tutti: insegnante, compagni, compagno operatore,

a cui vanno naturalmente addebitati gli errori di ripresa (inquadratura, zoom,

tempi). Il più critico di tutti è sempre lo stesso lettore, sempre pronto a rifare la lettura

comunicativa. Questa é il primo e determinante passaggio mediatico dalla carta allo

schermo e risolve alla base i drammatici e più volte denunciati problemi dell’abbassamento

di competenza nella lettura strumentale a voce alta e nella lettura semantica

fatta con gli occhi. È questo di per sé un ottimo risultato scolastico.

In questa seconda foto si vedono, invece, i due compagni che hanno scambiato i

ruoli. Il compagno della ripresa è in piedi davanti alla telecamera e la compagna dietro

al mezzo di ripresa. Dopo avere inquadrato il compagno presentatore a mezzo busto gli

dà il tempo per iniziare la presentazione. L’alunno ha già fatto la lettura comunicativa

ed ora deve trasporla a parole proprie in base ad una scaletta mentale individuata

segnando le parole calde della pagina illustrata, precedentemente letta. Si tratta di un

lavoro facile e difficile al tempo stesso. È facile perché l’argomento o il sottoargomento

è già stato trattato e concordato con l’insegnante; perché su di esso è stata costruita la

pagina illustrata, prima manualmente e poi al computer; perché sullo stesso argomento

è stata fatta l’esperienza della presentazione su scena cioè una “minilezione” di pochi

minuti ai compagni della classe, utilizzando altri disegni colorati formato A3 ed oggetti

utili alla spiegazione. È difficile, invece, perché lo studente, grande o piccolo che sia, è

totalmente solo davanti alla telecamera, mentre l’insegnante e i compagni lo guardano

e lo giudicano; perché deve trovare solo in se stesso la forza per controllare l’emozione

e la concentrazione; perché deve fare tutto con naturalezza e disinvoltura, con espressività

comunicativa del corpo e della parola. Quasi sempre, dopo qualche prova meccanica

e mnemonica, si scopre il segreto di questo potente, spettacolare e “naturale” esercizio

di scrittura, impegnativo per tutti e molto amato da giovani e bambini.

La riscoperta dei linguaggi

Dopo circa quarant’anni di curricula ispirati alla scientificizzazione dei metodi e dei

contenuti (psicologie dell’apprendimento – insegnamento, teorie dell’informazione e

della comunicazione, semiologia e linguistica, studio di nuovi saperi, anticipazioni ed

approfondimenti disciplinari, analisi testuali e mappe concettuali), finalmente si cambia

registro e si torna ai linguaggi, gli incorruttibili strumenti del pensiero, della cultura

e della comunicazione. E’ già qualcosa. Ma per andare avanti nella strada della riscoperta

di tutti i linguaggi, bisogna fare ancora diversi passi avanti. Eccone alcuni.

1. Dare priorità allo studio dei linguaggi sui contenuti, sapendo che i linguaggi

educano e i contenuti istruiscono, i linguaggi restano e i contenuti cambiano, che lo studio

dei linguaggi sottintende sempre lo studio dei contenuti, ma non viceversa.

2. Ritornare a parlare di lettura e scrittura, piuttosto che delle famose tre “C”:

Conoscenze, Capacità, Competenze, riconducibili, alla fine, alle attività di lettura e di

scrittura.

3. Distinguere tra materie (insegnamenti linguistici) e discipline (insegnamenti

contenutistici) sia nei campi di esperienza della Scuola dell’Infanzia, nelle aree disciplinari

(un tempo ambiti) della Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado, negli assi culturali

della Scuola Secondaria di 2° grado, uniformando, se possibile, la terminologia.

4. Indicare e specificare meglio la differenza tra lingue e linguaggi ed in particolare

tra Lingue (parlate, scritte, stampate) e Linguaggi Non Verbali e Multimediali, indicati

in sigla LNVMM.

5. Evitare di indicare i Linguaggi Non Verbali del Movimento, Suono, Immagine in

negativo e chiamarli in positivo “linguaggi dell’azione o dell’agire comunicativo del

corpo o della corporeità o più semplicemente del Corpo”.

