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Così la burocrazia ha frenato il piano del governo sulle periferie

Equazioni, codicilli e bilancini.
Come possono, i Comuni, chiedere i fondi del progetto -sponsorizzato da Renzo Piano – contro il degrado delle periferie? Semplicissimo: basta risolvere formule da astrofisici, passare attraverso un comitato di valutazione costruito con criteri da equilibristi e sperare di finire nella «griglia» giusta.
Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini l’aveva salutata come «una svolta attesa da anni». E come non essere d’accordo con lui? Per la prima volta un governo italiano aveva deciso di investire qualche soldino nel «rammendo» delle periferie, secondo la definizione dell’architetto e senatore a vita Renzo Piano, che era stato il motore dell’iniziativa. Duecento milioni spalmati in tre anni non erano granché, ma almeno si poteva cominciare a ragionare sui massacri umani e ambientali che certi piani regolatori sconsiderati, alleati dell’abusivismo, hanno perpetrato in tutte le città italiane dal dopoguerra, trasformando il Paese della bellezza in un luogo dell’Orrore. Ma come sempre accade in Italia, le buone idee devono fare i conti con la burocrazia, capace di complicare la vita anche alle cose più elementari pur di giustificare la propria esistenza in vita. Ed eccone un fulgido esempio.
COMITATO DA MANUALE (CENCELLI)
La norma che aveva stanziato i soldi, approvata a dicembre dello scorso anno, già poteva far capire la piega che avrebbe preso la cosa. La valutazione dei progetti, infatti, sarebbe stata affidata a un comitato di tredici persone: scelti con la logica apparente di non far torto a nessuno. Due rappresentanti del Dipartimento Pari opportunità di palazzo Chigi, due del ministero delle Infrastrutture, due del Tesoro, due dei Beni culturali, uno degli Affari regionali, uno del Cipe, uno dell’Agenzia del Demanio. E potevano mancare un rappresentante della Conferenza delle regioni e uno dell’Associazione dei comuni, tanto per vigilare che ci fosse parità di trattamento fra le 20 Regioni e gli ottomila campanili? Già. Anche se la vera sorpresa è stata la decisione di affidare la presidenza di un comitato che deve valutare i progetti per le periferie urbane alle Pari opportunità.
LE EQUAZIONI PER STABILIRE IL DEGRADO
Il bello, però, è nel decreto della presidenza del Consiglio che dovrebbe far partire l’operazione, appena messo a punto. Per farlo sono stati necessari ben nove mesi. E il parto ha prodotto un autentico capolavoro: il bando per aggiudicarsi i primi milioni previsti per il prossimo anno. Pochi soldi, come detto. Anche se era difficile aspettarsi briciole così piccole: il limite massimo finanziabile per ciascun progetto è di due milioni. Ma è il modo in cui dovrebbero essere distribuite che lascia letteralmente sbalorditi. I soldi vanno alle aree urbane degradate? Bene, si tratta soltanto di stabilire quando un’area è degradata. E come si fa? Ma con una formula matematica, ovvio. Serve a ricavare un indice che se risulta pari o superiore a uno, allora è la conferma: il degrado sociale esiste. Eccola:

IDS ZFU=0,40X(DIS(i)-DISNAZ)+0,30X(OCCNAZ-OCC(i))+0,15X(GIOV(i)-GIOVNAZ)+0,15X(SCOLNAZ –SCOL(i))

Dove per DIS, OCC, GIOV e SCOL si intendono rispettivamente i tassi di disoccupazione, occupazione, concentrazione giovanile e scolarizzazione.
E il degrado ambientale? Niente paura, c’è una formula anche per calcolare l’indice di disagio edilizio: IDE= ((Erp+ERm)/Tot ER)/0,168 Dove ERp sono gli edifici in pessimo stato, ERm sono quelli mediocri e Tot ER sono tutti.
E ALLA FINE, UNA BELLA GRIGLIA
Verificato che anche questo indice sia uguale o superiore a uno, è fatta. Si può partecipare al bando, e per non incorrere in errori o favoritismi, il comitato ha a disposizione per valutare una griglia di punteggi per ogni aspetto del progetto nonché un’altra serie di formule matematiche per stabilire se l’intervento è tempestivo, adatto effettivamente a migliorare il decoro urbano e capace di attirare finanziamenti. Ma queste ve le risparmiamo. I commenti di Renzo Piano si possono solo immaginare.

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Il buco nero delle periferie

In 40 anni dieci piani nazionali (fallimentari): almeno tre miliardi spesi a vuoto.
Da Catania a Milano, viaggio nelle periferie italiane
È dagli anni ’70 che si prova ad aggredire il degrado urbano, di recuperare le periferie, di strutturare modelli di rigenerazione urbana. Con ingenti risorse spese. E scarsi risultati ottenuti. Dal 1978, con il lancio dei primi piani di recupero urbano fino all’ultimo piano di lotta al degrado sociale e culturale delle periferie, il cui bando sta per uscire in «Gazzetta», abbiamo visto almeno dieci piani nazionali che avevano come obiettivo la riqualificazione urbana. Eppure le periferie continuano a esistere, anzi crescono con una velocità che supera ogni capacità di gestione, programmazione e spesa. A Milano come a Roma, a Palermo come a Padova, la decrescita economica e il flusso migratorio non fa che acutizzare un problema che quasi 40 anni di tentativi non hanno risolto.

Il primo tentativo, fatto con i piani di recupero lanciati nel 1978 (con la legge 457 sull’edilizia residenziale pubblica) di iniziativa pubblica o privata, ha subito evidenziato due limiti che si è cercato di superare nei successivi strumenti complessi: cioè la impossibilità di fare varianti al piano regolatore e la distinzione netta tra operatore pubblico e privato.

I programmi integrati di intervento – previsti dalla legge 179/2002 per «riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio e ambientale» – rappresentano il primo vero passo avanti per l’intervento su scala urbana, perché aprono all’integrazione di diverse funzioni, residenziali e non residenziali, all’interno del progetto e anche all’integrazione di risorse pubbliche e private. Ma si infrangono nelle aule dei tribunali amministrativi per via delle frequenti impugnazioni (almeno i programmi più importanti).

