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Un nuovo assessore ai servizi sociali

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Francesca Danese del CESV è il nuovo assessore ai servizi sociali di Roma. Un grande augurio a Francesca e soprattutto alla città che avrà in lei orecchie attente alle problematiche delle tante sue periferie.

Corviale Domani, Il Giornale delle periferie, il tavolo del Forum Corviale 2020,  corviale.com,  forumcorviale.com




Verso il Forum Corviale 2015

corviale2020-1024x482-300x83Verso il Forum 2015

 Giovedì 4 dicembre CESV via Liberiana 17 ore 9.30-18

Dalle linee guida ATER al concorso internazionale RIGENERARE CORVIALE

Senza legalità e sicurezza non si fa rigenerazione urbana.

Dal secchio della spazzatura al lavoro.

Reti consapevoli e infrastrutture al servizio delle comunità.

Centralità del patrimonio culturale per la coesione e l’integrazione sociale nelle periferie urbane.

Una giornata di confronto tra buone pratiche e realtà sociali per una progettazione partecipata per “comprendere e rispettare il passato, proporre il futuro”.

Comprendere i valori del passato, proporre le soluzioni per il futuroProsegue il cantiere di lavoro e il confronto sulle linee guida per il concorso internazionale di progettazione per la rigenerazione urbana del Quadrante Corviale promosso dall’ATER .

Giovedì 4 dicembre CESV
via Liberiana 17 ore 9.30-18

Dalle linee guida
“La rigenerazione rappresenta il punto di partenza per recuperare in termini attuali il carattere di avanguardia che lo ha caratterizzato… Il percorso di partecipazione deve essere previsto in tutte le fasi dalla stesura delle linee guida fino alla realizzazione del progetto per stralci funzionali secondo la metodologia del cantiere evento” (dalle linee guida per il concorso internazionale).

Introduzione
Lo sblocco dei fondi per “Rigenerare Corviale” e lo stanziamento di 517.000 euro per il concorso internazionale – presentato ad ottobre dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti – fanno voltare pagina alla lunga vertenza iniziata nel 2008 con il silenzio della giunta Alemanno e la complicità della giunta regionale Polverini-Buontempo, che volevano demolire il Palazzo Ater noto come il Kilometro.
Guardando caparbiamente l’orizzonte abbiamo avviato inchieste, mappato il territorio, connesso relazioni, promosso lotte, incontri, manifestazioni ed eventi, che la comunità di Corviale ha “messo in bella”, trasformando il “profit, no-profit, volontariato, istituzioni”, che il territorio aveva autogenerato, in un progetto concreto di rigenerazione urbana.

Il frutto dei “lavori in corso” perseguito nel corso degli anni è patrimonio condiviso da parte di tutti i partner che hanno sottoscritto l’Atto di Intesa (allegato), arricchito dalla cooperazione, spesso volontaria, di coloro che hanno animato e sostenuto il progetto e consentito ad esso di arrivare fino a questo punto.
Un patrimonio che va allargato e arricchito con un processo di partecipazione di buone pratiche, non solo nella stesura del bando del concorso internazionale che Ater promulgherà entro i primi mesi del 2015, ma in tutte le fasi del processo di rigenerazione, per presentarlo all’Expò 2015 di Milano.
Il bando di progettazione, che si offrirà allo scenario internazionale, si baserà sulle “linee guida” che Ater ha predisposte e su cui ha attivato la condivisione nel il Tavolo di Concertazione Istituzionale promosso e coordinato dal Ministero Beni e Attività Culturali e del Turismo.

L’iniziativa del 4 dicembre presso la sede del Cesv, con i “tavoli di lavoro” sugli specifici temi che caratterizzano la multidisciplinarietà del progetto, ha l’obiettivo di allargare e far vivere la progettazione partecipata nella concretezza delle future attuazioni, valore aggiunto negli indirizzi della U.E, per un “Corviale 2020 intelligente inclusivo sostenibile”, su cui stiamo lavorando a partire dai Forum del 2012 e 2013.

I partecipanti ai tavoli di lavoro delle “Miniere” dovranno raccordarsi alle “linee guida” Ater per delineare il contributo da apportare alla efficacia del progetto, frutto di esperienze personali o collettive, per connettere il più possibile i contenuti del concorso internazionale ai fabbisogni condivisi.
Per ulteriori approfondimenti sulle “linee guida”, visitare il sito www.aterroma.it o www.corviale.com in cui è riportato il contributo della comunità di Corviale.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA DEL 4 DICEMBRE 2014

Mattina
Tavolo lavoro 1 sala 1
Ore 9.30 – 13.30

La Miniera della Qualità della Vita
“Senza legalità e sicurezza non si fa rigenerazione urbana”.

Dalle linee guida:
“Recuperare la vivibilità e la sicurezza spazi esterni ed interni è un dovere civile per non lasciare al degrado una eredità di creatività urbana, di qualità architettonica e infine una testimonianza di coraggio e di grande impegno costruttivo”

Interventi di prevenzione, rispetto delle regole, animazione e controllo sociale sono le condizioni per una rigenerazione consapevole e condivisa, sia da parte delle Istruzioni che della Comunità che vive all’interno, per il Palazzo ATER e per il territorio. Rigenerazione dell’edificio e del suo intorno vuol dire:
– interventi capaci di amplificare positivamente il potenziale di Comunità attraverso spazi adeguati a favorire relazioni sociali e a funzioni tradizionali (mercati, servizi di assistenza vari agli anziani, ai bambini, alle famiglie etc.);
– il potenziamento dell’offerta culturale, delle attività di animazione esistenti, per attività imprenditoriali di economia civile (esempi: concessioni di spazi per studi artista, piccoli artigiani, start-up per innovazioni tecnologiche, cooperative e imprese sociali, a servizi innovativi e formativi …);
– politiche attive sul lavoro, con particolare attenzione alle categorie svantaggiate e al disagio sociale. Il riferimento è in particolare al lavoro che presidia edificio e territorio, producendo identità e senso di appartenenza al vivere in comune (vedi appalti in autogestione di servizi, del ciclo dei rifiuti…);
– riorganizzazione ambientale e paesistica degli spazi verdi, dei percorsi e delle aree attrezzate esistenti intorno all’edificio stesso.

Coordinano:
Daniel Modigliani (ATER), Francesca Danese (CESV), Pino Galeota (Corviale Domani)
Report Alessandra Fraddosio (Magliana Solidale)
Partecipano:
Carla Bartolucci (CNCA), Fiammetta Mignella Calvosa (LUMSA) Luciano Castaldi (Regione Lazio), Roberto Crea (Cittadinanza attiva), Sergio Giovagnoli (Arci Solidarietà),) Giorgio Mirabelli (Amate l’Architettura), Bruno Monardo (la Sapienza), Gianni Palumbo (Forum Terzo Settore), Stefano Regio (Il cammino), Guendalina Salimei (architetto), Massimo Vallati (CalcioSociale), Maurizio Zucconi (Federculture), Miani Mimma (Municipio XI)Angelo Scamponi (CIC), Elio Bovati (Com. Arvalia), Marcello Paolozza, Alessandro Giangrande ( Roma Tre), Latella Roberto (Formazione sociale), Masimo Taddia (Social street), Paola&Daniele (ARCI Corviale), Paolo Gelsomini (Carte in Regola) , Paola Rossi ( architetto) Martini Mauro (architetto)

Tavolo di lavoro 2 sala 2

La Miniera dell’Ambiente e dell’Economia Verde
Ore 9.30 – 11.30

Dal “secchio della spazzatura al lavoro”.

Dalle linee guida:
“Corviale per la sua estensione e densità abitativa consente di sperimentare soluzioni spaziali e gestionali innovative per pratica la raccolta differenzia dei rifiuti (…) la previsione di attività di animazione sociale, artigianali e commerciali al servizio del quartiere al fine di recuperare quell’effetto città che a Corviale è sempre mancato, ma che il progetto originario prevedeva nel piano libero.”
– Rigenerazione delle reti impiantistiche finalizzate al riuso-riciclo-recupero locale e diretto.
– Rigenerazione delle coperture attraverso la creazione di orti, serre idroponiche fotovoltaiche, community gardens e mini labs e fablabs.
– Formazione per la consapevolezza della Comunità sull’importanza e sulle opportunità legate al nuovo modello dell’abitare.
– L’interazione con il sistema formativo, sia per la conoscenza che per le opportunità relative a sbocchi lavorativi per nuove figure professionali.
– Realizzare Centri di riparazione e riuso di beni e prodotti eccedenti non pericolosi, che avvii una filiera di recupero nel territorio di oggetti “ingombranti” e di comune uso personale, domestico e dell’abitare in grado di essere scambiati o riparati per essere re-immessi nel circuito del consumo privato.

