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Barriere (Fences)

Il teatro al cinema è cinema? L'Oscar come miglior attrice non protagonista è andato a Viola Davis

di Denzel Washington. Con Denzel WashingtonViola Davis (Oscar 2017), Stephen HendersonRussell HornsbyMykelti Williamson  USA 2016

Pittsburgh fine anni’50, Troy Maxson (Washington) lavora come netturbino e sta tornando a casa, con l’amico e collega Jim Bono (Henderson) un po’ preoccupato perché ha aperto una vertenza per il fatto che i camion della spazzatura sono guidati sempre da bianchi e ai neri spetta il compito di svuotare i secchi. Nel giardino di casa beve gin e racconta a Jim di come fosse bravo a giocare a baseball e di una lotta corpo a corpo sostenuta con la Morte in persona durante una malattia. La moglie Rose (Davis) un po’ si diverte, un po’ ridimensiona i suoi racconti e, fattasi seria, gli chiede di firmare l’autorizzazione per il loro figlio adolescente Cory (Jovan Adepo) perché possa frequentare gli allenamenti di baseball, ai quali lo ha convocato il selezionatore dell’università; Troy, però, è contrario; non vuole che il figlio abbia le sue stesse delusioni di ottimo giocatore non preso in considerazione perché nero. Poco dopo arriva Lyons (Hornsby), il figlio trentaquattrenne di una precedente relazione di Troy, che gli chiede dieci dollari in prestito; lui, che non è d’accordo con la sua scelta di fare il trombettista jazz, glieli nega ma Rose lo convince a darglieli. Torna a casa Cory e il padre, che lo tratta con durezza, gli impone di aiutarlo nella costruzione di un recinto intorno alla casa, voluto da Rose (che vuole, idealmente, racchiudervi la famiglia che è la sua vita intera) e quando il ragazzo gli parla della sua vocazione al baseball, lo zittisce, ordinandogli di continuare ad andare a lavorare nel locale supermercato nei momenti liberi dallo studio, invece di perdere tempo con gli allenamenti. Di lì a poco il quartiere è attraversato da un forte vociare: è Gabe (Williamson), il fratello minore di Troy che ha perso metà cervello in guerra e si porta sempre appresso una tromba perché, dice, San Pietro gli ha dato il compito di suonarla per aprire il cielo il giorno del Giudizio. L’indomani, Troy torna a casa entusiasta: dopo il colloquio con il dirigente (Christopher Mele) della società non solo non è stato licenziato come temeva ma è stato promosso autista. Rose è raggiante e lo è anche Lyons che è venuto a restituirgli i soldi ma lui non li vuole e gli dice di stare attento perché i locali nei quali suona sono delle bische nel mirino della polizia. Poco dopo, in giardino, beve gin con Lyons e Jim e racconta la sua dura infanzia in campagna con un padre violento e di come, fuggito da ragazzo, in città, si sia messo a fare il rapinatore, buscando una lunga condanna, durante la quale aveva imparato a giocare a baseball, divenendo molto bravo ma inutilmente perché nero (Rose, però, gli ha sempre obiettato che la sua carriera non ha mai decollato non per il colore della pelle ma per l’età: era uscito di prigione quasi quarantenne). Quando arriva Cory lui lo affronta duramente, perché, mentendogli, non è più andato al supermercato maa gli allenamenti e lui ha detto al coach che non lo avrebbe mai autorizzato a giocare; Corey è fortemente deluso ma obbedisce. Jim, poco dopo, chiama Troy in disparte e gli dice che ha capito che lui ha una relazione con una certa Alberta e gli chiede di non rovinare il matrimonio con Rose. Troy entra in casa e confessa a Rose di avere un’amante e di aspettare un figlio da lei. Rose è scioccata e da qual momento non gli rivolge la parola. Dopo mesi nei quali lui va a casa solo per dormire e cambiarsi d’abito, lei lo aspetta all’uscita dal lavoro per chiedergli di parlare: lei ha saputo che lui ha fatto internare Gabe (che ogni tanto veniva fermato per disturbo alla quiete pubblica ma non faceva male a nessuno) e lo accusa di averlo fatto al solo scopo di ottenere metà dei soldi della sua pensione d’invalidità. Lui reagisce rabbiosamente ma si sente in colpa. Una notte arriva una telefonata, Rose risponde e comunica a Troy che è nata la sua bambina ma Alberta è morta. Troy allora va in ospedale e porta la piccola a casa chiedendo a Rose di prendersene cura; lei accetta ma lui non dovrà più considerarla sua moglie. Nel frattempo, arriva a casa Cory e Troy, ubriaco, lo maltratta; ne nasce una specie di rissa e il ragazzo va via di casa. Troy, a questo punto, urla alla Morte di essere pronto. Pochi anni dopo, Raynell (Saniyya Sidney), la figlia di Troy, ora cinquenne, va ad aprire la porta e trova Cory, ora caporale dei marines che è venuto in licenza per il funerale del padre, in casa ci sono anche Jim e Lyons, che in permesso da una condanna per essersi coinvolto nei maneggi dei locali nei quali suonava. Cory dice alla madre che non andrà al funerale – non ha ancora smaltito l’odio per il padre – ma lei lo schiaffeggia e gli dice che Troy ha commesso vari errori ma li ha sempre amati e, a suo modo, protetti. Arriva Gabe, che soffia nella tromba per far aprire le porte del cielo al fratello e le nuvole si aprono, lasciando che un raggio di sole arrivi al giardino.

Il dramma Barriere di August Wilson fa parte dell’American Century Cycle, un ciclo di dieci commedie rappresentative della condizione dei neri in tutto l’arco del XX secolo e, tra tutti, è quello che ha avuto più successo. Washington, dopo averlo riproposto a Broadway, ha deciso di produrlo, dirigerlo ed interpretarlo al cinema con tutti gli attori (a parte, i giovanissimi Jovan Adepo e Saniyya Sidney) che erano in scena con lui. La scelta, per molti aspetti, si è rivelata vincente: il film è candidato e 4 Oscar (miglior film, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura non originale) e lui e la Davis hanno già avuto vari riconoscimenti. Washington ha scelto di affidare la scrittura della sceneggiatura totalmente nelle mani di Wilson, che, ovviamente, ha solo aggiornato nei movimenti il proprio testo. Qui c’è, forse, il limite del film.  Molti splendidi adattamenti cinematografici da drammi teatrali importanti hanno avuto il supporto di esperti sceneggiatori di cinema (tra i tanti esempi, pensiamo ad Oscar Paul, che ha affiancato Tennessee Williams per Un tram che si chiama desiderio di Kazan e Stanley Roberts, che ha adattato Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller per il film diretto da Laszlo Benedek). Qui la letterarietà del testo si fa un po’ sentire e il prodigio finale del cielo che si apre è perfetto per una macchina teatrale, un tantino ingenua al cinema. Io resto convinto che il passaggio dal teatro al cinema debba essere supportato da una scrittura adatta al mezzo ma, detto questo, la bravura degli attori (è stato dimenticato dai premi ma va citato il grande Stephen Henderson) e la forza del testo fanno un insieme di grande potenza.

ECCO TUTTI GLI OSCAR 2017

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