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La guerra sotterranea

vinoSono passati trentasei anni da quando, quindicenne a Parigi, ho cominciato a frequentare il mondo del vino. Eppure qualche tempo fa, in un pomeriggio trascorso nel sud del Piemonte, ho imparato in cinque ore più di quello che avevo imparato nei trentasei anni precedenti. Questo la dice lunga sulla mia ignoranza, ma anche sulla genialità dell’uomo che mi ha accompagnato in giro per la sua azienda agricola nei dintorni di Novi Ligure.
Nei suoi trenta ettari di terreno, Stefano Bellotti a Cascina degli Ulivi, produce vino, alleva bestiame e coltiva cereali, frutta e verdura. All’inizio degli anni ottanta, Bellotti è stato uno dei primi italiani a sposare quella pratica olistica (espressione di una vecchia tradizione del “buonsenso contadino”) che va molto oltre quello che Bruxelles definisce come biologico. Si chiama “biodinamica” ed è ispirata (ma solo ispirata) al fondatore delle scuole Waldorf e della filosofia antroposofica, Rudolph Steiner.
Bellotti è un uomo schietto e carismatico, con una luce – quasi un laser – perenne negli occhi. Ha mani solcate come i terreni collinari che cura scrupolosamente. Inequivocabilmente contadino, non dovremmo però stupirci davanti alla sua stupefacente capacità di articolare i concetti più complessi. E un nuovo contadino. Di quelli che hanno forse rubato agli artisti il ruolo di contestatori dello status quo.
Lo sapevate, per esempio, che il rapporto tra le radici di una pianta e il terreno può aiutarci a capire la vera natura della politica globale? Ecco, nemmeno io, almeno fino a quando non ho seguito il suo improvvisato corso di specializzazione tra le vigne di Filagnotti, nella regione vinicola del Gavi. “Se coltivata naturalmente, secondo i veri metodi biologici, una singola pianta di grano produrrà radici primarie che affondano nel terreno fino a 12 metri con circa cinque chilometri di filamenti radicali”, mi ha spiegato Bellotti. “La stessa pianta, coltivata seguendo le pratiche industriali dell’agrochimica, in un terreno che riceve erbicidi, pesticidi e fungicidi tossici (come accade nel 99 per cento dei casi in tutto il mondo) penetra nel suolo tra i 5 e 10 centimetri e produce poche centinaia di metri di filamenti radicali. Abbiamo una riduzione di cento volte.”
“Perché è importante questa differenza?”, gli ho chiesto. “Diventa una pianta che non ci nutre più. Perché il sapore e le qualità nutritive di un cereale – come di qualsiasi pianta – sono determinate dall’assorbimento di minerali da parte delle sue radici”, mi ha risposto abbandonandosi a una risata. “Una volta, quando una persona mangiava pane, mangiava pane. La gente poteva sopravvivere mangiando quasi soltanto pane, perché conteneva quasi tutto di cui l’uomo ha bisogno. Oggi invece la maggior parte del pane che mangiamo è completamente inutile dal punto di vista alimentare”.
“E le uve da vino?”, ho chiesto. “Di tutte le piante coltivate, la vite è forse la più sensibile all’apporto dei sali minerali. Se coltivata in modo naturale è in grado di penetrare nel terreno per venti metri, mentre una pianta coltivata in modo convenzionale e chimico è già tanto se arriva a cinquanta centimetri di profondità. Se consideri che i sali minerali assorbiti dalle radici determinano l’aroma del vino (attraverso la magia della fermentazione) capirai che il contatto ridotto con i minerali dell’agricoltura industriale ha un effetto devastante. Mancano le caratteristiche più intrinseche dell’uva e del vino, e quindi bisogna ricostruirle artificialmente in laboratorio, aggiungendo altri composti chimici al prodotto e un’altra fase cancerogena al processo”.
Prima di continuare, Bellotti ha osservato il mare di foglie verdi che ci circondava. “Quando tratti le viti con agenti chimici (molti dei quali derivano dall’industria militare, come Roundup di Monsanto, sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio nella guerra del Vietnam) la pianta perde la maggior parte delle sue capacità fotosintetiche, che sono alla base del suo dialogo vitale con la luce e l’energia solare”.
Mi ha guardato, e sul suo viso è passato un sorriso ironico. “Anche noi esseri umani abbiamo bisogno dell’energia solare e della luce per sopravvivere, ma per alimentarci non possiamo stare fermi sotto il sole, a meno che non vogliamo essiccarci e morire. Riceviamo l’energia del sole mangiando piante che l’hanno assorbita al posto nostro. Impedendo alle piante di assorbire la luce solare non facciamo altro che impedire a noi stessi di immagazzinare l’energia del sole. Per questo perdiamo vitalità e voglia di agire, e alla fine non siamo più capaci di pensare come dovremmo”.
Improvvisamente Bellotti mi ha piantato addosso uno sguardo penetrante che non dimenticherò per molto tempo. A qualcuno la sua tesi finale potrà sembrare strampalata, ma vi suggerisco di verificarne le basi scientifiche. “Le multinazionali che ogni giorno aumentano il loro controllo sull’approvvigionamento alimentare globale hanno tutto l’interesse a farci mangiare piante che in realtà non sono vere piante, perché così ci rendono più malleabili e sottomessi, esseri umani meno vivi e meno capaci di resistere al potere”.
Correzione: 13 novembre 2013 In un versione precedente di questo articolo c’era scritto che il Roundup è sviluppato anche a partire dall’uso del Napalm, invece è sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio, un defoliante prodotto dalla Monsanto e usato dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam. Il Napalm veniva prodotto dalla Dow Chemical, un’altra multinazionale statunitense, che produceva anche l’agente arancio.
Jonathan Nossiter
link all’articolo




Le aziende agrituristiche in Italia

agriturismoNel 2012 il numero di aziende agrituristiche si conferma superiore alle 20 mila unità: le aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’agriturismo sono 20.474, 61 in più (+0,3%) rispetto all’anno precedente.
Nel corso del 2012, le nuove aziende autorizzate all’attività agrituristica sono 1.286, quelle cessate 1.225; rispetto al 2011, aumentano sia le nuove autorizzazioni (+97 unità) sia le cessazioni (+476 unità).
Le aziende agrituristiche si caratterizzano per la diversificazione dei servizi offerti. Persiste, infatti, l’offerta di pacchetti turistici integrati con servizi differenziati, diretti a meglio qualificare l’attività agrituristica rispetto al territorio in cui viene esercitata .
Rispetto al 2011, gli agriturismi aumentano soprattutto nel Nord-ovest (+5,8%) e nel Centro (+2%), mentre calano nel Sud (-13,2%).
Il 40,9% degli alloggi, il 46,1% dei ristori e il 42,1% degli agriturismi con degustazione è localizzato nel Nord, mentre il 40,8% delle aziende con altre attività agrituristiche è ubicato nel Centro .
Toscana e Alto Adige, con 4.185 e 2.996 aziende, si confermano i territori in cui l’agriturismo risulta storicamente più consistente e radicato.
Più di un’azienda agrituristica su tre è a conduzione femminile; la maggiore concentrazione si rileva in Toscana, con 1.707 aziende, pari al 40,8% del totale regionale e al 23,5% del totale nazionale.

