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Il capitale umano

capitale umanoUn film di Paolo Virzì. Con Valeria Bruni TedeschiFabrizio BentivoglioValeria GolinoFabrizio GifuniLuigi Lo Cascio.

Un cameriere, in un pase della Brianza, torna a casa in bicicletta, dopo una lunga serata di lavoro durante una cerimonia scolastica, quando viene urtato da una macchina e cade in una scarpata e, di lì a poco morirà. Su questo dramma  si innestano le storie dei protagonisti del film , i  Bernaschi e gli Ossola : Giovanni Bernaschi (Gifuni) è un finanziere ricchissimo e duro ed è sposato con la nevrotica ed insicura  Carla (Bruni Tedeschi) , la coppia ha un figlio, Massimiliano (Guglielmo Pinelli), arrogante e fragile ad un tempo, cresciuto dal padre nel mito di una costante competitività ; Massimiliano ha una storia con Serena (Matilde Gioli) , la figlia di Dino Ossola (Bentivoglio) , agente immobiliare con velleità di grande operatore finanziario; quest’ultimo approfitta della relazioncina della figlia con il giovane Bernaschi per diventare amico di Giovanni e convincerlo a farlo entrare in una grossa speculazione ; per farlo si fa anticipare 700.000 euro dalla banca diretta dal suo amico Giampi (Gigio Alberti); la nuova compagna di Dino, Roberta (Golino), una psicologa seria e sensibile, nel frattempo, scopre di essere incinta.

L’incidente iniziale era stato provocato dal suv di Massimiliano che , poco dopo, era tornato a casa ubriaco  mentre la madre faceva l’amore con Donato (Lo Cascio) , docente di Storia del Teatro. Attraverso una serie di flah-back visti attraverso gli occhi di Carla e di Serena veniamo a sapere che gli affari di Giovanni stanno andando pericolosamente male, che l’agenzia di Dino sta fallendo, che Carla ha convinto il marito a comprarle il teatro del paese che stava chiudendo (e in quell’occasione rivede Donato), che Serena e Massimiliano sono solo amici (fingono di stare ancora insieme per non deludere le famiglie) , che Serena ha una relazione con Luca (Giovanni Anzaldo), un ragazzo problematico in cura coatta da Roberta in seguito ad una condanna per spaccio e che loro due sono andati a prendere Massimiliano ubriaco da amici la sera dell’incidente . L’ispettore di polizia (Bebo Storti) sospetta di Serena e Massimiliano ma dovrà ricredersi.

Virzì ha preso un romanzo di Stephen Amidon ambientato in Connecticut e ne ha trasferito le vicende in Brianza , smorzandone le note thriller ed accentuando il tono di critica di costume. Il risultato è un film corretto, di buona regia e con un cast impeccabilmente professionale ma , come sempre quando il regista accentua i toni sociali (vedi “Tutta la vita davanti”), assai poco coinvolgente . I vari personaggi sono , alla fine, poco più che pupazzetti , ciascuno con un carattere ad una dimensione stampato addosso : il bieco speculatore, il cinico ed illuso arrivista, la borghese annoiata, il bulletto , la brava operatrice sociale e via semplificando . Niente a che vedere , rimanendo nella produzione più recente, con il bozzettistico (Virzì lo è sempre) ma tenero e coinvolgente “La prima cosa bella”. Detto questo, niente giustifica il tono censorio – e ,quindi, di per sé inaccettabile – con il quale il giornale Libero (in ben tre pagine compresa la prima !) accusa il film di leso brianzolismo: un’opera  va giudicata per come racconta e mai per i ciò che racconta (ovviamente questo vale sempre e senza eccezioni ).

https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=Oh7o5Su2fk0




Le biblioteche al tempo di Google (e dei tagli alla cultura)