6. Specificare quali sono i Linguaggi Multimediali: se solo quelli integrati dello

schermo come il cinema, la televisione, l’ipermedia o anche quelli della scena come, ad

esempio, i giochi, la cerimonia, il teatro e della carta come il manifesto, il fumetto e la

pagina illustrata.

7. Insegnare l’integrazione di testi di linguaggi diversi, la trasposizione da un

sistema d’integrazione testuale ad un altro (scena, carta, schermo), la redazione-edizione

di un prodotto culturale destinato ad un pubblico, interno od esterno alla scuola.

8. Riconoscere che il lavoro testuale, in tutte le sue forme, ha un altissimo potere

di transfert e che dipende da esso la formazione delle competenze specifiche di qualsiasi

altra attività umana. il testo fa la testa e la testa fa il testo e qualunque altro lavoro

materiale e immateriale.

La Scuola Alfamediale ha compiuto questi passi nella riscoperta e valorizzazione

dello studio di tutti i linguaggi del Corpo e della Parola, ridefinendo e centrando il curricolo

sul linguaggio monomediale su carta dell’alfabeto e sul linguaggio multimediale

su schermo dell’audiovisivo. Analizziamo più da vicino questa possibile, necessaria,

organica e semplificata strategia di rifondazione della scuola.

Il lavoro testuale con la telecamera

La presentazione video o televisiva è la fase finale di un lungo lavoro testuale programmato

dall’insegnante alfamediale o dal team di insegnanti alfamediali della classe

e che ogni alunno è chiamato a fare periodicamente. Essa gli insegna operativamente

e in forma graduale a passare dalla scrittura alfabetico-monomediale della carta alla

scrittura audiovisivo-multimediale dello schermo. La presentazione video è una pratica

didattica forte ed innovativa per la scuola, impegnativa e automotivante per gli studenti.

Essa prende di peso i ragazzi seduti “davanti allo schermo” della televisione, della

playstation e del computer, come succede per tante ore a casa, e li mette con il corpo

e la mente davanti e dietro alla telecamera, una volta per fare l’operatore di ripresa e

un’altra per fare il presentatore che comunica da “dentro lo schermo” ad un pubblico

invisibile. Quest’esperienza formativa, difficilmente può essere programmata dalla

famiglia ed è tuttora inesistente nella vita della scuola. I giovani, dalla Scuola

dell’Infanzia all’Università, la vogliono senza saperlo dire. Alcuni, pur di farla, inventano

spettacoli inguardabili con il videofonino, che poi scaricano su Youtube. La scuola

non riesce ancora a capire, a fare proprio e proporre il lavoro testuale della presentazione

video. Sa pensare solo al computer e alla LIM. Quando la telecamera entra in

classe, come avviene in modo ordinario nelle scuole della Rete Scuole Alfamediali

(RSA), gli studenti avvertono un profondo senso di liberazione e di rigenerazione. Fare

la presentazione video é come imparare a leggere e scrivere una seconda volta, ma in

forma più naturale ed efficace, con tutti i linguaggi del Corpo e della Parola. “Fare spettacolo”

per loro è rispondere ad un’originaria ed eterna esigenza umana di cultura, pensiero,

comunicazione. Perché lo spettacolo riesca bene essi devono però lavorare molto

ed imparare a correggere i tanti errori di grammatica, sintassi e punteggiatura che

fanno quando stanno davanti e dietro alla telecamera: esitazioni, parole non dette,

vuoti di memoria, passaggi sbagliati, ripetizioni inutili, sguardi fuori campo, tono piatto

della voce, inespressività del volto, gestualità assente o rigida, errori di postura e

d’inquadratura, insignificanza delle zoommate, scenografie non curate, luminosità sbagliata,

sobbalzi della telecamera ed altro ancora. Quando, infine, diventano bravi a controllare

ed armonizzare il Corpo e la Parola, sentono di stare bene e di pensare in modo

“leggero, rapido, esatto, visibile, molteplice”, per usare le categorie letterarie teorizzate

da Calvino, scrittore davvero alfamediale. Con questo nuovo ed immenso patrimonio

intellettuale di docenti e discenti ora è possibile trasformare le scuole anche in centri

di redazione-edizione di materiali didattico-culturali a stampa e in video per uso

interno o esterno alla scuola.

