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Regioni e enti locali per la Green economy

green economyEnergia e Ambiente, sotto il segno della sostenibilità. E’ questa la Green economy. Si lavora ad un Piano ‘verde’ per “rilanciare l’Italia” basato sulle città-laboratorio, la valorizzazione del territorio e l’uso efficiente delle risorse. Sono gli obiettivi rilanciati dall’ultima assemblea programmatica ‘Regioni e enti locali per la Green economy’ in vista degli Stati Generali della Green Economy si terranno il 6-7 novembre 2013 a Ecomondo-Key Energy – Cooperambiente (Rimini) e presenteranno le proposte per “Un Green New Deal per l’Italia” .
Gli Stati Generali della Green Economy sono promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, composto da 66 organizzazioni di imprese rappresentative della green economy in Italia, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il Ministero dello Sviluppo Economico.
Per ora sono indicate cinque tappe fondamentali. Tra queste, la programmazione dei Fondi strutturali per sviluppare l’innovazione nelle imprese e nei territori; i mercati verdi pubblici e privati considerando gli acquisti verdi di beni e servizi come leva di rilancio in chiave green del sistema produttivo e l’evoluzione green degli appalti pubblici; il credito e la fiscalita’ ambientale per esempio per il risanamento e la prevenzione idrogeologica, la riqualificazione dei centri storici, la ristrutturazione energetica nell’edilizia, nei trasporti urbani, e nei rifiuti; lo sviluppo di partnership pubblico-privato in ambito tipo la trasformazione dei distretti industriali in eco-distretti; e la tutela e valorizzazione dei territori considerando per gli Enti locali la possibilita’ di derogare al Patto di stabilita’ per spese di messa in sicurezza.
“La green economy – osserva il coordinatore del gruppo di lavoro sugli Enti locali, Gian Carlo Muzzarelli – e’ un processo complesso che presuppone un cambiamento radicale nella cultura che caratterizza la societa’” che sara’ “tanto piu’ radicale quanto piu’ potra’ essere generato dalle comunita’ locali che interpretano piu’ velocemente i bisogni di una societa’ in evoluzione”.
L’assessore regionale all’Energia e coordinatore della Commissione Ambiente ed Energia della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Agostino Ghiglia, ha partecipato all’Assemblea programmatica nazionale “Regioni ed Enti locali per la Green Economy”.
Ghiglia ha condiviso l’impostazione generale del documento presentato, che pone il tema delle rinnovabili e dell’uso efficiente delle risorse alla base di un Piano industriale green, parte di un più esteso piano di rilancio del Paese, “che porterebbe – spiega Ghiglia – significative ricadute non solo da un punto di vista energetico ma anche in termini di benefici socio-economici, che tradotto significa nuovi posti di lavoro e riduzione di costi energetici per imprese e cittadini”.
Il documento condiviso ha posto l’accento sulla necessità che la P.A. possa operare per raggiungere gli auspicati target definiti dalla strategia 2020 in termini di incremento di energia prodotta da fonti rinnovabili ed efficienza energetica, promuovendo in particolare interventi di riqualificazione energetica degli edifici, in ambito sia pubblico che privato, e di efficientamento dei processi produttivi: “Per attuare gli interventi sul patrimonio pubblico, anche alla luce della nuova direttiva 27/2012 – sottolinea Ghiglia – ritengo indispensabile che si concedano deroghe ai vincoli di spesa dettati dal Patto di Stabilità per le spese connesse agli interventi di efficienza energetica sugli edifici pubblici e di realizzazione di impianti a fonti rinnovabili per l’autoconsumo, che hanno un ritorno economico certo per le P.A..
In termini di risorse finanziarie – prosegue Ghiglia – è importante che le politiche incentivanti che hanno avuto successo, ad esempio le detrazioni del 55% attualmente prorogate al 65% fino a dicembre 2013, vengano rese strutturali dando certezza agli investitori privati nel campo dell’efficienza energetica”.
Tra gli argomenti trattati anche la neccessità di semplificazione di iter burocratici lunghi e complessi che spesso ostacolano la realizzazione delle azioni e l’opportunità di un utilizzo integrato dei Fondi strutturali, con particolare riferimento all’integrazione tra Fesr e FSE: “Come emerge dal documento condiviso – precisa Ghiglia – la green economy rappresenta per la P.A. una sfida che richiede competenze e capacita spesso ancora non molto diffuse nel contesto pubblico. Per questo è necessario, anche attraverso un utilizzo mirato delle risorse della nuova programmazione 2014-2020, promuovere forme di scambio di esperienze virtuose realmente replicabili tra amministrazioni, spingere i comuni più piccoli a consorziarsi anche per attivare strategie più innovative di green economy e favorire un cambiamento culturale in materia di acquisti da parte della P.A.”.




