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Ecco la tangenziale verde: giardini, vigneti, mercati e anche una pista per lo skate

tangenzialeIl piano per la sopraelevata da Batteria Nomentana a Tiburtina. L’area lunga due chilometri e larga 20 metri sarà attraversata da una pista ciclabile

Una lunga “spiga verde” fra i palazzi e la ferrovia. Una lingua d’asfalto trasformata in un giardino agronomico di nuova generazione, con coltivazioni autoctone, giardini didattici e familiari, campi sportivi, uno skate park e persino un mercato a chilometro zero. Così immagina il futuro del tratto di Tangenziale dismesso fra Batteria Nomentana e la stazione Tiburtina, oggi sostituito dal percorso interrato, il progetto realizzato dall’architetto Nathalie Grenon, partner dello studio Sartogo Architetti Associati. Presentato ieri alla libreria “Assaggi” di San Lorenzo, il progetto pilota “Coltiviamo la città” è nato nel II Municipio dalla proposta di due associazioni, Res e Coltiviamo, sulla base del principio dell’Agenda 21 per le città sostenibili, con un processo partecipativo che coinvolge cittadini e realtà del territorio. E dopo più di tre anni di lavoro è ora praticamente ultimato.
“Si tratta di un innovativo progetto di riqualificazione urbana attraverso la rigenerazione ambientale” spiega Grenon. Ma, a differenza di esperienze simili, come quella dell’High Line di New York (ieri ricordata dall’architetto paesaggista Elizabeth Fain La Bombard, ospite del dibattito), “sarà un giardino agronomico, quindi produttivo, che prediligerà le coltivazioni autoctone, anche perché il Lazio è la regione italiana più ricca di biodiversità”. Spazio, quindi, a un giardino di meli, di 16 tipologie diverse, e a un vigneto autoctono. Ma anche a orti urbani per le scuole, giardini per le famiglie e per “nonni e nipoti” e a un mercato a chilometro zero, con una grande copertura a pannelli solari di nuova generazione. Non solo. Nell’area verde lunga due chilometri e larga 20 metri, attraversata da una pista ciclabile con stazioni di bike sharing e da vari percorsi pedonali, sorgerebbero anche campi sportivi e di bocce, una sala conferenze, un’area per cani, uno skate park e un giardino in cui piantare un albero per ogni neonato, come la legge prevederebbe dal ’92.

“Grazie a grandi cisterne poste sotto l’attuale tangenziale si recupererà l’acqua piovana, mentre l’organico di tutto il quartiere potrà essere raccolto qui nelle compostiere e riutilizzato” sottolinea Grenon. “Il giardino sarà sostenibile e autosufficiente anche perché saranno le associazioni, le famiglie e i cittadini a prendersene cura, gestendo i segmenti loro affidati”. Ma potrebbe diventare anche un laboratorio di sperimentazione innovativa sul monitoraggio ambientale e l’utilizzo di fonti rinnovabili, grazie al coinvolgimento in sinergia degli istituti di ricerca della zona, dall’Enea al Cnr. Presentato in Campidoglio e finito sul tavolo della commissione Politiche comunitarie, il progetto da 9 milioni di euro potrebbe essere finanziato in parte con fondi europei. “Il sogno – conclude Grenon – sarebbe di poter aprire la prima parte nel 2015, in concomitanza con l’Expo di Milano”.

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C40 Cities MAKE A DIFFERENCE

mappaEach city in the C40 is unique in its infrastructure and progress in addressing climate change. C40 works to empower cities to connect with each other and share technical expertise on best practices.

