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Federica Galloni risponde. Prima intervista al direttore generale per l’arte contemporanea

Artribune domanda, il Direttore Generale per Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero per i Beni Culturali risponde”. Così scrivevamo il 6 febbraio, pubblicando le risposte di Federica Galloni ad alcune domande raccolte da vari operatori dell’arte durante ArteFiera a Bologna. Le ritrovate qui, insieme ad altre cinque domande e altrettante risposte. Se sarà adottata la medesima rapidità nella pratica, non possiamo che aspettarci grandi cose…

Quali sono le istituzioni pubbliche che promuovono le attività degli artisti italiani? In particolare, esiste una precisa strategia del Mibact a tale riguardo, in termini di indirizzo e coordinamento di iniziative sul territorio?
Rimane prioritario il ruolo indiscusso che le istituzioni pubbliche svolgono all’interno del sistema museale italiano. Va inoltre riconosciuto quello più dinamico e di ricerca delle fondazioni e delle gallerie di arte contemporanea che contribuiscono a promuovere gli artisti italiani e a sviluppare una rete del contemporaneo.
Se di strategia dobbiamo parlare, penserei non solo e non tanto a un’azione di indirizzo e coordinamento delle iniziative e/o degli interlocutori, ma anche a una condivisione di indirizzi, una concreta e condivisa sinergia tra pubblico e privato. Per fare un esempio, il Piano per l’arte contemporanea, oggi decisamente ridotto nell’importo complessivo rispetto a un decennio fa, si rivela uno strumento ancora valido e consentirà alla Direzione generale l’incremento delle collezioni statali – anche tramite il sostegno di mostre e concorsi – e la promozione dell’arte italiana all’estero. Colgo l’occasione per ringraziare i colleghi del Mibact che in questi anni hanno lavorato con successo su questi temi.
Il Ministero e la Siae hanno recepito in termini restrittivi per le gallerie la direttiva 2001/84/CE sul Diritto di Seguito, obbligando le stesse alla pubblicazione – unico esempio in Europa – delle proprie fatture di vendita sul sito Siae. Il Ministero è al corrente del fatto che ciò lede il diritto alla privacy? Sempre in merito al Diritto di Seguito, perché le gallerie lo devono far pagare anche per le opere vendute, ma che erano in galleria soltanto a titolo di rappresentanza di un artista? L’acquisto di un’opera d’arte da parte di un privato costituisce un fatto segnalato nel redditometro fiscale, disincentivando gli acquisti: tale fatto sarà confermato anche in futuro?
Sui quesiti di natura fiscale, legati a scelte economico-politiche, mi impegno a farmi portavoce col Ministro affinché possa valutare le soluzioni più opportune.

Il progetto di William Kentridge per i muraglioni del Tevere
Esiste una eccessiva discrezionalità delle Soprintendenze in merito ai criteri di notifica e di esportazione temporanea, e delle Dogane in merito alle aliquote fiscali per le esportazioni: il Ministero ha intenzione di emanare delle direttive al riguardo?
“Migliorare le procedure per la circolazione dei beni” è uno degli obiettivi prioritari nell’atto di indirizzo politico emanato dal Ministro con DM 23 settembre 2014. Dal canto mio ritengo che il prestito debba essere incentivato in quanto forma importantissima di promozione dell’arte, ovviamente con tutte le cautele del caso, prima fra tutte la verifica dello stato di conservazione e il pieno rispetto degli standard museali.
Quali sono le competenze del Ministero in merito al tema delle Periferie Urbane? Si tratta di dare un indirizzo di politica urbanistica per la riqualificazione di aree degradate, di segnalare dei casi virtuosi, di supervisionare i piani regolatori dei Comuni?
Le competenze del settore Periferie Urbane sono indicate, al livello generale, all’art. 16 DPCM n. 171/2014 e nel DM del 27/11/2014.
Visto che la competenza urbanistica è evidentemente una prerogativa territoriale, cosa intende fare il Ministero nei rapporti con tali enti? È previsto o prevedibile un vincolo nei casi di “brutti” interventi di nuove costruzioni o di riqualificazione? Se sì, in base a quali criteri porre il vincolo?
Il vincolo include un bene, riconosciuto di particolare interesse, nel patrimonio culturale della nazione; se capisco bene la domanda: devo quindi intendere che, in questo caso, per vincolo si pensi a un potere di veto “nei casi di brutti interventi di nuove costruzioni o di riqualificazione“. Per non scadere nel “mi piace / non mi piace“, penso che i nuovi interventi debbano essere regolati su larga scala da una legge sulla qualità architettonica intesa come ricerca progettuale e tipologica (la qualità è nemica della quantità) come pure, più in generale, di wellness dell’abitare (ecocompatibilità, ecosostenibilità), la verifica della effettiva realizzazione dei servizi alla residenza e certamente molto altro.

Ludo a Torpignattara – foto Alberto Blasetti
Il tema delle Periferie Urbane è oggetto di molteplici studi e analisi da parte di università italiane, Ordine degli Architetti, istituti di urbanistica: intende il Ministero coordinare le attività di tali prestigiosi attori e dare un indirizzo comune?
Fra gli obiettivi operativi della linea d’azione, il censimento e la collaborazione con i soggetti che già operano nel settore è fondamentale e doverosa e alcuni contatti sono già stati avviati. Anche in questo caso non penso proprio di coordinare un lavoro svolto da altri, quanto piuttosto di trarne spunti comuni di scambio e di conoscenza al fine di programmare interventi condivisi ottimizzando così le risorse, strumentali e umane, che hanno già prodotto risultati.
Ammesso che il Mibact abbia dei fondi per le Periferie Urbane, come intende spenderli senza correre il rischio di finanziare interventi effimeri e scoordinati con gli enti territoriali?
Assegnate le risorse finanziarie, non si potrà certo prescindere da un censimento delle realtà locali. Attraverso un bando pubblico, i Comuni presenteranno le proprie proposte; una commissione individuerà quelle ritenute più meritevoli e quindi, tenendo sempre presente il bilanciamento territoriale (nord, centro e sud), l’amministrazione finanzierà o concorrerà al finanziamento per l’effettiva realizzazione.
Di quali risorse umane e culturali intende dotarsi la sua Direzione? Si stanno già cercando figure professionali competenti all’interno del Ministero?
La Direzione Generale ha assorbito il personale (circa 15 unità) del Servizio Arte e Architettura Contemporanee, l’organico prevede la nomina di due dirigenti per i rispettivi servizi: Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane. Successivamente saranno avviate le procedure di mobilità volontaria del personale di profilo tecnico e amministrativo che dovrà formare un organico di circa 29 unità. Ulteriore personale qualificato sarà reclutato e formato in linea con la riforma della pubblica amministrazione.
Le competenze del settore Periferie Urbane:
www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/Uffici/Struttura-organizzativa/visualizza_asset.html_263742727.html

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Smart cities, per farle decollare servono nuovi modelli di business

Secondo il rapporto di Osborne Clarke serve una partnership fra settore pubblico, privato, banche e fondi di investimento per sviluppare nuovi modelli di business. L’Italia si piazza ai primi posti per incentivi a smart meter e riqualificazione energetica degli immobili pubblici.