biblioteche“Le biblioteche italiane non possono limitarsi a difendere i servizi esistenti, sempre più minacciati da tagli ripetuti dei loro bilanci: occorre ripensare il ruolo della biblioteca, cercare forme di organizzazione e di finanziamento differenti. Questa sarà la sfida dei prossimi anni”.
Con questo accorato appello si conclude l’ultimo denso saggio di Antonella Agnoli, Caro Sindaco, parliamo di biblioteche (Editrice Bibliografica, pp. 140, € 12,00), concepito come una lunga lettera ai Sindaci delle città italiane.
In questo prezioso volumetto l’autrice, da anni impegnata nel settore con studi, pubblicazioni specialistiche (a partire dall’importante Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà, uscito qualche anno fa per Laterza), articoli sui giornali, ma anche come operatrice sul campo (ha avuto tra le altre cose il merito di concepire la biblioteca San Giovanni di Pesaro, uno degli interventi più innovativi realizzati negli ultimi anni nel nostro Paese), ribadisce e rilancia l’importanza di queste fondamentali istituzioni, anche nell’epoca di Internet e di Google. Che ancora, ad esempio, sono in grado di svolgere la loro cruciale funzione di conservazione del sapere nel lungo periodo meglio di qualunque dispositivo digitale, la cui memoria è strutturalmente “volatile”. “La rete – scrive a questo proposito Agnoli – permette di accedere facilmente a una grande quantità di informazioni, ma non ne garantisce l’integrità e la permanenza: che succede quando certi contenuti scompaiono, perché registrati su formati in disuso, su macchine non più disponibili, o su siti web chiusi?”. E anche perché, dato che “all’aumento delle possibilità di accesso non corrisponde una parallela crescita delle capacità di comprensione e uso dei contenuti”, ci sarà sempre bisogno di “luoghi fisici di formazione e di consultazione che permettano di orientarsi nella società dell’informazione”, come sono appunto le biblioteche.
Oltre a questo difficile compito, queste strutture dovrebbero per l’autrice costituire anche una sorta di presidio civile, di laboratorio per il civismo, la tolleranza, l’integrazione e il multiculturalismo. Un elemento cardine di un “welfare avanzato”, in grado di dare risposte a bisogni nuovi e sempre più differenziati dei cittadini.
Il problema fondamentale però, al solito, è quello delle risorse e degli investimenti. Le biblioteche “di pubblica lettura” (diverse dalla biblioteche che conservano i libri di valore storico) ricadono, dal punto di vista economico e gestionale, tutte sulle spalle degli Enti locali e in particolare dei Comuni. Con i terribili tagli di questi anni, un sistema già fragile – e peraltro assolutamente sottodimensionato rispetto a quelli degli altri Paesi a noi confrontabili – rischia di collassare definitivamente. Per fronteggiare questa deriva, l’autrice, nella seconda parte del libro, suggerisce una serie di utilissimi accorgimenti per la buona progettazione delle biblioteche, ma anche per il loro migliore funzionamento, e infine per il reperimento di risorse. Resta il fatto però che, in questo come in altri casi, senza un forte rilancio degli investimenti pubblici, che non potrà che coinvolgere il livello statale, per i Comuni sarà difficile, anche con le migliori intenzioni, assicurare un futuro a queste gloriose e indispensabili strutture.
di Vincenzo Santoro
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Accade a Corviale

mitreoDomenica 12 gennaio dalle 20,30
La Milonga del Domingo – accendi la tua voglia di tango!!!
Openclass di TANGOVALS con l’artista e maestra Argentina MARCELA SZURKALO
“La struttura musicale del Vals. sequenze e adorni per una migliore interpretazione”.
Selezioni musicali a cura di Gattonio dj
www.tangoallegria.it
bibl corvialeLunedì 13 gennaio 2014
ore 16.00 “C’era una volta…il Quadrante di Corviale”
Mostra, a cura di Cinzia Galeota e Brigitte Cordes che, attraverso immagini fotografiche del passato, messe a disposizione degli abitanti del Quadrante di Corviale, ripercorre la storia e la trasformazione del nostro territorio a partire dai nostri “antenati Arvali”.
Biblioteca “Renato Nicolini” – Via Marino Mazzacurati, 76
Ore 18.00 Progettiamo insieme la piazza di Corviale, Inclusiva, polifunzionale, territoriale
Roma Capitale – Municipio XI
Parte il processo partecipativo per la progettazione della nuova piazza di Corviale . Il Municipio, i progettisti, le Associazioni, i Comitati e i cittadini.

