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La luce della brina

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Come ottenere i finanziamenti del bando Smart&Start in 10 punti

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Guida completa al bando nazionale per il finanziamento di startup innovative. A disposizione fino a 1,5 milioni per azienda

Torna il bando Smart&Start, ma soprattutto tornano 200 milioni di euro per l’innovazione. Il decreto è approdato in Gazzetta ufficiale mercoledì 12 novembre e di fatto sostituisce il precedente. I finanziamenti per i singoli progetti possono arrivare fino a 1,5 milioni di euro, partendo da un minimo di 100 mila euro. Possono partecipare le imprese giovani, quelle appena nate, ma anche quelle che ancora non hanno visto la luce. E le richieste possono arrivare da tutta Italia.

Ecco una guida in dieci domande e risposte per orientarsi meglio nella ricerca dei fondi.Qui intanto per scaricare il bando. 

  1. Quanti soldi ci sono nel bando Smart&Start? 

Quest’anno il bando  Smart&Start mette a disposizione complessivamente circa 200 milioni di euro. L’aiuto è dedicato alla “nuova imprenditorialità” e punta a “sostenere la nascita e lo sviluppo, su tutto il territorio nazionale, di startup innovative”. L’importo, che andrà a coprire le spese o i costi sostenuti dalle startup, potrà arrivare a un massimo di 1,5 milioni di euro e non scenderà sotto i centomila per ciascun piano d’impresa finanziato.

2.  Chi li mette e da dove vengono?  

L’iniziativa parte dal ministro dello Sviluppo economico che il 24 settembre scorso ha firmato un decreto, recentemente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, in cui vengono disciplinati e illustrati gli incentivi del programma Smart&Start. Per conoscere altri dettagli, relativi alla presentazione delle domande a ai requisiti specifici dei piani d’investimento, bisognerà aspettare una circolare “esplicativa” del ministero.

Le risorse economiche vengono recuperate dai fondi rimasti dei programmi PON“Ricerca e competitività” 2007-2013, PON “Sviluppo Imprenditoriale Locale” 2000-2006. Ma anche da quelli destinati dal ministro per la coesione territoriale nel 2013 al finanziamento di progetti per la nascita e lo sviluppo di nuove imprese innovative e di spin off della ricerca nel territorio del cratere sismico aquilano. Con un altro decreto del ministro dello Sviluppo economico possono poi essere individuate ulteriori risorse.

L’ente che si occuperà della gestione dei finanziamenti (burocrazia, concessione ed erogazione dei fondi, controlli e ispezioni) sarà – come per lo scorso anno – Invitalia, ovvero l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.

3. Di che tipo di agevolazioni si tratta?

L’aiuto offerto dal bando Smart&Start è fondamentalmente di due tipi. Il primo è strettamente economico, trattandosi della concessione di un prestito. Il finanziamento è “agevolato” perché si rimborsa con interessi a “tasso zero” e può arrivare a coprire un importo pari al 70% delle spese o dei costi ammissibili dal bando (max 1.050.000 euro).

Per le startup costituite interamente da giovani under 35, da donne o che prevedano la presenza di almeno un esperto con un dottorato di ricerca (preso da non più di sei anni), l’importo del prestito arriva all’80% delle spese (max 1.200.000 euro). Il prestito ha una durata massima di otto anni e va rimborsato con rate semestrali costanti posticipate, che scadono il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno.

All’agevolazione economica però si affianca, solo per le imprese nate da meno di un anno, anche un aiuto meno “materiale” ossia un servizio di tutoraggio tecnico-gestionale che le aiuti a orientarsi meglio con il mercato dei capitali, il marketing, l’organizzazione delle risorse umane, l’innovazione e la tecnologia.

4. Cosa cambia tra Nord e Sud Italia?

Rispetto allo scorso anno, questa volta possono beneficiare delle agevolazioni le startup provenienti da tutto il territorio nazionale. Per quelle del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia) e del territorio del cratere sismico aquilano è previsto però un aiuto in più: dovranno restituire solo l’80% del finanziamento ricevuto. Il restante 20% è, a conti fatti, un contributo offerto loro a fondo perduto.

Anche nel servizio di tutoraggio cambia qualcosa a seconda della provenienza dell’impresa. Nelle zone del Mezzogiorno e del territorio aquilano, infatti, il valore del servizio è pari – per ogni singola impresa – a 15 mila euro. Il contributo si dimezza per le altre startup localizzate nel resto d’Italia.10632634_10203967786388597_6242021403406882393_n

Leggi anche i consigli dell’avvocato De Paolis
5 passi per partecipare ai bandi in modo vincente

 

5. Chi può ottenere i finanziamenti Smart&Start? 

Possono beneficiare delle agevolazioni Smart&Start le startup innovative che abbiano compiuto al massimo quattro anni di attività. Le aziende devono essere di piccole dimensioni, con un valore di produzione inferiore ai cinque milioni di euro e con sede legale e operativa su tutto il territorio nazionale, devono avere i conti in ordine ed essere iscritte nel Registro delle imprese. Può presentare domanda anche chi ha intenzione di mettere in piedi una startup entro i termini previsti dal bando, compresi i cittadini stranieri (che siano però in possesso del visto startup). Possono accedere agli aiuti anche le imprese non residenti in Italia, a patto che – insieme a tutti gli altri requisiti – abbiano almeno una sede sul territorio italiano.

6. Chi non può?

Non sono ammesse ai benefici  le startup controllate da altre imprese che, nell’anno precedente la presentazione della richiesta, abbiamo smesso di svolgere un’attività analoga a quella cui si riferiscono nella domanda di partecipazione. Le agevolazioni non valgono per le imprese di produzione agricola primaria o del settore del carbone. I fondi disponibili non possono essere utilizzati per sostenere attività connesse all’esportazione.

7. Cosa si può fare con i soldi di Smart&Start? 

Con le risorse messe a disposizione si possono coprire diversi tipi di spese e costi. Si parte dai piani d’impresa caratterizzati da un significativo contenuto tecnologico e innovativo, passando per lo sviluppo di prodotti, servizi e soluzioni nel campo dell’economia digitale, fino ad arrivare alla valorizzazione dei risultati della ricerca pubblica e privata. Le spese devono essere sostenute dopo la presentazione della domanda ed entro i due anni successivi alla stipula del contratto di finanziamento.

Con i prestiti si possono quindi comprare: impianti e attrezzature tecnologiche, componenti software e hardware, brevetti e licenze, certificazioni, Know how e conoscenze tecniche, progettazione, sviluppo, personalizzazione e collaudo di soluzioni architetturali informatiche.  Non si possono fare spese che riguardino la sostituzione degli impianti, macchinari e attrezzature oppure relative a commesse interne, quelle sostenute attraverso il sistema di locazione finanziaria. I finanziamenti non valgono per pagare spese notarili, imposte, tasse e scorte.

Inoltre, i beni acquistati devono essere nell’attivo di bilancio per almeno tre anni, ammortizzabili e utilizzati nell’unità produttiva destinataria dell’agevolazione. Non possono essere comprati da soggetti che hanno relazioni con l’acquirente e la compravendita non può avvenire tra società controllate o collegate. Il pagamento deve avvenire attraverso un conto corrente bancario dedicato alla realizzazione del programma di investimento.

I fondi possono coprire anche i coti sostenuti dall’impresa beneficiaria nei 2 anni successivi alla firma del contratto di finanziamento, a patto che questi siano costituiti da: interessi sui finanziamenti esterni , quote di ammortamento di impianti, macchinari e attrezzatture tecnologiche (con particolare riferimento a quelli che riguardano informazione e comunicazione), canoni di leasing, costi relativi al personale dipendente, licenze e diritti di proprietà industriale, licenze di software e servizi di incubazione e acceleratori d’impresa.

8. Come si fa domanda? 

Le domande andranno presentate al “soggetto gestore”, Invitalia, o almeno così si faceva l’anno scorso, quando erano previste procedure di accesso esclusivamente telematiche ed era necessario dotarsi di una firma digitale di formato .p7m e registrarsi nell’area riservata attraverso il sito www.smartstart.invitalia.it. Un’interfaccia web consentiva la compilazione della domanda e il successivo invio. Al momento non è ancora possibile presentare domanda per il nuovo Smart&Start: la data di apertura dello sportello sarà stabilita da una circolare ministeriale, che chiarirà anche le modalità di accesso alle agevolazioni.

Il 13 novembre 2014 (giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto) è stato l’ultimo giorno utile per presentare domanda per il “vecchio” Smart&Start (DM 6 marzo 2013). Le domande saranno valutate in base alla coerenza e alla competenza possedute da chi le redige, rispetto all’attività svolta. Importante anche che l’idea alla base del piano di impresa sia innovativa, la potenzialità del mercato di riferimento, la sostenibilità economica del progetto e la fattibilità tecnologica e operativa.

Un punteggio aggiuntivo è previsto per chi abbia conseguito il rating della legalità  e per chi finanzia il piano di impresa per almeno il 30% dei fondi richiesti attraverso “conferimenti in denaro iscritti alla voce del capitale sociale e della riserva da sovrapprezzo delle azioni o quote delle start-up innovative, anche in seguito alla conversione di obbligazioni convertibili in azioni o quote di nuova emissione, da parte di uno o più investitori qualificati”.

9. Tempi? 

Smart&Start è una misura a sportello. Non c’è un termine per la presentazione delle domande, ma le agevolazioni sono concesse nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, quindi non conviene perdere tempo. L’eventuale esaurimento delle risorse disponibile comporterà, infatti, la chiusura anticipata dello sportello. La valutazione delle richieste si conclude entro 60 giorni dalla data della lor presentazione. I programmi devono essere avviati dopo la presentazione della domanda e vanno realizzati entro due anni dalla stipula del contratto di finanziamento.

10. Come si possono perdere le agevolazioni? 

Le agevolazioni Smart&Start non sono cumulabili con altre, fatta salva la garanzia rilasciata dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. In più, prima dell’erogazione del finanziamento e poi in ogni fase del procedimento, Invitalia e ministero dello Sviluppo economico possono effettuare controlli e ispezioni  sulle imprese agevolate per verificare che siano effettivamente operative. Se qualcosa non va, Invitalia può sospendere il prestito per un periodo massimo di sei mesi. Se, dopo questo periodo, l’impresa continua a non essere operativa, le agevolazioni vengono completamente revocate. La sospensione può essere decisa anche se l’attività dell’impresa comincia a discostarsi troppo da quella presentata nella richiesta di fondi.

La revoca del prestito, invece, può arrivare se l’impresa: perde i requisiti previsti per la qualificazione di startup innovativa, non rispetta i tempi della realizzazione del programma, cessa l’attività o si trasferisce, viene sottoposta a procedure concorsuali, e in altre situazioni che verranno poi eventualmente descritte dalla circolare ministeriale.

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Raoul Bova e Tor Sapienza

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Tor Sapienza ci riguarda scrive giustamente in Carteinregola la nostra amica Anna Maria Bianchi (blogger romana). E riguarda in modo particolare noi di CorvialeDomani che dal 2008 abbiamo capito che dalla crisi si esce rilanciando le periferie perché, come dice Renzo Piano, è lì che c’è lo spazio, le energie, il bisogno su cui si può costruire un nuovo modello di sviluppo dopo la crisi irreversibile del modello industriale fossile.

Alfonso Pascale (politico, scrittore) nel suo articolo indica la strada di un nuovo welfare produttivo che realizzi obiettivi concreti nei quartieri periferici.

Noi di Corviale Domani abbiamo da tempo identificato questi obiettivi concreti e, dopo anni di lotte e proposte, abbiamo ottenuto che venissero inseriti nelle Linee guida dell’ATER per rigenerare Corviale.

Noi continuiamo, caparbi, a proporre temi, miglioramenti, osservazioni, progetti perché l’occasione dei lavori al palazzo ATER, finalmente assunti come priorità dalla regione, siano l’occasione per il rilancio produttivo dell’intero quadrante.

Ma di una cosa siamo assolutamente certi, e Tor Sapienza ci rafforza in questa consolidata convinzione: senza legalità e sicurezza non si fa la rigenerazione del palazzo. Ce l’hanno fatto capire i bambini con la loro accorata lettera a Cantone e don Ciotti. Ne siamo talmente convinti che su queste parole d’ordine apriremo i lavori di un seminario di riflessione e confronto che faremo al CESV (Centro servizi per il volontariato) il prossimo 4 dicembre (salva la data).

La partita ora è portare al centro del dibattito politico cittadino il tema delle periferie come occasione per sanare l’abbandono di anni rilanciando un’economia di nuovi servizi fondata sull’ambiente, il risparmio e l’autoproduzione energetica, il riciclo dei rifiuti, l’autoproduzione di cibo a chilometro zero.

Per fare tutto questo dobbiamo far conoscere le nostre lotte, i nostri progetti, le nostre idee. E’ una lotta impari contro un sistema dell’informazione concentrato solo sulle dispute di nomi tra chi saranno i prossimi assessori. Noi a questo proposito diciamo solo che al Campidoglio occorre un cambio di passo: meno vetrine e spot e più attenzione al cuore della città e dei suoi problemi. Cuore che ormai da tempo si è spostato fuori dal centro in quelle periferie dove vive e soffre la maggior parte dei romani.

E non è un caso se Scusate se esisto, ottima parabola della difficoltà di emergere per gli outsider, sia non solo ambientato ma interamente scritto sulla storia delle speranze di rigenerazione di Corviale.

Concludiamo, come nel film: “speriamo”.

https://www.youtube.com/watch?v=fDWSpqQiH4I

 

 




Scusate se esisto! Il film ispirato a Guendalina Salimei e al suo progetto (vero) per Corviale

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Arriva nelle sale la commedia brillante di Riccardo Milani con Paola Cortellesi e Raul Bova, il film è ispirato a un vero concorso di architettura e all’architetto che lo ha vinto

Una giovane appassionata di architettura (Paola Cortellesi) studia sodo, dopo la laurea va all’estero e accumula master. Alla fine diventa project manager di uno dei tanti interventi che stanno trasformando Londra. Ma c’è un problema. È sola, ha nostalgia dell’Italia e ci vuole tornare. Prende la sua decisione: rientrare nel suo Paese, che ama. Detto fatto. Sbarca a Roma, che l’accoglie a calci in bocca: chiede aiuto per strada e gli rubano il motorino; cerca lavoro come architetto e riesce solo a farsi assumere come cameriera (con curriculum); cerca un alloggio e si sistema in una soffitta alta un metro e mezzo; si innamora del suo datore di lavoro (Raul Bova) ma scopre che è gay.

Alla fine capita davanti a Corviale, l’immenso complesso di edilizia popolare in periferia, e ha suo colpo di fulmine: quella periferia romana popolata da giovani facce da galera e casalinghe pronte a prenderti a randellate – ma poi anche ad aprirti la porta di casa e darti da mangiare – la conquista. Ancora una volta prende la sua decisione: partecipa a un bando di architettura per riqualificare quel palazzone enorme e spersonalizzante. Alla fine lo vince.

Scusate se esito! il film immaginato da Riccardo Milani prende spunto da una storia vera, e da un architetto in carne e ossa. Quell’architetto è Guendalina Salimei: 50% passione e 50% tenacia. Con il suo T-studio ha vinto il vero bando di architettura per riqualificare il “famoso” quarto piano di Corviale, cioè il piano che, negli anni delle sbornie ideologiche, l’architetto Mario Fiorentino aveva immaginato come l’isola felice fatta di negozi, servizi pubblici, aree di socializzazione, divertimento… In realtà, dopo 10 anni, il vuoto del quarto piano è stato riempito dalle residenze autocostruite dagli intraprendenti inquilini.

Il progetto del chilometro verde, che attraversa l’intera gigantesca stecca del falansterio, cerca di dare ai residenti quel decoro, quella dignità e quella dotazione di spazi che gli era stata promessa e che renderebbe più umano abitare a Corviale. Ma il progetto va oltre, cercando anche di sperimentare forme di residenzialità condivisa e di soluzioni ecosostenibili. Un bel progetto, lanciato nel 2008, e finora – purtroppo come tanti altri concorsi di architettura – rimasto sulla carta (in questo caso, sullo schermo).

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il progetto a cui è ispirato il film




Il rammendo delle periferie

periferielink all’articolo




Cari Grandi

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Noi siamo i bambini che abitano a Corviale, il palazzo più lungo del mondo del quale tutti parlano, ma ne parlano in un modo che a noi non piace. Non possiamo andare in giro da soli perchè abbiamo paura: bruciano le macchine, minacciano le persone, scarabocchiano gli ascensori con mille parolacce. Noi chiediamo solo di poter giocare, avere più pulizia e più rispetto. Voi grandi la chiamate Legalità e Sicurezza. Abbiamo scritto questa letterina per voi che affrontate i grandi problemi del mondo per farvi sapere che questo per noi è un grande problema. Saluti da Corviale.




La rivoluzione industriale e il “futuro a costo 0”

rifkinda L’Espresso:

Ognuno di noi diventerà sempre di più “prosumer”, cioè produttore e consumatore di energia, informazioni e persino oggetti. Grazie a una Rete sempre più diffusa che ci permetterà di condividere tutto. Una trasformazione già in corso che potrà riportare il benessere in Italia e in Europa. Il grande economista spiega la sua formula.

Lo scorso 9 luglio il primo ministro italiano Matteo Renzi ha inaugurato il semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo, invocando un nuovo, coraggioso piano per la creazione di “un’Europa digitale”. Il premier Renzi e Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione e commissario Ue per l’agenda digitale, hanno promosso una conferenza che ha visto riunirsi a Venezia numerosi leader d’impresa italiani ed europei, e che è sfociata nella “Dichiarazione di Venezia”, un documento per traghettare l’Italia e l’Unione nell’era digitale. Per l’occasione mi è stato chiesto di pronunciare il discorso d’apertura.

Ho spiegato che digitalizzare l’economia italiana ed europea significa ben più che offrire una banda larga senza soluzione di continuità e una rete wi-fi più affidabile. L’economia digitale rivoluzionerà l’economia globale in ogni suo aspetto, stravolgerà il modus operandi in pressoché tutti i settori produttivi e recherà con sé opportunità economiche e modelli d’impresa assolutamente inediti. Un nuovo sistema economico – il Commons collaborativo – sta facendo il suo ingresso sulla scena mondiale. È la prima affermazione di un nuovo paradigma economico da quando vennero alla ribalta il capitalismo e il socialismo. Il Commons collaborativo sta già trasformando il nostro modo di organizzare la vita economica, e nella prima metà del XXI secolo arriverà a creare milioni di nuovi posti di lavoro, a ridurre le disparità di reddito, a democratizzare l’economia globale e a dare vita a una società ecologicamente più sostenibile.
Ad accelerare questa grande trasformazione è, paradossalmente, lo straordinario successo dell’economia di mercato. Le imprese private sono alla continua ricerca di nuove tecnologie per aumentare la produttività e ridurre il costo marginale della produzione e della distribuzione di beni e servizi, così da abbassare i prezzi, attirare i consumatori e assicurare ai propri investitori un profitto sufficiente. Il costo marginale è il costo di produzione delle unità aggiuntive di un bene o di un servizio, al netto dei costi fissi. Ma nessun economista, però, aveva mai preconizzato una rivoluzione tecnologica che, sfociando nella “produttività estrema”, avrebbe spinto i costi marginali verso lo zero e sottratto all’economia di mercato l’informazione, l’energia e un gran numero di servizi e di beni materiali, resi abbondanti e virtualmente gratuiti. Ebbene, tutto questo ha già cominciato a realizzarsi.

Nell’ultimo decennio il fenomeno del costo marginale zero ha seminato lo scompiglio nell’industria dei “prodotti d’informazione”: milioni di consumatori si sono trasformati in “prosumers” (produttori e consumatori) e hanno iniziato a produrre e condividere musica attraverso i servizi di file sharing, video attraverso YouTube, sapere attraverso Wikipedia, notizie personali attraverso i social media, e persino e-book gratuiti attraverso il Web. Il fenomeno del costo marginale zero ha messo in ginocchio l’industria discografica, estromesso dal mercato giornali e riviste, indebolito l’editoria libraria. Pur riconoscendo le notevoli conseguenze legate al progressivo azzeramento del costo marginale, fino a non molto tempo fa gli analisti sostenevano che il fenomeno non avrebbe mai superato il confine che separa il mondo virtuale dalla realtà economica concreta dell’energia, dei servizi e dei beni materiali. Oggi quel confine è stato varcato.

L’internet delle cose
È in atto una nuova, dirompente rivoluzione tecnologica, che metterà milioni (e presto centinaia di milioni) di prosumers in condizione di produrre e condividere energia, così come una sempre più nutrita serie di oggetti realizzati mediante stampa 3D, a costi marginali quasi zero. La combinazione fra l’Internet delle comunicazioni, l’avviata Internet dell’energia e la nascente Internet dei trasporti e della logistica automatizzati sta dando vita all’Internet delle cose (Idc), la piattaforma di una Terza rivoluzione industriale che nei prossimi decenni trasformerà profondamente l’economia planetaria. Miliardi di sensori, collegati a ogni apparecchio, strumento, macchina o dispositivo, raccorderanno ogni cosa e ogni persona in un’unica rete neurale che si estenderà, senza soluzione di continuità, lungo tutta la catena economica del valore. Sono già 14 miliardi i sensori collegati a flussi di risorse, magazzini, sistemi stradali, linee di produzione industriali, reti elettriche, uffici, case, negozi e veicoli, per monitorarne ininterrottamente le condizioni e il rendimento e trasmettere la massa di dati così ricavata, i big data, alle Internet delle comunicazioni, dell’energia e della logistica e dei trasporti. Si ritiene che nel 2030 l’ambiente umano e quello naturale saranno collegati, in una rete intelligente a diffusione globale, da oltre centomila miliardi di sensori. Imprese e prosumers potranno connettersi all’Internet delle cose e sfruttarne i big data e le analisi per elaborare algoritmi predittivi al fine di migliorare la propria efficienza, aumentare drasticamente la produttività e abbattere quasi a zero i costi marginali di fabbricazione e distribuzione dei prodotti fisici, come già fanno i prosumers con i prodotti d’informazione.

 

Nei prossimi decenni, per esempio, l’enorme quantità di energia che usiamo per riscaldare le nostre case e azionare i nostri elettrodomestici, per alimentare le nostre imprese, per far marciare i nostri veicoli, insomma per fare funzionare ogni componente dell’economia globale, verrà generata a costo quasi zero e sarà quindi pressoché gratuita. È già così per quegli svariati milioni di pionieri che hanno trasformato le loro abitazioni e le sedi delle loro attività in microcentrali capaci di raccogliere sul posto energia rinnovabile. Già prima che il costo fisso dell’installazione di questi impianti solari o eolici sia recuperato (generalmente in un lasso di tempo molto breve che può variare dai due agli otto anni), il costo marginale dell’energia prodotta grazie a essi è quasi zero. Diversamente dai combustibili fossili e dall’uranio impiegato per generare energia nucleare, dove la fonte energetica continua ad avere un costo, i raggi solari catturati sui tetti e il vento intercettato tra gli edifici non costano nulla. L’Internet delle cose consentirà ai prosumers di monitorare il consumo di elettricità nei propri stabili, ottimizzarne l’efficienza energetica e cedere ad altri l’elettricità verde in eccesso attraverso la sempre più articolata Internet dell’energia.

Analogamente, centinaia di migliaia di hobbisti e di start-up sono già impegnati nella produzione in proprio di oggetti tramite stampa 3D, sfruttando software gratuiti ed economici materiali riciclati (plastica, carta e altre materie prime reperibili in loco a costo marginale quasi zero). Nel 2020 i prosumers saranno in grado di scambiarsi prodotti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi, affidandone il trasporto a veicoli senza conducente alimentati da propulsori elettrici o pile a combustibile, cioè da energia rinnovabile a costo marginale quasi zero, e supportati da un’Internet della logistica e dei trasporti.

Grazie al carattere distribuito e paritario dell’Intenet delle cose, milioni di piccoli soggetti – imprese sociali e individuali – saranno messi nelle condizioni di cooperare pariteticamente in Commons collaborativi, instaurando economie di scala laterali capaci di bypassare gli ultimi intermediari che nella Seconda rivoluzione industriale, dominio delle grandi aziende globali a integrazione verticale, tenevano alti i costi marginali. Questa fondamentale trasformazione tecnologica del modo in cui l’attività economica è organizzata e portata a dimensioni di scala prelude a un grande mutamento nel flusso del potere economico, che dalle mani di pochi soggetti passerà a quelle delle masse, con conseguente democratizzazione della vita economica.

Gli incrementi di produttività della Terza rivoluzione industriale supereranno quelli della Prima e della Seconda. Secondo le previsioni della Cisco Systems, nel 2022 l’Internet delle cose genererà risparmi ed entrate per 14.400 miliardi di dollari. Uno studio della General Electric pubblicato nel novembre 2012 conclude che nel 2025 i guadagni di efficienza e produttività resi possibili da una struttura Internet industriale intelligente potrebbero interessare tutti i settori economici, investendo “circa metà dell’economia globale”.

L’era del commons collaborativo
Milioni di persone stanno già trasferendo parti o segmenti della loro vita economica dai mercati capitalistici al Commons collaborativo globale. I prosumers non si limitano a produrre e condividere informazioni, contenuti d’intrattenimento, energia verde, oggetti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi a costo marginale quasi zero. Condividono tra loro anche automobili, case e persino vestiti, attraverso siti di social media, strutture per facilitare i noleggi, club di ridistribuzione e cooperative, ancora una volta a costo marginale quasi zero.
Questa economia della compartecipazione collaborativa vede attivamente impegnato il 40 per cento della popolazione statunitense. Gli americani che usano servizi di car sharing, per esempio, sono oggi svariati milioni. E ogni veicolo noleggiato in car sharing toglie dalla strada 15 automezzi di proprietà. Allo stesso modo milioni di persone che possiedono una casa o risiedono in un appartamento mettono oggi in condivisione le loro abitazioni con milioni di viaggiatori, sempre a costi marginali prossimi allo zero, tramite servizi online come Airbnb e Couchsurfing. Fra il 2012 e il 2013, nella sola New York le persone ospitate in case e appartamenti grazie ad Airbnb sono state 416.000, facendo perdere all’industria alberghiera newyorkese un milione di pernottamenti. Al “valore di scambio” sul mercato si va sempre più sostituendo il “valore della condivisione” nel Commons collaborativo.

In una società a costo marginale zero la produttività estrema riduce – una volta assorbiti i costi fissi – il costo delle informazioni, dell’energia, delle risorse materiali, del lavoro e della logistica necessari per produrre, distribuire e riciclare beni e servizi. Il passaggio dal possesso all’accesso significa un maggior numero di persone che condividono un minor numero di beni in Commons collaborativi, e una drastica riduzione del numero di nuovi prodotti venduti, con conseguente contrazione dell’uso di risorse e minori emissioni di gas serra nell’atmosfera. In altri termini, la spinta verso una società a costo marginale zero e la possibilità di scambiarsi in Commons collaborativi energia verde quasi gratuita, nonché beni e servizi fondamentali, portano alla più sostenibile ed ecologicamente efficiente delle economie possibili. La corsa all’azzeramento del costo marginale è la chiave per assicurare all’uomo un futuro sostenibile sul pianeta.

Recenti ricerche hanno evidenziato il potenziale economico del Commons collaborativo. Da uno studio del 2012 è emerso che il 62 per cento dei nati tra gli anni Sessanta e il nuovo millennio è attratto dall’idea di condividere beni, servizi ed esperienze in Commons collaborativi. Alla richiesta di indicare in ordine d’importanza i vantaggi di un’economia della condivisione, gli intervistati hanno assegnato il primo posto al risparmio di denaro, seguito dall’impatto sull’ambiente, la flessibilità nello stile di vita, la praticità della condivisione e la facilità d’accesso a beni e servizi. Tra i vantaggi emotivi gli intervistati hanno messo al primo posto la generosità, seguita dalla sensazione di essere parte importante di una comunità, la consapevolezza di vivere in modo intelligente, il maggior senso di responsabilità e quello di appartenenza a un movimento.

Ma quanto è verosimile che il Commons collaborativo arrivi a soppiantare il modello d’impresa convenzionale? In un sondaggio d’opinione condotto dalla Latitude Research, «il 75 per cento degli intervistati si è detto dell’avviso che nei prossimi cinque anni la condivisione di beni materiali e di spazi conoscerà un’espansione». Molti analisti del settore concordano con queste previsioni ottimistiche. Nell’era che si sta profilando le multinazionali operanti in un contesto di mercato capitalistico, dominato dal profitto, resteranno a lungo tra noi, ma in una posizione sempre più marginale, essenzialmente come forza d’aggregazione di servizi e soluzioni di rete, e affiancheranno come efficaci partner il Commons collaborativo. Tuttavia, il mercato capitalistico cesserà di essere l’arbitro esclusivo della vita economica. Stiamo per entrare in un mondo almeno parzialmente oltre i mercati, un mondo nel quale impareremo a vivere insieme in un Commons collaborativo globale sempre più interdipendente.

 

L’opportunità per l’europa
Potenzialmente l’Unione europea è il più grande mercato interno a livello mondiale, con 500 milioni di consumatori, cui vanno aggiunti i 500 milioni dei territori legati a essa da accordi di partnership, come i paesi del Mediterraneo e del Nordafrica. La creazione di un’Internet delle cose, in grado di collegare l’Europa e i territori a essa associati in un unico spazio economico integrato, consentirà a un miliardo di persone di produrre e scambiare a costo marginale quasi zero informazioni, energia rinnovabile, oggetti prodotti con stampa 3D e un’ampia gamma di servizi in un’economia digitale ibrida, un po’ mercato capitalistico e un po’ Commons collaborativo, con notevolissimi benefici per la società. La Dichiarazione di Venezia per lo sviluppo di un’Unione digitale nel semestre di presidenza italiana è il primo, fondamentale passo per la creazione di un mercato unico integrato.

Predisporre un’infrastruttura Idc per un’economia da Terza rivoluzione industriale richiederà un consistente volume di investimenti pubblici e privati, come già accaduto per le due rivoluzioni industriali precedenti. Nel 2012 l’Unione europea ha investito in progetti infrastrutturali 740 miliardi di euro, gran parte dei quali sono andati a puntellare l’obsoleta piattaforma tecnologica pensata per la Seconda rivoluzione industriale e giunta ormai da tempo alla sua massima capacità produttiva. Se solo il 10 per cento di quei fondi fosse indirizzato diversamente, se cioè in tutte le regioni dell’Unione europea venisse destinato alla costruzione di un’infrastruttura Idc e integrato da altrettanti fondi istituzionali e da altre forme di finanziamento, l’Unione digitale potrebbe diventare una realtà entro il 2040 (a fine 2011 gli investitori istituzionali dei Paesi Ocse contavano risorse per oltre 70.000 miliardi di dollari, di cui appena il 2 per cento risulta investito in programmi infrastrutturali).

L’Internet delle comunicazioni dell’Ue dovrà essere potenziata, a partire dalla diffusione universale della banda larga e dalla copertura wi-fi gratuita. L’infrastruttura per l’energia dovrà essere trasformata, passando dai combustibili fossili e dal nucleare alle energie rinnovabili. Milioni di edifici dovranno essere riadattati, dotati di impianti per sfruttare le fonti rinnovabili e convertiti in microcentrali elettriche. La rete elettrica dell’Unione europea dovrà essere trasformata in un’Internet dell’energia, una struttura digitale intelligente in grado di regolare il flusso dell’energia prodotto da milioni di microcentrali verdi. Il settore logistica e trasporti dovrà essere digitalizzato e diventare un network di veicoli senza conducente, spostati in automatico via gps su reti stradali e ferroviarie intelligenti. L’affermarsi della propulsione elettrica e a celle a combustibile richiederà milioni di apposite stazioni di rifornimento, tutte connesse all’Internet dell’energia. Occorrerà costruire strade intelligenti, attrezzate con milioni di sensori in grado di fornire in tempo reale all’Internet della logistica e dei trasporti informazioni sui flussi di traffico e sugli spostamenti dei carichi merci.

La progressiva instaurazione in tutta la Ue, e nei Paesi suoi partner, di un’infrastruttura Idc digitalizzata e intelligente restituirà lavoro a milioni di europei, genererà nuove occasioni di business sia nell’economia di mercato sia nel Commons collaborativo, propizierà un vertiginoso incremento di produttività e darà vita alla società sostenibile dell’era post-carbonio. L’investimento nelle infrastrutture innesca sempre un effetto moltiplicatore, che si ripercuote nell’intero spettro dell’economia. La ritrovata occupazione di milioni di persone farà salire il potere d’acquisto, e l’accresciuta domanda dei consumatori schiuderà nuove opportunità d’impresa, generando ulteriori posti di lavoro. Inoltre, la costruzione della piattaforma Idc renderà possibile un esemplare incremento di produttività lungo la catena del valore, potenziando, ancora una volta, l’effetto moltiplicatore in tutto l’organismo economico.

L’alternativa, arroccarsi in una Seconda rivoluzione industriale ormai al tramonto, con opportunità economiche sempre più modeste, un Pil sempre più contratto, una produttività sempre più in calo, un tasso di disoccupazione sempre più alto e un ambiente sempre più inquinato, è improponibile: significherebbe avviare l’Europa su una lunga china di contrazione economica e i suoi abitanti verso il declino della loro qualità della vita.

La presidenza italiana del Consiglio europeo costituisce un’occasione unica per guidare l’Europa sulla via di una nuova era economica. Il percorso deve iniziare con la trasformazione dell’economia italiana attraverso la coesione di Stato, industria e società civile in un organico programma economico di lungo periodo e in un piano d’azione che punti a fare del paese un’autentica vetrina della nuova Europa digitale.

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Linee Guida per il concorso internazionale di progettazione per la rigenerazione di corviale

palazzone

rigenerare Corviale

Il concorso internazionale di progettazione “Rigenerare Corviale” ha per obiettivo la riqualificazione del complesso residenziale di Corviale, di proprietà pubblica, realizzato negli anni tra il 1980 ed il 1984, nel Piano per l’Edilizia Residenziale Pubblica n.61.

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Tor Sapienza, ci riguarda…

I fatti di Tor Sapienza ci costringono a guardare in faccia la realtà: in tutta la città sta montando un’intolleranza verso gli stranieri che bisogna affrontare seriamente,  prima che sia troppo tardi. E non possiamo limitarci a invocare  l’intervento   della politica e delle istituzioni: dobbiamo farcene carico tutti, anche noi comitati di quartiere, che  possiamo trovare il  modo per affrontare i problemi  con giustizia e responsabilità, tenendo a bada quell’ ondata di irrazionalità che potrebbe  distruggere anni di impegno sui territori.

Trailer non morire fino a domaniNon Morire Fino a Primavera Documentario realizzato da Camilla Ruggiero (prodotto da Il Labirinto) all’inizio di quest’anno nel Centro di Accoglienza di Tor Sapienza, teatro degli scontri di questi giorni (2014) (> guarda il trailerhttp://vimeo.com/83641304 )

Mentre  il dibattito cittadino continua a squadernarsi   sulla vicenda delle multe del Sindaco,  il malessere,  non solo delle periferie, sta diventando sempre più irreversibile. Per troppo tempo, in una sorta di rimozione collettiva,  soprattutto  della politica e dell’informazione, l’attenzione   si è  concentrata (inutilmente)  su  contingenze come il traffico, il  trasporto pubblico, il degrado, senza mai guardare davvero cosa stesse montando in città sotto il solito  tran tran.  E  lo scontento ha  cominciato a tracimare,  come i fiumi quando piove molto a monte, o  come la terra quando frana all’improvviso perchè si sono tagliati tutti  gli alberi, finendo   inesorabilmente   addosso  ai soliti  “diversi”.  Si è creato nel tempo un  “humus”  micidiale, che è  il risultato di quei problemi cronici di Roma  mai affrontati sul serio da decenni – la mancanza di alloggi a distanze decenti, le ore di vita perse nel traffico, i quartieri/ghetto senza servizi  –  a cui si è aggiunta la crisi,  che ha cancellato, insieme ai posti di lavoro, quel senso di sicurezza minimo per affrontare le difficoltà della vita senza angoscia,  più   quella sorta di  “mutazione genetica”  dei rapporti sociali, con  esistenze  sempre più consumate in ambiti ristretti  e lo smantellamento di comunità, legami, solidarietà.

 

Si percepisce  oggi  uno smarrimento  generalizzato che va molto al di là delle difficoltà  quotidiane,  che è in cerca di responsabili da additare.  E troppo spesso abbiamo visto il malessere   imboccare  la strada più facile, quella di difendere  la propria dignità  a scapito di quella di qualcun altro.   Sta succedendo  in tutti i quartieri,   anche in quelli centrali, lontani dai centri di accoglienza e dai campi Rom, dove si guarda con sospetto l’aumento dei negozi etnici  o l’” occupazione” dei giardinetti da parte delle comunità straniere.  Succede sul web, in conversazioni di gruppi di cittadini dove si incappa sempre più spesso  in considerazioni razziste di cui nessuno si vergogna e di cui nessuno si scandalizza. Intendiamoci, i problemi di convivenza sono drammaticamente reali e sono andati peggiorando, sia  per la mancanza di politiche  efficaci di integrazione, sia,  soprattutto,  per le poche risorse  disponibili per assicurare a tutti i diritti fondamentali (dagli alloggi ai posti all’asilo). Scarsità di servizi  che suscita spesso  quel “noi prima di loro” che suona razzista soprattutto a chi la casa ce l’ha, ma che in genere è dettato solo dalla disperazione di chi si sente scivolare verso gradini più bassi  della scala sociale. Come  è  un  problema, forse meno appariscente,   la mancanza  di spazi pubblici di incontro per chi  ha pochi soldi: in molte zone della città  l’ostilità monta intorno a quelle  piazze in cui si danno appuntamento gli stranieri, che  spesso  diventano luogo di schiamazzi e mondezzai e latrine a cielo aperto.  E soprattutto monta dove aumenta la microcriminalità: bisognerebbe capire se è davvero collegata alla presenza di  campi  o  di insediamenti di immigrati,  e cercare le soluzioni per riportare un senso di sicurezza nei territori. E garantire “tolleranza zero”  per lo spaccio, chiunque lo pratichi. Questioni da affrontare seriamente,  ascoltando i punti di vista di tutti e  garantendo il rispetto delle regole da parte di tutti.  Le istituzioni hanno grandissime responsabilità in quello che è successo, per aver sottovalutato il problema (da anni e anni) e aver lasciato soli i cittadini di fronte a situazioni critiche. Ma la realtà mostrata da Tor Sapienza  riguarda tutta la città e ognuno di noi:  le realtà territoriali – non solo quelle delle zone “a rischio” – dovrebbero diventare  parte attiva anche per la prevenzione o la composizione  dei conflitti sociali.  Prendersi cura del proprio quartiere è importante, ma non bisogna perdere di vista che vuol dire prendersi cura anche e soprattutto della comunità delle persone che ci abitano. Non possiamo permettere che  gli immigrati diventino ancora una volta i “responsabili” su cui si riversa tutta la paura e l’insofferenza del mondo. Facciamo la nostra parte.

annaemmebi@gmail.com

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Leggi anche La pentola a pressione della rabbia sociale  I luoghi sono fatti dalle persone, innanzitutto. Poi, ma solo poi, anche i luoghi fanno le persone
14 novembre 2014 di Claudio Lombardi di Carteinregola

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RASSEGNA STAMPA

Cinquequotidiano 14 novembre 2014 Comune di Roma, a Tor Sapienza fra degrado e malavita Il quartiere al centro degli scontri di questi giorni vive un degrado che viene da lontano

huffingtonpost 2014/11/14 Tor Sapienza contesta Ignazio Marino. La lettera dei rifugiati: “Temiamo per la nostra vita”

Repubblica 14 novembre Tor Sapienza, Marino va dagli abitanti: “Qui per ascoltare i cittadini”. Fischi e contestazioni

Repubblica 14 novembre 2014  Intervista a Roberto Morassut – “La biblioteca, i punti verdi la rinascita del quartiere bloccata dal centrodestra” di Boccacci Paolo

Il Messaggero 13 novembre 2014 Tor Sapienza, incappucciati e bombe carta: la procura indaga sugli infiltrati di estrema destra di Cristiana Mangani

Europa 12 novembre il video degli scontri

scontri tor sapienza 12 novembre 2014

Roma Today 11 novembre 2014 Tor Sapienza, la rivolta diventa guerriglia: nuovo assalto ai rifugiati, tensione con la polizia La protesta dei manifestanti degenera in violenza. Un giovane sarebbe rimasto ferito. Sul posto anche i vigili del fuoco per domare l’incendio di auto e cassonetti. Contusi anche quattro poliziotti

Repubblica 25 settembre 2014 Immigrazione, Marino: “A Roma 7400 rifugiati. Centri di accoglienza anche a Parioli” Il sindaco: “Priorità Corcolle. Ho parlato con il prefetto Pecoraro, soluzione ai disagi nelle prossime ore”

BIBLIOGRAFIA

Copertina anterioreLe banlieues: immigrazione e conflitti urbani in Europa di Umberto Melotti Meltemi Editore srl, 2007 – 118 pagineL’esplosione dei conflitti nelle banlieues di Parigi e di molte altre città della Francia nel novembre del 2005 ha portato alla luce, in modo eclatante, i nuovi conflitti urbani variamente connessi con l’immigrazione. Questi conflitti, di natura assai complessa (etnica, sociale, generazionale, culturale, religiosa), avevano già cominciato a manifestarsi sin dagli anni Cinquanta in tutti i paesi europei caratterizzati da una significativa immigrazione (Regno Unito, Francia, Germania) e ora si affacciano anche in Italia, ormai diventata il quarto paese d’immigrazione dell’Unione Europea. Il libro affronta la questione da varie angolature, grazie ai contributi di tre noti sociologi da tempo

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Osservazioni di Corviale Domani alle linee guida ATER

1) Per la riqualificazione del Palazzo Ater di Corviale queste le priorità e modalità individuate:

LEGALITÁ — Ristabilire la legalità è priorità assoluta, per farlo, si suggerisce di:

– verificare il nominativo dell’assegnatario con  l’attuale possessore dell’alloggio;

– fare contratto di locazione a  coloro che ne hanno diritto, verificando la situazione familiare ed eventuali sanatorie presentate nei termini di legge;

– verificare le condizioni socio-economiche dei soggetti per la chiusura dei contenziosi;

– prevedere in fase contrattuale l’assegnazione con patto di futura vendita.

SICUREZZA — Strettamente collegata a quanto sopra indicato ai fini di ristabilire la legalità. Inoltre i progetti di connessione orizzontale e verticale, trancio H compreso, dovranno tenere in considerazione:

– la criticità di spazi troppo vasti che da sempre favoriscono vandalismi, furti ed uso impropri;

– recupero ed assegnazione ai titolari degli alloggi dei posti auto e cantine ad oggi occupate abusivamente per farci depositi di materiali vari ed attività sociali e artigianali (carrozzieri, meccanici, falegnami ecc.) le quali dovranno trovare sistemazione legale ed adeguata nel progetto di riqualificazione, previa disponibilità degli stessi e indagine in merito. Attualmente tali attività risultano prive di autorizzazioni quali CPI (certificati prevenzione incendi) ed altro ai fini della sicurezza;

–  sistemazione degli ascensori, peraltro non adeguati ai portatori di Handicap, per vano ascensore e porte inadatte all’introduzione di carrozzine;

–  trasferimento dei contatori di energia elettrica dai sottoscala ai singoli alloggi, al fine di impedire gli allacci abusivi per il prelevamento di corrente elettrica;

– prevedere strumenti necessari per la messa in sicurezza quali impianti di videosorveglianza (videocitofoni, telecamere, ecc..) o guardiania.

-Riscaldamenti e uso acqua  diamo per scontato che con i lavori previsti questi servizi essenziali saranno messi a norma con contatori nelle singole abitazioni o  nei locali assegnati per attività socio-culturali e produttive.

COSTRUZIONE DEGLI ALLOGGI QUARTI E QUINTI PIANI — Dopo la realizzazione dei nuovi alloggi, già previsti nei progetti: –  assegnarli con i requisiti previsti agli aventi diritto previa identificazione e verifica di idoneità  anche per gli occupanti delle sale condominiali e delle torrette.

SVOLGIMENTO LAVORI — I lavori dovranno rispettare quanto previsto dai piani di riqualificazione, nel rispetto delle normative vigenti e dei tempi di attuazione.

Queste le priorità individuate:

– coibentare totalmente il Palazzo, utilizzando la bioarchitettura, soprattutto se si vuole che gli interventi ai fini del risparmio energetico siano efficaci;

–  intervenire e/o sostituire gli infissi degli alloggi;

–  intervenire al rifacimento o la risistemazione dei tetti di tutto lo stabile compreso il Corpo Basso e trancio H;

–  ricostruzione delle fognature esistenti e di servizio al Palazzo, al trancio H e a tutte le strutture collegate (vedi gli stabili che ospitano il consiglio municipale, vigili e mitreo, il mercato, la scuola, ecc..),  in gran parte ostruite o insufficienti e causa di  continui allagamenti e fuoriuscita di liquami con necessario continuo intervento di auto spurgo dai costi elevatissimi e che causano danni alle strutture e alle attività esistenti. Costi aggiuntivi per le casse regionali e comunali

– Anche qui diamo per scontato che  i 9 piani esistenti vengono collegati con ascensori e scale dirette.

2) Ristrutturazione del piano terra: obiettivi e strategie — Il Progetto di rigenerazione funzionale, ambientale e sociale dell’edificio Corviale  dovrà occuparsi anche del  sistema di servizi e degli spazi aperti ad esso connessi (Distretto evoluto d’arte, cultura, sport e ambiente), migliorando così le prestazioni dell’edificio  inteso come condensatore sociale, energetico e di comunicazione. In questo senso appare molto importante creare spazi idonei a supportare le nuove relazioni tra edifico e contesto, attraverso la rigenerazione di parti del basamento con eventuali demolizioni e creazioni di spazi liberi trasversali  in cui realizzare  percorsi e aree attrezzate e in generale spazi della socialità, tenendo in conto  sicurezza e gestibilità. Il sistema di attraversamenti dell’edifico dovrà essere in stretto rapporto con il progetto di  riorganizzazione ambientale e paesistica degli spazi verdi sui due lati opposti dell’edificio (verso il calcio sociale, il municipio, il mercato, il mitreo, la biblioteca, la scuola, i campi sportivi rugby, piscina, ecc) da un lato e verso la campagna (orti urbani, passeggiate, ecc.)  dall’altro.

3) “Colorare il Corviale” — Gli interventi di ristrutturazione dovranno tenere in considerazione la volontà  più volte espressa con inchieste e incontri da parte della Comunità e non solo, circa la necessità di “colorare il Corviale” anche attraverso elementi identitari.

4) Connettività di Corviale con il resto della città e sviluppo produttivo — Una attenzione particolare merita il tema mobilità e connettività da e verso la città che, per quanto riguarda il servizio pubblico verso le due stazioni Termini e Tiburtina, attualmente necessita di due o tre mezzi (bus + metro), penalizzando lo sviluppo economico delle attività già presenti sul territorio. Tale tematica va inquadrata anche in previsione della costruzione del nuovo stadio della A.S. Roma e dell’ipotesi di prolungare la Metro B da Laurentina a Muratella che suggerisce la realizzazione di un rapido e diretto collegamento con il Corviale e il suo quadrante tramite navette e funivia. Ciò risulta essere una priorità anche in relazione all’idea di sviluppo produttivo che il progetto nel suo insieme rappresenta. Aree specifiche, oggi spazi occupati o vandalizzati saranno infatti destinati ad attività legate al riuso e riciclo dei rifiuti, al recupero artigianale ma anche allo sviluppo turistico e culturale legato alla storia del Corviale da attuare di concerto con le strutture già esistenti sul territorio. Al proposito andranno individuati, per favorirne lo sviluppo produttivo tenendo in conto il Terzo Settore,  requisiti e parametri per l’affidamento degli spazi  pubblici a soggetti attivi a favore  della collettivita’ e che, insieme a forme di tutoraggio, andranno  verificati con indirizzi, scelte e  risultati ottenuti.

5) Attività innovative/creative connesse — La rigenerazione sociale dell’edificio Corviale  dovrà passare attraverso lo sviluppo di progetti che rendano i suoi abitanti protagonisti della loro storia. Tali attività potranno essere gestite dalle strutture socio-culturali esistenti, in collaborazione con le scuole, che hanno contribuito in questi anni a generare una fitta rete di relazioni, dando voce ai cittadini e richiamando, in più occasioni, l’attenzione dei media e delle istituzioni. Scelta questa che si coniuga con consapevolezza, competenze e partecipazione come hanno dimostrato nel corso di questi anni eventi, manifestazioni, proposte ed i Forum “La forza nel segno”, tanto per citare, che insistono  sulla necessità di intervenire nella riqualificazione e nel completamento del Progetto Corviale. Vanno in questa direzione le linee guida dell’ATER,  arricchendolo di spunti di riflessione e progettualità innovative ed avveniristiche, il Corviale nel terzo millennio,   in cui si ineriscono, fra l’altro, la nascita del 1° Distretto dell’arte, cultura, sport ed ambiente di Roma e la sottoscrizione di un partenariato interistituzionale che vedrà il Corviale e il suo territorio presente nel  prossimo autunno alla Biennale Internazionale dell’Architettura di Venezia quale prima  vetrina del nostro contributo all’Expo’ 2015 su cui tutti i soggetti interessati stanno lavorando.

6) la ricchezza verde — I parchi urbani – Tenuta dei Massimi e Valle dei Casali 1350 ettari – che definiscono i limiti territoriali del quadrante Corviale e altre aree verdi complementari sono parte centrale del progetto con l’obiettivo di progettare il territorio oltre l’urbano e agricolo per migliorare  la qualità paesaggistica, l’efficienza energetica e la sua capacità di ripristinare  la condizione di equilibrio dell’ecosistema.  Questa ricchezza   dovrà parlare sempre di più la lingua della multifunzionalità e dell’interdisciplinarietà dell’agricoltura, della tutela attiva dei territori, uno sviluppo locale partecipato, un’interazione dell’urbano rurale che rispondano ad una domanda di servizi e di spazi pubblici. Progettare il territorio oltre l’urbano e l’agricolo per migliorare la qualità paesaggistica, l’efficienza energetica e la sua capacità di riequilibrare l’ecosistema territoriale sono  resi possibili se accompagnati da un percorso partecipativo a cui la Comunità allargata sta lavorando. Multifunzionalità e interdisciplinarietà dell’agricoltura, la tutela attiva dei territori, uno sviluppo locale consapevole, un’interazione dell’urbano rurale che  risponda ad una domanda di servizi  che i cittadini e le nuove economie verdi richiedono. Nella traduzione del fare significano orti urbani; agri club; chilometro zero; agricoltura sociale; tetti da costo a ricavi; energie rinnovabili; risposte all’inquinamento; economie dei rifiuti urbani; spazi pubblici collegati, formazione,  conoscenza,  forma collaborative di organizzazione e produzione.

7) Corviale 2020  intelligente sostenibile inclusivo — Un capitolo a parte merita Corviale 2020/ fondi europei su cui il progetto ATER e le sue linee guide sul Palazzo Corviale avranno un rilievo importante in quanto  strettamente connesse con il suo territorio e con il modello di rigenerazione urbana proposto. Nel  contempo  sono in corso d’opera incontri promossi dal MIBACT con tutti i firmatari del partenariato interistituzionale, come da Forum 2013, per definire la proposta quadro degli interventi da presentare in modo pubblico a fine giugno su questo tema.

Si segnalano al proposito alcune possibili iniziative di partecipazione diretta:

Laboratorio inclusivo di scrittura, realizzazione e comunicazione di uno spettacolo sulla storia di Corviale dagli anni ’70 ai giorni nostri. Al centro del laboratorio saranno le persone con il supporto degli operatori specializzati sul territorio e delle diverse realtà del partenariato ognuna delle quali metterà a disposizione idee, progetti, competenze, tecnologie, ecc..ma soprattutto la sua storia legata al Corviale.

Realizzazione di uno  spazio/laboratorio sul tetto del Mitreo, con la costruzione di una sorta di Casa di Vetro, in cui lavorare ed essere visibili dall’edificio e dal territorio.

Condividiamo:

– L’opportunità di valutare, di concerto con Roma Natura, l’implementazione del numero degli orti urbani ( valorizzando quelli esistenti) e lo sviluppo della prevista vocazione agricola e  di progetti/strutture/attrezzature per rendere gli spazi aperti  intorno al Palazzo, piazza di Corviale compresa, funzionali all’idea che il progetto complessivo rappresenta (fattorie sociali, ippovie, ecc..).

– la valorizzazione del bene Corviale anche attraverso:

il recupero di risorse aggiuntive per interventi di manutenzione ordinaria e gestione con operazioni di marketing quali:

– quella sul tetto del Palazzo (visibile da Google Map), come suggerito durante la riunione   del 12 marzo scorso, in attesa dell’avvio della sua rigenerazione come da modello di sviluppo del prof. Panunzi. Al proposito si condivide l’opportunità che il tetto divenga l’elemento orizzontale    unificante, ricordando che la Comunità ha favorito l’accordo fra l’università del Molise e  l’Ater per la sperimentazione dei primi 500mq;

– il facilitare le richieste da parte di registi, artisti, ecc. di utilizzo degli spazi del Corviale come location per film, performance, istallazioni, ed altro;

la diffusione di opere d’arte sul territorio del Quadrante e la continuazione dell’iniziativa avviata durante il Forum e che sta coinvolgendo le persone che a vario titolo si stanno impegnando per la rigenerazione del territorio.

la formazione come elemento qualificante di conoscenza e di competenze per la riuscita  degli interventi previsti nel progetto di riqualificazione  (vedi smart community, riuso e riciclo, spazi interni per attività produttive e artigianali. agricoltura sociale…)

la gestione come requisito determinante su cui investire risorse, competenze e coinvolgimento diretto degli abitanti nelle attività che verranno attivate e negli spazi pubblici da affidare.  Che sia in filo diretto con la sicurezza e il mantenimento curato del bene Corviale.

La registrazione del marchio Corviale  per evitarne usi distorti e valorizzazioni improprie.

– di intervenire, come suggerito dal Presidente Veloccia, sulle carenze dei locali che

ospitano realtà  già attive ed a rischio e che hanno coinvolto fin qui finanziamenti pubblici

e privati ( vedi Centro N. Campanella, struttura che ospita il Consiglio del Municipio,

l’ufficio Tecnico, i vigili, il Mitreo, i centri sportivi…) .

– l’opportunità di costruire gli interventi individuando un preliminare complessivo e poi, a seconda delle priorità, da individuare in modo condiviso, da programmare le scelte in base  alle risorse esistenti e a quelle prossime venture.

Scuola Collodi 7