Diecimila scuole, di ogni ordine e grado, che fanno servizi a stampa e in video a

getto continuo per diffonderli dentro e fuori la scuola a fini informativo-formativi, costituiscono

sicuramente la più bella e potente rivoluzione culturale che possiamo augurare

alle giovani generazioni ed indirettamente a noi stessi, visto che devono essere i giovani

a pagare la nostra pensione e che la qualità di vita dell’intero sistema sociale

dipende alla fine dal capitale umano che abbiamo saputo creare.

Le competenze alfamediali

Ed ecco ora le 10 competenze attivate dalla Scuola Alfamediale con lo studio sistematico

dell’audiovisivo e la metodologia della presentazione video.

Per stare davanti e dietro alla telecamera ogni alunno:

1) deve saper usare bene il codice parlato, alfabetico, grafico, sonoro, motorio; 2) deve

saper integrare testi di linguaggi diversi: del Corpo (movimento, suono, immagine) e

della Parola (parlata, scritta, stampata); 3) deve saper usare le tecnologie analogiche

e digitali della scena, della carta e dello schermo; 4) deve saper trasporre lo spettacolo

illustrato su carta in spettacolo scenico e poi audiovisivo; 5) deve saper ricercare e

riportare ad unità tematica conoscenze scolastiche, personali e sociali; 6) deve saper

comunicare in modo diretto e indiretto con un pubblico; 7) deve saper valutare la performace

spettacolare sua e dei compagni; 8) deve saper collaborare con gli insegnanti

e con i compagni per la realizzazione della prova e del progetto; 9) deve saper rapportarsi

ai problemi reali della società, della cultura, del territorio, del passato, dell’attualità;

10) deve saper fare redazione-edizione di materiali a stampa e in video.

La prima differenza che salta agli occhi, confrontando le 8 competenze chiave

della proposta di Lisbona e le 10 competenze alfamediali, sta nel fatto che le prime

mirano a fronteggiare nel breve periodo i problemi dello sviluppo economico globalizzato,

mentre le seconde rispondono ad esigenze culturali e formative di lungo periodo

da curricolarizzare in un sistema istituzionale di facile comprensione e gestione.

L’insegnante alfamediale

L’insegnante alfamediale, prima di essere un insegnante di una particolare materia

o disciplina é un’intelligenza alfabetica ed audiovisiva, monomediale e multimediale,

della carta e dello schermo, della lettura e della scrittura con entrambi i linguaggi.

Egli sa dire e sa far dire ai suoi studenti la stessa cosa sia con il codice alfabetico sia

con quello audiovisivo. Tutti gli insegnanti devono avere, nel tempo, questa doppia

Coordinatore pedagogico della RSA • P.za S. Agostino, 2 – 91100 Trapani • tel. 0923.21500 cell. 338.9137150 • E-mail: tulliosirchia@virgilio.it

competenza professionale, riconducibile ad una competenza unica e generale, quella

alfamediale. Da questo punto di vista l’insegnante alfamediale non è un “docente dei

media” in aggiunta agli altri docenti, né un esperto esterno od interno che lavora in

compresenza con l’insegnante di classe, ma una nuova figura docente, più evoluta e

polivalente, la cellula rigenerativa della nuova scuola. Egli orchestra le attività di studio

scegliendo autonomamente l’approccio monomediale o multimediale. Fa fare periodicamente

(ad esempio, ogni quadrimestre) a tutti i suoi studenti la presentazione

spettacolare su scena, su carta, su schermo e la redazione-edizione di spettacoli scenici,

illustrati, audiovisivi, operando da solo o in team con gli altri docenti. Egli si sente

più maestro di lavoro testuale di lettura, scrittura, traduzione, integrazione, trasposizione

e redazione-edizione, che professore di contenuti disciplinari; più animatore e

comunicatore culturale che esperto di saperi specifici, comunque necessari.

La Scuola di Alta Formazione di Erice

La figura dell’insegnante alfamediale non esiste ancora nell’attuale ordinamento

scolastico, nazionale ed internazionale. La sua formazione professionale cammina di

pari passo con l’affermazione del modello alfamediale e con un convinto ed allargato

processo di riconversione istituzionale del sistema scolastico complessivo.

Ad Erice per una felice coincidenza di fattori positivi esistono tutte e tre le condizioni.