Centro Polivalente “Nicoletta Campanella” Via Marino Mazzacutati, 76

Ore 20.00 Invito all’Opera “Aida” di G. Verdi
a cura di M. Laurenza

Biblioteca “Renato Nicolini” – Via Marino Mazzacurati, 76




Graffiti in stile antica Roma sulle rive del Tevere: il progetto artistico divide la città

graffitoPotrebbe cambiare l’aspetto del Tevere e del centro storico. Ma potrebbe anche dividere i romani e far saltare sulla sedia i più legati alle tradizioni capitoline e all’immagine della città eterna. Lui è l’artista sudafricano William Kentridge, che vanta una fama internazionale e ha scelto la Capitale per la sua più grande opera d’arte urbana mai realizzata finora. Il progetto di street-art prenderà forma alla fine della prossima estate, voluto dall’associazione onlus Tevereterno per riqualificare le sponde del biondo fiume, anche se inevitabilmente si accenderà il dibattito sulla necessità prioritaria di bonificare prima il fiume, le sue banchine e le sue piste ciclabili, rendendo vivibile la zona tutto l’anno, per poi occuparsi dell’aspetto estetico.
MEZZO CHILOMETRO Eppure, nonostante le ormai note difficoltà di creare proprio a Roma un’osmosi di successo tra arte contemporanea e urbanità, è possibile che alla fine prevalgano comunque gli apprezzamenti. All’artista sudafricano – cooptano dopo anni di lungo corteggiamento dall’associazione onlus Teverterno – è stato dunque assegnato il compito di impreziosire, con i suoi disegni, i muraglioni del Tevere per 550 metri, da ponte Sisto fino a ponte Mazzini. Kentridge creerà, nell’opera intitolata “Triumphs and laments” – trionfi e lamenti, più di novanta grandi figure, alte fino a nove metri, che rappresenteranno il procedere dei trionfi e delle sconfitte dell’età dei miti. Volti d’imperatori, schiavi e gladiatori sembreranno camminare controcorrente e racconteranno la storia della città, formando quasi una processione visibile al pubblico dalle banchine lungo il fiume così come dal livello del Lungotevere. La tecnica usata – ideata e testata già nel 2005 dall’artista statunitense Kristin Jones nello stesso luogo – sarà quella della pulitura selettiva della patina di smog e pellicola biologica che si è accumulata sui muraglioni. Getti d’acqua e vapore, dunque, nessuna vernice e nessun colorante, mostreranno le immagini di Kentridge senza arrecare danno alla tutela dei monumenti storici. L’opera, pertanto, sarà destinata lentamente a scomparire, quando lo smog tornerà a impossessarsi dei muraglioni.

GLI IDEATORI Il costo complessivo dell’operazione è di 350mila euro, completamente finanziati dall’associazione Onlus Tevereterno e da una serie di gallerie d’arte contemporanee che da anni lavorano con l’artista sudafricano. «L’obiettivo è semplice: impreziosire quella parte della città che nell’immaginario collettivo altro non è se non un luogo sporco e pericoloso», afferma Thomas Greene Rankin, a capo dell’associazione Tevereterno. «Parlare delle sponde del biondo – prosegue Rankin – per molti significa solo parlare di Estate romana, di banchetti e ristoranti che fioriscono da giugno a settembre, mentre per il resto dell’anno quell’area va bene solo per portare a spasso i cani, fare jogging o trovarci qualche morto ammazzato».

Eppure c’è anche chi crede, invece, che quello spazio potrebbe trasformarsi in una valida officina di diffusione culturale, consacrando, a Roma, l’arte contemporanea anche al di fuori di un museo. Tentare di creare questa connessione senza provocare cortocircuiti non è affatto semplice, ma il progetto è pronto e Kentridge sta già lavorando ai bozzetti. Resta ancora da capire se la Sovrintendenza capitolina riuscirà, per tempo, a licenziare l’autorizzazione, al momento in stand-by più per la mancanza di un sovrintendente capace di licenziare il progetto e assumersi eventuali oneri e onori, che per reali perplessità legate all’opera. Il progetto gode, invece, sia del benestare del Mibac che di quello della regione Lazio, oltre che del favore «incondizionato» dell’assessore capitolino alla Cultura, Flavia Barca.
di Camilla Mozzetti
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EUROPA CREATIVA (2014-2020)

ueeuropa creativa 2014-2020




Un boss in salotto

Un-Boss-In-SalottoUn film di Luca Miniero. Con Paola CortellesiRocco PapaleoLuca ArgenteroAngela FinocchiaroAlessandro Besentini.