La tecnologia da sola non basta per trasformare una città in una smart city. E’ vero, lo sviluppo di dispositivi e sistemi innovativi e intelligenti è sicuramente il primo passo per poter ‘pensare’ a un modello urbano smart, ma affinché questi vengano implementati ed inseriti all’interno di un progetto complesso serve di più. Servono un quadro normativo condiviso e un sistema di finanziamenti e incentivi, insomma servono nuovi modelli di business in grado di spingere la domanda dei consumatori.

A rivelarlo è l’ultimo report redatto dallo Studio legale Osborne Clarke, intitolato “Smart cities in Europe”, che raccoglie opinioni e testimonianze di 300 dirigenti di società tecnologiche, fondi di investimento, banche, società di consulenza e esponenti governativi di 11 paesi europei, tra cui l’Italia. Lo studio parte da alcuni dati: il 51% delle 468 città europee con più di 100mila abitanti viene considerata smart, ma soltanto il 28% di queste ha effettivamente sviluppato un piano effettivo, perché il restante ha sviluppato progetti ancora in fase pilota o addirittura non ancora messi a punto.

Mancano investimenti in progetti smart
Sono quattro i settori che sono stati analizzati come concetti-chiave della smartness urbana: smart grid, stoccaggio energetico, efficienza degli edifici e mobilità sostenibile. Chiamati ad identificare i più grandi ostacoli che limitano un reale sviluppo dei singoli comparti, gli intervistati hanno identificato la mancanza di investimenti come la principale causa di rallentamento nel settore della mobilità sostenibile, mentre nel settore dell’energy storage e dei sistemi efficienti per edifici la mancanza di sistemi di finanziamenti è riconosciuto come l’ostacolo, rispettivamente, numero 2 e 3.

La migliore soluzione è il project financing
Il miglior modo per colmare questa mancanza di investimenti è lo sviluppo di partnership pubbliche-private, che secondo tre quarti degli intervistati sarà l’unico strumento in grado di guidare lo sviluppo di programmi infrastrutturali smart nei prossimi tre anni. Sempre secondo i risultati dello studio è soltanto attraverso una collaborazione fra il settore privato e quello pubblico, banche, fondi di investimento e aziende che sarà possibile sviluppare dei modelli di investimento che possano soddisfare tutti i soggetti coinvolti. Secondo il 69% del campione è il project financing l’unico strumento in grado di dare un reale contributo al cambiamento.

Tutti i soggetti coinvolti dovrebbero sviluppare nuovi modelli di business
Le tecnologie ci sono, sottolinea lo studio legale, ciò che manca è la domanda dei consumatori, sopratutto per ciò che riguarda l’implementazione di smart meter e di sistemi di building control. Le aziende produttrici sono state impegnate, in tutti questi anni, nello sviluppo di nuove tecnologie e di sistemi innovativi, ma hanno investito poco nel lancio di modelli di business attrattivi per utilizzatori e investitori. Modelli che dovrebbero ovviamente essere supportati a livello governativo, sia centrale che locale.

L’Italia fra i primi posti per modelli incentivanti
Il report cerca anche di tracciare un quadro della situazione a livello europeo, identificando i paesi che si stanno muovendo maggiormente verso la creazione di modelli per smart cities. E a sorpresa l’Italia è una delle nazioni che ‘incassa’ i migliori risultati, con il 75% delle città con più di 100mila abitanti che vanta iniziative smart. Il Bel Paese si distingue sopratutto nel campo dell’efficienza energetica, con il 90% delle utenze dell’elettricità gestite da smart meter, di contro a una media europea dell’80%, con paesi come la Germania e l’Inghilterra piuttosto indietro. Altro ‘vanto’ per l’Italia le varie tipologie di incentivi previste per la riqualificazione energetica, primo fra tutti l’obbligo per la PA di riqualificare almeno il 3% degli immobili pubblici.

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DISPERSIONE SCOLASTICA: PER COMBATTERLA IL TERZO SETTORE È NECESSARIO

Quasi il 18% dei ragazzi abbandona gli studi troppo presto. Serve una strategia tra scuola, famiglia, non profit ed ente locale.

La dispersione scolastica è uno degli scogli più forti all’integrazione e un indicatore potente del futuro percorso di successo o emarginazione dei giovani.
Ne abbiamo discusso il 20 gennaio scorso in occasione della presentazione di: “LOST-Dispersione scolastica: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e terzo settore”, ricerca nazionale realizzata con particolare riferimento a quattro città (Milano, Roma, Napoli e Palermo) per indagare quanto è grave e quanto costa questo fenomeno al nostro Paese. La ricerca della Fondazione We world, Fondazione Agnelli e Associazione Bruno Trentin ci conferma un dato purtroppo conosciuto e molto penoso rispetto al tasso di dispersione scolastica presente nella scuola italiana, che stenta ad avvicinarsi agli obiettivi dell’Unione Europea per il 2020. D’altro canto ci dice di scuola e terzo settore impegnati a fondo per affrontare la questione e, forse per la prima volta, indaga a fondo anche sui costi di questo impegno.
«La dispersione scolastica in Italia ha dimensioni allarmanti. Con il 17,6% di ragazzi che abbandonano gli studi, l’Italia è in fondo alla classifica europea la cui media è pari al 11,9% , e continua a scontare un gap con gli altri Paesi, come ad esempio la Germania dove la quota è sensibilmente più bassa (9,9%), o la Francia (9,7%) e il Regno Unito (12,4%). Un divario che aumenta se guardiamo al Sud ed alle Isole, dove vi sono regioni ben lontane dalla media europea (Sardegna 25,5% – in aumento, Sicilia 24,8%, Campania 21,8%, Puglia 17,7% – in aumento). Il problema è comunque nazionale; tra le regioni in cui i ragazzi completano gli studi troviamo il Molise (solo il 10% di abbandoni), tra quelle invece in cui il successo formativo rischia di divenire un miraggio la Valle d’Aosta (21,5%). La crisi economica rischia di compromettere i passi in avanti fatti dal 2000, quando gli early school leavers (coloro che abbandonato precocemente la scuola, secondo al definizione in uso in Europa per la dispersione scolastica) risultavano il 25,3%. L’Italia è tuttora lontana dagli obiettivi della strategia di Europa 2020 nel campo dell’istruzione che prevedono una riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10%.»