http://www.istat.it/it/archivio/103202




RETE SCUOLE ALFAMEDIALI. La scuola nell’era dell’audiovisivo. La proposta alfamediale di Erice

I Maestri alfamediali di Erice

I Maestri alfamediali di Erice

La Scuola Alfamediale considera l’Audiovisivo come un “secondo alfabeto”.

Il primo, quello fonico, è il più importante linguaggio monomediale della carta, Il secondo,

quello audiovisivo, il più importante linguaggio multimediale dello schermo. Il primo

traghetta l’umanità dalla civiltà del rito e del mito alla civiltà del logos o della “ragione

chiusa del testo scritto”, lineare e formale, letteraria e disciplinare; il secondo dalla

civiltà del logos a quella dell’olos o della “ragione aperta del testo spettacolare”, dinamica

e complessa, organica e simulativa. La Scuola Alfamediale sviluppa ed integra

entrambe le forme di pensiero.

Il secolo audiovisivo

Il ‘900 è stato chiamato in tanti modi, ma mai “il secolo dell’audiovisivo o dello

schermo”. Dopo circa un secolo d’incubazione e di riproduzione tecnica dei linguaggi

analogici – immagine , suono, movimento (cinema muto1895) – nel 1927 con la proiezione del primo film sonoro nasce l’audiovisivo.

Passa meno di un decennio e l’audiovisivo-cinema diventa audiovisivo-televisione in

bianco e nero nel 1936 e a colori negli anni ‘60. L’audiovisivo TV entra direttamente

nelle case offrendo alle masse spettacoli di ogni tipo e producendo effetti inediti nel

paesaggio interiore ed esteriore: un profondo rispecchiamento culturale e sociale, la

contestazione studentesca nel 1968, la forte spinta consumistica, la liberalizzazione dei

costumi. I primi personal computer del 1975 sembrano bloccare l’invasione della televisione

e sviluppare un diverso uso dello schermo, ma solo apparentemente, perché

appena dieci anni dopo, nel 1985, il linguaggio audiovisivo ricompare nella forma digitale

di multimedialità. Pochi anni ancora e nel 1989, mentre cade il muro di Berlino per

effetto, appunto, delle armi improprie della televisione e del computer, si diffonde nel

mondo internet. Il web impiega un altro decennio per veicolare video on line e già nel

2000 con il videofonino e nel 2005 con Youtube anche internet diventa audiovisivo. Ora

il video dilaga sulla rete e teoricamente tutti possono mandare messaggi video a tutto

il mondo. Il futuro sarà sicuramente audiovisivo: sequenziale, interattivo, interpersonale,

HD, 3D, da occhiali, da polso…

Intanto, in meno di cento anni, l’audiovisivo sconvolge il sistema simbolico-culturale

dell’alfabeto e della stampa, l’ingloba nel suo sistema multimediale di spettacolo,

moltiplica la stessa produzione letteraria e scientifica. Collateralmente, mette in crisi

famiglia, chiesa, scuola, politica, mondo della produzione, del lavoro ed impone un

nuovo ordine storico e geografico, chiamato, con una parola ormai conclamata, “globalizzazione”.

L’emergenza rifondativa della scuola

L’avvento e l’affermazione dell’audiovisivo cambia l’ambiente fisico e mentale

degli uomini dopo circa tre millenni di egemonia culturale dell’alfabeto, stampa compresa.

Ecco le nuove emergenze culturali.

1. Tutti gli alfabetizzati, circa 6 miliardi (altri 800 milioni non conoscono la scuola),

senza accorgersene, diventano semianalfabeti audiovisivi: sanno stare con il corpo

e la mente davanti allo schermo, ma non sono capaci di starci dentro.

2. Il pensiero umanistico delle lettere e dei numeri e il pensiero scientifico delle conoscenze

disciplinari, anche se rimangano gli strumenti basilari dello sviluppo civile,

culturale e sociale dei popoli, non sono più sufficienti a vivere e governare gli imprevedibili

e complessi processi del mondo globalizzato.

3. Il pensiero multimediale dell’audiovisivo, proprio perché causa-effetto della nuova

storia e del nuovo mondo, si rivela, invece, adatto ad interpretare e capire la molteplicità,

la complessità, la flessibilità, l’ordine sistemico, organico, comunicativo,

creativo della civiltà dello spettacolo.

4. La formazione del nuovo pensiero può essere davvero efficace solo se passa dalla

mediazione della scuola. La Cultura Multimediale dell’audiovisivo, la Terza Cultura,

deve, pertanto, entrare correttamente nel curricolo ed operare la mirata riconversione

istituzionale della Scuola Alfabetica o delle Due Culture (Umanistica e Scientifica)

in Scuola Alfamediale o delle Tre Culture (Umanistica, Scientifica, Multimediale).

5. Ma che cos’é la Cultura Multimediale? E’ tutto ciò che ruota attorno al sistema telecamera

– schermo (penna e carta multimediali): strumenti analogici e digitali, tecniche

d’uso, reti multimediali on line e off line, informazioni veicolate, linguaggi integrati,

forme testuali, sistemi simbolici, ambienti antropologici di vita e di lavoro.

La disattenzione verso queste cinque emergenze, indotte dall’audiovisivo, ha già

prodotto profondi effetti discriminatori sulla popolazione mondiale, suddivisa di fatto in

tre grandi categorie antropologiche: gli inclusi, i reclusi, gli esclusi.

Gli inclusi, stimabili attorno a un miliardo e distribuiti nei Paesi più avanzati,

hanno la padronanza del pensiero alfabetico-numerico (umanistico-scientifico) della

carta e del pensiero audiovisivo-multimediale dello schermo; i reclusi, variamente graduati,

sono circa 5 miliardi ed hanno la padronanza solo del pensiero alfabetico; gli

esclusi, circa 800 milioni di analfabeti, sono totalmente privi dell’uno e dell’altro.

