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Progettiamo insieme la nuova piazza

manifesto 13 gennaio




Le Corbusier – Unité d’Habitation de Marseille

la costruzione

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insieme

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vista

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esterno

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ingresso
corridoio

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facciata

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tetto

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La mappa delle risorse e degli obiettivi dell’11° Municipio

conf-municipi-icoConferenza Urbanistica Cittadina

L’Assessorato alla Trasformazione Urbana ha deciso di convocare una conferenza urbanistica cittadina nella quale discutere del futuro del territorio della nostra città e delle opportunità che la rigenerazione urbana offre nella costruzione di un nuovo modello di città.

Il dialogo con la città si è interrotto negli anni passati e insieme è cresciuta la sfiducia nei confronti dell’amministrazione comunale. Per ricostruire questo rapporto è necessario parlare con trasparenza e costruire momenti di partecipazione nei quali riallacciare il filo del dialogo tra urbanistica e società, affrontare senza ipocrisie le numerose criticità esistenti e definire insieme gli obiettivi d’interesse pubblico degli interventi urbanistici. La rigenerazione urbana non consiste, banalmente, in una trasformazione fisica e funzionale dei luoghi. Piuttosto significa cogliere nuove opportunità per rispondere ai fabbisogni delle famiglie e delle imprese e favorire relazioni sociali più eque, ridurre le disuguaglianze e le distanze tra i quartieri, dare alla città di Roma il rango di Capitale e di metropoli internazionale.

La conferenza urbanistica cittadina, che si terrà alla fine del 2014, è preceduta da 15 conferenze urbanistiche municipali che si concluderanno in autunno dello stesso anno. Nel primo incontro, alla presenza dell’Assessore Caudo, verrà illustrato lo stato di attuazione delle previsioni del piano regolatore, evidenziando le opportunità di rigenerazione e le questioni aperte in ambito urbanistico.

Dopo il primo incontro, con la collaborazione di ciascun Municipio, si avvierà un’attività laboratoriale, della durata di due mesi e aperta al contributo di associazioni e comitati presenti sul territorio, con la quale intendiamo venire in contatto con la conoscenza e progettualità diffusa. L’attività del laboratorio è finalizzata alla costruzione di una “carta dei valori” di ciascun Municipio, nella quale sono evidenziate le qualità territoriali che devono essere conservate e messe in valore, gli obiettivi pubblici che si intendono perseguire e le priorità relative all’attuazione degli interventi. In parallelo si procederà ad una raccolta e schedatura delle proposte già esistenti riguardanti servizi, attrezzature, viabilità, piste ciclabili, parchi, giardini e simili.

Gli esiti del lavoro saranno tradotti nella Conferenza Urbanistica cittadina che raccoglierà le indicazioni emerse durante il percorso di ascolto e lavoro con i singoli municipi.