Ore 11.45- 13.45

Coltiviamo insieme Corviale

Dalle linee guida:
“È necessario, inoltre, potenziare le connessioni con le attività produttive e gli spazi nelle aree agricole circostanti, come individuate dal piano di assetto delle Riserve Naturali di Roma Natura, e con le aree di verde pubblico interne ed esterne all’ambito stesso.”
– Valorizzare aree agricole e spazi naturali in una prospettiva multifunzionale integrata volta a sviluppare potenzialità inscritte nei parchi agricolo-naturalistici (Parchi Roma Natura Tenuta dei Massimi e Valle dei Casali), che delimitano il quadrante Corviale attraverso presidi agro-ambientali, prodotti a Km 0, mercati del contadino, agriturismi, agriasili, centri educazione ambientale, ecc.
– Favorire una politica e cultura della sana alimentazione, incentivare e promuovere artigianato alimentare e prodotti tipici. I Centri, luoghi di lavoro e cooperanti sui temi dell’educazione ambientale e alimentare (lotta agli sprechi e alla povertà crescente, all’obesità, agli acquisti compulsivi, cucina degli avanzf ecc.) connessi con attività di formazione, ludiche e culturali aperte a tutta la popolazione tesi ad avviare nuovi stili di vita.
– Importante ruolo del sistema scolastico per intervenire sull’intera filiera della Comunità.

Per entrambi i tavoli di lavoro, adottare strategie rivolte all’inclusione sociale e lavorativa per le categorie svantaggiate.

Coordinano:
Claudio Rosi (ATER) Maurizio Gubbiotti (Roma Natura) Eugenio De Crescenzo (AGCI) Alfonso Pascale (Reti Fattorie Sociali)
Report Rossella Ongaretto (Roma Natura)
Partecipano:
Giorgio Boldini (Verde pensile), Marotta Maurizio (Capodarco), Massimo Piras (Zero Waste) Andrea Ferraretto (Ass.to Ambiente) Lucilla Brignola (Amate l’architettura), Marco Fratoddi (Nuova Ecologia), Massimo Leone (ifoRD), Francesco Montillo ( la Sapienza), Teresa Bernardini (CD) , Adriano Zaccagnini (Camera dei Deputati), Antonio Alliva (3D Italy), Marina Galati (Cooperativa Ciarrapani), Roberto Leonardi (Consorzio Sociale)), Stefano Panunzi (Unimol), Augusto Pascucci (UNIAT), Gianni Russo (Keplero), Antonio Iannelli e Angelo Alesi (Corviale Domani) Vittorio Lovera (ATTAC Italia), Adolfo Riviello ( AMICA), Alessio Di Giacomo ( Imprenditore), Paolo Menichetti (Territorio Roma)

Pomeriggio

Tavolo lavoro 3

Ore 14.45-18.00 sala 1

La Miniera del Patrimonio Culturale.

Da “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Comitato delle Regioni. Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa. 22.7.2014″

Nei nuovi indirizzi della U.E. 2020 il patrimonio culturale, da intendersi come bene relazionale, assume un approccio integrato che permea la dimensione culturale, fisica, digitale, ambientale, umana e sociale, apportando un contributo alla crescita economica e alla coesione sociale.
Risposte ad uno stato sociale del ben-essere con positivi riscontri nelle persone, anche in condizioni di disabilità e di disagio sociale.
Il patrimonio culturale oltre che costituire un punto di riferimento imprescindibile per la storia del territorio offre opportunità e potenzialità capacità per incentivare l’integrazione sociale attraverso la condivisione di attività ludiche, ricreative, sportive, relazionali che contribuiscono alla riqualificazione di zone degradate, alla creazione di posti di lavoro radicati nei territori e la promozione di un’ idea condivisa e del senso di appartenenza ad una comunità.
L’offerta culturale deve essere sempre più parte integrante del territorio ( centri culturali, sportivi, del tempo libero…) e della comunità locale, dato che le strutture e i siti producono e distribuiscono capitale sociale e ambientale.
Possono dare riposte occupazionali diffuse, diventando motori dell’attività economica, centri di conoscenza, di ereatività, di interazione e integrazione della Comunità territoriale.
Generano innovazione e contribuiscono ad una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in linea con gli obiettivi della strategia U.E. 2020.
E’ anche questo il tema da approfondire per valutare le ulteriori indicazioni che usciranno dalla Commissione europea a breve e che dovranno trovare, attraverso una mirata verifica di congmità, l’inserimento nelle linee guida per il concorso internazionale.

Coordinano:
Maria Grazia Bellisario (MIBACT), Claudio Bocci (Federculture), Umberto Croppi
Rapporteur Silvia D’Amico (Federculture)

Partecipano:
Antonio Trimarco (Biblioteche Roma), Concetta Di Spigno (Keplero), Simona Elmo (Fondazione IFEL), Roberto Ferrari (economista cultura), Pietro lacobone (CSV Matera ), Daniela Vaccher (Il Tempo Ritrovato), Monica Melani (Il Mitreo), Pino Galeota (Corviale Domani), Claudio Butera (Arvalia Nuoto) , Claudio Lombardi (Carte in Regola), ThemArt, Martini Stefano (Fedim), Tonino Tosto (Upter) Francesco Nucci ( Volume!)

Tavolo di lavoro 4

Ore 14.45-18 sala 2

La Miniera di infrastrutture e reti consapevoli.

Dalle linee guida:
Corviale non essendo un edificio ma una parte della città costituisce per la sua forma, la sua estensione e la densità abitativa un modello di sperimentazione di Smart Building

– Il Corviale come HUB di produzione e riproduzione, condensatore sociale, energetico, formativo e di comunicazione teso a favorire una migliore qualità del vivere in comunità.
– Il progetto di rigenerazione per essere efficace e duraturo deve essere soprattutto infiastrutturale e sistemieo a tutte le scale dimensionali. Dall’edificio, alle strutture esterne, al territorio, le infrastrutture devono corrispondere a reti, materiali e immateriali,
– consapevoli. Tutte le proposte, i progetti, le indicazioni e le future attività in campo economico, sociale, culturale e ambientale, nonché quelle relative all’ accessibilità urbana, devono tendere all’aumento del presidio e della sicurezza degli spazi aperti, delle reti e dei nodi, favorendo il movimento quotidiano dei cittadini con conseguente riduzione del traffico veicolare a favore del potenziamento del trasporto pubblico. L’obiettivo è di ridurre costi e consumi, aumentare il benessere, il confort e l’uso delle opportunità offerte da ogni tipo di rete sistemica nelle abitazioni, nelle attività sociali e produttive. –
– Rendere agevole gli spostamenti per l’accesso ai servizi adottando nuove tecnologie di comunicazione (leggi: servizi anagrafici, atti amministrativi, rilascio certificati ma anche visite mediche, biglietti per spettacoli, mostre, iscrizioni scolastiche).

Coordinano:
Lucina Caravaggi (Sapienza), e Stefano Panunzi (Unimol),
Report Costantino Carluccio (Unimol)

Partecipano:
Alessandro Fuschiotto (Agenzia Mobilità), Michele Lavizzari Alessandro Giangrande (Carte in Regola), Cristina Imbroglini (Sapienza), Francesco Pazienti ( Piattaforma Testaccio) Francesco Tupone ( Linus ) Alessandro Reali ( Undici Radio) Anna Lei ( Sapienza) Rodolfo Grimani (Rotetecnology), Federico Coppola (Expò 2015), Antonello Fratoddi (MediterRAId), Stefano Medori ( esperto reti)

Tavolo di lavoro 5 Saletta

Ore 14.30- 17.30

Le periferie. La partecipazione, il racconto, la comunicazione. Un nuovo mainstream?

Raccontare e far raccontare a chi le vive le periferie è un modo per ritrovare una nuova centralità delle persone che vivono e abitano le nostre città nel mainstream comunieativo. Corviale è una esperienza di frontiera che ha già sperimentato numerose forme di partecipazione e comunicazione che hanno la necessità di trovare nuove sintesi e nuovi percorsi per colonizzare gli altri spazi della città e degli immaginari contemporanei.

Coordinano:
Andrea Volterrani (Tor Vergata) e Tommaso Capezzone ( blogger )
Partecipano:
Anna Maria Bianchi (Carte in Regola) Salvatore De Mola (sceneggiatore) Giuseppe Manzo (Legacoopsociali) Gaia Peruzzi (Sapienza) Paola Springhetti (CESV), Federico Valerio (Undici radio), Alice Valle (social media blogger), Sandro Zioni (Informat srl), Elisa Longo (“Giornale Le periferie”), Ivan Selloni ( Corviale.com), Aldo Feroci (Fotografo)

