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VIDEO > Corviale 2020, una tre giorni culturale per rilanciare il Serpentone

L’assessore ai Lavori pubblici Masini: “Entro i prossimi sei mesi si potranno avviare i lavori per il recupero e la messa a norma della scuola di via Mazzacurati”.

(MeridianaNotizia) Roma, 19 novembre 2013 – Roma riparte dalle periferie e più precisamente daCorviale.  Con una tre giorni di incontri, mostre, attività e  laboratori artistici si svolgerà dal 21 al 23 novembre la manifestazione “Corviale 2020 – Intelligente, Sostenibile, Inclusivo“.  Per ilpresidente del Minicipio XI Veloccia “la vittoria è quella di far diventare Corviale un marchio che attiri menti, cultura e operatori economici. Corviale – ha aggiunto Veloccia – deve passare dall’essere sinonimo di degrado, come era un tempo, ad esempio di sviluppo e rigenerazione urbana”. Obiettivo del forum sarà dunque quello di trovare il punto di avvio di nuove iniziative, anche attraverso l’avvio di un Tavolo di concertazione istituzionale, che diano risposte concrete ai bisogni collettivi della comunità con la realizzazione di modelli da replicare in altri ambiti nazionali.

Durante la presentazione dell’evento, tenutasi presso la sala delle Bandiere in Campidoglio, l’assessore ai Lavori pubbliciPaolo Masini ha annunciato i prossimi interventi sul quartiere. “Entro i prossimi sei mesi si potranno avviare i lavori per il recupero e la messa a norma della scuola di via Mazzacurati, per la riqualificazione dello spazio pubblico vicino le entrare del palazzone di Corviale e per la nuova illuminazione, per la realizzazione di una ludoteca in via Mazzacurati e per la riqualificazione del parco in via dei Sampieri per un totale di circa 3,4 milioni di euro”.”Stiamo pensando – ha aggiunto Masini – di lanciare una novità: la realizzazione nella parte cieca del serpentone di una arrampicata che sarà la più alta del mondo”. “Infine – ha concluso l’assessore – nella Giunta della settimana scorsa è stata finalizzata la proposta per partecipare al premio internazionale Bloomberg Philantropies con il progetto ‘un sole sulle periferie’ basato sul Calciosociale e che nasce, come iniziativa, proprio da Corviale”




Video >”Corviale un chilometro di città” un programma di Paola Orlandini e Patrizia Colaci – Rai storia 2013




Regolazione regionale della generazione elettrica da fonti rinnovabili

fonti rinnovabiliIl GSE pubblica il rapporto “Regolazione regionale della generazione elettrica da fonti rinnovabili” come da D.Lgs. 28/2011 (art.14).
E’ presentato, in chiave comparativa, il quadro aggiornato al 30 giugno 2013 degli interventi compiuti dalle Regioni per attuare, modificare o integrare le norme nazionali in materia di autorizzazioni per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Il rapporto considera i regimi autorizzativi specifici, le procedure di valutazione ambientale connesse, i procedimenti amministrativi per la concessione di acque superficiali e di risorse geotermiche; un complesso di funzioni amministrative quasi tutte conferite alle Regioni e, in molti casi, da queste delegate alle Province.
E’ esaminato, inoltre, l’esercizio della facoltà attribuita alle Regioni di individuare aree non idonee alla installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Il rapporto sarà periodicamente aggiornato. Nella sezione del sito “Autorizzazioni” sono disponibili le informazioni sui regimi autorizzativi vigenti a livello regionale, nella sezione “Cerca la normativa” è, invece, accessibile la normativa regionale e nazionale.
Regolazione regionale Fonti rinnovabili




Un’immagine vale più di mille parole

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Sistemi idrici, le proposte dei geologi

