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Il mondo (dei Cohen) è dei mediocri
di Ethan Coen, Joel Coen. Con Josh Brolin, George Clooney, Alden Ehrenreich, Ralph Fiennes, Scarlett Johansson USA 2016
Siamo negli anni ’50. Eddie Mannix (Brolin) è il fixer (lo spicciafaccende) dei prestigiosi studi cinematografici Capitol. Lo vediamo, in piena notte, correre a prelevare la divetta Gloria DeLamour (Natasha Bassett), che si sta facendo incastrare in un servizio fotografico non autorizzato e, con due schiaffi, ricordarle che deve sostenere, con la polizia che è accorsa sul luogo, di essere un’altra persona. La mattina, arrivato nel suo ufficio dove lo assiste l’efficientissima segretaria Natalie (Hethel Goldenhersch), riceve una telefonata dal boss che gli impone di assumere il divo dei western Hobie Doyle (Ehrenreich) come protagonista della commedia sofisticata diretta da Laurence Lorentz (Finnies); poi partecipa ad una riunione con un prete cattolico (Robert Pike Daniel), uno ortodosso (Amazd Stepanian), uno protestante (Allan Havey) e un rabbino (Robert Piacardo) per accettarsi che il colosssal religioso, interpretato dal divo più prestigioso degli studios, Baird Withlock (Clooney) non possa avere critiche negative dalle autorità religiose; eccolo, subito dopo, andare sul set del nuovo film della diva-nuotatrice Deena Moiran (Johansson): lei è incinta e non vuole sposare il padre del bambino, il regista europeo Arne Seslum (Christopher Lambert), ma Eddie la convince a farlo per non rovinarsi l’immagine con lo status di ragazza-madre. Hobbie, fuori dalle cavalcate e la canzoni country, è negato alla recitazione ed Eddie suda sette camicie per rabbonire il disperato Lorentz. Sul set del colossal due comparse sono in agguato e, dopo, aver drogato Withlock, lo rapiscono e lo portano in una lussuosa villa sul mare; qui lo accoglie un gruppo di sceneggiatori comunisti accompagnati da Herbert Marcuse (John Bluthal) e il loro portavoce (Max Baker) gli spiega le ragioni politiche di quel rapimento; il tonto Baird si infuoca subito a quelle idee. Alla Capitol arriva una richiesta di riscatto di 100.000 $ ed Eddie si fa dare la somma dall’amministratore Stu Scwartz (Basil Hoffman) e la mette in una valigetta. Hobbie è nel suo ufficio e quando Eddie gli rivela l’accaduto, dopo avergli consigliato di tenere sotto controllo le comparse , decide di darsi a sua volta da fare. Eddie, prima di consegnare la valigetta va da Arne, che sta girando un musical con il famoso attore-ballerino Burt Gurney (Channing Tatum), per chiedergli di sposare Deena ma questi ha già moglie e figli in patria; d’accordo con Stu, Mannix architetta di mettere in campo il fidatissimo Joseph Silverman (Jonah Hill): questi farà apparire il nascituro come suo e poi la diva lo adotterà, guadagnandosi così anche la commozione dei fan. Nei viali degli studios, arrivano anche le gemelle Thora e Thessaly Thacker (Tilda Swinton), che si detestano e minacciano di pubblicare, l’una uno scandalo di anni prima (il donnaiolo Baird, per avere il suo primo ruolo da protagonista, era andato a letto con Lorentz) e l’altra la notizia della scomparsa del divo (sicuramente – lei pensa – in una storia di alcool e sesso); a Thora Eddie promette una intervista esclusiva con l’attore e a Thessaly dà il gossip di un flirt tra Hobie e l’ attrice sudamericana Carlotta Valdez (Veronica Osorio); perciò fa in modo che Carlotta accompagni il cowboy alla prima del suo ultimo western. Durante la proiezione i due simpatizzano davvero ma, quando sono in un locale, lui nota un avventore con una valigetta uguale a quella dei soldi che aveva visto da Eddie e prende e seguirlo: si tratta di Gurney. E’ proprio il ballerino il proprietario della ville del sequestro e il capo della cellula comunista. Ora, accompagnato ai remi dai compagni, va verso un sottomarino sovietico ma il suo cagnetto Engels, fa un salto dalla barca verso di lui e la valigetta (contributo di Hollywood alla causa comunista) finisce in mare, La polizia, avvertita da Hobie arresta tutti gli altri ed Eddie – dopo aver deciso di rifiutare,, d’accordo con la moglie (Allison Pill), l’allettante offerta del talent scout (Ian Blackman) della Lockheed di un lavoro ben pagato, più sicuro e meno stressante nell’industria aereospaziale – la sera tardi fa incontrare Deena e Silverman (non ci sarà bisogno di nessuna adozione: dopo una notte di sesso lei lo sposa immediatamente). L’indomani mattina dovrà prendere a ceffoni Baird perché ritrovi se stesso dopo quel rapido lavaggio del cervello e nella scena finale del colossal lui sarà intensissimo.
Il grandissimo umorista inglese Wodehouse aveva passato alcuni anni ad Hollywood come sceneggiatore e ne ha tratto alcuni racconti esilaranti – il termine yesman, oggi di largo uso, fu coniato da lui proprio per indicare gli ossequiosi dipendenti dei tycoon cinematografici. Non so se i Cohen hanno letto qualcuna di quelle storie ma certo lo spirito è proprio quello: rappresentare la ridicola Babilonia del cinema come un mondo infantilmente semplice, nel quale risoluti personaggi riuscivano a risolvere i problemi più complessi. Non so neanche se loro hanno avuto presente il Saro Urzì di Sedotta e abbandonata di Germi ma, certo, Eddie Mannix è proprio di quella meravigliosamente ipercinetica pasta. Certo, non é il prodotto migliore dei due geniali registi; il precedente A proposito di Davis era un piccolo capolavoro di nicchia ma qui, in un film certamente più accattivante, sfogano tutta la loro sconfinata cinefilia, mettendo in scena Marcuse, e citando Dalton Trumbo (la più illustre vittima del maccartismo qui tratteggiato nel ruolo del capo degli scrittori comunisti), Gene Kelly (Burt Gurney), Esther Williams(Deena Moiran), Gene Autrey (Hobie Doyle), le pettegole Edda Hopper ed Elsa Maxwell (Thora e Thessaly Thacker) e i vari registi di origine europea Siodmak, Lang, Sirk (Arne Slesum), né manca un’autocitazione: la Capitol è la Casa di Produzione al centro degli intrighi del loro Barton Fink. Non tutto funziona in questo allegro pasticcio; alcune gag sono – vedi le buffe elucubrazioni dei comunisti – più divertenti sulla carta che sullo schermo ma l’Eddie Mannix del perfetto Brolin si aggiunge alla lunga schiera dei mediocri vincenti/perdenti della imperdibile galleria dei Cohen.