Each year, C40 surveys the Mayoral Powers of its member cities in order to understand where the greatest opportunities exist to advance specific climate actions and foster targetted knowledge sharing. The chart below reflects a summary of current Mayoral Powers by area, each of which is served by a C40 Initiative and its topical Networks. Cities whose mayors possessed strong or partial power over two-thirds of surveyed assets and functions in each category are indicated below. Cities who identified a climate action plan to C40 are also indicated in the Measurement and Planning category. Explore Mayoral Powers in C40 Cities below, or view an           infographic to learn why ending climate change begins in cities.

traduttore > http://translate.google.it/#en/it/

situazione di Roma

 

 




Rifiuti Miniera di domani

pinoRingrazio Massimo Piras presidente ZeroWaste e il direttore della Biblioteca Antonio Trimarco che ci ha consentito di mettere in cantiere questo seminario

Ringrazio altresì i “ragazzi” Giuseppe Girardi, Fabio Musmeci, Giulio Izzo  dell’Enea,  Salvatore Genova dell’ESPER  e gli altri coordinamenti che hanno voluto condividere con noi questo avvio e con cui siamo certi collaboreremo.

Per info consultate  HYPERLINK “http://www.Corviale.com” www.Corviale.com e un grazie a Elisa, Valerio per la loro passione e impegno.

 

Il seminario su “Rifiuti miniera di domani”, grazie al contributo di diverse realtà, ha iniziato a muovere i primi passi e si inserisce nel contesto della riconversione del ciclo dei rifiuti eliminando nuove megadiscariche ed inceneritori come quelli di Malagrotta per procedere al totale Recupero di Materia senza combustione dei rifiuti.

 

Questo nuovo ciclo prevede una serie di impianti di trattamento “a freddo” ed una serie di attività decentrate nel territorio da parte del Comune di Roma, come l’apertura in ogni Municipio di un Centro di Riuso e Riparazione oltre che di scambio gestito da volontariato ed onlus per reimmettere oltre al Centro di raccolta gestito da AMA come proposto da Rifiuti Zero.

 

Il progetto di rigenerazione urbana di Corviale è una occasione straordinaria per avviare un progetto pilota sulla gestione corretta Verso Rifiuti Zero che partendo dal Municipio 11, di cui Corviale è un sito con tutte le caratteristiche necessarie, possa estendersi a tutti i Municipi.

 

Un’occasione che dobbiamo costruire insieme.

 

Conforta  la partecipazione e l’attenzione con cui è stato seguito e il livello di competenze con cui è stato illustrato il tema.

Faccio qui una sintesi degli obiettivi che il seminario si era proposto e accenno al come proseguire:

– far conoscere e  far avere consapevolezza alla nostra Comunità del “Valore della Monnezza” e quanto sia importante, per rendere concreto quel valore, la Riduzione, il Riuso, il Riciclo/Recupero, le famose 3 C.  Una consapevolezza, vero patrimonio per la riuscita del progetto, che va estesa  da parte di noi tutti ai nostri concittadini che vivono nel nostro territorio

– Valore che va collegato alle reali possibilità nel creare lavoro a tempo indeterminato. Perché i rifiuti ci saranno sempre e a ciclo continuo. Un lavoro che ha bisogno di formazione professionale, di acquisire competenze specifiche, di collaborazione e di coordinamento con la filiera produttiva presente sia nel  Quadrante di Corviale che verso l’esterno  con quel ciclo e rete che lo trasforma in Valore.

–  “Rifiuti zero” si coniugano con  ambiente più sano e  la qualità del  vivere nel nostro Quadrante. Non è sufficiente avere un territorio  con  1.400 ettari di parchi

(Valle dei casali e tenuta dei Massimi) per misurarne la caratura ambientale. Questo patrimonio può produrre economia verde  in termini di agricoltura di vicinanza e di energia con positive ricadute per tasse più basse sia per gli abitanti che per le amministrazioni pubbliche (vedi Ater, Comune, Asl). In pratica possiamo mettere nelle tasche degli abitanti denaro e nei loro palati un cibo più sano e gustoso e nei bilanci della Regione e del Comune risorse economiche  che dobbiamo pretendere che vengano reinvestite sul territorio per la manutenzione e per investimenti produttivi.