Cristina Coso (Cortellesi) vive in un lindo ed ecologico chalet in Trentino con il marito Michele (Argentero) ed i figli Fortuna (Lavinia de’ Cocci) e Vittorio (Saul Nanni); lei è la tipica moglie del nord: efficiente e ambiziosa è sempre pronta a sollecitare il mite marito a farsi avanti nel lavoro ed i figli ad eccellere negli studi e nel cogliere le occasioni di promozione sociale che l’ambiente scolastico – o, nel caso di Fortuna, una scuola di danza – possono offrire. Tutto  bene quindi; non esattamente perché Cristina non è proprio una trentina doc : viene dalla Campania e si chiama Carmela  e ha cancellato il proprio passato;  un brutto giorno, però, viene convocata   in commissariato  e lì due poliziotti (Marco Marzocca e Massimo De Lorenzo) le comunicano che il fratello Carmine (Papaleo) , accusato di essere un boss della camorra, ha indicato la casa della sorella quale domicilio , in attesa del processo che lo vede imputato .Cristina/Carmela è costretta ad introdurre nella sbigottita famiglie il fratello in perfetta mìse cafona , con tanto di catene d’oro e stuzzicadenti. Michele, in particolare, vede vicina la propria fine quando il suo datore di lavoro, Carlo Manetti (“Ale” Besentini) si presenta a cena con la spocchiosa moglie Doriana (Finocchiaro) e i due vengono messi in fuga da Carmine che si finge maggiordomo rumeno ma vuole far loro pagare i soprusi con cui il loro figlio martirizza Vittorio. Quando , però, la  verità viene fuori tutto cambia : Manetti , sperando in un intervento di denaro riciclato della camorra, fa fare un carrierone a Michele e la porta della loro casa si spalanca per i Coso , lo strozzino che prestava soldi a Michele (è così che lui zittiva le pretese di Cristina) dichiara soddisfatto ogni suo credito e persino la scorbutica vicina (Giselda Volodi,  bravissima) si concede sfacciatamente a Carmine . Al processo , però, tutti i testimoni ( i Ditelo Voi in vari travestimenti) scagionano Carmine ,piccolo delinquente che voleva solo essere un po’considerato.

Il napoletano Miniero, dopo varie incursioni nel grottesco – da solo o in coppia con Paolo Genovese – ha incontrato il successo con “Benvenuti al sud” e lo ha confermato con “Benvenuti al nord” , entrambi prodotti da Cattleya ; ora la produzione e il regista ripropongono  la stessa formula : il sud cialtrone e un po’ miserabile ma di cuore sincero che incontra ed affascina il nord malato di un efficientismo di maniera. Se a questo si aggiunge la riproposizione del duo di successo di “Nessuno mi può giudicare”: Cortellesi-Papaleo , l’utilizzo , anche parecchio forzato, dei due caratteristi lanciati dai due “Benvenuto..”: Salvatore Misticone e Nunzia Schiano , addirittura avendo scelto Ale per il ruolo dell’imprenditore,  il dare a Franz un minuscolo cameo per dichiarare la coppia nei titoli, ci troviamo di fronte ad una operazione produttiva assai astuta e funzionale. I primi risultati al botteghino danno ragione ai prodotturi, perciò onore al merito: in fondo  – e per una commedia è un vero complimento – è come passare due orette in compagnia di vecchi compagni di goliardia, un po’ prevedibili ma simpatici .

 

 




