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Realtà delle periferie romane: Colle Salario, “la piccola New York” in crisi

Ci sono periferie e periferie, come ci sono topi e topi: i topi di città e i topi di campagna della favola di Esopo e i topi di Tor Bella Monaca, dove Virginia Raggi è andata a vedere come i bambini imparano l’aritmetica non col pallottoliere ma contando i topi che razzolano nel pattume del degrado.

Si può discutere su quanto sia ormai improprio parlare di periferie, ora che le città si sono talmente allargate da formare un unicum con le appendici urbane più distanti dal centro storico. Parliamo di Colle Salario, quartiere dall’estrazione sociale più eterogenea, dove i problemi si presentano all’ordine del giorno come in ogni tessuto urbano, dove non mancano gli incapienti supportati dalla parrocchia, ma dove l’iniziativa dei privati cittadini riesce a mantenere una situazione quanto più decorosa dell’abitato interno ed esterno e far giocare i suoi bambini coi topi di peluche.

Qui il verde lussureggiante della vegetazione – dai pini ai salici piangenti, ai folti cespugli di oleandri che dal bianco esplodono nelle gradazioni più vivide del rosa e del rosso – mitiga il rigore verticale del cemento per l’ alto grado di umidità esalante dal Tevere di sotto che gli fa da corona e sentinella.

La piccola New York

Questo nucleo abitativo, sorto sopra Fidene da una trentina di anni, col suo skyline di grattacieli non può non attirare l’attenzione di chi si trova a circolare a nord est del raccordo. E, non a caso, l’orgoglio popolare dei suoi primi residenti volle denominarlo abbastanza pomposamente “la piccola New York”.

Oggi, il Colle è luogo di continuo smistamento del traffico proveniente dall’anulare verso i quartieri limitrofi del Nuovo Salario, Talenti, Nomentano, Monte Sacro, Prati Fiscali e, considerato lo sviluppo demografico registrato negli ultimi decenni, si è visto accrescere di numerose attività appartenenti ad ogni categoria commerciale nonché dei servizi sociali più strettamente necessari.

Tempo di crisi

Gli anni della crisi, però, si fanno sentire e ad oggi tante sono le saracinesche di negozi che si sono abbassate non potendo più sostenere l’onerosità dei canoni d’affitto. Ha chiuso già da alcuni anni per fallimento lo storico supermercato “Sidis” rimpiazzato dal mastodontico “Castoro” che, alla base del Colle, costringe gli abitanti più anziani senza automobile a un assai faticoso saliscendi dall’autobus (che passa ogni venti minuti se va bene) o ad inerpicarsi in salita con il carrello della spesa.

Fasti e nefasti dell’edilizia pubblica e privata

Il quartiere nacque per la maggior parte come monopolio immobiliare dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari), poi trasformato in ATER (Azienda Territoriale Edilizia Residenziale), con a fianco iniziative di Enti e Gruppi immobiliari privati che vanno a coprire l’ area soprastante di Via Monte Giberto fino al “Parco delle Sabine”, ampio territorio in mano ad una sfrenata speculazione edilizia pronta a cavalcare le necessità dei più giovani nuclei familiari in cerca di soluzioni abitative.
periferie
Veduta parziale del Parco delle Sabine

Va detto che l’ATER sta presentando negli ultimi anni tutte le sue criticità per una gestione non esattamente oculata, con il rischio sempre alle porte di fallimento per i miliardi di debiti contratti nei confronti del Comune. Attualmente l’Azienda è sotto commissariamento, laddove l’unica soluzione di salvataggio appare quella del taglio dei costi di gestione – già da anni ai minimi storici a nocumento degli inquilini regolarmente paganti – rivoluzionando altresì i sistemi di assegnazione degli alloggi in un “bando unico” onde contrastare il fenomeno ormai diffuso delle occupazioni abusive, effetto della endemica lentezza nelle assegnazioni.

Il Comune, da parte sua, ha lasciato i marciapiedi del quartiere pressoché impraticabili, pieni di crepe o avvallamenti causati dalle radici degli alberi, provocando in tal modo facili cadute con conseguenze anche gravi e continue cause legali a scopo risarcitorio.

