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Io, Arlecchino

di Matteo BiniGiorgio Pasotti. Con Giorgio PasottiRoberto HerlitzkaValeria BilelloLunetta Savino, Gianni Ferreri.  Italia 2015

Paolo (Pasotti) è un divo televisivo in crescita, viene da buone scuole di recitazione ma il successo gli derivadalla conduzione di talk dedicati al gossip; il suo agente Mauro (Massimo Molea) gli ha fatto ottenere un con-tratto per il suo primo programma di prima serata e la sua ragazza, la show-girl Francesca (Lavinia Longhi)insiste per essere nel programma (cosa che le riuscirà perché va a letto anche con Mauro).In piena fibrillazioneper la preparazione dello show a Paolo arriva una telefonata che gli comunica che il padre Giovanni (Herlitzka)è ricoverato in ospedale; lui parte per Cornello del Tasso, il suo paese nel bergamasco, sicuro di tornare presto.Giovanni, vecchio attore da sempre impegnato nella ricerca sulla Commedia dell’Arte e nell’approfon-dimento del personaggio di Arlecchino, è stato dimesso dalla clinica ma è chiaro che le sue condizioni nonsono affatto buone (anche se lui tenta di nasconderlo). Paolo è ancora risentito con quel padre assente che,gli era sempre apparso anaffettivo e concentrato solo sulla sua arte. Appena arrivato ha un piccolo scontrocon Cristina (Billello), una giovane attrice della compagnia del padre che lo accudisce in piena libertà di movi-mento nella loro casa. Frugando tra le carte e palando con il padre, però, scopre la tenerezza con cui luilo ha sempre amato, seguendone trepidante la carriera ed entra in contatti con gli altri membri della compagnia-oltre a Cristina – con la quale si è riappacificato- ci sono Maria (Savino), Giuseppe (Ferreri) e Dario (EugenioDè Giorgi), tutti generosamente impegnati nell’affiancare i costanti approfondimenti del vecchio attore nelCercare il tono perfetto della vecchia Commedia. Tra Paolo e Cristina nasce qualcosa e lui rimanda, nonostantele continue allarmate telefonate di Mauro, il rientro per lavorare alle prove dello show. Alla fine sarà Giovanni,continuando a mentirgli sul proprio stato di salute, a convincerlo a rientrare ma, di lì a poco un’altra telefonatagli comunica la morte del padre e lui, tornato per il funerale, vede la sincera disperazione dei compagni dilavoro che hanno perso una persona cara ed il perno del loro prezioso impegno. Alla prima dello spettacolotelevisivo Paolo, a sorpresa, si presenta vestito da Arlecchino e apre con un discorso sull’arte e la mediocritàche gli vale la cacciata dalla televisione. Paolo torna al paese e, mettendo a frutto gli insegnamenti del padre,continua con Cristina e con gli altri a portare in giro i testi della Commedia dell’Arte.Pasotti è alla sua prima regia e – così come con la sua prima sceneggiatura, La prima stella cadente, avevapreferito lasciarne la regia a Giulio Base – ha chiamato ad affiancarlo Matteo Bini (anche lui al primo lungo-metraggio ma con un folto curriculum i corti). L’operazione è condotta con grande serietà e il cast tecnico edartistico è di prim’ordine; non a caso accanto ai volti teatrali noti appare Eugenio Dè Giorgi, da sempre impegnatonella ricerca e rappresentazione di testi della Commedia dell’Arte. Ci sono, inevitabilmente, ingenuitànarrative (tutto il discorso sulla televisione cattiva maestra è una facile semplificazione) ma la freschezza delracconto, l’accuratezza delle riprese, la qualità della recitazione (Pasotti ha vinto alla festa di Roma il premioLaika come miglior attore) e, soprattutto, il richiamo alla grande tradizione della Commedia – l’unico veroportato culturale della nostra tradizione – con inevitabile riferimento a Moretti e Soleri, indimenticabili Arlecchinidi Strehler, ne fanno un film nuovo ed interessante.




Jurassic World

di Colin Trevorrow. Con Chris PrattVincent D’OnofrioBryce Dallas HowardJudy GreerNick Robinson USA 2015

Riprendo la trama pubblicata da Wikipedia con varie modiche ed aggiunte:

Ventidue anni dopo gli eventi di Jurassic ParkIsla Nublar dispone di un parco a tema di dinosauri completamente rifatto che calamita milioni di turisti: il Jurassic World, proprio come il sogno dell’ormai deceduto magnateJohn Hammond (Richard Attenborough), costruito sui resti del parco originale. Il parco è gestito dalla Masrani Corporation, fondata da Simon Masrani (Irrfan Kahn). Tra i membri dello staff del parco vi è Claire Dearing (Howard), la responsabile delle operazioni del parco, e Owen Grady (Pratt), un ex militare che ora lavora nel parco insieme all’amico e collega Barry (Omar Sy) e svolge ricerche comportamentali su un branco di quattro Velociraptor: Blue, Charlie, Delta ed Echo, dei quali è diventato il maschio Alfa. I coprotagonisti della storia sono Zach (Robinson) e Gray (Ty Simpkins), nipoti di Claire venuti a stare per una settimana al parco per passare un po’ di tempo con la zia – anche perché i loro genitori, Karen (Greer) e Scott (Andy Buckley) stanno per divorziare; lei però ha poco tempo per stare assieme a loro e li affida alla sua assistente Zara (Katie McGrath).Il parco è pronto all’inaugurazione di un nuovo tipo di dinosauro nato per mano degli scienziati del Jurassic World: l’Indominus rex, creato dal genista capo Henry Wu (BD Wong) con l’unione del DNA di diverse specie, con l’intento di attirare nuovi investitori .Fin da subito però, l’I-rex femmina mostra un comportamento sociopatico, divorando il proprio fratello. A seguito di ciò, Owen viene chiamato a controllare la gabbia del nuovo dinosauro, che però sembra essere scappato dal recinto. Quando Owen e un paio di tecnici vanno ad ispezionare l’interno dell’abitazione della bestia, finiscono in un’ingegnosa trappola creata dallo stesso I-rex (che si scopre avere le capacità di nascondere il proprio segnale termico e di mimetizzarsi perfettamente) per poter uscire dalla gabbia, uccidendo i due tecnici e fuggendo nella foresta. Inizialmente viene inviata una squadra di recupero per sedare l’animale e riportarlo in gabbia; per seguirlo seguono il segnale inviato dal chip inserito chirurgicamente nel corpo di ogni dinosauro, ma ad un tratto, la squadra trova un pezzo di carne appartenente all’Indominus con all’interno il chip di rilevamento. Owen capisce quanto è realmente intelligente questo animale, visto che è riuscito a strapparsi il chip di localizzazione; l’ex-soldato propone quindi di abbattere l’animale, ma Claire e lo stesso Masrani rifiutano categoricamente, vista l’enorme spesa sostenuta per la creazione del dinosauro. L’Indominus rex, nel frattempo, uccide tutti i componenti della squadra che era stata mandata ad immobilizzarlo con armi non letali. Viene perciò dato l’ allarme ma Zach e Gray, che erano sfuggiti alla sorveglianza di Zara, sono saliti a bordo di una Girosfera e stanno andando a zonzo per la valle. Nel frattempo, Claire si accorge che i ragazzi è ancora fuori e, sconvolta e terrorizzata, va a cercarli accompagnata da Owen. Intanto i due fratelli si ritrovano in mezzo ad un gruppo di Anchilosauri, quando l’I-rex attacca il branco e uccide, spezzandogli il collo, uno degli animali. Nello scontro però la Girosfera dei ragazzi si rompe e il mostruoso dinosauro li attacca; fortunatamente, Zach e Gray riescono a fuggire tuffandosi nel fiume da un dirupo. Nel frattempo, Owen e Claire raggiungono la valle dove si trovavano prima i due ragazzi, scoprendo una tremenda carneficina dell’I-rex su un gruppo di Apatosauri. Nell’area in cui sono andati i ragazzi trovano soltanto la Girosfera ormai distrutta e temono il peggio. Owen però nota le loro impronte sul terreno e capisce che si sono salvati. Zach e Gray intanto raggiungono i resti del Centro Visitatori del Jurassic Park originale, nel quale trovano un paio di Jeep dello staff del vecchio parco . I due ragazzi riescono a risistemarne una e si allontanano poco prima dell’arrivo di Owen e Claire .Il signor Masrani e altri soldati vanno a bordo di un elicottero per abbattere l’Indominus, che tuttavia distrugge una voliera piena di Pteranodonti e di Dimorfodonti che, fuggendo in volo, abbattano l’elicottero uccidendone i passeggeri, per poi dirigersi nella zona turistica, seminando il caos. Zara viene catturata da uno Pteranodonte, che a sua volta cade nella laguna del Mosasauro (sorta di coccodrillo preistoico) e lei viene divorata insieme al volatile. Zach e Gray si riuniscono a Owen e Claire. I membri della InGen – la squadra di sicurezza –  si dirigono nel parco; li guida Vic Hoskins (D’Onofrio) , un fanatico militare che, avendo osservato il rapporto di Owen con Blue, Charlie, Delta ed Echo, è convinto che si possano usare i Velociraptor come obbedienti armi da guerra- che, morto Msrani, prende il comando delle operazioni e decide di usare i quattro Raptor per combattere l’Indominus. Owen e Barry partecipano alla missione, seppur a malincuore. I Raptor, seguendo l’odore, trovano l’I-rex, ma questi comunica con loro (essendo stato creato anche con parte del loro DNA), diventando il nuovo Alfa del gruppo al posto di Owen, e ordinando loro di attaccare i soldati. Il team InGen con il dr. Wu evacua in elicottero con gli embrioni di dinosauro. Owen, Claire, Zach e Gray giungono al laboratorio, e trovano solo Hoskins che rivela loro di voler trasformare l’Indominus rex in un’arma militare. In quell’istante però uno dei Raptor giunge nella stanza e uccide Hoskins. I quattro protagonisti escono dall’edificio, ma si ritrovano circondati da Charlie, Delta ed Echo. Owen riesce però a ristabilire la fiducia con loro . Quando l’I-rex giunge sul posto, i Raptor si ribellano e lo attaccano, ma rimangono uccisi nello scontro. Claire decide quindi di liberare l’unico dinosauro che potrebbe potenzialmente fermarlo: il Tyrannosaurus rex. I due carnivori combattono, e l’Indominus rex sembra avere la meglio, ma proprio quando sta per uccidere la rivale interviene Blue, l’ultimo Raptor rimasto in vita, il quale attacca permettendo all’altro predatore di rialzarsi. La T-rex e Blue combattono l’I-rex e, dopo essere stato ferito gravemente, quest’ultimo si accascia sul bordo della vasca del Mosasauro, il quale salta immediatamente fuori e lo trascina sott’acqua, uccidendolo. La T-rex scambia con Blue uno sguardo di rispetto e si allontana; anche il Raptor fà la stessa cosa con Owen, per poi sparire tra le rovine del parco.I turisti vengono evacuati in Costa Rica e Zach e Gray si riuniscono ai propri genitori, mentre Owen e Claire decidono di stare insieme .Nell’ultima scena, la T-rex osserva il parco distrutto dall’alto, per poi emettere un ruggito in segno di vittoria.

Il primo e il secondo Jurassic Park sono stati gli ultimi film dello Spielberg vitalmente infantile (del terzo lui era solo produttore – la regia era del corretto Joe Johnston); tutti i suoi titoli successivi, anche quelli avventurosi come La guerra dei mondi, sono attraversati da una costante malinconia. Ora è   produttore esecutivo di questo nuovo episodio che, collocato a ventidue anni dal primo capitolo, non vede presenti nessuno dei protagonisti della prima serie. Se Johnston era un fedele copista, Trevorrow si limita a gestire gli effetti speciali di una sceneggiatura ridotta all’osso, compito peraltro non da poco visto il budget di 150 milioni di dollari che è il più alto della serie. I primi incassi in Usa e da noi sembrano dar ragione alla scelta di mettere giù un meccanismo semplice, semplice, senza nessuna complicazione psicologica. I bambini si divertono parecchio e, giustamente, non si pongono problemi né di verosimiglianza né di logica di racconto.




Fury

di David Ayer. Con Brad PittShia LaBeoufLogan LermanMichael PeñaJon Bernthal USA 2014

Per la trama riprendo, con aggiunte e correzioni, la sinossi pubblicata da Wikipedia.