In questo contesto tripartito va considerata la strana posizione dei reclusi. Per gli

inclusi essi rappresentano un inesauribile mercato di consumatori, a cui vendere i loro

beni immateriali (il sistema dello spettacolo, innanzitutto); per gli esclusi il territorio da

invadere e occupare, perché là si producono e si consumano i beni materiali.

La strategia di Lisbona

In questo contesto di rivoluzione culturale, silente e non intenzionale, indotta dall’azione

riambientativa dell’audiovisivo, l’Europa si vive come “reclusa”. Vede svanire il

suo primato storico, culturale e produttivo conquistato secoli fa con la stampa e la cultura

del libro e sente di non controllare le strane forze della globalizzazione, che tenta di

spiegare solo dal punto di vista economico, ma non pedagogico ed antropologico.

Reagisce nel 2000 con la strategia di Lisbona, fissando nel 2006 le 8 competenze chiave

che ogni cittadino europeo deve possedere per vivere nell’Unione e demanda agli Stati

nazionali la messa a punto degli strumenti formativi necessari. Ecco le 8 competenze:

1) Comunicazione nella madrelingua; 2) Comunicazione nelle lingue straniere; 3)

Comunicazione matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) Competenza

digitale; 5) Imparare a imparare; 6) Competenze sociali e civiche; 7) Spirito d’iniziativa

e d’imprenditorialità; 8) Consapevolezza ed espressione culturale.

Le prime tre competenze sono storicamente presenti nel curricolo della Scuola

Alfabetica o delle Due Culture e richiedono solo nuove messa a punto formative. La

quarta è appena entrata e va sicuramente consolidata. La quinta, la sesta e la settima

sono, invece, totalmente nuove nella forma e nella sostanza ed appaiono come inse3

gnamenti trasversali che non rimandano a precise materie di studio. L’ottava spazia tra

formazione artistica e letteraria e riflessione critica e scientifica.

Come è facile notare, le 8 competenze chiave della strategia di Lisbona non indicano

né una chiara pedagogia, né un preciso curricolo, né specifiche materie, né una

metodologia. Non rimandano neanche a precisi linguaggi e a precisi contenuti. Per questo

motivo non si sa bene cosa fare. Finora si é fatto davvero poco per attuare il programma

UE. Intanto, il clima d’avvento millenario di Lisbona sembra del tutto scomparso

per effetto della improvvisa recessione e della imprevedibilità storica. Manca la

visione satellitare e la visionarietà profetica. La scuola sembra affondare nelle sue stesse

innovazioni di sopravvivenza. Le 8 competenze chiave UE possono aspettare.

La strategia alfamediale

Diversamente dalla strategia di Lisbona la Scuola Alfamediale o delle Tre Culture,

Umanistica, Scientifica, Multimediale ha già un corpo organico – antropologico-linguistico,

pedagogico-curricolare, organizzativo-metodologico – sufficientemente sperimentato

ed istituzionalizzato.

La strategia alfamediale poggia su quattro principi pedagogici tra loro in stretta

relazione: La spettacolarità audiovisiva, l’integrazione linguistica, la sintesi culturale, la

presentazione video.

1. L’audiovisivo é il più completo linguaggio dello spettacolo su schermo (cinema, televisione,

computer, internet, videofonino…), evoluzione storica dello spettacolo diretto

su scena e dello spettacolo illustrato su carta.

2. Il valore culturale e formativo dell’audiovisivo non sta soltanto nella quantità e qualità

degli spettacoli trasmessi, ma principalmente nell’integrazione linguistica di testi

audio (suono, parola parlata) e testi video (movimento, immagine, scrittura, stampa)

ovvero di tutti i linguaggi del Corpo (movimento, suono, immagine) e della

Parola (parlata, scritta, stampata), finalmente riunificati.

3. Il curricolo porta a sintesi cultura alfabetica (monomedialità su carta) e cultura

audiovisiva (multimedialità su schermo) ovvero i due momenti si pongono in continuità,

ampliamento ed alternativa.

4. La presentazione video è il principale esercizio didattico attraverso cui lo studente

impara a stare davanti e dietro alla telecamera (e dunque dentro lo schermo) e a

pensare e a comunicare in modo spettacolare con il Corpo e la Parola.

La presentazione video

Nella Scuola Alfamediale o delle Tre Culture tutti gli studenti fanno periodicamente

la presentazione video. Si tratta di un esercizio di scrittura del Corpo – Parola fatta

davanti e dietro alla telecamera e dunque “dentro lo schermo” per il pubblico di telespettatori

della classe. Essa produce tre grandi effetti innovativi:

si aggiunge, rafforza ed integra, nell’unità semantica dello spettacolo, tutti gli

esercizi tradizionali di scrittura monomediale: disegno, tema, riassunto, problema,

ricerca, interrogazione.

Aggiunge al tradizionale lavoro testuale di lettura, scrittura e traduzione monomediali,

tre nuove forme di testualità multimediale: l’integrazione di testi di linguaggi

diversi, la loro trasposizione dalla carta alla scena e poi allo schermo e la redazioneedizione

di materiali didattico-culturali in stampa illustrata e in video.

Rinnova l’ordine curricolare della scuola, dell’insegnamento e della professionalità

docente, centrandolo, decisamente, non più su un solo linguaggio universale, ma su

due: quello monomediale dell’alfabeto e quello multimediale dell’audiovisivo.

Tecnicamente, la presentazione video si fa nello studio televisivo della scuola o, in

mancanza, direttamente in classe, come si vede nelle due immagini.

In questa prima foto si vede un’alunna seduta davanti ad una telecamera pronta

a fare la lettura comunicativa di una pagina illustrata (titolo, disegno colorato e testo

scritto) da lei elaborata per trasposizione da un tema, da una ricerca o da qualche altro

compito. La trasposizione è di fatto una riscrittura comunicativa del testo con l’aggiunta

di un disegno in bianco e nero o colorato, che arricchisce semanticamente l’intera

composizione. Alle sue spalle c’è un telo monocromatico (azzurro) che permette di

decontestualizzare o contestualizzare la lettura con un’immagine in chromakey.

Dalla parte opposta alla telecamera c’è un compagno che ascolta dalla maestra le

indicazioni di funzionamento tecnico e linguistico della telecamera, lo strumento di registrazione

che “scrive” tutto quello che succede nel campo di ripresa: suoni, parole,

forme, gesti, colori, movimenti, errori, emozioni, incertezze, disinvoltura, padronanza,

convinzione di quello che si legge per offrirlo come servizio culturale ad un pubblico di

telespettatori. Sullo sfondo si vede lateralmente un televisore (potrebbe essere la LIM)

poggiato su un carrello e rivolto alla classe. L’intera apparecchiatura (televisore-telecamera)

é chiamata “unità mobile TV”. Ce n’é una per tutte le classi che si affacciano sullo

stesso corridoio della scuola. In fondo c’è la lavagna che dal suo posto fisso trasmette

alla classe i suoi messaggi scritti col gesso. L’alunna lettrice, al segnale convenuto,

legge la pagina scandendo bene le parole, dando espressività alla voce, ma soprattutto

guardando, ad ogni passaggio significativo della lettura, nell’obiettivo della telecamera.

