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Islam, mafie, città globali e periferie

Falsi spaventi veri pericoli

Dopo gli atti terroristici di Parigi, si è molto discusso di islam. Dietro a queste vicende c’è una cattiva interpretazione dell’islam. Tuttavia spiegare i fatti parigini come un conflitto tra islam e occidente è una semplificazione: lo scontro di civiltà e religioni, evocato dopo l’11 settembre 2001 sulla scia di Samuel Huntington. È peraltro una lettura popolare tra gli islamisti, tanto che la traduzione del libro dello studioso americano è stata molto venduta nel mondo arabo. Le semplificazioni sono attraenti per animi spaventati: l’islam sarebbe ineluttabilmente aggressivo. Le semplificazioni procurano consenso in casa nostra, mentre il richiamo alla complessità appare inutile. Se si vuole rispondere sul serio, bisogna però capire. Dobbiamo identificare i punti deboli delle nostre società. Senza dimenticare che molti Paesi europei sono vicini geograficamente a terre segnate dalla guerra: Siria, Libia e Iraq. Siamo in un mondo complesso perché globale, che necessita spiegazioni multiple.

Un punto decisivo nei fatti sono le banlieues di Parigi. Qui si addenserebbero quasi due milioni di musulmani. Un esempio: Ivry sur Seine, centro della banlieu rossa, come si vede dalla centrale Avenue Thorez, il nome dello storico leader comunista. Qui, il cattolicesimo francese, dagli anni Trenta, si pose il problema di penetrare nel proletariato comunista. Cattolici come Madeleine Delbrel proposero una prossimità, alternativa allo scontro con i comunisti. Era il mondo dove, nel secondo dopoguerra, la Chiesa sentì la fragilità della parrocchia e lanciò i preti operai.

Oggi questo mondo è finito: la rete comunista dissolta, la presenza cattolica ristretta. Quella cristiana è spesso affidata a comunità protestanti o neoprotestanti, composte da immigrati. L’islam è una grande realtà e le moschee si moltiplicano. Mancano reti, comunità: la gente è sola, spesso senza lavoro né legami. Sono finiti i partiti e tanti altri tessuti aggregativi. Ha dichiarato il primo ministro Manuel Valls: «In Francia esiste un apartheid territoriale, sociale ed etnico». Non solo a Parigi o in Francia, ma nelle città globali: mancano i corpi intermedi e la gente è sola. Ogni città ha la sua storia, ma la globalizzazione le trasforma tutte.

L’uomo e la donna contemporanei sono spaesati, senza identità e capacità di lettura del mondo. La città, come spazio comunitario, si restringe ai luoghi del potere e dell’economia, ad aree centrali o abitate da ceti particolari. È la città “utile”, centro di scambi e relazioni globali.

E il resto del mondo urbano? L’islam, nelle periferie francesi, specie nelle forme estremiste, ridà identità a giovani che non ne hanno. Con terribili semplificazioni, individua nemici simbolici cui addossare la responsabilità di tanti mali. La comunità ebraica torna un bersaglio. È un fatto gravissimo che preoccupa gli ebrei del mondo e noi tutti. L’islamismo crea un sistema compensatorio che, con la militanza o la violenza, fa passare i periferici dall’anonimato all’”eroismo”. Diventa un’ideologia di massa per i “dannati della terra”, laddove non esiste cultura condivisa e manca il legame di prossimità. Il presidente egiziano al-Sisi ha parlato di un islam ridotto a «ideologia».

Il problema non è solo l’islam, ma la città globale, caratterizzata dalla frattura tra la parte “utile” e periferie. Non è un caso che, in tante metropoli latino-americane o africane, i benestanti si chiudano nei compounds e interi quartieri siano fuori controllo. Qui non aggrega l’ideologia islamica, bensì le mafie, in cui il movente criminale è però capace di creare una rete sociale e addirittura una proposta religiosa (come il diffuso culto della Santa Muerte in Messico). Tante città messicane sono soffocate dalle mafie e dalla loro “guerre civili”. In Italia, nonostante le dimensioni modeste delle città rispetto alle megalopoli, si deve stare attenti. Nella periferia di Roma, sono scomparsi i corpi intermedi e la gente è sola.

Finiscono anche le figure istituzionali di prossimità come gli assistenti sociali. Chi ascolta la gente di periferia e la orienta in un mondo complicato? Le recenti vicende della “mafia” romana fanno riflettere sulle strumentalizzazioni della xenofobia.

Non è un caso che papa Francesco, figlio di una megalopoli, Buenos Aires con le sue Villas miserias, ponga il problema di ricominciare dalle periferie. Spesso, in alcune città europee o latino-americane, la Chiesa cattolica è nelle periferie una risorsa unica, ma risente del sovraccarico di domanda e della fragilità del suo personale. La realtà è complessa. Sarebbe però un errore trascurare il grande protagonista del nostro tempo: le masse periferiche, colpite dalla crisi economica, penalizzate dall’infragilimento delle istituzioni, estranee a una cultura condivisa. Sono le masse degli immigrati, ma non solo.

Non le si recupera con una politica emozionale o con il messianismo dei leader, come in alcuni Paesi latino-americani. Nelle periferie, l’alternativa a una vita anonima sembra la violenza, favorita dalla grande circolazioni di armi, da reti mafiose o islamiche. Scriveva il poeta David Turoldo: la periferia «è come un cerchio di fuoco dove si azzuffano angeli e uomini…».

Occorre affrontare, presto e in una prospettiva di lungo periodo, la questione delle città globali e delle periferie, prima che diventino invivibili e inestricabili. Ormai la storia del mondo è divenuta essenzialmente urbana dopo che, nel 2007, per la prima volta dalle origini, gli abitanti delle città hanno superato quelli delle campagne. Non si creda però che questa storia possa essere scritta senza inclusione delle masse periferiche. Sarebbe una storia pericolosa.

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Un regolamento per Firenze

Arriva il nuovo regolamento edilizio di Firenze che dovrebbe riqualificare una grande parte della città a “volumi zero”

Interventi per 1,5 miliardi di euro e 10mila posti di lavoro. Questi in sintesi alcuni dei numeri del nuovo regolamento urbanistico (Ruc) forse a “a volumi zero” che ha avuto il via libera dalla giunta del Comune di Firenze. E dall’operazione dovrebbero arrivare 65 milioni di oneri di urbanizzazione previsti nelle aree in trasformazione che riguarderanno800.000 metriquadri di superficie sui quali saranno fatti interventi di trasformazione previsti, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, ristrutturazione edilizia anche con demolizione e ricostruzione, ristrutturazione urbanistica, nuova edificazione.