 

Opportunità che trovano radici  nel progetto di rigenerazione urbana che stiamo promuovendo da oltre 5 anni e che è passaggio obbligato per la nostra Comunità.

Bisognerà gestirlo in modo sì partecipativo ma accompagnato  con le competenze adeguate e nelle forme giuridiche/amministrative più attinenti  per realizzarlo.

Attenzione particolare va dedicata nell’inserimento al lavoro delle fasce svantaggiate

(cooperative sociali con disabili, ragazze madri, disoccupati di lungo corso,….) che in queste attività possono ricavarne autonomia  e benefici economici e psico-fisici.

Una scelta che incide positivamente sui costi dello stato sociale delle amministrazioni

Ricordiamo,  ancora una volta, che vanno sbloccati i fondi esistenti  per la riqualificazione  e che con logica conseguenza può riportare sicurezza e legalità, precondizioni  per lo sviluppo di queste economie  in quanto il Palazzo Ater- il Serpentone  è la struttura che con i suoi spazi e luoghi avvia quel circuito virtuoso che  ci potrà consentire di andare a meta.

 

Pino Galeota

 




In evidenza > Zero Waste e Corviale Domani: un progetto che si completa > video

 

Seminario 22 Febbraio 2014 c/o Biblioteca Renato Nicolini

Seminario 22 Febbraio 2014 c/o Biblioteca Renato Nicolini

Si è svolto sabato 22 febbraio il seminario di formazione di Zero Waste Lazio, presso la Biblioteca comunale Renato Nicolini.

Il seminario ha visto la trattazione dei seguenti argomenti:

 Introduzione alla strategia Rifiuti Zero (inquadramento normativo – tecnologico – ambientale) a cura di Massimo Piras, Presidente associazione Zero Waste Lazio.

Il primo passo è sicuramente la raccolta differenziata porta a porta, dappertutto. Attualmente, Roma ha sei tipi diversi di raccolta differenziata che portano al solo 30% dell’intero potenziale.

Secondo passo importante è la partecipazione dei cittadini, che deve essere coadiuvata dall’informazione capillare, con l’obiettivo di portare al 50% entro il 2014 e al 70% entro il 2016.

Salvatore Genova di ESPER hapoi affrontato il tema della riduzione dei rifiuti e dei sistemi di Raccolta, in particolare il porta a porta, con Tariffa Puntuale.

Esperimento funzionale riguardo il riutilizzo e riuso (con la descrizione dei Centri di riuso e la gestione economica è l’esperienza -videoriportata- di Camilla Piccinini del Centron di Riuso di Capannori (LU). Sistemi di trattamento della Frazione Secca (impiantistica TMB – Inceneritori – Centri riciclo) – Giuseppe Girardi/ ENEA

Il trattamento aerobico della Frazione Umida (impianti compostaggio industriali e di comunità) – Fabio Musmeci/ ENEA

 Il trattamento anaerobico della Frazione Umida (digestori anaerobici con compostaggio aerobico) – Giulio Izzo/ ENEA

Il seminario ha esaminato tutto il ciclo di gestione dei rifiuti alla luce della Legge Rifiuti Zero e delle migliori tecnologie di trattamento ammesse da Rifiuti Zero – Zero Waste, partendo da una esposizione generale con approfondimenti specifici sugli aspetti relativi alla sostenibilità ambientale ed economica.

I dieci punti che caratterizzano la strategia zero rifiuti sono:

  • Separazione alla fonte
  • Raccolta differenziata porta a porta
  • riciclaggio
  • compostaggio
  • riduzione dei rifiuti
  • centro di riparazione e di uso
  • tariffazione puntuale
  • recupero e separazione dei residui
  • centro di ricerca e progettazione
  • azzeramento rifiuti

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Sono stati previsti pertanto spazi di confronto e chiarimento su domande specifiche con i partecipanti sia durante che alla fine di ogni singola relazione.