Innanzitutto, vi è nata la Scuola Alfamediale, un modello di scuola ad alto potere

formativo, che non sconvolge le strutture esistenti ed é a basso costo di gestione;

c’é la sede della Scuola Polo della Rete Scuole Alfamediale (22 scuole in tre regioni) in

fase di espansione nazionale; c’é un nucleo storico di insegnanti alfamediali capaci di

fare i formatori dei propri colleghi; c’é uniformità d’indirizzo alfamediale in tutte le

scuole del Comune di Erice; c’è nel circondario provinciale una corona di scuole alfamediali

che tende ad infittirsi; c’é la disponibilità dichiarata di diversi Sindaci a farsi

carico di questa sorta di riforma dal basso, uniformando l’indirizzo pedagogico di tutte

le scuole del territorio; c’è una lunga esperienza di convegni e corsi di formazione interni

ed esterni alle singole scuole; ad Erice Vetta c’è la struttura polivalente ed attrezzata

dove fare formazione ed incontri seminariali e convegnistici; c’è il progetto politico

del Comune di Erice di avviare un programma di alta formazione in vista anche dell’allargamento

del mercato europeo ai Paesi del Magrheb. Appena tutto andrà in sinergia

si può, a ragione, parlare di proposta alfamediale di Erice in risonanza storica con la

strategia di Lisbona e dei processi di riassetto curricolare dello studio e della pratica di

tutti i linguaggi, integrati o meno, in atto in Italia e nel mondo.

A questo punto é possibile fare entrare “dentro le schermo”, a fini formativi, tutti

i ragazzi del mondo perché possano scoprire ed abitare, appunto, il loro mondo. Come

l’Alice di Lewis Carroll, essi non devono più accontentarsi di quello che riflette lo specchio

elettronico dello schermo, davanti a cui si mettono ogni giorno, ma possono agevolmente

attraversarlo per conquistare l’infinito spazio di segni audiovisivi che nasconde.

“Oh, Kitty, come sarebbe bello potere entrare nella Casa dello Specchio!” disse

Alice alla gattina, “Sono sicura che ci sono delle cose meravigliose! Facciamo finta che

ci sia un modo per entrare… Ecco, guarda: sta diventando una specie di brina, proprio

in questo momento, te lo dico io! Andare di là sarà facilissimo…”

Tullio Sirchia

 




Vaccinazioni: luci, ombre e nuove politiche sanitarie

vaccinazioni_obbligatorie_bigI vaccini sono entrati nella nostra quotidianità da molti anni e negli ultimi tempi sono sorte diverse polemiche sul loro uso così esteso. Ma facciamo un passo indietro: la loro struttura si basa su frazioni proteiche di cellule estranee al nostro organismo costituite da microorganismi (o parti di essi) inattivati che, iniettati ,stimolano la produzione di anticorpi. In Italia esistono vaccini obbligatori e raccomandati. Quelli obbligatori sono quattro: antiepatite B, antipolio, antidifterica, antitetanica, mentre i raccomandati sono pertosse, morbillo, parotite, rosolia, meningite, papilloma virus e influenza. Le campagne vaccinali operate in tutto il mondo per debellare queste gravi malattie hanno dato risultati straordinari,anche se non si può parlare della loro completa eliminazione. Attualmente con l’arrivo incontrollato di popolazioni non vaccinate è ancora più importante il rispetto delle normative soprattutto nei bambini. Tuttavia stanno sorgendo da alcuni anni comitati di genitori che si oppongono al trattamento sui loro figli. Il tutto è partito da un caso sollevato da un medico inglese che aveva correlato l’insorgere di una grave patologia come l’autismo, in un bambino, dopo la vaccinazione ,per la presenza di mercurio nel prodotto. Da quel momento sono scoppiate polemiche e prese di posizione da parte di molti genitori sul far vaccinare o meno i propri figli. Alcune cause dove è stata dimostrato il danno vaccinale hanno avuto forti risarcimenti dalle case farmaceutiche. E’ anche vero che se un figlio contrae la malattia perché non è stato vaccinato, l’asl di riferimento può far causa ai genitori. Quindi la decisione non è così immediata. La comunità scientifica è molto divisa sia sui risultati che sulla necessità di operare in modo così esteso. Alcuni farmacologi sostengono che la riduzione di queste epidemie sia dovuta anche ad una maggiore igiene e ad un’alimentazione più ricca.