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Ispra: Rapporto 2014 sul recupero energetico da rifiuti urbani

rifiutiDiminuiscono nelle nostre discariche i rifiuti speciali, ma aumentano quelli pericolosi. Sono alcuni dei dati forniti dall’ Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale nel “Rapporto sul Recupero Energetico da Rifiuti Urbani in Italia 2014”.
Vista l’attualità della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che ha multato pesantemente l’Italia per il mancato rispetto delle direttive sulle discariche, sono forniti alcuni dati.
Le discariche che smaltiscono rifiuti speciali sono 418 (237 al nord, 66 al centro e 115 al sud; di queste solo 10 per rifiuti pericolosi). Nel 2012 vanno in in discarica circa 11,5 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (90,7% non pericolosi e 9,3% pericolosi). Gli impianti di incenerimento di rifiuti speciali sono 90 e nel 2012 hanno trattato oltre 856 mila tonnellate di rifiuti speciali; i rifiuti sanitari sono il 13,4% del totale di quelli inceneriti (115 mila tonnellate).
Pertanto aumenta la produzione di rifiuti pericolosi (+8,1%) e diminuisce quella dei non pericolosi (-2,7%), rispetto ad un calo della produzione totale di rifiuti speciali (-2,1%).
Sull’andamento generale del sistema rifiuti sembra pesare anche la crisi economica, in particolare “tra il 2011 e il 2012, la produzione totale di rifiuti speciali registra una flessione del 2,1%, passando da 137,2 milioni a 134,4 milioni di tonnellate”.
La riduzione riguarda “i soli rifiuti speciali non pericolosi, soprattutto i rifiuti da costruzione e demolizione: la flessione, rispetto al 2011, è del 2,7%, corrispondente a circa 3,5 milioni di tonnellate”. Mentre “la produzione totale di rifiuti pericolosi, quasi 9,4 milioni di tonnellate, aumenta dell’8,1% (700 mila tonnellate)”. La maggior parte dei rifiuti pericolosi è attribuibile al settore manifatturiero: 40% del totale, pari a oltre 3,7 milioni di tonnellate; il 26,9% deriva da trattamento rifiuti, mentre il 19,8% proviene dal settore servizi, commercio e trasporti (che produce anche 1,2 milioni di tonnellate di veicoli fuori uso).
I rifiuti speciali non pericolosi provengono in gran parte dal settore costruzioni e demolizioni (42,1%) e da attività manifatturiere (24,5%). La forma di gestione prevalente è il recupero di materia (62,1% del totale dei rifiuti gestiti); tra le altre operazioni di smaltimento, la discarica con l’8,4%.
Esclusi gli stoccaggi, la quantità di rifiuti speciali avviati a recupero e smaltimento nel 2012 è di circa 118 milioni di tonnellate, di cui 110,5 milioni (93,8%) rifiuti non pericolosi.
Per i rifiuti pericolosi l’operazione più diffusa è il “riciclo e recupero dei metalli o composti metallici” che riguarda 546 mila tonnellate (29,1% del totale dei rifiuti pericolosi recuperati).
Gli impianti industriali che nel 2012 utilizzano i rifiuti speciali come fonte di energia sono 469. I rifiuti pericolosi avviati a recupero energetico sono oltre 149 mila tonnellate (7,3%); quelli non pericolosi sono 1,9 milioni di tonnellate (92,7%).

link all’articolo

link al rapporto




Piano infrastrutturale per i veicoli alimentati ad energia elettrica

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 26 settembre 2014
Piano infrastrutturale per i veicoli alimentati ad energia elettrica,
ai sensi dell’articolo 17-septies del decreto-legge 22 giugno 2012,
n. 83.
(GU n.280 del 2-12-2014)

IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
sulla proposta del
MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE
E DEI TRASPORTI

Vista la legge del 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la
crescita del Paese, che ha introdotto, con il Capo IV-bis, le
disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilita’ sostenibile
mediante veicoli a basse emissioni complessive attraverso misure
volte a favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la
ricarica di veicoli alimentati ad energia elettrica e la
sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di
veicoli a basse emissioni complessive, con particolare riguardo al
contesto urbano, nonche’ l’acquisto di veicoli a trazione elettrica o
ibrida;
Visto l’articolo 17-septies introdotto dalla richiamata legge n.
134/2012, concernente il Piano nazionale infrastrutturale per la
ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, il quale
prevede, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i
livelli minimi uniformi di accessibilita’ al servizio di ricarica dei
veicoli alimentati ad energia elettrica, l’approvazione, su proposta
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Piano
nazionale infrastrutturale che ha ad oggetto la realizzazione di reti
infrastrutturali per la ricarica dei veicoli stessi, nonche’
interventi di recupero del patrimonio edilizio finalizzati allo
sviluppo delle reti medesime;
Visto in particolare il comma 1 del citato articolo 17-septies il
quale stabilisce che tale Piano deve essere approvato con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE),
d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive modificazioni
ed integrazioni;
Vista l’intesa sancita dalla Conferenza unificata nella seduta del
17 ottobre 2013, recante l’approvazione del Piano nazionale
infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia
elettrica (repertorio atti n.106/CU del 17 ottobre 2013);
Vista la delibera del CIPE 14 febbraio 2014, n.13 – registrata alla
Corte dei conti in data 30 maggio 2014, registro n. 1, foglio n. 1801
– con la quale il Comitato ha approvato il suddetto Piano che
costituisce parte integrante della delibera medesima;
Considerato che nella detta delibera sono riportati i profili
finanziari aggiornati delle risorse da destinare all’attuazione del
Piano, nonche’ i criteri e le modalita’ di aggiornamento e di
monitoraggio del Piano medesimo;
Considerato che il Piano definisce le linee guida per garantire lo
sviluppo unitario del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad
energia elettrica nel territorio nazionale sulla base di criteri
oggettivi che tengono conto dell’effettivo fabbisogno presente nelle
diverse realta’ territoriali, valutato sulla base dei concorrenti
profili della congestione di traffico veicolare privato, della
criticita’ dell’inquinamento atmosferico e dello sviluppo della rete
stradale urbana ed extraurbana e di quella autostradale;

Decreta:

Art. 1

E’ approvato il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica
dei veicoli alimentati ad energia elettrica di cui alla delibera del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n.
13 del 14 febbraio 2014 richiamata in premessa – registrata alla
Corte dei conti in data 30 maggio 2014, registro n. 1, foglio n. 1801
– e della quale costituisce parte integrante.
Art. 2

L’attuazione del Piano, al fine di concentrare gli interventi nei
singoli contesti territoriali in funzione delle effettive esigenze,
verra’ realizzata attraverso la stipula di appositi accordi di
programma che saranno approvati – ai sensi dell’articolo 17-septies,
comma 5, introdotto dalla richiamata legge n. 134/2012 – con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del CIPE,
a seguito di intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281 e successive modificazioni.
Art. 3

Il presente decreto, dopo la registrazione da parte degli organi
competenti, sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana unitamente alla richiamata delibera del CIPE n.
13/2014 e al Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei
veicoli alimentati ad energia elettrica ad essa allegato.
Roma, 26 settembre 2014

Il Presidente
del Consiglio dei ministri
Renzi

Il Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti
Lupi

Registrato alla Corte dei conti il 28 ottobre 2014
Ufficio controllo atti P.C.M., Ministeri giustizia e affari esteri,
Reg.ne – Prev. n. 2787
Allegato

COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli
alimentati ad energia elettrica (articolo 17-septies del
decreto-legge n. 83/2012, convertito dalla legge n. 134/2012).
(Delibera n. 13/2014).

IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

Vista la direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento
europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da
fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;
Vista la direttiva 2009/33/CE del 23 aprile 2009 del Parlamento
europeo e del Consiglio relativa alla promozione di veicoli puliti e
a basso consumo energetico nel trasporto su strada, che mira a
ridurre le emissioni di gas a effetto serra e a migliorare la
qualita’ dell’aria, in particolare nelle citta’, imponendo alle
amministrazioni aggiudicatrici, agli enti aggiudicatori e a taluni
operatori di tener conto dell’impatto energetico dei veicoli al
momento del loro acquisto;
Visto il regolamento (CE) n.443/2009 del 23 aprile 2009 del
Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di
prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove
nell’ambito dell’approccio comunitario integrato finalizzato a
ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, fissando tra
l’altro, a partire dal 2020, un obiettivo di 95 g CO2/Km come livello
medio di emissioni per il nuovo parco auto;
Vista la comunicazione della Commissione europea COM (2010) 2020
del 3 marzo 2010, intitolata «Europa 2020 – Una strategia per una
crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» che, relativamente
all’obiettivo di favorire la transizione verso un’economia efficiente
sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio,
individua tra le misure per la modernizzazione e decarbonizzazione
del settore dei trasporti anche la realizzazione di «infrastrutture
grid» di mobilita’ elettrica e la promozione di «veicoli verdi»,
incentivando la ricerca, definendo standard comuni e sviluppando
l’infrastruttura necessaria;
Vista la comunicazione della Commissione europea COM (2010) 186
del 28 aprile 2010 al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato
economico e sociale europeo intitolata «Una strategia europea per i
veicoli puliti ed efficienti sul piano energetico», tesa a
contribuire, nel lungo termine, al processo di «decarbonizzazione»
del settore dei trasporti e nella quale la Commissione propone, tra
l’altro, una serie di azioni specifiche per favorire lo sviluppo
della mobilita’ elettrica;
Visto il libro bianco COM(2011)144 «Tabella di marcia verso uno
spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti
competitiva e sostenibile» adottato dalla Commissione europea il 28
marzo 2011, che prevede tra l’altro il superamento della dipendenza
dal petrolio nel settore trasporti a fronte del quale la medesima
Commissione si e’ impegnata ad elaborare una strategia sostenibile
per i combustibili alternativi e la relativa infrastruttura, fissando
un obiettivo del 60% in materia di riduzione delle emissioni di gas
serra nel settore trasporti – da conseguire entro il 2050 – rispetto
ai livelli del 1990, sviluppando e diffondendo eco-tecnologie ed
incentivando l’uso di mezzi «puliti»;
Vista la relazione del «gruppo di alto livello CARS 21»
presentata alla Commissione europea il 6 giugno 2012, nella quale
viene posto in evidenza che la mancanza di un’infrastruttura per i
combustibili alternativi armonizzata a livello dell’Unione ostacola
l’introduzione sul mercato di veicoli alimentati con tali
combustibili e ne ritarda i benefici per l’ambiente;
Vista la comunicazione della Commissione europea COM (2012) 636
dell’8 novembre 2012 dal titolo «Cars 2020: piano d’azione per
un’industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa»,
con la quale la stessa Commissione ha fatto proprie le principali
raccomandazioni del «Gruppo di alto livello CARS 21» e ha presentato
un piano d’azione basato su queste ultime;
Vista la legge 7 agosto 2012, n. 134, di conversione del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la
crescita del Paese, che ha introdotto, al Capo IV-bis, le
disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilita’ mediante
veicoli a basse emissioni complessive attraverso misure volte a
favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica
dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la
diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni
complessive, con particolare riguardo al contesto urbano, nonche’
l’acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida;
Visto l’articolo 17-septies del citato decreto-legge n. 83/2012
che, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale livelli
minimi uniformi di accessibilita’ al servizio di ricarica dei veicoli
alimentati ad energia elettrica, prevede che debba essere approvato,
su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il
Piano nazionale infrastrutturale avente ad oggetto la realizzazione
di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli stessi, nonche’
interventi di recupero del patrimonio edilizio finalizzati allo
sviluppo delle reti medesime;
Visto in particolare il comma 1 del citato articolo 17-septies,
che stabilisce che detto Piano deve essere approvato con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del CIPE,
d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive
modificazioni;
Considerato che il citato Piano deve inoltre definire le linee
guida per garantire lo sviluppo unitario del servizio di ricarica
sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell’effettivo
fabbisogno presente nelle diverse realta’ territoriali, valutato
sulla base dei concorrenti profili della congestione del traffico
veicolare privato, della criticita’ dell’inquinamento atmosferico e
dello sviluppo della rete urbana ed extraurbana e di quella
autostradale;
Vista la comunicazione della Commissione europea COM (2013) 17
del 24 gennaio 2013, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, concernente
l’«Energia pulita per i trasporti: una strategia europea in materia
di combustibili alternativi», nella quale sono prese in esame le
principali opzioni disponibili per sostituire il petrolio, al fine di
contribuire anche alla riduzione delle emissioni di gas serra nel
settore dei trasporti, e in cui viene altresi’ proposto un elenco
organico di misure indicando anche l’elettricita’ tra le principali
opzioni energetiche in materia di combustibili alternativi al
petrolio per promuovere la loro diffusione sul mercato europeo;
Vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio COM (2013) 18 del 24 gennaio 2013 concernente la
realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi,
che stabilisce un quadro comune di misure per la realizzazione di
tale infrastruttura al fine di ridurre la dipendenza dal petrolio nel
settore dei trasporti e che definisce i requisiti minimi per la sua
realizzazione e specifiche tecniche comuni, anche in materia di punti
di ricarica per i veicoli elettrici;
Visto inoltre l’articolo 3 della suddetta proposta con la quale
la Commissione europea chiede agli Stati membri di definire quadri
strategici nazionali per lo sviluppo dei combustibili alternativi e
della relativa infrastruttura, al fine di promuovere la diffusione
sul mercato dei combustibili alternativi e creare l’infrastruttura
minima necessaria per tali combustibili;
Vista la proposta n. 25156 del 2 agosto 2013 del Capo di
Gabinetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la
quale, d’ordine del Ministro, e’ stato trasmesso il Piano nazionale
infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia
elettrica (PNIRE), unitamente alla relazione istruttoria della
competente Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la
programmazione ed i progetti internazionali, Piano successivamente
trasmesso dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento
della politica economica (DIPE), in data 20 settembre 2013, alla
Conferenza unificata per l’acquisizione della prescritta intesa;
Vista l’intesa sancita dalla Conferenza unificata nella seduta
del 17 ottobre 2013 – repertorio atti n.106/CU del 17 ottobre 2013 –
trasmessa con nota n. 4585 del 23 ottobre 2013 e recante
l’approvazione del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica
dei veicoli alimentati ad energia elettrica presentato dal Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti nella versione che recepisce sia
le integrazioni proposte dalle Regioni nella riunione tecnica del 10
ottobre 2013, sia la richiesta formulata dall’ANCI e diramata dalla
Conferenza con nota n. CSR4483 del 16 ottobre 2013, volta ad
integrare il capitolo 7 del Piano;
Vista la nota della Conferenza unificata n. 4542 del 21 ottobre
2013 con la quale sono state trasmesse al DIPE le precisazioni del
Ministero dell’economia e delle finanze, Gabinetto – di cui alla nota
n. 23841 del 17 ottobre 2013 – concernenti lo stanziamento del Fondo
di cui all’articolo 17-septies del citato decreto-legge n. 83/2012
per il finanziamento del Piano nazionale infrastrutturale (PNIRE),
nonche’ quello destinato alle agevolazioni per l’acquisto di veicoli
a basse emissioni complessive, di cui all’articolo 17-undecies del
medesimo decreto-legge, oggetto di riduzioni in attuazione di
provvedimenti legislativi;
Considerato che, nella seduta dell’8 novembre 2013, questo
Comitato ha deciso di rinviare ad altra seduta l’esame del Piano
nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici
iscritto al relativo ordine del giorno;
Vista la nota n. 44075 del 23 dicembre 2013 con la quale il Capo
di Gabinetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha
richiesto di iscrivere all’ordine del giorno del CIPE l’esame del
Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli
alimentati ad energia elettrica, per la conseguente approvazione;
Vista la successiva nota n. 7621 del 30 gennaio 2014 del
Ministero dell’economia e delle finanze, Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato, con la quale sono state segnalate
ulteriori riduzioni degli stanziamenti dei pertinenti capitoli di
bilancio a seguito di recenti provvedimenti legislativi;
Tenuto conto che, a seguito di tutti gli aggiornamenti
intervenuti, le disponibilita’ del capitolo 7119/MIT risultano pari a
euro 18.417.176 per il 2013, a euro 14.297.133 per il 2014 e a euro
14.915.000 per il 2015, mentre le disponibilita’ del capitolo
7322/MISE risultano pari a euro 36.385.329 per il 2013, a euro
31.363.943 per il 2014 e a euro 40.392.276 per il 2015;
Tenuto conto delle valutazioni congiunte del Tavolo tecnico del 4
febbraio 2014, istituito in esito all’esame del Piano nella seduta
preparatoria del CIPE del 28 gennaio 2014, cui hanno partecipato i
rappresentanti dei Ministeri delle infrastrutture, dello sviluppo
economico, dell’ambiente e della Presidenza del Consiglio dei
Ministri – DIPE, riportate rispettivamente nelle note n. 250/SG del 7
febbraio 2014 del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare – Segretariato generale e n. 3603 del 13
febbraio 2014 del Ministero dello sviluppo economico – Gabinetto;
Vista inoltre la nota n. 5101 del 6 febbraio 2014 con la quale il
Capo di Gabinetto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
ha nuovamente chiesto di inserire all’ordine del giorno della seduta
preparatoria del CIPE in pari data, l’esame del Piano nazionale
infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia
elettrica per la sua approvazione nella successiva seduta di questo
Comitato;
Tenuto conto dell’esame della proposta svolto ai sensi del
vigente regolamento di questo Comitato (articolo 3 della delibera 13
maggio 2010, n. 58);
Vista l’odierna nota n. 693-P, predisposta congiuntamente dal
Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica
economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero
dell’economia e delle finanze e posta a base della presente seduta
del Comitato, contenente le osservazioni e le prescrizioni da
recepire nella presente delibera;

Delibera:

E’ approvato il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica
dei veicoli alimentati ad energia elettrica di cui all’articolo
17-septies del decreto-legge n. 83/2012, convertito dalla legge n.
134/2012, presentato dal Ministero delle infrastrutture e trasporti e
allegato alla presente delibera di cui costituisce parte integrante.
1. Modalita’ attuative del Piano
1.1 Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il
tramite della Direzione generale per lo sviluppo del territorio, la
programmazione ed i progetti internazionali e della Direzione
generale per la motorizzazione, promuove la stipula di appositi
accordi di programma, al fine di concentrare gli interventi nei
singoli contesti territoriali in funzione delle effettive esigenze,
promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e
privati, ivi comprese le societa’ di distribuzione dell’energia
elettrica.
1.2 Tali accordi di programma, ai sensi dell’art.17-septies,
comma 5, saranno approvati con decreto del Presidente del consiglio
dei Ministri, previa delibera di questo Comitato a seguito di intesa
con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e successive modificazioni.
Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta
intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.
2. Istituzione del Tavolo tecnico (MISTEG)
2.1 In tempo utile per il primo aggiornamento del Piano fissato
al 30 giugno 2014 dall’articolo 17-septies, comma 2, del citato
decreto-legge n. 83/2012 andra’ costituito, presso la Direzione
generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i
progetti internazionali del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, un apposito Tavolo tecnico (MISTEG) tra il detto
Ministero, il Ministero dello sviluppo economico e l’Autorita’ per
l’energia elettrica ed il gas, esteso al Ministero dell’ambiente e
della tutela del territorio e del mare, all’ANCI, all’UPI e alla
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, anche ai fini
dell’aggiornamento del Piano medesimo.
2.2 Al fine di migliorare la realizzazione dei programmi
integrati di promozione dell’adeguamento tecnologico degli edifici
esistenti e di favorire la possibile associazione tra province e
comuni (ex comma 6 del richiamato articolo 17-septies), e’ necessario
individuare per la selezione di tali programmi, nell’ambito del
citato Tavolo tecnico (MISTEG), idonei criteri generali modulati
anche in funzione del livello di cooperazione inter-istituzionale.
3. Copertura finanziaria
3.1 Ai fini del finanziamento del Piano nazionale, le risorse
sono quelle individuate nell’apposito fondo istituito nello stato di
previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
capitolo 7119, con una dotazione che, allo stato, risulta pari a
complessivi euro 47.629.309, di cui euro 18.417.176 per l’anno 2013,
euro 14.297.133 per l’anno 2014 ed euro 14.915.000 per l’anno 2015.
3.2 A valere sulle risorse di cui al punto precedente, il
Ministero delle infrastrutture partecipa al cofinanziamento, fino ad
un massimo del 50 per cento delle spese sostenute per l’acquisto e
per l’installazione degli impianti, dei progetti presentati dalle
Regioni e dagli Enti locali, relativi allo sviluppo delle reti
infrastrutturali per la ricarica dei veicoli, nell’ambito degli
accordi di programma di cui al precedente punto 1.1.
3.3 Ai sensi dell’art. 2 comma 1 del decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174 – convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre
2012, n. 213 – una quota pari all’80 per cento dei trasferimenti
erariali a favore di ciascuna regione sara’ erogata a condizione che
la regione stessa abbia adottato apposite misure di riduzione dei
costi della politica.
3.4 Le agevolazioni relative all’acquisto di veicoli a basse
emissioni complessive, previste al punto 8.5 del Piano nazionale,
trovano copertura a carico degli stanziamenti iscritti sul capitolo
7322 del Ministero dello sviluppo economico, che, allo stato,
ammontano a complessivi euro 108.141.548, di cui euro 36.385.329 per
il 2013, euro 31.363.943 per il 2014 e euro 40.392.276 per il 2015.
3.5 Il Piano, nelle varie fasi della sua realizzazione, dovra’
essere ricondotto nel limite delle effettive disponibilita’ iscritte
sui pertinenti capitoli di bilancio indicati ai punti 3.1 e 3.4.
4. Attivita’ di monitoraggio
4.1 Nel quadro delle attivita’ del Tavolo tecnico di cui al
precedente punto 2.1, al fine di migliorare la base conoscitiva
funzionale ad una programmazione maggiormente mirata ed efficace
della relativa strategia di intervento, si rende necessario
effettuare, nell’ambito delle risorse disponibili, anche:
a) il monitoraggio degli adempimenti posti in capo alle Regioni e
ai Comuni in termini di adeguamento delle normative di rispettiva
competenza (articolo 17-ter, comma 1; articolo 17-quinquies, commi
1-ter e 1-quater; articolo 17-sexies, commi 2 e 3 del decreto-legge
n. 83/2012);
b) l’acquisizione e l’aggiornamento dei dati concernenti i
parametri individuati come significativi per l’assegnazione del
relativo livello di priorita’ a ciascuna delle aree candidate agli
interventi di infrastrutturazione;
c) la realizzazione di un sistema informativo in grado di
monitorare i progressi del Piano nazionale e le criticita’
riscontrate in corso di realizzazione, anche ai fini delle
comunicazioni dello Stato italiano alla Commissione europea, in linea
con la proposta di direttiva COM(2013)18;
d) al fine di assicurare maggiore efficienza al sistema di
monitoraggio, e’ opportuno che il Tavolo tecnico (MISTEG) individui
anche idonei meccanismi premiali per i soggetti virtuosi
nell’alimentare il flusso informativo verso la Piattaforma unica
nazionale (PUN) prevista al capitolo 6.3 del Piano e, viceversa,
sanzionatori nei confronti dei soggetti inadempienti.
5. Aggiornamento del Piano
5.1 Ai sensi dell’articolo 17-septies, comma 2, del richiamato
decreto-legge n. 83/2012, il Piano nazionale in esame sara’ oggetto
di aggiornamenti annuali, a partire sin dall’anno 2014, entro il 30
giugno di ciascun anno.
5.2 Con riferimento alle ulteriori linee guida previste dal
Piano, finalizzate a dettare le indicazioni di base per
l’installazione delle infrastrutture di ricarica su suolo pubblico,
le stesse dovranno essere definite in occasione del primo
aggiornamento del Piano medesimo.
5.3 I dati quantitativi contenuti nel Piano, relativi al numero
di infrastrutture di ricarica da realizzare entro il 2020,
costituiscono una stima non vincolante suscettibile di aggiornamenti.
Pertanto, gia’ in occasione della prima revisione del Piano (30
giugno 2014), andranno rivisti gli obiettivi quantitativi relativi al
numero di infrastrutture di ricarica, alla luce di quanto emergera’
dalla direttiva comunitaria in corso di adozione sullo sviluppo delle
infrastrutture di rifornimento dei veicoli alternativi e in coerenza
con il trend di sviluppo del parco veicoli elettrici circolante nel
nostro Paese, nonche’ sulla base di altri parametri che potranno
emergere dal Tavolo tecnico (MISTEG).
5.4 Per gli aspetti relativi all’ambiente, l’aggiornamento del
Piano dovra’ incentrarsi sui seguenti temi:
a) strategia al 2030 secondo i nuovi obiettivi UE concernenti
la riduzione dei gas ad effetto serra, l’incremento delle fonti
energetiche rinnovabili ed il miglioramento della qualita’ dell’aria
ambiente;
b) uso dell’energia elettrica per la ricarica dei veicoli
alimentati ad energia elettrica con priorita’ di provenienza da fonti
rinnovabili, attraverso una corretta modalita’ di gestione delle
reti;
c) progetti di finanziamento del Piano con priorita’ nei
confronti degli Enti locali che hanno sviluppato interventi
finalizzati all’efficienza energetica, all’uso delle fonti
rinnovabili e alla gestione del traffico attraverso la mobilita’
sostenibile, a valere su finanziamenti gia’ concessi dal Ministero
dell’ambiente e dagli altri Ministeri competenti in materia;
d) fissazione dei criteri di valutazione dei progetti regionali
e dei punti di ricarica considerando, tra gli altri, lo sviluppo
della rete di gas naturale, la produzione di biometano (decreto
interministeriale Ministeri sviluppo economico, ambiente e politiche
agricole del 5 dicembre 2013) e la situazione del territorio in
termini di inquinamento atmosferico;
e) in considerazione del notevole impatto ambientale correlato
allo smaltimento degli accumulatori con cui sono alimentati i veicoli
a trazione elettrica, e’ necessario che il Tavolo tecnico (MISTEG) di
cui al punto 2.1 indichi un percorso temporale e metodologico per la
creazione di un Pubblico Registro degli Accumulatori tale da
consentire la tracciabilita’ degli stessi, sia nella fase di loro
utilizzo che in quella di smaltimento.




Mafia e illegalità a Roma: intervista esclusiva a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità Anticorruzione

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Roma – Corviale, Raffaele Cantone (magistrato, presidente Autorità Anticorruzione) e Elisa Longo (giornalista) nella palestra di Calcio sociale, convegno Contromafie 2014

Le organizzazioni mafiose ricercano il consenso sostituendosi allo Stato e alla società civile nei territori. Raffaele Cantone risponde alle domande di CorvialeDomani sulle preoccupazioni dei cittadini, durante la giornata di apertura di Contromafie 2014, svoltasi nella sede di CalcioSociale a Corviale il 23 Ottobre.

Una delle cause principali del degrado in cui viviamo a Roma è l’intreccio tra economie criminali e fenomeni di corruzione. Si può affermare che nella Capitale si stia manifestando una nuova tipologia di mafia, frutto anche della contaminazione tra mafie di origine nazionale e mafie straniere?

«Non ho contezza di fatti specifici a riguardo, ma è sicuramente vero che le mafie, ormai, abbiano assunto un carattere transnazionale, a Roma come nel resto del paese. Si tratta di un rapporto bidirezionale, che vede gruppi italiani di criminalità organizzata in perfetta osmosi con “colleghi” di provenienza prevalente dai paesi dell’est Europa. Si tratta di organizzazioni che si scambiano uomini e mezzi, nonché supporto logistico, per la gestione dei loro affari illeciti».

Le attività criminali si stanno concentrando soprattutto nei quartieri multietnici di Roma dove stanno prendendo piede forme di strumentalizzazione e promozione di movimenti populistici e xenofobi.  Esiste un interesse diretto da parte delle organizzazioni criminali a favorire questa  modalità di controllo sociale per ottenere in tal modo un consenso diffuso intorno alle proprie attività illecite? 

