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Cinema abbandonati: nuovi “fantasmi urbani” di Roma

cinemaL’indifferenza distrugge le sale storiche della capitale
“Fantasmi urbani”. Così 120 studenti della facoltà di Architettura della Sapienza hanno definito 13 dei tanti cinema abbandonati di Roma, in questi mesi oggetto di una serie di video-inchieste in cui vengono esaminate le varie problematiche che hanno portato sale storiche, veri e proprio presidi culturali, alla chiusura.
“Si mira soprattutto a sensibilizzare gli enti preposti alla salvaguardia di veri e propri monumenti di architettura moderna”
In giugno la facoltà di Architettura della Sapienza di Roma ha affidato agli studenti del corso di laurea in gestione del processo edilizio, guidato dal professor Silvano Curcio, il compito di organizzare un censimento sui cinema abbandonati della capitale. I 120 studenti del primo anno, suddivisi in 13 gruppi di lavoro, hanno scavato nella storia di questi motori culturali ormai caduti nel dimenticatoio, raccogliendo informazioni dagli archivi pubblici e privati, diffuse sul web o contenute nelle biblioteche, arricchendole con delle testimonianze video dei cittadini. Delle 50 sale abbandonate individuate ne sono state scelte 13: Sala Troisi, Cinema Paris, Metropolitan, Volturno, Cinema Airone, Puccini, Augustus, Africa, Apollo, Avorio, Missouri, Impero, Quirinale.
Come spiega il professor Silvano Curcio si tratta di “veri e propri monumenti di architettura moderna”, per cui “con questa video inchiesta si intende portare alla conoscenza di tutti la triste situazione in cui riversano questi edifici, che hanno segnato la storia dei quartieri in cui si trovano, ma soprattutto si mira a sensibilizzare gli enti preposti alla loro salvaguardia sperando che facciano qualcosa al più presto per impedire la loro estinzione e conversione in sale scommesse o bingo, distruggendo tutta la loro importanza storica, architettonica e socio-culturale”.
Che fine fanno i cinema a Roma?
Indignazione, nostalgia, voglia di ritrovare un luogo di aggregazione sociale sono i sentimenti che emergono dalle interviste che gli studenti della Sapienza hanno svolto sul territorio. Dai cinema più noti, come il Metropolitan, a pochi passi da piazza del Popolo, a quelli “di quartiere”, come il Puccini, il problema che emerge è lo stesso: la scarsa volontà di enti privati o pubblici di investire per riqualificare pezzi storici della capitale. Molti dei cinema abbandonati hanno origine nel periodo mussoliniano, quando la proiezione di un film rappresentava in tutto il mondo un momento culminante di aggregazione sociale. Lo era il Puccini, unico divertimento del quartiere di Casalbertone che, nato tra gli anni Quaranta e Cinquanta, chiuse negli anni ’60 per diventare uno dei tanti fantasmi urbani di Roma, raggiungendo il culmine del suo degrado nel 2001 quando le forze dell’ordine vi scoprirono un deposito di motorini urbani. Nonostante l’edificio sia di architettura anonima, esercitava una grande capacità attrattiva e le tante associazioni del territorio ne chiedono quanto meno la sua messa in sicurezza.