Guardare nella telecamera è molto importante perché rafforza il contatto comunicativo

con il pubblico di telespettatori, in cui il lettore deve immedesimarsi.

La prova è seguita in diretta dalla classe e ripetuta più volte sulla base delle valutazioni

di resa comunicativa fatte da tutti: insegnante, compagni, compagno operatore,

a cui vanno naturalmente addebitati gli errori di ripresa (inquadratura, zoom,

tempi). Il più critico di tutti è sempre lo stesso lettore, sempre pronto a rifare la lettura

comunicativa. Questa é il primo e determinante passaggio mediatico dalla carta allo

schermo e risolve alla base i drammatici e più volte denunciati problemi dell’abbassamento

di competenza nella lettura strumentale a voce alta e nella lettura semantica

fatta con gli occhi. È questo di per sé un ottimo risultato scolastico.

In questa seconda foto si vedono, invece, i due compagni che hanno scambiato i

ruoli. Il compagno della ripresa è in piedi davanti alla telecamera e la compagna dietro

al mezzo di ripresa. Dopo avere inquadrato il compagno presentatore a mezzo busto gli

dà il tempo per iniziare la presentazione. L’alunno ha già fatto la lettura comunicativa

ed ora deve trasporla a parole proprie in base ad una scaletta mentale individuata

segnando le parole calde della pagina illustrata, precedentemente letta. Si tratta di un

lavoro facile e difficile al tempo stesso. È facile perché l’argomento o il sottoargomento

è già stato trattato e concordato con l’insegnante; perché su di esso è stata costruita la

pagina illustrata, prima manualmente e poi al computer; perché sullo stesso argomento

è stata fatta l’esperienza della presentazione su scena cioè una “minilezione” di pochi

minuti ai compagni della classe, utilizzando altri disegni colorati formato A3 ed oggetti

utili alla spiegazione. È difficile, invece, perché lo studente, grande o piccolo che sia, è

totalmente solo davanti alla telecamera, mentre l’insegnante e i compagni lo guardano

e lo giudicano; perché deve trovare solo in se stesso la forza per controllare l’emozione

e la concentrazione; perché deve fare tutto con naturalezza e disinvoltura, con espressività

comunicativa del corpo e della parola. Quasi sempre, dopo qualche prova meccanica

e mnemonica, si scopre il segreto di questo potente, spettacolare e “naturale” esercizio

di scrittura, impegnativo per tutti e molto amato da giovani e bambini.

La riscoperta dei linguaggi

Dopo circa quarant’anni di curricula ispirati alla scientificizzazione dei metodi e dei

contenuti (psicologie dell’apprendimento – insegnamento, teorie dell’informazione e

della comunicazione, semiologia e linguistica, studio di nuovi saperi, anticipazioni ed

approfondimenti disciplinari, analisi testuali e mappe concettuali), finalmente si cambia

registro e si torna ai linguaggi, gli incorruttibili strumenti del pensiero, della cultura

e della comunicazione. E’ già qualcosa. Ma per andare avanti nella strada della riscoperta

di tutti i linguaggi, bisogna fare ancora diversi passi avanti. Eccone alcuni.

1. Dare priorità allo studio dei linguaggi sui contenuti, sapendo che i linguaggi

educano e i contenuti istruiscono, i linguaggi restano e i contenuti cambiano, che lo studio

dei linguaggi sottintende sempre lo studio dei contenuti, ma non viceversa.

2. Ritornare a parlare di lettura e scrittura, piuttosto che delle famose tre “C”:

Conoscenze, Capacità, Competenze, riconducibili, alla fine, alle attività di lettura e di

scrittura.

3. Distinguere tra materie (insegnamenti linguistici) e discipline (insegnamenti

contenutistici) sia nei campi di esperienza della Scuola dell’Infanzia, nelle aree disciplinari

(un tempo ambiti) della Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado, negli assi culturali

della Scuola Secondaria di 2° grado, uniformando, se possibile, la terminologia.

4. Indicare e specificare meglio la differenza tra lingue e linguaggi ed in particolare

tra Lingue (parlate, scritte, stampate) e Linguaggi Non Verbali e Multimediali, indicati

in sigla LNVMM.

5. Evitare di indicare i Linguaggi Non Verbali del Movimento, Suono, Immagine in

negativo e chiamarli in positivo “linguaggi dell’azione o dell’agire comunicativo del

corpo o della corporeità o più semplicemente del Corpo”.

6. Specificare quali sono i Linguaggi Multimediali: se solo quelli integrati dello

schermo come il cinema, la televisione, l’ipermedia o anche quelli della scena come, ad

esempio, i giochi, la cerimonia, il teatro e della carta come il manifesto, il fumetto e la

pagina illustrata.

7. Insegnare l’integrazione di testi di linguaggi diversi, la trasposizione da un

sistema d’integrazione testuale ad un altro (scena, carta, schermo), la redazione-edizione

di un prodotto culturale destinato ad un pubblico, interno od esterno alla scuola.

8. Riconoscere che il lavoro testuale, in tutte le sue forme, ha un altissimo potere

di transfert e che dipende da esso la formazione delle competenze specifiche di qualsiasi

altra attività umana. il testo fa la testa e la testa fa il testo e qualunque altro lavoro

materiale e immateriale.

La Scuola Alfamediale ha compiuto questi passi nella riscoperta e valorizzazione

dello studio di tutti i linguaggi del Corpo e della Parola, ridefinendo e centrando il curricolo

sul linguaggio monomediale su carta dell’alfabeto e sul linguaggio multimediale

su schermo dell’audiovisivo. Analizziamo più da vicino questa possibile, necessaria,

organica e semplificata strategia di rifondazione della scuola.

Il lavoro testuale con la telecamera

La presentazione video o televisiva è la fase finale di un lungo lavoro testuale programmato

dall’insegnante alfamediale o dal team di insegnanti alfamediali della classe

e che ogni alunno è chiamato a fare periodicamente. Essa gli insegna operativamente

e in forma graduale a passare dalla scrittura alfabetico-monomediale della carta alla

scrittura audiovisivo-multimediale dello schermo. La presentazione video è una pratica

didattica forte ed innovativa per la scuola, impegnativa e automotivante per gli studenti.