La vaccinazione antinfluenzale è stata largamente consigliata da diversi anni a tutte quelle categorie a rischio come gli anziani, gli immunodepressi, gli asmatici, gli operatori sanitari e gli insegnanti.Grazie a questa sensibilizzazione sono diminuiti i ricoveri da complicanze broncopolmonari che negli anziani sono una causa frequente di morte. Altro fattore importante è la conseguente riduzione del contagio.L’aspetto più spiacevole che si può riscontrare è la contrazione di un’influenza legata ad una variante del virus,anche se più attenuata. Qui il rapporto rischio-beneficio è a tutto vantaggio del secondo.

E’ di questi giorni la notizia che la Regione Friuli Venezia Giulia eliminerà le vaccinazioni obbligatorie: antipolio, epatite B, tetano e difterite in linea con le indicazioni europee.

Gloria Bedocchi, farmacista

Gloria Bedocchi, farmacista

Molti medici di famiglia si stanno rifiutando di fare l’antinfluenzale per eventuali reazioni allergiche gravi.

Il 5 ottobre 2013 si è svolto il primo congresso nazionale sulle vaccinazioni di massa a Padova. L’organizzatore è il dott. Roberto Gava cardiologo e farmacologo clinico, da questo primo importante incontro è emerso che ogni vaccinazione deve essere sempre valutata dopo un’accurata visita medica considerando il rapporto rischio-beneficio. Per i bambini ,soprattutto quelli a rischio, sarebbe opportuno prima della vaccinazione. un esame ematochimico. La medicina naturale può aiutare l’organismo ad affrontare meglio il rischio influenza con preparati che aumentano notevolmente le difese immunitarie e sono pressoché privi di effetti collaterali. Le piante più utilizzate sono: echinacea, acerola, rodiola, rosa canina ,da sole o unite ad oligoelementi come rame e zinco. Esiste da anni anche un vaccino omeopatico che da buoni risultati. Oggi possiamo essere attivi protagonisti della nostra salute insieme al medico o al naturopata di fiducia percorrendo così una nuova strada della medicina.

parodia dei vaccini di Beppe Grillo

 




Andiamo al cinema, rubrica di Antonio Ferraro (coppialife.it)

Checco Zalone sul set del film "Sole a Catinelle" a Padova

SOLE A CATINELLE.

Un film di Gennaro Nunziante. Con Checco ZaloneAurore Erguy,Miriam DalmazioRobert DancsRuben Aprea

Checco ( Zalone ) è pieno di fantasie  : ha lasciato il lavoro di cameriere per fare il rappresentante di aspirapolveri ma sogna di essere un genio della finanza ; il nuovo lavoro, grazie però alle numerosissime zie che gli comprano gli elettrodomestici, sembra andare bene e Checco  riempie la casa di costosissimi aggeggi, contro il parere della moglie Daniela (Dalmazio) , operaia di una fabbrica in crisi ; esaurito il parentado, le vendite vanno in crisi , la Finanziaria con la quale aveva contratto debiti mostruosi gli pignora tutto e Daniela lo lascia; lui, non domo, continua a sognare e promette al figlio Nicolò  ( Dancs) che, se verrà promosso con tutti 10 ,lo porterà a fare una vacanza favolosa ; Nicolò si applica e, nonostante le suppliche di Checco alla maestra (Lyda Biondi) , avrà la pagella desiderata; padre e figlio si ritrovano così nella casetta della campagna molisana della tirchissima zia Ritella ( Matilde Caterina) ; un giorno ( il povero Nicolò non ce la fa già più) incontrano il bambino Lorenzo (Aprea) che ha gravi problemi di affettività e soffre di mutismo selettivo , la spontanea ( e, in fondo, affettuosa ) rozzezza di Checco lo induce a parlare e la  sua ricchissima madre , Zoe ( Erguy) , li prega di passare le vacanze con loro – convinta dalla psicologa ( Orsetta De Rossi ) che la loro compagnia sia salutare per Lorenzo. Checco si trova così gomito a gomito con gli agognati squali della finanza e due di loro , Marin ( Marco Paolini) ,patrigno di Zoe e Bollini ( Augusto Zucchi ) , convinti che sia il compagno dell’ereditiera , cercano di coinvolgerlo nei loro affari. Inutile dire che l’ingenuo Checco avrà la felicità e salverà la fabbrica dove lavora Daniela .