Aprile 1945: mentre gli alleati iniziano a sferrare l’attacco decisivo verso la Germania nazista Don “Wardaddy” Collier (Pitt), un sergente dell’esercito americano è al comando di un’unità di cinque soldati di diversa estrazione e carattere – il cannoniere Boyd “Bible” Swan (LaBeouf), l’autista Trini “Gordo” Garcia (Pena) e il caricatore Grady “Con-Ass” Travis (Bernthal) – col compito di affrontare una temeraria missione dietro le linee nemiche a bordo di un carro armato M4 Sherman, da lui soprannominato Fury. Nell’ultimo scontro è stato ucciso il tiratore scelto e a Don Collier viene assegnato Norman Ellison (Lerman), che era stato inviato nell’esercito solo per otto settimane come dattilografo e non ha sembra avere alcuna vocazione alle armi. Gli altri membri dell’equipaggio sono crudeli e sprezzanti con il nuovo arrivato e, quando gli ordinano di pulire il carro, lui vomita subito dopo aver trovato un resto della faccia del vecchio mitragliere .Il tenente Parker (Xavier Samuel) nomina Don sergente coordinatore della colonna di 5 autocarri – uno comandato da lui, e, il mezzo di Collier e altri 3 con a bordo i sergenti Binkowski (Jim Parrack), Davis (Brad Henke) e Peterson (Kevin Vance) – che ha il compito di affrontare una colonna nemica che blocca l’avanzata degli Alleati. Al primo scontro il mezzo del tenente viene centrato e lui, con tutto l’equipaggio, ucciso; Don si trova così ad essere il comandante della missione. Lui, nel tentativo di educare il ragazzo alla cruda realtà della guerra – in pieno scontro Norman non aveva sparato a dei soldati ragazzini, che subito dopo avevano ucciso alcuni dei loro – gli ordina di uccidere un prigioniero (Brtanko Tomovic) ma quando il ragazzo rifiuta il sergente gli mette il dito e preme con forza, ammazzando il tedesco. Subito dopo il capitano Waggoner (Jason Isaacs), affianca alla pattuglia il sergente Miles (Scott Eastwood) e li invia a salvare un reparto intrappolato dai tank tedeschi. Compiuta la missione, i nostri conquistano una piccola città tedesca, il cui borgomastro (Daniel Betts) li aiuta ad individuare un drappello di cechini tedeschi, qui, durante la perquisizione in una casa, Don e Norman trovano una donna tedesca, Irma (Anamaria Marinca), e sua cugina più giovane Emma (Alicia Von Rittberg) e Collier spinge il ragazzo a farsi avanti con quest’ultima; i due giovani fanno l’amore e, poco dopo, Irma fa da mangiare con i viveri dei due americani; arrivano Boyd, Trini e Grady e, offesi per non essere stati invitati, sono assai sgradevoli con Norman e con le donne ma Don li rimette in riga; mentre la pattuglia sta per ripartire, un potente bombardamento colpisce la città, uccidendo Emma e alcuni soldati americani in piazza. Norman per la prima volta uccide un tedesco e dichiara a Wardaddy di avere iniziato a goderne. Waggonner affida a Don un plotone di quattro carri armati con l’ordine di tenere uno strategico crocevia. Sulla strada i carri sono però vittime di un’imboscata preparata da un Tiger I tedesco pesantemente corazzato, che distrugge rapidamente tre carri. Solo Fury riesce ad aggirare il nemico e a distruggerlo. Proprio quando raggiungono l’incrocio, il carro armato colpisce una mina, che blocca un cingolo e lo immobilizza. A Norman viene ordinato di perlustrare una collina vicina: subito dopo ritorna e riferisce di aver avvistato un drappello di SS di circa trecento uomini. L’equipaggio vuole inizialmente abbandonare e darsi alla fuga, ma Dan rifiuta di mollare. Gli uomini non se la sentono di abbandonare il loro capo e, spronati da Norman, decidono di rimanere e pianificare un agguato .La squadra attende i soldati tedeschi nascosta nel carro armato. Don stappa una bottiglia di whisky e brinda con i suoi alla morte imminente e al “più bel mestiere che c’è”, cioè combattere ed uccidere. Quando i tedeschi arrivano, l’equipaggio li coglie di sorpresa e, seppur in inferiorità numerica, infligge loro gravi perdite. Mentre continuano a lottare cominciano a scarseggiare di munizioni e Grady, Gordo, e Boyd vengono uccisi:. Collier, ferito e impossibilitato a fuggire, ordina a Norman di uscire dalla pancia del carro armato e subito dopo le granate colpiscono più volte il carro, facendo finire le sofferenze di Don. Il ragazzo si è intanto rifugiato in una buca creata dall’esplosione di una mina ed è l’unico sopravvissuto. Le SS proseguono la marcia e Norman si rinfila nel carro e qui viene soccorso dalle truppe americane che gli acclamano come grande eroe.

Il film di guerra è uno dei generi classici del cinema – segnatamente di quello americano – ed ha subito varie evoluzioni: si va dai film di propaganda patriottica (Iwo Jima – Deserto di fuoco, Guadalcanal – Ora zero), al dramma anti-militarista (Prima linea, Orizzonti di gloria), alla commedia (M.A.S.H., Il dottor Stranamore) sino alle più recenti opere di ispirazione pacifista (Apocalypse now, La sottile linea rossa). Ayer, che prima di dirigere aspri polizieschi si era messo in luce nel team di sceneggiatori di Fast and Furious e soprattutto come ideatore del durissimo Training day., ha diretto questo film avendo presente il Samuel Fuller de Il grande 1 rosso, l’Aldrich di Quella sporca dozzina, lo Spielberg di Salvate il soldato Ryan ma anche Eastwood (nel cast di Fury c’è il figlio Scott) e (perché no?), Tarantino, dandoci un ritratto impietoso e claustrofobico della guerra e delle sue brutalità ma sapendo anche raccontare l’istintualità primigenia di combattenti che, nell’orrore, sanno dirsi :”E’ il mestiere più bello che c’è!”.