Essa prende di peso i ragazzi seduti “davanti allo schermo” della televisione, della

playstation e del computer, come succede per tante ore a casa, e li mette con il corpo

e la mente davanti e dietro alla telecamera, una volta per fare l’operatore di ripresa e

un’altra per fare il presentatore che comunica da “dentro lo schermo” ad un pubblico

invisibile. Quest’esperienza formativa, difficilmente può essere programmata dalla

famiglia ed è tuttora inesistente nella vita della scuola. I giovani, dalla Scuola

dell’Infanzia all’Università, la vogliono senza saperlo dire. Alcuni, pur di farla, inventano

spettacoli inguardabili con il videofonino, che poi scaricano su Youtube. La scuola

non riesce ancora a capire, a fare proprio e proporre il lavoro testuale della presentazione

video. Sa pensare solo al computer e alla LIM. Quando la telecamera entra in

classe, come avviene in modo ordinario nelle scuole della Rete Scuole Alfamediali

(RSA), gli studenti avvertono un profondo senso di liberazione e di rigenerazione. Fare

la presentazione video é come imparare a leggere e scrivere una seconda volta, ma in

forma più naturale ed efficace, con tutti i linguaggi del Corpo e della Parola. “Fare spettacolo”

per loro è rispondere ad un’originaria ed eterna esigenza umana di cultura, pensiero,

comunicazione. Perché lo spettacolo riesca bene essi devono però lavorare molto

ed imparare a correggere i tanti errori di grammatica, sintassi e punteggiatura che

fanno quando stanno davanti e dietro alla telecamera: esitazioni, parole non dette,

vuoti di memoria, passaggi sbagliati, ripetizioni inutili, sguardi fuori campo, tono piatto

della voce, inespressività del volto, gestualità assente o rigida, errori di postura e

d’inquadratura, insignificanza delle zoommate, scenografie non curate, luminosità sbagliata,

sobbalzi della telecamera ed altro ancora. Quando, infine, diventano bravi a controllare

ed armonizzare il Corpo e la Parola, sentono di stare bene e di pensare in modo

“leggero, rapido, esatto, visibile, molteplice”, per usare le categorie letterarie teorizzate

da Calvino, scrittore davvero alfamediale. Con questo nuovo ed immenso patrimonio

intellettuale di docenti e discenti ora è possibile trasformare le scuole anche in centri

di redazione-edizione di materiali didattico-culturali a stampa e in video per uso

interno o esterno alla scuola.

Diecimila scuole, di ogni ordine e grado, che fanno servizi a stampa e in video a

getto continuo per diffonderli dentro e fuori la scuola a fini informativo-formativi, costituiscono

sicuramente la più bella e potente rivoluzione culturale che possiamo augurare

alle giovani generazioni ed indirettamente a noi stessi, visto che devono essere i giovani

a pagare la nostra pensione e che la qualità di vita dell’intero sistema sociale

dipende alla fine dal capitale umano che abbiamo saputo creare.

Le competenze alfamediali

Ed ecco ora le 10 competenze attivate dalla Scuola Alfamediale con lo studio sistematico

dell’audiovisivo e la metodologia della presentazione video.

Per stare davanti e dietro alla telecamera ogni alunno:

1) deve saper usare bene il codice parlato, alfabetico, grafico, sonoro, motorio; 2) deve

saper integrare testi di linguaggi diversi: del Corpo (movimento, suono, immagine) e

della Parola (parlata, scritta, stampata); 3) deve saper usare le tecnologie analogiche

e digitali della scena, della carta e dello schermo; 4) deve saper trasporre lo spettacolo

illustrato su carta in spettacolo scenico e poi audiovisivo; 5) deve saper ricercare e

riportare ad unità tematica conoscenze scolastiche, personali e sociali; 6) deve saper

comunicare in modo diretto e indiretto con un pubblico; 7) deve saper valutare la performace

spettacolare sua e dei compagni; 8) deve saper collaborare con gli insegnanti

e con i compagni per la realizzazione della prova e del progetto; 9) deve saper rapportarsi

ai problemi reali della società, della cultura, del territorio, del passato, dell’attualità;

10) deve saper fare redazione-edizione di materiali a stampa e in video.

La prima differenza che salta agli occhi, confrontando le 8 competenze chiave

della proposta di Lisbona e le 10 competenze alfamediali, sta nel fatto che le prime

mirano a fronteggiare nel breve periodo i problemi dello sviluppo economico globalizzato,

mentre le seconde rispondono ad esigenze culturali e formative di lungo periodo

da curricolarizzare in un sistema istituzionale di facile comprensione e gestione.

L’insegnante alfamediale

L’insegnante alfamediale, prima di essere un insegnante di una particolare materia

o disciplina é un’intelligenza alfabetica ed audiovisiva, monomediale e multimediale,

della carta e dello schermo, della lettura e della scrittura con entrambi i linguaggi.

Egli sa dire e sa far dire ai suoi studenti la stessa cosa sia con il codice alfabetico sia

con quello audiovisivo. Tutti gli insegnanti devono avere, nel tempo, questa doppia

Coordinatore pedagogico della RSA • P.za S. Agostino, 2 – 91100 Trapani • tel. 0923.21500 cell. 338.9137150 • E-mail: tulliosirchia@virgilio.it

competenza professionale, riconducibile ad una competenza unica e generale, quella

alfamediale. Da questo punto di vista l’insegnante alfamediale non è un “docente dei

media” in aggiunta agli altri docenti, né un esperto esterno od interno che lavora in

compresenza con l’insegnante di classe, ma una nuova figura docente, più evoluta e

polivalente, la cellula rigenerativa della nuova scuola. Egli orchestra le attività di studio

scegliendo autonomamente l’approccio monomediale o multimediale. Fa fare periodicamente

(ad esempio, ogni quadrimestre) a tutti i suoi studenti la presentazione

spettacolare su scena, su carta, su schermo e la redazione-edizione di spettacoli scenici,

illustrati, audiovisivi, operando da solo o in team con gli altri docenti. Egli si sente

più maestro di lavoro testuale di lettura, scrittura, traduzione, integrazione, trasposizione

e redazione-edizione, che professore di contenuti disciplinari; più animatore e

comunicatore culturale che esperto di saperi specifici, comunque necessari.

La Scuola di Alta Formazione di Erice

La figura dell’insegnante alfamediale non esiste ancora nell’attuale ordinamento

scolastico, nazionale ed internazionale. La sua formazione professionale cammina di

pari passo con l’affermazione del modello alfamediale e con un convinto ed allargato

processo di riconversione istituzionale del sistema scolastico complessivo.