Il film è uscito in un numero spropositato di copie (1187 quando il massimo , rarissimamente raggiunto, e di 8/900 copie) ma si capisce . il suo primo film aveva incassato 20 milioni di euro e il secondo aveva toccato il record per un film italiano di 41 milioni . Queste cose non sono mai casuali : nel cinema vale il principio che il pubblico ha ragione e , infatti, Zalone è bravissimo e  nei primi due lavori aveva raccolto l’eredità del primo Sordi : i suoi personaggi sono rozzi, spontanei , amorali ma veri ed umanissimi e la loro lettura è molto più complessa e sfaccettata  di quanto non appaia lì per lì . Qui . forse, più che a Sordi, viene da pensare – sempre tenendo, come per Albertone, le debite distanze – a Totò : il personaggio si fa maschera (  e, non a caso, mantiene il nome d’arte dell’attore ) e la realtà  nella quale agisce viene affrontata con fiabesca clownerie . Lui ( che è molto intelligente ) intanto sta pensando, prima che si esaurisca il filone d’oro,  ad uno sbocco più imprevedibile ed attoriale .

 

 




Cinema abbandonati: nuovi “fantasmi urbani” di Roma

cinemaL’indifferenza distrugge le sale storiche della capitale
“Fantasmi urbani”. Così 120 studenti della facoltà di Architettura della Sapienza hanno definito 13 dei tanti cinema abbandonati di Roma, in questi mesi oggetto di una serie di video-inchieste in cui vengono esaminate le varie problematiche che hanno portato sale storiche, veri e proprio presidi culturali, alla chiusura.
“Si mira soprattutto a sensibilizzare gli enti preposti alla salvaguardia di veri e propri monumenti di architettura moderna”
In giugno la facoltà di Architettura della Sapienza di Roma ha affidato agli studenti del corso di laurea in gestione del processo edilizio, guidato dal professor Silvano Curcio, il compito di organizzare un censimento sui cinema abbandonati della capitale. I 120 studenti del primo anno, suddivisi in 13 gruppi di lavoro, hanno scavato nella storia di questi motori culturali ormai caduti nel dimenticatoio, raccogliendo informazioni dagli archivi pubblici e privati, diffuse sul web o contenute nelle biblioteche, arricchendole con delle testimonianze video dei cittadini. Delle 50 sale abbandonate individuate ne sono state scelte 13: Sala Troisi, Cinema Paris, Metropolitan, Volturno, Cinema Airone, Puccini, Augustus, Africa, Apollo, Avorio, Missouri, Impero, Quirinale.
Come spiega il professor Silvano Curcio si tratta di “veri e propri monumenti di architettura moderna”, per cui “con questa video inchiesta si intende portare alla conoscenza di tutti la triste situazione in cui riversano questi edifici, che hanno segnato la storia dei quartieri in cui si trovano, ma soprattutto si mira a sensibilizzare gli enti preposti alla loro salvaguardia sperando che facciano qualcosa al più presto per impedire la loro estinzione e conversione in sale scommesse o bingo, distruggendo tutta la loro importanza storica, architettonica e socio-culturale”.
Che fine fanno i cinema a Roma?
Indignazione, nostalgia, voglia di ritrovare un luogo di aggregazione sociale sono i sentimenti che emergono dalle interviste che gli studenti della Sapienza hanno svolto sul territorio. Dai cinema più noti, come il Metropolitan, a pochi passi da piazza del Popolo, a quelli “di quartiere”, come il Puccini, il problema che emerge è lo stesso: la scarsa volontà di enti privati o pubblici di investire per riqualificare pezzi storici della capitale. Molti dei cinema abbandonati hanno origine nel periodo mussoliniano, quando la proiezione di un film rappresentava in tutto il mondo un momento culminante di aggregazione sociale. Lo era il Puccini, unico divertimento del quartiere di Casalbertone che, nato tra gli anni Quaranta e Cinquanta, chiuse negli anni ’60 per diventare uno dei tanti fantasmi urbani di Roma, raggiungendo il culmine del suo degrado nel 2001 quando le forze dell’ordine vi scoprirono un deposito di motorini urbani. Nonostante l’edificio sia di architettura anonima, esercitava una grande capacità attrattiva e le tante associazioni del territorio ne chiedono quanto meno la sua messa in sicurezza.
E che dire dell’ex cinema Induno, nel 1997 rinominato in onore dell’attore Sala Troisi? Chiuso lo scorso anno, mantiene vivi i ricordi di chi lo definisce il cinema “dei bambini e dei cartoni animati”, pieno di ragazzi soprattutto a Natale, un cinema popolare accessibile a tutti. O ancora del cinema Metropolitan, sito in via del Corso, di cui gli abitanti intervistati ricordano con piacere quando la sala proiettava molti film in lingua originale e il cinema si riempiva di stranieri che vivono a Roma. Auspicando per questo spazio una ridestinazione d’uso sempre in ambito artistico, come potrebbe essere un laboratorio teatrale, oggi devono tuttavia rassegnarsi a vivere in un centro storico pieno di negozi, ma senza un punto di ritrovo, di cultura.
Contro tale prospettiva c’è chi si è opposto, ha reagito. Si tratta degli occupanti del Cinema America che l’autunno scorso hanno manifestato tutto il loro diniego per il progetto di trasformazione del locale in una palazzina residenziale, trasformando il cinema in un vivace centro culturale, ricco di iniziative. Tramite offerta libera, per esempio, chiunque può entrare per vedere uno spettacolo, principalmente cineforum. Così come l’idea della biblioteca-sala studio: un aperitivo che si tiene ogni giovedi il cui ingresso si paga con un libro, di modo tale da permettere la creazione di una lista di volumi che possano permettere, soprattutto agli studenti della zona, di usufruire di questi spazi per studiare e leggere.
Un esempio dalla Francia
Tra gli intervistati, chiamati a raccontare i loro ricordi sul Cinema Paris, un ambiente culturale in tutti i sensi, un luogo, a detta del proprietario Alberto Francesconi, “dove c’erano beni culturali e si faceva attività culturale”, uno studente francese in Erasmus spiega come la Francia ha cercato di sviluppare un approccio alla cultura nel quale gli interessi economici vengono messi in secondo piano rispetto a quelli culturali. Gli enti locali hanno la possibilità di finanziare i centri culturali, in particolare i cinema, che altrimenti non riuscirebbero ad essere autosufficienti. Ad esempio pratico, nel 2003 il comune di Parigi ha deciso di acquistare il cinema Le Luxor, conservandone il ruolo di cinema di quartiere, sotto la spinta della mobilitazione da parte delle associazioni del quartiere, iniziata due anni prima. Perchè il comune di Roma non potrebbe fare altrimenti con i suoi cinema storici, invece di lasciarli al degrado ed aggiungere alle sue tante rovine altri “fantasmi urbani”?
Sabrina Valentini
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SALVA LA DATA: 21-23 Novembre: Forum Corviale

