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Black Mass – L’ultimo gangster

di Scott Cooper. Con Johnny DeppJoel EdgertonDakota JohnsonJuno TempleRory Cochrane USA 2015

A Boston,nel 1975, James “Whitey” Bulger ( Depp),  gangster irlandese e leader del clan Winter Hill Gang, controllava la quasi totalità della criminalità organizzata all’interno di South Boston, insieme al suo braccio destro Stephen Flemmi (Cochrane), al nuovo arrivato Kevin Weeks (Jesse Pllemons), e al sicario, Johnny Martorano (W. Earl Brown). Il potere di Bulger su South Boston è messo costantemente in pericolo dalla gang mafiosa di  Angiulo (Bill Haims) , che gestisce il malaffare di North Boston. Le cose cambiano all’arrivo dell’agente F.B.I. John Connolly (Edgerton) a South Boston: lui è cresciuto con Whitey e suo fratello, il senatore William “Billy” Bulger (Benedict Cumberbatch). L’avanzamento di Connolly all’interno della sua posizione nella Federal Bureau of Investigation (FBI). Connolly cerca di convincere Withey a collaborare con l’FBI per incastrare Angiulo (in fondo è un nemico comune ad entrambi). Ma  Whitey detesta gli “infami e, sulle prime, rifiuta, anche se teme per la moglie, Lindsay (Johnson), ed il figlio, Douglas (Luke Ryan). Quando, però, Angiulo fa uccidere un membro della banda Winter Hill, Mickey (Mark Mahoney), Whitey accetta di diventare un informatore, Tuttavia, la capacità di controllo di Connolly su Whitey è messa in discussione dal suo capo, Charles McGuire (Kevin Bacon) e dal suo braccio destro Robert Fitzpatrick (Adam Scott) , mentre il suo partner John Morris (Davi Harbour), lo segue ciecamente .Le tensioni aumentano: Whitey, contravvenendo ai patti con l’FBI, sviluppa la propria attività criminale , usando la “protezione” di Connolly come copertura. Quando in Douglas si sviluppa la sindrome di Reye che lo ridurrà per sempre in uno stato vegetativo, Lindsey, nonostante le obiezioni del marito, gli stacca la spina; lui la lascia ma la morte del figlio lo rende sempre più instabile e violento. Connolly intanto, messo sotto pressione da McGuire, gli chiede informazioni concrete su Angiulo e Whitey gli fornisce le immagini del loro covo segreto, consentendo l’FBI di intercettarlo e di arrestarlo – eliminando ,anche, qualsiasi ostacolo al impero criminale di Whitey. Connolly, che, dal suo vecchio passato ha mantenuto un sentimento di lealtà verso Whitey, arrivando anche ad invitare a casa sua per un pranzo all’aperto, lui e Flemmi; sua moglie, Marianne (Julianne Nicholson), è disgustata dalla presenza di gangster in casa, ed è anche preoccupata per l’atteggiamento del marito. Whitey è entrato, in Florida, nel giro del World Jai Alai (società che gestisce un gioco simile alla pelota con un vasto giro di scommesse), grazie ai maneggi di Brian Halloran (Peter Sasgaard), un gangster cocainome. Quando viene nominato un nuovo presidente della società l’onesto Roger Wheeler (David De Back),  Whitey decide di ucciderlo e, non fidandosene, dà a John Callahan 20.000 dollari intimandogli di sparire, quindi manda Masrtorano ad uccidere. Halloran, quando, viene a sapere dell’omicidio di Wheeler., temendo per la propria vita, va all’ FBI per denunciare Whitey . Connolly e Morris lo cacciano via, trattandolo da drogato mitomane, consegnandolo alla vendetta di  Whitey. Whitey dà sempre più segnali squilibrio e di violenza – uccide con le sue mani Deborah (Temple) l’amante- figliastra, prostituta e drogata, di Flemmi che era stata fermata dalla polizia ed era stata interrogata su di lui ed arriva a minacciare Morris e Marianne durante una cena a casa di Connolly. Di lì a poco viene nominato procuratore Fred Wyshak (Corey Stoll), detto “bulldog” per il suo accanimento nella lotta al crimine. Connolly cerca di farci amicizia ma questi rifiuta con freddezza e rinfaccia a Connolly la poco chiara relazione con Whitey Bulger ha una sola debolezza: si sente in dovere di aiutare i terroristi dell’IRA , mandando loro delle armi. John McIntyre (Brad Carter), un informatore all’interno della sua banda, denuncia una spedizione di armi via mare e viene brutalmente picchiato e strangolato da Whitney ma, per la prima volta, si trova con il fianco scoperto anche nei cinfronti dell’F.B.I. .Wyshak e McGuire, intanto, indagano sull’attività di informatore di Whitey e scoprono che la maggior delle rivelazioni che Connolly gli aveva attribuito erano, in realtà, prese dalle soffiate precedenti di piccoli informatori. Morris, sentendosi perduto, rivela la vera natura della relazione tra Connolly e Whitey al Globe di Boston. All’uscita dell’articolo in prima pagina, Whitey perde la fiducia dei suoi uomini, che , arrestati, parleranno in cambio di sconti di pena. Così farà anche Morris mentre Connolly rimane fedele al vecchio patto di amicizia e sconterà una forte pena. Bulger riesce a darsi alla fuga e sarà arrestato nel 2012.