Terreno fertile per la politica: pre-elezioni con panini e porchetta

Alle ultime consultazioni elettorali per la nomina della nuova giunta municipale, Colle Salario ha visto susseguirsi un andazzo di personaggi della politica, a cominciare – e ci sembra utile l’annotazione postuma – dall’entourage di Alfio Marchini. Il bell’Alfio (che non si è fatto ammirare di persona, né con l’utilitaria di lavoro e né, bontà sua, con la sua Ferrari grigia), si era premurato di disporre per gli abitanti del Colle una merenda a base di pane e porchetta. Ci risulta che in molti hanno… abboccato, ma il bel ferrarista non ce l’ha fatta.

Anche il giovane Paolo Marchionne (presidente uscente Pd del III Municipio- ex IV, cui appartengono Colle Salario-Fidene), si è dato da fare in vista della tornata elettorale del 5 giugno per l’apertura del cavalcavia ferroviario che da Fidene porta a Villa Spada e i cui lavori, iniziati nel 2013, erano rimasti bloccati per pastoie tecniche e burocratiche. Già prima dell’apertura del cavalcavia, venne effettuata la sua… inaugurazione nell’autunno 2015 alla presenza del ex sindaco Marino (sic!).

Ma anche Marchionne si è visto surclassare dall’avanzata dei Pentastellati nella persona della giovane Roberta Capoccioni, la quale già viene fatta bersaglio di critiche per una certa propensione al gusto della “parentopoli” nelle nomine della nuova Giunta. Ma se gli amici degli amici e i parenti dei parenti sono bravissimi, allora… “Fiat Giunta Tua”.

Non va sottaciuta una nuova e particolare presenza nel quartiere, quella di Casa Pound, insediata a Colle Salario ad inizio 2016 dopo aver vinto un bando di concorso Ater: blindato – ci dicono – il giorno dell’inaugurazione della nuova sede a un tiro di schioppo dalla palestra popolare, regno dell’occupazione “rossa”. Ma il forzato connubio pare non abbia destato problemi di sorta, secondo le dichiarazioni dei responsabili tartarugati di volersi mantenere come “alternativa politica”. Mutatis mutandis, la loro azione nel quartiere si sta muovendo nel campo sociale con l’offerta agli inquilini Ater di assistenza legale gratuita per la soluzione dei loro problemi. Pare che si siano anche adoperati come volontari muniti di ramazza per la pulizia dei giardini nel limitrofo Parco delle Sabine sopra citato. Considerati certi loro pregressi di esecrante estremismo politico, non si sa quanti proseliti riescano a fare sul Colle, ma sicuramente tutti coloro che non si sentono protetti nel decadimento di un patrimonio immobiliare pubblico, unica ricchezza popolare.

Ci si augura che il nuovo Sindaco di Roma riesca dal Campidoglio a mantenere un vigile e costante controllo sulle neo- governance municipali, finora affidate alle cricche di quanti hanno fatto il bello e il cattivo tempo.

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Vivere 10 giorni con 150 euro

Due imprenditori «diventano» poveri In «Secret Millionaire» due manager di successo traslocano per 10 giorni in quartieri disagiati e provano a vivere con un budget molto ristretto: Su Italia 1 dal 14 luglio.
Quando il tuo hobby è collezionare orologi o auto sportive, può capitare di non avere ben presente cosa significhi vivere in una situazione di disagio. Quando abiti in un bel appartamento del centro, succede che non sia sempre chiarissimo capire come possono essere quelli delle periferie più degradate. Quando si è abituati a mangiare in ristoranti stellati, non sempre ci si rende conto di cosa vuol dire mettersi in coda in una mensa per poveri o cercare qualcosa direttamente nei cassonetti. Eppure le esistenze di persone che appartengono a mondi tanto diversi si sfiorano ogni giorno, il più delle volte senza entrare mai veramente in contatto, senza andare mai oltre qualche sguardo di sfuggita, spesso carico di paure e pregiudizi. «Secret Millionaire», il nuovo programma in onda su Italia 1 a partire dal 14 luglio, ha cercato di azzerare questa distanza. Per farlo, ha scelto due imprenditori molto ricchi e li ha fatti vivere per dieci giorni come fossero persone in difficoltà: per loro soltanto un tetto fatiscente, e 150 euro in tutto, 15 al giorno.