A Roma c’è più rete

La presentazione nella sala della Piccola Protomoteca in Campidoglio ha discusso  i dati della ricerca con particolare riferimento alla situazione di Roma, dove esiste e opera un ricco e ponderoso scenario di attori che, in maniera istituzionale, non formale e volontaria si sono organizzati per agire sui territori più scoperti e può costituire un rilevante punto di partenza, a partire dalle scuole stesse.
Abbiamo chiamato a confrontarsi sui dati presentati i rappresentanti delle reti del volontariato come Scuolemigranti, attiva per l’inclusione degli stranieri con l’insegnamento dell’italiano L2; la rete dei Centri di Aggregazione giovanile diffusa in tutto il territorio con funzione di prevenzione e recupero; i progetti di mediazione sociale; i movimenti educativi che hanno approfondito l’utilizzo dei metodi dell’educazione attiva come Cemea e MCE, le scuole di ogni ordine e grado che aprono le loro porte al territorio e attivano la cittadinanza e la solidarietà vicinale, i centri di formazione professionale, il sistema di educazione degli adulti, le forze sindacali, e l’Università.
I contributi hanno evidenziato che non siamo davanti ad “una emergenza”, ma a un dato strutturale di sistema e che solo un’azione sinergica di tutte le forze coinvolte può arrivare ad un risultato. Se l’obiettivo è il cambiamento dei destini educativi delle fasce più fragili e degli stranieri che ormai stabilmente frequentano (e vivificano) il nostro sistema scolastico, quello che serve è un reale cambiamento della capacità di accoglienza, delle metodologie educative e didattiche, del clima complessivo del sistema dell’Istruzione.
Graziella Conte dell’MCE e Annamaria Berardi dell’Arciragazzi hanno ricordato il ruolo delle scuole popolari e l’apporto dei movimenti educativi per una scuola che accolga i diversi linguaggi e permetta un migliore coinvolgimento e riuscita di chi ha difficoltà con la pura lingua scritta, auspicando una formazione congiunta tra scuola ed extrascuola, che “apra” alla città, consapevole della sfida dell’educazione al quotidiano.

No alla pedagogia della taglia unica

Fiorella Farinelli della Rete Scuolemigranti ci ha descritto con grande forza il costo nascosto della dispersione occulta e delle ripetenze (più funzionali al mantenimento dell’organico che al successo formativo degli studenti) denunciando il fallimento dei grandi progetti nazionali, che necessiterebbero di un intervento deciso del Miur di monitoraggio sui contenuti educativi e non solo sugli aspetti formali.
Da più parti è emersa la questione dei compiti a casa, che trasferisce sulla famiglia la responsabilità dell’aiuto allo studio, contribuendo ad accentuare il divario tra chi ha un background forte e chi invece si trova solo e a rischio.
Alessandro Iannini del Borgo don Bosco, che accoglie stranieri, italiani e Rom in un percorso di seconda opportunità e professionale, parla del fallimento della “pedagogia della taglia unica” e della necessità di adattare l’insegnamento agli studenti e mantenere un dialogo aperto con le famiglie (dove spesso manca il padre).
La Rete dei centri di Aggregazione Giovanile rinforza la nozione di prevenzione e di apertura della scuola al quotidiano dei giovani, spesso impostato su canali comunicativi alternativi se non osteggiati dalla scuola stessa.
L’esperienza delle Scuole Aperte riportata dall’esponente della scuola Di Donato, esperienza ricca di attività e risultati con un coinvolgimento progettuale delle famiglie, mostra la difficoltà per gli studenti di ritrovare un protagonismo e una capacità di parola in una scuola spesso avvertita come passiva e gerarchica.
L’Arci riporta l’esperienza di rete nazionale sui “drop-out” presa a modello della strategia 2020 sulla dispersione, con metodi di peer education e tutoring. Confrontarsi tra modelli ci aiuterà a fare sistema.

Fabrizio Da Crema, responsabile istruzione Cgil Nazionale, ha detto che è necessario investire in maniera convergente, che sono necessarie politiche nazionali di investimento e l’integrazione di risorse per rinforzare decisamente la scuola dell’infanzia e sviluppare coerentemente l’educazione permanente, per mantenere flessibili e aggiornate le competenze sviluppate. Per agire insieme serve che ci sia un Piano per indirizzare gli interventi, confrontare i risultati, sviluppare modelli di intervento migliori.

Il vero problema è la sofferenza scolastica

Secondo Piero Lucisano, dell’Università La Sapienza, la dispersione scolastica è un epifenomeno di una “sofferenza scolastica” che coinvolge l’intero apparato e che forse quel 20% che sceglie di andarsene ha più capacità reattiva di chi ci resta. I nostri dirigenti attuali sono “i nostri studenti” e non dimostrano una “capacità di studiare”, che è sempre capacità di collegare il passato al presente, per evolverlo e ricordarlo. «Ragionare sul valore economico della dispersione rischia di volgarizzare elementi valoriali e affettivi, che non possono essere limitati a questi parametri», sostiene Lucisano, «ma quando parliamo di produttività, se non esoneriamo dall’indagine i “costruttori dei contesti”, ne ricaviamo interessanti riflessioni. Il Terzo settore può aiutare a cambiare prospettiva, dire che le passioni i giovani le vivono, raccontare come si applicano nella loro ritrovata progettualità, cercare di ritrovare un filo tra trasmissione e elaborazione». Questo, tra l’altro, «ci permetterebbe di evitare di insistere con un sistema che toglie passione e fa sentire inadempienti e inadeguati coloro che non riescono ad adattarcisi». Cambiare l’impianto non significa buttare tutto, ma cominciare a ricostruire un senso di congruità tra piacere di insegnare (fatto di valori, stabilità, condizioni di funzionamento adeguate) e voglia di imparare (composta da pratica, curiosità, capacità di indagine, possibilità di interazione e espressione di pensiero divergente, ecc.)

Gli enti locali per un’azione congiunta

Elisabetta Salvatorelli, dell’Assessorato Politiche Educative e Scolastiche, ha sottolineato come già si stia lavorando sull’idea di scuola bene comune, come luogo di aggregazione per il territorio aperto al territorio, con responsabilizzazione degli studenti, costruito insieme con tutte le componenti.
Mario De Luca dell’Assessorato alle Politiche Sociali ha registrato la necessità di una maggiore presenza politica dell’Ente Locale in questo dibattito sul contrasto alla dispersione scolastica, che ridia corpo al dettato Costituzionale. «Ci sono oggi le consapevolezze per ricalibrare l’azione che, pur avendo avuto il Piano Infanzia e Adolescenza fin dal 1999, ci faccia marciare verso un Piano Strategico dei Diritti e sviluppare un’azione congiunta cui partecipino Famiglie, Enti, Terzo Settore e Ente Locale promossa insieme dai due Assessorati».
L’incontro si è chiuso con queste due prese di posizione strategiche da parte dei rappresentanti degli assessorati: è un elemento di grande interesse perché proprio le politiche pubbliche possono giocare un ruolo cruciale nel miglioramento dei risultati di questa grande profusione di energie e innovazione educativa e didattica. L’amministrazione, con una sinergia inedita e fruttuosissima tra politiche sociali ed educative può incidere su questo tema della dispersione scolastica, che è sempre anche e soprattutto dispersione di cittadinanza.

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il 6 e 7 marzo a Roma

spiazziamoliCondividi il documento che centinaia di associazioni e cittadini hanno scritto in queste settimane di lavoro, partecipa anche tu a “Spiazziamoli – 50 piazze contro le mafie e per la democrazia” che si svolgerà a Roma il 6 e 7 marzo con eventi in tutta la città. Sarà una grande festa della partecipazione e del protagonismo delle cittadine e dei cittadini romani di fronte alla quale i rappresentati istituzionali non potranno che stare ad ascoltare. Per riuscirci, ti chiediamo di seguire poche e semplici regole a garanzia dei tanti e diversi che stanno facendo insieme Spiazziamoli.