 




La famiglia Bélier (La famille Bélier)

di Eric Lartigau. Con Karin ViardFrançois DamiensEric ElmosninoLouane EmeraRoxane Duran, Francia 2014

I Belièr – Rodolphe (Damiens), il padre, Gigi (Viard), la madre, Quentin (Luca Gelberg), il figlio sedicenne e la diciottenne Paula (Emera) – vivono in Normandia e gestiscono una fattoria, nella quale producono un ottimo formaggio; i primi tre sono sordomuti e Paula fa da interprete e portavoce della famiglia. E’ una ragazza normalissima: va a scuola con profitto, con qualche problema con l’insegnante di spagnolo, mademoiselle Dos Santos (Mar Sodup), ha un’amica del cuore, la flirtatrice compulsiva Mathilde (Duran) ed è innamorata segretamente del bel Gabriel (Ilian Bergala); proprio per seguire lui decide di iscriversi al coro della scuola. Qui il prof. di musica, Fabien Thomasson (Elmonsino), si accorge che lei ha una bella voce e la mette insieme a Gabriel per un duetto, che dovrà chiudere lo spettacolo di fine anno scolastico. Il ragazzo le propone di raggiungerla a casa per esercitarsi e lei, ben felice, accetta ma, in pieno canto, le arrivano le mestruazioni, mettendola in serio imbarazzo. Il giorno dopo, a scuola, i compagni la prendono in giro e lei rompe con Gabriel, che ha spifferato tutto. Nel paese si approssimo le elezioni comunali e Rodolphe decide di candidarsi contro il sindaco uscente, il traffichino Lapidus (Stephan Wojtowicz); il suo handicap renderebbe assai arduo il compito ma lui è uno che non si arrende e la famiglia si schiera con lui. Thomasson convince Paula (Gabriel, intanto, è uscito dal coro e ha rinunciato al duetto) a prepararsi con lui per l’audizione al concorso canoro di Radio France e lei, tutti i pomeriggi, va da lui ad esercitarsi, di nascosto dalla famiglia, che la crede ancora fidanzata con Gabriel e che pensa vada da lui. Un pomeriggio, però, arriva una giornalista di Fr3 per un servizio sul candidato e lei- che, come sempre, deve fare da interprete- per sbrigarsi, riduce all’osso le dichiarazioni del padre che, pensando ad un’impuntatura da ragazzina innamorata, si offende. Anche Thomasson la striglia pensando che non stia prendendo sul serio l’impegno. I genitori, nell’occasione di un mercato, la sostituiscono con Mathilde ma il poco che Paula e Quentin le hanno insegnato del linguaggio dei gesti non basta a convincere i clienti a comprare i formaggi; di più, una volta a casa lei si butta su Quentin e il preservativo gli provoca uno shock anafilattico. Paula capisce che deve loro dire la verità ma quando dice del concorso e della possibilità, in caso di vittoria, di andare a studiare musica a Parigi i genitori entrano nel panico. Lei comunica al professore che rinuncia al concorso ma che, avendo fatto pace con Gabriel, canterà con lui il duetto. Il giorno dello spettacolo, la loro esibizione è un trionfo e i Belièr si commuovono, pur non avendo, ovviamente, potuto sentire la canzone. A casa il padre le chiede di cantare mentre le appoggia una mano sul petto e, in piena notte, la sveglia: deve prepararsi per l’audizione – che è quella mattina – e tutti insieme partono per Parigi. Anche Thomasson, avvertito da Gabriel mentre era a letto con la Dos Santos, si precipita a raggiungerla. Paula canterà Je vole di Michele Sardou, mimandone il testo (“Miei cari genitori io volo…”) per comunicarlo ai suoi che la seguono trepidanti. Vincerà e lascerà il nido.

Nel ’64 In ginocchio da te di Ettore Fizzarotti diede il la ai “musicarelli” (film con protagonista un cantante famoso la cui trama era sottolineata dai suoi successi), La famigia Belièr sembra muoverne le mosse: una storia semplice e commovente, una giovanissima pop-star – la finalista di The voice francese Louane Emera – e le canzoni di Michele Sardou (Je vole, La maladie, d’amour, Je vais t’aimer, En chantant, La java de Broadway) a fare da contrappunto alla trama: Je vole, ad esempio, in pochi versi racchiude il tema principale del film, l’abbandono della casa paterna per un nuovo destino (“congetto – direbbe il Manfredi di Saziami ma di baci saziami – già esbresso ne La siepe di Al Bano). Le attinenze, però, finiscono qui: il film di Lartigau è un gioiellino di regia e di scrittura, gli attori principali, compresa la sublime Karin Viard, sono stati tutti candidati ai Cesar ( e la Emera ha vinto quale attrice emergente) e il film ha incassato in patria otre 50 milioni di euro.




San Andreas

 di Brad Peyton. Con Dwayne JohnsonAlexandra DaddarioArt ParkinsonCarla Gugino  USA 2015