Il gangster-movie è uno dei generi più consolidati del cinema americano (e non solo, basti pensare al cinema francese); in passato ci sono stati dei veri e propri divi col mitra (Paul Muni, James Cagney, Edward G. Robinson; uno, George Raft, vantava un passato da vero gangster). Di fatto, tutti i divi di Hollywood hanno, prima o poi, dato vita ad un famoso pregiudicato (lo stesso Johnny Depp era stato Dillinger in Nemico pubblico). Black Mass – Mass sta per Massachussetts – è un buon esempio di questo tipo di racconto cinematografico: serrato, non moralistico e di forte impatto e sorretto da un cast di prim’ordine (c’è anche il grande Kevin Bacon in un ruolo secondario). Il punto di partenza perché il prodotto abbia un senso è che se i protagonisti sono fuorilegge, i fuorilegge, bene o male, sono gli eroi; questo i francesi (da Pepè le Mokò a Frank Costello – Faccia d’angelo, a Tutte le ore feriscono, l’ultima uccide) l’hanno capito da sempre ma anche i puritani americani ne sanno qualcosa e la scelta del regista del recente Il fuoco della vendetta per dirigere questo film ne è la prova.




Suburra

di Stefano Sollima. Con Pierfrancesco FavinoElio GermanoClaudio AmendolaAlessandro BorghiGreta Scarano Italia 2015

Roma, 2011, il politico di destra Filippo Malgradi (Favino), passa una notte di sesso e droga assieme a due giovani prostitute, di cui una minorenne. Quest’ultima muore di overdose e Malgradi, terrorizzato, lascia sola l’altra prostituta, Sabrina, (Giulia Elettra Gorietti) a gestire il problema. Lei chiama lo zingaro Spadino (Giacomo Ferrara), fratello giovane del boss delle estorsioni e dell’usura Manfredi Anacleti (Adamo Dionisi), che la aiuta a disfarsi del corpo della ragazzina, gettandolo nel Tevere. La mattina seguente Spadino va da Malgradi e lo ricatta, facendosi promettere una fetta del grosso affare del litorale di Ostia nel quale l’onorevole – in combutta con il Vaticano, attraverso il cardinal Barchet (Jean-Hughes Anglade), altri politici ed esponenti della malavita romana – è coinvolto. Lui allerta un suo collega di partito, che passa il compito di dissuadere Spadino a Numero 8 (Alessandro Borghi), giovane e violento gangster di Ostia, al quale è affidata la gestione dell’affaire di Ostia. Questi non smentisce la sua natura violenta e uccide lo zingaro. Manfredi, in cerca di vendetta, incrocia l’organizzatore di eventi e festini Sebastiano (Germano), il cui padre costruttore (Antonello Fassari) si è appena suicidato per i debiti contratti con gli Anacleti. Sarà Sebastiano a dover far fronte agli impegni del padre: gli zingari gli sequestrano,così, le macchine e gli comunicano che verranno a prendere la villa dove vive e lavora. Ma proprio lì Sebastiano ospita Sabrina, che lui usa spesso come escort nelle sue feste, e che si è rifugiata, spaventata dall’uccisione di Spadino, da lui. Credendolo un amico, lei gli rivela il nome dell’assassino del ragazzo – che lei, a sua volta, aveva avuto da Malgradi. Sebastiano, in cambio della villa, lo dice a Manfredi ma questi vuole saperne di più e obbliga Sebastiano a consegnarli Sabrina.. Nel frattempo Malgradi riceve la visita del boss più potente di Roma, soprannominato “Samurai” (Amendola), che gli intima di far approvare, rapidamente la legge su di Ostia in cambio della sua protezione da Manfredi. In un supermercato dove si è recato insieme alla fidanzata tossicodipendente Viola (Scarano) per riscuotere il pizzo, Numero 8 viene assalito e ferito dagli zingari ma Viola riesce a trascinarlo via in tempo. Ricordandosi dell’ordine di Samurai di non creare incidenti, lui rinuncia, per il momento ad ogni rappresaglia ma Viola si fa portare in un centro benessere dove sono due degli zingari che li hanno aggrediti e li uccide a sangue freddo. Manfredi, al quale Samurai aveva chiesto perentoriamente di non toccare Numero 8, in quanto funzionale nella trattativa di Ostia, costringe Sabrina a rivelargli il nome del politico per cui aveva “lavorato” quella notte. Saputolo, costringendo Sebastiano ad unirsi alla spedizione, fa irruzione nella casa di Malgradi e gli porta via il figlioletto, affidandolo al terrorizzato Sebastiano, e come riscatto pretende di avere il 20 % dell’affare.. Intanto Numero 8 riceve la visita di Samurai che gli dice di aver promesso ad Anacleti il 20 % dei guadagni di Ostia – che saranno trattenuti dalla sua quota – e la consegna di Viola. Numero 8 rifiuta categoricamente e così la mattina seguente, mentre Viola è intenta a bucarsi, sopraggiungono nell’abitazione di Numero 8 il Samurai e un suo uomo che uccidono spietatamente sia il giovane gangster che il suo luogotenente; lei, però, riesce a nascondersi. In parlamento Malgradi, corrompendo un po’ di oppositori, fa approvare le legge; Manfredi gli ridà il figlio e lui, più ricco e potente, si prepara ad affrontare una nuova stagione politica. Sebastiano si aspetta di riavere dal boss zingaro la sua villa ma Manfredi lo ignora e, alle sue insistenze, lo malmena. Sebastiano lo attende di notte nel cascinale sede degli zingari, lo stordisce e lo fa sbranare dal suo stesso feroce cane da guardia. La situazione di Malgradi precipita: la polizia ha trovato il cadavere della prostituta morta di overdose ed è risalita a lui, il governo, gestito dal suo partito è costretto alle dimissioni e lui sarà privo delle coperture rispetto alle indagini. Samurai, che era andato a trovare l’anziana madre(Lidia Vitale), all’uscita viene affrontato e ucciso da Viola.