acquaAttuare le direttive europee, distretti idrografici operativi, risorse finanziarie, hydrobond, incentivi per chi riutilizza le acque reflue depurate
“Promuovere le migliori pratiche nella tutela e gestione delle risorse idriche sotterranee secondo i principi delle direttive Europee e salvaguardare la risorsa idrica in un Paese come il nostro, che purtroppo si contraddistingue spesso per un suo uso scellerato, è quanto meno una battaglia di civiltà, alla quale i geologi si sono ormai da tempo legati”.
Lo sottolinea il presidente del Consiglio nazionale dei geologi, Gian Vito Graziano, in un intervento pubblicato sul sito ufficiale del Cng.
Il problema è la gestione
“Sappiamo che in Italia – sottolinea Graziano – le risorse idriche sono complessivamente sufficienti ai fabbisogni e che il problema risiede nella loro gestione e nel loro uso corretto. Ma sappiamo anche che l’inquinamento del 40% di fiumi e laghi continua a produrre continue e gravi emergenze ambientali e ci espone persino sotto il profilo finanziario alle sanzioni economiche alle quali presto l’Europa ci costringerà per aver disatteso più d’una direttiva europea e diversi provvedimenti legislativi in ambito di depurazione delle acque reflue. Un conto stimato in circa 700 milioni l’anno, che Stato e Regioni dovranno sopportare, oltre al taglio di alcuni fondi europei, sino a quando non troveranno pieno compimento le disposizioni che sono state attribuite alla nostra nazione”.
Procedure di infrazione, coinvolte 268 amministrazioni italiane
“Sono 268 le amministrazioni coinvolte nelle procedure d’infrazione Ue per carenza o assenza di sistemi di depurazione: 109 sono quelle già condannate in base ad una procedura del 2004 e 159 quelle in corso di procedura dal 2009. L’Autorità per l’energia ha stimato che tra la realizzazione degli interventi già previsti nei piani d’ambito e la costruzione dei nuovi impianti di depurazione necessari per superare le condanne e le procedure d’infrazione servirebbero investimenti per circa 20 miliardi nei prossimi cinque anni”.
Il presidente dei geologi italiani pone l’accento sull’arretratezza e inadeguatezza delle infrastrutture idriche nazionali. “Le perdite di rete sono in media superiori al 35%, la rete fognaria ancora non serve il 15% degli italiani, il depuratori risultano mal gestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su tre, l’acqua esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto a sud, e circa il 35% dei corpi idrici di superficie non raggiunge gli standard di qualità ambientale. Tutto ciò in un contesto complessivo di disponibilità idrica nazionale pari a 52 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui circa l’80% è effettivamente utilizzata. Di questa quota, il 50% è impiegato in agricoltura, il 15-20% per uso domestico e il 30-35% per uso energetico/industriale”.
Le proposte dei geologi
Di seguito riportiamo le proposte avanzate dal presidente del Consiglio nazionale dei geologi.
“Bisogna dare attuazione alle direttive europee, ma per farlo occorre una strategia nazionale di gestione della risorsa idrica. Osservando l’operato delle strutture adibite alla pianificazione a scala d’ambito, emergono numerose criticità, che vanno dall’incertezza sulle competenze nella gestione dei dati tra il soggetto pianificatore e le Società che detengono il Servizio Idrico Integrato, alle difficoltà nella regolamentazione degli usi diversi delle risorse idriche, quali ad esempio l’uso agricolo, all’interno del Piano d’Ambito, per finire nell’inadeguatezza delle risorse professionali disponibili presso gli Uffici preposti alla pianificazione, indispensabili per affrontare complessi problemi di natura ambientale e gestionale legati all’uso delle risorse idriche. Succede infatti che proprio per la mancanza di coordinamento tra i vari enti che gestiscono le risorse idriche, nell’attuale strategia d’azione si perdano talvolta persino i concetti basilari di salvaguardia e di tutela della risorsa.