Ad Erice per una felice coincidenza di fattori positivi esistono tutte e tre le condizioni.

Innanzitutto, vi è nata la Scuola Alfamediale, un modello di scuola ad alto potere

formativo, che non sconvolge le strutture esistenti ed é a basso costo di gestione;

c’é la sede della Scuola Polo della Rete Scuole Alfamediale (22 scuole in tre regioni) in

fase di espansione nazionale; c’é un nucleo storico di insegnanti alfamediali capaci di

fare i formatori dei propri colleghi; c’é uniformità d’indirizzo alfamediale in tutte le

scuole del Comune di Erice; c’è nel circondario provinciale una corona di scuole alfamediali

che tende ad infittirsi; c’é la disponibilità dichiarata di diversi Sindaci a farsi

carico di questa sorta di riforma dal basso, uniformando l’indirizzo pedagogico di tutte

le scuole del territorio; c’è una lunga esperienza di convegni e corsi di formazione interni

ed esterni alle singole scuole; ad Erice Vetta c’è la struttura polivalente ed attrezzata

dove fare formazione ed incontri seminariali e convegnistici; c’è il progetto politico

del Comune di Erice di avviare un programma di alta formazione in vista anche dell’allargamento

del mercato europeo ai Paesi del Magrheb. Appena tutto andrà in sinergia

si può, a ragione, parlare di proposta alfamediale di Erice in risonanza storica con la

strategia di Lisbona e dei processi di riassetto curricolare dello studio e della pratica di

tutti i linguaggi, integrati o meno, in atto in Italia e nel mondo.

A questo punto é possibile fare entrare “dentro le schermo”, a fini formativi, tutti

i ragazzi del mondo perché possano scoprire ed abitare, appunto, il loro mondo. Come

l’Alice di Lewis Carroll, essi non devono più accontentarsi di quello che riflette lo specchio

elettronico dello schermo, davanti a cui si mettono ogni giorno, ma possono agevolmente

attraversarlo per conquistare l’infinito spazio di segni audiovisivi che nasconde.

“Oh, Kitty, come sarebbe bello potere entrare nella Casa dello Specchio!” disse

Alice alla gattina, “Sono sicura che ci sono delle cose meravigliose! Facciamo finta che

ci sia un modo per entrare… Ecco, guarda: sta diventando una specie di brina, proprio

in questo momento, te lo dico io! Andare di là sarà facilissimo…”

Tullio Sirchia

 




Vaccinazioni: luci, ombre e nuove politiche sanitarie

vaccinazioni_obbligatorie_bigI vaccini sono entrati nella nostra quotidianità da molti anni e negli ultimi tempi sono sorte diverse polemiche sul loro uso così esteso. Ma facciamo un passo indietro: la loro struttura si basa su frazioni proteiche di cellule estranee al nostro organismo costituite da microorganismi (o parti di essi) inattivati che, iniettati ,stimolano la produzione di anticorpi. In Italia esistono vaccini obbligatori e raccomandati. Quelli obbligatori sono quattro: antiepatite B, antipolio, antidifterica, antitetanica, mentre i raccomandati sono pertosse, morbillo, parotite, rosolia, meningite, papilloma virus e influenza. Le campagne vaccinali operate in tutto il mondo per debellare queste gravi malattie hanno dato risultati straordinari,anche se non si può parlare della loro completa eliminazione. Attualmente con l’arrivo incontrollato di popolazioni non vaccinate è ancora più importante il rispetto delle normative soprattutto nei bambini. Tuttavia stanno sorgendo da alcuni anni comitati di genitori che si oppongono al trattamento sui loro figli. Il tutto è partito da un caso sollevato da un medico inglese che aveva correlato l’insorgere di una grave patologia come l’autismo, in un bambino, dopo la vaccinazione ,per la presenza di mercurio nel prodotto. Da quel momento sono scoppiate polemiche e prese di posizione da parte di molti genitori sul far vaccinare o meno i propri figli. Alcune cause dove è stata dimostrato il danno vaccinale hanno avuto forti risarcimenti dalle case farmaceutiche. E’ anche vero che se un figlio contrae la malattia perché non è stato vaccinato, l’asl di riferimento può far causa ai genitori. Quindi la decisione non è così immediata. La comunità scientifica è molto divisa sia sui risultati che sulla necessità di operare in modo così esteso. Alcuni farmacologi sostengono che la riduzione di queste epidemie sia dovuta anche ad una maggiore igiene e ad un’alimentazione più ricca.

La vaccinazione antinfluenzale è stata largamente consigliata da diversi anni a tutte quelle categorie a rischio come gli anziani, gli immunodepressi, gli asmatici, gli operatori sanitari e gli insegnanti.Grazie a questa sensibilizzazione sono diminuiti i ricoveri da complicanze broncopolmonari che negli anziani sono una causa frequente di morte. Altro fattore importante è la conseguente riduzione del contagio.L’aspetto più spiacevole che si può riscontrare è la contrazione di un’influenza legata ad una variante del virus,anche se più attenuata. Qui il rapporto rischio-beneficio è a tutto vantaggio del secondo.

E’ di questi giorni la notizia che la Regione Friuli Venezia Giulia eliminerà le vaccinazioni obbligatorie: antipolio, epatite B, tetano e difterite in linea con le indicazioni europee.

Gloria Bedocchi, farmacista

Gloria Bedocchi, farmacista

Molti medici di famiglia si stanno rifiutando di fare l’antinfluenzale per eventuali reazioni allergiche gravi.

Il 5 ottobre 2013 si è svolto il primo congresso nazionale sulle vaccinazioni di massa a Padova. L’organizzatore è il dott. Roberto Gava cardiologo e farmacologo clinico, da questo primo importante incontro è emerso che ogni vaccinazione deve essere sempre valutata dopo un’accurata visita medica considerando il rapporto rischio-beneficio. Per i bambini ,soprattutto quelli a rischio, sarebbe opportuno prima della vaccinazione. un esame ematochimico. La medicina naturale può aiutare l’organismo ad affrontare meglio il rischio influenza con preparati che aumentano notevolmente le difese immunitarie e sono pressoché privi di effetti collaterali. Le piante più utilizzate sono: echinacea, acerola, rodiola, rosa canina ,da sole o unite ad oligoelementi come rame e zinco. Esiste da anni anche un vaccino omeopatico che da buoni risultati. Oggi possiamo essere attivi protagonisti della nostra salute insieme al medico o al naturopata di fiducia percorrendo così una nuova strada della medicina.