E saltiamo subito ai Pru, i Piani di recupero urbano del 1993 (introdotti dal decreto legge 398). È il vero inizio della stagione dei cosiddetti programmi complessi, con la regia saldamente incardinata nel Cer, il Comitato per l’edilizia residenziale dell’allora ministero dei Lavori pubblici. Furono avviati con un grande bando nazionale predisposto nel 1994. E sancivano il “matrimonio” tra pubblico e privato, con il concorso di risorse miste da far convergere su un vasto progetto. Ma erano anche molto complicati e – soprattutto, come si è capito ben presto – richiedevano una forte mano pubblica, anche a livello territoriale e locale. Si è cercato di semplificare le procedure attraverso il ricorso alla conferenza di servizi e all’accordo di programma (strumenti nel frattempo creati nel 1990) per superare le difformità rispetto ai piani regolatori comunali.

La Finanziaria del 1997 regala i Contratti di quartiere, che hanno visto anche una seconda edizione nel 2000. Ma rappresentano un passo indietro rispetto ai piani precedenti perché un possono introdurre varianti urbanistiche e il finanziamento è vincolato solo a certe tipologie di intervento. Una novità interessante è l’apertura alle associazioni no profit sul territorio, attraverso gli enti locali, per riqualificare il territorio. I contratti di quartiere fanno subito emergere dei limiti nell’attuazione, che si manifesteranno anche nei successivi piani. Hanno coinvolto in tutto su 195 comuni per quasi 1,3 miliardi di fondi pubblici stanziati, di cui 824 statali. Ebbene, in base all’ultimo aggiornamento disponibile (maggio 2014) sono stati erogati quasi 487,3 milioni. La corte dei conti ne ha stigmatizzato la gestione «insoddisfacente, non solo perché esso è stato tardivo, ma anche perché parziale, in conseguenza di una carente trasmissione di dati al Ministero delle infrastrutture in particolare da parte di alcune Regioni». Inoltre i magistrati lamentano un «assenza di un monitoraggio concomitante con la gestione ha precluso possibili interventi correttivi, sostitutivi, di revoca o semplicemente di sollecito dell’esecuzione delle opere». Conclusione? «La conoscenza parziale dei risultati conseguiti, solo in parte motivata dal mancato completamento degli interventi, è risultata non adeguata a consentire una valutazione dell’efficacia ed efficienza della gestione».

Nuovo tentativo con i Prusst (Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile sul territorio), avviati nel 1998 con il decreto del ministero dei Lavori pubblici n.1169. Il target si alza perché il piano punta a realizzare infrastrutture, riqualificare ampie aree industriali, vaste aree periferiche ma anche del centro città. Nella sua filosofia, è un primo vero “piano città” di ampio respiro. Ma anche i Prusst danno lavoro ai magistrati della Corte dei Conti. Nel 2006 arriva la “pagella”: anche in questo caso, i risultati sono scarsi ed emergono limiti evidenti. «I risultati ottenuti dagli organismi proponenti non possono, quindi, ritenersi soddisfacenti, nonostante la massiccia partecipazione e il diffuso interesse all’utilizzo di questo strumento», si legge nella valutazione della Corte dei Conti. Complessivamente i Prusst prevedevano uno stanziamento di 339,5 milioni ma, dall’analisi condotta su un campione monitorato dalla Corte dei Conti (che vale 44,8 milioni) emerge uan spesa di solo il 22% rispetto al totale finanziato.
Dall’Europa, nel 1994 arrivano i piani Urban (con una seconda edizione nel 2000), dedicati ai contesti fortemente degradati nelle strutture e con grave disagio sociale. Ne hanno beneficiato molte città del Mezzogiorno, che hanno passato una selezione dei un bando europeo.

Visti in prospettiva, tutti questi piani rivelano un grosso limite: l’estrema lunghezza dei tempi attuativi. Cui corrisponde l’estrema incertezza dei finanziamenti. Un cocktail che ha un unico effetto certo: quello di far evaporare i soggetti privati interessati al finanziamento e alla gestione. A questo si aggiunge la sperimentata inadeguatezza della macchina amministrativa. Del tutto trascurata, poi, la fase del monitoraggio.

Dopo questi grandi piani c’è una parabola discendente, anche perché nel frattempo il vento cambia. Dal 2008 la crisi finanziaria comincia in Italia a far sentire i suoi effetti sull’economia reale. I valori immobiliari cominciano a scendere e così pure le risorse statali e regionali da investire sul territorio. I privati invece si concentrano – comprensibilmente – su progetti di elevato valore immobiliare, localizzati non certo nelle periferie degradate.

La “legge obiettivo delle città” che il governo Berlusconi ha annunciato nel 2004 non vedrà mai la luce. Nel giugno del 1998 nasce un piano per il social housing che resta inattuato in larga parte. Anche il successivo piano proposto dall’ex ministro Maurizio Lupi resta ancora inattuato nella sua parte più incisiva: la riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale per quasi 500 milioni di euro.

L’ultimo piano dedicato alle città, è quello omonimo lanciato dal governo Monti nel 2012. Grandi aspettative alimentate dal governo che ha parlato di 4,4 miliardi di risorse per riqualificare le città. Piovono una montagna di candidature (457 proposte). Ma la montagna partorisce il topolino: il tutto si riduce – dopo una incredibile dilazione di tempi (in larga parte dovuta a un inedito percorso attuativo per i progetti) – a una manciata di opere pubbliche senza alcun filo conduttore.

Oggi nuovo punto a capo. Si torna a parlare di periferie. I requisiti molto ampi dei progetti lasciano prevedere un’altra pioggia di progetti provenienti da città di ogni ordine e grado. Il tutto per conquistare una somma compresa tra 500mila euro e 2 milioni.

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Com’è bella la città

Durante il dibattito si è discusso delle nuove sfide poste dalle necessità di un’integrazione tra spazi rurali e spazi urbani, di centro e periferia, di sharing economy, di rigenerazione urbana, di bellezza come emozione sensibile legata al piacere, e di come l’architettura possa rispondere alle nuove sfide poste dalla globalizzazione e dai flussi migratori.