Tuttavia non si può derogare da una effettiva operatività dei distretti idrografici, con la ridefinizione dei loro confini e la revisione dei piani di gestione, il cui coordinamento potrebbe essere affidato alle Autorità di bacino nazionali. Occorre però superare la forte frammentazione degli enti coinvolti, evitare politiche e iniziative legislative non coordinate, prevedere incentivi economici e finanziari e sviluppare una maggiore consapevolezza, e forse anche una maggiore accettazione sociale, della possibilità di utilizzo di acqua riciclata.
E poi c’è la necessità di reperire le risorse finanziarie, stimate per le infrastrutture acquedottistiche, fognarie e depurative in 66 miliardi di euro in 30 anni, con un effetto occupazionale stimabile tra 150 mila e 200 mila addetti. Intanto si dovrebbero utilizzare velocemente i finanziamenti resi già disponibili, cercando di colmare progressivamente il generale deficit infrastrutturale in cui versa il Paese e quello altrettanto grave che vede il Sud molto indietro per acquedotti e depurazione.
L’Autorità dei Contratti Pubblici ha stimato che con un miliardo di euro è possibile coinvolgere da 10 mila a 15 mila lavoratori in attività di medio-lungo termine. Le risorse possono reperirsi nei Fondi strutturali 2014-2020, introducendo laddove possibile anche dei meccanismi di premialità per l’attribuzione delle risorse stesse, quali il miglioramento dell’uso dell’acqua nelle pratiche agricole, con forme di riutilizzo delle acque, la costruzione di piccoli invasi, la prevenzione degli sprechi, il recupero dell’energia termica dall’acqua depurata, ecc.
L’Autorità per l’energia ha proposto persino degli strumenti finanziari innovativi, i cosiddetti hydrobond, per sostenere gli interventi a tutela del patrimonio idrico, ai quali si vorrebbe dare una connotazione etica destinandoli al finanziamento di investimenti che implichino un evidente miglioramento della qualità ambientale.
La prevenzione degli sprechi assume una forte valenza sia sotto il profilo economico, sia sotto quello ambientale. Valorizzare il risparmio idrico appare una frontiera conseguibile attraverso il riconoscimento di incentivi a chi riutilizza le acque reflue depurate, soprattutto in agricoltura, a chi riduce le dotazioni idriche ed a chi riduce le perdite idriche. E’ auspicabile un sistema che coniughi fiscalità e sistema tariffario, introducendo ad esempio i disincentivi per i consumi elevati e adeguando persino i regolamenti edilizi allo scopo di favorire le diverse tecniche di risparmio idrico, come l’uso delle acque piovane o di quelle riciclate per usi non potabili, la realizzazione di tetti verdi, ecc.
Solo con una strategia integrata di investimenti, riduzione dei consumi e fiscalità si potranno porre le basi per una politica di salvaguardia e tutela della nostra acqua, elemento base della nostra vita”.
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Consiglio dei Ministri approva collegato ambientale “L’Agenda Verde del governo”

ministero ambiente logoIl Consiglio dei Ministri ha approvato questa mattina quella che può essere definita ” l’Agenda Verde ” del governo.
Il “collegato ambientale alla legge di stabilità” rappresenta infatti un fondamentale passo avanti nella definizione delle politiche ambientali nazionali in una logica che per la prima volta le collega ad innovative scelte di politica economica-industriale indirizzate verso una crescita e uno sviluppo sostenibile.
E’ questa la ragione per la quale questo disegno di legge può essere definito senza retorica come una vera e propria Agenda Verde che il governo mette in moto e con la quale prova con ambizione a dare una serie di risposte a quella che oggi deve essere considerata come una sfida decisiva per il nostro Paese: la scommessa sull’ambiente, il suo rispetto e la sua tutela, ma anche la sua straordinaria potenzialità di sviluppo economico.
Il provvedimento, composto da circa una trentina di articoli, si occupa di protezione della natura, valutazione di impatto ambientale, acquisti ed appalti verdi, gestione dei rifiuti, difesa del suolo, servizio idrico, acqua pubblica e comprende persino nuovi strumenti per calcolare l’importanza dell’ambiente. Un pacchetto di norme a 360 gradi capaci di attivare politiche ambientali virtuose, semplificando il quadro normativo, rendendolo più moderno ed efficace e creando al tempo stesso le condizioni per investimenti e crescita economica nel campo della green economy. Il tutto con una ferrea attenzione a riduzione dei costi, semplificazione e trasparenza amministrativa. Strumenti a costo zero, per una politica ambientale più efficace in tutti i settori.
L’Agenda Verde, abbinando politiche ambientali ed industriali, è il frutto di un continuo confronto fra ministeri – Ambiente, Economia, Attività produttive, Lavoro – in una logica di collaborazione istituzionale finalizzata al raggiungimento di un comune obiettivo di sviluppo sostenibile e progresso civico.
SINTESI NORME
Nomina Direttori parchi nazionali (art.2)
Con riferimento alla procedura di nomina dei Direttori di Parco Nazionale si rimette la nomina al Consiglio direttivo del Parco e non più al Ministro dell’Ambiente al quale resta così la sola nomina del Presidente del Parco. Con la semplificazione proposta si ottiene il risultato di rendere più snella ed efficiente l’azione istituzionale degli Enti Parco, consentendo una più agevole gestione delle risorse finanziarie ad essi attribuite, con ricadute positive sulle economie locali.
Unificazione e semplificazione Via e Aia (art.6)
Semplificazione, celerità, risparmio e trasparenza. Con questa norma si unificano le Commissioni Via e Aia. La necessità di provvedere ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti posti a carico delle imprese, di accelerazione dei tempi necessari per l’emanazione dei procedimenti burocratici, comporta la scelta di unificare le due Commissioni e di ridurre conseguentemente il numero dei componenti.
Con la norma in esame è prevista anche una revisione al ribasso dei compensi per la Commissione unificata. Nessun nuovo onere finanziario grava sul bilancio statale per effetto del presente provvedimento.
“Appalti verdi” nella Pubblica amministrazione – (Green public procurement) (art.10)
La disposizione mira a introdurre un incentivo per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e che sono muniti di registrazione Emas (che certifica la qualità ambientale dell’organizzazione aziendale) o di marchio Ecolabel (che certifica la qualità ecologica di “prodotti”, comprensivi di beni e servizi). Il beneficio è una riduzione del 20% della cauzione a corredo dell’offerta, ai sensi del codice appalti. La disposizione, inoltre, ha lo scopo di introdurre tra i criteri ambientali di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa anche il criterio – per i contratti che hanno come oggetto beni o servizi – che le prestazioni al centro del contratto siano dotate di marchio Ecolabel.
Inoltre, tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, viene introdotto quello del costo del ciclo di vita dell’opera, prodotto, o servizio, criterio previsto dalla bozza di nuova direttiva comunitaria sugli appalti pubblici.
Si tratta di misure a costo zero volte a garantire minori impatti sull’ambiente e una conseguente riduzione della spesa nel breve-medio periodo.
Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi, anche alimentari (art.11)
Tra le questioni ambientali più rilevanti che l’Italia deve affrontare, vi sono quelle legate al consumo di energia da fonti non rinnovabili (con la conseguente emissione di Co2) e quelle legate alla produzione di rifiuti. Per entrambe le problematiche, rendere obbligatorio il riferimento ai criteri ambientali per gli acquisti pubblici (Green Public Procurement) può contribuire in maniera rilevante alla loro soluzione, con ricadute positive anche sotto il profilo economico.
Si inseriscono inoltre nel Green Public Procurement gli acquisti relativi al settore “alimentare”, considerato a livello europeo il principale settore di impatto ambientale con il 31% degli impatti totali dei consumi.
Si tratta sostanzialmente di introdurre – accanto allo strumento degli accordi volontari con i grandi attori della distribuzione (in particolare la grande distribuzione) – anche strumenti obbligatori che premiano quegli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della fornitura delle derrate alimentari, agiscono in modo virtuoso.
Incentivi per la Green economy del riciclo e riutilizzo (art.12)
Una delle novità più importanti del collegato è rappresentata dall’ introduzione, per la prima volta nella legislazione italiana, di incentivi e meccanismi di sostegno al “mercato dei materiali e dei prodotti riciclati”.
Si introducono nella nostra legislazione un insieme di principi e di incentivi ai consumatori, alle aziende e agli enti locali per sostenere l’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo in modo da promuovere il recupero, riciclo e il riutilizzo oltre al recupero energetico, per il quale esistono già numerose forme di incentivo (certificati verdi e bianchi, ecobonus per le ristrutturazioni). Uno dei vantaggi di tali politiche di incentivazione è quello non solo di prevenire lo spreco di materiali ma anche quello di ridurre il consumo di materie prime con la conseguenza immediata di un uso razionale di risorse materiali scarse, un minor utilizzo di energia, e la progressiva diminuzione di emissioni di gas serra.
L’incentivazione dell’acquisto di prodotti realizzati con materia derivata dalle raccolte differenziate post consumo apre un nuovo mercato in cui piccole e medie imprese possono recuperare i materiali riciclabili per rivenderli come materia prima o semilavorati alle imprese produttrici di beni. Un mercato che si può tradurre pertanto anche in nuova occupazione ed innovazione tecnologica nel campo della Green economy che non è fatto solo di attività in campo energetico ma anche e soprattutto di attività nel campo dell’uso razionale delle materie e dei materiali.
Misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio (art.15)
Si stabilisce la previsione di raggiungere di un tasso di raccolta differenziata pari al 65% alla fine dell’anno 2020. Tale previsione è perfettamente coerente con le disposizioni europee che non individuano obiettivi di raccolta differenziata ma fissano, invece, specifici obiettivi di recupero. Questo provvedimento si rende necessario per adeguare il dato normativo al dato reale e per evitare che i Comuni incorrano nelle sanzioni correlate al mancato raggiungimento di tali obiettivi negli attuali termini di legge.
Tale modifica si rende necessaria anche alla luce dei recenti dati sulla raccolta differenziata dai quali si evince che gli obiettivi previsti dalla normativa vigente non sono stati perseguiti a livello omogeneo sul territorio nazionale. Attualmente la percentuale media nazionale di raccolta differenziata si attesta sul valore del 39,9% (dato preliminare Fonte Ispra: Rapporto Rifiuti urbani Ed. 2013).
Con il provvedimento si incentivano i Comuni che raggiungono gli obiettivi prefissi e che verranno premiati con il pagamento di solo il 20% del tributo regionale rispetto ai rifiuti che si conferiscono in discarica. Per i Comuni che non raggiungono gli obiettivi vengono stabilite delle misure addizionali al tributo. Tutto il gettito, tributo e addizionali, vanno in un fondo che le regioni devono utilizzare per incentivare il mercato del riciclo e quindi della green economy.
Pianificazione impianti di incenerimento (art.20)
Una novità importante riguarda anche il recupero energetico dei rifiuti, con l’attribuzione al Ministero dell’ambiente del compito di individuare la “rete nazionale ed integrata ed adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti”, in modo da disporre in pochi mesi di un quadro chiaro a livello nazionale degli impianti esistenti, di quelli in fase di realizzazione e del fabbisogno residuo. Un quadro di pianificazione utile per superare le forti disomogeneità territoriali presenti a livello nazionale, completando la rete di impianti senza rischiare fenomeni di eccesso di offerta, come quelli che si registrano attualmente nel nord Europa.
Autorità di distretto (art.23)
Le modifiche proposte rispondono alla impellente necessità di pervenire ad una configurazione stabile e definitiva per le Autorità di distretto, che superano definitivamente le Autorità di bacino. In tal modo si risolvono anche i contrasti con l’ordinamento comunitario e si risponde positivamente alle richieste degli organismi comunitari preposti alla verifica della corretta attuazione della direttiva quadro in materia di acque (direttiva quadro acque e direttiva alluvioni).
Difesa del suolo e dissesto idrogeologico (art.24)
Si introduce il finanziamento degli interventi di demolizione di immobili abusivi realizzati in aree ad elevato rischio idrogeologico attraverso un meccanismo che rende più agevole la rimozione e la demolizione di opere ed immobili realizzati abusivamente nelle aree del Paese classificate a rischio idrologico elevato. E’ un provvedimento necessario per quelle zone in cui le condizioni di fragilità del territorio rendono particolarmente urgente la necessità di realizzare interventi di messa in sicurezza da fenomeni di dissesto idrogeologico, la cui concreta attuazione spesso viene impedita da manufatti di vario genere spesso realizzati illecitamente.
Fondo di garanzia per il servizio idrico nazionale (art.25)
Al fine di rilanciare i necessari programmi di investimento per il mantenimento e lo sviluppo delle infrastrutture idriche, finalizzati a garantire un’adeguata tutela della risorsa idrica e dell’ambiente secondo le prescrizioni europee e contenendo gli oneri gravanti sulle tariffe, a decorrere dal 2014 è istituito un Fondo di garanzia di interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche in tutto il territorio nazionale.
Obiettivi prioritari del Fondo sono rilanciare la politica di sviluppo delle infrastrutture nel settore; completare le reti di fognatura e depurazione; evitare sanzioni europee per inadempimento dell’Italia; ridurre l’onere finanziario della realizzazione di investimenti nel settore idrico, con vantaggi per l’utenza; avviare la realizzazione di infrastrutture finalizzate al recepimento dei principi della strategia Blue Print.
Il Fondo di garanzia viene alimentato da una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato opportunamente definita.
Tariffa sociale del servizio idrico integrato (art.26)
La disposizione mira a rendere effettivo l’obiettivo di rafforzare la natura “pubblica” della risorsa acqua, come richiesto anche dal Referendum del giugno 2011 e dalla stessa relazione del Gruppo di Lavoro in materia economico e sociale ed europea (cosiddetti “Saggi”) e come già affermato nella normativa nazionale. Con questa norma l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, al fine di garantire l’accesso universale all’acqua, assicura agli utenti domestici a basso reddito del servizio idrico integrato, l’accesso a condizioni agevolate alla quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. La sostenibilità dell’intervento e la copertura dei relativi costi viene garantita dalla previsione di un’apposita componente tariffaria in capo alle utenze non agevolate del servizio idrico integrato.
Morosità nel servizio idrico integrato (art.27)
Con l’applicazione delle tariffe basate sul principio di copertura dei costi, l’impatto economico sugli utenti è cresciuto in modo rilevante, creando crescenti problemi di morosità. Il provvedimento mira a regolamentare le modalità di gestione del fenomeno della morosità per limitarne l’insorgenza, assicurarne l’efficace contrasto in modo che i costi non ricadano sugli utenti non morosi e per garantire un livello minimo di fornitura di acqua anche alle utenze non in regola con i pagamenti.
In fase di studio
Contabilità ambientale: nasce il Comitato per il capitale naturale (art.31)
Le questioni ambientali entrano a pieno titolo nel processo decisionale economico e finanziario del Paese. Viene istituito infatti senza alcun costo per la spesa pubblica il Comitato per il capitale naturale con l’obiettivo di integrare i costi ambientali nel processo di preparazione del Documento di economia e finanza (Def) e degli altri atti di governo in materia di programmazione finanziaria e di bilancio. Il Comitato fornirà al Governo gli strumenti utili per la migliore comprensione degli effetti dello stato delle risorse naturali e dell’ambiente, sulla performance economica del Paese e sul benessere degli individui, individuando in particolare le conseguenze economiche e sociali derivanti dalla mancata prevenzione degli impatti e dei danni ambientali delle attività produttive. Entro il 28 febbraio di ogni anno il Comitato consegna al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro dell’economia e delle finanze un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato delle informazioni e dei dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie seguendo le metodologie definite dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea.
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Trasformazione dei terreni di proprietà pubblica in proprietà collettiva

ortiCi sono diverse iniziative legislative per richiedere l’assegnazione dei terreni pubblici ma nessuna scioglie il nodo fondamentale: la riconduzione di tali beni dalla proprietà pubblica alla proprietà collettiva della generalità dei cittadini abitanti nei territori di riferimento.
Basterebbe un articolo unico:
1. I terreni utilizzabili per la coltivazione agraria o come bosco o come pascolo permanente appartenenti ad enti pubblici sono trasformati in demani civici e costituiscono proprietà collettive della generalità dei cittadini abitanti nel territorio comunale o frazionale in cui i beni sono situati. Tali beni sono indivisibili, inalienabili, inusucapibili, inespropriabili.
2. I terreni di cui al comma precedente sono amministrati separatamente dagli altri beni pubblici con Comitati da eleggersi con le norme di cui alla legge 17 aprile 1957 n. 278; tali amministrazioni sono denominate “Amministrazioni Separate di Beni di Uso Civico” (ASBUC).
Alfonso Pascale




La guerra sotterranea

vinoSono passati trentasei anni da quando, quindicenne a Parigi, ho cominciato a frequentare il mondo del vino. Eppure qualche tempo fa, in un pomeriggio trascorso nel sud del Piemonte, ho imparato in cinque ore più di quello che avevo imparato nei trentasei anni precedenti. Questo la dice lunga sulla mia ignoranza, ma anche sulla genialità dell’uomo che mi ha accompagnato in giro per la sua azienda agricola nei dintorni di Novi Ligure.
Nei suoi trenta ettari di terreno, Stefano Bellotti a Cascina degli Ulivi, produce vino, alleva bestiame e coltiva cereali, frutta e verdura. All’inizio degli anni ottanta, Bellotti è stato uno dei primi italiani a sposare quella pratica olistica (espressione di una vecchia tradizione del “buonsenso contadino”) che va molto oltre quello che Bruxelles definisce come biologico. Si chiama “biodinamica” ed è ispirata (ma solo ispirata) al fondatore delle scuole Waldorf e della filosofia antroposofica, Rudolph Steiner.
Bellotti è un uomo schietto e carismatico, con una luce – quasi un laser – perenne negli occhi. Ha mani solcate come i terreni collinari che cura scrupolosamente. Inequivocabilmente contadino, non dovremmo però stupirci davanti alla sua stupefacente capacità di articolare i concetti più complessi. E un nuovo contadino. Di quelli che hanno forse rubato agli artisti il ruolo di contestatori dello status quo.
Lo sapevate, per esempio, che il rapporto tra le radici di una pianta e il terreno può aiutarci a capire la vera natura della politica globale? Ecco, nemmeno io, almeno fino a quando non ho seguito il suo improvvisato corso di specializzazione tra le vigne di Filagnotti, nella regione vinicola del Gavi. “Se coltivata naturalmente, secondo i veri metodi biologici, una singola pianta di grano produrrà radici primarie che affondano nel terreno fino a 12 metri con circa cinque chilometri di filamenti radicali”, mi ha spiegato Bellotti. “La stessa pianta, coltivata seguendo le pratiche industriali dell’agrochimica, in un terreno che riceve erbicidi, pesticidi e fungicidi tossici (come accade nel 99 per cento dei casi in tutto il mondo) penetra nel suolo tra i 5 e 10 centimetri e produce poche centinaia di metri di filamenti radicali. Abbiamo una riduzione di cento volte.”
“Perché è importante questa differenza?”, gli ho chiesto. “Diventa una pianta che non ci nutre più. Perché il sapore e le qualità nutritive di un cereale – come di qualsiasi pianta – sono determinate dall’assorbimento di minerali da parte delle sue radici”, mi ha risposto abbandonandosi a una risata. “Una volta, quando una persona mangiava pane, mangiava pane. La gente poteva sopravvivere mangiando quasi soltanto pane, perché conteneva quasi tutto di cui l’uomo ha bisogno. Oggi invece la maggior parte del pane che mangiamo è completamente inutile dal punto di vista alimentare”.
“E le uve da vino?”, ho chiesto. “Di tutte le piante coltivate, la vite è forse la più sensibile all’apporto dei sali minerali. Se coltivata in modo naturale è in grado di penetrare nel terreno per venti metri, mentre una pianta coltivata in modo convenzionale e chimico è già tanto se arriva a cinquanta centimetri di profondità. Se consideri che i sali minerali assorbiti dalle radici determinano l’aroma del vino (attraverso la magia della fermentazione) capirai che il contatto ridotto con i minerali dell’agricoltura industriale ha un effetto devastante. Mancano le caratteristiche più intrinseche dell’uva e del vino, e quindi bisogna ricostruirle artificialmente in laboratorio, aggiungendo altri composti chimici al prodotto e un’altra fase cancerogena al processo”.
Prima di continuare, Bellotti ha osservato il mare di foglie verdi che ci circondava. “Quando tratti le viti con agenti chimici (molti dei quali derivano dall’industria militare, come Roundup di Monsanto, sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio nella guerra del Vietnam) la pianta perde la maggior parte delle sue capacità fotosintetiche, che sono alla base del suo dialogo vitale con la luce e l’energia solare”.
Mi ha guardato, e sul suo viso è passato un sorriso ironico. “Anche noi esseri umani abbiamo bisogno dell’energia solare e della luce per sopravvivere, ma per alimentarci non possiamo stare fermi sotto il sole, a meno che non vogliamo essiccarci e morire. Riceviamo l’energia del sole mangiando piante che l’hanno assorbita al posto nostro. Impedendo alle piante di assorbire la luce solare non facciamo altro che impedire a noi stessi di immagazzinare l’energia del sole. Per questo perdiamo vitalità e voglia di agire, e alla fine non siamo più capaci di pensare come dovremmo”.
Improvvisamente Bellotti mi ha piantato addosso uno sguardo penetrante che non dimenticherò per molto tempo. A qualcuno la sua tesi finale potrà sembrare strampalata, ma vi suggerisco di verificarne le basi scientifiche. “Le multinazionali che ogni giorno aumentano il loro controllo sull’approvvigionamento alimentare globale hanno tutto l’interesse a farci mangiare piante che in realtà non sono vere piante, perché così ci rendono più malleabili e sottomessi, esseri umani meno vivi e meno capaci di resistere al potere”.
Correzione: 13 novembre 2013 In un versione precedente di questo articolo c’era scritto che il Roundup è sviluppato anche a partire dall’uso del Napalm, invece è sviluppato anche a partire dall’uso dell’agente arancio, un defoliante prodotto dalla Monsanto e usato dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam. Il Napalm veniva prodotto dalla Dow Chemical, un’altra multinazionale statunitense, che produceva anche l’agente arancio.
Jonathan Nossiter
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