«La ricerca del consenso è fondamentale per la sussistenza di queste organizzazioni criminali; un modo per ottenere tale consenso è, ovviamente, sostituirsi allo Stato nel rispondere ai bisogni fondamentali della gente. Ecco perché lì dove lo Stato non riesce ad essere presente, se non in modo repressivo, le organizzazioni mafiose prosperano. Io sono napoletano, ed il quartiere Corviale di Napoli si chiama Scampia: deficit di urbanizzazione e totale assenza di presidi minimi di legalità – se non quelli realizzati da associazioni e volontari – rappresentano il comune denominatore di due realtà che sono molto più vicine di quanto si possa immaginare».

Non sarebbe il caso di svolgere una ricerca-azione di tipo interdisciplinare – tipo quella che fece Franco Ferrarotti negli anni Sessanta proprio nelle periferie romane – per venire a capo di tutte le tipologie del fenomeno e delle connessioni nazionali e internazionali?

«Senza nulla togliere al valore educativo e pedagogico della sociologia, credo di poter dire, senza tema di smentita, che questo fenomeno, con tutte le sue declinazioni e connessioni dentro e fuori dai confini del Paese, sia già ampiamente noto a chi è chiamato a contrastarlo e sconfiggerlo».

In alcuni quartieri di Roma, come Corviale, Torpignattara, Pigneto, si stanno sperimentando percorsi partecipativi “dal basso”.  In tali percorsi, quali forme di contrasto alle mafie si potrebbero realizzare da parte della società civile, nonostante la persistente sottovalutazione della presenza del fenomeno mafioso nella Capitale e della sua specificità da parte delle istituzioni?

«La lotta alle mafie deve necessariamente seguire due binari: quello repressivo e punitivo – compito precipuo di magistrati e forze dell’ordine – e quello culturale, che attiene alle coscienze di ciascuno di noi. Il rispetto delle regole, anche le più elementari, che caratterizzano una comunità è il primo passo per l’affermazione dei principi del vivere civile».

Quale ruolo svolge il giornalismo d’inchiesta e quali forme di collaborazione si potrebbero realizzare tra giornalisti e cittadini?

«Se il giornalismo, tout court, è il cane da guardia della democrazia, i cittadini possono, e devono, diventarne le sentinelle»




La rivoluzione industriale e il “futuro a costo 0”

rifkinda L’Espresso:

Ognuno di noi diventerà sempre di più “prosumer”, cioè produttore e consumatore di energia, informazioni e persino oggetti. Grazie a una Rete sempre più diffusa che ci permetterà di condividere tutto. Una trasformazione già in corso che potrà riportare il benessere in Italia e in Europa. Il grande economista spiega la sua formula.

Lo scorso 9 luglio il primo ministro italiano Matteo Renzi ha inaugurato il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, invocando un nuovo, coraggioso piano per la creazione di “un’Europa digitale”. Il premier Renzi e Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione e commissario Ue per l’agenda digitale, hanno promosso una conferenza che ha visto riunirsi a Venezia numerosi leader d’impresa italiani ed europei, e che è sfociata nella “Dichiarazione di Venezia”, un documento per traghettare l’Italia e l’Unione nell’era digitale. Per l’occasione mi è stato chiesto di pronunciare il discorso d’apertura.

Ho spiegato che digitalizzare l’economia italiana ed europea significa ben più che offrire una banda larga senza soluzione di continuità e una rete wi-fi più affidabile. L’economia digitale rivoluzionerà l’economia globale in ogni suo aspetto, stravolgerà il modus operandi in pressoché tutti i settori produttivi e recherà con sé opportunità economiche e modelli d’impresa assolutamente inediti. Un nuovo sistema economico – il Commons collaborativo – sta facendo il suo ingresso sulla scena mondiale. È la prima affermazione di un nuovo paradigma economico da quando vennero alla ribalta il capitalismo e il socialismo. Il Commons collaborativo sta già trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, e nella prima metà del XXI secolo arriverà a creare milioni di nuovi posti di lavoro, a ridurre le disparità di reddito, a democratizzare l’economia globale e a dare vita a una società ecologicamente più sostenibile.
Ad accelerare questa grande trasformazione è, paradossalmente, lo straordinario successo dell’economia di mercato. Le imprese private sono alla continua ricerca di nuove tecnologie per aumentare la produttività e ridurre il costo marginale della produzione e della distribuzione di beni e servizi, così da abbassare i prezzi, attirare i consumatori e assicurare ai propri investitori un profitto sufficiente. Il costo marginale è il costo di produzione delle unità aggiuntive di un bene o di un servizio, al netto dei costi fissi. Ma nessun economista, però, aveva mai preconizzato una rivoluzione tecnologica che, sfociando nella “produttività estrema”, avrebbe spinto i costi marginali verso lo zero e sottratto all’economia di mercato l’informazione, l’energia e un gran numero di servizi e di beni materiali, resi abbondanti e virtualmente gratuiti. Ebbene, tutto questo ha già cominciato a realizzarsi.

Nell’ultimo decennio il fenomeno del costo marginale zero ha seminato lo scompiglio nell’industria dei “prodotti d’informazione”: milioni di consumatori si sono trasformati in “prosumers” (produttori e consumatori) e hanno iniziato a produrre e condividere musica attraverso i servizi di file sharing, video attraverso YouTube, sapere attraverso Wikipedia, notizie personali attraverso i social media, e persino e-book gratuiti attraverso il Web. Il fenomeno del costo marginale zero ha messo in ginocchio l’industria discografica, estromesso dal mercato giornali e riviste, indebolito l’editoria libraria. Pur riconoscendo le notevoli conseguenze legate al progressivo azzeramento del costo marginale, fino a non molto tempo fa gli analisti sostenevano che il fenomeno non avrebbe mai superato il confine che separa il mondo virtuale dalla realtà economica concreta dell’energia, dei servizi e dei beni materiali. Oggi quel confine è stato varcato.

L’internet delle cose
È in atto una nuova, dirompente rivoluzione tecnologica, che metterà milioni (e presto centinaia di milioni) di prosumers in condizione di produrre e condividere energia, così come una sempre più nutrita serie di oggetti realizzati mediante stampa 3D, a costi marginali quasi zero. La combinazione fra l’Internet delle comunicazioni, l’avviata Internet dell’energia e la nascente Internet dei trasporti e della logistica automatizzati sta dando vita all’Internet delle cose (Idc), la piattaforma di una Terza rivoluzione industriale che nei prossimi decenni trasformerà profondamente l’economia planetaria. Miliardi di sensori, collegati a ogni apparecchio, strumento, macchina o dispositivo, raccorderanno ogni cosa e ogni persona in un’unica rete neurale che si estenderà, senza soluzione di continuità, lungo tutta la catena economica del valore. Sono già 14 miliardi i sensori collegati a flussi di risorse, magazzini, sistemi stradali, linee di produzione industriali, reti elettriche, uffici, case, negozi e veicoli, per monitorarne ininterrottamente le condizioni e il rendimento e trasmettere la massa di dati così ricavata, i big data, alle Internet delle comunicazioni, dell’energia e della logistica e dei trasporti. Si ritiene che nel 2030 l’ambiente umano e quello naturale saranno collegati, in una rete intelligente a diffusione globale, da oltre centomila miliardi di sensori. Imprese e prosumers potranno connettersi all’Internet delle cose e sfruttarne i big data e le analisi per elaborare algoritmi predittivi al fine di migliorare la propria efficienza, aumentare drasticamente la produttività e abbattere quasi a zero i costi marginali di fabbricazione e distribuzione dei prodotti fisici, come già fanno i prosumers con i prodotti d’informazione.

 

Nei prossimi decenni, per esempio, l’enorme quantità di energia che usiamo per riscaldare le nostre case e azionare i nostri elettrodomestici, per alimentare le nostre imprese, per far marciare i nostri veicoli, insomma per fare funzionare ogni componente dell’economia globale, verrà generata a costo quasi zero e sarà quindi pressoché gratuita. È già così per quegli svariati milioni di pionieri che hanno trasformato le loro abitazioni e le sedi delle loro attività in microcentrali capaci di raccogliere sul posto energia rinnovabile. Già prima che il costo fisso dell’installazione di questi impianti solari o eolici sia recuperato (generalmente in un lasso di tempo molto breve che può variare dai due agli otto anni), il costo marginale dell’energia prodotta grazie a essi è quasi zero. Diversamente dai combustibili fossili e dall’uranio impiegato per generare energia nucleare, dove la fonte energetica continua ad avere un costo, i raggi solari catturati sui tetti e il vento intercettato tra gli edifici non costano nulla. L’Internet delle cose consentirà ai prosumers di monitorare il consumo di elettricità nei propri stabili, ottimizzarne l’efficienza energetica e cedere ad altri l’elettricità verde in eccesso attraverso la sempre più articolata Internet dell’energia.

Analogamente, centinaia di migliaia di hobbisti e di start-up sono già impegnati nella produzione in proprio di oggetti tramite stampa 3D, sfruttando software gratuiti ed economici materiali riciclati (plastica, carta e altre materie prime reperibili in loco a costo marginale quasi zero). Nel 2020 i prosumers saranno in grado di scambiarsi prodotti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi, affidandone il trasporto a veicoli senza conducente alimentati da propulsori elettrici o pile a combustibile, cioè da energia rinnovabile a costo marginale quasi zero, e supportati da un’Internet della logistica e dei trasporti.