Il lavoro dell’architetto è quello di immaginare il futuro degli spazi, e far sì che cambino nel modo in cui si sono immaginati.E’ un lavoro affascinante, di apertura al mondo, ma nello stesso tempo selettivo perché l’architetto deve arrivare a produrre un’unica forma.Pe quanto riguarda il rapporto tra dimensione locale e globale, viene sottolineato dagli ospiti come la dimensione locale sia fondamentale. Locale e globale sono in un rapporto dialettico. A livello locale si risolvono questioni che possono risolvere problemi nazionali.

Nella città contemporanea, cosa è centro e cosa periferia? Secondo la filosofa Chris Younès, “la città storica ha dei limiti. Ha abbattuto i muri e si è sviluppata nelle campagne, per cui la separazione oggi non è più valida.” Centro e periferia sono parole dure del nostro linguaggio, non più adeguate a descrivere la realtà. Le periferie sono l’ultima forma di presenza della città verso la campagna. “Oggi la complessità della città deriva da un uso errato del termine periferia, intesa come disagio e marginalità. L’immagine che meglio descrive la periferia oggi è il caleidoscopio. Napoli, Genova, Milano, sono città con la periferia nel centro”, spiega Stefano Boeri. L’idea di rigenerazione urbana è il grande cantiere urbano contemporaneo, intendendo per rigenerazione una rinascita.Da circa dieci,quindici anni si assiste ad un mutamento nella concezione del rapporto centro-periferia. Oggi c’è l’idea che le campagne abbiano un’ esistenza radicata, forte, conservata anche nella memoria. E’ importante anche investire nei piccoli centri,che in Italia rappresentano l’80% del paesaggio.I centri rurali hanno grandi potenzialità, e sono un forte motore di sviluppo, anche turistico.Valorizzare i piccoli centri significa tutelare il paesaggio.

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Rapporto sulle città 2015

Lo stato dell’arte ragionato sulle aree metropolitane.
“La politica in Italia dovrebbe occuparsi di più delle nostre città, a cominciare dalle città metropolitane, e questo produrrebbe benefici per tutto il paese, come raccomandato peraltro dall’Unione europea e dalle agenzie internazionali. E questo nonostante che l’Italia sia un’eccezione nel panorama mondiale, non tanto perché molto urbana, l’eredità storica delle cento città, ma, al contrario, perché diversamente urbana”.

È quanto suggerisce il “Rapporto sulle città 2015” di Urban@it, il Centro nazionale di studi per le politiche urbane, costituitosi il 15 dicembre 2014 e promosso da sette università – Università di Bologna, Politecnico di Milano, Università IUAV di Venezia, Università di Firenze, Università Roma Tre, Università Federico II di Napoli, Politecnico di Bari – a cui si sono aggiunte l’Università La Sapienza di Roma e l’Università Milano Bicocca, e da altri tre soggetti (ANCI, Società Italiana degli Urbanisti e Laboratorio Urbano).

Quest’anno, a seguito dei lavori promossi da gruppi che riuniscono ricercatori, studiosi e decision makers, il Rapporto presenta uno stato dell’arte ragionato sull’Agenda urbana, e in particolare, sulle aree metropolitane. I capitoli del rapporto riguardano infatti: a) le conoscenze disponibili; b) le innovazioni istituzionali; c) le risorse e gli strumenti; d) i modelli e gli esempi che ci vengono dall’estero.

QUALE AGENDA. Il Rapporto sottolinea la necessità di coordinamento delle diverse politiche settoriali e dei diversi attori pubblici e privati che investono sulle medesime aree e territori; la mancanza di una regia nazionale e la sostanziale inattività del Cipu (Comitato interministeriale per le politiche urbane); i rischi ai quali queste incertezze espongono iniziative recenti come la riforma metropolitana e il Programma operativo nazionale per le città metropolitane del ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 (Pon metro).

LE CONOSCENZE. Sul fronte delle conoscenze, il documento evidenzia i contributi che il sistema della ricerca universitaria ha dato più volte alla conoscenza delle problematiche urbane; i recenti e importanti approfondimenti sulla forma dell’urbanizzazione, la diffusione dell’immigrazione e le priorità del riciclo; i gravi problemi ancora da affrontare soprattutto in relazione a traffico, trasporti, alloggi, energia e coesione sociale.

INNOVAZIONI. Dal Rapporto emerge l’eterogeneità delle situazioni createsi con la coincidenza di provincia e città metropolitana, con gli estremi di Firenze e Torino, nonché l’interesse per la sperimentazione del Piano strategico metropolitano.

Nell’attuale delicato momento di attuazione della riforma delle città metropolitane, le soluzioni individuate presentano un carattere ancora interlocutorio.

La redazione e adozione degli statuti metropolitani è in anticipo rispetto alla definizione delle leggi regionali di riordino istituzionale.

STRUMENTI E RISORSE. Prive da sempre di un indirizzo coerente, le politiche urbane in Italia vivono una fase incerta. Il Pon metro prende le mosse sia dall’identificazione della centralità delle città nella definizione di processi di uscita dalla crisi economica e sociale, sia dal riconoscimento della profonda diversità di condizioni di partenza dei contesti metropolitani italiani.

Il documento, oltre a descrivere l’attuale delicato momento di attuazione della riforma delle città metropolitane, e i gravi problemi di traffico, trasporti, alloggio, energia e coesione sociale da affrontare, evidenzia l’opportunità di inserire i programmi italiani nel processo aperto dalle istituzioni internazionali.

MODELLI ED ESEMPI. Infine, il Rapporto illustra la varietà dei paesi del mondo che hanno adottato e stanno realizzando politiche urbane; il ruolo svolto da organismi internazionali e sovranazionali nel diffondere modelli e far circolare esempi e conoscenze; il ruolo crescente dei paesi di recente urbanizzazione anche nella elaborazione di nuovi interventi; il carattere innovativo e sperimentale di molte esperienze anche se di minor peso o geograficamente marginali.