E che dire dell’ex cinema Induno, nel 1997 rinominato in onore dell’attore Sala Troisi? Chiuso lo scorso anno, mantiene vivi i ricordi di chi lo definisce il cinema “dei bambini e dei cartoni animati”, pieno di ragazzi soprattutto a Natale, un cinema popolare accessibile a tutti. O ancora del cinema Metropolitan, sito in via del Corso, di cui gli abitanti intervistati ricordano con piacere quando la sala proiettava molti film in lingua originale e il cinema si riempiva di stranieri che vivono a Roma. Auspicando per questo spazio una ridestinazione d’uso sempre in ambito artistico, come potrebbe essere un laboratorio teatrale, oggi devono tuttavia rassegnarsi a vivere in un centro storico pieno di negozi, ma senza un punto di ritrovo, di cultura.
Contro tale prospettiva c’è chi si è opposto, ha reagito. Si tratta degli occupanti del Cinema America che l’autunno scorso hanno manifestato tutto il loro diniego per il progetto di trasformazione del locale in una palazzina residenziale, trasformando il cinema in un vivace centro culturale, ricco di iniziative. Tramite offerta libera, per esempio, chiunque può entrare per vedere uno spettacolo, principalmente cineforum. Così come l’idea della biblioteca-sala studio: un aperitivo che si tiene ogni giovedi il cui ingresso si paga con un libro, di modo tale da permettere la creazione di una lista di volumi che possano permettere, soprattutto agli studenti della zona, di usufruire di questi spazi per studiare e leggere.
Un esempio dalla Francia
Tra gli intervistati, chiamati a raccontare i loro ricordi sul Cinema Paris, un ambiente culturale in tutti i sensi, un luogo, a detta del proprietario Alberto Francesconi, “dove c’erano beni culturali e si faceva attività culturale”, uno studente francese in Erasmus spiega come la Francia ha cercato di sviluppare un approccio alla cultura nel quale gli interessi economici vengono messi in secondo piano rispetto a quelli culturali. Gli enti locali hanno la possibilità di finanziare i centri culturali, in particolare i cinema, che altrimenti non riuscirebbero ad essere autosufficienti. Ad esempio pratico, nel 2003 il comune di Parigi ha deciso di acquistare il cinema Le Luxor, conservandone il ruolo di cinema di quartiere, sotto la spinta della mobilitazione da parte delle associazioni del quartiere, iniziata due anni prima. Perchè il comune di Roma non potrebbe fare altrimenti con i suoi cinema storici, invece di lasciarli al degrado ed aggiungere alle sue tante rovine altri “fantasmi urbani”?
Sabrina Valentini
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Urbanpromo, «laboratorio» di social housing per i più giovani