Grazie al carattere distribuito e paritario dell’Intenet delle cose, milioni di piccoli soggetti – imprese sociali e individuali – saranno messi nelle condizioni di cooperare pariteticamente in Commons collaborativi, instaurando economie di scala laterali capaci di bypassare gli ultimi intermediari che nella Seconda rivoluzione industriale, dominio delle grandi aziende globali a integrazione verticale, tenevano alti i costi marginali. Questa fondamentale trasformazione tecnologica del modo in cui l’attività economica è organizzata e portata a dimensioni di scala prelude a un grande mutamento nel flusso del potere economico, che dalle mani di pochi soggetti passerà a quelle delle masse, con conseguente democratizzazione della vita economica.

Gli incrementi di produttività della Terza rivoluzione industriale supereranno quelli della Prima e della Seconda. Secondo le previsioni della Cisco Systems, nel 2022 l’Internet delle cose genererà risparmi ed entrate per 14.400 miliardi di dollari. Uno studio della General Electric pubblicato nel novembre 2012 conclude che nel 2025 i guadagni di efficienza e produttività resi possibili da una struttura Internet industriale intelligente potrebbero interessare tutti i settori economici, investendo “circa metà dell’economia globale”.

L’era del commons collaborativo
Milioni di persone stanno già trasferendo parti o segmenti della loro vita economica dai mercati capitalistici al Commons collaborativo globale. I prosumers non si limitano a produrre e condividere informazioni, contenuti d’intrattenimento, energia verde, oggetti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi a costo marginale quasi zero. Condividono tra loro anche automobili, case e persino vestiti, attraverso siti di social media, strutture per facilitare i noleggi, club di ridistribuzione e cooperative, ancora una volta a costo marginale quasi zero.
Questa economia della compartecipazione collaborativa vede attivamente impegnato il 40 per cento della popolazione statunitense. Gli americani che usano servizi di car sharing, per esempio, sono oggi svariati milioni. E ogni veicolo noleggiato in car sharing toglie dalla strada 15 automezzi di proprietà. Allo stesso modo milioni di persone che possiedono una casa o risiedono in un appartamento mettono oggi in condivisione le loro abitazioni con milioni di viaggiatori, sempre a costi marginali prossimi allo zero, tramite servizi online come Airbnb e Couchsurfing. Fra il 2012 e il 2013, nella sola New York le persone ospitate in case e appartamenti grazie ad Airbnb sono state 416.000, facendo perdere all’industria alberghiera newyorkese un milione di pernottamenti. Al “valore di scambio” sul mercato si va sempre più sostituendo il “valore della condivisione” nel Commons collaborativo.

In una società a costo marginale zero la produttività estrema riduce – una volta assorbiti i costi fissi – il costo delle informazioni, dell’energia, delle risorse materiali, del lavoro e della logistica necessari per produrre, distribuire e riciclare beni e servizi. Il passaggio dal possesso all’accesso significa un maggior numero di persone che condividono un minor numero di beni in Commons collaborativi, e una drastica riduzione del numero di nuovi prodotti venduti, con conseguente contrazione dell’uso di risorse e minori emissioni di gas serra nell’atmosfera. In altri termini, la spinta verso una società a costo marginale zero e la possibilità di scambiarsi in Commons collaborativi energia verde quasi gratuita, nonché beni e servizi fondamentali, portano alla più sostenibile ed ecologicamente efficiente delle economie possibili. La corsa all’azzeramento del costo marginale è la chiave per assicurare all’uomo un futuro sostenibile sul pianeta.

Recenti ricerche hanno evidenziato il potenziale economico del Commons collaborativo. Da uno studio del 2012 è emerso che il 62 per cento dei nati tra gli anni Sessanta e il nuovo millennio è attratto dall’idea di condividere beni, servizi ed esperienze in Commons collaborativi. Alla richiesta di indicare in ordine d’importanza i vantaggi di un’economia della condivisione, gli intervistati hanno assegnato il primo posto al risparmio di denaro, seguito dall’impatto sull’ambiente, la flessibilità nello stile di vita, la praticità della condivisione e la facilità d’accesso a beni e servizi. Tra i vantaggi emotivi gli intervistati hanno messo al primo posto la generosità, seguita dalla sensazione di essere parte importante di una comunità, la consapevolezza di vivere in modo intelligente, il maggior senso di responsabilità e quello di appartenenza a un movimento.

Ma quanto è verosimile che il Commons collaborativo arrivi a soppiantare il modello d’impresa convenzionale? In un sondaggio d’opinione condotto dalla Latitude Research, «il 75 per cento degli intervistati si è detto dell’avviso che nei prossimi cinque anni la condivisione di beni materiali e di spazi conoscerà un’espansione». Molti analisti del settore concordano con queste previsioni ottimistiche. Nell’era che si sta profilando le multinazionali operanti in un contesto di mercato capitalistico, dominato dal profitto, resteranno a lungo tra noi, ma in una posizione sempre più marginale, essenzialmente come forza d’aggregazione di servizi e soluzioni di rete, e affiancheranno come efficaci partner il Commons collaborativo. Tuttavia, il mercato capitalistico cesserà di essere l’arbitro esclusivo della vita economica. Stiamo per entrare in un mondo almeno parzialmente oltre i mercati, un mondo nel quale impareremo a vivere insieme in un Commons collaborativo globale sempre più interdipendente.

 

L’opportunità per l’europa
Potenzialmente l’Unione europea è il più grande mercato interno a livello mondiale, con 500 milioni di consumatori, cui vanno aggiunti i 500 milioni dei territori legati a essa da accordi di partnership, come i paesi del Mediterraneo e del Nordafrica. La creazione di un’Internet delle cose, in grado di collegare l’Europa e i territori a essa associati in un unico spazio economico integrato, consentirà a un miliardo di persone di produrre e scambiare a costo marginale quasi zero informazioni, energia rinnovabile, oggetti prodotti con stampa 3D e un’ampia gamma di servizi in un’economia digitale ibrida, un po’ mercato capitalistico e un po’ Commons collaborativo, con notevolissimi benefici per la società. La Dichiarazione di Venezia per lo sviluppo di un’Unione digitale nel semestre di presidenza italiana è il primo, fondamentale passo per la creazione di un mercato unico integrato.

Predisporre un’infrastruttura Idc per un’economia da Terza rivoluzione industriale richiederà un consistente volume di investimenti pubblici e privati, come già accaduto per le due rivoluzioni industriali precedenti. Nel 2012 l’Unione europea ha investito in progetti infrastrutturali 740 miliardi di euro, gran parte dei quali sono andati a puntellare l’obsoleta piattaforma tecnologica pensata per la Seconda rivoluzione industriale e giunta ormai da tempo alla sua massima capacità produttiva. Se solo il 10 per cento di quei fondi fosse indirizzato diversamente, se cioè in tutte le regioni dell’Unione europea venisse destinato alla costruzione di un’infrastruttura Idc e integrato da altrettanti fondi istituzionali e da altre forme di finanziamento, l’Unione digitale potrebbe diventare una realtà entro il 2040 (a fine 2011 gli investitori istituzionali dei Paesi Ocse contavano risorse per oltre 70.000 miliardi di dollari, di cui appena il 2 per cento risulta investito in programmi infrastrutturali).

L’Internet delle comunicazioni dell’Ue dovrà essere potenziata, a partire dalla diffusione universale della banda larga e dalla copertura wi-fi gratuita. L’infrastruttura per l’energia dovrà essere trasformata, passando dai combustibili fossili e dal nucleare alle energie rinnovabili. Milioni di edifici dovranno essere riadattati, dotati di impianti per sfruttare le fonti rinnovabili e convertiti in microcentrali elettriche. La rete elettrica dell’Unione europea dovrà essere trasformata in un’Internet dell’energia, una struttura digitale intelligente in grado di regolare il flusso dell’energia prodotto da milioni di microcentrali verdi. Il settore logistica e trasporti dovrà essere digitalizzato e diventare un network di veicoli senza conducente, spostati in automatico via gps su reti stradali e ferroviarie intelligenti. L’affermarsi della propulsione elettrica e a celle a combustibile richiederà milioni di apposite stazioni di rifornimento, tutte connesse all’Internet dell’energia. Occorrerà costruire strade intelligenti, attrezzate con milioni di sensori in grado di fornire in tempo reale all’Internet della logistica e dei trasporti informazioni sui flussi di traffico e sugli spostamenti dei carichi merci.

La progressiva instaurazione in tutta la Ue, e nei Paesi suoi partner, di un’infrastruttura Idc digitalizzata e intelligente restituirà lavoro a milioni di europei, genererà nuove occasioni di business sia nell’economia di mercato sia nel Commons collaborativo, propizierà un vertiginoso incremento di produttività e darà vita alla società sostenibile dell’era post-carbonio. L’investimento nelle infrastrutture innesca sempre un effetto moltiplicatore, che si ripercuote nell’intero spettro dell’economia. La ritrovata occupazione di milioni di persone farà salire il potere d’acquisto, e l’accresciuta domanda dei consumatori schiuderà nuove opportunità d’impresa, generando ulteriori posti di lavoro. Inoltre, la costruzione della piattaforma Idc renderà possibile un esemplare incremento di produttività lungo la catena del valore, potenziando, ancora una volta, l’effetto moltiplicatore in tutto l’organismo economico.