 

 

 

 

 

PLAYLIST SEMINARIO

Video completo del seminario

Video completo del seminario

Per ulteriori informazioni http://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/dieci-passi-verso-rifiuti-zero/




Benessere equo e sostenibile: ricerca Cnel-Istat

benessereIndagine per valutare il progresso di una società

 E’ un progetto targato Cnel e Istat, quello di misurare il benessere equo e sostenibile. Presentati quindi i dati del Rapporto sul Bes.
La percezione di una buona condizione di vita è maggiore in Friuli-Venezia-Giulia, Trentino-Alto-Adige, Liguria, Toscana e Lombardia.
Comunque gli italiani sono mediamente soddisfatti della propria condizione.
Il divario tra aree del paese riguarda soprattutto la sfera economica, come certificato dal report finale dell’indagine “Il benessere equo e sostenibile dal punto di vista delle persone”.
L’indagine e’ stata condotta con 3.346 questionari (attraverso una diffusione via web a cui hanno collaborato anche testate giornalistiche nazionali), 18 focus group in sei regioni e 90 storie di vita.
L’obiettivo dell’indagine e’ di misurare il “benessere equo e sostenibile”, per valutare il progresso della societa’ non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale, di fatto andando oltre il Pil.
“La frattura tra Nord e Sud, eccezion fatta per il Piemonte, è particolarmente evidente e marcata, denotando come la percezione che hanno i cittadini del Meridione della propria qualita’ di vita e quindi del proprio benessere sia nettamente inferiore rispetto a quella dei connazionali del Nord”. Dopo la Campania, agli ultimi posti si classificano Puglia, Marche, Basilicata e Calabria. Prime si trovano il Friuli-Venezia-Giulia, il Trentino-Alto-Adige, la Liguria, la Toscana e la Lombardia.
La ricerca punta anche a indagare come gli italiani agirebbero sul loro benessere se ne avessero l’opportunita’. In prima linea,
per tutti, c’e’ la salute e all’ultimo posto la voce “politica e istituzioni”, “a testimonianza di quanto in questo frangente storico i cittadini vedano lo Stato come un ostacolo al miglioramento della qualita’ della propria vita, piuttosto che come un’opportunità”.
Ma anche nella scelta delle priorita’ le differenze territoriali non mancano: gli intervistati nel Nord Est scelgono di investire maggiormente, rispetto al Nord Ovest, nella dimensione della salute e della qualita’ dei servizi, mentre quelli del Nord Ovest ritengono prioritarie le dimensioni del lavoro, conciliazione dei tempi di vita e del paesaggio e patrimonio culturale. Al Sud e nelle Isole il dominio “benessere economico” colloca al terzo posto, non lontano da quello dell’istruzione e formazione (al secondo posto, dietro alla salute).



I love Torpigna: come amare il verde ed il proprio quartiere

tor pignattaraI cittadini di Torpignattara stanno facendo letteralmente rifiorire gli spazi verdi del quartiere, intervenendo nelle aree degradate, aiutando i gatti abbandonati e segnalando i rifiuti ingombranti lasciati per strada