forumLA FORZA NEL SEGNO
CORVIALE 2020 INTELLIGENTE SOSTENIBILE INCLUSIVO
Scopriamo insieme l’operosità, la storia, le bellezze, le ricchezze ambientali e culturali
Giovedì 21 novembre
Venerdì 22 novembre
Sabato 23 novembre




Bando Aperto agli Artisti di tutto il mondo

mitreoIn occasione del quarto centenario della nascita dell’importante artista calabrese Mattia Preti, l’Associazione Culturale “Mattia Preti” in collaborazione con Il Mitreo-ArteContemporanea ed altri Enti pubblici e privati italiani ed esteri, organizza la
Manifestazione Culturale Internazionale di Arte Postale Itinerante “Paesaggio e Identità”
Gli artisti di tutto il mondo, sono invitati a riprodurre simbolicamente, ispirandosi ai principi di umanità e di spiritualità, proclamati dalla visione pretiana, d’incontrastata attualità, un’opera sulla tematica “Paesaggio e Identità”, in quanto espressione della cultura di ogni comunità che riflette e si confronta sui temi dell’“Identità”, del “Pregiudizio”, della “Denuncia”, della “Memoria”, dell’“Empatia”, della “Consapevolezza”, della “PartecipAzione”, dell’“Integrazione”, dell’“Opportunità”, della “Condivisione”, ed altro.
Sezioni ammesse: fotografia, pittura, disegno, incisione, collage, tecniche miste, e tutte quelle tecniche idonee alle caratteristiche espresse nel bando allegato.
LA PARTECIPAZIONE E’ GRATUITA
Scadenza invio domanda di partecipazione e opera – 15 dicembre 2013
L’esposizione delle opere pervenute si terrà presso
Il Mitreo-ArteContemporanea
dal 20 Dicembre 2013 al 22 Gennaio 2014
Bando e moduli di partecipazione scaricabili dal nostro sito internet
www.mitreoiside.com