Rapporto_sulle_citta_2015

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ATER, rinnovati i 7 commissari

La Regione ha nominato i nuovi commissari delle 7 Ater, Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica, del Lazio. Il rinnovo è obbligatorio per legge

La Regione ha nominato i nuovi commissari delle 7 Ater, Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica, del Lazio. Il rinnovo è obbligatorio per legge. Di seguito i nomi dei sette commissari:

Pier Luigi Bianchi, Ater Viterbo,
Antonio Ciotoli, Ater Frosinone,
Eliseo Maggi, Ater Rieti,
Antonio Passarelli, Ater Civitavecchia;
Fabrizio Ferracci, Ater Latina.
Giovanni Tamburino, Ater di Roma
Giuseppe Pititto Ater Provincia di Roma

Sono stati riconfermati cinque commissari, per le Ater di Viterbo, Frosinone, Rieti, Civitavecchia e Latina. Tamburino e Pititto, per le Ater di Roma e Provincia di Roma, prendono rispettivamente il posto di Daniel Modigliani e Leonardo Nucara, che per motivi differenti hanno segnalato la volontà di non proseguire negli incarichi di commissari ma si sono dichiarati disponibili ad altre esperienze.

“Con il rinnovo dei sette commissari Ater per la Regione si apre un nuovo capitolo in questo settore strategico e delicato. Ringrazio Giovanni Tamburrino e Giuseppe Pititto che da oggi, dopo una brillante carriera nella magistratura, hanno deciso di accettare le nostre proposte e di dirigere due Ater significative come quelle di Roma e della Provincia- lo ha detto il presidente, Nicola Zingaretti, che ha aggiunto: voglio augurare buon lavoro ai cinque commissari che abbiamo rinnovato e, in questo momento, ricordare e ringraziare, davvero sentitamente, anche Daniel Modigliani e Leonardo Nucara per l’eccellente lavoro svolto in questi due anni. Ora, per completare la riforma dell’Ater, aspettiamo la conclusione dell’iter della legge all’attenzione del Consiglio regionale, nella quale è previsto l’accorpamento in un’unica Ater regionale delle sette attualmente esistenti”- ha detto ancora Zingaretti.

“Voglio rivolgere i migliori auguri a tutti i sette commissari, in particolar modo a Giovanni Tamburino e Giuseppe Pititto che hanno accettato la nostra proposta e che ora, dall’alto della loro autorevolezza, ci supporteranno nella gestione di queste istituzioni così importanti e delicate. Approfitto poi per ringraziare per il loro lavoro Modigliani e Nucara- è il commento di Fabio Refrigeri, assessore alle Infrastrutture e Politiche abitative, che ha aggiunto: Daniel Modigliani, in questi due anni ha conseguito risultati importantissimi, sia dal punto di vista del risanamento che da quello della progettualità in un settore così delicato della città. E’ nostra intenzione proporgli il ruolo di coordinatore per il progetto di riqualificazione su Corviale. Ringrazio anche Leonardo Nucara che è stato il l’artefice del protocollo sull’housing sociale siglato con la Cassa depositi e prestiti, certo che la sua esperienza e professionalità saranno preziose in futuro in questo campo all’interno della nostra amministrazione”- ha detto ancora Refrigeri.




“Ottobrata Solidale” a Roma con le ACLI

Quattro eventi dedicati alle “periferie esistenziali”

in cammino verso in Giubileo della Misericordia

Il Sistema ACLI di Roma si mette in cammino verso il Giubileo della Misericordia, coinvolgendo famiglie, giovani, anziani e tutte le fasce più fragili della comunità per renderli protagonisti di un mese speciale: la “Ottobrata Solidale”.

A scaldare il mese più atteso dai romani, per il suo accogliente tepore e la sua magnifica luce, saranno quattro eventi dedicati alle “periferie esistenziali” alle quali ci richiama Papa Francesco, e per le quali ci impegnamo quotidianamente per contribuire a garantire a sempre più persone la piena esigibilità dei propri diritti, il protagonismo sociale, l’impegno civico e la solidarietà.

E’ importante accendere i riflettori su quegli anticorpi in grado di vaccinare la nostra comunità da derive egoistiche di personalismi e indifferenza per rendere concreta la solidarietà che nasce dal basso. Il Giubileo straordinario è, infatti, una grande occasione per avviare un Cantiere della Speranza dal taglio fortemente culturale, educativo e sociale per una rinascita morale ed etica della città incentrata su: sussidiarietà, solidarietà, partecipazione, responsabilità e legalità, oggi più che mai.

Il vero scatto in avanti per una società che non lascia indietro nessuno è possibile solo continuando a lavorare per il rafforzamento di una rete sociale snodo fondamentale di una sussidiarietà verticale e orizzontale pienamente agita.

La “Ottobrata Solidale” sarà soltanto l’inizio: durante il percorso Giubilare avvieremo anche numerosi nuovi servizi permanenti a partire da uno sportello per l’esigibilità dei diritti presso la parrocchia di San Gelasio (zona Rebibbia) e un Corner Job sul lavoro dedicato a giovani presso il centro giovanile GP2 (San Carlo al Corso).

Un percorso all’insegna della bellezza della concretezza, un impegno ordinario che diventa straordinario nella misura in cui lo condivideremo insieme.

GLI APPUNTAMENTI IN PROGRAMMA

1° Evento: Sport e Disabilità

Sabato 10 Ottobre 2015 – Parco Tutti Insieme – Via Tenuta della Mistica SNC dalle ore 10.30 alle 18.00

Festa aperta a tutti i bambini promossa dall’US ACLI di Roma in collaborazione con la Nazionale Italiana Cantanti e U.N.I.T.A.L.S.I che porterà in scena i personaggi delle fiabe più amate grazie al Progetto Bambini. Durante l’evento sarà offerta la merenda solidale grazie a “il pane A Chi Serve” e sarà possibile partecipare all’esibizione di Shuttlecock e giocare a Calcio Balilla insieme a Francesco Bonanno, Presidente Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla e pluri campione del mondo.

2° Evento: Inclusione sociale e Terza età

Martedì 20 Ottobre 2015 – Centro Anziani Sabotino – Via Sabotino, 7 ore 16.30

Presentazione Vademecum Antitruffa realizzato nell’ambito dell’iniziativa promossa dalla FAP e dalle ACLI di Roma con il prezioso contributo e collaborazione della Polizia di Stato. Il percorso si articola in maniera itinerante nel territorio ed è composto da 3 appuntamenti sui temi della tutela e della prevenzione dalle truffe tenuti da personale specializzato della FAP, da referenti dei commissariati di zona e alla presenza di una psicoterapeuta che cura l’aspetto legato all’ascolto e al sostegno post trauma.