Uno dei due imprenditori è Fabrizio Rigolio, 41enne di Gallarate, amministratore delegato di un’azienda di accessori per moto. L’altro è Armando Saggese, titolare di un’azienda di abbigliamento, ha un centinaio di negozi. Ha accettato di cambiare la sua identità per questa trasmissione «per vedere come potrei essere io in altre condizioni». Le altre condizioni si sono rivelate essere un appartamento con le sbarre alle finestre all’interno del Corviale, un ammasso di cemento, carcasse di auto bruciate e case occupate, simbolo del fallimento dell’edilizia popolare a Roma. Vedendo l’imprenditore entrare in quell’alloggio spoglio e degradato viene automatico pensare: è tutto finto. «Non è così — spiega —. È stata un’esperienza molto impegnativa dal punto di vista emotivo, mi ha segnato. Davo per scontata la mia normalità e rendermi conto di come possono vivere altre persone mi ha aperto gli occhi».

Non è stato semplice: «La prima notte in cui ho dovuto dormire, solo, in quell’appartamento, ho avuto paura. Tanta paura. Ho saputo che sarei dovuto stare per dieci giorni al Corviale solo quando ho aperto la busta durante il programma, quelli del programma non mi avevano preparato prima. E la notte nessuno è rimasto con me, assolutamente nessuno. Mi sono chiuso dentro con il lucchetto e ogni rumore mi spaventava». All’interno di quel contesto degradato, fingendosi un disoccupato, Saggese ha conosciuto diverse persone. «Gente che non ha nulla e che non si tira indietro se può offrirti un piatto di pasta. Non hanno quasi niente, ma quel poco lo condividono anche con uno sconosciuto». Sentimenti ben diversi rispetto a quelli a cui è più solito. «Più si ha e più si è invidiosi di quello che possiedono gli altri. Conoscere queste persone è stata una lezione».

Non se lo aspettava quando la tv lo ha cercato. «Mi avevano detto che stavano contattando degli imprenditori di successo e mi sono fatto incuriosire. Per fortuna». Perché attraverso il docu-reality ha incontrato non solo chi vive con poco o nulla, ma anche chi ha scelto di dedicare la sua vita agli altri. Fingendosi una persona con molto tempo libero a disposizione, ha dato così una mano a un parroco che aiuta i più poveri e alla titolare di un gruppo di volontariato. Ha poi parlato con chi non ha nulla, ha servito alle mense dove si rivolge chi non ha soldi per sfamarsi e ha distribuito vestiti e sacchi a pelo usati a chi ne aveva bisogno.

«La differenza tra me e chi ho conosciuto è solo l’occasione di potersi esprimere», racconta lui, che al termine della trasmissione ha aiutato economicamente molte delle persone che ha incontrato e con cui, a distanza di qualche mese, è ancora in contatto. «Se mettiamo tutto sulla bilancia, non so chi ha dato di più all’altro. Da questa esperienza, quello che ne esce davvero arricchito sono io».

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Corviale a Roma: l’utopia della città in un palazzo

Nato dall’idea socialista, per molti è un mostro, ma gli abitanti hanno imparato a volergli bene.
Completato nel 1982 e firmato dall’architetto Mario Fiorentino, a un anno dall’inaugurazione Corviale era già considerato un lager. Ma nonostante l’isolamento dalla città e il degrado, la gente del posto sta scoprendo un sentimento di orgoglio e porta avanti iniziative sociali e culturali.

“E ce vengheno pe’ fame da lontano perché Roma vole dì la capitale, ma in borgata, questa strada ch’è ‘n’imbuto, Roma vole dì sortanto: Sei fottuto. Sei fottuto, eppure tocca tirà avanti e li giorni te li fanno co lo stampo e la sera compri ‘n etto de castagne, te metti a sede e te ritrovi a piagne. Ma che razza de città, ma che razza de città!”.
Testo e musica di Gianni Nebbiosi, 1972

Corviale rappresentò, alla fine degli anni Settanta del Novecento, il più ambizioso progetto architettonico dell’Istituto Case popolari che con esso doveva dare forma, segno e sostanza all’utopia razionalista dell’architetto e urbanista svizzero Le Corbusier.

Dal progetto alla realizzazione passarono più di 10 anni e venne firmato dall’architetto Mario Fiorentino (1918-1982) noto per aver disegnato, sempre a Roma, tra gli altri progetti, il mausoleo dei martiri delle Fosse Ardeatine e per aver costruito insieme a Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi il quartiere INA Casa al Tiburtino.