Pulizie straordinarie a piazza De André

L’Ama ha eseguito un intervento di pulizia straordinaria in piazza Fabrizio De André, luogo simbolo della Magliana a Roma. Sono stati potati gli alberi, tolte le erbe infestanti, è stata eseguita la disinfestazione dalle blatte, e il Nucleo decoro urbano della municipalizzata ha cancellato le scritte vandaliche dai muri perimetrali restituendo nuova luce agli ormai celebri murales della piazza, ispirati alle canzoni del cantautore genovese.

di Antonello Anappo

fonte:
http://radiomagliana.com.unita.it/sociale/2013/09/09/pulizie-straordinarie-alla-magliana/




COSA DICE L’UE SUL CONSUMO DI SUOLO

suolo
La necessità di limitare il consumo di suolo e in particolare di suolo agricolo (8 metri quadrati al secondo, in base ai dati di ISPRA) è ormai entrata a tutti gli effetti nell’agenda politica nazionale. Dopo il DDL Catania, presentato dall’omonimo Ministro del governo Monti e arrivato fino all’approvazione della Conferenza Stato-Regioni, nell’attuale legislatura sono stati depositati tre disegni di legge di iniziativa parlamentare che hanno come obiettivo dichiarato la limitazione del consumo di suolo, a cui va aggiunto un ulteriore disegno di legge promosso direttamente dal governo Letta.

Questi disegni di legge hanno suscitato un acceso dibattito sui principali quotidiani trovando critici e sostenitori. Senza entrare nel merito del dibattito, un dato abbastanza sorprendente è che nessuna delle quattro proposte pare prendere le mosse dagli indirizzi e dai principi espressi in tema di consumo di suolo a livello comunitario. Nella comunicazione della Commissione Europea “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” [COM(2011) 571] uno specifico capitolo viene dedicato a terra (Land) e suoli (Soils). Per queste risorse, considerate a un tempo strategiche e vitali, viene fissato un obiettivo molto ambizioso e insieme di vasta portata, per quanto comporta a livello urbanistico e territoriale: entro il 2020 le politiche comunitarie dovranno tenere conto dei loro impatti diretti e indiretti sull’uso del territorio, a scala europea e globale, e il trend del consumo di suolo dovrà essere sulla strada per raggiungere l’obiettivo del consumo netto di suolo zero nel 2050.

Purtroppo nella versione italiana della Comunicazione questo fondamentale principio del consumo netto di suolo zero (no net land take) non viene adeguatamente riportato e forse ciò può spiegare il suo mancato richiamo nei disegni di legge citati. Manca infatti nella traduzione italiana la parola chiave “netto”, un aggettivo solo all’apparenza accessorio che è stato invece volutamente inserito per le profonde implicazioni che sottende.

Consumo netto di suolo zero non significa infatti congelare l’infrastruttura urbana impedendo in assoluto di occupare nuovo territorio. Al contrario esso consente l’occupazione di spazi liberi purché questo avvenga a saldo zero, de-sigillando o ripristinando ad usi agricoli o seminaturali aree di pari superficie in precedenza urbanizzate e impermeabilizzate. E’ questa una specificazione fondamentale che introduce anche nella pianificazione urbanistica e territoriale il principio del riciclo e dell’economia circolare, già espresso nella strategia Europa 2020, con l’obiettivo finale di disaccoppiare lo sviluppo urbano dal consumo della risorsa suolo.

