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Architetture viventi

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ARCHITETTURE VIVENTI
di Stefano Panunzi

Liberare la creatività sociale nelle zone di maggiore sofferenza. Per rigenerare gli spazi urbani. L’esperienza sul tetto di Corviale

La saldatura tra ecosistema digitale ed ecosistemi urbani, come ultimo atto della città elettrica, riscrive e mantiene l’antica promessa di liberazione che ogni città fa da millenni ai propri abitanti. Rappresenta un nuovo ecosistema spazio-temporale che consente di accedere ad una libera associazione d’idee e di persone finalizzata alla reinterpretazione del sogno urbano. Tutti dobbiamo riscrivere quella promessa attraverso una ricomposizione architettonica che sarà condotta proprio dalla reti sociali, quelle che non erano mai riuscite ad accedere al progetto. E’ l’alta densità che si raggiunge nelle città e nella rete la chiave per compiere il prodigio creativo e mantenere ancora quella promessa liberatoria. Il progetto, del resto, ha per la collettività l’importanza che in psicologia ha il sogno per l’individuo. Chiamiamole pure smart city ma dovranno essere qualcosa di più, una pedagogia dell’immaginario che non sia soltanto monopolio fantasmatico della comunicazione commerciale.

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