Ray (Johson) è un eroico pompiere ed ha appena salvato con una spericolata manovra del suo elicottero, un ragazza, Natalie (Morgan Giffin), che era finita appesa, con la sua auto, alla parete di una montagna. Tornato a casa va a prendere la figlia Blake (Daddario), che vive con la sua ex-moglie Emma (Gugino), per portarla a San Francisco ma viene raggiunto da un allerta per forti scosse di terremoto; la ragazza sarà accompagnata da Daniel Riddicck (Ioan Gruffuld), il nuovo compagno della madre, ricchissimo costruttore di grattacieli; Ray ancora ama Emma – il loro rapporto è entrato in crisi quando la loro prima figlia Mallory (Arabella Morton) è morta annegata mentre praticava il rafting – e la notizia della nuova convivenza lo addolora. Nel frattempo, il sismologo Lawrence (Paul Giamatti) ed il suo collega Kim (Will Yun Lee), che stanno invano avvertendo la autorità del pericolo di un’imminente terremoto, si recano a San Francisco per studiare degli allarmanti fenomeni che hanno captato nei pressi di una diga; arriva la prima violenta scossa e Kim perde la vita. Lawrence, pur sconvolto dal dolore, accetta di farsi intervistare dalla giornalista Serena (Archie Panjabi) per lanciare l’allarme ma una nuova violenta scossa interrompe tutte le comunicazioni. Blake, arrivata nell’ufficio di Daniel, mentre lo attende nell’atrio conosce Ben (Hugo Johnstone-Burt), un timido ragazzo che è lì per un colloquio di lavoro ed è accompagnato dal fratellino, l’intraprendente Ollie (Parkinson). Quando lei è in macchina con Daniel, un forte sisma fa crollare il garage dell’ufficio, l’autista (John Reynolds) muore sotto le macerie, lei rimane incastrata nell’auto e Daniel scappa impaurito; Ben ed Ollie corrono a salvarla ed i tre si avviano per la città disastrata. Emma era andata a pranzo con la sorella di Daniel, Susan (Kylie Milongue) e anche l’edificio nel quale si trovano viene distrutto ma lei riesce a mettersi in contatto con Ray che la salva con l’elicottero che stava pilotando. Blake, che ha imparato dal padre alcuni accorgimenti, riesce a mettersi in contatto con lui nonostante il blackout e concorda di farsi trovare su di una torre con i due ragazzi per farsi venire a prendere. Ray e Emma devono abbandonare l’elicottero che nel salvataggio si è guastato e con un auto abbandonata dal proprietario vanno verso l’appuntamento con la figlia ma lungo la strada si apre una voragine e, grazie all’aiuto di due anziani in fuga (Fiona Press e Dennis Coard), riescono a prendere un piccolo aereo. Intanto, Lawrence e Serena, con mezzi di fortuna, sono riusciti a far arrivare l’allarme a tutti cittadini di San Francisco che incominciano ad evacuare la città. La catastrofe ha reso impraticabile la torre sulla quale si erano dati appuntamento Blake e i genitori e lei convince Ben – che è anche ferito – ed Ollie a tornare al grattacielo di Daniel (lui nel frattempo è morto). L’aereo ha un guasto e Ray si butta insieme alla ex-moglie con il paracadute. Arrivati a terra, lui salva un po’ di gente e capisce che la figlia è andata a cercare qualche luogo elevato. Uno tsunami inonda San Francisco e Ray ed Emma continuano le ricerche con un hovercraft; il palazzo di Daniel viene invaso dalle acque e Blake rischia di annegare. La salva all’ultimo minuto il padre e la famiglia si ricompone.

Già nel 1937 , con Il terremoto di san Francisco di Henry King, il cinema americano aveva capito le potenzialità spettacolari del genere catastrofico, che negli anni ’70, con titoli come L’inferno di cristallo, Terremoto e Ormai non c’è più scampo, ebbe grande fulgore. Il meccanismo di questi film era semplice: in una cornice di disastri, resi spettacolari, dalle tecnologie, l’avidità degli uomini che avevano violato la natura veniva punita e i protagonisti rivelavano la loro vera natura. Allora però i registi – Terremoto. Per fare un esempio, era diretto da Mark Robson – di quei film erano ottimi professionisti ed i cast erano stellari (Paul Newman, Charlton Heston, Ava Gardner, Fred Astaire, William Holden). Peyton non è di quel livello e Dwayne Johnson è simpaticamente monolitico e qui è un po’ come se vedessimo l’inespressivo Re Scorpione alle prese con i guai di famiglia. Unica sorpresa nei titoli di coda è la bella interpretazione di Sia di California dreamin’ dei Mamas and Papas.




Il racconto dei racconti – Tale of Tales

 

di  Matteo Garrone. Con Salma HayekJohn C. ReillyChristian LeesJonah LeesAlba Rohrwacher Italia, Francia, Gran Bretagna 2015

Per la trama del film riprendo, con qualche aggiunta e correzione, quanto scritto, con grande efficacia, da Wikipedia:

Primo raccontoLa regina:

Nel regno di Selvascura i reali ( Hayek e Reilly) tentano da tempo di avere un figlio ma non riescono nell’intento a causa della sterilità della regina. Si presenta al loro cospetto uno Negromante (Franco Pistoni) che consiglia loro un rimedio magico ed efficace per risolvere il problema: la donna mangerà il cuore di un drago marino che dovrà essere prima cotto da una vergine; in questo modo diverrà gravida. Il re si immerge quindi nelle profonde acque del lago del regno con una tuta da palombaro e cerca la creatura di cui il mago ha parlato. Trova il drago e lo colpisce a morte, ma durante la sua agonia il mostro infierisce un fatale colpo di coda al sovrano, che muore dopo essere riemerso. Il cuore viene cavato ed affidato alla serva vergine (Laura Pizzirani) che esegue la cottura richiesta, inalando però il fumo fuori uscito dalla pentola e rimanendo incinta. La regina e la serva partoriscono quello stesso giorno. Quella sera si celebra il funerale del re. A commemorare il sovrano vi sono anche il re di Altomonte (Toby Jones) con la sua piccola figlia, Viola, e il re di Roccaforte (Vincent Cassell)con alcune delle sue amanti. Sedici anni dopo, il figlio della regina di Selvascura, Elias (Christian Lees) e il figlio della serva, Jonah (Jonah Lees), che   si assomigliano come gocce d’acqua, essendo nati tutti e due dalla magia del cuore del drago marino, stringono una profonda amicizia ma, per via dell’ostilità della regina nei confronti del figlio della serva, sono costretti a giocare di nascosto. Un giorno Jonah indossa i vestiti di Elias e si finge l’altro davanti alla sovrana, la quale, però, riconosce subito l’inganno. Illuso di aver beffato la regina, Jonah corre nelle stanze di Elias e gli racconta lo scherzo. Il principe promette quindi che, quando salirà al trono, entrambi potranno governare sostituendosi l’uno con l’altro. La regina, che origlia tutto, dirà amorevolmente al figlio che nessuno lo ama quanto lei. Dopodiché, tenta di avvicinare Jonah e ucciderlo con un tizzone ma questi riesce a sfuggirle. Il giorno dopo Jonah decide di lasciare il regno, ma prima di andarsene, saluta il compagno di giochi con un dono: trafitto un albero e fattone sgorgare fuori dell’acqua Jonah spiega ad Elias che il ruscello che ne verrà fuori rappresenterà il corso della sua vita (se scorrerà lieve, esso porterà serenità, se si intorbidirà, sarà un segno di sventura). In questo modo il principe saprà sempre come la vita del suo amico sta andando. Da quel giorno Elias custodisce gelosamente l’albero. All’improvviso il ruscello inizia a diventare torbido e scuro. Elias sale quindi in groppa ad un cavallo e si dirige a cercare l’amico. Raggiunge un villaggio in cui viene scambiato per Jonah dalla moglie di questi, Fenizia (Jessie Cave) e scopre che l’amico è scomparso dopo una battuta di caccia. Nel frattempo, il Negromante si presenta al cospetto della sovrana e le comunica che Elias rappresenta la metà inseparabile di Jonah e che, per questo, il principe si è diretto a cercare l’amico. La donna chiede al vecchio come eliminare Jonah. Intanto, questi è intrappolato in una grotta e tenta da giorni di chiamare aiuto. Giunge all’improvviso un ragno gigante che lo attacca ma sopraggiunge Elias e, con un colpo di lama, sventra la mostruosa creatura. Il principe riaccompagna Jonah a casa e si dirige verso il suo regno. Lungo il tragitto, il feretro del mostro che aveva attaccato Jonah si decompone, svelando la sagoma della regina, deceduta.