«Un semaforo verde – afferma il sindaco di Firenze Dario Nardella – atteso da 15 anni, per la tappa decisiva di un processo cominciato quando era sindaco Matteo Renzi. Sono tre le parole chiave di questo documento: rigenerazionè, ovvero la trasformazione a volumi zero, cioè senza costruire un metro cubo di cemento in piú, di800.000 metri quadri di immobili dismessi; sostenibilita, investendo sul risparmio energetico e sul social housing; sviluppo, con la potenziale creazione di 10.000 nuovi posti di lavoro».

Il regolamento prevede 87 aree di trasformazione; 19 aree con superficie in trasferimento; 20 con superficie in atterraggio; 107 per servizi dove realizzare strade, piste ciclabili, parcheggi scambiatori, impianti sportivi, verde pubblico, altri servizi pubblici e impone, oltre a ciò, nelle trasformazioni nelle quali è prevista la destinazione residenziale e che interessino una Sul (superficie utile lorda) complessiva superiore a2.000 metriquadri, il reperimento di una quota pari al 20% di superficie da destinare alla residenza in forma convenzionata. E ciò potrebbe produrre circa50.000 metriquadri dedicati a forme di housing sociale.

«Si tratta di un nuovo strumento urbanistico – prosegue Nardella – che abbiamo voluto corredare con una semplificazione nelle procedure, ossia la possibilitá d’intervenire senza piano attuativo e quindi con intervento edilizio diretto in caso di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso originaria».

Oltre a ciò secondo il Comune c’è anche una grande facilitá d’uso del regolamento poichè ci sono anche oltre 200 schede norma, nelle quale oltre alla destinazione di progetto, è descritto il tipo di intervento consentito, gli obiettivi, le prescrizioni, le specifiche mitigazioni, la fattibilitá idraulica, geologica e sismica.

Oltre a ciò il Regolamento urbanistico individua 40 aree di riqualificazione ambientale, nodi e porzioni lineari della rete ecologica che necessitano di interventi mirati a rendere la rete piú efficiente. Inoltre circa l’ottimizzazione della prestazione energetica del patrimonio esistente è ammesso l’incremento della superficie, all’interno della sagoma esistente, se si garantisce un miglioramento in termini di prestazione energetica.

Novità anche per ciò che riguarda l’utilizzo degli immobili. Il Ruc, infatti, prevede l’uso temporaneo degli immobili dismessi, da il via libera alle famiglie che vogliono suddividere un solo appartamento anche sotto i50 metri quadratifuori dall’area Unesco e da la possibilitá d’introdurre forme di tutela delle botteghe storiche.

«Introduciamo – afferma l’assessore alle politiche territoriali, Elisabetta Meucci – una norma che risponde alle esigenze della cittá e dei giovani in questa fase così difficile. Consentiamo ai giovani di utilizzare in modo temporaneo gli immobili dismessi, superando le destinazioni urbanistiche permanenti. Questo permetterá a loro di avviare attivitá ovviamente con destinazioni in forma sperimentale e ai padroni di casa di acquisire risorse che ne consentano il mantenimento. Una misura che serve anche alla cittá per continuare a crescere ed evolversi».

Il Regolamento urbanistico (Ruc) del Comune di Firenze, presentato in giunta, andrà all’esame del Consiglio comunale dal 9 febbraio 2015 e al documento sono state presentate 746 osservazioni, di cui 184 considerate accoglibili e 299 parzialmente accoglibili.

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Temi trattati al prossimo expo

“Allo stato attuale la produzione agricola mondiale potrebbe facilmente sfamare 12 miliardi di persone……. si potrebbe quindi affermare che ogni bambino che muore per denutrizione oggi è di fatto ucciso”
Jean Ziegler, già Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo

Signor presidente del Consiglio,
i giornali ci informano che lei sarà a Milano il 7 febbraio per lanciare un Protocollo mondiale sul Cibo, in occasione dell’avvicinarsi di Expo. Ci risulta che la regia di tale protocollo, al quale lei ha già aderito, sia stata affidata alla Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition. Una multinazionale molto ben inserita nei mercati e nella finanza globale, ma che nulla ha da spartire con le politiche di sovranità alimentare essenziali per poter sfamare con cibo sano tutto il pianeta.
EXPO ha siglato una partnership con Nestlè attraverso la sua controllata S.Pellegrino per diffondere 150 milioni di bottiglie di acqua con la sigla EXPO in tutto il mondo. Il Presidente di Nestlé Worldwide già da qualche anno sostiene l’istituzione di una borsa per l’acqua così come avviene per il petrolio. L’acqua, senza la quale non potrebbe esserci vita nel nostro pianeta, dovrebbe quindi essere trasformata in una merce sui mercati internazionali a disposizione solo di chi ha le risorse per acquistarla.
Questi sono solo due esempi di quanto sta avvenendo in preparazione dell’EXPO.
Scriveva Vandana Shiva: “Expo avrà un senso solo se parteciperà chi s’impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della biodiversità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro famiglie e di chi il cibo lo mette in tavola. Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per vicende di corruzione e di cementificazione del territorio.”
“Nutrire il Pianeta, Energia per la vita.” recita il logo di Expo. Ma Expo è diventata una delle tante vetrine per nutrire la multinazionali, non certo il pianeta.
Come si può pensare infatti di garantire cibo e acqua a sette miliardi di persone affidandosi a coloro che del cibo e dell’acqua hanno fatto la ragione del loro profitto senza prestare la minima attenzione ai bisogni primari di milioni di persone ?
Expo si presenta come la passerella delle multinazionali agroalimentari, proprio quelle che detengono il controllo dell’alimentazione di tutto il mondo, che producono quel cibo globalizzato o spazzatura, che determina contemporaneamente un miliardo di affamati e un miliardo di obesi.
Due facce dello stesso problema che abitano questo nostro tempo: la povertà, in aumento non solo nel Sud del mondo ma anche nelle nostre periferie sempre più degradate.
Expo non parla di tutto ciò.
Non parla di diritto all’acqua potabile e di acqua per l’agricoltura familiare.
Non parla di diritto alla terra e all’autodeterminazione a coltivarla.
Non si rivolge e non coinvolge i poveri delle megalopoli di tutto il mondo, non si interroga su cosa mangiano, non parla ai contadini privati della terra e dell’acqua, scacciati attraverso il Land e Water grabbing, ( la cessione di grandi estensioni di terreno e di risorse idriche a un paese straniero o ad una multinazionale), espulsi dalle grandi dighe, dallo sviluppo dell’industria estrattiva ed energetica, dalla perdita di sovranità sui semi per via degli OGM e costretti quindi a diventare profughi e migranti.
E non cambia certo la situazione qualche invito a singoli personaggi della cultura provenienti da ogni angolo della terra e impegnati nella lotta per la giustizia sociale. Al massimo serve per creare qualche diversivo.
In Expo a fianco della passerella delle multinazionali si dispiega la passerella del cibo di “eccellenza”. Expo parla solo alle fasce di popolazione ricca dell’occidente e questo ne fa oggettivamente la vetrina dell’ingiustizia alimentare del mondo, nella quale la povertà si misurerà nel cibo: in quello spazzatura per le grandi masse e in quello delle eccedenze e degli scarti per i poveri.
In questi mesi, di fronte a tutto quello che è accaduto nella nostra città, dall’illegalità allo sperpero di ingenti risorse economiche per l’organizzazione di Expo in una città dove la povertà cresce quotidianamente e che avrebbe urgenza di ben altri interventi, noi abbiamo maturato un giudizio negativo su Expo.
Ma come cittadini milanesi non posiamo fuggire la responsabilità di impegnarci affinché l’obiettivo di “Nutrire il pianeta” possa essere meno lontano.
Per questo avanziamo a lei e alle autorità politiche ed amministrative che stanno organizzando Expo alcune precise richieste.
Il Protocollo mondiale sulla nutrizione che lei intende lanciare, pur dicendo anche alcune cose condivisibili, evitando i nodi di fondo, rimane tutto all’interno dei meccanismi iniqui che hanno generato l’attuale situazione . Noi le chiediamo di porre al centro la sovranità alimentare e il diritto alla terra negati dallo strapotere e dal controllo delle multinazionali in particolare quelle dei semi. Chiediamo che sia affermata una netta contrarietà agli OGM che sono il paradigma di questa espropriazione della sovranità dei contadini e dei cittadini, il perno di un modello globalizzato di agricoltura e di produzione di cibo che inquina con i diserbanti, consuma energia da petrolio, è idrovoro e contribuisce al 50% del riscaldamento climatico.
Le chiediamo che venga affermato il diritto all’acqua potabile per tutti attraverso l’approvazione di un Protocollo Mondiale dell’acqua, con il quale si concretizzi il diritto umano all’acqua e ai servizi igienico sanitari sancito dalla risoluzione dell’ONU del 2011.
Chiediamo che vengano rimessi in discussione gli accordi di Partnership tra Expo e le grandi multinazionali, che, lungi dal rappresentare una soluzione, costituiscono una delle ragioni che impediscono la piena realizzazione del diritto al cibo e all’acqua.
Chiediamo che si decida fin d’ora il destino delle aree di Expo non lasciandole unicamente in mano alla speculazione e agli appetiti della criminalità organizzata e che, su quei terreni, venga indicata una sede per un’istituzione internazionale finalizzata a tutelare l’acqua, potrebbe essere l’Authority mondiale per l’acqua, e il cibo come beni comuni a disposizione di tutta l’umanità. Una sede dove i movimenti sociali come i Sem Terra, Via Campesina, le reti mondiali dell’acqua, le organizzazioni popolari e i governi locali e nazionali discutano: la politica per la vita.
Una sede nella quale la Food Policy diventi anche Water Policy, dove si discuta la costituzione di una rete di città che assumano una Carta dell’acqua e del Cibo, nella quale si inizi a concretizzare localmente la sovranità alimentare, il diritto all’acqua, la sua natura pubblica, la non chiusura dei rubinetti a chi non è in grado di pagare, la costituzione di un fondo per la cooperazione internazionale verso coloro che non hanno accesso all’acqua potabile nel mondo.
Una sede nella quale alle istituzioni e ai movimenti sociali, venga restituita la sovranità sulle scelte essenziali che riguardano il futuro dell’umanità.
“La Terra ha abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’avidità di alcune persone” affermava Gandhi. E questa verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge.




Zingaretti: nuova rete per prevenire e curare tumore alla mammella

Presentato anche il nuovo sito www.salutelazio.it

Nel Lazio parte una nuova rete oncologica per prevenire e curare il tumore alla mammella. Nel contempo si annunciano altre iniziative rivolte sempre a migliorare i servizi e l’innovazione sanitaria.
“Il piano approvato – spiega Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, riferendosi alla nuova organizzazione oncologica – crea una rete diffusa, qualificata, riconoscibile. Oggi il sistema assistenziale per questo tipo di patologia, invece, non è di facile accesso perchè disarticolato e questo pesa ed ha pesato sulla vita delle donne del Lazio che spesso sono state lasciate sole di fronte al male. Con la nuova rete puntiamo a cambiare passo: dare loro cure migliori con maggiore tempestività, per creare speranza e porre un argine alla solitudine”.
La nuova rete è articolata su 39 centri di screening, 36 strutture di diagnostica clinica e 15 centri di senologia dove saranno effettuati gli interventi chirurgici e di ricostruzione. L’obiettivo è quello di fornire alle donne una risposta ai diversi bisogni assistenziali indicando un percorso che stabilisca la presa in carico dallo screening, l’accertamento diagnostico, la diagnosi, fino all’intervento terapeutico riabilitativo.
Nel 2013 sono stati stimati nella Regione Lazio circa 3.000 casi di incidenti e 55.000 casi prevalenti di tumore maligno alla mammella. Tra i decessi oncologici, tale patologia risulta essere la prima causa di morte nelle donne in tutte le fasce di età.
Il Centro di Senologia è responsabile dell’intero percorso assistenziale, coordinandosi anche con il medico di medicina generale e con i nodi della rete di terapia del dolore.
Zingaretti quindi annuncia anche altri nuovi servizi della sanità che si sviluppano nel Lazio, come il sito www.salutelazio.it, dove “c’è la mappa georeferenziata per trovare il proprio ambulatorio di medicina generale aperto nei week end, gli ambulatori aperti dal lunedì al venerdì, c’è il referto online da scaricare. Nuovi servizi che spesso i cittadini non sanno che esistono proprio perché nuovi”.
“Ora i servizi ci sono e con salutelazio.it – afferma Zingaretti – iniziamo la promozione, sapendo che sta andando benissimo perché i referti scaricati sono già oltre 130 mila e questo è un dato molto positivo. Anche i Poliambulatori aperti nei week end stanno andando bene, i cittadini si rivolgono spesso a queste nuove strutture che prima non c’erano a Roma e ora sono già 15, e presto saranno 18. Sul sito c’è anche una sorta di ‘TripAdvisor della sanità’ – ha sottolineato Zingaretti – una altra grande novità. Noi chiediamo agli utenti, su cinque ‘capitoli’ diversi, come ‘liste d’attesa’, ‘ricoveri’, ‘pronti soccorso’, ‘segnalazioni’, ‘accoglienza’, di indicarci opportunità, critiche, cose che si possono cambiare. E oltre agli Urp delle Asl lo facciamo qui come Regione per iniziare a costruire una banca dati sulle maggiori criticità ma anche sui grandi successi della sanità. Ci sono ogni anno milioni di casi di cui non si parla – ha sottolineato Zingaretti – e sono tantissimi quelli di buona sanità”.
Infine una battuta sui servizi d’urgenza: “diciamo a tutti: attenzione non c’è più solo il pronto soccorso a cui rivolgersi ci sono altre strutture che è importante siano valorizzate”.
Tra queste i poliambulatori aperti a Roma nei weekend e nei giorni festivi, le case della salute e gli studi medici associati. La rete degli ambulatori aperti nei week end e nei giorni festivi oggi conta 15 strutture che diverranno 18 entro la metà di febbraio. Dal 6 dicembre, giorno di avvio di questa sperimentazione, ad oggi le 15 strutture hanno registrato 6.014 accessi. Ogni weekend si recano negli ambulatori oltre 650 persone, in questo fine settimana gli accessi sono stati 677.

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Il progetto fori ed il parco archeologico

colosseo_nOpera grande senza regia e la città non ne parla.

Intendiamo proseguire le nostre riflessioni sul Progetto Fori e sul Parco archeologico.
E’ un progetto che dovrebbe coinvolgere tutta la Città, dal Campidoglio alla periferia e non solo gli esperti e le alte professionalità che ovviamente sono indispensabili per un’operazione culturale di questo livello ma che debbono svolgere fino in fondo il loro alto ruolo ed incidere profondamente sulle scelte politiche che alla fine l’Amministrazione dovrà prendere assumendosene le responsabilità.
L’impressione che si ha è quella di troppi tempi morti, di troppi silenzi, di troppe posizioni tra loro opposte che anziché sviluppare feconde dialettiche paralizzano il dibattito allontanando ogni possibilità di sintesi e rinviano sine die ogni decisione istituzionale.
Dal punto di vista dell’Amministrazione si ha invece l’impressione che manchi una cabina di regia e che dietro le dichiarazioni che puntualmente occupano le prime pagine dei giornali non ci sia nulla, nessuna convinzione, nessuna idea della grande opera che a parole si dice di voler realizzare.

Auspico che nel suo piccolo l’Associazione “Progetto Celio”, che pur rappresenta i cittadini che abitano le aree più vicine alla grande estensione dell’auspicato Parco Archeologico, susciti un vasto dibattito o almeno una riflessione. E questo è il senso di questa sezione dedicata al Progetto Fori che vorremmo continuare con il contributo di tutti, esperti e non, perché questa vasta operazione che ridisegna il tessuto centrale e ridefinisce prospettive, rapporti e punti di vista sull’archeologia ma anche sull’architettura cinquecentesca e seicentesca, deve essere condotta con la partecipazione di tutta la Città e con il contributo di competenze, conoscenze, esperienze, memorie individuali e collettive.
Leonardo Benevolo aveva definito questa area «un sublime spazio pubblico», un parco archeologico senza macchine che dai Fori abbraccia il Colosseo, il Palatino e il Circo Massimo. Ed Antonio Cederna lo chiamava “il vertice di un cuneo” che da piazza Venezia e poi dalla Passeggiata archeologica arriva all’imbocco dell’Appia Antica e si spinge fino ai Castelli.
Finalmente l’archeologia potrebbe entrare nel tessuto urbano e l’urbanistica potrebbe vivere con l’archeologia strappandola dalla pura ed esclusiva fruizione turistica.

L’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo affermava in un convegno sul tema: “Gli studi mostrano che gli assi per accedere ai Fori erano trasversali e scendevano da Monti. Noi abbiamo intenzione di ripristinarne almeno uno entro agosto prossimo (agosto 2014 n.d.r.), creando un percorso pedonale che parte da via Baccina, nella Suburra, e collega via Alessandrina, attraversa i Fori imperiali, via della Consolazione, arrivando in via San Teodoro e via del Velabro. Il tracciato è previsto dalla commissione del 2006 e offre una prospettiva del tutto diversa da quella, storicamente meno fon¬data, che, come un cannocchiale, inquadra il Colosseo da piazza Ve¬nezia”.
“L’intesa con le sovrintendenze è indispensabile” – insiste Caudo – per completare lo scavo una volta eliminata la strada che lo sovrasta. E anche in previsione di realizzare una maglia di passerelle rimovibili che consentiranno di scendere alla quota archeologica e di osservare dall’alto le strutture antiche”.
Se scompare il tratto di via dei Fori imperiali fino a largo Corrado Ricci, che ne sarà dell’ultimo segmento, quello che giunge al Colosseo? “Resterà”- risponde Caudo – “d’altronde sotto quel manto stradale non c’è strato archeologico: li era la collina della Velia, distrutta per realizzare la via dell’Impero. La nostra intenzione è quella di riportare alla luce il Foro della Pace che è sotto largo Corrado Ricci. Le auto non potranno più spingersi in fondo a via Cavour e dunque il pezzo superstite di via dei Fori imperiali diventerà una passerella integralmente pedonale”.