social housingA Urbanpromo le proposte innovative per l’housing: dal “condominio diffuso” per gli under 35 agli alberghi temporanei “spcializzati” (studenti o giovani mamme con bambini) fino alle “coabitazioni” «casa contro tempo»
L’housing sociale per i giovani si fa creativo. Dal “condominio diffuso” per gli under 35 al “patto di solidarietà” per scongiurare lo sfratto di nuclei familiari, agli alberghi temporanei “spcializzati” (studenti o giovani mamme con bambini) fino alle “coabitazioni” fondate sullo scambio: casa contro tempo da dedicare a iniziative per il quartiere.
Sono solo alcuni esempi tra quelli in mostra alla X edizione di Urbanpromo, promosso da Inu e Urbit, dedicato alla rigenerazione urbana e al social housing, che apre oggi a Torino e che si svolge – con un ricco programma di incontri – fino all’8 novembre nelle due sedi di Palazzo Graneri (convegni) e di Palazzo Carignano (mostra).
L’attenzione sarà catalizzata dai vari progetti a valle del cosiddetto sistema del “fondo dei fondi”, gestito da Cassa depositi e prestiti. Ma a Torino si parlerà anche di rigenerazione urbana, in particolare quelle attivabili con i patrimoni immobiliari pubblici. Entro quest’anno, Cassa depositi prestiti acquisterà dall’Agenzia del Demanio una tranche di immobili per 500 milioni, da avviare a dismissione.
C’è poi la prossima scadenza legata al federalismo damaniale: entro il 30 novembre, Comuni e Province devono chiedere gli immobili delle Stato. Finora sono arrivate richieste per qualche centinaia di immobili (600 secondo l’Anci, 800 secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta). Ma la platea potenziale è molto superiore: circa 10mila fabbricati. Dal convegno organizzato stamattina dall’Agenzia del Demanio potrebbero emergere ulteriori elementi. Un ruolo importante nella valorizzazione degli immobili pubblici degli enti locali ce l’ha Cdp Investimenti Sgr, che ha Urbanpromo parlerà, oltre che di social housing, anche del suo fondo Fiv-plus, per valorizzare (o acquistare) immobili degli enti.
Come si diceva, molti progetti di social housing hanno come target i giovani. Un’idea che potrebbe essere replicata anche in altri contesti urbani è quella del “condominio diffuso”, realizzata a Milano dalla Fondazione housing sociale. Il progetto si chiama Abit@giovani e si innesta su l’acquisto, da parte del fondo Lombardia (Polaris Sgr) di 1000 alloggi ceduti dall’Aler Milano. Appartamenti che per l’Aler sono finora stati un costo, sia perché localizzati in condomini “misti” (cioè con proprietari privati), sia perché in aree periferiche e a rischio degrado.
La proposta prevede un contratto di affitto a giovani under 35 per 8 anni, con facoltà di acquisto tra il quinto e l’ottavo anno. Metà del canone (massimo 600 euro per 100 mq) consiste nell’affitto calmierato e metà nell’acconto sull’acquisto. In più c’è la rete: l’individuazione di progetti condivisi di impegno sul territorio (cura di spazi pubblici e aree verdi). Sono in consegna i primi 40 alloggi (su una prima tranche di 207).
Nel “sottobosco” di progetti locali rivolti ai giovani c’è anche la “coabitazione solidale”, idea del Comune di Torino destinata a giovani tra i 18 e i 30 anni. In cambio di un canone di affitto simbolico (abbattuto al 10% dell’equo canone) si chiede un impegno di 10 ore a settimana a favore del quartiere. In più un aiuto economico (fino a 12mila euro) dalla Fondazione San Paolo. La stessa Fondazione aprirà antro l’anno a Torino la casa di accoglienza temporanea di San salvario, in Via S. PIo V, specializzata nell’accoglienza di giovani mamme con bambini (dopo l’apertura a settembre, della struttura di Porta Palazzo, “specializzata” per studenti, stagisti e lavoratori di passaggio a Torino). La fondazione di Cuneo spiegherà invece i dettagli del “patto di solidarietà” tra inquilini e proprietari. Anche in questo caso c’è uno scambio: i proprietari rinunciano a sfrattare gli inquilini in difficoltà, a fronte di forme di garanzie e contributi economici. Una formula applicata finora a 267 famiglie. Da Cuneo a Lucca, dove la locale fondazione ha destinato all’accoglienza degli studenti il campus ricavato nel complesso di San Francesco.
di Massimo Frontera
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/infrastrutture24/2013-11-05/urbanpromo-laboratorio-socal-housing-182956.php?uuid=Abyo66zI