1. Aderire a Spiazziamoli! significa organizzare un evento. Se non puoi, è altrettanto importante partecipare: sostenendo, promuovendo, pubblicizzando l’evento, dando una mano a organizzare uno o più eventi. Sarà una straordinaria occasione per conoscerci e costruire un pezzo di percorso insieme.

2. È possibile (ne saremmo felici) organizzare iniziative di ogni tipo (spettacoli, performance, sit in, flash mob, presentazioni, dibattiti, assemblee, volantinaggi, biciclettate, camminate, etc) e a tutte le ore del giorno e della notte del 6 e 7 marzo.

3. Ogni gruppo/associazione organizza l’iniziativa in autonomia ma ci piacerebbe trovare il modo di avviare collaborazioni e momenti di confronto tra singoli e tra realtà organizzate.

4. Ogni gruppo/associazione che aderisce deve proporre la sua iniziativa scrivendo a spiazziamoli@gmail.com, indicando titolo, tema, luogo, orario, programma, organizzazione organizzatrice e contatto. Una email di risposta vi confermerà che siete nel programma.

5. Tutte le iniziative devono essere pubblicizzate utilizzando i materiali di Spiazziamoli (loghi, grafiche, indicazione di sito, mail e pagina fb): ciascun appuntamento deve fare da effetto moltiplicatore. Per questa ragione tutte le realtà che aderiscono devono pubblicizzare il programma di Spiazziamoli sui propri mezzi di comunicazione (siti, pagina facebook, newsletter) Piccola avvertenza per i partiti: possono aderire (e quindi organizzare un evento) i circoli territoriali.

Cosa vogliamo  come aderire richiesta autorizzazioni spiazziamoli.it facebook.com/spiazziamoli




Nei Municipi di Roma co-progettare lo sviluppo locale

L’inchiesta “Mondo di mezzo” ha messo a nudo una realtà romana in cui emerge la crisi della rappresentanza non solo sul piano della politica e delle istituzioni ma anche su quello della società civile. Una crisi che viene da lontano e che dipende dal deteriorarsi delle forme tradizionali  con cui avvenivano le relazioni tra sistema politico e società civile e dalla messa in discussione dei sistemi di welfare edificati nelle società del benessere, i quali avevano anche modellato le forme della rappresentanza.

Approfittando dell’indebolirsi delle capacità dei corpi intermedi di svolgere la propria funzione primaria, l’associazione mafiosa si è insediata negli interstizi lasciati vuoti tra cittadini, formazioni sociali e istituzioni, laddove appunto le rappresentanze degli interessi dovrebbero cogliere e selezionare i bisogni sociali e tramutarli in richieste leggibili per la politica e per i cittadini.

In sostanza, la mafia non ha fatto altro che colmare vuoti e lacune della rappresentanza. Ha potuto così alimentare la corruzione e il malaffare anche nell’ambito dei servizi sociali destinati ai più deboli, trovando terreno fertile per coinvolgere nell’intreccio mafioso  perfino alcune cooperative sociali. La vera e propria attività lobbistica della mafia si esplica nella capacità di “creare” emergenze, pilotarne la percezione da parte dell’opinione pubblica e orientare le risorse pubbliche a vantaggio delle proprie attività.

Tale fenomeno dipende dall’intreccio di una serie di fattori: l’impoverimento di ampie fasce sociali dovuto alle debolezze strutturali del tessuto economico del Paese e all’acuirsi della crisi; l’assenza di una cultura del merito o, comunque, di regole efficaci per poterla affermare; l’ipertrofia normativa negli ambiti più diversi della pubblica amministrazione e dei rapporti tra questa e i soggetti economici e sociali; il frequente ricorso a procedure d’emergenza che eludono gli iter di garanzia e alimentano fatti degenerativi e relazioni perverse tra politica e istituzioni e tra società e istituzioni; l’assenza di una co-progettazione condivisa tra gli attori in gioco e i pubblici poteri in un quadro programmato e di ampio respiro; l’accumularsi di errori nell’azione pubblica di governo della città, specie in quella che avrebbe dovuto assicurare inclusione sociale ai suoi cittadini più vulnerabili (servizi essenziali di urbanizzazione, di sicurezza, abitativi, di cura degli anziani e dell’infanzia, etc.).

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L’altro elemento che a Roma sostanzia e acuisce la crisi della rappresentanza a tutti i livelli è il mancato riassetto delle istituzioni locali, le cui inefficienze rischiano di aggravarsi ulteriormente a seguito della recente istituzione della città metropolitana di Roma. Di fatto, si è semplicemente sostituita con questo nuovo ente la Provincia omonima, lasciando tutto come prima.

Si sono così arrestati tre percorsi innovativi che si erano avviati da circa quindici anni e che sembravano dover convergere in un unico riassetto complessivo: l’evoluzione dei Municipi in veri e propri Comuni; l’individuazione di un’area vasta coincidente coi Municipi di Roma, da trasformare in Comuni, più i Comuni e le Comunità della cintura romana; la confluenza delle funzioni speciali di Roma capitale e di quelle di area vasta nella città metropolitana.  L’aver frenato tali processi riformatori fa emergere in modo impietoso la fragilità delle istituzioni più prossime ai cittadini, quali sono i Municipi. Una fragilità che si ripercuote negativamente sulla capacità di selezionare i bisogni e sull’efficacia dei servizi alle persone e alle comunità. E il tutto contribuisce ad alimentare la sfiducia tra pubblica amministrazione e società.

C’è dunque un interesse comune delle istituzioni locali e delle organizzazioni di rappresentanza a supportare progetti territoriali da realizzare nei territori municipali al fine di promuovere: la partecipazione, la coesione, lo sviluppo locale, la legalità e l’integrazione.

Si tratta di affidare all’innovazione sociale un ruolo importante per invertire le tendenze in atto, innanzitutto mappando le comunità, i suoi leader naturali, la cittadinanza attiva e l’associazionismo diffuso, e poi strutturando, in modo sano e trasparente, gli spazi di definizione dei bisogni sociali partendo “dal basso”.

Lo sviluppo locale dovrebbe essere l’asse di progressione su cui tentare di rinforzare le funzioni della rappresentanza sociale e di incanalare il decentramento istituzionale, attivando energie oggi magari inespresse, formalizzandole e funzionalmente distribuendole fra singole responsabilità. Il fine è quello di far crescere le persone, la qualità umana dei singoli mediante l’aumento della buona occupazione e della relazionalità.

Il Terzo Settore potrebbe svolgere un ruolo determinante nel favorire la collaborazione tra i vari corpi intermedi e tra i diversi settori e competenze. Promuovendo la capacità di lavorare insieme, il non profit potrebbe meglio ricostruire la reputazione del proprio brand anche mediante l’introduzione di percorsi capaci di connettere la governance delle cooperative sociali e delle associazioni di volontariato con gli operatori e con gli utenti e di sostenere la valutazione partecipata dei servizi offerti ai cittadini.