 

 




Il cemento e le periferie

David Harvey nel suo recente saggio The Crisis of Planetary Urbanization, scritto per il catalogo della mostra Uneven Growth Tactical Urbanisms for Expanding Megacities (in corso al MoMa di New York), sostiene che mai come negli anni della peggior crisi economica globale il cemento  si stato «versato ovunque e ad un ritmo senza precedenti sulla superficie del pianeta terra». E tuttavia, se da una parte la bolla immobiliare spinge il PIL di molti paesi emergenti, come la Cina, molto al di là delle secche della crisi, «il crescente costo della vita, in particolare del cibo, dei trasporti e della casa, ha reso la vita quotidiana progressivamente più difficile per le popolazioni urbane».

Le periferie delle grandi città sono i luoghi dove stanno andando in scena con maggiore intensità gli effetti della crisi planetaria scatenati dall’uso senza precedenti di cemento. Harvey sottolinea come «il boom dell’urbanizzazione abbia avuto poco a che fare con il soddisfacimento dei bisogni delle persone. E’ servito piuttosto ad assorbire il surplus di capitale, a sostenere i livelli di profitto, e a massimizzare i valori di scambio indipendentemente dai valore d’uso. Le conseguenze sono state spesso del tutto irrazionali: da una parte una cronica carenza di alloggi a prezzi accessibili in quasi tutte le principali città, dall’altra condomini vuoti per gli ultra-ricchi il cui interesse principale è di speculare nei valori immobiliari».

Le enormi disuguaglianze urbane si consolidano grazie alle politiche di austerità di bilancio, che minano la possibilità di mantenere servizi accessibili a tutti. «La riluttanza nel tassare i ricchi, determinata dallo strapotere di una oligarchia ormai trionfante, significa declino dei servizi pubblici per le masse e accumulo di ulteriori sorprendenti ricchezza per pochi», aggiunge Harvey. Le rivolte delle periferie di Londra Stoccolma e Parigi, insieme al manifestarsi in altre forme dell’indignazione per le disuguaglianze sociali o per le repressioni violente della polizia, sono la manifestazione di quanto il processo di urbanizzazione che ha generato la bolla immobiliare e innescato la crisi economica, sia diventata «su scala planetaria il centro di una travolgente attività economica, mai vista prima nella storia dell’umanità». C’è un dato che rappresenta molto bene questo processo: lo sviluppo economico della Cina, fortemente trainato dal settore delle costruzioni, ha generato tra il 2011 e il 2012 una produzione di  cemento e acciaio equivalente a più della metà di quella degli Stati Uniti in tutto il XX secolo.

L’analisi del geografo britannico è chiara: «L’urbanizzazione da sempre è un ambito fondamentale per l’infinita accumulazione del capitale al cui interno sono ospitate, in nome del profitto, forme di barbarie e di violenza sulle popolazioni». Secondo questa lettura la crescente emarginazione sperimentata dagli abitanti delle periferie e le rivolte che ne sono scaturite non sono affatto sorprendenti. Il modello di sviluppo imposto dalla urbanizzazione planetaria ha «spazzato via tutte le pretese di governance urbana democratica, e ha progressivamente cercato la sorveglianza della polizia militarizzata e del terrore come principale modalità di regolazione sociale». Il cemento è quindi l’altra faccia della violenza operata attraverso la segregazione spaziale e sociale, contro la quale si sta rivoltando una classe urbana emergente in molti paesi del mondo.

Curare le periferie con il cemento

Anche nel nostro paese le periferie sono in subbuglio: il diritto alla casa viene negato dall’assenza di politiche abitative che consentano ai meno abbienti l’accesso ad un alloggio dignitoso, le ristrettezze dei bilanci comunali hanno progressivamente ridotto la disponibilità di servizi di base e deteriorato la qualità dello spazio pubblico. Eppure nel dibattito sulle periferie si parla solo di scadente qualità architettonica, di fallimento dei piani urbanistici senza mai sfiorare il tema del progressivo aumento delle disuguaglianze di reddito che hanno approfondito le differenze nell’esercizio del diritto alla città. L’unica voce che a questo riguardo si è levata è stata quella di papa Francesco che ha esortato a «seguire la linea della integrazione urbana» e ha ammonito contro «quei progetti che intendono riverniciare i quartieri poveri, abbellire le periferie e “truccare” le ferite sociali invece di curarle promuovendo un’integrazione autentica e rispettosa». Si possono curare le periferie con nuove e più “sostenibili” iniezioni di cemento? Con tutta evidenza no.

Eppure sulle pagine dei giornali in questi giorni sta circolando il resoconto di un convegno, promosso dalla Fondazione Italcementi, dal significativo titolo Rammendo e rigenerazione urbana per il nuovo Rinascimento. «L’incontro, che si è svolto alla Fiera di Bergamo, ha avuto come riferimento il corpus teorico e progettuale sviluppato da Renzo Piano – presente con un video e attraverso la testimonianza di uno dei suoi principali allievi, Mario Cucinella – nel suo anno da Senatore a vita: rimediare alle slabbrature architettoniche e urbanistiche, economiche e sociali del Paese adottando non più la logica delle grandi opere, ma quella della ricucitura e del rammendo» precisa Il Sole 24 Ore. Dal sindaco di Bergamo, dove si è tenuto il convegno, al ministro delle Infrastrutture, fino al Ceo di Italcementi, il leitmotiv è stato – ça va sans dire – la rigenerazione urbana e le grandi opportunità che offre per utilizzare nuove tecnologie edilizie. «Basti pensare ai nuovi tipi di cemento e di legno, di alluminio e di vetro che la nostra industria ha sviluppato», precisa il Ceo di Italcementi Carlo Pesenti. Insomma le periferie come campo di applicazione su grande scala di sperimentazioni già avviate. Come, ad esempio, Rifo, «una iniziativa promossa da Italcementi e realizzata dall’Università di Bergamo che prende il nome dal modo gergale con cui i ragazzi dicono «rifacciamo» nei loro giochi. In questo caso, il «rifacciamo» riguarda l’urbanizzazione delle città italiane con il recupero delle aree dismesse e l’ammodernamento di asset immobiliari e infrastrutturali obsoleti».

Se la cura che si sta profilando per le periferie riguarda innanzi tutto la valorizzazione del patrimonio immobiliare, compreso ciò che resta dell’edilizia residenziale pubblica, si ha più di una ragione a guardare con sospetto l’enfasi che sta crescendo attorno all’idea di “rammendo” lanciata da Renzo Piano , sempre più coincidente con l’«architettura di facciata» di cui parlava il papa. Un po’ più di attenzione a ciò che sta succedendo nel resto d’Europa, a questo riguardo non guasterebbe ed eviterebbe di ricorrere alla retorica del Rinascimento italiano per mascherare un rimedio che rischia di essere peggiore del male.

Riferimenti

D. Harvey, The Crisis of Planetary Urbanization, in Post Notes on Modern & Contemporary Art around the Globe, 18 novembre 2014.

P. Bricco, «Rifacciamo» le città partendo dalle periferie, il Sole 24 Ore, 25 gennaio 2015.

J. M. Bergoglio, Seguire la linea dell’integrazione urbana, Millennio Urbano, 29 ottobre 2014.




Massimo Alvisi per il ‘rammendo urbano’ di Battipaglia

Tracciare le linee strategiche del Puc della città sulla base del ‘Manifesto’ di Renzo Piano

Le linee guida urbanistiche e strategiche per la città e la periferia di Battipaglia, in provincia di Salerno, saranno redatte da Massimo Alvisi, e dal suo team, secondo i principi del ‘rammendo urbano’ maturati nel corso dell’esperienza con il team di Renzo Piano.

Massimo Alvisi, insieme a Mario Cucinella e Maurizio Milan, è stato tra i tre tutor del Gruppo G124 di Renzo Piano e si è occupato (a titolo gratuito) di seguire e coordinare i sei giovani architetti che sviluppano il progetto per riqualificare le periferie.

Le linee strategiche per le politiche urbanistiche della città di Battipaglia, che l’architetto redigerà affiancando il commissario prefettizio della città, dott. Gerlando Iorio, porranno i presupposti per la futura redazione del PUC.

In una conferenza pubblica tenutasi il 22 gennaio, nel palazzo comunale di Battipaglia, Massimo Alvisi ha descritto i criteri con i quali il team di professionisti da lui diretto opererà nel corso dei prossimi sei mesi per favorire il miglioramento della qualità della vita nel disgregato tessuto della città campana e per incoraggiare l’attivazione delle risorse economiche, culturali, sociali presenti nel suo territorio.

In merito ai criteri che utilizzerà Alvisi ha dichiarato alla redazione di Edilportale: “Affronteremo il progetto attraverso una prima fase di ascolto della città e dei cittadini. Raccoglieremo il lavoro già fatto fino ad oggi di programmazione e analizzeremo capillarmente la città e il territorio attorno per comprenderne le potenzialità. Battipaglia ha delle risorse straordinarie sia nella sua realtà produttiva che nel suo tessuto se considerato fino al mare che deve tornare ad essere una risorsa attiva della città”.

Inoltre l’architetto si avvarrà di sistemi di partecipazione, non solo di analisi e ascolto, ma anche di azione di trasformazione e gestione futura dei beni comuni.

Il suo team di lavoro sarà composto da molti dei giovani architetti che, selezionati a partecipare al primo anno di attività di G124, hanno ora costituito un team di progetto autonomo, denominato INSITI; i giovani architetti coinvolti sono: Roberta Pastore, Eloisa Susanna, Federica Ravazzi, Roberto Corbia, Francesco Lorenzi. Alle loro professionalità si aggiungono quelle dell’urbanista Umberto Bloise, del sociologo Carlo Colloca e dell’esperto di governance Christian Iaione.

Le linee strategiche per il PUC saranno pronte entro la fine di giugno 2015, dopo di che verrà lanciato un concorso per la redazione del Piano.

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Marracash nella Pperiferia di Roma

E’ ambientato a Tor Bella Monaca, una delle periferie di Roma,  e ha come protagonisti alcuni ragazzi ripresi durante momenti di una loro giornata, il nuovo video del rapper siciliano Marracash , ” In Radio “. L’amicizia, i primi amori, le incomprensioni, il ritorno nel gruppo , sullo sfondo degli anonimi palazzoni di periferia. E’ bello il video firmato da Cosimo Alemà.

” In radio ” , è il terzo singolo estratto da ” Status ” , il cd di Marracash uscito il 20 gennaio scorso  che questa settimana ha debuttato al 2° posto della classifica  ufficiale FIMI.

Fra le collaborazioni quelle con Neffa, Fabri Fibra e Tiziano Ferro.

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Corviale teatro

Dal 4 febbraio al 29 marzo, nell’ambito del progetto IL TEATRO DEL RAMMENDO, ha inizio “Shakespeare. Dal testo alla scena”, un laboratorio teatrale di due mesi finalizzato alla messa in scena finale di AMLETO di William Shakespeare.

Il laboratorio, con iscrizione e partecipazione libera e gratuita fino ad un massimo di 16 partecipanti, condotto dal maestro Riccardo Vannuccini, prevede fra gli altri la partecipazione il 12 febbraio di ELIO GERMANO che si confronterà con i partecipanti sul mestiere dell’attore; MICHELE RIONDINO il 19 marzo che oltre a raccontare il suo mestiere di attore proverà con il regista Vannuccini il personaggio di Amleto. ELODIE TRECCANI parteciperà dal 10 febbraio per 10 incontri consecutivi per un work shop sul mestiere di attore di televisione e di teatro e con il regista Vannuccini proverà il personaggio della Regina.

Il laboratorio si svolgerà presso il Centro polivalente NICOLETTA CAMPANELLA in via Marino Mazzacurati 76 nei seguenti giorni ed orari:

Febbraio
4, 10, 11, 17, 18, 24, 25 dalle 10.00 alle 14.00; 5, 12, 19, 26 dalle 14.00 alle 18.00

Marzo
3, 4 ,10, 11, 17, 18, 24, 25, 28 dalle 10.00 alle 14.00; 5, 12, 19, 26 dalle 14.00 alle 18.00

Con la partecipazione di ELIO GERMANO, MICHELE RIONDINO, ELODIE TRECCANI

12 febbraio: Elio Germano racconta il mestiere dell’attore attraverso la sua personale esperienza.

19 marzo: Michele Riondino, oltre a raccontare il suo mestiere di attore, proverà con il regista Vannuccini il personaggio di Amleto.

Dal 10 febbraio per 10 incontri consecutivi Elodie Treccani prova con il regista il personaggio della Regina nel capolavoro di Shakespeare.

Per tutte le informazioni, prenotazioni e appuntamenti
ArteStudio
artestudiox@libero.it

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I perchè del 4 dicembre

Proseguire il percorso di “progettazione partecipata” con la giornata del 4 dicembre era scritto nella scelta del modello di rigenerazione urbana che perseguiamo nel Quadrante di Corviale da circa 6 anni.  Come promemoria per tutti ed in particolare per le nuove realtà presenti alla giornata di lavoro, ci sembra opportuno ricordare brevemente quanto finora svolto: i Forum del 20122013, le numerose iniziative nei diversi settori all’interno di un progetto multidisciplinare, le prestigiose sedi in cui è stato presentato e gli importanti riconoscimenti avuti, la sottoscrizione di un Partenariato pubblico-privato con relativo Atto d’Intesa da parte di 26 soggetti appartenenti ad Istituzioni, Università, Centri Ricerca, organizzazioni Profit e No-profit, Associazioni di volontariato.

Il tutto è documentato nel sito www.corviale.com.
Sono stati raggiunti importanti risultati per una scelta consapevole e grazie alla lungimiranza dell’ATER, del Ministero dei Beni Culturali, del Comune di Roma, dell’Università La Sapienza, insieme alla Comunità territoriale CorvialeDomani.
La giornata del 4 dicembre ha altresì preso atto dell’accelerazione impressa  a fine ottobre da parte della Regione Lazio sia con lo sblocco  dei lavori del Palazzo ATER, noto come “Serpentone, sia con il relativo concorso internazionale,  le cui linee guida verranno rese pubbliche  a fine marzo.
Il concorso verrà chiuso entro ottobre e presentato all’Expo’ di Milano, mentre i lavori di riqualificazione  del Palazzo avranno durata quinquennale.
La rigenerazione urbana del Corviale è una delle più rilevanti del nostro Paese: è questo il dato riconosciuto che abbiamo voluto condividere sia con la Comunità cittadina che con l’opinione pubblica nazionale, attraverso la  presentazione alla Biennale Internazionale di Venezia e la partecipazione all’incontro di Ravello lab. Le stesse modalità dei 5 tavoli di lavoro hanno fatto riferimento alle linee guida elaborate  e presentate a Venezia dall’ATER con il contributo dei sottoscrittori del Partenariato.
Le indicazioni uscite dalla giornata del 4 dicembre hanno dato indicazioni per le linee guida del concorso internazionale che  definiscono come dovrà avvenire la riqualificazione e le connessioni con il territorio di riferimento.
Il concorso internazionale rappresenta un’occasione per sperimentare nel concreto la rigenerazione urbana di una grande periferia metropolitana. Tema questo di grande attualità dopo i ben noti fatti sia di Tor Sapienza che di Parigi.
Come ribadito dal commissario ATER il 4 dicembre  “(…) idee e progettazione di ogni attività dovrà essere inserita con chiara definizione di ruoli, risorse e azioni all’interno della progettazione partecipata e secondo i valori di etica-sicurezza e legalità.”  Sostantivi su cui si è spesa la Comunità nel corso degli anni.
Multidisciplinarietà  significa che la giuria che valuterà i progetti presentati  dovrà essere formata da riconosciuti esperti delle diverse discipline interessate  (architettura e urbanistica ma anche ambiente,  sociologia urbana, economia civile e green,  comunicazione, innovazione delle reti….) come prevedono gli indirizzi europei e internazionali.
I tempi medio lunghi  previsti  dovranno altresì tenere  in conto la costruzione di un ciclo di progetto flessibile e capace di rimodularsi nel tempo. Un work in progress che interagisca  con le risultanze dei processi di animazione, formazione e tutoraggio,  gestione e  comunicazione.
Un progetto che sia in grado di guardare ben oltre “la consegna delle chiavi” tenendo conto delle nuove forme dell’abitare e  della valorizzazione del capitale sociale umano presente sia all’interno del Palazzo ATER che nel territorio circostante.
Una scommessa su cui i pochi che ci  credevano sono sempre più numerosi e ben coscienti della necessità di prevenire e governare le varie forme di conflittualità e interessi   ancorati ad elementi concreti che emergeranno, onde evitare delusioni e riverberi negativi nel sistema  delle relazioni  socio-economiche che è asse portante per la riuscita dell’operazione.
Daremo seguito prima della fine di marzo, come da diffusa richiesta, ad ulteriori incontri sia con la Comunità che con altre competenze e buone pratiche utili per una progettazione condivisa. Uno scambio che sia viatico per sperimentare al meglio una rigenerazione che dia quei risultati e riscontri che tutti noi ci aspettiamo.

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REPORT DEL 4 DICEMBRE

LA MINIERA DI CORVIALE E DEL SUO TERRITORIO

Il 4 dicembre 2014 a Roma presso il Centro Servizi per il Volontariato circa 150 operatori, studiosi, esperti, professionisti, professori a vario titolo coinvolti nel progetto di rigenerazione del Quadrante di Corviale e in un sistema di rilancio delle periferie hanno discusso per l’intera giornata in cinque tavoli di lavoro progetti da integrare nelle Linee guida del concorso internazionale per la rigenerazione di Corviale dell’ATER.

I cinque gruppi di lavoro hanno trattato le seguenti tematiche:
1.Qualità della Vita
Senza legalità e sicurezza non si fa rigenerazione urbana
2.Ambiente e Economia Verde
Dal “secchio della spazzatura al lavoro”
Coltiviamo insieme Corviale
3.Patrimonio Culturale
Verso un approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa
4.Infrastrutture e reti consapevoli
Un modello di sperimentazione di Smart Building
5.Comunicazione e partecipazione
Connessioni fra strategie di comunicazione e processi partecipativi

Questa la sintesi delle proposte emerse, riaggregate per parole chiave :

RIGENERAZIONE

Il contributo dei beni relazionali (sport, cultura, il vivere i parchi…) può apportare valore aggiunto  ad un modello di rigenerazione  che è in via di sperimentazione e che si collega direttamente ad una gestione consapevole, integrata e partecipata.
Una responsabilità sociale diffusa toglie l’acqua alle attività illegali e si traduce in sicurezza, legalità e rispetto del bene comune in sintesi una migliore qualità della vita con conseguente riduzione dei costi dell’intera filiera sociale.