Secondo raccontoLa pulce:

Nel regno di Altomonte la figlia del re, Viola (Bebe Cave), si diletta nella musica e nella letteratura, sognando un radioso futuro con un suo ideale principe azzurro, mentre il padre sviluppa con il tempo un particolare rapporto con una pulce. Si affeziona all’insetto a tal punto da iniziare a nutrirlo e a svilupparne enormemente lacrescita. La pulce diviene un giorno troppo grossa, da non riuscir più a respirare e muore. Il re, già provato per il lutto, non vuole che anche Viola, ormai in età da marito, lo lasci ed indice un torneo: chiunque indovinerà l’animale da cui proviene la pelle che metterà a disposizione (quella della gigantesca pulce) avrà la mano di sua figlia. Nessun pretendente potrà mai venire a capo dell’arcano e infatti tutti sbagliano ma   all’improvviso giunge alla corte un mostruoso orco (Guillame Delaunay), che, dopo aver annusato la pelle della creatura, dà la risposta giusta. La principessa Viola è costretta ad andare a vivere con il gigantesco mostro in una lurida grotta sopra le montagne. Tempo dopo, mentre il l’orco è a caccia, Viola avvista una donna di circo (Rohrwacher) dall’altro lato della montagna e la implora di aiutarla. La mattina seguente, senza farsi notare, Viola si sporge sul bordo della montagna e avvista la donna con il marito (Massimo Ceccherini) e i tre figli (Vincenzo Nemolato, Giulio Beranek e Davide campagna), che hanno disteso ai due lati delle rocce una corda. Il più giovane prende la principessa e si appresta a camminare sulla fune. L’orco, tuttavia, si accorge della manovra e si aggrappa al filo per inseguirla. Arrivati dall’altro lato, Viola e il saltimbanco riescono a tagliare la corda, facendo precipitare il mostro nel fossato. Mentre la compagnia sale, felice, sul carretto. Improvvisamente, l’orco, che è sopravvissuto alla caduta, torna all’attacco. I saltimbanchi muoiono tra le mani del mostro. Viola non può far altro che concedersi nuovamente alla bestia. Egli se la carica sulle spalle, ignaro però chelei nasconde un pugnale fra le vesti. La principessa trafigge così l’orco e corre, sanguinante con la testa dell’orco fra le mani, al castello dal re, che è ormai in fin di vita. “Questo è il marito che avete scelto per me!”, dice sprezzante la principessa al padre che si abbandona in un lungo pianto. La ragazza, commossa, si commuove e lo stringe a sé.

Terzo racconto: Le due vecchie

Nel regno di Roccaforte il re si diletta in orge e divertimenti, fino al giorno in cui si innamora perdutamente della voce di una figura femminile incappucciata che ode cantare. Il sovrano si dirige davanti alla dimora della ragazza per farle la corte, senza sapere che all’interno vivono due anziane sorelle, Imma (Shirley Henderson) e Dora (Hayley Carmichael), la quale ha incantato il re con la sua bella voce. Senza farsi sfuggire l’occasione, Dora propone un patto al re: dovrà tornare da lei dopo una settimana, così che possa concedergli di vedere un dito della sua mano. Il sovrano acconsente. Dora tenta di lustrare il suo indice e di abbellirlo il più possibile, ma invano. All’ultimo momento la donna usa il dito della sorella, più levigato del suo, e lo mostra al re attraverso la fessura della porta. A questo punto l’uomo, mosso dal desiderio, invita la donna a recarsi a palazzo nelle sue stanze. Dora acconsente ma ad una condizione: il tutto dovrà avvenire al buio. Il sovrano accetta, e la notte seguente i due giacciono insieme, senza che il re si accorga dell’inganno. Tuttavia le luci del mattino rivelano il tranello, e il sovrano, carico di vergogna e orrore, ordina alle guardie di precipitare la donna giù dalla finestra. L’ordine viene eseguito, ma Dora si salva, impigliandosi fra i rami di un albero sottostante. Passa da quelle parti una strega (Kathtyn Hunter), che, spinta dalla compassione verso l’anziana, la libera e, abbracciandola, e le applica un incantesimo. Di li a poco giunge nei boschi il re, a caccia, e, al posto della vecchia, trova una bellissima giovane (Stacy Martin) nuda dai lunghi capelli rossi. E’ Dora, ringiovanita dalla maga. Il re decide di maritarsi con lei, e poco tempo dopo viene celebrato il loro matrimonio a cui partecipa anche Imma. Quest’ultima si meraviglia della bellezza dalla sorella e vuole sapere come ha ottenuto la giovinezza in modo tale da poter ricevere anche lei lo stesso dono; Dora, esasperata, le dice che si è tolta la vecchia pelle. Disperata, Imma si reca il giorno dopo da un ciabattino (Renato Scarpa) e gli offre i gioielli del vestito che Dora le ha procurato per il matrimonio, in cambio di un favore: l’uomo dovrà scorticarla per farla tornare giovane; il brav’uomo si rifiuta. Lei fa la stessa richiesta ad un arrotino(Kenneth Collard), che la porta nel bosco e la accontenta. Imma torna, priva di pelle sanguinante ed agonizzante verso il palazzo reale.

Poco dopo, nel regno di Altomonte, Viola viene incoronata regina, al cospetto del suo popolo, del nuovo sovrano di Selvascura, Elias, del sovrano di Roccaforte e della sua regina Dora. Quest’ultima, mentre si celebra l’incoronazione, avverte uno strano effetto sulla sua pelle: si stanno rigenerando sul suo corpo le sue sembianze da vecchia. Triste, impaurita ed avvilita, la donna si lancia in un malinconico pianto e si allontana sotto lo sguardo attonito del marito, mentre continuano i festeggiamenti.

Lo cunto de li cunti è la più antica raccolta di fiabe della storia della letteratura; pubblicato tra il 1634 ed il1636, pochi anni dopo la morte dell’autore Giambattista Basile, contiene alcune delle favole, rese note, in seguito dai Grimm e da Perrault: Cenerentola, La bella e la bestia, Il gatto con gli stivali, Raperonzolo ma Il pentamerone – questo il titolo italiano della raccolta – è anche uno dei più belli e significativi testi della nostra letteratura (non a caso Benedetto Croce li ha voluti tradurre in italiano dall’originario napoletano arcaico) : i re, le regine, le principesse, i maghi e le streghe sono immersi in un quotidiano terragno e corporale nel quale sono alla pari di villane e porcai, con una dimestichezza che è tipica della antica cultura contadina. Il cinema è stato spesso tentato alla riduzione di quel testo ma l’unica operazione era stata fino ad oggi C’era una volta di Rosi, con Sophia Loren ed Omar Sharif. A Garrone vanno riconosciuti due meriti: l’aver rotto l’incantesimo – a proposito di favole – mettendo in scena, con sostanziale fedeltà, tre racconti (il film di Rosi era un patchwork di racconti, rielaborati – lo dico con grande rispetto per l’operazione- in chiave partenopeo-hollywoodiana) e l’intuizione di adeguare il racconto, almeno in parte, alle grandi operazioni di fantasy degli ultimi anni (da Biancaneve e il cacciatore a Il trono di spade). Il risultato è problematico: il budget del film (12 milioni) è eccezionale per il nostro cinema ma il confronto con i modelli di riferimento, che costano almeno 10 volte tanto (e nel cinema, i soldi, se ben spesi, sono una componente fondamentale della creatività) non è così lusinghiero e, inoltre, Garrone sostituisce il popolano e visceralmente inverecondo cinismo del Basile, un’amarezza – modernamente ma anche anacronisticamente – predicatoria, che aggiunge pesantezza e un po’ di nobile noia ai racconti; per intenderci: qualche anno fa Beppe Barra lanciò una versione drammatica della famosa macchietta M’agg’a curà, era intensa e godibile ma durava 3 minuti non 128! . Cannes, non a caso, ha mostrato qualche iniziale perplessità.

 




Youth – La giovinezza

di Paolo Sorrentino. Con Michael CaineHarvey KeitelRachel WeiszPaul DanoJane Fonda  Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna 2015

Fred Ballinger (Caine) e Mick Boyle (Keitel) sono vecchi amici, il primo è un famoso musicista che ha deciso di mettersi in pensione e l’altro è un regista ancora in affannosa attività. Entrambi sono alloggiati in una esclusiva Spa in Svizzera e Fred – che è in albergo con la figlia Lena (Weisz) –  viene raggiunto da un emissario (Alex MacQueen) della Regina d’Inghilterra che gli chiede di dirigere i suoi famosi Simple Songs per il compleanno del Principe Filippo, lui rifiuta e, alle insistenze dell’altro, si spazientisce; Jimmy Tree (Dano), un divo emergente che è lì per concentrarsi sul suo prossimo ruolo, ha assistito alla scena e, ammirato, stringe amicizia con lui. Lena parte per un viaggio in Polinesia con il marito Julian (Ed Stoppard), che è figlio di Michael, così Michael e Fred sono liberi di lasciarsi andare ai loro innocenti giochi goliardici: prendono in giro un santone tibetano che garantisce di poter levitare, si interrogano l’un l’altro su chi di loro sia andato a letto con una ragazza amata da entrambi decine di anni prima e, tutte le sere, scommettono 50 sterline sulla possibilità che una coppia di compassati anziani che cena sempre in silenzio possa parlare – vince sempre Fred, sino a che, un giorno, non li vedono di nascosto, fare l’amore in un bosco con lei che ulula di piacere. Dopo un po’, però, Lena ritorna in lacrime: Julian la ha lasciata per la cantante pop Paloma Faith (se stessa) e, alle domande del padre sul suo comportamento, lui confessa che se ne è innamorato perché è brava a letto. Fred, Mick e Jimmy non sono le uniche tre celebrità  ospiti del resort, tra gli altri c’è anche Maradona (Roly Serrano), che  grassissimo  ha bisogno dell’aiuto della moglie (Loredana Cannata) per ogni movimento ma palleggia divinamente anche con una palla da tennis. Fred cerca di consolare la figlia ma lei mentre sono entrambi ai fanghi gli rinfaccia tutto il male che ha fatto a lei ed alla madre, Melania (Sonia Gessner), con i suoi continui tradimenti e lui accusa il colpo. Dopo un po’, però, lei comincia a corteggiare in imbranato alpinista e riuscirà a scuoterlo dalla sua timidezza dicendogli: “Io a letto sono bravissima!”. Fred vede un bambino mancino (Leo Artin Boschin), che studia il violino su un suo Canto semplice e gli corregge la posizione; il bambino gli dirà che la sua musica è bellissima, così come farà felice Maradona dicendogli che tutto il mondo sa che anche lui è mancino. Mick sta faticando con il suo team di sceneggiatori (Chloe Pirrie, Tom Lipinski, Alex Beckett, Nate Dern e Mark Gessner) a trovare il finale per il film che sta per girare, interpretato da Brenda More (Fonda), la diva che lui ha lanciato in passato e che continua a lavorare nei suoi film.  L’emissario torna alla carica con Fred e, lui esasperato, gli rivela che non vuole eseguire i Canti semplici perché li aveva scritti per la moglie, noto soprano, e non può eseguirli con nessun altra. Lena capisce di essere stata ingiusta con lui e, commossa, l’abbraccia. Jimmy, intanto, si fa truccare da Hitler (il ruolo che dovrà interpretare nel film) ma dichiara di non voler più fare il film perché l’esperienza in quella compagnia gli ha fatto capire di volersi dare solo ad esperienze vitali. Nell’albergo è scesa anche la splendida Miss Universo (Madalina Diana Ghenea) e, una volta che Fred e  Boyle sono immersi nelle acqua termali li raggiunge  completamente nuda; i due sono ipnotizzati dalla visione, quando un fattorino comunica a Mick che Brenda è lì; lui la raggiunge e lei, spietata, gli comunica che non farà il film perché ha già firmato un ricco contratto  per una serie televisiva e, alle sue rimostranze, gli dice che lui come regista è finito. Senza di lei il film non si farà e Mick, fingendosi indifferente, saluta gli sceneggiatori, va da Fred e si uccide buttandosi dal balcone. Il musicista va a trovare la moglie, che è ricoverata in una clinica veneziana in uno stato di completa demenza senile,  e le racconta tutto l’amore che insieme hanno vissuto. Lo vediamo, nel finale, dirigere, di fronte ai Reali d’Inghilterra, il suo pezzo con la violinista Viktoria Mullova (se stessa) e la soprano Sumi Jo (se stessa).