Nell’ambito dei servizi sociali non ha senso che i soggetti non profit competano al massimo ribasso, magari tagliando le buste paga dei lavoratori o lesinando nell’offerta. Non si tratta di eliminare i bandi, che sono il modo per chiamare a raccolta le disponibilità del territorio, ma di sostituire le gare d’appalto con la co-progettazione pubblico-privata, laddove la normativa lo consente, chiamando a partecipare i portatori di bisogni (le famiglie) e i produttori (le fondazioni, le cooperative sociali, gli organismi di volontariato, le associazioni, gli operatori). In tal modo la cultura del merito si potrà esprimere nella capacità di declinare l’efficienza mediante processi riorganizzativi, fusioni, specializzazioni per aree di bisogno. E la cultura della sussidiarietà potrà crescere promuovendo “punti comunità” in ogni quartiere, gestiti in forma auto-organizzata dai soggetti sociali presenti e disponibili, nonché ridisegnando le maglie dei servizi sociali sul territorio in modo totalmente sussidiario.

I territori municipali presentano spesso forti elementi storico-culturali-ambientali che permettono sia di costruire concretamente un’identità in cui gli abitanti possano riconoscersi, sia di comporre un quadro d’insieme e una “visione” di sviluppo, a medio-lungo termine, capace di coinvolgere le aree più significative dei territori medesimi e i relativi processi trainanti, di trasformare la convivenza di una pluralità di etnie in opportunità e di attrarre anche investimenti dall’esterno e dall’estero.

Diventa a tal fine necessario far interagire i diversi ambiti della programmazione pubblica, tra cui i processi di trasformazione urbanistica (a partire dalla Carta dei Valori redatti dai Municipi in vista della Conferenza urbanistica cittadina), i piani di zona dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari, i piani di assetto delle aree protette, etc.

Di primaria importanza è l’utilizzo integrato territoriale dei Fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020, realizzando anche programmi di cooperazione con territori di altre capitali europee al fine di introdurre percorsi innovativi di riqualificazione urbana, agricolture civili e sviluppo locale. Si tratta di chiamare a raccolta le forze istituzionali, imprenditoriali, culturali e sociali locali (e anche forze esterne), disponibili a mettersi in gioco per prendere parte attiva allo sviluppo dei territori municipali.

La prima risorsa che dovrebbe essere messa a valore è la condivisione delle informazioni. Tutti i soggetti economici e sociali dei territori dovrebbero avere il massimo delle informazioni relative agli ambiti in cui operano. E tutti i buoni progetti dovrebbero essere messi in comune senza il timore che qualcuno li rubi, senza gelosie e con l’idea che insieme si potranno realizzare progetti migliori.




Lettera aperta a Nicola Zingaretti #due

Caro Presidente,

Le scriviamo per rappresentare alla Sua attenzione la grande opportunità di aumentare la qualità delle relazioni tra il Terzo Settore operante nella regione Lazio e l’organismo politico e amministrativo da lei rappresentato, così come già avviene in altre Regioni italiane che hanno codificato legislativamente tali relazioni. Una per tutte la legge della Regione Liguria.

Nel nostro territorio sono mancate le importanti funzioni legislative, di indirizzo, programmazione e pianificazione della Regione, cioè gli alti compiti che la Costituzione affida alle Regioni e che un regionalismo maturo avrebbe dovuto assumere come massimo obiettivo da affermare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una mancanza di visione istituzionale e di lungimiranza politica che ci fa ritrovare negli ultimi posti tra le Regioni in Italia. Le ragioni sono tante e complesse: lo status eccezionale di Roma, il suo peso e le sue contraddizioni sul territorio regionale, una visione ristretta all’amministrazione quotidiana e spesso alla pura emergenza, un prevalere di interessi di parte e, a volte, personali.

In questo contesto, il Terzo Settore è cresciuto e si è radicato nel tessuto civile ed economico della Regione come ha potuto, tentando di interpretare bisogni, di sperimentare proposte di welfare, salute, integrazione sociale e modelli educativi, di tutelare i diritti dei consumatori così come i diritti dei deboli, di confortare e accompagnare vite dolenti, di salvaguardare l’ambiente e lo sport non agonistico e, non ultimo, di promuovere la legalità. E ciò senza una legge quadro che permettesse una coerente azione di indirizzo e di azione, senza una chiara definizione dei ruoli, subendo una invasività della politica locale e una lettura spesso legalistica o formale, qualche volta arbitraria della pubblica amministrazione.

Siamo cresciuti e di questo si è avvantaggiata la cittadinanza e la qualità civica e partecipativa dei cittadini che hanno trovato possibilità di auto-organizzazione per fronteggiare i loro bisogni profondi. Siamo cresciuti anche senza leggi e regole di indirizzo in una devastante difformità di comportamento degli enti locali,  così come delle ASL.

Secondo l’Istat nel Lazio negli ultimi dieci anni siamo cresciuti del 33.5% come numero di organizzazioni e del 42,8% come numero di addetti rappresentando il 5,6% della forza lavoro regionale, anche se non siamo pagati per i servizi resi e se sono mancati criteri certi e profili professionali per il lavoro sociale.

Nel breve tempo della Sua presidenza abbiamo sentito con fermezza che il clima stagnante era stato messo da parte. Stiamo assistendo finalmente a una gestione corretta dei fondi, a un risanamento dei conti, soprattutto della sanità, a uno sforzo immane per risalire la china portando il Lazio tra le regioni virtuose. Stiamo assistendo a un ripensamento della organizzazione amministrativa e la spinta verso una integrazione socio-sanitaria ne è testimone.

Le notizie di cronaca provenienti dall’indagine della Procura di Roma denominata “Mondo di mezzo” indicano all’opinione pubblica i gravissimi comportamenti e le responsabilità di esponenti di alcune,  pochissime, cooperative sociali. L’indagine che vede la nostra condivisione e consenso fotografa reati e illeciti intollerabili, specialmente perché rivolti verso soggetti deboli.

La stragrande parte della famiglia del Terzo Settore ne è ferita e stupita. È questo il messaggio che vogliamo portarLe: lo stupore e la ferita di tanti operatori sociali, di tante organizzazioni di Cooperazione Sociale, di Associazioni di Promozione Sociale, di Volontariato che sentono in tutto ciò la negazione della loro scelta di vita e il contrario di tutto ciò per cui si sono impegnati e si impegnano quotidianamente.

La Regione Lazio, con lungimiranza ha promosso e sottoscritto un Patto per la Legalità con i soggetti imprenditoriali tra cui anche quelli di Terzo Settore. Alla luce dei fatti emersi, sentiamo l’urgenza di approfondire quel patto, perché vada allargato a tutto il Terzo Settore includendo così Associazioni e Volontariato che possono dare un grande contributo per contrastare quella cultura dell’illegalità nella quale prospera la corruzione e la presenza malavitosa.

È evidente che le responsabilità sono personali, sia nel Terzo Settore che nella imprenditoria, sia nella politica che nella pubblica amministrazione, ma regole chiare e fattive,  pianificazione delle risorse, tempi certi nei pagamenti e comportamenti coerenti, definizione delle competenze, chiarezza degli obbiettivi e controllo e verifica dei risultati, cioè una buona amministrazione, asciugano l’area grigia in cui discrezionalità e cattivi comportamenti allignano. Ci sono molte cose positive a livello legislativo che vorremmo condividere con Lei per accelerare il passo di alcuni provvedimenti, per ipotizzarne di nuovi, per dare un merito ai tanti operatori che con loro sforzo e impegno personale hanno aumentato la qualità di vita nella Regione.

Gianni Palumbo  [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio de Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] Vice presidente regionale AGCI

Roma, 5 febbraio 2015

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Lettera aperta a Ignazio Marino #uno

Caro Sindaco,

Le scriviamo una lettera aperta sulla cooperazione sociale, parte vitale e importante del terzo settore, che ha provato in questi giorni dolore e stupore per le ferite inferte al suo nome provenienti dalle notizie e dai fatti accertati dalla Procura della Repubblica di Roma nell’inchiesta denominata “Mondo di mezzo”.

Dolore e orgoglio per tutta la cooperazione sociale che non ha mai utilizzato tali sistemi, che non ha mai pensato il proprio agire come un “affare” da praticare sulla pelle dei deboli e degli esclusi, che non ha mai praticato la corruzione come un sistema per la soluzione dei nodi nei confronti con la Pubblica Amministrazione e con la politica.

Lei rappresenta il vertice dell’organizzazione territoriale che permette la libertà di agire dei cittadini nei processi amministrativi e la legittimità delle scelte economiche della comunità. La legalità e la trasparenza degli atti di Roma Capitale, sono il presupposto della convivenza e della partecipazione democratica dei cittadini romani al governo della città.

Pensi come si deve sentire nell’animo un dirigente, un impiegato, della Sua amministrazione, onesto e diligente, appassionato del proprio lavoro, della propria funzione pubblica – ne conosciamo tanti che onorano il Comune da Lei rappresentato – quando scopre che un proprio collega, nello stesso servizio, svolgeva una funzione ambigua o disonesta. E si ritrova confuso, nell’immaginario dei cittadini o nella comunicazione, in un unico insieme di sospetto e malaffare.

Lei sa che la cooperazione sociale opera in questa città da quarant’anni, già prima della creazione della legge 381/91. In questo lungo periodo è stata un punto di riferimento culturale, di promozione politica, di libertà e tutela dei diritti dei deboli, insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale. Quindi non vogliamo essere confusi con gli errori profondi compiuti da alcuni suoi dirigenti.

Oltre mille cooperative sociali insieme al volontariato e all’associazionismo di promozione sociale producono assistenza alle persone e inclusione lavorativa di soggetti fragili.  Nella regione Lazio, decine di migliaia di soci/lavoratori, operatori sociali, incontrano centinaia di migliaia di cittadini/utenti, spesso i più deboli, raggiunti quotidianamente, incontrati, confortati, accompagnati nelle loro vite.

Chiediamo quindi con forza di non essere confusi con scelte illegittime o illegali di alcuni, di pochi, che emergono dall’inchiesta. Le cooperative sociali oneste, corrette, competenti, la stragrande parte, sono le prime danneggiate da questi episodi, così come tutte le realtà di terzo settore.

La Sua scelta di presentare alla città un nuovo profilo nella Giunta allontanando ogni possibile contiguità con questo fenomeno malavitoso, aprendo una nuova fase nell’organizzazione amministrativa e negli indirizzi dell’ente locale, anche in attivazione della nuova Città Metropolitana, ci vede al suo fianco.

La Sua scelta di affidare una grande responsabilità all’assessore Danese per le politiche sociali – una personalità conosciuta da tutti nella città, competente e illuminata, una operatrice sociale, una dirigente nazionale del terzo settore – ci ha sollevato l’animo.

Alcune delle cause che hanno generato le gravissime violazioni vanno ricercate nella tendenza, sempre più frequente nell’amministrazione, a operare nell’emergenza ripetuta, oltre all’assenza di pianificazione e la mancata selezione dei migliori.

Le chiediamo quindi un incontro al più presto, insieme all’assessore Danese, per rilanciare le relazioni tra Roma Capitale e la cooperazione sociale, per approfondire la correttezza delle relazioni amministrative, correggendo storture che con evidenza si sono prodotte e riaffermando la dignità del lavoro sociale nella città anche attraverso un grande progetto di qualità urbana e inclusione sociale

Noi, come cooperazione sociale e forum del terzo settore ci costituiremo parte civile nel dibattimento che seguirà a tutela dell’onorabilità delle cooperative sociali e dei soci/lavoratori.

Noi abbiamo già iniziato una riflessione interna sui sistemi di selezione degli associati e dei dirigenti.

Noi non faremo sconti a nessuno in rappresentanza e tutela di una storia che ha reso più vivibile la qualità della vita nella nostra e nella Sua città.

In attesa di un Suo riscontro, porgiamo distinti saluti.

Forum Terzo Settore Lazio

Gianni Palumbo [portavoce@terzosettorelazio.it]

Eugenio De Crescenzo [eugenio.decrescenzo@agcilazio.it] [Vice presidente regionale AGCI]

Roma, 26 gennaio 2015

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La miniera dell’ambiente e l’economia verde

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Massimo Piras (Zero Waste Lazio), nell’ambito di una strategia rifiuti zero, presenta un progetto realizzato a Roma in affiancamento alle “domeniche ecologiche” di AMA finalizzato alla raccolta e riparazione per il riutilizzo dei prodotti.
Presenta esperienze di Buone Pratiche in atto in diverse Regioni italiane (Marche, Veneto, ..) che mostrano l’importanza del Riutilizzo sia come valore di filiera della solidarietà sia come valore di rilevanza economica .
A tal riguardo riporta i dati relativi alle città di Goteborg (Svezia), Berkley (California), Los Angeles (California) dove sono stati realizzati ECOPARCHI con caratteristiche diverse ma tutti con evidenti vantaggi sia economici che sociali.
Per Roma (simile per popolazione e per % di riuso a Los Angeles) prefigura quindi la realizzazione di Centri raccolta di quartiere (passare da 13 a 100 isole ecologiche) ed a livello pilota propone la realizzazione di un ECOPARCO nel terreno pubblico intorno all’attuale isola ecologica comunale.

Arch. Riviello presenta il progetto ECOPARCO CORVIALE con un’estensione di 7 ettari e spazi dedicati a funzionalità integrate, quali ad esempio:
• Raccolta
• Separazione tra rifiuti riutilizzabili e non
• Laboratori di riparazioni (ciclofficina, elettronica, materiali edili, …..)
• Vendita di prodotti riparati
• Produzione di compost
• Orti urbani (utilizzano il compost e producono rifiuti per la sua produzione)
• Bar – Ristorazione (utilizza i prodotti dell’orto e l’umido di scarto va in compost)
• Parco giochi
• Centro sportivo
• Centro educazione ambientale
E’ evidente quale sarebbe il vantaggio sociale ed economico per il territorio e lo sviluppo dell’occupazione!

Stefano Panunzi fa notare che l’operatività dell’ECOPARCO è strettamente legata alla raccolta nel palazzo e quindi al problema della movimentazione merci da studiare come circuiti specifici che interagiscano (da chiedere ai progettisti del Concorso ATER)
Sottolinea inoltre l’importanza di avviare dei processi in grado di trasformare Corviale in un laboratorio di riferimento per l’artigianato romano e farlo diventare un luogo dove artigiani professionisti e artisti possano organizzarsi.
Introduce il MONDO DEI MAKERS, cioè la possibilità di costruire oggetti complessi (anche da materiali di scarto) con stampanti 3D: ARTIGIANATO DIGITALE , presentando una start up innovativa a livello mondiale rappresentata dal giovane Giorgio Alliva, cofounder della 3D Italy.