Abbiamo parlato altre volte del gangster movie americano e francese; il film Suburra ci dà modo di parlare di quello italiano. Il genere non è molto frequentato: negli anni ’70 Sergio Martino, Enzo Castellari, Ferdinando Di Leo e altri – poi definiti da Steve Della Casa I trantiniani (quali ispiratori di Quentin Tarantino) – avevano dato vita a buoni film artigianali che se la battevano con i già mirabolanti effetti dei titoli americani; nello stesso periodo, Carlo Lizzani, con Banditi a Milano e Svegliati e uccidi, aveva creato efficaci instant-movies su allora recenti fatti di sangue. Poco altro, anche perché la nostra grande malavita sono le varie mafie regionali (queste sì frequentate dal cinema), che hanno meccanismi diversi dal gangsterismo vero e proprio. Sollima, dal suo canto, dirigendo la serie Romanzo criminale e coordinando – e in parte dirigendo – la serie Gomorra, ha dimostrato di essere un ottimo regista del genere e Suburra ne è in parte la conferma. Tutto bene, quindi ma al film manca la componente essenziale per queste operazioni (che nelle due serie precedenti era presente): se i malavitosi sono i protagonisti, secondo la lezione francese, debbono essere anche gli eroi; malati, brutali ma, in qualche modo, epici; mentre nel film – da cui parte la prima serie italiana della Netflix – anche probabilmente per effetto dell’apporto di Rulli e Petraglia alla sceneggiatura, circola un fondo di inopportuno moralismo non tanto politico – i corrotti sono tutti solo di destra – quanto culturale, che fa un po’ a pugni con il contesto. Il film registra ottimi incassi, grazie alla comunque ottima regia e al gran cast, nel quale emergono un potente Amendola e un sorprendente Dionisi (non a caso, gli unici che dànno, senza sciocchi pudori, ai loro personaggi, per quanto ignobili, una sostanziosa umanità.




Sopravvissuto – The Martian

di Ridley Scott. Con Matt DamonJessica ChastainKristen WiigMackenzie DavisKate Mara USA 2015

Allo scatenarsi di una violenta tempesta di sabbia su Marte, nella zona di Acidalia Planitia, l’equipaggio dell’Ares 3 – composta dal biologo Mark Watney (Damon), dal comandante Melissa Lewis (Chastain), dal pilota Rick Martinez (Michale Pena), dalla giovane Beth Johanssen (Mara), dal dottor Chris Beck (Sebastian Stan) e dallo scienziato Alex Vogel (Aksel Ennie) –  è costretto ad abbandonare la base e ripartire per tornare sulla Terra, ma Mark rimane separato dalla squadra e viene dato per morto. Rimasto solo, con poche risorse e senza avere modo di contattare la NASA per comunicare che è sopravvissuto, Watney dovrà ricorrere al proprio ingegno e alla volontà per sopravvivere, pur sapendo che non vi è alcuna prospettiva realistica per una missione di salvataggio nel breve periodo. Trovando delle patate nella propria scorta alimentare e usando la terra di Marte e le proprie feci come concime, riesce a creare una coltivazione che gli consente di sopravvivere fino al lancio della prossima missione, il cui arrivo è previsto 4 anni dopo. Nel frattempo la NASA, che continua a monitorare il pianeta attraverso i satelliti in orbita, dai segnali capati dalla tecnica Mindy Park (Davis), si rende conto che Watney è sopravvissuto. Il capo della Nasa, Teddy Sanders (Jeff Daniels), d’accordo con il direttore Annie Montrose (Wiig) si oppone alla richiesta del responsabile della missione, Vincent Kapoor (Chiwetel Ejofor) e del capo militare degli astronauti, Mitch Henderson (Sean Bean) di comunicare all’equipaggio dell’Ares 3 la notizia (teme che questa possa sconvolgerli). Watney riesce a recuperare e a riattivare il vecchio Pathfinder, che riprende immediatamente a inviare nuove informazioni sulla Terra, consentendogli di comunicare con la NASA, dapprima tramite telecamera e poi successivamente hackerando il sistema del rover. Durante il rientro da una delle consuete escursioni marziane, la camera di decompressione della serra esplode, distruggendo irrimediabilmente tutto il raccolto. A questo punto a Watney non restano molte scorte per sopravvivere e la missione per il suo recupero appare quindi troppo distante nel tempo. La NASA decide quindi di approntare una nave contenente viveri per poter rifornire Watney. Vengono accelerati al massimo i processi di sviluppo e controllo, contro il parere del capo-tecnico Bruce (Benedict Wong) Tuttavia, forse a causa proprio dei mancati controlli di sicurezza, il razzo esplode poco dopo il lancio. Quando tutto sembra perduto, un astrodinamico della NASA, Rich Purnell (Donald Glover), capisce che, grazie all’effetto fionda generato dalla Terra, Ares 3, che sta per rientrare, riuscirebbe a tornare su Marte in pochissimo tempo. Nel frattempo, i responsabili della Nasa cinese – Guo Miing (Eddy Ko) e Zuo tao (Shun Chen) – decidono di rivelare agli americani che un loro satellite è in orbita e la sua tecnologia potrebbe aiutare la missione di salvataggio. Sanders non consente l’operazione (non vuole rischiare la vita di cinque persone per salvarne una) ma Mitch invia segretamente all’equipaggio i dati tecnici e gli astronauti decidono autonomamente di effettuare la complessa manovra. Questo costerà ad Henderson il posto ma, grazie all’aiuto della Cina, viene inviato un modulo contenente i viveri necessari al ritorno su Marte e successivo rientro sulla Terra. Nel frattempo su Marte Watney deve razionare il cibo per riuscire a sopravvivere diventando sempre più magro. Inoltre, per raggiungere i suoi compagni dello spazio, deve usare un modulo già predisposto dalla NASA per la successiva missione che si trova nel cratere Schiaparelli. Il modulo è però troppo pesante per poter raggiungere una nave non orbitante intorno al pianeta; di conseguenza Watney deve alleggerirlo eliminando tutto il possibile, anche la parte anteriore. Praticamente il modulo verrà lanciato nello spazio coperto solo da un telo di plastica. Dopo il lancio, con un’operazione di recupero piuttosto rocambolesca, Watney si ricongiunge coi suoi compagni per tornare finalmente sulla Terra. (parzialmente ripresa e rielaborata da Wikipedia).

