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Insieme per forza (Blended)

di Frank Coraci. Con Adam SandlerDrew BarrymoreKevin NealonTerry CrewsWendi McLendon-Covey  USA 2014

Jim (Sandler) è vedovo ed ha tre figlie: l’adolescente Hilary (Bella Thore), che lui cresce come un maschiaccio, la dodicenne Espn (Emma Furhmann),che continua a immaginare la madre come una costante presenza e la piccola Lou (Alyvia Alyn Lynd), bisognosa di coccole; il suo collega ed amico Doug (Shaquille O’Neal) lo convince a iscriversi ad un sito di incontri e così conosce Laurel (Barrymore). Lei è divorziata da Mark (Joel McHale) – tipico padre assente – ed ha due figli maschi, il tredicenne Brendan (Braxton Beckham), che ha i primi risvegli di ormoni e il piccolo Tyler (Kyle Red Silverstein), imbranato nello sport. L’incontro va malissimo ma l’amica di Laurel, Jen (McLendon-Covey) ed il capo di jim, Dick (Dan Patrick), che avevano prenotato una settimana di vacanza in Sudafrica per loro ed i cinque figli di lui, litigano e così Jim e Laurel, ciascuno all’insaputa dell’altro, fruiscono della vacanza e si ritrovano in albergo, trattati, loro malgrado, come una coppia di innamorati. Dopo un po’ i figli di lei trovano in Jim una rassicurante figura paterna (il piccolo riesce anche a lanciare per la prima volta la palla da baseball) e le ragazzine si aprono a Laurel, in particolare Hilary che si innamora di Jake (Zack Henry), un coetaneo un po’ dark figlio del loro vicino di tavolo Eddy (Nealon). Le vicende, contrappuntate dalle allusive canzoni di Nickens (Crews) vanno verso l’inevitabile sbocco di innamoramento con in America il lieto fine.

Coraci è amico e regista di fiducia di Sandler – questo è il loro quarto film insieme – e Drew Barrymore ha condiviso con l’attore due recenti successi (Prima o poi me lo sposo – sempre di Coraci – e 50 volte il primo bacio). Insieme per forza è chiaramente un’operazione studiata a tavolino ma i due insieme sono ben assortiti, la regia aiuta l’amalgama e la scrittura è efficace e ben cadenzata nell’alternarsi di commozioni e sorrisi. Niente di che ma chapeau alla qualità professionale di una sana operazione di decorosa routine.




Le cose belle

di Agostino FerrenteGiovanni PipernoDocumentario Italia 2013

Adele ha quattordici anni, va male a scuola perché non si adatta alla disciplina ed ha una sorella maggiore, Jessica, che in realtà sarebbe un fratello ma ha manifestato sempre tendenze femminili e la mamma ne ha preso serenamente atto; Adele, da grande, vorrebbe fare la modella. Anche Silvana ha quattordici anni, il padre è in prigione e la madre si occupa poco di lei, la sua unica consolazione è il ballo per il quale si sente naturalmente portata e che sogna essere il lavoro del suo futuro. Fabio, 12 anni, è un ragazzino estroverso, ha un fratello, risolve con la simpatia i pasticci che combina e vorrebbe fare il calciatore ma sa di non avere particolare talento. Il suo amico Enzo, invece, un talento ce l’ha: con il padre posteggiatore canta le canzoni della tradizione napoletana nelle trattorie; lui ha il progetto di diplomarsi al Conservatorio e di diventare un nuovo Sergio Bruni.15 anni dopo troviamo Adele alle prese con lavori saltuari che alterna alle visite in carcere al proprio compagno, sempre sostenuta dalla madre, con la quale gioisce dei piccoli successi di Jessica, nominata “Miss Trans”, in una selezione locale. Silvana continua, invece, ad avere un rapporto conflittuale con la madre e i suoi sogni di danza si sono ridotti nelle povere esibizioni da cubista in un triste dancing. Fabio (il fratello è morto, una delle tante vittime casuali di una sparatoria nei vicoli) è disoccupato e si arrangia vendendo sciarpe e cappellini del Napoli fuori dallo stadio. Enzo, che è diventato propagandista porta a porta di Tele2, cerca di aiutarlo portandolo con sé ma Fabio capisce che li stanno solo sfruttando senza dar loro nessuna speranza per il futuro e, infatti, di lì a poco anche Enzo sarà disoccupato e dovrà provvedere anche al padre che per ragioni di saluto ha lasciato la posteggia.