Far fiorire un’aiuola a via della Marranella, pulire il parco Sangalli, riqualificare via di Torpignattara con gesti semplici e quotidiani: è questo che fanno le associazioni e il Comitato di Quartiere di Torpignattara, gruppi di persone stanche del degrado che hanno deciso di rimboccarsi le maniche e dare dignità e valore ai luoghi in cui vivono. “Da luglio siamo partiti con il progetto Adotta un’aiuola per far splendere le aiuole del quartiere ormai secche, piene di erbacce e rifiuti: tanta gente è scesa in strada per donare una pianta, annaffiare, sistemare”, ci racconta Luciana Angelini, Presidente del CdQ. “Da quel momento abbiamo notato un miglioramento, più attenzione da parte dei cittadini e anche di alcuni commercianti che tutti i giorni si occupano di tenere pulita l’aiuola davanti al loro negozio. Questo tipo di eventi, che cerchiamo di replicare almeno una volta al mese – continua Luciana – ha creato aggregazione, senso di identità nel quartiere e collaborazione”. Addirittura, ad agosto i cittadini hanno fatto a turni per innaffiare l’aiuola di Via della Marranella per non far appassire le belle piante. A Natale grandi e piccini hanno addobbato l’ulivo della stessa aiuola mentre in via Laparelli si festeggiava allestendo un artistico presepe. “Abbiamo cominciato sostituendoci al Servizio Giardini e intervenendo in prima persona”, aggiunge Donatella Collura dell’Associazione Amici del Parco Acquedotto Alessandrino, spiegando che ora con il Servizio Giardini collaborano e si confrontano per non vanificare il lavoro fatto fino ad oggi a via della Marranella, a via di Torpignattara, all’acquedotto Alessandrino e a via Laparelli. Purtroppo non si smette mai di intervenire: il Parco Sangalli, di rilevanza archeologica, è stato ripulito, neanche completamente, solo dopo tante richieste e mail inviate dai cittadini all’Ama.

MATERASSI ABBANDONATI? ARRIVA TORPIGNAFLEX
Il CdQ e le associazioni si stanno muovendo anche contro il fenomeno dei materassi e dei rifiuti ingombranti abbandonati in strada e proliferati negli ultimi mesi: è nata cosìTorpignaflex, una casella mail (torpignaflex@gmail.com) cui inviare segnalazioni per costruire una mappa dei materassi nel Municipio Roma V. La segnalazione ovviamente andrà fatta anche alla Centrale Operativa Ama, che a sua volta smisterà le segnalazioni alla società che si occupa della rimozione. “Ci siamo fatti un’idea di chi sia ad abbandonare per strada tutti questi rifiuti ingombranti”, spiega Luciana Angelini. “Si tratta di negozianti che ritirano i vecchi materassi quando consegnano i nuovi e che, invece di pagare per il corretto smaltimento, li abbandonano per strada costringendo l’Ama a intervenire localmente a spese della comunità tutta”.

RIFIUTI, GATTI E INTEGRAZIONE
Per quanto riguarda i rifiuti, a Torpignattara la raccolta volontaria dell’umido stenta a decollare: lo mostrano i dati diffusi sul mese di dicembre 2013 secondo cui il quartiere avrebbe raccolto soltanto 808 kg di umido, e lo confermano i ragazzi del CdQ. La comunicazione dell’Ama su questo progetto è stata quasi invisibile e bisogna tenere conto che a Torpignattara vivono anche tante comunità straniere con cui spesso non è facile rapportarsi o comunicare su queste tematiche. “È necessario pensare ad unacomunicazione più capillare e soprattutto multilingue oltre a diffondere più volantini”, dice Donatella Collura. Anche per questo i classici cartelli del rispetto del verde posti nelle aiuole sono stati tradotti in più lingue e ora grazie ad un bando vinto dal CdQ si stanno formando 15 facilitatori culturali, di 13 nazionalità diverse, che diventeranno poi volontari del Comitato per cercare di superare i problemi legati ai rapporti con le comunità straniere. Ma non finisce qui: i cittadini del quartiere oltre a pensare alla flora, si occupano anche della fauna e con la colonia felina “I Gatti di Torpignattara” curano e aiutano i tanti micetti abbandonati per le strade. “Ogni giorno ci occupiamo di loro e cerchiamo di trovargli una casa”, afferma Luciana e noi raccogliamo il suo appello di diffondere indirizzo e numero di telefono per eventuali adozioni e informazioni (333 428 3821 – cdqtorpignattara@email.it)

Insomma, c’è ancora tanto da fare nel quartiere e per il quartiere. Ma per trovare la forza e la voglia di impegnarsi basta guardare la scritta “I <3 Torpigna” nell’aiuola di via Laparelli realizzata da Alessio Marazzi, l’artista del Comitato, con i tappi di bottiglia recuperatiproprio ripulendo l’aiuola. Dal letame nascono i fior.

di Giorgia Fanari

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Serata di finanziamento delle fattorie sociali alla casa del popolo di torpignatara

1abSi sono presentate una serie di esperienze di agricoltura sociale, giovani che hanno intrapreso questa scelta di vita mossi da una consapevolezza di un modello di sviluppo diverso che privilegi la vivibilità, la salute, la condivisione con la natura e i suoi ritmi. Presente anche chi ha fatto il cammino inverso tornando in città per creare un gruppo di acquisto solidale con cui distribuire i prodotti di piccoli produttori attenti alla qualità e alla biodiversità. E’ in questa chiave di rete e di scambio solidale che Alfonso Pascale,   lo studioso dell’agricoltura sociale, ha concluso bisogna costruire un nuovo modello di rapporti sociali non più basati sullo scambio economico ma sulla condivisione di valori e di progetti comuni.




Il pachino del terzo piano

orti

Altro che “chilometri zero”. Potremmo mangiare broccoletti che vengono dal piano di sopra. O dall’altra parte della strada. O da dietro l’angolo. Non grazie a un improbabile orto urbano, sopravvissuto al cemento. Ma comprandoli in un normale supermercato, capace di riempire la borsa della spesa di migliaia di persone con prodotti cresciuti sopra le nostre teste, nei piani superiori del grattacielo che, a pianoterra, ospita lo stesso supermercato. Per i lettori di fantascienza, che da decenni hanno fatto la bocca al cibo cresciuto nelle stive delle astronavi o in cavernosi laboratori anti-bomba, è pura routine. Per i sette miliardi di esseri umani che vivranno nelle megalopoli del 2050, potrebbe diventarlo. In un mondo desertificato dal riscaldamento globale, dove l’acqua è troppo preziosa per essere sparsa a irrigare le campagne, potrebbe essere, semplicemente, l’unica strada.

 

Difficile che i pachino cresciuti all’ultimo piano di un grattacielo della Bovisa abbiano lo stesso sapore dei pomodori originali. Quelli veri, d’altra parte, è difficile trovarli anche oggi, da un normale fruttivendolo. E il sapore, in agricoltura, conta solo insieme all’abbondanza. Nell’agricoltura verticale di domani, mancheranno anche molte altre cose: il sole, la pioggia, il vento, la neve, i colori, i paesaggi. Ma i broccoletti del 2050 potranno cavarsela con solo poche gocce d’acqua, zero pesticidi, niente trasporto. Il conto dei vantaggi e degli svantaggi è più complesso e meno scontato di quanto potrebbe sembrare a prima vista.

 

Tecnicamente, l’agricoltura verticale è già una realtà. A marzo, verrà inaugurata a Scranton, in Pennsylvania, la più grande fattoria verticale del mondo. Produrrà lattuga, spinaci, pomodori, peperoni, basilico e fragole. La superficie è di poco più di tre ettari ma, siccome le piante saranno sistemate su sei strati sovrapposti, i tre ettari dell’agricoltura verticale si moltiplicano: Green Spirit Farms, la società proprietaria, calcola che si troverà a gestire 17 milioni di piante. Avere un’idea del numero è importante, perché, nella fattoria verticale, ogni pianta, in qualche modo, ha un trattamento individuale. Pomodori o peperoni, a Scranton, saranno collocati in contenitori in cui non c’è terra, ma acqua, potenziata con sostanze nutritive. Lampa- dine Led faranno le veci del sole. Un software si preoccuperà di far ruotare le piante in modo che ricevano tutte la stessa esposizione alla luce solare, più di quanto, probabilmente, avrebbero all’aperto, in Pennsylvania.