SOGGETTI ATTIVI DELLA RIGENERAZIONE:
• la comunita’
• il sistema dell’istruzione e formazione
• il sistema produttivo
• istituzioni ed enti
• centri di ricerca e comunicazione
PROGETTAZIONE

Progettazione partecipata
Permette di attivare un  processo  di rigenerazione urbana autogenerantesi nel quartiere stesso secondo un orientamento ai valori di etica-sicurezza-legalità in cui le Linee guida dell’ATER sono l’indice utile per affrontare i problemi.
Occorre identificare le diverse identità /gruppi portatori di interesse. Il ciclo del progetto dovrebbe includere in sé la gestione (management) del progetto stesso:
• Found raising;
• Presenza del no-profit;
• Flessibilità progettuale.
Partire dall’individuazione dei problemi e degli obiettivi, scelta tra scenari alternativi, approfondimento di contenuti ed attività, non concludere con la mera realizzazione delle opere, bensì con l’attuazione del progetto di gestione.
Un concorso in più fasi che preveda la manifestazione di interesse ancorata a elementi concreti di partecipazione e interventi cooperativi di comunità e azionariato diffuso.
Social Mapping sulle problematiche che più stanno a cuore ai cittadini per il progetto di rigenerazione.
Open data
Strutturare le reti in open data in modo da poter accedere ai dati in maniera costante, trasparente e facile a tutti e con un flusso informativo proveniente dal basso.
Un software di interazione con i cittadini su temi legati, ad esempio, alla sicurezza e legalita’.  Ognuno potrà interagire apportando il proprio contributo e per la buona riuscita del progetto il software dovrà essere facile ed accattivante.
L’obiettivo è ottenere  una mappatura interattiva del territorio ed un costante flusso di informazioni aggiornate.
Restituzione rielaborata in una mappa delle informazioni in possesso dell’Agenzia della Mobilità riguardanti il distretto Corviale, sui tempi di attesa, quelli di percorrenza sia in tempo reale che come dato statistico ricorrente.

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PROGETTI

• Laboratorio di condivisione
• Coworking
• Laboratorio per l’artigianato digitale
• Ecopark
• Orti urbani
• Via verde
• Tetto
• Bike sharing
• Social food
• Baratto 2.0
• Reti di accessibilita’
• Reti infrastrutturali

LABORATORIO DI CONDIVISIONE
piccoli Urban Center 3.0, di terza generazione, che facciano incontrare i frequentatori dei Social Media (giovani) e delle assemblee civiche tradizionali, per attuare concretamente quei principi di democrazia partecipativa e co-deliberativa.

l’edificio di Corviale può diventare il luogo di produzione e consente di creare un ciclo sugli scarti (Cantiere di produzione di materiali)
la creazione di una EXPO permanente con proposte di sviluppo da presentare alle istituzioni

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LA COMUNICAZIONE

–   piano strutturato per l’informazione, comunicazione e condivisione per la comunita’ del Quadrante (strumenti tradizionale e multimediali)
–  ospitalità a una postazione di UndiciRadio a Corviale corredata di sala registrazione professionale e di sala montaggio video,
–   sviluppo del giornale delle periferie come spazio di costruzione di legami integenerazionali e di allenamento per gli altri strumenti
–    implementazione del social genealogico che tenga insieme la memoria storica delle generazioni che si sono succedute nel Palazzo e nel Quadrante. Il social inoltre permette di rilevare le abilità professionali e hobbistiche degli abitanti configurandosi come un data base .

LA COMUNITA’

–    attività di animazione sociale che getti le basi per una partecipazione alla gestione nonché alla manutenzione ordinaria
–    creazione di uno spazio di co-working che rappresenti l’occasione di realizzare un laboratorio supportato da wi-fi e, soprattutto, della banda larga (fibra ottica) pubblica e gratuita nel palazzo e nel quadrante
–     un     centro sociale e aggregativo giovanile
–     spazi comuni con l’attivazione di strutture partecipative pro-attive; rilevazione dei fabbisogni del territorio;

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IL SISTEMA FORMATIVO
Un laboratorio di riferimento per l’artigianato digitale romano con condivisione di strumenti per produrre prototipi.
Materiali di riciclo che possono derivare dalla ristrutturazione dell’edificio censendo i materiali di scarto per avviare un ciclo produttivo.
Un artigianato digitale che diminuisca il costo della manutenzione edile.
Formazione e certificazione di nuove competenze e professionalità con particolare riguardo alla Nuova Edilizia e Nuove figure dell’abitare.
La scuola può diventare un punto di riferimento per l’artigianato trasformandosi nel luogo adatto per costruire dopo la formazione.
Un laboratorio aperto dove creare progetti che riguardino l’artigianato, il paesaggio, l’ambiente, gli orti facendo diventare l’edificio un contenitore di professionalita’.
Un Coworking della Formazione e della produzione artigiana e agricola romana, dove costruire moduli personalizzati delle diverse competenze e delle diverse specializzazioni.

LE ISTITUZIONI
Realizzazione di un Distretto di Corviale adatto a una nuova Città Metropolitana con regole e poteri di autonomia e sperimentazione.
PARTECIPANTI

Acli Sport, AGCI, Agenzia della Mobilità,  Amate Architettura, ARCI Lazio, ATER, ATTAC Italia, Carte in Regola, CESV, Citta Visibile, Commissione Agricoltura Camera Deputati,  coop. Ciarrapani- Calabria, Cooperativa Acquario ’85, Corviale Domani, CNCA, CSV Matera, Fedim, Fo.Cus., Forum 3 Settore Lazio, Il Giornale delle Periferie, Il Laboratorio, IRFOR, Liceo Keplero, LUMSA, Mediterraid, MIBACT, Mobilitiamoci, Piattaforma Testaccio, QEA, Rai Expò, Rete Fattorie Sociali, Roma Capitale, Roma Natura, Rotecnology, La Sapienza, 3 D Italy , Tor Vergata, Una Città, UndiciRadio, UNIAT, Unimol, Verde Pensile, Zero Waste Lazio e numerosi tecnici, operatori, esperti di settori e social media.