3° Evento: Recupero e Povertà

Sabato 24 Ottobre 2015 – La Pelanda – Piazza Orazio Giustiniani, 4 ore 16.00

Uno spettacolo tra arte, immagini, musica e parole per presentare e rilanciare il progetto “il pane A Chi Serve” alla presenza di artisti e volti noti. Un evento per mettere in scena la bellezza della concretezza di un’iniziativa che “aiuta chi aiuta” recuperando e distribuendo il pane a 1600 bisognosi al giorno attraverso le principali associazioni di categoria. Durante la serata sarà consegnata la Mollica Solidale, un riconoscimento per quanti con ineguagliabile impegno si sono messi in gioco per la straordinaria riuscita del progetto.

4°Evento: Giovani ed occupazione

Giovedì 29 Ottobre 2015 – Parrocchia Santa Maria Madre del Redentore – Viale Duilio, 18 ore 18.00

Presentazione e avvio nelle parrocchie, a partire dalle periferie della Capitale, del progetto “Job to go, il lavoro svolta!” promosso dalle ACLI di Roma e dalla Cisl di Roma e Rieti, un itinerario di educazione, in-formazione e orientamento al lavoro, per i giovani e con i giovani già sperimentato con successo in alcune scuole di Roma. All’evento presenzierà S.Em R.ma il Sig. Card. Agostino Vallini.




L’Alveare della Città delle mamme

Da un anno a Roma c’è un alveare davvero speciale: si tratta di un coworking con spazio baby, promosso dell’associazione Città delle mamme. In questi dodici mesi l’Alveare ha ospitato oltre venticinque coworkers che in base alle personali esigenze, usufruiscono dei servizi di coworking e spazio baby. Le attività svolte dalle persone che lavorano all’Alveare sono le più svariate: dalla psicologa al blogger informatico, dall’amministratrice di condominio all’organizzatore di viaggi, dalla consulente aziendale all’architetta, dalla giornalista all’illustratrice.
Rispondendo alle esigenze della community dell’Alveare sono stati avviati servizi salva tempo come la spesa a domicilio tramite il Gruppo di acquisto solidale. In questi primi mesi di attività questo spazio ha reso un servizio al territorio, non solo contribuendo a riqualificare una zona del quartiere Centocelle in abbandono (i locali sono stati concessi in convenzione dal Comune attraverso l’Assessorato alle politiche per le periferie, lo sviluppo locale, il lavoro), aprendo gli spazi per feste e appuntamenti ludici, e ospitando i seminari e le riunioni di associazioni di volontariato attive nel quartiere.
Qui sono stati organizzati o ospitati, tra gli altri, corsi di autopromozione sul web, seminari sui finanziamenti pubblici, corsi su come aprire e gestire un blog, servizi di orientamento al lavoro. Presso l’Alveare, inoltre, si svolgono due progetti completamente gratuiti finanziati dalla Regione Lazio, (grazie alla vittoria dei bandi Fraternamente e Innovazione sostantivo femminile) che rispecchiano i due filoni di interesse principali del coworking, la genitorialità con “Un abbraccio per mamme e papà”, progetto di accompagmamento alla maternità e alla paternità, e il lavoro, con “Empower woman together”, progetto di innovazione sociale destinato a donne che hanno perso il lavoro a causa della maternità o della crisi.
Da prima della sua apertura l’Alveare ha anche collaborato con gli altri coworking romani nell’elaborazione delle linee guida sui bandi della Regione Lazio in materia di coworking, e ha sviluppato relazioni solide con altri coworking nazionali. Ha collaborato con varie università e centri di ricerca per indagini e studi su economia collaborativa, nuove forme di lavori e welfare. È infine partner del Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Cattedra di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni dell’Università degli studi Roma Tre per la ricerca Coworking e imprendotirialità, della professoressa Valeria Caggiano.
Un noto proverbio africano recita “per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, ed è proprio ciò che offre lo spazio dedicato alle bambine e ai bambini de L’Alveare: uno spazio di comunità e condivisione, dove i genitori trovano un sostegno professionale nella gestione quotidiana di figlie e figli. Qui bambine e bambini socializzano con i pari, sperimentano attività e laboratori stimolanti, sviluppano relazioni significative, non allontanandosi necessariamente per tante ore dal genitore; si promuove un concetto di educazione condivisa e non delegante, che tiene conto delle esigenze di mamma e papà, ma soprattutto dei bisogni del bambino.
Lo spazio baby può ospitare bambine e bambini dai quattro a trentasei mesi. Il servizio favorisce la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per sostenere le donne e uomini nel rientro o nella permanenza nel mondo lavorativo. I vantaggi di tale organizzazione? Flessibilità, con pacchetti personalizzati in base alle esigenze della famiglia; costi contenuti; la possibilità di proseguire l’allattamento materno; il piccolo gruppo educativo (di massimo dodici bambini presenti contemporaneamente), che favorisce lo sviluppo delle abilità linguistiche e sociali; attività didattiche in base alla fascia d’età; la possibilità di frequentare corsi, incontri di gruppo e consulenze individuali professionali su temi inerenti alla genitorialità e all’infanzia.
Il progetto pedagogico è incentrato principalmente sull’accoglienza, sul rispetto dei tempi di crescita e dei bisogni di ciascun bambino. Lo spazio baby dispone infatti di un ampia area esterna, dove giocare e fare attività di giardinaggio e orticoltura, e di servizi igienici adeguati all’età. Le educatrici sono professioniste laureate in ambito psico-socio-educativo e con esperienza pluriennale (il servizio rispetta i parametri di sicurezza dei nidi comunali, con un rapporto educatrice bambini di uno a sei.
Insomma, le “api” si sono autorganizzate tra mutuo aiuto e attenzioni ai più piccoli: ora l’Alveare (info@lalveare.it) compie un anno.

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La nuova era dell’accumulo domestico di elettricità

Chimiche avanzate a base di ioni di litio promettono una operatività più efficiente e una vita utile più lunga.