 

A Singapore, di sole ce n’è fin troppo. Quel che manca è lo spazio. La fattoria verticale costruita da Sky-Greens contiene la risposta già nel nome della società. I quattro piani della fattoria sono tutto vetro ma, soprattutto, cavoli cinesi e lattuga si muovono anch’essi in verticale: un ascensore muove lentamente ogni fila di contenitori, facendoli salire a turno fino al tetto. C’è, peraltro, chi la pensa esattamente all’opposto. A Kyoto, in Giappone, Nuvege produce le sue lattughe in una sorta di enorme hangar privo di finestre. Le piante sono illuminate solo da lampadine Led, tarate, però, sul rosso, oppure sul blu, per favorire due diversi tipi di clorofilla.

 

Ma se, tecnicamente, l’agricoltura verticale è possibile, economicamente, poi, funziona? Forse in Svezia un mango costa meno così, che importato con l’aereo, ma altrimenti? La prova l’avremo nei prossimi anni, anche grazie ai progressi della tecnologia. Uno dei costi maggiori dell’agricoltura verticale è l’elettricità per le lampadine che replicano il sole. Un Led, oggi, ha un’efficienza del 28 per cento, cioè produce energia luminosa solo per poco più di un quarto dell’energia che consuma. Sul mercato, però, stanno per arrivare Led con efficienza al 68 per cento, con un drammatico salto di qualità. Tuttavia, la luce non è tutto. Anzi, può essere troppa. Le fattorie verticali stanno scoprendo che le piante reagiscono meglio a una luce che varia dall’alba al crepuscolo. Un finto tramonto di cinque minuti favorisce la fioritura.

 

Per i profeti dell’agricoltura verticale questa, comunque, è una visione miope. L’energia è un problema e un costo che possono essere facilmente superati autoproducendo indipendentemente l’elettricità con pannelli fotovoltaici o riciclando gli scarti vegetali come biocombustibile. E, contemporaneamente, un altro costo può essere abbattuto: l’acqua. Oggi, il 70 per cento dell’acqua dolce, nel mondo, viene usato per irrigare i campi. Uno dei motivi per cui l’agricoltura verticale, domani, potrebbe affiancare efficacemente l’agricoltura tradizionale è che, per crescere la stessa pianta, la fattoria verticale ha bisogno del 2-5 per cento dell’acqua che occorre all’aperto, in larga misura grazie al riutilizzo dell’umidità creata nell’ambiente dalle stesse piante.

 

Anche considerando gli altri risparmi ottenibili, tagliando il trasporto e facendo assegnamento, almeno in teoria, sul fatto che non occorrono pesticidi, comunque tutto questo non basterebbe a fare dell’agricoltura verticale un’impresa economicamente sostenibile. Ma la fattoria in un grattacielo può essere tremendamente efficiente. Per dimo-strarlo, il guru dell’agricoltura verticale, Dickson Despommier, si lancia in una simulazione estrema. Prendete un caseggiato su più piani, grande quanto un isolato urbano (due ettari) e piantatevi il frumento nano, studiato dalla Nasa. Con raccolti tutto l’anno, quei due ettari di città possono produrre, dice Despommier, tanto frumento quanto quasi mille ettari di campagna.

 

Forse non occorre arrivare al frumento nano. La forza — e lo spazio economico futuro — dell’agricoltura verticale è nella capacità di produrre più raccolti l’anno, anche in climi in cui, diversamente dalle regioni più calde, questo non è possibile all’aperto. In una fattoria verticale sono possibili 30 raccolti l’anno di fragole, 14 di lattuga. In generale, considerando la maggior parte delle colture sperimentate, si arriva a raccolti annui 4-6 volte più frequenti dell’agricoltura tradizionale.

 

E il contadino verticale? Niente lunghe giornate sotto il solleone o la pioggia. Lo troverete al bar, a tenere sotto controllo piante, luci, software e ascensori con lo smartphone. Tranne, naturalmente, quando deve riparare rubinetti o cacciare topi.

Maurizio Ricci

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