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Dal wi-fi al car sharing, ecco cosa rende “intelligenti” le città che rilanciano l’Italia

smart-cityMilano al primo posto, poi Bologna e Firenze, nella nuova graduatoria delle “smart cities” in grado di sostenere lo sviluppo del nostro Paese. Ma il confronto internazionale dimostra che siamo ancora lontani dall’avanguardia

Le prime in Italia sono le ultime (o quasi) in Europa. Oggetto: le città più “intelligenti”, ovvero quelle che aiutano a creare un’impresa e offrono spazi verdi, asili nido, trasporti efficienti insieme a una rete sociale che non ci faccia sentire soli. In classifica Milano è la “numero uno”, sugli altri gradini del podio Bologna e Firenze, seguite da Modena, Padova e Venezia. Roma? Dodicesima, due posizioni prima di Torino. Maglia nera, con il numero 106: Reggio Calabria.

La nuova fotografia dei capoluoghi “smart”, scattata da quelli di ICity Rate 2014 è una classifica (la presentano oggi a Bologna) che viene stilata ogni anno e analizza 72 indicatori: dai chilometri di piste ciclabili presenti nel territorio comunale ai chili di raccolta differenziata fatta da ogni abitante. Fino all’applicazione della tecnologia nella gestione del traffico. “Ma non è solo un semaforo intelligente a rendere “intelligente” una città – avverte Gianni Dominici, sociologo dell’innovazione e direttore generale di Forum PA, la società che mette a punto la graduatoria – le smart cities sono quelle in grado di rilanciare lo sviluppo, di riavviare i motori del Paese: eccellenti dal punto di vista economico e in grado di offrire una buona qualità della vita”.

Così quest’anno, per la prima volta, emergono con prepotenza le grandi città. “L’Italia dei borghi ha un ruolo fondamentale nel vivere bene – continua Dominici – ma se vogliamo diventare competitivi a livello internazionale dobbiamo ripartire da quei territori fertili dove è più facile dare spazio ai cittadini e far crescere le nuove iniziative”.

In concreto cosa cambia nella vita di un giovane che abita a Milano piuttosto che a Reggio Calabria? Cambia che trova se non proprio il lavoro almeno i luoghi e le condizioni per avviare un’impresa e confrontarsi con altri talenti: spazi di co-working, incubatori per start up e accesso più semplice al credito. Poi i servizi e le infrastrutture per spostarsi con agilità, magari in modo alternativo grazie alla connessione diffusa, ai trasporti pubblici capillari e alle applicazioni per car o bike sharing. Quindi parchi, cinema e mostre per divagarsi, quartieri sicuri, assistenza sanitaria e un buon governo del territorio. “Perché se l’innovazione non viene bene amministrata – sottolinea Dominici – è difficile che riesca a farsi strada”.
Al di là della graduatoria generale ci sono poi una serie di eccellenze settoriali. Firenze è la migliore città nel governo locale, Milano ha il primato nell’economia e nella qualità della vita, Trento (che l’anno scorso era in vetta e stavolta scivola al 13esimo posto) vince la palma di più attenta all’ambiente, Ravenna è campione nell’offerta di reti e relazioni sociali mentre Venezia batte tutti nella mobilità. “Sembra assurdo per una città attraversata dalla laguna, che ai più fa pensare a gondole e vaporetti, ma a livello internazionale l’antica repubblica marinara ha una posizione strategica e buone infrastrutture: una stazione ad alta velocità che arriva in centro, un aeroporto, le autostrade. È ben accessibile da tutta Europa”, continua Dominici.

Se tra le città medio-piccole la più smart è Pisa (19esima per i suoi 89mila abitanti) e tra le piccole svettano i 49mila cittadini di Mantova (piazzata al gradino 26), resta del tutto irrisolta la questione meridionale. Nel Mezzogiorno le performance migliori sono quelle di Cagliari, 60esima, seguita da Pescara e L’Aquila. Ma bisogna arrivare in coda per incontrare le grandi città del Sud: Bari è al numero 71, Napoli all’80, Palermo all’82.
Proprio a queste realtà, forse le meno pronte ad accoglierli, arriverà la fetta maggiore dei fondi europei destinati ai progetti urbani. “Almeno 3,5 miliardi di euro, da sfruttare fino al 2020”, fa i conti Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum PA. “Dei 70 miliardi in ballo per l’Italia, la metà comunitari e la metà cofinanziati dal nostro Paese, almeno il 5 per cento dovrà essere destinato a migliorare le città, mentre un altro miliardo è stato già stanziato per lo sviluppo sostenibilee tecnologico delle città metropolitane. Speriamo di non sprecarli”.

Di fatto molto resta da fare, soprattutto in confronto agli altri stati membri. Perché nelle classifiche internazionali Milano, la nostra eccellenza, risulta 19esima. Figuriamoci le altre.

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Acqua piovana nelle pareti per produrre energia

muroWalls 2.0 con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq è in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua

Risparmio idrico ed efficienza energetica. Sono queste le parole chiave di Walls 2.0, sistema capace di recuperare l’acqua piovana, immagazzinarla nei muri e tramutarla in energia. Il sistema, firmato da Rany Young, ha un meccanismo alquanto semplice: lo strato d’acqua che si insinua nelle pareti permette di migliorare notevolmente le prestazioni dell’edificio, aumentando l’isolamento termico tra interno ed esterno. Al contempo, con l’acqua immagazzinata direttamente sul posto e utilizzabile per tutte le necessità quotidiane, viene eliminato il problema del trasporto, riducendo i costi economici e ambientali del servizio.

 

Le pareti perimetrali in cemento sono realizzate aggiungendo una speciale membrana al calcestruzzo liquido che, durante il processo di polimerizzazione, costruisce dei cristalli all’interno dei pori del calcestruzzo, rendendolo completamente impermeabile e duraturo.

Con una pioggia di circa 2,5 cm ed una copertura di 100 mq – afferma Young – il sistema sarà in grado di immagazzinare fino a 2.300 litri d’acqua piovana. Inoltre, a differenza dei normali serbatoi d’acqua piovana, il sistema è in grado do resistere 4 volte di più.

Il prototipo sarà ora sperimentato dalla Watershed Management Group.




Smart city, bando europeo da 28 milioni di euro

ueTerzo bando ERA-NET su smart city e smart community in Europa. Stanziati fino a 28 milioni di euro di fondi per progetti dedicati alle città intelligenti, all’innovazione sociale, le smart grid, la mobilità alternativa e sostenibile.

A dicembre 2014 si aprirà ufficialmente il terzo bando ERA-NET Smart Cities and Communities (ENSCC) dedicato a smart city, smart community, smart government, big data, smart energy, mobilità alternativa e trasporti intelligenti.

 

L’iniziativa, frutto della collaborazione tra la Joint Programming Initiative (JPI) Urban Europe e la Smart City Member State Initiative, offrirà fino a 28 milioni di euro di fondi per ricercatori, innovatori e partner. Le bozze dei progetti dovranno essere presentate entro la fine di maggio 2015.

 

Le migliori 50 proposte saranno selezionate ed ulteriormente elaborate tra maggio e settembre 2015., mentre per la realizzazione vera e propria si dovrà attendere dicembre 2015, con deadline a marzo 2016.

 

I progetti dovranno essere relativi a quattro aree specifiche:

  • Smart integrated urban energy and transport systems
  • Smart tools and services for integrated urban energy and transport systems
  • Smart big data
  • Smart governance and smart citizens

 

Le ERA-NET sono azioni di coordinamento e supporto del 7° Programma Quadro il cui obiettivo è di favorire la cooperazione e il coordinamento di attività di ricerca su una determinata area tematica gestite a livello nazionale e regionale negli Stati Membri e Associati, attraverso una rete di attività di ricerca. Esse mirano quindi a migliorare la sinergia tra programmi nazionali ed il programma quadro comunitario.

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Riappaesiamoci nell’utero della terra

La palma d’oro al Il regno d’inverno, Matera scelta come città della cultura, l’articolo di Alfonso Appaesarci in un mondo mobile e in fuga, la scelta del tema le nuove forme dell’abitare per il prossimo forum Corviale 2015, quattro frammenti di uno stesso tema: la casa. La ricerca di un nuovo senso nella nostra vita quotidiana non più all’esterno di noi ma dentro la nostra sfera più intima.”Casa…casa…” non a caso implorava E.T.sperso nell’immensità e nell’inconoscibilità di un mondo alieno.

Potrebbe superficialmente sembrare una regressione ma qui appunto casca il punto di svolta delle “nuove forme dell’abitare”: quale migliore rappresentazione del cohousing delle splendide unità monofamiliari dell’albergo diffuso nelle grotte della Cappadocia de Il regno d’inverno?

Una famiglia allargata (uomo, moglie, sorella, ospiti, lavoranti) ognuno con una propria unità monofamiliare scavata nella roccia interconnesse tra di loro e con lo spazio d’incontro della hall-sala da pranzo.

Ma Alfonso con “appaesarci” non ci parla solo di “nuove forme dell’abitare” bensì di “nuove forme di vita” di una nuova consapevolezza del proprio essere nel mondo che, solo, può essere alla base di un nuovo contratto sociale di comunità (quello che sinteticamente e poco empaticamente chiamiamo smart comunity).

E allora ricordo il duro lavoro di critica e autocritica che i protagonisti de Il regno d’inverno svolgono per tutta il film in una scarnificazione impietosa del protagonista sino al suo abbandono di un ingombrante bagaglio culturale che gli impedisce i rapporti con gli altri.

E ricordo il sogno che nella notte successiva alla visione del film ha rafforzato la mia decisione di liberarmi dei troppi miei libri: una decisione che incontra “le nuove forme dell’abitare” in case più piccole ma con molto più spazio per la totale mancanza di tv, libri, dischi, film, quadri, fotografie tutti sostituiti da un semplice tablet di ultima generazione con annesso proiettore sulle nude pareti di immagini e filmati dal mondo: la smart comunity appunto.




Appaesarci in un mondo mobile e in fuga

Agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, fu molto in voga una canzone, che ebbe grande successo al Festival di Sanremo, interpretata dal gruppo I ricchi e poveri e dal cantante ispano-americano Josè Feliciano. Il testo del brano, Che sarà (Migliacci-Fontana),  ben racconta la durezza della vita lontano da casa e il senso di doloroso abbandono provato dal protagonista nel lasciare il proprio paese e la sua comunità di vita:

“Paese mio che stai sulla collina, disteso come un vecchio addormentato. La noia, l’abbandono sono la tua malattia, Paese mio, ti lascio vado via”

E ancora:

“Gli amici miei son quasi tutti via e gli altri partiranno dopo me, peccato perché stavo bene in loro compagnia, ma tutto passa, tutto se ne va. Che sarà, che sarà, che sarà”

Intorno ad altre atmosfere, quelle disegnate da Cesare Pavese ne La luna e i falò, si svolge invece il ricamo di Mario Pogliotti, amplificato dalla straordinaria interpretazione di Giovanna Marini, che, in Ricordo di Pavese, fa esordire il brano musicale con queste parole:

“Un paese vuol dire non essere soli, avere gli amici del vino, un caffè…”.

Ma leggiamo direttamente una pagina de La luna e i falò:

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

E’ importante notare che, nei due testi, emergono più che i luoghi fisici che caratterizzano l’habitat paese – la chiesa, la piazza, il campanile – i luoghi dello spirito – gli amici, la lontananza, la nostalgia – che si collegano a immagini profonde della vita.

Oggi siamo nella fase della post-metropoli. E le città-territorio in cui viviamo sono fatte di spazi indefiniti in cui gli eventi accadono sulla base di logiche che non corrispondono più a un disegno unitario d’insieme.

Tutto questo ha creato uno spaesamento sia nei piccoli comuni interni che nelle aree urbane. Uno sradicamento che è innanzitutto dentro di noi. Per appaesarci di nuovo, in un mondo mobile e in fuga, è necessario dare un nuovo senso all’abitare, all’essere nei luoghi, fotografandoli per quelli che sono. Malinconia, nostalgia, memoria, non guardano al passato ma ad un futuro da costruire, anche riconsiderando scarti, frammenti, schegge, saperi di altri universi, immaginando altri percorsi.

Non servono slogan, ma nuovi sguardi e nuovi stili di vita. Cogliere le trasformazioni, i mutamenti, le novità, le incurie, le bellezze, i margini, le devastazioni. Bisogna essere disponibili alla sorpresa e allo stupore, allo spavento e all’incanto. Rimettersi in cammino, guardare e vedere, osservare, condividere, accogliere.

 

I ricchi e poveri




Segna la data: Ater Roma e Unimol presentano il progetto dei tetti di Corviale – 22 ottobre ore 11.30 – 13.00 Bologna fiere

Un passo alla volta … cominciamo dal TETTO, trasformandolo in una piattaforma rigenerativa.

  • ROOF Top FARM – Rigenerazione delle superfici di copertura con verde pensile per produzione alimentare con terra (orti) e senza terra (serra idroponica), per assorbimento calore, polveri sottili e acque piovane (giardino pensile);
  • REUSE – Riuso di acque (piovane e grigie) e rifiuti (umido e materiali) a scala condominiale, reimpiegabili nello stesso edificio nel ciclo riproduttivo generato dal tetto;
  • FabLab KM 0 – Mini laboratori per servizi artigianali, tradizionali e innovativi, a KM ZERO di riparazione e modificazione (abiti, elettrodomestici, cucina, elettronica, impianti);
  • TELE PRESENCE – Assistenza a distanza (sanitaria e formazione);
  • MONITORING – Monitoraggio e rappresentazione dinamica di tutti i consumi e della produzione nell’edificio, delle condizioni di sollecitazione strutturali e ambientali (domotica);
  • ENERGY – Produzione di energia rinnovabile (serre e pergole fotovoltaiche).
Presentazione:
Bologna, Convegno 22 10 2014  11.30 – 13.00

iscritti a parlare Daniel Modigliani (Ater Roma) e il prof. Stefano Panunzi (Unimol)

http://www.smartcityexhibition.it/it/lavoro-ed-impresa-nelle-smart-cities

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Pelle traspirante per l’Istituto Sanitario firmato Wood Bagot

Il pluripremiato SAHMRI ha una facciata composta da 6.290 pannelli di vetro che rispondono all’ambiente e alle condizioni atmosferiche, rendendo l’edificio simile ad un organismo vivente

Si era già fatto notare all’edizione 2014 del South Australia Architecture Awards, aggiudicandosi ben 5 vittorie su 11 del premio volto a riconoscere i progetti architettonici più interessanti del Sud dell’Australia. Parliamo del ‘South Australian Health and Medical Research Institute’ (SAHMRI), l’Istituto per la ricerca medica e sanitaria progettato dallo studio Wood Bagot. 

 

 L’importanza del progetto- aveva commentato la giuria del premio– risiede nella sua spinta catalizzatrice, a vari livelli: da un punto di vista urbanistico, per aver ‘rigenerato l’area in cui si trova; da un punto di vista ‘politico’ per aver dato importanza alla ricerca sanitaria e da un punto di vista architettonico, perché segna un importante passo in avanti da un punto di vista innovativo.

25mila mq per una struttura iconica

Realizzato su una superficie di 25mila mq al centro del nuovo polo sanitario di Adelaide, il SAHMRI ha una forma iconica e scultorea che non passa di certo inosservata. ‘Cuore’ del progetto, la facciata scintillante a griglia triangolare ispirata, come riferiscono gli architetti, alla ‘pelle esterna’ di una pigna. 

 

La facciata, progettata per migliorare l’ingresso della luce, riducendo al contempo fenomeni di surriscaldamento e abbagliamento, è composta da 6.290 pannelli di vetro che  rispondono all’ambiente e alle condizioni atmosferiche, rendendo l’edificio simile ad un organismo vivente. Il vetro, combinato ad altri materiali appositamente selezionati e la particolare forma della ‘pelle’ creano, negli spazi interni, giochi di luce che li trasformano nel corso della giornata. 

 

Un effetto enfatizzato anche dalla presenza di pareti e mobilio flessibile che possono essere modellate in base alle esigenze degli abitanti.

 

Riqualificazione del quartiere

L’importanza del progetto va rintracciata anche a livello urbanistico, perché la realizzazione del polo sanitario ha comportato un’opera di riqualificazione del quartiere periferico in cui è inserito, con una particolare attenzione al sistema di collegamento: oltre alla creazione di passaggi pedonali che collegano l’istituto alla stazione ferroviaria, è stata realizzata anche una grande pista ciclabile che consente di percorrere brevi e medie distanze.

Il South Australian Health and Medical Research Institute si è aggiudicato la certificazione Leed Gold, ed è il primo centro di ricerca dell’Australia ad averla ottenuta. 

Scheda tecnica
Architetti: Woods Bagot

Luogo: Adelaide SA, Australia

Fotografie: Trevor Mein
Building Services Engineers: Norman, Disney & YoungLandscape

Consultant: OxigenManaging

Contractor: Hindmarsh

Laboratory Specialist: Research Facilities Design




VIDEO > VENEZIA 2014 – BIENNALE ARCHITETTURA – CORVIALE 2020 INTELLIGENTE SOSTENIBILE INCLUSIVO

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