L’alternativa, arroccarsi in una Seconda rivoluzione industriale ormai al tramonto, con opportunità economiche sempre più modeste, un Pil sempre più contratto, una produttività sempre più in calo, un tasso di disoccupazione sempre più alto e un ambiente sempre più inquinato, è improponibile: significherebbe avviare l’Europa su una lunga china di contrazione economica e i suoi abitanti verso il declino della loro qualità della vita.

La presidenza italiana del Consiglio europeo costituisce un’occasione unica per guidare l’Europa sulla via di una nuova era economica. Il percorso deve iniziare con la trasformazione dell’economia italiana attraverso la coesione di Stato, industria e società civile in un organico programma economico di lungo periodo e in un piano d’azione che punti a fare del paese un’autentica vetrina della nuova Europa digitale.

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Interesse generale e riforma del Terzo Settore, interesse pubblico, interesse privato, tre poli per un nuovo assetto

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Riflettendo sulle Linee guida per la riforma del Terzo Settore, quali sono le condizioni per un assetto tripolare della società?

Nelle linee guida per la riforma del Terzo Settore il Governo afferma che “Per superare le vecchie dicotomie tra pubblico/privato e Stato/mercato e passare da un ordine civile bipolare a un assetto ‘tripolare’, dobbiamo definire in modo compiuto e riconoscere i soggetti privati sotto il profilo della veste giuridica, ma pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono. Abbiamo inoltre bisogno di delimitare in modo più chiaro l’identità, non solo giuridica, del Terzo Settore, specificando meglio i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale, meglio inquadrando la miriade di soggetti assai diversi fra loro che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire  il bene comune”. l’approccio è ineccepibile: per passare da un assetto bipolare (Stato-mercato) ad uno tripolare (Stato-mercato-Terzo Settore) è necessario definire in modo più chiaro l’identità del terzo soggetto.

L’identità dei due poli tradizionali, lo Stato e il mercato, non soltanto è infatti ben chiara, ma è anche molto forte. Se, come il Governo (ma non solo il Governo) ritiene, è giunto il momento per la società italiana di passare da un assetto bipolare ad uno tripolare, è necessario che anche il terzo polo abbia un’identità il più possibile chiara e autorevole.

Confrontare gli interessi

Come spesso accade, il modo migliore per definire un’identità è per contrasto. E’ vero che in questo caso la definizione per contrasto sembrerebbe particolarmente difficile, perchéda un lato abbiamo lo Stato e il mercato e dall’altro una “miriade di soggetti assai diversi fra loro”. Ma tutto diventa più semplice se il confronto lo facciamo non fra i soggetti, bensì fra gli interessi che a questi soggetti fanno capo.

Del resto anche quello che chiamiamo “Stato”, se lo consideriamo nel suo complesso è composto da una “miriade di soggetti assai diversi fra loro” per funzioni, ambiti di intervento, dimensioni, etc.. Fra il comune di Borgo Valsugana in Trentino e il ministero dell’Economia c’è la stessa differenza che può esserci fra un colibrì e un condor, eppure rientrano entrambi nel polo che chiamiamo “Stato”. E lo stesso vale ovviamente anche per la “miriade di soggetti assai diversi fra loro” che compongono il polo che chiamiamo “mercato”.

Tre interessi per un assetto tripolare

Per delimitare in modo più chiaro l’identità del Terzo Settore il confronto va dunque istituito fra gli interessi che a ciascun polo fanno capo, perché è intorno agli interessi che i soggetti si aggregano e si riconoscono come appartenenti allo stesso campo (e quindi, per contrasto, non appartenenti agli altri due campi). Le Linee guida stesse ci aiutano in tal senso quando definiscono il Terzo Settore come “la miriade di soggetti assai diversi fra loro che nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire  il bene comune”.
E’ vero che bene comune e interesse generale non sono concetti del tutto sovrapponibili, ma in questo contesto possiamo considerarli come equivalenti, pur preferendo il concetto di interesse generale, usato dalla Costituzione all’art. 118 ultimo comma.

E dunque, se consideriamo il Terzo Settore come l’insieme dei cittadini associati in vista del perseguimento dell’interesse generale, il nuovo assetto della società italiana non dovrebbe più essere fondato soltanto sulla bipolarità fra interesse pubblico e interesse privato, bensì dovrebbe trovare un assetto più equilibrato basato su tre grandi sfere di interessi, quella dell’interesse pubblico, quella dell’interesse privato e quella dell’interesse generale costituzionalizzato nel 2001 insieme con il principio di sussidiarietà.

Chi viene prima?

Ma se si elencano gli interessi anziché i soggetti balza agli occhi l’incongruità per cui, accettando il bipolarismo Stato-mercato come naturale ed inevitabile assetto di partenza va a finire che la sfera dell’interesse generale, anziché essere la prima, è l’ultima.
L’incongruità è duplice. In primo luogo perché l’interesse generale è una categoria più ampia sia dell’interesse pubblico sia di quello privato e dunque non può “aggiungersi” alle altre due. Ma soprattutto perché mentre l’interesse generale non tollera frammentazioni (non possono esistere, per definizione, molteplici “interessi generali” all’interno della stessa nazione) possono invece esistere (e di fatto esistono) tanti interessi pubblici e privati quanti sono i soggetti pubblici e privati.

La “società responsabile”

Il nuovo assetto tripolare dovrebbe dunque fondarsi sulla preminenza logica e politica dell’interesse generale (e quindi del Terzo Settore), cui dovrebbero poi seguire gli interessi pubblici e quelli privati.
Questo non significa pretendere che il Terzo Settore diventi di colpo il primo polo di riferimento nel nuovo assetto tripolare della nostra società. Più semplicemente, significa attendersi che la riforma governativa disciplini il Terzo Settore in modo da farne uno dei principali protagonisti dellaSeconda ricostruzioneitaliana, in quanto espressione non tanto della cosiddetta “società civile”, quanto della ben più impegnativa ed impegnata “società responsabile”.

Distinguere anche all’interno

Ai fini dell’identità del Terzo Settore riconoscerlo come il polo dell’interesse generale aiuta a distinguere non soltanto nei confronti dello Stato e del mercato, ma anche al suo interno, fra la “miriade di soggetti assai diversi fra loro”. Quelli per cui il perseguimento dell’interesse generale non è l’obiettivo preminente della propria attività probabilmente non appartengono al Terzo Settore, ma ad uno degli altri due poli. 

Obiettivo preminente, si è detto, in quanto iI discrimine è la prevalenza dell’interesse generale su altri interessi, non il suo perseguimento esclusivo. E’ infatti indispensabile prendere atto che nel variegato mondo dei soggetti che appartengono al Terzo Settore possono esserci modi diversi di operare nell’interesse generale, tutti ugualmente validi e utili.

 17 giugno 2014 | Il punto di Labsus Notizie    articolo collegato, clicca e leggi

 




Ha iniziato con questi contenitori, 60 giorni dopo ha lasciato a bocca aperta tutti i vicini di casa!

Stanco del suo noioso prato verde il proprietario di questa casa ha pensato: “Tutta questa fatica per un praticello verde e monotono? Si sarà anche carino e ordinato, ma non mi dà nessuna soddisfazione.”
Ispirato ed in vena creativa questo ragazzo ha deciso di dare una svolta “epocale” al suo giardino…via il pratino all’inglese! 

Sei curioso di sapere quello che ha combinato? Guarda le immagini qua sotto.

Tutto è iniziato con questi contenitori in legno…

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Compost (o terriccio) gentilmente offerto dal comune, perché non approfittarne?

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I semi iniziano a germogliare, ed ecco i primi supporti per favorire la crescita..

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Come creare un impianto d’irrigazione? Work in progress…

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La rucola è la prima a spuntare…

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Secondi classificati: gli spinaci…

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Ed ecco le barbabietole a portare un pò di colore…

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Una bella prospettiva dei ravanelli che spuntano…

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Immancabili carote, impossibile farne a meno…

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Piselli…

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Ha raccolto talmente tanto, che il ragazzo ha dovuto regalare (volentieri) alcuni dei suoi ortaggi…

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 Guarda che belli questi cipollotti…

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Il verde di questi fagioli è magnifico…

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 Conosci i tomatillos? Eccoli qua…

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Cetrioli, anche loro immancabili…

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Primo piano di un bel peperone…

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Un pomodoro già maturo, e gli atri a seguire…

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Lo spettacolo dei fiori di zucca…

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Come potevano mancare i fiori? 

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I blocchi in cemento sono perfetti per coltivarci le erbe aromatiche…

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Rifatti gli occhi con questo!

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Uno sguardo al giardino del vicino…non c’è confronto!

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Che dici, secondo te questo vicino di casa prenderà spunto dall’ingegnosa e creativa porta accanto?

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