Ferrente e Piperno avevano girato nel ’99 per Rai3 il documentario-inchiesta Intervista a mia madre, nel quale apparivano i quattro protagonisti, con le loro piccole storie ed i loro sogni, 14 anni dopo ne hanno ritrovato i protagonisti e da questi incontri, alternati alle immagini dell’inchiesta precedente hanno ricavato questo film che ha già fatto incetta di premi in vari festival e che è un piccolo miracolo di forza, stringatezza ed emozione: la scelta mai banale delle inquadrature, la potenza della fotografia di Piperno e la grande efficacia della colonna sonora fanno de Le cose belle uno dei migliori documentari di questi anni (una menzione va a Cinecittaluce ed a Beppe Attene che lo hanno supportato e distribuito); proprio nella colonna sonora si trova la chiave dell’operazione: il cinema in questi anni ha spesso usato con efficacia la canzone napoletana e il neomelodico (il divertente Song’ e Napule è l’esempio più riuscito) ma Ferrente e Piperno non cadono nella trappola del folklorismo snob e non solo le melodie tradizionali, come Passione, cantate da Enzo bambino ma anche i successi popolari come Guagliuncè di Nino D’angelo, le hit di Gigi D’Alessio e La storia ‘e Maria di Ivan Granatino (sorta di contrappunto alle vicende senza speranza dei protagonisti) sono usate con l’intelligenza e l’umiltà di chi sa raccontare storie popolari, consegnandosi senza (pre)giudizi ai protagonisti.




Scemo & più scemo 2 – Dumb and Dumber Two

di Bobby FarrellyPeter Farrelly. Con Jim CarreyJeff DanielsRob RiggleLaurie HoldenRachel Melvin USA 2014

Harry (Daniels) da vent’anni va ogni mercoledì ad assistere l’amico Lloyd (Carrey): lo lava, gli cambia il pannolone ed il sacchetto del catetere e gli tiene compagnia; allo scadere del ventesimo anno Lloyd salta su dalla sedia a rotelle e gli rivela, soddisfatto, di avergli fatto uno scherzo. I due tornano a casa di Harry e questi rivela di aver bisogno del trapianto di un rene; dopo aver lasciato il gatto Bucodiculo nella casa del vicino cieco Billy (Brady Bluhm) dove mangerà tutti gli uccelli rari che il ragazzo collezionava con amore, i due partono alla ricerca di un donatore compatibile. I genitori cibesi di Harry (Michael Xama e Nanct Yee) sono esclusi perché ovviamente adottivi – ma lui non ne è del tutto convinto – ma a casa loro trovano vecchia una lettera della loro amica Fraida (Kathleen Turner), ragazza facilissima, che gli rivelava di aspettare una figlia da lui. La vanno a trovare (il rene di una figlia è compatibile) e lei dice di aver data la bambina vent’anni prima in adozione ad un ricco scienziato, il prof. Garabedian (Lindsay Ayliffe). Quando arrivano a casa del luminare lo trovano malato – la moglie Adele (Holden), d’accordo con il tuttofare Travis (Riggle), lo sta avvelenando – e la figliastra Penny (Melvin) è andata al suo poisto a presentare una preziosa invenzione al Ken, una conferenza scientifica di livello mondiale. La ragazza, che è tonta come loro, ha lasciato a casa l’invenzione e Harry e Lloyd (che, appena ha visto una foto di Penny se ne è innamorato) partono, accompagnati da Travis, per portargliela. Travis cerca di eliminarli ma i due pensano che voglia far loro degli scherzi e, in un’excalation di dispetti, finiscono con il farlo saltare in aria. Adele allora si dirige alla loro volta con il gemello di Travis, il capitano Lippincott. Giunti al Ken, Harry viene scambiato per Garabedian e ne combina di tutti i colori mentre Lloyd, scacciato dal capo della sicurezza, ms. Surpuss (Patricia French), invita a pranzo Penny e le rivela che Harry è suo padre (ma comincia a sospettare di averla invece concepita lui). Di lì a poco arrivano Adele e Lippincott ed anche Fraida che vuole riabbracciare la figlia. Nel parapiglia finale, il prof. Garabedian fa arrestare la moglie ed il complice e, dopo una sveltina in uno sgabuzzino, chiede a Fraida di rimanere con lui e Penny. Lei, felice, accetta non prima di aver rivelato ai due imbranati come nascono i bambini e che loro essendo vergini, non possono essere i padri della ragazza.