I HAVE A DREAM

romaGennaio 2014, potrebbe essere il mese che inaugura un anno di svolta per le politiche culturali romane. Una rinnovata classe politica che riesce a riformare il sistema culturale capitolino, anche alla luce del deprimente, desolato e confuso panorama del dicembre appena trascorso.
Purtroppo gli ultimi sette mesi non hanno brillato per grosse riforme, ma neanche per azioni come segnali di discontinuità dalle politiche precedenti. Roma rimane la città dei grandi poteri e delle lobby che tracciano le linee guida della politica territoriale.
I debiti con artisti e teatri continuano ad accumularsi, complici bandi uguali negli anni, emessi senza copertura economica (vd cultura.lazio.it). Poli strategici come il museo d’arte contemporanea (Macro) aspettano da mesi un direttore. I teatri e i cinema chiudono, anche se in attivo. Il 17 dicembre, il CdA della Fondazione Roma Europa, in seguito ai tagli economici di novembre e all’incertezza per i finanziamenti pubblici locali per il 2014, conferma la decisione di cancellare la sua stagione 2014 del Teatro Palladium. Il 23 dicembre, ancora non c’ è un accordo sulle cariche ai vertici del Teatro di Roma. L ‘ assemblea dei lavoratori esprime preoccupazione, per la mancanza di responsabilità e di attenzione nei confronti di una struttura pubblica che garantisce ogni anno almeno 400 assunzioni tra personale artistico e tecnico. Il 31, un anno esatto di chiusura del Teatro India.
I have a dream è la scritta beffarda che mi ispira, mentre scrivo in un locale di San Lorenzo. Bianca sul fondo nero, nel basso della fantastica mappatura della Roma metropolitana. Stazioni in ogni quartiere e snodi di scambio con tram elettrici e frotte di autobus puntuali, che permettono di attraversare la città in poco tempo. Non voglio svegliarmi, preferisco continuare a sognare strade sicure perché illuminate da negozi, teatri, bar, aperti fino a sera tarda, popolate da turisti e residenti rapiti da una offerta culturale eccellente.
Immagino cittadini coinvolti nella pianificazione delle scelte, attraverso consulte permanenti che ne tutelino interessi e benessere, da una classe politica attenta. Sogno una piattaforma di interventi strutturali organici, per il futuro culturale di questa città, una grande metropoli che mette in risalto le sue risorse, supportando ed orientando alla produzione gli artisti e le compagnie.
Immagino un 2014 dove gli assessori alla cultura, alla formazione e al demanio lavorino insieme, per garantire la produzione artistica ed il rinnovamento degli spazi attraverso la produzione culturale. Immaginiamo un sistema accessibile, con semplici modalità per accedere ai fondi pubblici che favoriscano progettualità a lungo termine. Immagino un sistema di nomine che garantiscano il lavoro per competenze e non per conoscenze e raccomandazioni. Visualizzo poche aziende comunali con un bilancio adeguato ed amministrazioni competenti e corrette, distinte dal partito di maggioranza di turno.
Vorrei un centro culturale in ogni quartiere, soprattutto in periferia, possibilmente ricavato da uno dei numerosi spazi abbandonati. Fondi europei trovati da efficienti uffici comunali per la ristrutturazione ed un finanziamento pluriennale. L’ incremento della piccola impresa sociale e locale, cogestita tra pubblico e privato, dove i residenti ed i cittadini sono i primi a verificare e orientare le strategie di progettualità a lungo termine. Un senso di appartenenza ad un sistema culturale che possa aiutarci ad accompagnare gli studenti ad una crescita in senso civico, attraverso lo sviluppo delle capacità artistiche e la formazione a canoni culturali che si discostano sempre di più dal modello televisivo italiano.




Corviale al Maxxi

Corviale sbarca al Maxxi! Infatti il museo d’arte contemporanea dedica al nostro quartiere uno spazio espositivo all’interno della mostra “Non basta ricordare” della Collezione Maxxi Arte e Architettura curata dal direttore artistico Hou Hanru.

La mostra, visitabile fino al 28 settembre, intende “mettere in dialogo l’arte e l’architettura per creare un contesto culturale in cui sia possibile creare uno scambio innovativo sul significato della creazione contemporanea e la democrazia”: trasformare il museo da un semplice spazio espositivo dove ricordare il passato a un luogo pubblico dove le persone possono interagire con le opere esposte in modo dinamico ricostruendo così continui significati che aiutino la comprensione del momento storico presente.

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Corviale è stato inserito nella sezione “Politica, realtà, idee e ideologie” come esempio di sperimentazione architettonica unita ad una visione ideologica dello spazio pubblico.
I visitatori possono studiare disegni e progetti dell’architetto Mario Fiorentino per approfondire l’aspetto architettonico del Serpentone e conoscere la storia del quartiere ricostruita dagli stessi abitanti per capirne i cambiamenti nel tempo e la percezione esterna di chi ci abita oggi.

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Proprio la partecipazione attiva della cittadinanza coordinata dall’associazione CorvialeDomani rende questa mostra uno spazio pubblico dove architetti, urbanisti, artisti e semplici cittadini possono comunicare senza barriere per studiare il proprio quartiere e progettare cambiamenti urbanistici in linea con le trasformazioni sociali in atto.

Poiché costruire un quartiere non può essere esclusivamente materia di tecnici e specialisti ma deve diventare un processo continuo di scambio tra diverse visioni e modi di vivere la città.

Ivan Selloni