Spinto dalla crescente diffusione di impianti fotovoltaici residenziali, il mercato degli accumulatori domestici di elettricità – che fino all’inizio di quest’anno, quando Tesla ha annunciato la sua batteria Powerall, non attirava particolare interesse – sta crescendo notevolmente.

In occasione dell’evento Solar Power International, tenutosi ad Anaheim, una società di nome SimpliPhi Power ha presentato un sistema di batterie da destinare ad abitazioni e piccole imprese che offre una vita utile maggiore rispetto ad altre batterie agli ioni di litio e non richiede costosti sistemi di ventilazione e raffreddamento.

La società entra in gioco a poche settimane dall’introduzione di un altro impianto plug-and-play della Orison che, a differenza delle opzioni presentate da SimpliPhi e Powerall, non richiede elaborate installazioni o permessi per un allestimento domestico o nelle piccole imprese.

Orison ha avviato una campagna Kickstarter e si aspetta di avviare la vendita a partire dal 2016
Orison non ha ancora avviato le vendite: ha avviato una campagna Kickstarter per raccogliere preordini e si aspetta di avviare la vendita a partire dall’anno prossimo. Le sue innovazioni sono incentrate attorno ai sistemi di controllo e comunicazione delle batterie: è sufficiente connettere il sistema ad una presa a muro per permettere alle batterie di trasferire la corrente secondo lungo un flusso bidirezionale e caricarsi o trasferire corrente nel sistema domestico.

La crescente popolarità dei pannelli solari per abitazioni sta accrescendo l’interesse per batterie in grado di accumulare l’elettricità ricavata. In futuro, i residenti potrebbero beneficiare di sistemi del genere ed assumere un maggiore controllo sulle modalità e le tempistiche di ottenimento dell’energia, aiutando gli operatori a gestire la domanda durante il giorno e alleggerire il carico sui loro sistemi.

Per il momento, nonostante l’appariscente ingresso di Tesla nel mercato, batterie simili continuano a essere troppo care e ingombranti per la maggior parte dei clienti. SolarCity, il più grande fornitore solare negli Stati Uniti, ha cominciato a offrire un sistema combinato per la produzione e l’accumulo di energia elettrica con il Powerwall a partire dall’estate, ma il sistema è disponibile solamente per le abitazioni di nuova costruzione.

Prima ancora, la rivale SunEdison ha acquisito la Solar Grid Storage, una società specializzata nell’integrazione fra pannelli solari e sistemi di accumulo – anche se non è ancora certo cosa questa manovra comporterà per il mercato domestico.
Il traguardo finale, per alcuni utenti, sarà l’interruzione totale del collegamento alla rete elettrica
Il traguardo finale, per alcuni utenti, sarà l’interruzione totale del collegamento alla rete elettrica grazie a un numero sufficiente di pannelli solari e batterie per lo stoccaggio. Per la maggior parte delle persone, però, questo non accadrà troppo presto. “Il nostro mercato guarda alle persone che sono ancora legate alla rete, ma con una produzione ed un accumulo distribuiti è la rete a diventare la fonte di backup”, spiega la CEO di SimpliPhi Catherine Von Burg.

I prodotti della Orison utilizzeranno batterie a litio e manganese-cobalto provenienti da un fornitore che il CEO Eric Clifton non ha voluto divulgare. SimpliPhi, d’altro canto, sta utilizzando una chimica relativamente nuova e conosciuta come litio ferro fosfato. L’assenza di cobalto nel catodo rende queste batterie meno soggette alla scarsità di materiali (il cobalto è un materiale scarso e costoso) ed al surriscaldamento – un problema comune alle batterie agli ioni di litio, che hanno dimostrato una allarmante tendenza all’instabilità termica (un surriscaldamento incontrollato che può distruggere la batteria) o all’incendio.

Le batterie in litio ferro fosfato vengono utilizzate in un certo numero di applicazioni – la BAE Systems, ad esempio, produce autobus ibridi che ricorrono a questa tecnologia – ma non sono ancora stati ampiamente applicate nei sistemi di accumulo stazionari. Nei primi anni 2000, Stuart Lennox, CTO e fondatore di SimpliPhi, ha ottenuto la licenza per la tecnologia da parte del pioniere delle batterie John Goodenough.

Lo svantaggio con le batterie in litio ferro fosfato sta nella loro inferiore capacità volumetrica rispetto ad altre batterie a ioni di litio – intorno al 50 percento in meno rispetto al litio ossido di cobalto, stando allo scienziato Stanley Whittingham, direttore dell’Institute for Materials Research dell’Università di Binghamton. “Se disponete di un garage in cui riporle, allora si può fare”, dice. “Occuperà tutto lo spazio disponibile”.

I sistemi della Orison saranno disponibili a partire da $1.600 per due kilowatt-ora di energia (una comune abitazione americana consuma intorno a 30 kilowatt-ora di elettricità al giorno). Il Powerall parte invece da $3.000 per sette kilowatt-ora, abbastanza da tenere le luci accese per diverse ore, ma non da alimentare una intera abitazione per un giorno. SimpliPhi non ha ancora rilasciato i prezzi per i suoi sistemi. Per il momento resta ancora da scoprire se privati e piccole imprese saranno interessate a investire in questi sistemi di accumulo.