parodia dei vaccini di Beppe Grillo

 




Facebook, dal virtuale al reale: così in via Fondazza ci si dà una mano tra vicini di casa

il portico di destra di via Fondazza, direzione via Santo Stefano

il portico di destra di via Fondazza, direzione via Santo Stefano

Un progetto singolare, nato dall’idea di un residente: si tratta di un gruppo che, sfruttando il più noto social network, mette in contatto i cittadini della zona, che qui si trovano a condividere problematiche comuni e informazioni utili. Ma soprattutto socializzano
In città, si sa, il ritmo di vita convulso fa sì che spesso neppure conosciamo il nostro dirimpettaio. Fare gruppo, invece, con chi condivide il nostro stesso quotidiano, con i suoi problemi annessi ed esigenze comuni, puo’ rendere la vita più semplice e piacevole. Puo’ farci sentire meno solo. D’altra parte, l’unione, si sa, fa la forza.
Così, spontaneamente, in via Fondazza, ha preso il via un singolare progetto, nato dall’idea di un suo residente. Si tratta di un gruppo che, sfruttando il più noto social network, ovvero Facebook, mette in contatto i cittadini della zona, che qui si trovano appunto a condividere le problematiche legate al loro quartiere e tante informazioni utili. Ma soprattutto socializzano, dando il via a rapporti di buon vicinato.
BolognaToday ha intervistato Federico Bastiani, la “mente” del progetto, che nel giro di pochi giorni sta prendendo il volo.
Come è nata l’idea di fondare questo gruppo?
L’idea mi è venuta questa estate passeggiando per Via Fondazza da dove abito da 4 anni…vedevo facce conosciute ma non le conoscevo, con qualcuno al massimo scambiavo un “buongiorno” e niente di più. Passeggiavo per la strada e sentivo qualcuno suonare il piano e mi domandavo chi fosse…ho trovato questa “indifferenza” fra vicini triste ed ho pensato a come poter risolvere il problema. Lo spunto quindi l’ho preso dal sito americano “meet the neighbors” un sito che ti geolocalizza ed individua chi vive nella tua strada o nel tuo condominio solo che io non volevo investire fondi per un progetto simile e cosi ho pensato di usare lo strumento che tutti usano, Facebook. Ho creato cosi un gruppo chiuso “residenti in via fondazza”. L’unico problema era farlo conoscere cosi ho stampato 50 volantini A4 con la mia stampante ed li ho appesi alle colonne dei portici di Via Fondazza, risultato, in un mese siamo arrivati quasi a quota 200..(anche grazie alla stampa nazionale che si è occupata di noi..). Quando una persona si iscrive dice che civico è, del tipo “ciao dal 10” ciao dal 5 etc…cosi abbiamo la strada mappata.
Che scopo ha il gruppo e in che modo gli iscritti si danno una mano?
Ci tengo a precisare che l’obiettivo di questo gruppo e della mia idea non era quella di “cambiare il mondo” o avere traguardi per fare chissà che cosa..l’obiettivo era uno solo, socializzare. Socializzare poi può avere tante ripercussioni, anche a livello economico nel senso che si possono trarre vantaggi. Faccio un esempio, in via Fondazza vivono tanti studenti che si sono appena trasferiti qua e non conoscono la zona o persone con le quali interagire, hanno necessità tipo sapere dov’è una lavanderia a gettoni economica, un’estetista che faccia prezzi accessibili…tutte necessità che vengono postate nel gruppo ed il gruppo (non io) trova le soluzioni dove possibile.
Quali sono le problematiche maggiori segnalate dai residenti nella zona?
Le problematiche più rilevanti sono quelle connesse alla microcriminalità in zona, mi riferisco ai notevoli furti in casa, grazie a questo strumento, informiamo in tempo reale i vicini della presenza di furti e stiamo in allerta, e poi la pulizia dei portici. A questo proposito ci sono già alcune proposte che verranno poi discusse (di persona) con gli altri membri del gruppo. Questa domenica (13 ottobre) organizzeremo il secondo meeting dei “fondazziani” per conoscerci ovviamente ma anche per esporre queste problematiche. La parte interessante di questo progetto è che si può passare dal virtuale di facebook al reale semplicemente affacciandosi alla finestra se si vuole. Facebook ci aiuta solo nella comunicazione che è istantanea e non impegnativa.
Quali invece le iniziative/interazioni più curiose?
Guarda, un ragazzo aveva da dar via un frigorifero, ha messo il post nel gruppo e dopo poco una persona del civico di fronte (che non si conoscevano) ne aveva giusto bisogno e con il minimo sforzo massimo risultato la transazione è andata a buon fine. Poi ovviamente ci sono anche le iniziative proposte dalle attività commerciali della strada. In Via Fondazza ad esempio c’è lo storico Cinema Roma che ha proposto per i fondazziani sconti particolari, cosi come l’Osteria francese e così via, devo dire che il tutto è nato spontaneamente, io sono solo il coordinatore, il tutto si alimenta dal basso e trovo questo molto bello!
Il gruppo è nato da pochissimo, ma si sta allargando velocemente e diversi progetti ‘bollono in pentola’. Tra gli iscritti anche nomi noti.
Sì è vero. Come dicevo siamo quasi 200, adesso funziona molto il passaparola, anche Andrea Mingardi si è appena aggiunto, gli avevo chiesto di diventare “fondazziano onorario” visto che è un vero bolognese doc ed ha accettato. Visto che abbiamo scoperto che in questa strada risiedono vari musicisti, stiamo pensando di organizzare un “concertino di via Fondazza” e molte altre idee in cantiere.
Facebook, dal virtuale al reale: così in via Fondazza ci si dà una mano tra vicini di casa
anna matino
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Passeggiata-chiacchierata a Corviale

a_passeggio_a_CorvialeSabato 9 novembre dalle 10,30 alle 13

passeggiata-chiacchierata a Corviale

appuntamento all’ingresso della Biblioteca comunale Renato Nicolini

Via Mazzacurati, 76




Smart Cities, insediato il Comitato per le Comunita’ Intelligenti dell’Agenzia per l’Italia Digitale

smart-citySi è insediato la settimana scorsa a Firenze, nell’ambito della XXX Assemblea annuale dell’ANCI, il Comitato per le Comunità Intelligenti, dove per “comunità intelligenti” – si legge nella nota dell’ANCI – si intende “quell’ampio insieme di iniziative poste in essere dalle comunità locali di qualsiasi scala (dai quartieri ai Comuni alle Regioni) finalizzate a migliorare la vita dei cittadini, anche con l’uso delle nuove tecnologie, sotto l’aspetto della mobilità, del risparmio energetico, dell’inclusione sociale, della tutela ambientale, dell’educazione, della fruizione culturale ed in generale di tutto io che può contribuire al benessere collettivo”.