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I HAVE A DREAM

romaGennaio 2014, potrebbe essere il mese che inaugura un anno di svolta per le politiche culturali romane. Una rinnovata classe politica che riesce a riformare il sistema culturale capitolino, anche alla luce del deprimente, desolato e confuso panorama del dicembre appena trascorso.
Purtroppo gli ultimi sette mesi non hanno brillato per grosse riforme, ma neanche per azioni come segnali di discontinuità dalle politiche precedenti. Roma rimane la città dei grandi poteri e delle lobby che tracciano le linee guida della politica territoriale.
I debiti con artisti e teatri continuano ad accumularsi, complici bandi uguali negli anni, emessi senza copertura economica (vd cultura.lazio.it). Poli strategici come il museo d’arte contemporanea (Macro) aspettano da mesi un direttore. I teatri e i cinema chiudono, anche se in attivo. Il 17 dicembre, il CdA della Fondazione Roma Europa, in seguito ai tagli economici di novembre e all’incertezza per i finanziamenti pubblici locali per il 2014, conferma la decisione di cancellare la sua stagione 2014 del Teatro Palladium. Il 23 dicembre, ancora non c’ è un accordo sulle cariche ai vertici del Teatro di Roma. L ‘ assemblea dei lavoratori esprime preoccupazione, per la mancanza di responsabilità e di attenzione nei confronti di una struttura pubblica che garantisce ogni anno almeno 400 assunzioni tra personale artistico e tecnico. Il 31, un anno esatto di chiusura del Teatro India.
I have a dream è la scritta beffarda che mi ispira, mentre scrivo in un locale di San Lorenzo. Bianca sul fondo nero, nel basso della fantastica mappatura della Roma metropolitana. Stazioni in ogni quartiere e snodi di scambio con tram elettrici e frotte di autobus puntuali, che permettono di attraversare la città in poco tempo. Non voglio svegliarmi, preferisco continuare a sognare strade sicure perché illuminate da negozi, teatri, bar, aperti fino a sera tarda, popolate da turisti e residenti rapiti da una offerta culturale eccellente.
Immagino cittadini coinvolti nella pianificazione delle scelte, attraverso consulte permanenti che ne tutelino interessi e benessere, da una classe politica attenta. Sogno una piattaforma di interventi strutturali organici, per il futuro culturale di questa città, una grande metropoli che mette in risalto le sue risorse, supportando ed orientando alla produzione gli artisti e le compagnie.
Immagino un 2014 dove gli assessori alla cultura, alla formazione e al demanio lavorino insieme, per garantire la produzione artistica ed il rinnovamento degli spazi attraverso la produzione culturale. Immaginiamo un sistema accessibile, con semplici modalità per accedere ai fondi pubblici che favoriscano progettualità a lungo termine. Immagino un sistema di nomine che garantiscano il lavoro per competenze e non per conoscenze e raccomandazioni. Visualizzo poche aziende comunali con un bilancio adeguato ed amministrazioni competenti e corrette, distinte dal partito di maggioranza di turno.
Vorrei un centro culturale in ogni quartiere, soprattutto in periferia, possibilmente ricavato da uno dei numerosi spazi abbandonati. Fondi europei trovati da efficienti uffici comunali per la ristrutturazione ed un finanziamento pluriennale. L’ incremento della piccola impresa sociale e locale, cogestita tra pubblico e privato, dove i residenti ed i cittadini sono i primi a verificare e orientare le strategie di progettualità a lungo termine. Un senso di appartenenza ad un sistema culturale che possa aiutarci ad accompagnare gli studenti ad una crescita in senso civico, attraverso lo sviluppo delle capacità artistiche e la formazione a canoni culturali che si discostano sempre di più dal modello televisivo italiano.




Corviale al Maxxi

Corviale sbarca al Maxxi! Infatti il museo d’arte contemporanea dedica al nostro quartiere uno spazio espositivo all’interno della mostra “Non basta ricordare” della Collezione Maxxi Arte e Architettura curata dal direttore artistico Hou Hanru.

La mostra, visitabile fino al 28 settembre, intende “mettere in dialogo l’arte e l’architettura per creare un contesto culturale in cui sia possibile creare uno scambio innovativo sul significato della creazione contemporanea e la democrazia”: trasformare il museo da un semplice spazio espositivo dove ricordare il passato a un luogo pubblico dove le persone possono interagire con le opere esposte in modo dinamico ricostruendo così continui significati che aiutino la comprensione del momento storico presente.

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Corviale è stato inserito nella sezione “Politica, realtà, idee e ideologie” come esempio di sperimentazione architettonica unita ad una visione ideologica dello spazio pubblico.
I visitatori possono studiare disegni e progetti dell’architetto Mario Fiorentino per approfondire l’aspetto architettonico del Serpentone e conoscere la storia del quartiere ricostruita dagli stessi abitanti per capirne i cambiamenti nel tempo e la percezione esterna di chi ci abita oggi.

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Proprio la partecipazione attiva della cittadinanza coordinata dall’associazione CorvialeDomani rende questa mostra uno spazio pubblico dove architetti, urbanisti, artisti e semplici cittadini possono comunicare senza barriere per studiare il proprio quartiere e progettare cambiamenti urbanistici in linea con le trasformazioni sociali in atto.

Poiché costruire un quartiere non può essere esclusivamente materia di tecnici e specialisti ma deve diventare un processo continuo di scambio tra diverse visioni e modi di vivere la città.