Alliva espone il suo progetto di stampanti 3D Italy. Il progetto riguarda la condivisione di strumenti digitali per produrre prototipi. Parla delle sue collaborazioni. Alliva ha avviato un progetto con un istituto romano e l’università di Tor Vergata dove attualmente sta realizzando il prototipo di un rene artificiale. Durante il suo intervento introduce il discorso di un design “one to one”, o meglio di un design voluto dal singolo che non sia frutto di una produzione. Parla del ruolo degli artigiani digitali e della possibilità di realizzare le cose in modo indipendente tramite stampanti 3d

Panunzi Centra l’attenzione sull’importanza dei materiali di scarto e sul ruolo che possono avere i materiali di riciclo per avviare un ciclo produttivo. Fa emergere inoltre la necessità di censire una lista dei materiali di scarto che possono derivare dalla ristrutturazione dell’edificio di Corviale e invita Alliva a stilare una lista dei materiali possibili e dello spazio minimo necessario per una unità produttiva di FabLab.

Tommaso Capezzone interviene sottolineando la necessità di considerare i rifiuti fonte di materia prima per l’artigianato digitale che potrebbe aiutare a diminuire il costo della manutenzione edile. Gli operatori possono realizzare progetti a corviale che può diventare un contenitore capace di accogliere gli artigiani che utilizzano gli scarti derivati da progetti di riqualificazione dell’edificio stesso
Sottolinea così come il mondo 3D potrebbe ridurre il costo della manutenzione edile!
Evidenzia inoltre la necessità di formazione e certificazione di nove competenze e professionalità con particolare riguardo alla Nuova Edilizia e Nuove figure dell’abitare.

Gianni Russo del Liceo scientifico Keplero presenta un progetto di orti urbani nella scuola recentemente approvato a cui aderisce anche Corviale Domani
Inoltre parla del ruolo che la scuola può avere diventando un punto di riferimento per l’artigianato. La scuola può diventare il luogo adatto dove costruire. La formazione deve avere un ruolo prioritario. Sottolinea che il 27% dei giovani non sono diplomati e ci sono solo due scuole superiori.

Morandini interviene dicendo che la scuola a suo avviso non debba diventare un riferimento per l’artigianato. Ritiene invece che la formazione e la costruzione debbano avvenire al di fuori della scuola. Prende come esempio la piazza dei Mestieri di Torino e di Catania e propone di realizzare a Corviale un laboratorio aperto dove creare progetti che riguardino l’artigianato, il paesaggio, l’ambiente, gli orti.
Propone di portare la città a Corviale, di sostenerlo a livello turistico e porta come esempio l’opportunità di Expo 2015 e far inserire Corviale nei pacchetti turistici : fare diventare l’edificio un polo di riferimento, un Colosseo della Contemporaneità, un centro produttivo di cultura. Propone di realizzare un Ostello, realizzare Bed & Breakfast (appartamenti di oltre 100 mq ..), Ristoranti gestiti dai ragazzi., ecc. Far diventare l’edificio un contenitore di professionalità.

Bernardini sottolinea l’importanza del ruolo della scuola che potrebbe erogare, accanto all’Istruzione, Formazione professionale organizzandosi in modo opportuno (Accreditamento) e adeguando le metodologie didattiche anche per il recupero dei giovani che hanno abbandonato la scuola (formazione on job …).

Ongaretto parla della necessità di creare una metodologia partecipata per mettere a disposizione diversi strumenti e competenze a servizio della comunità per costruire spazi realmente pubblici dove costruire progetti che vadano a toccare diversi ambiti, come il paesaggio e l’artigianato.
Le aree naturali protette di Tenuta dei Massimi e Valle dei Casali devono diventare nuovi spazi di aggregazione. Interventi site-specific potrebbero consentire al mondo vegetale di riconquistare un ruolo primario non solo nel quartiere di Corviale, ma anche nei quartieri limitrofi. Incorporando i confini tra natura e quartiere, le aree naturali protette possono diventare generatori di verde per tutta la città. La realizzazione di orti urbani, laboratori ecologici e orti mobili consentirebbero alla natura di espandersi in modo virale.
Che siano workshop, oggetti di arredo urbano, incontri o architetture temporanee, orti sociali, laboratori ecologici, orti mobili o mercati di prodotti agricoli, o ancora laboratori di design, l’obiettivo non risiede tanto nel risultato quanto nel generare un processo condiviso, per capire i bisogni delle persone e studiare come lo spazio ridisegnato si possa relazionare con il contesto circostante.
La semplice idea di Dislocare la natura potrebbe permette alla stessa natura di infiltrarsi, e di aumentare. “Ecologia aumentata” potrebbe essere una parola chiave
Un esempio: per coinvolgere attivamente i cittadini, i laboratori ecologici e artistici possono essere architetture arboree costruite, coltivate, curate e gestite dagli stessi abitanti di Corviale. Gli orti urbani, e anche gli orti e i giardini mobili sono realizzati e costruiti dai cittadini.
Altro esempio: il progetto di un Ostello4All realizzato a Barcellona gestito da ragazzi down aperto a tutti che è diventato un riferimento ludico-ricreativo per la città. Una tale attività consentirebbe di avviare un processo produttivo economico, permettendo da un lato a diverse associazioni di lavorare nella formazione, dall’altro di avviare attività economiche fonti di guadagno (ristorante, ostello), e infine ai ragazzi disabili di lavorare attivamente (per es. la manutenzione del giardino, la cucina e il servizio ai tavoli sono gestiti dai ragazzi disabili, ai tavoli servono i ragazzi disabili. Un progetto simile potrebbe essere realizzato a Corviale, sia per quel che riguarda la manutenzione degli orti, sia per quel che concerne i laboratori ecologici e artigianali, e così via.

Ongaretto, relativamente al tema dell’artigianato e del design riprende il discorso di Alliva e di Panunzi indicando la necessità di realizzare a Corviale uno spazio lavorativo in cui ogni artigiano possa condividere i propri strumenti del mestiere, le competenze di cui dispone, per realizzare i propri progetti dove possa collaborare con altri utenti artigiani per avviare attività professionali che possano essere diversi come la coltivazione, l’artigianato le arti ecc..
Il quadrante Corviale deve diventare uno spazio lavorativo dove condividere gli strumenti del mestiere, dove sia possibile collaborare in sicurezza.
Il quadrante Corviale deve mettere a disposizione gli spazi e gli strumenti base per consentire alle associazioni, ai coltivatori e e agli artigiani di realizzare i propri progetti, avviare attività condividere le proprie competenze .
Corviale come un Co/Working della Formazione e della produzione artigiana e agricola romana, dove costruire moduli personalizzati delle diverse competenze e delle diverse specializzazioni.

Panunzi sottolinea la necessità di creare percorsi culturali didattici e della necessità di utilizzare l’istituzione pubblica per farla diventare un contenitore laboratoriale.