Info e contatti:

e-mail premiomattiapreti.3ed@gmail.com

blog ufficiale: http://premiomattiapreti.wordpress.com/

(tutte le comunicazioni saranno pubblicate sul blog ufficiale)

profilo facebook: PREMIO MATTIA PRETI




Passeggiata-chiacchierata a Corviale

a_passeggio_a_CorvialeSabato 9 novembre dalle 10,30 alle 13

passeggiata-chiacchierata a Corviale

appuntamento all’ingresso della Biblioteca comunale Renato Nicolini

Via Mazzacurati, 76




Gli anni felici di Daniele Lucchetti

da http://webappunti.blogspot.it/
di Antonio Trimarco

“Anni felici”  diretto da Daniele Luchetti, ha come protagonisti Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti. Il film è stato presentato in anteprima all’edizione 2013 del Toronto International Film Festival.
Se come dice ad un certo punto l’odiato/amato critico: “un opera d’arte deve leggerti dentro”; questo film è un opera d’arte .
Nella lettura autobiografica della sua esperienza di bambino, Daniele Lucchetti, rivede l’esperienza di quegli anni e ci dice che lì c’era la felicità, quelli erano appunto gli “Anni felici”.
C’era l’amore dei genitori per loro, i due fratellini, l’amore dei genitori tra loro, la famiglia della mamma accogliente e protettiva. L’arte del papà a suo modo intrigante e misteriosa, la severità, ma anche la dolcezza e la vicinanza della mamma.
Le camere piene di giocattoli sparsi, il regalo della nonna, la sospirata telecamera superotto, il viaggio in Francia con l’amica della mamma dove ci sono altri bambini e bambine con cui giocare imitando le prove artistiche del papà e sentendo i primi brividi dell’attrazione.
La trama è così ben descritta in blogo.it :”Siamo nel 1974 a Roma. Guido è stato colto dal furore dell’arte concettuale, ed è totalmente dedito alla sua missione avanguardista, tanto da sentirsi schiacciato e frenato” dal suo vissuto “di una famiglia sin troppo borghese, canonica e invadente. La moglie Serena, infatti, non è interessata all’arte, ma è follemente innamorata del marito: un amore passionale e dalla forte carica erotica di cui i loro figli sono spessi resi involontariamente partecipi. Nonostante retrospettivamente quelli possano essere definiti gli anni della felicità, la coppia deve affrontare tensioni e difficoltà, rappresentate dai continui tradimenti di Guido e da una vocazione artistica che non sembra proprio trovare riscontro nella bontà delle opere prodotte.”
Anche Serena ad un certo punto trova un “altro amore” e a quel punto la situazione si complica davvero.
Ma come dicevamo all’inizio per Dario e Paolo, ma anche per Guido e Serena, almeno agli occhi e al cuore di Dario (Daniele Lucchetti) quello è stato il tempo della felicità, ma ce ne accorgiamo, troppo spesso, dopo.
Uscendo dalla sala cosa “ci legge dentro” quell’opera, sicuramente ci interroga su cos’è l’amore, quello per i figli, quello per il proprio coniuge e sugli altri che in una vita si possono incontrare.
Ci interroga anche sulla difficoltà della vita di coppia, ma anche sulla sua ricchezza, quella fu l’epoca della legge sul divorzio, una legge che in un paese di cultura cattolica ma anche comunista come il nostro, fu sicuramente un grande avanzamento civile.
Infine ci chiede anche una riflessione sul nesso tra arte e amore, non a caso Lucchetti con questo film ci regala un opera d’arte che è una dichiarazione d’amore alla sua infanzia e alla sua famiglia, una rilettura e una rielaborazione autobiografica coraggiosa che ci parla come padri, madri e figli.

L’affresco di un epoca attraverso il racconto dei rapporti dentro una famiglia, da vedere assolutamente.

Altri link
http://cultura.panorama.it/cinema/al-cinema/anni-felici-luchetti-recensione