Ivan Selloni




2.000 pannelli fv per la più grande centrale solare di Parigi

halle_2I pannelli sono stati installati sul tetto delle Halle Pajol, un vecchio deposito delle ferrovie presso la Gare de l’Est
Progettata dall’architetto Françoise – Hélène Jourda, la centrale solare Halle Pajol di Parigi è uno degli edifici più importanti per la città in quanto a produzione di energia rinnovabile. Il nuovo edificio nasce della riqualificazione del vecchio deposito del XIX secolo delle ferrovie francesi Halle Pajol. Il vecchio telaio metallico è stato trasformato dall’architetto nell’involucro protettivo esterno dell’edificio, contenente i volumi in legno della nuova struttura, materiale che ha permesso agli interni di essere perfettamente isolati sia termicamente che acusticamente.
PARCO INTERNO. Altra caratteristica del progetto è il parco interno (8.000 mq) che, oltre a contenere una ricca scelta di biodiversità, potrà essere in parte anche utilizzata dai cittadini per coltivare ortaggi o fiori. Per il sistema di irrigazione, l’architetto ha deciso di utilizzare esclusivamente l’acqua piovana in modo tale da azzerare i consumi idrici della struttura.
ENERGIA IN ECCESSO. Dato che si tratta di una centrale fotovoltaica non potevano ovviamente mancare i pannelli solari che producono circa 4.000 kWh di energia l’anno. Il tetto dell’edificio ne accoglie bel 2.000 per 3.500 mq di superficie orientati a sud ed inclinati di 30°, grazie alla copertura dentata a “Shad”. , L’energia prodotta non solo è sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico dell’intero edificio, ma se prodotta in eccesso verrà rivenduta alla società di servizi Electricité de France, ripagando una parte degli 1,6 mln di euro del costo di progetto.
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Piano: “Con lo stipendio da senatore farò lavorare sei giovani”

periferieL’architetto ha messo un bando anonimo su Internet. Poi ha scelto architetti trentenni, “non raccomandati”
Questo è un racconto di Natale della politica. Ci voleva, in fondo a un altro anno di storiacce e scandali. Sembrava impossibile a molti e ancor di più ai sei architetti di trent’anni, tre donne e tre uomini, che da oggi e per un anno potranno lavorare a rendere più belle le periferie grazie allo stipendio da senatore a vita di Renzo Piano. Con tanti cari saluti agli eroi dell’antipolitica a Cinque Stelle che, dopo aver menato vanto di una riduzione dello stipendio del dieci per cento, avevano polemizzato a lungo contro la scelta di “buttare via soldi pubblici per dare un vitalizio ad altri senatori a vita”.

Li abbiamo incontrati ieri gli eletti, nello studio dell’architetto a Genova. Avevano le facce di bambini convocati nella fabbrica di cioccolato di Willy Wonka. Ecco l’elenco: Francesco Giuliano Corbia, 29 anni, di Alghero, laurea a Firenze e master a Barcellona in urbanistica; Eloisa Susanna, 32 anni, Cosenza, laureata alla Sapienza e collaborazione nello studio di Massimiliano Fuksas; Michele Bondanelli, 38 anni, Argenta (Ferrara), studi a Venezia e specializzato nel restauro di centri storici; Federica Ravazzi, 29 anni, Alessandria, esperta in progettazione di scuole; Francesco Lorenzi, 29 anni, romano, laureato alla Sapienza, con esperienze in Spagna, Argentina e Polonia; Roberta Pastore, 32 anni, di Salerno, laureata a Napoli e ora impegnata nel nuovo auditorium di Salerno.

Sei magnifici giovani italiani di talento, quasi tutti con la valigia pronta per tornare all’estero, dove hanno già studiato e lavorato. Finché non è arrivato questo strano bando anonimo su Internet “per un progetto sulle carceri”, senza la firma di Piano, per evitare troppa pubblicità. “Non mi aspettavo davvero di finire qui oggi”, dice Roberta, “era soltanto uno dei cento curriculum che mandi in automatico e in genere rimangono senza risposta”.

“O ancora peggio – aggiunge Francesco – che ottengono soltanto proposte indecenti di sfruttamento selvaggio per progetti orrendi. Quando una domenica sera ha telefonato lo studio Piano per fissare l’incontro ho pensato come tutti a uno scherzo”. Era invece l’occasione che ti cambia la vita e forse anche il futuro di un pezzo di Paese. Perché i lavori dei sei giovani (coordinati da tre tutor, l’ingegnere Maurizio Milan e gli architetti Mario Cucinella e Massimo Alvisi) diventeranno proposte di legge, materiale per interrogazioni parlamentari, magari progetti concreti per le disastrate periferie di Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova.

L’idea era maturata in Renzo Piano un’ora dopo la telefonata del 30 agosto nella quale il presidente Napolitano gli annunciava la nomina. “Era l’occasione per completare un percorso”, dice Piano, “prima la nomina ad ambasciatore dell’Unesco per le periferie, poi la Fondazione, dove ogni anno accogliamo decine di giovani architetti da tutto il mondo. È anche un modo per dare un segnale di controtendenza a una generazione d’italiani ricchi di qualità, ma ormai rassegnati a non vedere riconosciuti i propri meriti. Ormai l’Italia è l’unico paese d’Europa dove i concorsi, quelli veri, non si fanno più. Qui nessuno ha avuto bisogno di conoscere nessuno, di farsi raccomandare, sono stati selezionati fra oltre seicento candidati e quasi tutti con curriculum notevolissimi “.

Il rapporto fra città e periferia è l’argomento della vita per Piano. “Fin dalla nascita, sono nato a Pegli, periferia occidentale di Genova. Da studente sessantottino a Milano andavo rigorosamente in periferia per fare politica e anche per divertirmi, ad ascoltare il jazz al Capolinea, in fondo ai Navigli. E in fondo anche oggi i miei progetti più importanti sono la riqualificazione di ghetti o periferie urbane, dall’università di New York ad Harlem, al nuovo palazzo di giustizia di Parigi nella banlieue “. Senza contare la concorrenza.

Nei centri storici italiani hanno lavorato Michelangelo, Bernini, Brunelleschi, Filarete e così via, piuttosto bene. “Appunto, quella bellezza non è merito nostro, ce l’hanno lasciata in eredità. E per fortuna abbiamo smesso di distruggerla negli anni Settanta. Il nostro compito è lasciare a chi viene belle periferie. Le cose da fare sono tante e meravigliose, se soltanto ci fosse la volontà politica. Si potrebbero ridurre in pochi anni i consumi energetici degli edifici del 70-80 per cento, consolidare le 60mila scuole a rischio sparse per l’Italia, rivoluzionare e rendere sostenibile il trasporto pubblico, fecondare le periferie con migliaia di luoghi d’incontro come piazze, mercati, ma anche auditorium, musei, palazzi pubblici. Non è possibile che l’unico luogo d’incontro delle periferie siano i centri commerciali. Sono tutti interventi che creerebbero lavoro, ricchezza, risparmio. E proietterebbero l’Italia all’avanguardia della green economy mondiale”.

È un libro dei sogni che da oggi sei giovani architetti italiani proveranno a tradurre in materiale concreto di lavoro per una nuova politica. L’anno prossimo il progetto si rinnoverà con altri sei e così ogni anno. Per questo e molto altro, lunga vita a Renzo Piano.
di CURZIO MALTESE
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Piano generale del traffico urbano di Roma Capitale: al via la discussione con municipi, cittadini e associazioni

PGTU_d0Migliorare la sicurezza stradale e la qualità dell’aria e della vita delle persone; incentivare l’uso dei mezzi pubblici grazie a un sistema di trasporto efficiente e competitivo; aumentare le opportunità di scelta degli spostamenti per i cittadini all’insegna di una mobilità sostenibile e rendere più facile e conveniente muoversi a piedi o in bicicletta.
Sono alcuni degli obiettivi contenuti nel nuovo Piano Generale del Traffico Urbano di Roma Capitale (PGTU) inviato ai 15 Municipi di Roma per una prima valutazione, prima di essere approvato dalla Giunta il prossimo 31 gennaio. Un percorso di partecipazione che vedrà coinvolti anche cittadini, associazioni e stakeholder prima di passare a commissioni e Consiglio Comunale per un’approvazione definitiva.
L’ultimo documento simile risale al 1999 e riguardava il solo centro abitato di Roma all’interno del Gra. Da allora si è passati dal 18% al 26% della popolazione che risiede fuori dal Gra, con un pendolarismo dalla provincia verso la città aumentato del 60% dal 2004 al 2012.
Tante le novità in programma, per un’area che viene divisa in sei zone, a partire dalle Mura Aureliane, passando poi all’anello ferroviario, al GRA e oltre, fino al confine di Ostia e Acilia. Tra gli impegni del nuovo PGTU quello di portare la percentuale di chi usa la bici dallo 0,6% attuale al 4% entro 5; raddoppiare le corsie preferenziali; aumentare del 20% gli utenti del tpl; realizzare un’isola ambientale (dove le auto non hanno accesso) in ogni municipio e Zone 30; introdurre zone in cui il traffico privato entra a pagamento. E ancora: eliminazione delle tariffe per le strisce blu agevolate, affidamento agli ausiliari del controllo delle zone per il carico e scarico merci, espansione del servizio di car sharing in altri 8 municipi con oltre 100 postazioni e diffusione del bike sharing con una dotazione di 1.000 bici.
L’assessore alla Mobilità di Roma Capitale Guido Improta ha spiegato: “vogliamo che questo percorso non si caratterizzi solo per gli aspetti amministrativi che determinerà, ma contribuisca a descrivere la Roma dei prossimi anni”.

Flavia Bagni

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