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Le nuove frontiere della cooperazione, dal Worker buyout ai beni confiscati

Rapporto Euricse. Sono 252 le imprese recuperate dai lavoratori costituiti in cooperative; poi ci sono quelle nate per gestire beni a favore di intere comunità di cittadini e 123 cooperative sociali impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata.
L’azienda chiude? La prendono i lavoratori. I beni comuni vengono svenduti? Li tutela la comunità. I beni vengono confiscati alla criminalità organizzata? Li gestiscono soggetti sociali. Sono le nuove sfide della cooperazione, che negli ultimi anni non solo sono cresciute in numero e portata, ma che hanno anche subìto una forte spinta innovativa. A renderne conto è l’Euricse, l’Istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale, che ha pubblicato il terzo rapporto “Economia cooperativa. Rilevanza, evoluzione e nuove frontiere della cooperazione italiana”.
In Italia nel complesso sono 67.062 le cooperative attive, che hanno generato un valore di produzione di 90,7 miliardi di euro e che hanno dato lavoro a oltre un milione di persone. In 10 anni – dal 2001 al 2011, quindi anche in piena crisi – sono aumentate del 15%. Tra queste, le cooperative sociali sono 11.264, con una crescita dell’88,5 per cento in 10 anni. Ma la vera portata innovativa sta tutta qui, nelle nuove forme cooperative che negli ultimi anni hanno preso sempre più piede in Italia. “Nuovi tipi di cooperative caratterizzate da un orientamento sociale più marcato di quelle tradizionali, orientate cioè a perseguire interessi di carattere generale, più che a risolvere un problema economico di un particolare gruppo sociale” evidenzia Euricse. E questo avviene in almeno tre ambiti: le cooperative costituite tra lavoratori per scongiurare la fine di un’azienda, quelle nate per gestire beni a favore di intere comunità di cittadini e quelle impegnate nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata.
Le cooperative tra dipendenti, worker buyout. In Italia, le prime esperienze risalgono agli anni ’80, in una fase critica per l’economia. Con la ripresa degli anni ’90 il fenomeno sembrava ridimensionato, finchè non è scoppiata la crisi. Nel complesso, le imprese recuperate dai lavoratori costituiti in cooperative sono state 252: il settore di attività prevalente è quello manifatturiero (con più del 60% dei casi). Si tratta di imprese di piccola o media dimensione, ma altamente specializzate. Delle cooperative nate a cavallo degli anni ’80 e ’90, il 36% è ancora attivo. “Dati questi che vanno valutati tenendo conto che si trattava in tutti i casi di salvare imprese in gravi difficoltà al momento della loro conversione – sottolinea Eurisce -. Questi risultati suggeriscono che, quando adottata, questa forma cooperativa è effettivamente in grado di superare situazioni di crisi e di stabilizzare e sviluppare l’attività produttiva a beneficio non solo dei soci lavoratori, ma anche del contesto socio-economico di riferimento”.
La cooperativa di comunità. Questaseconda forma di cooperativa – di cui nel rapporto Euricse non fornisce dati – è finalizzata a gestire beni o a realizzare servizi a favore dei cittadini di una determinata comunità. Ha iniziato a diffondersi negli ultimi anni ma alcune regioni hanno già approvato leggi per il loro riconoscimento e sostegno. Soprattutto perché “si è iniziato a collegare queste cooperative con la tematica dei beni comuni – anch’essa divenuta di attualità soprattutto dopo il referendum sulla privatizzazione dell’acqua – di cui potrebbero diventare un soggetto gestore” si precisa nel rapporto.
Le cooperative che gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata. Sono oltre 11 mila gli immobili – per un valore di 362 milioni di euro – e 1.700 le imprese confiscate. L’81% dei beni si trova nelle quattro regioni del Sud. Sono 448 le organizzazioni che hanno in gestione questi beni e 123 sono cooperative sociali. Di queste, il 66% opera nelle regioni meridionali. Di 75 è stato possibile ricostruire i dati economico-patrimoniali e di 85 quelli occupazionali. Il valore della produzione ne 2013 era di 130 milioni – contro i 118 del 2011 – e il capitale investito ammontava a 118 milioni. Sempre nel 2013, occupavano 4.281 lavoratori di cui il 2% con difficoltà gravi di accesso al lavoro, con una netta prevalenza di contratti a tempo indeterminato.

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Bando sulle periferie

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI SULLA PROPOSTA DEL
MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DI CONCERTO CON
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
E CON
IL MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI E DEL
TURISMO
VISTA la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)”;
VISTO, in particolare, l’articolo 1, comma 431, della citata legge n. 190 del 2014, che ha previsto che “Al fine della predisposizione del Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, di seguito denominato «Piano», i comuni elaborano progetti di riqualificazione costituiti da un insieme coordinato di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Entro il 30 novembre 2015, i comuni interessati trasmettono i progetti di cui al precedente periodo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata”;
VISTO, altresì, l’articolo 1, comma 432, della predetta legge n. 190 del 2014, che ha stabilito che “Con il decreto di cui al comma 431 sono definite, in particolare:
a) la costituzione e il funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un Comitato per la valutazione dei progetti di riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, di seguito denominato «Comitato», composto da due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui uno con funzioni di presidente, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nonché da un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli affari regionali, le autonomie e lo sport e per la programmazione e il coordinamento della politica economica,
dell’Agenzia del demanio e dell’Associazione nazionale dei comuni italiani. Ai componenti del Comitato non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese; il Comitato opera avvalendosi del supporto tecnico delle competenti strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
b) la documentazione che i comuni interessati debbono allegare ai progetti, comprendente, tra l’altro, una relazione degli interventi corredata da tavole illustrative ed elaborati tecnico- economici e dal cronoprogramma attuativo degli stessi;
c) la procedura per la presentazione dei progetti;
d) i criteri di valutazione dei progetti da parte del Comitato, tra i quali: 1) la riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale;
2) il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali ed educativi e alla promozione delle attività culturali, didattiche e sportive;
3) la tempestiva esecutività degli interventi;
4) la capacità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati.”;
VISTO che, ai sensi del predetto articolo 1, comma 433, della medesima legge n. 190 del 2014:
a) i progetti da inserire nel Piano sono selezionati sulla base dell’istruttoria svolta dal Comitato, in coerenza con i criteri di cui al comma 432, con indicazioni di priorità;
b) i progetti da inserire nel Piano, ai fini della stipulazione di convenzioni o accordi di programma con i comuni promotori dei progetti medesimi, sono individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri;
c) tali convenzioni o accordi definiscono i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere sul Fondo di cui al comma 434 e i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonché i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa;
d) i soggetti che sottoscrivono le convenzioni o gli accordi di programma si impegnano a fornire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i dati e le informazioni necessarie all’espletamento della attività di monitoraggio degli interventi;
e) l’insieme delle convenzioni e degli accordi stipulati costituisce il Piano;
VISTO che l’articolo 1, comma 434, della citata legge n.190 del 2014, stabilisce che per l’attuazione degli interventi di cui ai commi da 431 a 433, a decorrere dall’esercizio finanziario 2015 e fino al 31 dicembre 2017, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo denominato ”Somme da trasferire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la costituzione del Fondo per l’attuazione del Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate” e che, a tal fine, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2015 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017;
CONSIDERATO che, a tali fini, è stato istituito nel centro di responsabilità “8 – Pari opportunità” del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri un apposito capitolo di spesa denominato “Fondo per l’attuazione del Piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”;
CONSIDERATA, pertanto, la necessità di dare attuazione ai predetti commi da 431 a 434 del richiamato articolo 1 della citata legge n. 190 del 2014;
VISTA la nota n. _____ del _____ con la quale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso la relativa proposta;
ACQUISITA l’intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella seduta del ________;
VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 2015, con il quale al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, prof. Claudio De Vincenti, è stata delegata la firma di decreti, atti e provvedimenti di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri;
DECRETA: Art. 1
Approvazione del bando
1. Ai sensi dell’articolo 1, comma 431, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è approvato il bando allegato, con il quale sono definite: le modalità e la procedura di presentazione dei progetti, la documentazione che i comuni interessati debbono allegare ai progetti, i criteri di selezione dei progetti da parte del Comitato.
2. Il bando allegato costituisce parte integrante del presente decreto.
Art. 2
Istituzione e funzionamento del Comitato
1. Ai sensi dell’articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito un Comitato per la valutazione dei progetti di riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate, di cui ai commi da 431 a 434 della citata legge n. 190 del 2014.
2.
Il Comitato è composto da:
a) due rappresentanti del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di cui uno con funzioni di presidente. In caso di impedimento o assenza del presidente, le relative funzioni sono svolte dall’altro rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
b) due rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
c) due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze;
d) due rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
e) un rappresentante della Conferenza delle regioni e delle province autonome;
f) un rappresentante del Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli affari regionali, le autonomie e lo sport;
g) un rappresentante del Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la programmazione e il coordinamento della politica economica;
h) un rappresentante dell’Agenzia del demanio;
i) un rappresentante dell’Associazione nazionale dei comuni italiani.
3. La nomina dei componenti del Comitato avviene dopo il termine ultimo di presentazione dei progetti. Per ciascuno dei componenti effettivi può essere designato un componente supplente. Si