Sorrentino si conferma come l’autore italiano più controverso di questa generazione: i suoi film – in particolare La grande bellezza e questo – hanno grandi ammiratori e grandi detrattori (più alcuni malaccorti che li accumunano a Fellini e basano su questo i loro zoppicanti giudizi)). Io appartengo alla prima schiera e non posso che lasciarmi prendere dal meraviglioso coinvolgimento che sempre i suoi film sanno suscitare; come spesso succede ai grandi artisti la materia usata è semplice, addirittura elementare ma, nel nostro immaginario, la piccola massaggiatrice (Luna Zimic Mijovic) con l’apparecchio, la giovane escort grassottella (Gabriela Belisario) e i loro cadenti, tristissimi clienti rimarranno scolpiti, nella loro caricaturale irrealtà, come figure di profonda verità. Questo forse è il segreto di Sorrentino: più passa il tempo, più acquista una forte libertà di ispirazione, sciogliendosi dagli schemi e dagli accademismi che impaniano anche i migliori dei nostri registri. In questo senso è forse il più internazionale degli autori italiani contemporanei (e in questo  – ma solo in questo – può essere paragonato a Fellini).Un cenno a parte meritano le musiche che nei film di Sorrentino  hanno sempre un valore preminente  (basti pensare ai Talking Heads in This must be the place):  qui , oltre a Paloma Faith e Sumi Jo ,cantano  Mark Kozelk e i Retrosettes e i brani originali scritti da  David Lang sono imperdibili.

  




Mi chiamo Maya

di Tommaso Agnese. Con Matilda LutzMelissa MontiCarlotta NatoliValeria SolarinoGiovanni Anzaldo  Italia 2015.

La sedicenne Niki (Lutz) è in gita con la sorellina Alice (Monti) di nove anni e la mamma Lena (Natoli), con le quali vive serena; al ritorno un camion investe la loro macchina e Lena muore sul colpo. Dimesse dall’ospedale le due sorelle sono accolte dall’assistente sociale Cecilia Fornari (Solarino) che le porta in un istituto da dove Alice andrà dal padre (che lei non ha mai visto) in America, mentre Niki (del cui padre non si sa nemmeno il nome) dovrà essere ospitata in una casa-famiglia. Tra due ragazze ospiti dell’istituto scoppia uno sgradevole alterco e Cecilia porta le sorelle nella loro casa, con il pretesto di prendere i vestiti. Alice non vuole lasciare la sorella e Niki non vuole andare da sconosciuti e così le due scappano dalla migliore amica (Giada Arena) di Niki che per guadagnare qualche soldo si spoglia in web e fa la cubista, così, quando Niki le chiede aiuto, le propone  di esibirsi con lei quella sera. Agghindata da coattella con un improbabile parrucca azzurra, Niki sale sulla limousine rosa di un’altra cubista e, con la sorellina al seguito, va al locale; qui però l’amica vede il suo ragazza baciare un’altra e, irritata da un commento di Niki, la caccia via. Sole, stanche ed affamate le due ragazzine vengono quasi investite da un’adolescente (Laura Adriani) che le riconosce e, entusiasta, le porta nella sua ricca casa, dove le rifocilla e procura loro dei vestiti; in realtà, il suo entusiasmo nasce dal desiderio di esibirle alla festa che sta per dare come fenomeni; il party di lì a poco degenera in atti di vandalismo e  le due scappano via. Dormono in un parco ed il mattino dopo si imbattono in un Marc Bresson (Anzaldo), un mangiafuoco che si esibisce per strada. Alice intanto,  con un telefonino che  aveva rubato alla festa, chiama Cecilia perché non ce la fa più; Niki dapprima si arrabbia, poi, accompagnata da George porta la sorellina dall’assistente sociale e quando questa le chiede di venire via con lei, scappa via, insultandola. Niki decide di far l’amore con il ragazzo (per lei è la prima volta) e lui la porta da una sua amica tatuatrice (Laura Gigante). L’indomani lui se ne va e la tatuatrice le fa un piercing , la veste da dark. con una cresta punk , la porta in un locale alternativo e, dopo averla fatta bere, la bacia. Ubriache le due ragazze si addormentano in strada e Niki, quando si sveglia, vede che lì a due passi c’è un autobus che va al mare. Lo prende e, stanca e arresa, dalla spiaggia chiama Cecilia perché la venga a prendere.

Agnese è al suo primo lungometraggio ma ha già lavorato con buoni risultati a progetti che riguardavano il disagio dell’adolescenza (il suo corto Appena giovani era basato sugli studi di una equipe di psichiatri e psicologi dedicata all’argomento). Mi chiamo Maya non è un saggio  sociologico ma, semmai, una fiaba moderna, qualcosa tra Pinocchio ed Alice nel Paese delle Meraviglie: in un mondo senza adulti di riferimento una ragazzina accompagnata solo dalla sorellina più piccola, affronta un percorso iniziatico che in quanto tale è, per sua natura, onirico e fiabesco (nessuno si chiede se l’Omino di Burro o il Bianconiglio esistano davvero ma solo se rappresentano bene i fantasmoi  – per dirla con Jung – che incarnano). Tutto quello che c’è da capire, in un film, è se le intenzioni registiche arrivano e la risposta è sì: anche con le inevitabili ingenuità di un’opera prima e coi limiti di un budget prudente ma ben speso, Agnese dimostra di essere un regista e di saperci far arrivare pathos ed emozioni, con una levità esemplare.