La scuola più green del mondo è a Hong Kong

scuola hong kongIl Green Building Council Usa ha affidato il primato a una scuola media di Hong Kong che coinvolge gli studenti nella manutenzione sostenibile
La scuola secondaria Sing Yin di Hong Kong ha appena ricevuto il primato di “Scuola più verde della Terra”, una nomina assegnata da parte del Green Building Council statunitense.
Il liceo, situato nel centro della città asiatica, che negli ultimi anni registra alti livelli di inquinamento atmosferico, dimostra che i principi eco-compatibili sono adottabili su diversi tipi di strutture, con successo.
FV, EOLICO E GREEN ROOF. La scuola ha installati sul tetto pannelli solari di ultima generazione, alternati a tratti di copertura vegetale per isolare termicamente gli interni e purificare l’aria. Oltre al fotovoltaico, la scuola trae energia elettrica anche da una serie di turbine eoliche ad asse verticale. All’interno, i sensori di movimento accendono e spengono le luci Led a seconda delle presenze registrate, abbattendo i costi di illuminazione, mentre un sistema di oscuranti mobili – in estate – consente di limitare l’uso di aria condizionata (un bel vantaggio in un’area climatica così caldo-umida come quella di Hong Kong).
DI BAMBÙ E AZIENDA AGRICOLA. La sostenibilità della Sing Yin School prosegue anche all’esterno, dove architetti, biologi e paesaggisti hanno ideato un giardino di bambù, una piccola azienda agricola biologica e un acquario.
E FAMIGLIE COINVOLTI. Ad aver pesato – positivamente – nella scelta effettuata dal Green Building Council Usa è stata anche la forte partecipazione degli studenti nei progetti “eco” della scuola, nella sua manutenzione e cura. La scuola integra infatti la sostenibilità nel proprio programma di studi e ogni anno 100 alunni vengono selezionati per lavori “green” anche fuori dell’ambito scolastico, grazie all’importante pacchetto di conoscenze acquisite. Lo scorso anno la scuola ha organizzato una campagna intitolata “Green School, Green Family”, coinvolgendo anche le famiglie e insegnando come mettere in pratica ogni giorno una serie di utili strategie di efficienza energetica.
Un esempio virtuoso che va al di là della stessa architettura e si pone come modello per le altre scuole internazionali.
E FAMIGLIE COINVOLTI. Ad aver pesato – positivamente – nella scelta effettuata dal Green Building Council Usa è stata anche la forte partecipazione degli studenti nei progetti “eco” della scuola, nella sua manutenzione e cura. La scuola integra infatti la sostenibilità nel proprio programma di studi e ogni anno 100 alunni vengono selezionati per lavori “green” anche fuori dell’ambito scolastico, grazie all’importante pacchetto di conoscenze acquisite. Lo scorso anno la scuola ha organizzato una campagna intitolata “Green School, Green Family”, coinvolgendo anche le famiglie e insegnando come mettere in pratica ogni giorno una serie di utili strategie di efficienza energetica.

http://www.casaeclima.com/index.php?option=com_content&view=article&id=17385:la-scuola-piu-green-del-mondo-e-a-hong-kong&catid=924:latest-news&Itemid=171




SALVA LA DATA: 21-23 Novembre: Forum Corviale

forumLA FORZA NEL SEGNO
CORVIALE 2020 INTELLIGENTE SOSTENIBILE INCLUSIVO
Scopriamo insieme l’operosità, la storia, le bellezze, le ricchezze ambientali e culturali
Giovedì 21 novembre
Venerdì 22 novembre
Sabato 23 novembre




Smart Cities, insediato il Comitato per le Comunita’ Intelligenti dell’Agenzia per l’Italia Digitale

smart-citySi è insediato la settimana scorsa a Firenze, nell’ambito della XXX Assemblea annuale dell’ANCI, il Comitato per le Comunità Intelligenti, dove per “comunità intelligenti” – si legge nella nota dell’ANCI – si intende “quell’ampio insieme di iniziative poste in essere dalle comunità locali di qualsiasi scala (dai quartieri ai Comuni alle Regioni) finalizzate a migliorare la vita dei cittadini, anche con l’uso delle nuove tecnologie, sotto l’aspetto della mobilità, del risparmio energetico, dell’inclusione sociale, della tutela ambientale, dell’educazione, della fruizione culturale ed in generale di tutto io che può contribuire al benessere collettivo”.

La visione strategica di scala nazionale prenderà forma attraverso la redazione dello Statuto delle Comunità Intelligenti, promosso dal Comitato e adottato per decreto dal Consiglio dei Ministri, finalizzato a specificare i diritti minimi di cittadinanza intelligente sui quali i diversi livelli dell’amministrazione sono chiamati ad impegnarsi e che costituiranno la base per assicurare rendicontabilità sociale ai progetti di smart cities&communities. A questo scopo, il Comitato è chiamato a sviluppare un sistema di monitoraggio specifico del livello di benessere e di soddisfacimento dei bisogni raggiunto.

La Presidenza del Comitato è stata affidata a Mario Calderini, docente del Politecnico di Milano, già Consigliere del MIUR e membro della cabina di regia per l’Agenda Digitale istituita dal Governo Monti.