Dopo i vistosi flop di Prometheus e The Counselor, Ridley Scott ha ritrovato grandi incassi con questo film, tratto dal romanzo dell’ ingegnere informatico Andy Weir adattato dallo sceneggiatore Drew Goddard ( lui è uno specialista: è uno degli autori di War World Z e lavora a vari progetti Marvel). Non è un film personale di Ridley Scott ma lui ha messo in campo tutto il proprio mestiere di regista e di produttore e il risultato è di grande efficacia. Le oltre due ore, quasi tutte in compagnia di Damon (di nuovo da salvare, dopo essere stato il soldato Ryan nel film di Spielberg) nella sabbia di Marte (in realtà, il deserto della Giordania), scorrono avvincenti e la Nasa – co-sponsor del film – così come gli spettatori può essere soddisfatta. Non manca una partecipazione della Cina, onnipresente partner degli ultimi colossal americani. E’ così peraltro che si conquista quell’immenso mercato.




Wim Wenders – Ritorno alla vita (Every Thing Will Be Fine)

 di Wim Wenders. Con James FrancoCharlotte GainsbourgRachel McAdamsMarie-Josée CrozeRobert Naylor Germania, Canada, Norvegia, Francia, Svezia 2015

 

Canada. Tomas Eldan (Franco) è uno scrittore e sta attraversando un momento di crisi: è impantanato nella stesura del suo nuovo romanzo e la sua relazione con Sara (McAdams) è in una fase di stallo. Una sera d’inverno, tornando da un villaggio di pescatori dove era andato a cercare qualche spunto, da una curva sbuca uno slittino che finisce contro la sua macchina. A terra c’è, illeso, un bambino di 5 anni, Christopher (Jack Fulton), che lui accompagna a casa ma lì la madre Kate (Gainbourg), caccia un urlo: il bambino più piccolo è finito sotto le ruote ed è morto. Tomas è sconvolto, lascia Sara e comincia a bere smodatamente, fino a che non tenta il suicidio. Sara lo raggiunge in ospedale e lo riprende con sè; lui ricomincia a scrivere e il suo editore (Peter Stormare) è assai soddisfatto dei primi risultati; da lui incontra la giovane editor Ann (Croze) che è con la figlia Mina (Jessy Cagnon) di 3 anni e subito se ne innamora. Quattro anni dopo – lui ha sposato Ann ed adottato Mina (Lilah Fitzgerald) – lo vediamo scrittore di successo mentre firma copie del suo ultimo libro: è nei pressi del luogo dell’incidente e, di colpo, decide di tornare in quei paraggi e lì incontra Kate, che fa la disegnatrice e si prende cura di Christopher (Philippe Vanasse-Paquet), che è un ragazzino problematico. Lei è molto religiosa e gli assicura di non ritenerlo responsabile dell’incidente ma lui insiste per fare qualcosa per loro. La sera stessa lei lo chiama e lui il giorno dopo va a trovarla e, castamente, si addormenta al suo fianco. La mattina dopo se ne va e lei sa che non lo vedrà mai più. Lui continua la sua vita e un paio di episodi – un incidente al Luna Park e l’incontro casuale con Sara – ne mettono in luce un lato di astrazione dai sentimenti, quasi di insensibilità. Un giorno Kate gli telefona e, ricordandogli la promessa, gli chiede di incontrare Christopher (Naylor) che sta per andare all’Università, vuole diventare uno scrittore e lo vive come un mito. L’incontro è sgradevole: lui è freddo ed il ragazzo pieno di recriminazioni. Qualche tempo dopo, andando a dormire, trova il letto sporco di pipì: lui capisce che è stato un dispetto di Christopher ma non dice niente e manda Ann e Mina (Julia Sarah Stone) a dormire dalla madre di lei e aspetta il ragazzo. Dopo una notte di discussione, tutti e due avranno ritrovato una parte di sè.