La visione strategica di scala nazionale prenderà forma attraverso la redazione dello Statuto delle Comunità Intelligenti, promosso dal Comitato e adottato per decreto dal Consiglio dei Ministri, finalizzato a specificare i diritti minimi di cittadinanza intelligente sui quali i diversi livelli dell’amministrazione sono chiamati ad impegnarsi e che costituiranno la base per assicurare rendicontabilità sociale ai progetti di smart cities&communities. A questo scopo, il Comitato è chiamato a sviluppare un sistema di monitoraggio specifico del livello di benessere e di soddisfacimento dei bisogni raggiunto.

La Presidenza del Comitato è stata affidata a Mario Calderini, docente del Politecnico di Milano, già Consigliere del MIUR e membro della cabina di regia per l’Agenda Digitale istituita dal Governo Monti.

A margine della riunione di insediamento, Mario Calderini ha dichiarato:

L’istituzione del Comitato è un passaggio importante per la concreta realizzazione dell’Agenda Digitale. Il Comitato cercherà di interpretare al meglio il mandato di soft-governance e di indirizzo strategico attribuitogli dalla legge, cercando di valorizzare le numerose esperienze già avviate da molte pubbliche amministrazioni nei mesi scorsi e creando le migliori condizioni di contesto per lo sviluppo armonico delle comunità intelligenti nel nostro Paese. Credo che, tra gli altri compiti, il Comitato debba prestare particolare cura alla promozione della visione sociale che anima le comunità intelligenti, di nuovi modelli di imprenditorialità sociale e di strumenti finanziari di ingaggio pubblico-privato atti a consentire la realizzazione di progetti ambiziosi anche in questa difficile situazione di finanza pubblica.
I compiti del Comitato per le Comunità Intelligenti
Al Comitato, istituito dall’Agenzia per l’Italia Digitale spettano i compiti previsti dalle disposizioni contenute nel Decreto Crescita 2.0 adottato dal precedente Governo.

Al Comitato è affidata la regia dei progetti di smart cities&communites a livello nazionale, con l’obiettivo di creare le migliori condizioni per lo sviluppo di progetti di comunità intelligente a livello locale e per la loro sintesi in un disegno strategico di valenza nazionale.

Tra i compiti specifici previsti dalla legge, vi è la predisposizione del piano annuale delle comunità intelligenti e il rapporto annuale sullo stato di realizzazione del piano per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la predisposizione delle linee guida nazionali per la standardizzazione, l’interoperabilità e la replicabilità su scala nazionale delle soluzioni adottate in ambito locale e la realizzazione di una piattaforma di condivisione di applicazioni, servizi ed esperienze al servizio delle pubbliche amministrazioni.

Inoltre, è attribuito al Comitato il compito di promuovere e codificare nuovi strumenti finanziari atti a favorire il partenariato pubblico-privato per le comunità intelligenti.

Infine, per assicurare la rendicontabilità sociale ai progetti di smart cities&communities di cui sopra, il Comitato è chiamato a sviluppare un sistema di monitoraggio specifico del livello di benessere e di soddisfacimento dei bisogni raggiunto.

Maria Letizia Fabbri

http://www.pionero.it/2013/10/28/smart-cities-insediato-il-comitato-per-le-comunita-intelligenti-dellagenzia-per-litalia-digitale/




Europa: chance o handicap?

ueE’ cominciata la partita delle elezioni europee e, soprattutto a destra, si delineano le strategie.
Segnali preoccupanti mettendo in fila due editoriali di Vittorio Feltri sul Giornale:
30/10/13: Paese stufo dell’euro: Berlusconi e Grillo nuova maggioranza: “Ci domandiamo perché Berlusconi e Grillo non si alleino (…) conducendo insieme una lotta finalizzata alla riconquista italiana della sovranità nazionale e del diritto di battere moneta”
31/10/13: L’Europa degli imbecilli che ci dà lezioni sul wc: “stabilire per decreto la quantità di acqua da erogarsi negli orinatoi (meno di mezzo litro) e nei water (cinque litri e non di più). (…) incomprensibili quasi come le quote latte.”
Dall’altra parte, rinchiusi nei propri recinti ombelicali, non s’ode battito di ciglia. Per fortuna soccorre, come sempre più accade, quella parte della società civile che Paul Ginsborg definì “ceto medio riflessivo” e che a mò più globalizzato potremmo riconoscere come “società della conoscenza”. Essa c’indica alcune linee di riflessione teoriche, economiche e – finalmente – operative:
nell’ordine:
– Alain Touraine propone un’interessante analisi sulla fine della società. Non parafrasando per niente la poco felice “fine della storia” di Fukuyama, propone alla riflessione il tema che il passaggio dal capitalismo produttivo al capitalismo finanziario genera un annichilamento del sociale. Si pone illuministicamente l’obiettivo di uscire da questa perdita con la proposta del passaggio dalla relazione con l’altro alla relazione con se stessi. Ritrova in questa scoperta la ragione della centralità dei diritti che, per Touraine, “stanno al di sopra delle leggi”. Il sociologo francese ricorda come esempio della sua analisi “la condizione femminile che è diventata uno degli elementi determinanti per valutare il grado di sviluppo di una società.”
– La Fondazione per le qualità italiane Symbola insieme a Unioncamere e alla Fondazione Edison presenta nel suo Manifesto “Oltre la crisi l’Italia deve fare l’Italia” un rapporto da cui evince che:
* la green economy ha tre milioni di occupati,
* 328 mila aziende hanno investito per risparmiare energia e limitare l’impatto ambientale,
* tali aziende nel 2013 hanno operato il 38% delle assunzioni,
* il 42% delle aziende che ha fatto eco-investimenti esporta.
– Il Ministero dei Beni Culturali sta lavorando per alleggerire il corpo centrale delle sue strutture rafforzando quelle periferiche che non riescono quasi, per personale carente e anziano (età media 55 anni), ad esercitare l’essenziale tutela del territorio e pianificazione paesaggistica riducendosi sempre più a sole funzioni burocratiche.
Se, impropriamente ma muniti del sempre più scarso “ottimismo della ragione”, uniamo queste tre “buone nuove” abbiamo già un primo scheletro di quello spirito di Europa 2020 che, ben aldilà di piccoli calcoli elettorali, dovrebbe pervadere il Paese.
Tommaso Capezzone
Italia oltre la crisi
Manifesto Italia oltre la Crisi
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