A margine della riunione di insediamento, Mario Calderini ha dichiarato:

L’istituzione del Comitato è un passaggio importante per la concreta realizzazione dell’Agenda Digitale. Il Comitato cercherà di interpretare al meglio il mandato di soft-governance e di indirizzo strategico attribuitogli dalla legge, cercando di valorizzare le numerose esperienze già avviate da molte pubbliche amministrazioni nei mesi scorsi e creando le migliori condizioni di contesto per lo sviluppo armonico delle comunità intelligenti nel nostro Paese. Credo che, tra gli altri compiti, il Comitato debba prestare particolare cura alla promozione della visione sociale che anima le comunità intelligenti, di nuovi modelli di imprenditorialità sociale e di strumenti finanziari di ingaggio pubblico-privato atti a consentire la realizzazione di progetti ambiziosi anche in questa difficile situazione di finanza pubblica.
I compiti del Comitato per le Comunità Intelligenti
Al Comitato, istituito dall’Agenzia per l’Italia Digitale spettano i compiti previsti dalle disposizioni contenute nel Decreto Crescita 2.0 adottato dal precedente Governo.

Al Comitato è affidata la regia dei progetti di smart cities&communites a livello nazionale, con l’obiettivo di creare le migliori condizioni per lo sviluppo di progetti di comunità intelligente a livello locale e per la loro sintesi in un disegno strategico di valenza nazionale.

Tra i compiti specifici previsti dalla legge, vi è la predisposizione del piano annuale delle comunità intelligenti e il rapporto annuale sullo stato di realizzazione del piano per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la predisposizione delle linee guida nazionali per la standardizzazione, l’interoperabilità e la replicabilità su scala nazionale delle soluzioni adottate in ambito locale e la realizzazione di una piattaforma di condivisione di applicazioni, servizi ed esperienze al servizio delle pubbliche amministrazioni.

Inoltre, è attribuito al Comitato il compito di promuovere e codificare nuovi strumenti finanziari atti a favorire il partenariato pubblico-privato per le comunità intelligenti.

Infine, per assicurare la rendicontabilità sociale ai progetti di smart cities&communities di cui sopra, il Comitato è chiamato a sviluppare un sistema di monitoraggio specifico del livello di benessere e di soddisfacimento dei bisogni raggiunto.

Maria Letizia Fabbri

http://www.pionero.it/2013/10/28/smart-cities-insediato-il-comitato-per-le-comunita-intelligenti-dellagenzia-per-litalia-digitale/




itopia Building the Public City. Theory and Practice in contemporary Italian Architecture

corvialeARCH 3308/6308 (ROME PROGRAM ONLY)
Professor: Alberto Iacovoni and Gabriele Mastrigli
Course Overview:
A desire for the construction of the public realm permeates the visions and the concrete experiences in
contemporary Italian architecture. This desire, deeply rooted in the past, from the roman basilicas to the piano
sistino, has generated various attempts to design and build the utopia of a public city: since the beginning of
the XX century architecture has been the tool to shape not only the space of the contemporary city, but also the
communities inhabiting it. As a mean to build the public city architecture has been therefore a public activity
in itself, strictly connected to the political and cultural context, in which it has found unique conditions to make
real some visions and theories about the contemporary city. This specific utopia of the public city rooted in the
Italian situation, that we call itopia, has generated all over Italy many experiments where ideas coming from
abroad has been mixed with original contributions related to the specific Italian context. Particularly Rome,
due to its peculiar political and social situation, has been an exceptional ground for these kind of realized
utopias.
The Architecture Theory course at Cornell will therefore focus on this main issue of Italian contemporary
architecture, opening the theory field to the confrontation with concrete experiences, and with the multiple
relationships that this kind of public architecture establishes with the cultural context. “Getting out” could be
the keyword of this program structured in three main sections of confrontations between theory and reality,
practice and society.
on site: four “open-air” lessons will give the opportunity to explore the city of Rome following some major
issues, and visiting some outstanding examples of realized utopias, from the garden city model of the
Garbatella, to the neorealismo of the Tuscolano, to the radical piece of Ville radieuse of Corviale. at work:
four meetings in some representative architecture offices in Rome will actualize these issues concerning the
construction of the public city in the actual practices and dynamics of transformation on the territory.
in context: four speakers will be invited to trace a profile of italian architecture seen from the intense
relationships established with the contemporary culture, each time focusing on the peculiar dialectics in
between architecture/politics, architecture/media, architecture/landscape, architecture/history.
These series of lessons will be introduced by a joint lecture to introduce the program and to put in perspective
all the following themes and subjects. As an optional integration to this program there could be some on site
and at work sessions to be held during the field trips all over Italy, in order to explore some contemporary
architectures and to meet some interesting architectural practices out of Rome.
SPRING 2009
Cornell AAP
department of architecture
vedi a pagina 12 : SPRING-09-Cornell AAP-department of architecture




Trasformazioni urbane, in Italia favorito il guadagno privato anziché il ritorno pubblico

inuSecondo uno studio INU in Italia gli oneri di urbanizzazione costano ai costruttori nettamente meno rispetto ad altri Paesi europei
“Le trasformazioni urbane, grandi operazioni di riqualificazione della città di cui dovrebbe essere innanzitutto il cittadino comune a beneficiare, in Italia si traducono sempre in vera e propria manna per il privato”.
Lo rivela l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) che ha reso noti i risultati di una ricerca commissionata dalla Provincia di Roma alla sezione Lazio dell’Inu, che l’ha condotta assieme all’Università di Tor Vergata e a Provinciattiva Spa. Il gruppo di lavoro, composto da Daniel Modigliani, Roberto Camagni, Andrea Dongarrà e Marco Tamburini, ha svolto un’indagine finalizzata a misurare, attraverso l’esame di alcuni casi, la rendita fondiaria e immobiliare a Roma e provincia dopo le trasformazioni urbanistiche.
ENORME RITORNO ECONOMICO PER I COSTRUTTORI. “Si prendano tre grandi operazioni condotte nel Comune di Roma a metà del decennio scorso: quella a nord della capitale che ha riguardato il quartiere della Bufalotta, dove è nata una gigantesca area commerciale; un’altra e est, nella zona di Lunghezza; infine quella sviluppatasi attorno al polo tecnologico sulla via Tiburtina. In tutti e tre i casi i costruttori hanno avuto un “ritorno” economico enorme: infatti il plusvalore a beneficio del privato è pari nei tre casi al 53 per cento (Bufalotta), al 55 per cento (Lunghezza) e al 57 per cento (Polo tecnologico) del valore finale del costruito. Non esiste nessun settore industriale che riesce a portare a casa un profitto simile”, osserva l’Istituto nazionale di urbanistica.
“E’ vero che la ricerca è condotta su dati e operazioni che risalgono al periodo che definirei delle vacche grasse in edilizia, ma la sostanza è attuale: il nostro sistema è incredibilmente sbilanciato sul guadagno privato piuttosto che sul ritorno pubblico”, sottolinea Daniel Modigliani, presidente di Inu Lazio.
Quello che Modigliani definisce “ritorno pubblico” dovrebbe essere la chiave della rigenerazione urbana in tempi di totale mancanza di risorse pubbliche. Il privato trae beneficio dalle operazioni immobiliari ma in cambio “cede” una parte di questo vantaggio al pubblico, che lo utilizza per la collettività realizzando infrastrutture e servizi. Anche in provincia di Roma il meccanismo è il medesimo: la ricerca ha analizzato casi di trasformazione nei Comuni di Frascati (centro storico), Monterotondo e Valmontone (nuova zona commerciale). Nel primo caso il guadagno del privato è pari al 70 per cento del valore finale del costruito, nel secondo del 50 e nel terzo del 42.
IN ITALIA GLI ONERI DI URBANIZZAZIONE SONO PIÙ BASSI. Non si pensi che questo sbilanciamento sia una malattia esclusiva dell’area di Roma e provincia. L’ampio profitto del privato nasce dall’esiguità del contributo che devono corrispondere al pubblico, gli oneri di urbanizzazione. Analizzando da questo versante la situazione di altri importanti centri italiani come Bologna, Milano e Firenze, si scopre che gli oneri di urbanizzazione costano ai costruttori nettamente meno rispetto ad altri Paesi europei. Se in Francia la tassa equivalente ai nostri oneri di urbanizzazione ammonta a 748 euro per metro quadrato all’interno dell’Ile-de_France e a 660 euro all’esterno, a Firenze ci si ferma a 480, a Milano a 244 e a Bologna a un misero 98. Se poi si intraprende un confronto in valori percentuali, scopriamo che a Milano gli oneri variano da una quota minima del 5 a una massima dell’8 per cento del valore del costruito e a Roma siamo tra il 3 e il 7. A Monaco di Baviera attorno al 30 per cento. “Da qui nasce una facile riflessione sulla qualità della rigenerazione urbana nelle città tedesche rispetto a quelle italiane”, osserva l’Inu.
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Europa: chance o handicap?

ueE’ cominciata la partita delle elezioni europee e, soprattutto a destra, si delineano le strategie.
Segnali preoccupanti mettendo in fila due editoriali di Vittorio Feltri sul Giornale:
30/10/13: Paese stufo dell’euro: Berlusconi e Grillo nuova maggioranza: “Ci domandiamo perché Berlusconi e Grillo non si alleino (…) conducendo insieme una lotta finalizzata alla riconquista italiana della sovranità nazionale e del diritto di battere moneta”
31/10/13: L’Europa degli imbecilli che ci dà lezioni sul wc: “stabilire per decreto la quantità di acqua da erogarsi negli orinatoi (meno di mezzo litro) e nei water (cinque litri e non di più). (…) incomprensibili quasi come le quote latte.”
Dall’altra parte, rinchiusi nei propri recinti ombelicali, non s’ode battito di ciglia. Per fortuna soccorre, come sempre più accade, quella parte della società civile che Paul Ginsborg definì “ceto medio riflessivo” e che a mò più globalizzato potremmo riconoscere come “società della conoscenza”. Essa c’indica alcune linee di riflessione teoriche, economiche e – finalmente – operative:
nell’ordine:
– Alain Touraine propone un’interessante analisi sulla fine della società. Non parafrasando per niente la poco felice “fine della storia” di Fukuyama, propone alla riflessione il tema che il passaggio dal capitalismo produttivo al capitalismo finanziario genera un annichilamento del sociale. Si pone illuministicamente l’obiettivo di uscire da questa perdita con la proposta del passaggio dalla relazione con l’altro alla relazione con se stessi. Ritrova in questa scoperta la ragione della centralità dei diritti che, per Touraine, “stanno al di sopra delle leggi”. Il sociologo francese ricorda come esempio della sua analisi “la condizione femminile che è diventata uno degli elementi determinanti per valutare il grado di sviluppo di una società.”
– La Fondazione per le qualità italiane Symbola insieme a Unioncamere e alla Fondazione Edison presenta nel suo Manifesto “Oltre la crisi l’Italia deve fare l’Italia” un rapporto da cui evince che:
* la green economy ha tre milioni di occupati,
* 328 mila aziende hanno investito per risparmiare energia e limitare l’impatto ambientale,
* tali aziende nel 2013 hanno operato il 38% delle assunzioni,
* il 42% delle aziende che ha fatto eco-investimenti esporta.
– Il Ministero dei Beni Culturali sta lavorando per alleggerire il corpo centrale delle sue strutture rafforzando quelle periferiche che non riescono quasi, per personale carente e anziano (età media 55 anni), ad esercitare l’essenziale tutela del territorio e pianificazione paesaggistica riducendosi sempre più a sole funzioni burocratiche.
Se, impropriamente ma muniti del sempre più scarso “ottimismo della ragione”, uniamo queste tre “buone nuove” abbiamo già un primo scheletro di quello spirito di Europa 2020 che, ben aldilà di piccoli calcoli elettorali, dovrebbe pervadere il Paese.
Tommaso Capezzone
Italia oltre la crisi
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