Sono passati esattamente vent’anni dal successo del primo Scemo e più scemo – cui fece seguito una serie animata ed un dimenticabile prequel, Scemo e più scemo – Iniziò così – ed i fratelli Farrelly, consolidarono la loro di autori di slapstick goliardico e corporale con Tutti pazzi per Mary; dopo di che è stata routine fino a recente I tre marmittoni, omaggio ai tre Stooges antesignani della stupidità di Harry e Lloyd. Ora, complice la voglia di Carrey e Daniels di rimettere in piedi con un buon incasso le loro carriere in declino, ci riprovano con gli infantilismi scatologici dei due scemi ed il risultato è in buona parte riuscito. Le spirito è un po’ vecchiotto ma, in fondo, non guasta: il gioco del politically uncorrect funziona (la povera Turner, ad esempio, viene costantemente insultata per il suo non proprio smagliante aspetto) e la presenza di Bill Murray in un piccolissimo cameo conferma il tono, alla fine gradevole, di vecchi commilitoni del goliardismo che se la spassano senza impegno.




Magic in the Moonlight

di Woody Allen. Con Eileen AtkinsColin FirthMarcia Gay HardenHamish LinklaterSimon McBurney  Francia, USA 2014

Stanley Crawford (Firth) è un illusionista inglese che ha grande successo nei panni del mago cinese Wei Ling Soo; rampollo di buona famiglia, snob e cinico Stanley si diverte, come Houdini, a smascherare i ciarlatani che, fingendo poteri esoterici, truffano i creduloni. Una sera a Berlino lo raggiunge il suo vecchio amico Howard (McBurney), anche lui illusionista – da ragazzi avevano studiato insieme le tecniche di magia – ma di minor successo, che gli chiede di smascherare Sophie (Emma Stone), una veggente che si è piazzata con la madre (Gay Harden) in Provenza a casa della sua ricca zia Grace Catledge (Jacki Weaver). Howard aveva tentato di scoprire i trucchi della veggente ma senza riuscirci ed ora chiede al ben più abile Stanley di provarci prima che la ragazza, che ha fatto innamorare il figlio di ms. Grace, Bridge (Linklater), entri per sempre nella loro famiglia. Stanley accetta anche perché in Provenza abita la sua amata zia Vanessa (Atkins) che non vedeva da tempo. Arrivato alla villa dei Catledge, viene accorto dalla figlia di ms. Grace, Caroline (Erika Leerhsen) e da suo marito lo pìsicanalista George (Jeremy Shamos), entrambi convinti della malafede della veggente. Sophie appena conosce Stanley – che si presenta con un uomo d’affari- gli svela particolari della sua vita che pochissimi conoscevano e quando questi assiste ad una prima seduta medianica non riesce a trovare nessun trucco. Il giorno dopo la ragazza gli dice di aver capito la ragione della sua presenza nella casa e lo sfida apertamente. Lui la porta dalla zia e anche lì lei li sorprende entrambi dando particolari della vita della signora che si erano persi nel tempo. Di lì a poco Stanley si innamora di Sophie, trascura di telefonare alla fidanzata Olivia (Catherine McCormak), si convince che la ragazza è davvero dotata di poteri extra-sensoriali e convoca una conferenza stampa nella quale dichiara di essere, per una volta, convinto che esista qualcosa che trascende la razionalità e che Sophie ne è la prova. In piena conferenza gli comunicano che Vanessa ha avuto un grave incidente e lui si precipita in ospedale; qui, disperato, si sorprende a pregare per la salvezza della zia ma quel gesto, per lui enorme, gli fa suonare un campanello d’allarme: raggiunge Sophie e rivela a lei e ad Howard di aver capito che loro si erano messi d’accordo – lei per rafforzare la propria posizione e lui per invidia dei suoi successi – per turlupinarlo (lui conosceva i segreti che lei sembrava divinare e, durante le sedute medianiche, lui, indisturbato, produceva gli effetti voluti). Quando zia Vanessa, guarita, torna a casa lo convince che l’amore non è razionalità e che Sophie, con tutti i suoi difetti, è la donna che può portare la vera magia nella sua vita.

Allen ha già più volte usato il tema della magia come metafora dei sentimenti, oltre che del cinema e delle sue illusioni (Stradust memories, La maledizione dello scorpione di giada, Scoop) ed abbiamo già trovato, in Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, una medium imbrogliona, così come molti suoi film sono, come questo, dichiarati omaggi alla sophisticated comedy degli anni ’30,’40 di Frank Capra, George Cukor e Gregory La Cava. Magic in the moonlight non è, quindi, il suo film più originale e, del resto, la sua scelta – anche alimentare – di fare un film all’anno esclude la possibilità che ciascun titolo sia un capolavoro e questo non è intenso come Blue Jasmine (neanche slabbrato come To Rome with love però) ma ha un suo gradevole perché e mantiene il garbo dell’Allen cinefilo che riesce a far scaturire emozioni da ammiccanti citazioni ( qui fa anche cantare Ute Lemper vestita come Lola –Lola ne L’angelo azzurro).




Dracula Untold

di Gary Shore. Con Luke EvansDominic CooperSarah GadonCharles DanceDiarmaid Murtagh USA 2014

Siamo nel XV secolo e il conte Vlad (Evans) governa la Transilvania, che è parte dell’ Impero Ottomano. A 15 anni era stato ceduto dal padre agli invasori, insieme a tutti suoi coetanei, in segno di pace e lui era stato duramente addestrato a diventare un guerriero; era diventato così il feroce e temuto Impalatore. Ora regge con saggezza il proprio paese e vive serenamente con la moglie Mirena (Gadon) e con i figli. Un giorno uno dei suoi uomini trova nel bosco la testa di un esploratore turco. Vlad sa che ci saranno vicini altri armati e, con due scudieri, li va a cercare. I tre arrivano ad una caverna piena di pipistrelli e lì trovano i resti degli altri turchi e una quantità di scheletri umani; appare una creatura mostruosa (Dance) che uccide i due compagni del conte mentre lui si salva a stento. Tornato al proprio castello, viene a sapere da Frate Lucian (Paul Kaye) che nella grotta risiede da secoli il Vampiro, un nobile che aveva stretto un patto con le Tenebre, che gli avevano concesso l’immortalità ma lo avevano condannato ad essere il mostro che lui aveva incontrato. La sera, mentre nel palazzo si festeggiano 10 anni di pace, arriva il Bey Hamza (Fernand Kinsley) che, oltre a ritirare il consueto tributo in danaro, comunica che il Sultano Mehmed (Cooper) vuole mille adolescenti, tra cui i figlio di Vlad, Ingeras (Art Parkinson), per addestrarli ed arruolarli. Lui va da Mehmed – con il quale era cresciuto come un fratello – per dissuaderlo ma inutilmente. Quando, per evitare al suo popolo una impari guerra, sta per consegnare il figlio ha un moto di ribellione e uccide i soldati che erano venuti a prenderlo. La guerra è ormai certa e la disfatta anche ma Vlad va dal Mostro e questi, dopo avergli fatto bere il proprio sangue, gli comunica che per tre giorni avrà da vivo tutti i poteri del vampiro dopo di che morirà ma che, se non resisterà alla tentazione di bere sangue umano, sarà condannato alla condizione di Non Morto. Il conte uccide da solo mille turchi e, prima che arrivi una seconda ben più nutrita ondata, parte con tutto il suo popolo per un monastero di montagna molto ben protetto dalla natura circostante. In una sosta lo zingaro Chkelgim (Zach McGowan), nato con il destino di essere servo dei vampiri, gli offre il proprio sangue ma lui lo scaccia. Nell’ultimo tratto del viaggio, lascia il comando al fido Dumitriu (Murtagh) per affrontare da solo i turchi ma deve accorrere per salvare la moglie e il figlio. Nel monastero Lucian, che ha capito cosa gli è capitato, convince gli altri a dargli fuoco; i suoi poteri lo salvano e, aiutato da milioni di pipistrelli, distrugge l’esercito nemico. Ma Mehmed, penetrato nel monastero, con alcuni armati rapisce Ingeras e butta da un dirupo Mirena. Vlad si lancia per salvarla ma non ce la fa e lei, morente, lo supplica di suggere il suo sangue (sono trascorsi i fatali tre giorni) per rimanere vivo e salvare il figlio. Lui lo fa e fa bere il proprio sangue ai pochi superstiti tra i transilvani. Con quel drappello di invincibili vampiri, uccide Mehmed ed i suoi uomini e salva il ragazzo. I vampiri tentano di aggredire Ingeras che viene salvato dal Frate che con una croce li tiene lontani. Il sorgere del sole li annienterà ma Chkelgim porta in salvo Vlad, ormai definitivamente ed eternamente Dracula.




Confusi e felici

di Massimiliano Bruno. Con Claudio BisioMarco GialliniAnna FogliettaMassimiliano BrunoPaola Minaccioni  Italia 2014

Marcello (Bisio) è uno psicanalista non particolarmente efficace e con un parterre di pazienti molto sui generis: ci sono Nazareno (Giallini), spacciatore con crisi di panico, Pasquale (Bruno), autista dell’Atac mammone e sovrappeso, Michelangelo (Rocco Papaleo), telecronista sportivo violentemente anti-teutonico per colpa della infedele moglie, Vitaliana (Minaccioni), ninfomane innamorata dell’analista, Enrico (Pietro Sermonti) e Betta (Caterina Guzzanti), due coatti in crisi coniugale per l’indifferenza sessuale di lui. Un giorno Marcello scopre di avere una malattia agli occhi che rischia di portarlo rapidamente alla cecità. Disperato, decide di smettere l’attività, licenzia l’efficiente segretaria Silvia (Foglietta) e interrompe l’analisi di tutti i pazienti. L’assistente (Sabrina Crocco) del suo oftalmologo, ignorando la sua professione, lo indirizza da un analista di gruppo (Gioele Dix) e gli parla di una clinica in Germania , che, in caso di peggioramento, potrebbe operarlo con qualche possibilità di successo. Silvia ed i pazienti una sera fanno irruzione a casa sua e lo convincono ad uscire con loro ed a distrarsi in una sorta di reciproco rapporto di cura. Silvia, che è anche pittrice, lo porta al Museo Borghese, Nazareno organizza una cena dal trucido oste Pallotta (Federico Calisti), Vitaliana gli si offre invano, Pasquale gli porta gli untissimi manicaretti della mamma e Michelangelo si fa aiutare a scassare la Mercedes dell’odiato rivale tedesco. Lui, da parte sua, convince Nazareno a stare vicino a Mercedes (Kelly Palacios), una brasiliana di colore che aspetta un figlio da lui, dà vani consigli gaalnti a Pasquale, innamorato senza speranza di una collega (Federica Cifola), convince Betta ad essere un po’ gentile con Enrico e, soprattutto, scopre di amare, riamato, Silvia. Un giorno però la sua vista cala di colpo e lui tratta malissimo Silvia i suoi pazienti/amici. Riesce a farsi perdonare e tutti insieme vanno in Germania, non senza essere passati a Trieste dove Marcello, padre sino ad allora assente, va trovare la figlia Alessia (Liliana Fiorelli) e il suo compagno (Tiziano Scrocca). L’operazione non andrà bene ma tutti, anche Marcello, usciranno rasserenati da quell’esperienza.

Bruno, attore, commediografo e sceneggiatore di successo, è alla sua terza regia dopo Nessuno mi può giudicare e Viva L’Italia e si conferma come uno dei più efficaci autori della nostra commedia (dopo Brizzi, i produttori Lucisano padre e figlia continuano ad azzeccare talenti). Il film, come da titolo, è un po’ confuso e procede con qualche affanno narrativo ma le gag e i dialoghi sono godibilissimi e, in particolare, Giallini e la Guzzanti sono perfetti; da notare l’ottimo lavoro di casting che evidenzia interessanti caratteri della scena romana (e romanesca) da Dario Tacconelli a Lallo Circosta (maschera fissa di Stracult) a Federico Calisti (scoperto da Eros Puglielli con Dorme) a Sabrina Crocco (che viene dal buon teatro romano di Walter Croce).




Andiamo a quel paese

di Salvatore FicarraValentino Picone. Con Salvatore FicarraValentino PiconeTiziana LodatoLily TirinnanziFatima Trotta Italia 2014

Salvo (Ficarra) vive a Palermo con la moglie Donatella (Lodato) e la figlioletta Adele (Maria Vittoria Martorelli) ma, quando perde il lavoro decide di andare con la famiglia e con l’amico Valentino (Picone), anche lui disoccupato anche se laureato, a Monforte, paese natale di quest’ultimo e di sua moglie. Arrivati in paese, accompagnati dalla malevola curiosità dei locali con in testa il barbiere (Nino Frassica), Salvo e i suoi si accomodano dalla madre di Donatella e Valentino va nell’appartamento accanto, lasciato vuoto dai suoi genitori che sono partiti per la Germania. In paese non trovano certo possibilità di lavoro e Salvo convince l’amico e la moglie ad ospitare tutti loro anziani parenti, facendosi dare, in cambio, la delega per la loro pensione. Le cose cominciano a funzionare ma una serie di disgrazie decimano gli anziani e rimane loro solo la zia Lucia (Tirinnanzi), ancora in buona salute ma, certo, non eterna. Salvo e Donatella, che aspettano un altro figlio, convincono Valentino a sposare la donna, in modo che, in caso di dipartita, possano fruire della reversibilità della sua pensione. Valentino, che ha rincontrato la sua vecchia fiamma Roberta (Trotta) che aveva lasciato per paura di impegnarsi ma che ama ancora, è contrarissimo ma, con la promessa che nessuno in paese saprà nulla, si lascia convincere. Zia Lucia, lusingata, accetta ma ovviamente tutto Monforte è immediatamente aggiornato e prende pesantemente in giro lo “sposino”. L’unico che, come sempre, non sa nulla è il brigadiere Francesco Paolantoni) della locale stazione dei carabinieri, padre di Roberta, sicché quando il nipote di Lucia, Carmelo (Paolo Caldarera) – che fino a poco prima si faceva mantenere dalla zia – denuncia Valentino per circonvenzione, cade dalle nuvole. Salvo e Valentino vengono arrestati ma Lucia, dichiarando un sincero amore per il giovane, li fa liberare. Alla viglia delle nozze la donna scompare e i due la trovano in chiesa a parlare con don Benedetto (Mariano Rigillo) e vengono a scoprire che tra i due c’è una annosa relazione amorosa che il prete non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo. L’indomani, durante la cerimonia civile, il sacerdote fa irruzione e dichiara apertamente il proprio amore. E’ quello che i due si aspettavano e Valentino può raggiungere Roberta e, a sua volta, farle una dichiarazione.

Ficarra e Picone, sono al quarto film da registi ed al secondo, dopo Anche se è amore non si vede, senza la co-regia di Giambattista Avellino e confermano le qualità di una direzione non particolarmente riconoscibile ma congeniale alla loro comicità; la sensazione è che, film dopo film, vadano raffinando e consolidando la loro struttura comica: sono sempre più vicini alle modalità di Stanlio e Ollio – Picone timido e imbranato, Ficarra furbo e prepotente – ma hanno sostituito le gag visive con, spesso divertenti, tormentoni e dialoghi al limite tra il surreale e lo stra-italiano. Detto questo – e registrato il meritato buon esito del film – va aggiunto che forse, pur con tutto l’amore per il nostro cinema leggero, l’uscita ogni settimana di una nuova commedia italiana, se da un lato depaupera gli incassi di ciascuno, dall’altro, rischia di stancare il pubblico che (un Giovane favoloso non fa primavera), prevedibilmente, non si indirizzerebbe verso altri nostri generi ma solo verso gli spettacolari titoli stranieri.




Interstellar

di Christopher Nolan. Con Matthew McConaugheyAnne HathawayJessica ChastainMichael CaineJohn Lithgow. USA 2014

In un futuro non precisato, Cooper (McConaughey) ex- astronauta, vive con il suocero Donald (Lithgow) ed i figli Tom (Timothee Chalamet) di 15 anni e Murphy (McKenzie Foy) di 10 in una fattoria; una serie di disastri climatici hanno reso la Terra sterile a quasi tutte le specie vegetali e loro coltivano una delle poche piante ancora in grado di crescere nonostante le sempre più frequenti tempeste di sabbia: il mais. Murphy è convinta che nella sua camera ci sia un fantasma che le manda dei segnali in codice e il padre, equivocando, la tranqullizza pensando che sia spaventata. Un giorno, a seguito di una tempesta di sabbia particolarmente violenta, il pavimento della ragazzina si riempie di sabbia posizionata in strisce regolari. Applicando un codice binario, lei e il padre ricavano delle coordinate e, quando arrivano al posto da queste indicato, finiscono nel laboratorio segreto della Nasa; qui il professor Brand (Caine) gli rivela che, insieme alla figlia Amelia (Hathaway) ed ad altri scienziati sta mettendo a punto un’ equazione che consenta di arrivare ad altre galassie per trovare un pianeta sul quale ricostituire la vita, poiché sulla Terra anche il mais è destinato ad inaridirsi e l’umanità sembra condannata a sicura fine; il professore ha bisogno di Cooper (il migliore degli astronauti da lui formati) per far partire una missione, per la quale ha immaginato un piano A (trasportare le persone in un nuovo habitat) o, qualora, ciò non fosse possibile, un piano B (l’astronave con cui partirà la missione e piena di embrioni umani surgelati che potranno far rinascere altrove l’umanità); altri tre astronauti erano partiti in esplorazione e loro dovranno captarne i segnali e decidere se uno dei tre ha trovato qualche possibilità di vita. Cooper accetta di partire, anche se Murphy cerca disperatamente di trattenerlo – il “fantasma” le ha dettato in morse la parola RESTA. Insieme a lui salgono sulla nave stellare Amelia, Doyle (Wes Bentley), Romilly (David Gyasi) e i robot Tars e Case; arrivano nell’Endurance, una navicella roteante nel cielo di Saturno in grado di riprodurre la gravità e raggiungono il wormhole Gargantua, un buco nello spazio che li immette in un’altra galassia. Cooper, Amelia e Doyle raggiungono con una navicella il primo pianeta – Cooper ha sempre più fretta perché il loro tempo e quello sulla Terra è sfasato e la missione rischia di concludersi quando i suoi figli sono già morti – ma scoprono che è totalmente coperto dall’oceano e che l’esploratore che li ha preceduti è stato ucciso da un’enorme ondata; rischiano di fare la stessa fine e ripartono a stento ma Doyle, travolto dalle acque, muore. Tornati sull’Endurance, ritrovano Romilly che è invecchiato di 23 anni e ha studiato Gargantua. Sulla Terra, intanto, Tom (Casey Affleck) si è sposato con Lois (Lea Caims), ha due figli e manda avanti la fattoria ma le condizioni climatiche sono sempre peggiori e Lois e il loro secondogenito Coop (Liam Dickinson) soffrono di una grave affezione bronchiale a causa delle polveri; Murphy (Chastain) è una scienziata e, insieme al fidanzato Getty (Topher Grace) lavora con Brand; quest’ultimo, in punto di morte, le rivela che la sua equazione consentiva solo il piano B e lei, disperata, teme che il padre lo sapesse che li avesse scientemente abbandonati ad una sicura morte. Cooper, intanto, litiga con Amelia che vorrebbe raggiungere il pianeta più lontano – l’esploratore che lo ha raggiunto è il suo fidanzato – mentre lui vuole andare sull’altro (da entrambi son arrivati dati incoraggianti) perché più vicino e quindi raggiungibile più in fretta; la spunta lui ma quando arrivano , trovano un luogo molto freddo ed evidentemente inospitale. Disibernizzano il dott. Mann (Matt Damon), l’esploratore che li ha preceduti, e lui li tranquillizza sulle potenzialità di quel mondo; di lì a poco però uccide Romilly , rompe il casco protettivo di Cooper e fugge con la propria navetta: ha falsificato i dati per essere raggiunto e potersi salvare. Amelia salva Cooper, che riparte e blocca i comandi che consentirebbero a Mann di agganciarsi ad Endurance ed tornare indietro. La navetta di Mann esplode e i due superstiti decidono di tentare il tutto per tutto e di mandare Tars dentro Gargantua (Romilly aveva intuito che la soluzione fosse dentro il buco). A sorpresa anche Cooper si lascia andare verso il wormhole e qui trova una sorta di riproduzione molteplice, nello spazio e nel tempo, della libreria nella stanza di Murphy (quella del “fantasma”). In una delle dimensioni c’è la ragazza adulta e Cooper, che ha capito che il fantasma era lui che, agendo nei vari spazi temporali, le mandava segnali, riesce a comunicarle i dati che Tars ha raccolto in Gargantua. Viene risucchiato da una specie di tempesta magnetica e si risveglia nel pianeta Cooper (così chiamato in onore della figlia che con quei dati ha potuto risolvere l’equazione di Brand e salvare l’umanità). Cooper fa appena in tempo a vedere Murphy (Ellen Burstyn), anziana ed in punto di morte e, seguendo il suo consiglio, ruba un’astronave e con Tars parte per raggiungere Amelia che è atterrata nel terzo pianeta e, trovato, morto il fidanzato, la sta colonizzando con gli embrioni.

Nolan sin dal suo primo, piccolo film, Memento, si è rivelato un geniale costruttore di trame a perfetto incastro e, con un tetto di spesa molto più alto, ha confermato questa sua dote con Inception. Ora, dopo aver rivoluzionato il mito di Batman nella trilogia de Il cavaliere oscuro, con Intersellar si è trovato a disposizione un budget faraonico (165 milioni di dollari) e ha deciso di tentare l’inosabile (secondo alcuni): sfidare sullo stesso terreno 2001: Odissea nello spazio di Kubrick. Personalmente (e so di essere pressoché solo in questo giudizio) non ho dubbi: la palma va a Nolan; certo Kubrick è Kubrick ma là dove il suo film si sperdeva in digressioni filosofiche, Interstellar mette insieme una macchina efficacissima, nella quale anche le inevitabili lungaggini di approfondimento scientifico diventano parti di un meccanismo sempre vitale ed appassionante e le soste del racconto sono sempre riempite di una bella carica emotiva, come si richiede, io credo, al cinema di qualunque genere perché sia tale. I puristi si arrabbieranno ma tant’è.