Con l’introduzione del termine “netto”, l’obiettivo del consumo di suolo zero da vincolo di fatto impraticabile si trasforma in motore di una nuova stagione di trasformazione urbana, fondata sulla riqualificazione dell’esistente e sul ridisegno del territorio urbanizzato, che non deve essere più considerato come un dato acquisito e irreversibile, ma come un corpo suscettibile di essere ridisegnato e ricucito secondo nuove e più funzionali orditure in grado anche di recuperare i guasti di uno sviluppo passato, di carattere spesso incontrollato e disperso, rivelatosi alla fine inefficiente ed anti-economico.

La sfida qui, più che fissare degli obiettivi quantitativi di consumo di suolo o enunciare principi generali di riuso che vengono poi sistematicamente disattesi, è quella di trovare gli strumenti e i meccanismi regolativi che consentano di avviare questo processo di rigenerazione urbana a consumo netto zero garantendo l’indispensabile sostenibilità economica degli interventi edilizi e infrastrutturali, sia per gli operatori immobiliari privati che per i soggetti pubblici.

E’ in quest’ottica, e come strumento di accompagnamento all’obiettivo fissato dalla Comunicazione sull’uso efficiente delle risorse, che la Commissione Europea ha successivamente pubblicato le Linee guida sulle migliori pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo [SWD (2012) 101].

Il documento si rivolge agli Stati membri, agli enti locali, agli operatori del settore e in generale ai cittadini e ha come fine quello di fornire informazioni sul livello di impermeabilizzazione del suolo nell’Unione Europea, sulle cause e gli impatti, nonché sugli esempi di buone pratiche per contrastarlo. L’impermeabilizzazione del suolo è uno degli effetti del “consumo di suolo”, ma non coincide con quanto usualmente si intende con questa espressione, che riguarda piuttosto l’occupazione di aree agricole o semi- naturali per usi urbani (land take). In media circa la metà delle superfici urbanizzate risultano effettivamente impermeabilizzate con totale perdita delle funzioni del suolo. Anche in questo caso l’ordine delle parole del titolo non è casuale o secondario, ma stabilisce una precisa gerarchia di priorità in vista del raggiungimento dell’obiettivo più generale di fermare l’incremento di superfici impermeabilizzate e quindi il consumo effettivo di suolo.

Limitare l’impermeabilizzazione resta il principio di fondo che deve avere sempre la priorità su mitigare e compensare gli impatti, in quanto la perdita di suolo è di fatto irreversibile . Ai fini della limitazione è importante fissare obiettivi quantitativi che devono però essere accompagnati da adeguate misure di monitoraggio e controllo. La mitigazione interviene quando si occupano nuove aree per ridurre in situ le conseguenze negative dell’impermeabilizzazione del suolo, ad esempio utilizzando materiali di copertura permeabili che garantiscano l’invarianza idraulica. La compensazione dovrebbe essere utilizzata solo quando non è possibile limitare e mitigare e si traduce in interventi in aree diverse da quelle occupate per “compensare” su scala territoriale la perdita di funzioni dei suoli impermeabilizzati. Esempi di compensazione sono: il riutilizzo del suolo rimosso per ripristini in altri luoghi, la bonifica di siti contaminati, la rimozione o sostituzione di coperture impermeabili (manti stradali, edifici) con ripristino a verde (de- sealing), l’imposizione di un extra onere da utilizzare per interventi di tutela e risanamento dei suoli. In Europa, in particolare in Olanda e Germania, la compensazione è già oggi obbligatoria sia per gli interventi infrastrutturali che per le nuove lottizzazioni.

Sebbene la compensazione venga ultima come ordine di priorità nella gerarchia delle linee guida, essa agisce da rinforzo per limitare il consumo di suolo e può diventare la chiave per attuare la politica del consumo netto di suolo zero, soprattutto se intesa come ripristino di aree precedentemente occupate. E’ quello che succede in città come Dresda o Stoccarda dove sono stati introdotti regolamenti urbanistici che vincolano la costruzione sul terreno libero al recupero e ripristino, da parte del soggetto attuatore, di altri spazi già impermeabilizzati presenti all’interno del Comune.

Si tratta di fatto di una sorta di perequazione che attribuisce crediti di impermeabilizzazione a spazi costruiti relitti o inutilizzati (edifici e strutture con relative pertinenze in disuso quali parcheggi, aree cortilizie, piazzali) che una volta acquisiti attraverso il ripristino preventivo possono essere sfruttati per nuova occupazione di suolo in altre aree individuate dalla pianificazione comunale. E’ un modo questo di attivare un motore di riciclo delle aree urbane che consente di ridisegnare le città a parità di occupazione di suolo.

La priorità nelle politiche di contenimento del consumo di suolo rimane comunque quella di favorire la rigenerazione e riqualificazione del tessuto urbano esistente intervenendo sulle aree dismesse e sul patrimonio edilizio. Questo si interseca con un altro pilastro della strategia di Europa 2020 che è quello della de-carbonizzazione dell’economia e della transizione energetica. Un terzo dei consumi energetici, a livello nazionale come comunitario, proviene dal settore domestico e abitativo. La stragrande maggioranza degli immobili sono stati costruiti prima degli anni `90 e presentano pessime prestazioni energetiche (in molti casi consumi superiori di 10 volte alla classe A), bassa qualitá abitativa, inadeguati accorgimenti antisismici. Se si vogliono raggiungere gli obiettivi comunitari di riduzione delle emissioni e del consumo di combustibili fossili è soprattutto lì che bisogna intervenire.

La “grande opera” del futuro deve quindi essere la riqualificazione edilizia promuovendo il riciclo delle aree e dei materiali di costruzione, nonché l`uso di tecniche di bio-edilizia che valorizzino le filiere produttive locali. Per fare questo bisogna approntare adeguate politiche regolative, fiscali e di facilitazione al credito con l`obiettivo di rendere più conveniente il recupero dell`esistente piuttosto che la costruzione del nuovo e orientare di conseguenza il mercato immobiliare. Tra queste azioni, oltre al vincolo del consumo netto di suolo zero, si annoverano:

1. defiscalizzazioni per interventi di ristrutturazione, di adeguamento sismico e di miglioramento energetico sulla base del modello già sperimentato con successo del 55 e ora 65%;

2. esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione, riduzione di altri oneri (occupazione di suolo pubblico, permessi, conversioni di uso), possibilità di incentivi volumetrici per interventi di riqualificazione, recupero, ristrutturazione che comportano un significativo abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni;

3. forme agevolate di finanziamento e di ulteriore esenzione fiscali per condomini che deliberano di investire nella riqualificazione dell`immobile;

4. promozione e facilitazione d interventi sullo schema ESCO (Energy Service Company) con rafforzamento dello strumento incentivante dei certificati bianchi e del conto termico;

5. riforma della fiscalità comunale con disaccoppiamento delle entrate dal consumo di territorio e divieto di utilizzo degli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente;

6. incremento del carico fiscale per immobili e locali sfitti e, di converso, incentivi e facilitazioni per chi affitta;

7. adozione, a livello comunale, di un’anagrafe digitale degli edifici che incroci dati catastali, utenze, prestazioni energetiche, caratteristiche costruttive, previsioni urbanistiche, finalizzata al monitoraggio del livello di occupazione e di utilizzo degli immobili e alla pianificazione di interventi per la riqualificazione energetica e abitativa dei quartieri (master plan);

Ecco quindi che l’obiettivo comunitario del consumo netto di suolo zero va inteso non solo come un vincolo di una politica ambientale tesa a tutelare una risorsa strategica e vitale come il suolo, ma anche come stimolo e propulsore per avviare il grande cantiere della riqualificazione e del riassetto urbano in grado di rilanciare il settore delle costruzioni e di rendere al contempo più sostenibili e vivibili le nostre città. E’ solo su queste basi che si può uscire dalla crisi e costruire un reale e duraturo sviluppo coniugando le esigenze di sostenibilità e di tutela ambientale con quelle altrettanto stringenti di garantire lavoro e reddito di impresa.




Finanziamenti europei a Corviale!

tettiEcosistema digitale  e sistema sociale: l’Europa mette in connessione il mondo della rete e il disagio sociale destinando obbligatoriamente il 20% dei suoi fondi a quest’obiettivo.

Per Corviale, con il suo terrazzo più grande del mondo, firmata la convenzione tra l’ATER e l’Università del Molise per sfruttare il suo spazio per orti urbani e produzione di energia.

 




Assegnato a Corviale il premio paesaggio 2012 2013 Roma

premiazione

Ministero per i Beni e le Attività Culturali: motivazione, estratto dei risultati del bando

Comune di Roma – Municipio 15
Programma di sviluppo locale Corviale
Il Comune di Roma ha voluto sostenere la rinascita  dell’insediamento, partecipando a bandi ed aggiudicandosi finanziamenti di provenienza statale promuovendo un Programma di Recupero Urbano ed un Contratto di Quartiere II. Si sono progettate
e avviate opere infrastrutturali importanti per favorire la qualità della vita e lo sviluppo sostenibile delle economie locali all’interno del perimetro originario del Piano di Zona Corviale, così come nel territorio immediatamente circostante: si sviluppate molteplici attività promosse da soggetti pubblici e privati legate principalmente allo sport, alla creatività, ai servizi alla persona

http://www.premiopaesaggio.it/wp-includes/pdf/Risultati.pdf

 

 




ma è davvero un mostro?

Roma, sabato 22 giugno, ore 10,30-12,30
Corviale: ma è davvero un mostro?

a cura di APPasseggio
Goteller (accompagnatore): la sociologa Irene Ranaldi

Una passeggiata che attraverserà i confini di uno stereotipo per cercare di capire quali sono gli elementi che hanno portato e che ancora, parzialmente, rendono il palazzo lungo un chilometro come un emblema di degrado e insicurezza nell’immaginario di molti romani.

Il complesso edilizio di Corviale è sorto nella prima metà degli anni Settanta nella periferia sud-ovest della capitale, nel territorio del XV Municipio Arvalia Portuense, a destra della via Portuense e in direzione di Fiumicino a circa 2 km dal raccordo anulare. Nel 1972 il disegno del progetto viene affidato dall’Istituto autonomo case popolari (IACP), proprietario dell’immobile, a un gruppo di architetti diretti da Mario Fiorentino. Le dimensioni dell’insediamento sono notevoli: occupa 60 ettari di spazio con 700.000 metri cubi di edilizia residenziale e quasi 90.000 extraresidenziale. Il “mostro di cemento” o “serpentone”, come viene chiamato da alcuni, è alto nove piani serviti da 74 ascensori (pochi funzionanti) e posto sul crinale di una collina che domina la campagna romana, proteso verso il mare. E’ abitato da circa da circa 6000 persone. L’intero edificio è costruito con acciaio e pannelli di cemento armato.

Passeggiando intorno al perimetro dell’edificio, scopriremo pian piano punti di interesse inaspettati immersi nel verde e alla fine della passeggiata lungo il chilometro, prima di lasciarci andremo insieme a fare la spesa al Farmer’s Market di Corviale per una spesa a chilometro zero!

Meeting point: Ingresso Biblioteca comunale Renato Nicoli, Via Marino Mazzacurati 76

Punto di arrivo: Farmer’s Market di fronte alla Biblioteca
Lunghezza: circa 3 km
Info: 339-3585839
Costo: offerta libera

appasseggio per corviale




Incentivi per i “condomini verdi” che autoproducono energia.

ARRIVA un superbonus del 65 per cento per gli interventi che risparmiano energia nelle abitazioni (scadrà a fine anno) e si estende ai condomini (scadrà alla fine del 2014) (…) E’ la misura più attesa: sarebbe scaduta il 30 giugno riducendo la detrazione sull’ Irpef dal 55 al 36 per cento delle spese sostenute. Invece sale al65 per cento (in ingresso al consiglio dei ministri era stato indicato il 75 per cento ma i costi erano eccessivi), spalmabile in dieci anni, con un tetto che va dai 30 mila a 100 mila euro a seconda della caratteristica degli interventi. Il bonus riguarda una serie di misure ad alto risparmio energetico che riguardano l’«involucro edilizio » degli appartamenti in modo da favorire un risparmio energetico stabile e duraturo: dai termopavimenti agli infissi (esclusi i pannelli solari già oggetto degli sconti per le rinnovabili mentre le caldaie godono del bonus ristrutturazioni edilizie). Una novità volta adevitare abusi riguarda la certificazione ecologica: non potrà più farla l’ azienda che esegue i lavori ma un professionista «terzo» (geometra o architetto). la misura è già stata testata con successo: oltre 400 mila utenti l’ hanno utilizzata solo nell’ anno 2011.FOTOVOLTAICO IN TERRAZZA Il decreto estende gli sconti ai condomini e ne facilita la riconversione energetica e la ristrutturazione antisismica. Il super ecobonus del 65 per cento per i condomini (su almeno il 25 per cento della superficie esterna) varrà per un anno e mezzo, fino al 31 di-cembre del 2014 (per espletare le assemblee condominiali). Si potranno introdurre coibentazioni dei muri perimetrali e speciali impianti fotovoltaici sulle terrazze condominiali. In questo senso nasce la formula programmatica di edificio «energia quasi zero», cioè un condominio che diventa una sorta di oasi ecologica a risparmio energetico dove la piccola comunità autoproduce l’ elettricità necessaria.

R. Petrini

La Repubblica

testo decreto legge




Nuovo Paese Sera – Il Lazio inverte la rotta sulle terre

Quante volte vi siete sentiti dire che Roma è il Comune agricolo più grande d’Europa? Milioni, direi, utilizzando un’iperbole forse non troppo lontana dal vero – specie sotto campagna elettorale. Un po’ meno noto è un altro dato, che ha sempre a che fare con l’immenso patrimonio di terre, e quindi di economie, servizi, bellezza, bontà e quant’altro legato al nostro territorio. Aggiungete sul taccuino: il Lazio è la seconda Regione d’Italia per stima del patrimonio di terre pubbliche in essa presenti, in cifre fa 41.720 ettari circa. Un tesoro enorme e come nella migliore delle tradizioni italiane mai davvero messo al centro neppure delle politiche regionali.

LA LEGGE REGIONALE – E’ per questo che il mio primo atto da consigliera del gruppo ‘Per il Lazio’ alla Pisana, è stato presentare insieme al consigliere Gino De Paolis (Sel) una proposta di legge che ha per titolo proprio: “Disposizioni per favorire l’accesso dei giovani all’agricoltura e contrastare l’abbandono e il consumo di suoli agricoli”. Sono quattro articoli, brevi, e che vanno dritti al cuore della questione: attraverso un censimento delle terre pubbliche e/o abbandonate del Lazio predisporre bandi pubblici che rendano quegli stessi terreni accessibili ai giovani agricoltori del nostro territorio.

LAVORO AI GIOVANI E CRISI AMBIENTALE – Quattro articoli, dicevo, che però tentano con il loro primo passo di dare una risposta alle innumerevoli crisi che riguardano il nostro tempo presente: quella occupazionale (specialmente giovanile), la crisi ambientale, la crisi dei servizi, della città e delle sue periferie, infine la crisi dell’agricoltura. In Italia (e il Lazio non fa eccezione) il tema del mancato ricambio generazionale tra gli agricoltori è drammatico: solo il 3,9% dei conduttori agricoli ha meno di 40 anni, ad oggi siamo lo Stato membro dell’Unione Europea con il più basso tasso di ricambio generazionale accanto al Portogallo, una maglia nera generata dall’assenza di politiche pubbliche per le terre e da una classe politica invece fin qui molto attenta agli interessi del mattone, con il relativo consumo di suolo e l’enorme speculazione che ne è derivata.

http://www.paesesera.it/Rubriche-e-opinioni/Il-Lazio-inverte-la-rotta-sulle-terre