Marina Galati, della cooperativa di Lamezia Terme (ROM, Raccolta Differenziata, ..) evidenzia come fattori importanti: – sociale; – ambientale; – economico e come fattore di successo la RETE Profit-non Profit.

Gianni Russo parla della necessità di istituire il Distretto di Corviale a Statuto Speciale adatto a una nuova Città Contemporanea (Quadranti riuniti) e di costruire le Regole di questo distretto con Potere di autonomia e sperimentazione (come Ente Eur).
Si esprime la necessità di scrivere al Questore di Roma per parlare di Corviale.

Luciana Vita, con esperienza di organizzazione di eventi scientifici alla sapienza, evidenzia interesse per quanto detto e dichiara disponibilità alla collaborazione.

Augusto Pascucci (presidente Uniat – inquilini, ambiente e territorio)
Sottolinea la necessità di ricentrare i depositi valoriali della società nei luoghi abbandonati in modo da farli diventare luoghi di creatività capaci di sviluppare valori nuovi. Creare intorno alla casa il luogo di produzione. La casa deve diventare il luogo generatore per costruire la filiera dei saperi. La casa come raccoglitore ecologico domestico (processo educativo da padre a figlio)
La Ristrutturazione di Corviale per produrre materiale che non è scarto (Ristrutturazione = miniera di risorse). L’edificio di Corviale può diventare diventa il luogo di produzione e consente di creare un ciclo sugli scarti (Cantiere= produzione di materiali)

Morandini pone un quesito su quali sono le motivazioni che dovrebbero riportare una persona a tornare a scuola una volta terminato il percorso di formazione scolastica. Inoltre parla sulla Formazione – Narrazione.

Antonello Fratoddi e Monica Ardizzone (architetti paesaggisti di Mediterraid). Lavorano sulle vie verdi ed hanno vinto il bando della Regione Lazio per un progetto sulla via Francigena per il tratto all’interno del Lazio che corre da Capranica a San Pietro.
Propongono l’idea di creare una via verde, un possibile progetto di un itinerario verde virtuoso e produttivo, dove l’edificio di Corviale possa diventare la tappa di partenza o di arrivo di un percorso tematico sull’artigianato romano. Al riguardo, Ongaretto interviene dicendo che il piano terra dell’edificio di Corviale potrebbe diventare un vero punto di passaggio per accedere al parco della Tenuta dei Massimi

Eugenio de Crescenzo (AGrCI) suggerisce di fare una riflessione sul contesto, e di organizzare il consenso sul territorio. Pone dei quesiti su dove collocare le nuove figure professionali, come ad esempio il produttore-cittadino? Sarebbe auspicabile:
• promuovere lo sviluppo e misurare gli effetti nella Regione lazio,
• creare una EXPO permanente con proposte di sviluppo da presentare alle istituzioni

Massimiliano Leone presenta IRFOR una rete per l’innovazione e lo sviluppo rurale in Italia

Stefano Panunzi dal progetto complessivo emergono due linee guida:
• Corviale come piattaforma dimostrativa per la città.
• Corviale come motore per la visione della città.

Ferraretto (Roma capitale, assessorato Ambiente e lavori pubblici) Illustra l’adozione di strumenti per la lotta ai cambiamenti climatici, RESILIENZA urbana (Fondazione Rockfeller) : Corviale sarà uno dei pezzi di applicazione del progetto

Ing. G. Boldini (Verde Pensile – Ministero dell’Ambiente; WeHelpGreen) parla dei suoi progetti di giardini pensili sui lastrici solari
• Presenta il progetto di Frutteto Pensile realizzato in una casa privata sita vicino al parco di Villa Ada. Il lastrico è realizzato con rifiuti urbani (Vetro Spuma /Schiuma di Vetro che è il Vetro residuo della lavorazione del vetro. Tale materiale di scarto consente una Maggiore Ossigenazione delle radici). I Giardini pensili sono fondamentali per la cattura delle polveri sottili. Il verde assorbe le polveri sottili tramite la realizzazione di un Lastrico Solare verde.
• Luce acqua Sali minerali necessari per le piante
• Parla della collaborazione con Università della Tuscia per studiare i gli scarti del vetro in particolare del materiale formato da rifiuto vetro+ Compost
• Parla delle sue collaborazioni con ISPRA CNR ENEA.
www.aivep.org
www.wehelpgreen.it
g.boldini@wehelpgreen.it 0039335383561

Panunzi presenta il progetto di trasformare il tetto di Corviale in uno spazio produttivo di energia, alimenti e lavoro, che con le sue interconnessioni sistemiche/impiantistiche deve riuscire a trasformare il Metabolismo di Corviale da organismo energivoro Insensato, Insostenibile, Respingente da in ecosistema autorigenerante Intelligente, Sostenibile, Inclusivo.
Dalle linee guida ATER :
1) Ridurre le dimensioni appartamenti per aumentare i suoi abitanti per un minore spreco di spazi aumenterebbe il suo carico urbanistico, pertanto si devono
2) Adeguare le reti e le infrastrutture
Per ridurre ad es. lo spreco di acqua e di produzione di acque nere (es. separando le acque nere e riciclando gli scarti liquidi grigi per l’irrigazione degli orti)
Presenta un calcolo in cui dimostra che Corviale consuma normalmente 1 milione di litri di acqua potabile e produce 1 tonnellata di feci e 7000 litri di urine (vd. ricerche sulla separazione feci/urine).
Ricorda che il Progetto UNIMOL-ATER è stato selezionato a Smart City Bologna, ad Ecomondo di Rimini e da RAI Expo 2015.

Lucatello (agronomo) parla del Bando per l’accesso alle terre pubbliche.
Prefigura la Piazza che sarà costruita a Corviale come Porta di accesso alla tenuta dei Massimi

Adriano Zaccagnini (Candidato alla Camera dei Deputati) che si interessa della progettazione di smart farm, evidenzia interesse per il progetto con particolare riguardo al progettare spazi verdi e renderli più fruibili.

Alfonso Pascale (Rete fattorie sociali, Forum terzo settore, IFORD) esorta tutti a riflettere sui recenti fatti che chiedono un ripensamento del modello di rapporto istituzioni-società e farne un documento da inviare al Questore ed al Prefetto di Roma.
Presenta le linee guida per l’attuazione della programmazione del Piano di Sviluppo Rurale nella Regione Lazio ed evidenzia la necessità di animazione e formazione sulle opportunità che offrono questi strumenti
In particolare presenta la Misura 16 del PSR che riguarda il sostegno a:
• costituzione di gruppi operativi del PEI (“Partenariato europeo per l’innovazione)
• progetti pilota e per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie
• cooperazione tra piccoli operatori nell’organizzazione di processi di lavoro comuni e la condivisione di strutture e risorse, e per lo sviluppo e il marketing turistico;
• cooperazione orizzontale e verticale tra gli attori della catena di approvvigionamento per la creazione e lo sviluppo di filiere corte e mercati locali
• cooperazione tra gli attori della catena di approvvigionamento per la fornitura sostenibile di biomasse per uso alimentare e produzione di energetica
CONCLUSIONI:
Tommaso Capezzone raccoglie le adesioni ai gruppi di lavoro emersi:
• Formazione x Manutenzione
• Laboratorio condivisione
• Reti
• Statuto