La frase di presentazione di questo articolo è, naturalmente, scherzosa: nessuno ha incastrato Wim Wenders; è stata sicuramente una sua scelta quella di lavorare ad un progetto non suo – soggetto e sceneggiatura sono di Bjorn Olaf Johannessen – con un cast ed livello produttivo più lussuoso dei suoi abituali standard; probabilmente dopo 3 progetti collettivi (8, Invisible world e Cattedrali della cultura), un piccolissimo film di impegno civile (Il volo) e due splendidi documentari (Pina e Il sale della terra), la ditta Wim e Donata Wenders aveva bisogno di qualcosa che portasse soldi veri (lui non sarebbe certo il primo: tra i tanti esempi possiamo ricordare John Huston che nel 1980, per problemi fiscali, girò, tra gli altri, l’anonimo thriller Fobia). La mano di Wenders la si vede in alcuni scorci che ricordano le sue fotografie e, probabilmente in alcune scelte di cast artistico (la Croze e Patrick Bauchau, dolente padre di Tomas) e tecnico (come l’interessante Alexandre Desplat per le musiche) per il resto ha offerto una regia tecnica di gran livello ad un film di non enorme spessore, non migliorato certo dalla tremenda recitazione dell’inespressivissimo – ma divo – James Franco (al suo confronto – ed è tutto dire – la Gainsbourg è quasi brava).




Un disastro di ragazza (Trainwreck)

di Judd Apatow. Con Amy SchumerBill HaderBrie LarsonColin QuinnJohn Cena

Gordon (Quinn) che sta per divorziare per i suoi continui tradimenti spiega alle sue due figlie Amy (Devine Fabry) di 9 anni e Kim (Carla Oudin) di 5 che la monogamia è innaturale. 23 anni dopo Amy (Schumer) ha fatto tesoro della lezione e va a letto con tanti uomini diversi, badando a non dormire mai con loro; uno dei pochi con i quali si incontra spesso è Steven (Cena) un body-builder tontissimo, devoto e ben dotato. Lei lavora in una rivista per uomini e la sua dispotica direttrice, Dianna (Tilda Swinton) la spedisce a fare un’intervista al famoso medico sportivo Aaron (Hader); dalle prime domande lui capisce che lei non sa niente di sport e la invita a cena. Finiscono a letto e lei, pur riluttante, rimane a dormire da lui. Il giorno dopo l’amica e collega Nikki (Vanessa Bayer), preoccupatissima, si offre di denunciarlo (un uomo che vuole una relazione deve essere un pericoloso maniaco!). La storia invece va avanti e Amy lo presenta alla sorella Kim (Brie Larson), che vive con il marito Tom (Mike Birbiglia) e con il figlio di lui Allister (Evan Brinkman) e aspetta un bambino. Lo porta anche dal padre che è in una casa di cura affetto da sclerosi multipla ed ha un caratteraccio; Amy , però, lo ama a differenza della sorella che non lo ha mai perdonato. Di lì a poco Gordon muore e al funerale le due sorelle litigano furiosamente. Una sera Aaron va a ricevere un prestigioso premio per il suo impegno clinico e sociale (è membro di Medici senza Frontiere) ma mentre si appresta a fare il suo discorso di ringraziamento, Amy riceve una telefonata brusca di Dianna e si allontana dalla sala. Lui si offende e ne nasce una litigata ma Aaron l’indomani deve operare al ginocchio il campione Amar’e Stoudemire (lui stesso) e cerca di spiegarle che deve dormire ma lei non di dà per intesa; l’operazione dovrò essere rinviata e loro si lasciano. Amy riprende la vita di sempre: lavoro, alcool e sesso ma una sera, ubriaca fradicia, va letto con il suo stagista Donald (Ezra Miller) e, quando lui le chiede istericamente di picchiarlo gli molla un cazzotto, facendo intervenire la madre (Victoria Dicce) che, indignata le dice che il ragazzo ha solo 16 anni. Lo scandalo le costa il posto di lavoro ma le fa ritrovare la sorella e le dà il coraggio, mischiandosi ad un gruppo di cheerleaders, di dichiarare il proprio amore ad Aaron.