applicano le speciali disposizioni in materia di incompatibilità e inconferibilità degli incarichi.
4. Il Comitato ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le pari
opportunità.
5. Il Comitato viene convocato dal suo presidente e opera con la presenza di tutti i suoi componenti. Il presidente convoca la prima seduta entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande. Nella prima seduta sono definite le modalità operative di funzionamento del Comitato stesso, nonché gli ulteriori criteri di valutazione dei progetti.
6. Le decisioni sulle valutazioni sono espresse, di regola, all’unanimità. Ove questa non sia raggiunta, l’assenso è espresso dalla maggioranza dei membri.
7. Il Comitato dura in carica fino al completo espletamento della procedura di valutazione dei progetti.
8. Ai fini delle attività connesse alla valutazione dei progetti, il Comitato si avvale del supporto di una segreteria tecnica, che opera presso il Dipartimento per le pari opportunità, composta da personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in un numero di componenti non superiore a dieci unità, senza ricorrere a modalità di distacco o comando comunque denominate. Il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti mantiene la dipendenza funzionale e il trattamento economico complessivo percepito dall’Amministrazione di appartenenza.
9. I componenti del Comitato e della segreteria tecnica sono individuati con decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, su designazione delle amministrazioni o degli enti interessati.
10. Per attività di supporto e di assistenza gestionale alle attività successive alla valutazione dei progetti, il Dipartimento per le pari opportunità può stipulare convenzioni ed accordi con enti pubblici e privati, nell’ambito delle disponibilità finanziarie esistenti.
11. Ai componenti del Comitato e della segreteria tecnica non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese.
Art. 3
Modalità di individuazione dei progetti

1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati i progetti ai fini della stipulazione di convenzioni o accordi di programma con i soggetti promotori dei progetti medesimi.
2. Tali convenzioni o accordi di programma definiscono i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti, l’ammontare complessivo delle risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere sul Fondo di cui all’articolo 1, comma 434, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonché i criteri e le modalità per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa.
3. Con le medesime convenzioni o accordi di programma vengono definite le modalità necessarie all’espletamento della attività di monitoraggio degli interventi, ai sensi dell’articolo 1, comma 433, della legge n. 190 del 2014
4. La mancata stipula delle convenzioni o degli accordi di programma, per cause imputabili ai soggetti promotori dei progetti, comporta l’esclusione del progetto e l’individuazione di altro progetto beneficiario secondo il punteggio ottenuto e compatibilmente con le risorse disponibili.
5. Ai sensi dell’articolo 1, comma 433 della citata legge n. 190 del 2014, l’insieme delle convenzioni o degli accordi di programma stipulati costituisce il Piano.
Art. 4
Finanziabilità degli interventi
1. Le convenzioni o gli accordi di programma, contenenti gli interventi, costituenti il Piano sono finanziati, in ordine di punteggio decrescente ottenuto, fino al limite di capienza annuale delle risorse finanziarie disponibili per ciascun esercizio finanziario 2015, 2016 e 2017. Ai fini del computo delle risorse disponibili per ciascun anno si tiene conto delle risorse finanziarie indicate nel cronoprogramma per ciascun anno, al netto delle risorse provenienti da enti pubblici o privati, e nei limiti delle somme indicate per ciascun anno nel quadro economico, entrambi allegati al progetto. Non sono ammesse richieste di finanziamento aggiuntive.
2. Le convenzioni e gli accordi di programma determinano le modalità e gli adempimenti amministrativi necessari per l’erogazione delle singole quote di finanziamento del progetto, in coerenza con il quadro economico presentato. In ogni caso, non possono essere erogate quote di finanziamento prima dell’avvio dell’esecuzione degli interventi o dell’attivazione dei servizi.
Il presente decreto e l’allegato bando sono sottoposti alla registrazione dei competenti organi di controllo e sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, ………………..
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
IL MINISTRO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO