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Copenhagen, una «duna» nel cortile cela il nuovo centro polifunzionale del liceo Ghg firmato Big Architects

la duna nel cortile
interno della duna
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/mediacenter/gallery/progetti-e-concorsi/2013/8/Big_Copenhagen/Big_Copenhagen.php?id=0




Schema di ddl su Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni

province
schema disegno di legge




Bologna in bici con Elisa Longo

Elisa Longo, scrittrice romana

Elisa Longo, scrittrice romana

In bici sotto i portici

In bici sotto i portici

«…è una vecchia signora coi fianchi un po’ molli, col seno sul piano padano e il culo sui colli…». Francesco Guccini la definisce così; ma per rappresentare i mille volti di Bologna e le sue sfaccettature c’è bisogno di più parole, di più concetti che uno dietro l’altro abbraccino il suo fascino. La dotta, la grassa e la rossa Bologna. Ma anche la città dei portici e delle porte antiche, la città dei colli più belli d’Italia. Bologna per chi vive, come me, a Roma, è piccola, ma in realtà, non lo è affatto. Il centro è un cuore pulsante di vita giovanile, di botteghe sempre aperte e di turisti arrossati dalle temperature estive. Maestosa e antica sembra un luogo fuori dall’abituale,è una città a portata d’uomo, percorribile in bicicletta. È una città che resta nel cuore perché è l’atmosfera ad inebriare i sensi, la vita che appare senza problemi, la vita di un borgo medievale che ha un’anima da città metropolitana. Il gusto estetico di Roma, a cui sono abituata, e delle grandi città europee, di fronte alla gentile e composta Bologna si modifica: ci si abitua ad una città eterna. I bolognesi amano la cultura, la loro città e i suoi costumi, sono gelosi del loro territorio.

Piazza Maggiore e la Basilica San Petronio

Piazza Maggiore e la Basilica San Petronio

Biblioteca ex Sala Borsa Palazzo D'Accusio

Biblioteca ex Sala Borsa Palazzo D’Accusio

La piccola Bologna ti accoglie nelle sue strade a raggiera, nel rettilineo di Via Indipendenza, sui fianchi costeggiati dai portici e dai negozi di griffe. Bologna è veramente una signora città, una donna, una femmina. Bologna abbraccia come una mamma e ama chi la passeggia. L’ineguagliabile di questa città risiede nell’essere una città dall’animo antico e una cultura radicata ma anche da uno spirito sbarazzino, animato dal flusso di tantissimi giovani. Bologna rapisce tutti: sopraelevata per l’aeroporto trafficatissimo e sotterranea per i canali ed esplorabili con delle apposite visite guidate.

 

 

La casa di Lucio Dalla

La casa di Lucio Dalla

Palazzo Re Enzo

Palazzo Re Enzo

Dalla casa di Lucio Dalla in Via D’ Azeglio, in cui una silhouette di rete del cantante bolognese con occhiali e sax saluta i suoi numerosi fans, si arriva in Piazza Maggiore. Due piazze vicine e contigue, Piazza Maggiore e Piazza del Nettuno che d’estate, con il cinema all’aperto, sono buie e affascinanti. Sull’una affaccia San Petronio, con la facciata incompiuta e sull’altra Palazzo Re Enzo e la Sala Borsa, la biblioteca comunale con gli interni in stile liberty e degli arredamenti di raffinato design.

 

 

Porta Zamboni, accesso est dell'Università

Porta Zamboni, accesso est dell’Università

Piazza Verdi, cuore dell'Università

Piazza Verdi, cuore dell’Università

L’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna è l’università più antica del mondo occidentale. Le facoltà sono dislocate, non solo in città ma in tutta l’Emilia Romagna e ve ne è una anche distaccata a Buenos Aires. D’inverno all’ora di pranzo quando si interrompono le lezioni, Via Zamboni diventa un fiume di studenti in fuga e in cerca di riposo. All’inizio di Via Zamboni, in Piazza Verdi, ora riqualificata e pulita, la musica fuoriesce dai piccoli locali notturni. Con i suoi murales e scritte antifascista, caratterizza l’animo radical chic e sinistroide degli studenti e dei giovani che la popolano. Per non parlare dei famosi “colli bolognesi” cantati da Cremonini negli anni ’90. Freschi d’estate, innevati d’inverno, i colli sono la panoramica più romantica e la canzone d’amore da sentire in due: Bologna si popola di luci e di brio.

Tutto il potere all'immaginazione

Tutto il potere all’immaginazione

Basilica Di San Luca, si raggiunge a piedi percorrendo il portico più lungo del mondo

Basilica Di San Luca, si raggiunge a piedi percorrendo il portico più lungo del mondo

Il santuario della madonna di San Luca è la vista a cui tutti i bolognesi mirano quando sono in autostrada e in qualche modo, si sentono a casa. In cima al colle della Guardia si erge la cupola gialla e ci si sente a casa. Il porticato, inerpicandosi, è meta di lunghi pellegrinaggi. I portici si snodano come un serpente fino al santuario che li sovrasta a simbolo della vittoria della Madonna contro il demonio. Si dice che il numero non casuale degli archi, 666, in forte pendenza, rappresenti il numero diabolico.

                                                                        Elisa Longo

 

 

 

http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=DBIObEAHNp0

 

 




La prossima sfida dei Bric si gioca tutta nelle città

favelasIl movimento sociale che ha scosso il Brasile a giugno è stato animato da studenti, in grande misura di classe media, che hanno manifestato la crescente insoddisfazione per l’asimmetria tra accesso a beni di consumo e capacità di orientare le politiche pubbliche. Che sia successo proprio in Brasile, tra i quattro Bric, non è casuale. In nessun altro coesistono tolleranza politica e pluralità democratica, diffusione dei social network e di Internet e, soprattutto, alti indici di urbanizzazione.

L’essere umano è un animale non solo sociale ma anche urbano: la città rende liberi, produttivi, ricchi e felici. Nessuno dei milioni di contadini che negli ultimi decenni si sono trasferiti dalle campagne alle città, magari sfidando rigide norme, come l’hukou, che regolano le migrazioni in Cina, è a conoscenza della tesi di Edward Glaeser, professore a Harvard. Ma è un dato di fatto che per la prima volta nella storia più della metà degli abitanti del pianeta vivono in città (erano 14% nel 1900); che la crescita delle città produce maggiore efficienza economica e sviluppo; e che la relazione tra dimensione delle città e povertà è inversa. Ma le differenze tra paesi rimangono importanti. Mentre in Brasile la popolazione urbana rappresenta l’84% del totale (censimento 2010) e in Russia arriva al 74% (2011), in Cina ha superato il 50% solo nel 2012 (era 49% nel censimento 2010) e in India non è che al 31% (2011). Shanghai e Pechino, Mumbai e Delhi possono pure essere mega-metropoli di decine di milioni di abitanti, ma concentrano appena il 30% della popolazione cinese e indiana; invece un russo ogni nove vive a Mosca e San Pietroburgo, un brasiliano su dieci a San Paolo e Rio de Janeiro.

 

Le immagini delle megalopoli possono tradire, in realtà considerando l’effetto dell’urbanizzazione sul reddito in Cina, le città cinesi sono più piccole del dovuto. Spingere l’acceleratore della crescita urbana è diventato un imperativo in Asia. Li Keqiang, nel discorso programmatico di marzo, ha indicato che tra poco più di un decennio il 70% dei cinesi dovrà abitare in città. Vuol dire aumentare di quasi 250 milioni la popolazione non solo delle grandi città, ma anche di quelle medie. Secondo i calcoli McKinsey, nel 2025 in Cina ci saranno 221 città con almeno un milione di abitanti (in Europa sono 35). In India, già nel 2007 Manmohan Singh considerava vicino il momento in cui mezzo miliardo di cittadini sarebbero stati in città.

Perpetuare le tendenze del recente passato rischia di essere insostenibile. Le favelas non sono più solo un luogo di povertà, ma rimangono prive dei servizi sociali essenziali. E dove questi esistono sono il risultato di investimenti privati e servono dei clienti, non dei cittadini. Due terzi della popolazione di Mumbai vive in slums, magari a poche decine di metri dalle residenze principesche delle star di Bollywood. A Bangalore, grazie al successo dell’informatica la popolazione è cresciuta del 40% negli ultimi 10 anni, la superficie costruita del 25 per cento. Il mismatch ha prodotto maggiore congestione.

Il rischio che queste lezioni non siano sufficienti è sempre latente, ma per il momento l’ottimismo è legittimo. Il prossimo salto dell’urbanizzazione potrà accompagnare il rebalancing dell’economia cinese verso un modello di sviluppo fatto di maggiore produttività, non solo di costi salariali ridotti all’osso; di domanda interna dinamica, non solo di politiche commerciali mercantilistiche; di utilizzo più intelligente delle risorse naturali. Secondo le notizie filtrate, è proprio perché la prima versione non era abbastanza ambiziosa sul fronte delle riforme che Li Keqiang ha chiesto alla National Development and Reform Commission di riscrivere il piano di politiche urbane entro cui verranno spesi 40 miliardi di yuan.

Rivoltando Gandhi sulla sua testa, i veri Bric si trovano non nei villaggi che vanno spopolandosi, ma nelle loro grandi città. Che sono destinate a crescere grazie alla nascita di nuove realtà e alla migrazione dalle zone rurali a quelle urbane. Rendendo sempre più necessario pianificare la crescita fisica delle agglomerazioni per renderle compatibili con la dinamica demografica e lo sviluppo economico.

ilsole24ore.com

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-08-01/prossima-sfida-bric-gioca-071253.shtml?uuid=Abp1jIJI




Come trasformare Firenze in un desiderio

firenze

Via al concorso per inventare un brand che dia un sapore nuovo alla città

 

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

 

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

 

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

 

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

 

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

 

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

 

Matteo Renzi ha deciso di buttarsi in un’avventura forse più difficile della scalata a Palazzo Chigi, ovvero il «branding» della sua Firenze. Per questo ha pensato di lanciare online un concorso aperto ai creativi di ogni parte del pianeta anziché ai soliti di guru del marketing, della pubblicità e della grafica. Chi sarà in grado di creare il nuovo «brand Firenze» vincerà 15.000 euro. Ma soprattutto avrà la soddisfazione di essere riuscito a dare un’immagine rinnovata a una delle città più famose ma anche più difficili al mondo. Suggerisco a ogni partecipante di registrare le proprie idee così che dopo, per il resto dei suoi giorni, il vincitore potrà avere una percentuale sui diritti di autore tutte le volte che il suo «I Fire», per esempio, sarà venduto su cartoline, magliette, cappellini e via di seguito.

 

Meglio però spiegare a chi non lo sa, e sono molti, cosa voglia dire inventarsi il «branding» di una città. Non significa semplicemente creare un logo, una griffe, un marchio. Bisogna inventarsi e trasformare una città in qualcosa di più di un semplice luogo.

 

Bisogna riuscire a far diventare la città un’idea, un desiderio, un oggetto da consumare e anche da comprare portandosi a casa un pezzettino di lei ogni volta che uno la visita. Non solo. «Branding» non vuol dire solo trovare un simbolo, ma anche costruire nella pratica opportunità e regole nuove per incentivare aziende, studenti, famiglie, imprenditori e turisti a venire in una città che è sempre esistita ma che ora ha tutto un sapore nuovo, nel caso di Firenze come direbbe il Pascoli «anche di antico». Chi pensa che a Bilbao sia bastato costruire il museo Guggenheim di Frank Gehry per dare un brand nuovo alla città, si sbaglia di grosso. Prima del museo la città basca ha messo in piedi un progetto di nuove infrastrutture gigantesco, da nuove linee di trasporto urbano alla riqualificazione di aree industriali. Il Guggenheim è stato soltanto la punta di diamante di una visione molto ambiziosa dei politici locali. L’ambizione di Renzi è sicuramente quella di far diventare Firenze una sorta di Grande Mela, New York in riva all’Arno.

 

E’ chiaro che non basterà un nuovo brand trovato grazie al contributo della Rete a risolvere i problemi di una città che ha una parte coperta di una patina gloriosa, quella del Rinascimento, e un’altra da uno spesso strato di polvere accumulatosi negli anni, parecchi, che sono passati dal tempo dei Medici a oggi. Ma l’iniziativa di Palazzo Vecchio è comunque un passo nella direzione giusta. New York, per la quale oggi tutti stravedono, agli inizi degli Anni 70 era data per morta, non proprio come Detroit ma quasi. L’Alitalia nel 1971 fece addirittura una pubblicità per spingere le nuove rotte su Boston e Washington che diceva: «Today New York City disappears», oggi New York City scompare. Firenze non è proprio in queste condizioni, anzi è amata e ammirata nel mondo più che mai. Ma come gran parte delle città d’arte e dei tesori culturali italiani, ha bisogno di lavorare sul look.

 

Il cammino, in questo campo, è lungo e complicato. Sempre per citare New York, solo nel 1977 la città iniziò a rialzare il capo. A quei tempi la rete non esisteva e quindi l’amministrazione pubblica si rivolse a un guru della grafica, Milton Glaser, che inventò il famoso slogan con il cuore «I (cuore) New York», I Love New York. Un branding cosi semplice e geniale che nessuno è mai stato in grado di superarlo in nessuna altra città del mondo. Ci riuscisse Firenze sarebbe un miracolo e glielo auguriamo tutti.

 

Amsterdam ha avuto la fortuna di avere all’inizio del suo nome «am», che sfruttando l’inglese – ormai lingua planetaria – è stato utilizzato per il branding «I (io) Am (sono) sterdam». Non so cosa voglia dire «sterdam», ma comunque pare abbia funzionato. «I Fire» – fire inteso come Fire-nze ma anche come fuoco – potrebbe funzionare. «Si fossi foco» lo cantava anche il poeta Cecco Angiolieri. Ma «I Fire» vuole anche dire «Io sparo» e forse non è il branding migliore. Andava bene per la Chicago degli Anni 20, non per la Firenze del 2020.

FRANCESCO BONAMI

La Stampa

http://lastampa.it/2013/07/31/cultura/opinioni/editoriali/come-trasformare-firenze-in-un-desiderio-SomZA9wmisjNRwE4SRJiqI/pagina.html

 http://zooppa.com/it-it/contests/firenze/brief




IMU per l’edilizia pubblica

imu

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 196 del 2013, proposto dall’ ARTE Savona con sede a Savona in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Sabrina Petroni e Francesca Cavaleri, con loro elettivamente domiciliata a Genova in via Roma 11.1. presso l’avvocato Francesco Massa;

contro

Comune di Albenga in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Eleonora Molineris, con domicilio presso la segreteria del tribunale amministrativo adito;

per l’annullamento

delle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Albenga;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2013 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

ARTE Savova si ritiene lesa dalle deliberazioni 30.10.2012, nn. 120 e 121 del consiglio comunale di Albenga per il cui annullamento ha notificato l’atto 1.2.2013, depositato il 14.2.2013, con cui denuncia:

violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per manifesta disparità di trattamento, ingiustizia manifesta e palese irragionevolezza.

Violazione di legge, difetto di motivazione e vizio istruttorio, eccesso di potere per sviamento ed eccesso di potere per difetto istruttorio, difetto assoluto del presupposto, della motivazione, arbitrarietà, illogicità e manifesto sviamento ai sensi dell’art. 7 della legge 7.8.1990, n. 241.

Violazione dei canoni di ragionevolezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 cost, e violazione degli artt. 15 e 53 cost.

Il comune di Albenga si è costituito in giudizio con atto depositato il 1.3.2013, ed ha chiesto respingersi la domanda.

La difesa ricorrente ha depositato ulteriori atti ed una memoria.

 

 

Arte Savona riferisce di essere proprietaria degli immobili destinati all’e.r.p., e si duole degli atti impugnati con cui il comune di Albenga ha determinato le obbligazioni dei soggetti passivi all’IMU.

Il ricorso introduttivo contiene una premessa in fatto e diritto, a cui fanno seguito le enunciazioni formulate come motivi di impugnazione; la memoria conclusionale richiama solo in parte le asserzioni esposte nell’atto introduttivo della lite, e si sofferma su alcuna delle censure proposte, nonché sulle doglianze di illegittimità costituzionale.

Il collegio non può considerare con ciò abbandonate le originarie argomentazioni addotte a confutazione del comportamento amministrativo del comune di Albenga, per cui è necessario soffermarvisi.

 

 

L’asserzione per prima esposta dalla difesa ricorrente concerne la diretta derivazione dell’IMU dall’ICI, con la conseguente necessità di operare un riferimento interpretativo a quest’ultima imposta nei casi in cui non sia chiara la disciplina di quella applicabile.

Il collegio rileva che la legge concretamente istitutiva dell’IMU, il d.lvo 14.3.2011, n. 23, aveva concepito il tributo come sostitutivo dell’ICI in un’ottica di riformulazione della fiscalità immobiliare e di concessione di maggiore autonomia impositiva agli enti locali; il d.l. 6.12.2011, n. 201, convertito con la legge 22.12.2011, n. 214 (c.d. salvaitalia), ha invece ritenuto di anticipare l’entrata in vigore delle disposizioni sulla nuova imposta in ragione della ritenuta gravità dello stato della finanza pubblica, ma ha operato soltanto dei riferimenti specifici all’abrogata disciplina dell’ICI, che nelle intenzioni del legislatore del marzo del 2011 avrebbe dovuto permanere in vigore anche per il periodo di imposta a cui si riferisce la controversia.

Ne consegue che l’acquisita autonomia della disciplina vigente non permette di condividere l’argomentazione con cui l’interessata chiede operarsi la lettura delle disposizioni menzionate nell’ottica che aveva ispirato il legislatore del 1992 (d.lvo 30.12.1992, n. 504), apparendo la disciplina contestata organica e non bisognosa di integrazioni.

 

 

Non sembra poi supportata dal testo normativo da applicare l’allegazione con cui si contesta il superamento operato dal comune di Albenga dei limiti massimi di aliquota applicabili agli immobili ubicati nel territorio di competenza. L’assunto non risulta ripreso nella memoria conclusionale, e non può ricevere favorevole considerazione in conseguenza della formulazione dell’art. 13 comma 6 del d.l. 6.12.2011, n. 201, che prevede un carico massimo previsto dello 0.76 % aumentato con il 0.3% (1,06 %).

 

 

Viene poi dedotto che il comma 9 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201 prevede una diminuzione dell’imposizione che grava sugli immobili di proprietà degli enti qual è quello ricorrente: il tribunale deve osservare che solo il successivo comma 10 ha riguardo ai beni esistenti nel patrimonio del soggetto interessato, e che esso è relativo alla detrazione di euro 200,00 (duecento/00) per i beni utilizzati come abitazione principale, previsione che gli atti impugnati hanno puntualmente applicato.

Anche questo profilo è pertanto sfornito di fondamento.

 

 

Non può essere condivisa neppure la censura con cui si denuncia la mancata applicazione del comma 7 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, nella parte in cui non è stata considerata l’equiparazione dei beni nel patrimonio della ricorrente alle prime case di abitazione: la censura non appare infatti coerente con la restante parte del gravame, atteso che agli immobili di proprietà ARTE è stata riconosciuta la detrazione d’imposta che compete alle prime abitazioni, e che i due trattamenti tributari si differenziano solo per l’aliquota applicata.

La censura è oltre a ciò manchevole nell’indicazione di quale sia il carico tributario che, in concreto, graverà sugli immobili di pertinenza dell’ARTE Savona: si tratta infatti di numerosi immobili tutti accatastati per importi non elevati, sì che il riconoscimento della ricordata detrazione vale ad abbassare in modo rilevante il debito del soggetto interessato.

 

 

Ciò premesso in merito alle premesse alle censure concretamente dedotte, possono essere esaminati i motivi di gravame.

 

 

Con il primo di essi si lamenta innanzitutto lo sfondamento che il comune avrebbe operato dei limiti massimi ammissibili per l’imposta in questione; il collegio ribadisce che l’aliquota dell’1.06 % è consentita dal comma 6 dell’art. 13 del d.l. 6.12.2011, n. 201, sì che il motivo non può trovare favorevole considerazione.

 

 

Si denuncia poi la mancata osservanza delle linee guida del ministero dell’economia e delle finanze, che avrebbero prefigurato l’opportunità di un trattamento di favore per gli immobili di proprietà degli enti gestori del patrimonio di e.r.p.

Il tribunale rileva che le norme interne del ministero non possono vincolare un’amministrazione comunale (artt. 114 e 119 cost.), che potrà soprattutto essere valutata dai propri cittadini nella sede elettorale, ove abbia fatto governo troppo esoso delle norme tributarie vigenti.

Anche questa censura non può pertanto essere favorevolmente apprezzata.

 

 

Viene poi denunciato che le previsioni contestate non concordano con la ragionevolezza e la non discriminazione che avrebbero dovuto ispirare la condotta del consiglio comunale di Albenga, che ha invece gravato oltremisura la finanza dell’Arte Savona.

Il tribunale nota che le norme sull’IMU sono derivate da un momento di acuta crisi finanziaria dello Stato centrale, e che alla causazione di tale sfavorevole situazione ha concorso la poco oculata gestione della finanza locale. In tale contesto l’ordinamento non esclude la possibilità che le preminenti ragioni dell’unità economica della Repubblica (art. 120 cost.) possano conculcare le altre osservazioni esposte dall’ente ricorrente, sì che la censura non può essere condivisa.

 

 

Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle norme sul procedimento amministrativo, nella parte in cui esse non riportano un’adeguata motivazione delle scelte operate dal comune resistente, così come non è stata attribuita la necessaria considerazione all’intervento procedimentale spiegato dall’interessata con la missiva 28.9.2011.

Il tribunale deve solo ricordare a questo riguardo che l’art. 13 delle legge 7.8.1990, n. 241 non impone l’osservanza delle norme denunciate per l’adozione di provvedimenti generali di carattere normativo, come sono quelli in contestazione.

Oltre a ciò si deve richiamare in questa sede quanto osservato in precedenza circa l’effetto che il meccanismo contestato ha avuto nella determinazione del complessivo onere della ricorrente: l’applicazione delle aliquote massime risulta infatti controbilanciata dalla possibilità ammessa dal regolamento impugnato di detrarre quanto ogni titolare di prima casa di abitazione può portare a scomputo dell’obbligazione che gli deriva. Ciò comporta una consistente diminuzione del debito che ARTE deve sopportare, tanto che l’articolazione così individuata dal regolamento impugnato permette di ravvisare i profili di congruità dell’impianto normativo complessivamente delineato.

Per le ragioni esposte anche questa censura è infondata.

 

 

Con il terzo motivo vengono dedotte le censure di incostituzionalità delle norme applicate dal comune resistente.

Viene lamentata la violazione dell’art. 97 cost., nella parte in cui il comune non ha fatto buon governo della possibilità concessagli dalla legge di graduare l’imposizione sugli immobili, in relazione alle diverse situazioni che si presentano; quella degli immobili destinati all’e.r.p. è di particolare momento, posto che il tributo colpisce un patrimonio a cui sono difficilmente adattabili i concetti di proprietà e reddito.

In ordine a tale rilievo il tribunale osserva che la richiesta equiparazione ai fini dell’IMU degli immobili in questione alle case di prima abitazione non comporta un vincolo assoluto all’attività dell’ente locale, tale per cui gli atti impugnati si porrebbero in violazione dell’art. 97 cost. In tal senso va osservato che gli atti allegati non consentono di comprendere quanto il meccanismo complessivo del tributo applicato ad Albenga per il periodo d’imposta in contestazione si differenzi, per ciascun immobile in titolarità, da quello che riguarda le prime case di abitazione di simile pregio.

Tale profilo istruttorio non risulta compiutamente delineato dalla difesa ricorrente, sì che non è decisivo il contributo che avrebbe potuto essere fornito in sede di vaglio della ragionevolezza delle norme regolamentari.

 

 

Il ricorso è pertanto infondato e va respinto, salva la possibilità per l’ente interessato di adire il giudice competente a sindacare i singoli atti impositivi.

Le spese vanno opportunamente compensate, data la natura delle parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)

Respinge il ricorso a spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

Giuseppe Caruso, Presidente

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2013




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