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Referendum del 5 luglio sul piano proposto dai creditori alla Grecia

Questo il quesito: “Deve essere accettato il piano di compromessi proposto dalla Commissione europea, il Fondo Monetario internazionale e la Bce all’Eurogruppo del 26 maggio 2015, composto da due documenti che costituiscono l’intera offerta? Il primo documento si intitola “Riforme per il completamento del prigramma corrente e oltre” il secondo “Analisi preliminare della sostenibilità del debito””.

Non accettatto/No
Accettato/Sì

scheda referendum

proposta-ue-alla-grecia

video messaggio Tsipras

video messaggio Juncker




Come cambia la politica al tempo de “l’inconscio digitale”

Le esperienze psicofisiche formano il sistema conoscitivo attraverso mappe naturali e mappe culturali.
Mappe disegnate attraverso i sensi che costruiscono la nostra idea di realtà.
Ora che gli HoloLens della Microsoft ci permettono di vedere ologrammi tridimensionali mischiati alla realtà e di modificarli e guidarli con il movimento delle mani che li “toccano” e li spostano e li modificano, l’equilibrio tra queste due specie di mappe si sbilancia a favore di quelle culturali.
Se De Kerckhove dice che “ogni volta che il linguaggio umano cambia di medium cambia anche l’etica” vuol dire che siamo in “un cambiamento di civiltà” perché “il sapere della rete (che è la somma dei dati di tutti i nostri movimenti e azioni on e off-line inseriti nei social network) orienta la definizione della realtà … e del mondo sociale … alla base dei nostri processi mentali e delle nostre azioni.” (*)
E non importa che singolarmente siamo o no presenti nei social network o che v’inseriamo o meno i nostri movimenti e le nostre azioni, dal momento che l’insieme dei movimenti e delle azioni altrui determina di fatto anche la nostra visione del mondo e quindi la nostra percezione della cosiddetta realtà che costituirà la mappa culturale attraverso cui noi ci costruiamo la “nostra” idea di mondo e il “nostro” conseguente modo di comportamento.
Passiamo quindi da una realtà dominata dall’inconscio individuale (quell’insieme di istinti e desideri che guida i comportamenti individuali) a una realtà dominata da un “incoscio digitale” caratterizzato da una “portata globale e da una straordinaria velocità di accesso a una collezione infinita d’informazioni” (*)
Questo cambio di paradigma non può non modificare radicalmente i modi della politica che oscilla tra l’estrema personalizzazione e identificazione nel leader e una “massa interattiva” completamente diversa dalle storiche maggioranze silenziose ma egualmente dominata da impulsi irrazionali.
La capacità dei nuovi soggetti politici deve quindi indirizzarsi verso quella “richiesta globale di correttezza politica, di società della condivisione, di collaborazione interculturale, di preoccupazione per la salute del mondo”(*).

(*) Derrick De Kerckhove Inconscio digitale




Franco Gabrielli in visita al Corviale

La visita del Prefetto Gabrielli a Corviale ci rimanda con la memoria ai tempi di Tangentopoli e forse anche più indietro, quando nel Belpaese non funzionava niente e c’era tanto da ricostruire e ci si appellava alle ultime personalità di indiscussa levatura morale. Considerata la crisi economica, la crisi della rappresentanza politica e la decadenza morale di questa epoca quanto è avvenuto oggi a Corviale, a Roma appare inaspettato quasi sproporzionato da richiedere una valutazione a posteriori.

La presenza del Prefetto di Roma, Franco Gabrielli, asciutto e militare, a Corviale invoglia a rilanciare i temi della legalità e della perequazione sociale producendo un effetto tonificante sull’azione civile dei tanti volenterosi dell’Associazione Corviale Domani.

Non è soltanto una presenza iconica quella del Prefetto Gabrielli a Corviale ma, alla luce del suo recente lavoro nella Protezione Civile subito dopo Bertolaso e del successo conseguito con il recupero della nave Concordia che ha riscattato dell’immagine dell’Italia nel mondo, è soprattutto una speranza di ritorno alla legalità in aree abbandonate dalle istituzioni con l’auspicio che con le regole ritornino anche gli investimenti pubblici. Si tratta di interventi mirati, legalità e risorse, da mettere in posa congiuntamente e con abilità di coordinamento per riscattare aree ritenute a basso profitto dai capitali pubblici e privati ma che potenzialmente offrono indiscutibili vantaggi per gli investitori e benefici per i cittadini con maggior disagio riducendo i costi di welfare pubblico.

Corviale è simbolo di complessità e emarginazione, sono questioni che hanno radici “endemiche” quali la presenza strutturale dell’illegalità, il sottodimensionamento dei presidi di protezione civile, la lontananza dai luoghi di produzione e la dispersione scolastica. Pino Galeota, che da anni è impegnato nel progetto di riscatto del quadrante urbano del Portuense e che ricordiamo oltre a Corviale si occupa anche del recupero culturale delle ex borgate del Trullo, ha voluto dare evidenza al Prefetto Gabrielli che una via stretta per il recupero sociale, economico e culturale per le periferie romane è possibile. Il lavoro svolto negli ultimi dieci anni dall’Associazione Corviale Domani ne è testimonianza, soprattutto perché il lavoro prestato dai volontari, sia giovani che pensionati, è la prova inconfutabile che, seppur in presenza di un’epoca moralmente decadente, nella società civile e anche in periferia tra i cittadini vi è tanta ostinata dignità e che i risultati fin qui conseguiti sono stati raggiunti con orgoglio e spirito operaio.

Ora, dopo la visita in loco, anche il Prefetto Gabrielli è consapevole della cantierabilità dei lavori per la rigenerazione urbana di Corviale e l’obiettivo che l’Associazione Corviale Domani ha voluto consegnare al Prefetto e alle altre associazioni che da anni si battono per la riqualificazione della città metropolitana di Roma non si esaurisce nelle ricerca dei fondi, che rimangono insufficienti, ma è anche quello di restituire una funzione multidimensionale alle periferie, recuperandone prioritariamente quella sociale, relazionale, economica, produttiva e a basso impatto ambientale. Soltanto restituendo ai luoghi una funzione sarà possibile salvarli dai rischi di declino e le periferie con i propri immobili e quartieri  rappresentano un’occasione straordinaria per sperimentare le nuove tecnologie sul risparmio energetico e la connessione digitale degli stessi ai gangli vitali della vita pubblica ed economica del paese.

Augusto Pascucci, presidente Uniat (unione inquilini ambiente territorio) aderente al cordinamento Spiazziamoli

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“Abbiamo condiviso con il Prefetto Gabrielli la necessità di sostenere le attività sociali, culturali ,sportive e formative che rendono vivo il nostro territorio e che meritano un grazie per la competenza e la passione con cui viene fatto. Siamo certi che insieme anche con ATER, i cantieri saranno aperti e sicurezza e  legalità saranno sostantivi concreti”

Pino Galeota coordinatore di CorvialeDomani aderente al cordinamento Spiazziamoli

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“La comunità territoriale del VII Municipio incontra Corviale in occasione della visita del Prefetto. I territori devono collaborare per risolvere i problemi della città e combattere la mafia e corruzione”

Guido Marinelli, C.d.Q. “Statuario-Capannelle” aderente al cordinamento Spiazziamoli

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«Il prefetto di Roma Franco Gabrielli incontra la comunità di Corviale alla biblioteca Renato Nicolini per discutere di legalità, giustizia e sicurezza. L’incontro è stato fortemente voluto da CorvialeDomani per presentare al prefetto tutte le associazioni che da anni operano nel territorio e illustrare i problemi legati alla legalità e alla sicurezza che queste devono affrontare ogni giorno per svolgere il proprio lavoro. Inoltre, per la prima volta, un esponente così importante delle istituzioni entra dentro il Serpentone per guardare con i propri occhi la realtà che tanti politici finora si sono limitati solamente ad ascoltare. “Prima di venire a Corviale qualcuno mi ha detto ironicamente auguri – dice il Prefetto – ma ora che sono qui mi rendo conto che tanti cittadini svolgono un lavoro importante per mantenere legalità e sicurezza”»

Ivan Selloni reporter CorvialeDomani aderente al cordinamento Spiazziamoli

 

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Orientarsi in tempo di crisi in un mondo che cambia

La crisi è diventata una dimensione esistenziale con la quale dobbiamo imparare a convivere.

Sapersi orientare in un periodo di cambiamento non è facile, ma può essere il punto di partenza per imparare a discriminare i bisogni reali da quelli indotti, i desideri e i progetti personali dalle abitudini condizionate.

Il periodo storico in cui viviamo sembra dominato in modo quasi esclusivo da una parola, “crisi”, a livello economico, sociale, individuale. Uno stato di incertezza, instabilità, ansia, attraversa la società in modo trasversale. Viviamo un’epoca contraddistinta da una diffusa criticità nella vita degli individui.

Oggi lo scenario economico e sociale richiede alle persone l’acquisizione di nuove informazioni, ma anche la capacità di produrre e sviluppare nuove conoscenze e competenze proprie dell’era della globalizzazione, come saper affrontare l’innovazione ed il cambiamento, trasformare la conoscenza e le nuove idee in risultati positivi, sapersi adattare ad un ambiente che diventa sempre più incerto e meno prevedibile.

E allora come si può realizzare un benessere personale e collettivo in tempi di crisi? È possibile incanalare le nostre energie per affrontare il cambiamento e riappropriarci del diritto di realizzare il nostro benessere e la nostra felicità?

La crisi è diventata una dimensione esistenziale con la quale dobbiamo imparare a convivere. Citando Albert Einstein: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”.

Insomma, la crisi comporta la necessità del cambiamento e costituisce una occasione di miglioramento, perché ci offre l’opportunità di rimettere in discussione la nostra scala di valori, per cambiare radicalmente modo di comportarci.

La parola d’ordine è cambiamento. Un potenziale che è dentro ciascuno di noi, al quale attingere per trasformare i sogni in realtà, giorno dopo giorno, un passo alla volta. Scegliendo di farlo, prima di essere costretti a farlo.

Quindi cercare di cambiare le abitudini personali e il proprio modo di pensare, abbandonando i “vecchi” valori, quelli del “tempo del vitello d’oro”: avere, arricchirsi, capitalizzare, competere e consumare in modo sfrenato, sfruttare l’ambiente, vivere sotto la pressione del tempo: sempre più in fretta.

Per abbracciare “nuovi” valori: essere, solidarizzare, cooperare ed essere tolleranti, rispettare la natura, perseguire la soddisfazione “compatibile” dei propri bisogni.

Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo o assumersi la responsabilità di cambiarle, cominciando col fare innanzitutto ciò che è necessario e poi ciò che è possibile. E all’improvviso ci si sorprenderà a fare l’impossibile.

Impareremo così a pensare positivamente, credere nello sviluppo e prepararci al futuro, cercando di evitare che la crisi congiunturale possa diventare una crisi motivazionale, nell’intento di generare solidarietà, cooperazione, fiducia e speranza.

Per dirla con Shakespeare: “Noi sappiamo ciò che siamo, ma ignoriamo ciò che possiamo diventare”.

Renato Mastrosanti

(formatore manageriale, psicoterapeuta, gestalt counselor, trainer pnl)




Da Corviale a questione nazionale: la povertà energetica degli inquilini IACP-ERP

Dai temi del workshop del 4 dicembre cominciamo ad approfondire la questione nazionale della povertà energetica degli inquilini pubblici con gli assessori alla casa di quattro regioni.

Insieme all’Unione Nazionale Inquilini Ambiente e Territorio e a Spiazziamoli rete antimafia e per un nuovo welfare affrontiamo un tema che riguarda l’esercizio attivo dei diritti di cittadinanza altrimenti esclusi dal programma di miglioramento ambientale.

Un secondo approfondimento è in preparazione sui temi dello Smart Building e dello Smart Community con l’obiettivo di promuovere cooperative tra abitanti dei quadranti urbani interessati alla funzione manutentiva dell’edilizia pubblica utilizzando gli incentivi energetici attualmente previsti e per questa via favorire la costituzione di ESCO.

A fine lavori è previsto un aperitivo “biologico”

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Programma

Introduzione

Comunicato Stampa

LA POVERTÀ ENERGETICA DEGLI INQUILINI IACP-ERP

L’iniziativa è orientata a dare evidenza degli ostacoli sociali, tecnici e di mercato che, se non rimossi, impediscono ai cittadini europei di partecipare consapevolmente e attivamente all’obiettivo di miglioramento ambientale e di risparmio energetico promosso dal Parlamento europeo con il programma “Horizon 2020”.

In Europa lo stock immobiliare, inefficiente ed energivoro, costituisce una grave e costante minaccia alla salvaguardia ambientale. Per il loro fabbisogno di energia nella maggior parte dei casi si fa continuamente ricorso a fonti energetiche provenienti dalla filiera fossile. Questo tema rappresenta una delle sfide più impegnative da affrontare e le tecnologie ICT, se diffuse a tutti gli strati sociali, possono dare un forte contributo alla realizzazione dell’obiettivo. La sostituzione di tecnologie mature ad elevato impatto ambientale con le più recenti tecnologie energetiche costituisce una necessaria programmazione industriale e politica.

La crisi economica, ancora in corso in molti Paesi, e i recenti ingressi dei Paesi dell’Est nell’Unione Europea, con stock immobiliari fortemente energivori, hanno reso ancor più urgente intervenire a favore dell’efficientamento energetico degli immobili per garantire il raggiungimento dell’obiettivo ambientale previsto dal Programma Horizon 2020. Il potenziamento dell’informazione, della diffusione di conoscenze e delle migliori pratiche può costituire uno strumento utile e redditizio nella lotta agli sprechi di energia e all’uso consapevole delle fonti energetiche.

Infatti enormi masse di cittadini (in Italia circa 16 milioni e in Europa sono complessivamente 120 milioni i cittadini che vivono sotto la soglia di povertà) (*) pur avendo una spiccata sensibilità ambientale e un forte senso civico rischiano di rimanere esclusi dai programmi politici di miglioramento ambientale promossi dall’Europa, per il semplice fatto che non hanno redditi sufficienti per investire in tecnologie di efficientamento energetico degli immobili sia di proprietà sia in affitto. Si tratta di gruppi sociali resi incapienti dalla perdita di occupazione e sono già a rischio di esclusione da qualsiasi programma di miglioramento della società europea incluso l’obiettivo di efficientamento della loro casa, ammesso che ce l’abbiano. Inoltre i livelli di vetustità dello stock immobiliare e i dati sui livelli medi di reddito dei cittadini ci informano che il Programma “Horizon 2020” rischia di essere messo in atto solo da pochi e fortunati possessori di case. A tutto ciò aggiungiamo che il perdurare di politiche di austerity, sempre chieste dalla stessa Europa, e la scarsezza di risorse disponibili non incentiva l’investimento finanziario nella rigenerazione urbana e nell’efficientamento del parco immobiliare esistente. Alla luce di quanto precedentemente considerato possiamo affermare che allo stato attuale per milioni di cittadini italiani e europei gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione e alla partecipazione fattiva del programma di miglioramento ambientale europeo sono molti e concreti. Tuttavia riteniamo che alla portata dei nostri amministratori vi siano soluzioni sostenibili sia in termini culturali sia in termini di innovazione tecnologica per dare risposta al secondo Comma dell’art. 3 della nostra Costituzione “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” . I proponenti pensano che sia indispensabile rimuovere soprattutto gli ostacoli che impediscono agli inquilini degli immobili pubblici di partecipare al miglioramento ambientale. Immaginiamo che con interventi mirati a favore dei cittadini svantaggiati, resi vulnerabili dalla decadenza economica dei propri territori, si possano sperimentare forme di riscatto sociale e di riqualificazione urbana, il tutto a vantaggio della causa ambientale.

A nostro avviso il primo ostacolo è costituito dalla mancanza di informazioni sui comportamenti “efficienti”. La lotta agli sprechi, che i cittadini poveri possono mettere in atto in ambito domestico, può contribuire in modo soddisfacente a ridurre il consumo di energia e migliorare il loro bilancio familiare. Questo è possibile con appropriate campagne informative e formative basate anche sull’uso e diffusione della tecnologia digitale, che immaginiamo possa trovare impiego nell’ammodernamento impiantistico degli immobili pubblici.

Il secondo ostacolo è rappresentato dalla asimmetria contrattuale tra erogatore dei servizi energetici e consumatore che rende quest’ultimo privo di soggettività riducendo il suo ruolo a semplice pagatore di bollette di cui conosce l’entità e forse la qualità dei consumi soltanto alla data di scadenza. Crediamo fortemente che la costituzione di Esco (**) possa rendere il mercato più elastico nel rapporto tra domanda e offerta misurando anche la qualità del servizio oltre che il mix delle fonti energetiche.

Il terzo è individuabile nella lotta agli oligopoli delle industrie energetiche che rendono la fornitura di energia per uso domestico più costosa che per fini industriali in termini di ritorno dei benefici ambientali. Pensiamo che come è successo per la telefonia anche per il settore energetico si possa passare ad un’offerta di “energia prepagata”. Dall’uso continuo e inconsapevole all’uso necessario ed efficiente. In questo modo sarà possibile misurare anche il ritorno del beneficio ambientale rispetto all’Irpef pagata, indispensabile per sostenere gli investimenti in opere di bonifica e ripristino dei territori. Recenti studi sulla fiscalità ambientale(art. 15 Legge 23/2014) hanno messo in evidenza che il settore industriale italiano con 5 miliardi di gettito Irpef nell’anno 2013 ha generato costi ambientali pari a oltre 13 miliardi di Euro. Di converso le famiglie italiane con un gettito Irpef di 24,9 miliardi nell’anno 2013 hanno generato costi ambientali pari a circa 15 miliardi di Euro. E’ evidente che i costi ambientali creati dalle imprese sono a carico delle famiglie. Riteniamo indispensabile distinguere le responsabilità tra grandi consumatori di materie prime rinnovabili e non rinnovabili introducendo il principio di responsabilità oggettiva e fiscale per gli indifferibili interventi di bonifica ambientale.

Partendo dal riequilibrio dei fattori sopra indicati a nostro avviso si faciliterebbe l’esercizio attivo dei diritti di cittadinanza dei cittadini italiani e europei altrimenti esclusi dal programma di miglioramento ambientale. In ultimo pensiamo che l’Europa se vorrà continuare a puntare su politiche di equità e di inclusività nel mercato energetico dovrà affrontare con maggiore incisività alcuni nodi politici e tra questi, a nostro avviso, vi sono certamente quelli da noi trattati.

(*)     fonte Eurostat 2013

(**)   Energy saving company




Riflessioni sul D.Lgs. 231/01: garanzie ed opportunità per le Coop. Sociali

La normativa emanata nel 2001 (D.Lgs. n.231/2001) come disciplina di recepimento di varie convenzioni internazionali anticorruzione ed inizialmente circoscritta ai reati ed agli illeciti nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, si è via via estesa a materie quali i reati societari e finanziari, ai market abuse, ai reati ambientali, ecc., prevedendo un peculiare meccanismo di imputazione della responsabilità nei confronti sia degli enti forniti di personalità giuridica che delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica.

In particolare, a seguito della Sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 15657/11, l’applicabilità della disciplina di cui al D.Lgs. 231/01 è stata estesa alle persone giuridiche private, alle società di persone, a quelle di capitali, alle associazioni non riconosciute, comprendendo, dunque, anche il settore delle cooperative sociali.

Occorre, pertanto, ai fini dell’esclusione della responsabilità dell’azienda, che la stessa si doti di un “modello certificato” dal quale emergano i requisiti, tra di loro funzionalmente collegati, nonché le metodologie applicative per costruire detto modello, necessario per prevenire l’imputazione della responsabilità e degli eventuali illeciti contemplati dal decreto.

Le aziende, ad oggi, sono dunque poste davanti all’incombenza di applicare il decreto e quindi messe di fronte al dilemma di come gli organi aziendali debbano organizzare, pianificare ed eseguire il proprio intervento e con quali strumenti l’Organismo di Vigilanza, contemplato in detto decreto e fulcro del sistema, debba effettuare la funzione di controllo e di aggiornamento ad esso demandata.

Quanto sopra, purtroppo, è lasciato alla discrezionalità dell’azienda in quanto ad oggi le associazioni di categoria hanno proposto esclusivamente delle linee guida generali di applicazione della “231”, contenenti una mera elencazione di ciò che si deve o non si deve fare senza entrare nel dettaglio e nel merito delle procedure applicabili e senza presentare una metodologia e degli specifici strumenti applicativi che possano “aiutare” l’azienda.

In altre parole, l’azienda dovrà dotarsi di un buon sistema di controllo interno che permetta al management la regolare esecuzione delle procedure aziendali nonché l’azzeramento del “rischio illecito-reato”, previsto dal decreto, mediante l’adozione di un processo di gestione del rischio di carattere dinamico (cambiamenti dell’organizzazione aziendale – ambiente di riferimento e settore nel quale opera) costantemente aggiornato.

Tanto premesso, se da una parte l’adozione del modello certificato si pone come necessario rispetto alla prevenzione degli illeciti cristallizzati nella “231”, dall’altra può rappresentare per l’azienda un’opportunità di crescita e di ottimizzazione delle risorse e degli strumenti di cui è dotata.

Ciò perché, sempre più frequentemente soprattutto nel settore delle PMI, il management aziendale non ha la capacità di individuare e analizzare, all’interno dei processi aziendali, tutte quelle attività sensibili potenzialmente suscettibili di divenire veri e propri fattori di rischio.

L’adozione del modello certificato ex D. Lgs. 231/01, pertanto, non può che rappresentare per le aziende un’ulteriore garanzia dell’organizzazione e della trasparenza del proprio operato mediante l’adozione di precisi modelli organizzativi e di un codice etico comportamentale, la conoscenza del proprio sistema di controllo interno (SCI), la mappatura delle aree a rischio e la valutazione del rischio di infrazione e di reato mediante la definizione e redazione di adeguati “specifici protocolli” di protezione.




Assistenza specialistica: dall’integrazione all’inclusione

L’assistenza agli alunni con disabilità è parte fondamentale del processo di integrazione scolastica.
L’integrazione scolastica in tutte le scuole di tutti gli ordini e grado, garantisce il diritto all’istruzione e all’educazione (piena formazione della personalità) degli alunni in situazione di handicap; tale diritto è sancito dalla Costituzione art.34, confermato dalle Sentenze della Corte Costituzionale n. 215/87 e dalla più recente Sentenza n.266/01, dalla legge 118/71, dalla C.M. n.227/75, dalla legge 517/77 e dalla Legge Quadro sull’handicap 104/92 (artt. 12, 13, 14, 15, 16).

Il M.I.U.R., con la nota prot. n. 3390 del 30 novembre 2001, ha ridefinito le competenze delle Istituzioni scolastiche, che devono garantire l’assistenza di base agli alunni in situazione di handicap e degli Enti Locali che devono garantire l’assistenza specialistica.

La nota ha come obiettivo prioritario di assicurare il diritto allo studio dei soggetti disabili, con l’intento di fornire un quadro il più completo possibile della normativa e alcune indicazioni operative; tra queste prevede l’istruzione di corsi di formazione specifici tutto al fine di dare garanzie agli alunni e alle loro famiglie, certezza al personale della scuola e ai dirigenti scolastici, nonché a tutti gli Enti preposti alla piena realizzazione di processi che realizzino una piena inclusione (M.I.U.R nota del 30 novembre 2001). E’ comunque dell’Ente locale il compito di fornire l’assistenza specialistica da svolgersi con personale qualificato (Protocollo di Intesa del 13/9/2001). In base al Dlgs 112/98 i Comuni per le Scuole materne, elementari e medie e le Province per le Scuole Superiori.

L’assistenza specialistica si può realizzare soltanto con la collaborazione congiunta di tutte le parti in causa, Scuola,Enti locali e ASL , le quali, ognuna secondo le proprie competenze e responsabilità, devono partecipare alla effettiva integrazione di quel soggetto , in quella particolare situazione al fine di ottenere l’obiettivo finale congiunto dell’inclusione.
La concezione “inclusiva” ritiene che l’educazione sia processo di riorganizzazione dei sistemi educativi allo scopo di trasformare le istituzioni che si occupano di educazione (in primis la scuola) in strutture “NON escludenti”, ovvero idonee a intercettare e accogliere i molteplici e differenziati bisogni educativi presenti negli alunni, al fine di offrire a ognuno medesime opportunità di crescita, sviluppo e apprendimento. Il modello dell’Inclusive Education è rintracciabile nel testo “Principi Guida per promuovere la Qualità nella Scuola Inclusiva”.

Facendo riferimento a quello che può essere considerato il manifesto della scuola inclusiva, ovvero la Dichiarazione di Salamanca, l’applicazione del modello dell’Inclusive education richiede che i sistemi educativi sviluppino una pedagogia centrata sul singolo alunno (young-centredpedagogy), rispondendo in modo flessibile alle esigenze di ciascuno. Tale pedagogia, si fonda sull’idea innovativa in base alla quale le differenze (la cosiddetta “normale specialità”) sono una risorsa per l’educazione, la cui valorizzazione richiede ai sistemi educativi capacità di individuazione dei bisogni (principio di INDIVIDUALIZZAZIONE) e differenziare le risposte (principio di PERSONALIZZAZIONE).

La piena realizzazione del sistema dell’Inclusive education quindi, non consiste nel dare un posto nella scuola anche a chi è rappresentante di una qualche diversità, ma nel trasformare il sistema scolastico in organizzazione idonea alla presa in carico educativa dei differenti problemi e difficoltà che tutti gli alunni possono incontrare.

L’assistente specialistico è parte significativa del processo di inclusione scolastica, partecipa al progetto educativo individuale (PEI) dell’alunno in un più ampio scenario di interventi che vede coinvolti insieme insegnante di sostegno, insegnanti curricolari e, appunto, assistente specialistico.
Appare evidente come il ruolo dell’Ente Locale assuma una valenza ancora maggiore nell’effettiva realizzazione del percorso scolastico di ogni alunno in situazione di handicap, ponendo in essere, con la Scuola e con la ASL, le sinergie atte a garantire una effettivo processo di inclusione.

La ingiustificata riduzione delle ore assegnate o la sospensione del servizio negherebbe un diritto fondamentale del minore all’istruzione e alla sua famiglia, causando in alcuni casi l’impossibilità stessa da parte del minore della frequenza scolastica, arrecando così danni irreparabili al tutto il processo inclusivo dell’alunno unitamente a pesanti disagi alla famiglia.




Papa Francesco: il welfare non è un costo

Incontrando gli iscritti alle Acli il Papa ha detto: “È una importante battaglia culturale quella di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo”

Papa Francesco incontra le Acli in occasione del 70° anniversario della fondazione delle Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani e alza forte la sua voce contro le storture del mercato del lavoro e le ingiustizie che esso si porta dietro e lo ricorda alla politica: “E’ una importante battaglia culturale quella di considerare il welfare una infrastruttura dello sviluppo e non un costo. La proposta di un sostegno non solo economico alle persone al di sotto della soglia di povertà assoluta, che anche in Italia sono aumentate negli ultimi anni, può portare benefici a tutta la società”.

“Non possiamo – il suo appello – tarpare le ali a quanti, in particolare giovani, hanno tanto da dare con la loro intelligenza e capacità; essi vanno liberati dai pesi che li opprimono e impediscono loro di entrare a pieno diritto e quanto prima nel mondo del lavoro”. Bergoglio insiste quindi sulla necessità di un lavoro che sia davvero ‘solidale’: “Ogni giorno voi incontrate persone che hanno perso il lavoro, questo fa piangere, o in cerca di occupazione; persone che vogliono portare a casa il pane per la loro famiglia. A queste persone bisogna dare una risposta. In primo luogo, è doveroso offrire la propria vicinanza, la propria solidarietà”.

Si rivolge poi così ai delegati: “I tanti ‘circoli’ delle Acli, che oggi sono da voi qui rappresentati, possono essere luoghi di accoglienza e di incontro. Ma poi bisogna anche dare strumenti ed opportunità adeguate. È necessario l’impegno della vostra Associazione e dei vostri servizi per contribuire ad offrire queste opportunità di lavoro e nuovi percorsi di impiego e di professionalità”. “Libertà, creatività, partecipazione e solidarietà. Queste caratteristiche – ricorda il Papa – fanno parte della storia delle Acli. Oggi più che mai siete chiamati a metterle in campo, senza risparmiarvi, a servizio di una vita dignitosa per tutti”.

“Troppo spesso il lavoro è succube di oppressioni a diversi livelli – ha continuato Papa Francesco -: dell’uomo sull’altro uomo; di nuove organizzazioni schiavistiche che opprimono i piu’ poveri; in particolare, molti bambini e molte donne subiscono un’economia che obbliga a un lavoro indegno che contraddice la creazione nella sua bellezza e nella sua armonia. Dobbiamo far si’ che il lavoro non sia strumento di alienazione, ma di speranza e di vita nuova”. E poi ancora sui ragazzi che “sono in pericolo di cadere nella malavita o di andare a cercare orizzonti di guerra come mercenari” senza l’opportunità di un lavoro.

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