La comicità al femminile legata al sesso non è certo una novità: sin dai tempi di Aristofane faceva ridere il personaggio della brutta vogliosa di maschi, in fondo, da noi la Valeri e la Littizzetto si sono, in parte appoggiate su questa tradizione. Negli Stati Uniti stano da qualche tempo avendo molto successo delle commedianti – Melissa McCarthy, Sarah Siverman, Amy Schumer – che inanellano gag con battute sessuali molto esplicite e liberatorie. Delle tre la McCarthy è diventata una diva dello schermo, la Silverman si alterna in vari generi e la Schumer, dopo il grande successo del suo show televisivo Inside Amy si è scritta, intrepretandolo e producendolo, questo primo film, attingendo parecchio dalla propria biografia (suo padre, ad es., era morto di sclerosi). Lo dirige il raffinato Apatow, cantore della middle-class, middle-age americana (40 anni, vergine, Questi sono i 40) e il risultato è molto a metà strada: un po’ trasgressivo ma non troppo, un po’ commedia sofisticata ma non troppo: come se vedessimo un classico film di Doris Day nel quale lei ogni tanto dicesse “cazzo”. Vari camei di attori e sportivi (Amar’e Stoudemire, LeBron James, Matthew Broderick), tutti ospiti presi in giro nel suo show, ammiccano ai suoi fan ma la Swinton strafica e crudele ed il Cena nudissimo e narciso sono imperdibili. In America ha raccolto 108 milioni di $.Non è poco.




Non essere cattivo

di Claudio Caligari. Con Luca MarinelliAlessandro BorghiSilvia D’AmicoRoberta MatteiAlessandro Bernardini  Italia 2015

Siamo nel 1995 ad Ostia Lido e un paio di balordi, Cesare (Marinelli) e Vittorio (Borghi) si fanno di pasticche e vanno in discoteca per cercarne altre, i buttafuori non li fanno entrare e Cesare tenta di aggredirli, fermato da Vittorio, dal Brutto (Bernardini) e dai suoi ragazzi: il Grasso (Valentino Campitelli), il Corto (Manuel Rulli) e il Lungo (Danilo Cappanelli), tutti, come i due protagonisti, piccoli spacciatori e rapinatori da strapazzo. La serata finisce in un bar dove Vittorio deve ingaggiare una rissa, aiutato dagli altri, con dei balordi con i quali la sua fidanzata Viviana (D’Amico), ubriaca, stava litigando. Cesare torna all’alba a casa, dove vivono la madre (Elisabetta De Vito) e la nipotina Debora (Alice Clementi), figlia di sua sorella morta di aids e malata a sua volta. Vediamo Cesare e Vittorio spacciare sulla spiaggia e, alla notizia che nella zona stanno lavorando altri pusher, Cesare prendere il “ferro” e minacciare le loro ragazze; all’arrivo della polizia passa la pistola all’amico che la mette nella borsa di una bagnante, Linda (Mattei): lui, poco dopo, la rintraccia e va casa sua a farsela ridare, venendo a sapere che è madre single del dodicenne Tommasino (Andrea Orano) e che si mantiene facendo le pulizie. La sera i due amici escono con Viviana e tre “smandrappate” (Emanuela Fanelli, Giulia Greco e Claudia Ianniello), che fanno sesso in cambio di tiri di coca; Vittorio, strafatto, le lascia per strada ed ha dei violenti flash visionari. Poco dopo, spaventato dall’accaduto e sollecitato da Linda con la quale si è messo, decide di andare a lavorare in cantiere, sbeffeggiato dagli altri ma, di lì a poco, riesce a convincere anche Cesare a lavorare con lui ma questi, completamente inesperto, fa solo casini e la sera il capocantiere Mario (Luciano Miele) gli comunica che non lo vuole più vedere; lui prima lo minaccia e poi lo truffa, facendosi dare un anticipo per una fantomatica partita di televisori. Vittorio, ora padre di famiglia, per arrotondare, apre una piccola sala di videopoker ma Cesare – che si sente in colpa perché si è messo con Viviana e teme che all’altro dispiaccia – una sera fa irruzione nel locale, facendo fuggire i clienti; i due fanno un po’ a botte poi bevono insieme e, quando Cesare – accompagnato da Vittorio – torna a casa la madre gli dice che la bambina è morta. Lui per lenire l’angoscia sniffa pesantemente e l’altro, per solidarietà, lo fa a sua volta. Ora le loro strade sono separate e Cesare, che è andato ad abitare in un cascinale abbandonato con Viviana, si trova per le mani mezz’etto di eroina e Viviana la affida al travestito Samanta (Stefano Focone), che promette che porterà 5 milioni dopo che l’avrà piazzata. Cesare, sempre più ingestibile per via delle droghe (ha anche cominciato ad assumere l’eroina che aveva in casa), lo minaccia di morte e viene fermato dalla polizia; tornato a casa non trova Viviana e gira come un pazzo, armato di un grosso revolver finchè non fa una disperata rapina in un bar: il proprietario (Alex Cellentani) gli da i soldi ma quando lui è in strada, gli spara. Morirà in casa tra le braccia di Viviana. La famiglia di Vittorio sembra essersi salvata ma il Brutto gli dice che Tommasino è andato a chiedergli un po’ di roba da spacciare.

A distanza di 32 anni da Amore tossico e di 17 da L’odore nella notte, Caligari ci lascia il suo terzo (ed ultimo) film, il migliore. Vero outsider in un mondo- quello del nostro cinema – nel quale moltissimi esercitano il lucroso mestiere di finto emarginato con benedizione politica e conformismo d’ordinanza, Caligari ha seguito un suo forte e dolente percorso narrativo; non ha mai nascosto il suo debito con Pasolini (Cesare e Accattone, ad esempio, hanno molto in comune) ma ha aggiunto nel pantheon dei suoi ispiratori (giustamente) anche Scorsese, Spike Lee e Boyle. Non essere cattivo ( molto anche per merito della fotografia di Maurizio Calvesi e del montaggio di Mauro Bonanni) è un ottimo film e per Caligari una, purtroppo tardiva, conferma; brilla, in particolare, la sua efficacissima direzione degli attori: Marinelli non è mai stato così bravo, Borghi è una bella sorpresa ma molta parte del cast è fatto di non-attori, da cui lui ha saputo ricavare una recitazione credibilissima. Un merito speciale va ai produttori (Mastandrea in testa) che , come ai tempi de L’odore della notte ha fatto Maurizio Tedesco, hanno caparbiamente portato fino in fondo il film. Una piccola notazione cinefila: la scena iniziale dei due amici alla Rotonda di Ostia e parlano di droga e gelato è una citazione quasi fotocopia da Amore tossico.




Prima nazionale: A Blast arriva nelle sale

Cari amici,
il 27 p.v. uscirà il Film A Blast – diretto da Syllas Tzounmerkas  e co-prodotto dalla Movimento Film di Mario Mazzarotto e da me. Vi invio con piacere il link dell’articolo dell’Ansa, nel quale troverete il trailer. Mi farebbe un gran piacere avere il vostro parere, al quale tengo molto, sul film. Grazie. Saluti.
Antonio Ferraro
Il film in programmazione da domani 27 agosto a Roma: Quattro Fontane, Tibur, Madison e Cineland

Recensione Ansa.it

Tanta luce: nell’interno delle case, sulla spiaggia, sui capelli di una giovane mamma e dei suoi bambini, sui sogni che nascono quando si è giovani e felici. E subito dopo tanto buio: nella radio che trasmette notizie sulla crisi che sta strozzando la Grecia, sui libri dei conti del negozio di famiglia che non tornano, nei letti frequentati da un marito che ti ama eppure ti tradisce, negli occhi di una madre paraplegica, nella pineta del posto dove sei nato che ti abbassi a incendiare dolosamente per ottenere denaro dall’azienda che ci vuol fare un mega albergo. A Blast – il film di Syllas Tzoumerkas presentato a Locarnoe in uscita nelle sale italiane il 27 agosto per Microcinema Distribuzione – è fatto di dolorosi contrasti, di “pugni allo stomaco”, di una realtà cruda senza sconti e filtri, della crisi che travolge il paese ellenico e fa esplodere la vita di una famiglia come tante.

    La “dimensione familiare” come punto di vista privilegiato sulla deriva generale della sua nazione in caduta libera era già stata scelta da Tzoumerkas, giovane regista della nuova leva greca, per il suo film d’esordio Homeland. In A Blast sceglie di scavare più a fondo e spalanca le porte delle case, trascina lo spettatore a furia di flash back dentro la vita, dentro il letto e dentro i pensieri della protagonista Maria. A darle un volto, da angelo infangato ma non vinto e da anti-eroina disillusa, si presta Angeliki Papoulia, già musa in molti film di Yorgos Lanthimos e anche nell’ultimo The Lobster, premiato a Cannes.

La vita di Maria – madre di tre figli, moglie innamorata alla follia del marito marinaio perennemente in viaggio (interpretato dal regista e sceneggiatore Vassilis Doganis, alla sua prima come attore in un film) e figlia responsabile che ha rinunciato a un futuro all’università per occuparsi del negozietto di famiglia, della madre disabile e della sorella con problemi mentali – a un certo punto “deraglia”. E niente è più come prima. “D’ora in poi – dice Maria – voglio parlare solo con gente estranea, preferisco il rimorso che provo piuttosto che la vita che ho condotto sino ad oggi. Spero di avere una vita molto meno futile ma non tanto dolorosa”.

Un fil rouge di questa narrazione volutamente scarna e frammentata è il sesso. Prima di tutto gli amplessi di Maria e Yannis all’inizio gioiosi e intrisi di progetti e promesse, poi via via più densi di pensieri e selvaggi. In uno di questi Maria, quasi presaga del futuro, gli chiede: “Mi amerai per sempre? Più di tutti? Qualsiasi cosa accada? Qualsiasi cosa farò? Anche se non ti amerò più?“. E poi ci sono i tradimenti di Yannis, che ama la moglie ma non si nega storie con prostitute e con marinai. Sempre con il sesso Maria “cristallizza” il suo burn out: in una postazione internet pubblica si mette a guardare scene porno davanti agli occhi attoniti dei suoi vicini mentre nella sua mente ripercorre le notti d’amore con Yannis.

Nel cast con la Papoulia e Doganis una serie di pluripremiati attori del teatro e del cinema greco: da Themis Bazaka (la madre) a Maria Filini (la sorella Gogo), da Giorgios Biniaris (il padre) a Makis Papadimitriou.

A dare ritmo alla narrazione la “musica-rumore” del gruppo apertodrog_A_tek, capace di creare un inno all’improvvisazione caotica, grazie alla scelta di registrare suoni di vita vissuta utilizzano oggetti, strumenti musicali analogici e digitali, macchine da scrivere e addirittura rifiuti.

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Ant-Man

di Peyton Reed. Con Paul RuddMichael DouglasEvangeline LillyCorey StollBobby Cannavale USA, Gran Bretagna 2015

Nel 1989 il dottor Hank Pym (Douglas), che ha inventato una formula ed una tuta  che consentono all’uomo di rimpicciolire, moltiplicando la propria forza, si dimette dallo S.H.I.E.L.D., che rischia di usare l’invenzione per scopi aggressivi;  il suo capo, Howard Stark (John Slattery) – il padre del futuro Iron Man – cerca di dissuaderlo ma una battuta infelice del politico Mitchell Carson (Martin Donovan) sulla moglie di Hank morta in una missione, scatena l’ira dello scienziato, che gli sferra un pugno e se  ne va. Lui fonda una sua compagnia, basata sulla sua invenzione – la cui formula lascia però segreta per la parte riguardante il rimpicciolimento di esseri viventi – e si affianca il dottor Darren Cross (Stoll) e la figlia Hope (Lily): i due però – siamo ai nostri giorni –  lo estromettono dall’azienda (Hope non riesce a perdonargli la morte della madre e l’assenza come padre). Un giorno Cross lo manda prendere e gli mostra trionfante la tuta del Calabrone, un supereroe in potenza al quale manca un essere umano che la indossi: Carson, che per conto dell’Hydra tratta affari loschi, è pronto a pagare il Calabrone svariati miliardi di dollari ma Pym rifiuta di dare la formula completa. Intanto il mago del computer Scott Lang (Rudd) esce di prigione – ha scontato una condanna per essere entrato nel sistema dei suoi precedenti datori di lavoro ed aver risarcito tutti i clienti che loro sfruttavano – e trova ad attenderlo il suo ex compagno di cella Luis (Michael Pena), un ladruncolo di buon cuore. Ora è disoccupato e non può dare gli alimenti all’ex moglie Maggie (Judy Greer) e all’amatissima figlioletta Cassie (Abbie Ryder Fortson), che ora vivono con Paxton (Cannavale), un solerte poliziotto, perciò quando Luis, che ha avuto una soffiata, gli propone di andare a  svaligiare una cassaforte in una villa abbandonata, lui, dopo qualche resistenza, accetta. I due, con lo slavo Kurt (David Datsmalcian) e il rapper Dave (T.I.), vanno alla villa, Scott apre la cassaforte ma trova solo una tuta e delle fialette, le prende e scornati i quattro tornano indietro. La tuta ha strane proprietà e Scott la riporta indietro ma quando esce dalla villa viene arrestato da una squadra di polizia, guidata proprio da Paxton. Pym si finge avvocato e lo va a trovare e, dandogli la tuta che lo rimpicciolisce, lo fa evadere. Nella villa lo scienziato gli spiega che gli aveva fatto arrivare lui la soffiata e che lui dovrà indossare la tuta e – trasformandosi in Ant-Man –  entrare nel laboratorio e portar via la tuta da Calabrone. Segue un duro addestramento, al quale partecipa anche Hope – che ce l’ha col padre ma lo aiuta, facendo il doppio gioco  con il folle Cross –all’inizio diffidente, poi sempre più convinta della buona fede di Scott- lui è anche riuscito a rubare un componente importante per la missione dalla fabbrica di Stark, uscendo incolume da uno scontro con il Falcone (Anthony Mackie).  Paxton, intanto, indaga sull’evasione e scopre la vera identità del misterioso “avvocato” e si mette sulle tracce di Hank. La sera dell’ufficializzazione della nuova invenzione, Scott, che ha reclutato la vecchia banda, riesce a penetrare nel congegno che contiene la tuta del Calabrone ma Cross, all’ultimo momento, spara ad Hank e la indossa diventando un potente supereroe negativo. Paxton è lì con i suoi uomini per catturare Scott ma il Calabrone va a casa sua e prende in ostaggio Maggie. Scott riesce a sconfiggerlo e Paxton fa in modo che sia assolto da ogni accusa. Lui ora ha iniziato un storia con Hope e gli Avengeres, avvertiti dal Falcone, lo vogliono reclutare nelle loro fila.

Dopo varie vicissitudini produttive arriva il nuovo film sul supereroe più piccolo (anche come seguito di fan) della Marvel. Il regista Peyton Reed (Abbasso l’amore, Ti odio, ti lascio, ti…) e Paul Rudd (Nudi e felici, Questi sono i 40) sono più portati per la commedia sentimentale e, di fatto, il loro Ant-man è un americano medio, simpatico ma troppo poco combattivo, un borghese piccolo, piccolo, non solo nelle dimensioni. Nella storia del cinema ci sono esempi illustri di eroi rimpiccioliti, dagli ottimi Radiazioni RX- Distruzione Uomo di Jack Arnold e Dottor Cyclops di Ernest Schoedsack, al successo disneyano Tesoro, mi sono ristretti i ragazzi di Joe Johnston. Ant-man è costato 130 milioni di dollari e gli incassi sono deludenti, anche se non catastrofici. Difficile che abbia un sequel.