Nel 1962 il Parlamento italiano aveva approvato la legge 167 per reperire terreni accessibili all’edilizia popolare; nello stesso anno il Comune di Roma varava il Piano Regolatore Generale. Una delle sue finalità era la riqualificazione delle aree degradate e il recupero degli insediamenti abusivi. All’interno di questo progetto si inseriscono i piani di edilizia economica e popolare, approvati nel 1964 sulla base della Legge 167/62. Le aree 167 sono stanziate all’interno o ai bordi della fascia periferica.

Fiorentino si ispira ad altri progetti: primo fra tutto il Karl Marx-Hof a Vienna, gli studi di Le Corbusier per Algeri, fino ad alcune realizzazioni di Bruno Taut.

Le prime assegnazioni degli appartamenti vennero effettuate nel 1982, ma, già un anno dopo, iniziarono le occupazioni abusive nei quarti piani non ancora completati e non destinati dal progetto originario ad abitazioni perché vi avrebbero dovuto trovare spazio circoli culturali e ricreativi, servizi per la cittadinanza, biblioteche ecc.

Ed è subito lager

Già nel 1983 esce il film Sfrattato cerca casa equo canone (diretto da Pier Francesco Pingitore) in cui l’attore Pippo Franco viene truffato da un impiegato dell’Istituto case popolari. Nel film già si parla di Corviale come lager e come luogo abbandonato: era passato appena un anno dall’inaugurazione.

Per molti anni Corviale è stato sinonimo di degrado e il segno architettonico lasciato da Fiorentino è stato paragonato dai media a un carcere, un lager e così via, tanto da attribuirgli due leggende metropolitane, una associata al palazzo, una all’architetto. La prima leggenda vede nella costruzione del Corviale la cessazione dello spirare della brezza proveniente dal mar Tirreno che rendeva fresche le sere d’estate a Roma: la mitica scomparsa del Ponentino, vento termico a regime di brezza che, a sera in primavera ed estate, spira da ovest sulle coste tirreniche dell’Italia Centrale.

La seconda leggenda, vede Mario Fiorentino suicida per i sensi di colpa dopo essersi reso conto di aver costruito tanta bruttezza. In realtà morì nel 1982 per arresto cardio-circolatorio durante una riunione carica di tensione sul progetto Corviale, con colleghi architetti e rappresentanti dell’amministrazione comunale.

Segno abitato

Sul degrado di Corviale, sulla sua rinascita, su fantomatiche proposte di abbattimento si sono versati fiumi di inchiostro ed il chilometro come spesso viene definito (attributo forse più appropriato dell’incomprensibile serpentone dato che l’edificio si staglia lungo una linea dritta che tutto fa pensare tranne che alle linee flessuose di un serpente) è stato, nel corso di trenta anni, passerella di politici e oggetto di studi internazionali in diverse discipline, dall’urbanistica all’architettura, alla sociologia fino a forme di interessante sperimentazione artistica.

Nonostante proposte di abbattimento e di abbellimento, Corviale è ancora lì, identico a come venne costruito ma trasformato nel tempo da segno architettonico a segno abitato, pulsante di vita e di istanze di partecipazione comunitaria. Ma allo stesso tempo Corviale è un monolite che non dialoga con la città, soprattutto perché i servizi che da progetto originario avrebbero dovuto trovare spazio nel complesso, sono invece fuori, te li devi andare a cercare e i mezzi pubblici, se pur notevolmente potenziati, nel fine settimana latitano.

Secondo alcune interpretazioni, esso rappresenta il fallimento dell’idea socialista, l’utopia del Falansterio, ovvero la materializzazione dell’idea del filosofo francese del XIX secolo Charles Fourier di creare una comunità egualitaria e autosufficiente come una città. Corviale oggi è un manufatto, per dirla in termini architettonici, o è un quartiere, in termini più sociologici che urbanistici? È un luogo oppure un oggetto poggiato come un enorme pezzo di Lego su una parte di quella campagna romana ritratta con romantica dovizia da Ettore Roesel Franz a metà Ottocento?

Gli abitanti, nel corso del tempo, hanno imparato a volere bene a Corviale, hanno acquisito sempre più una nuova coscienza e stanno scoprendo un sentimento di orgoglio.

Soprattutto, nel tempo si è iniziato a parlare di Quadrante Corviale perché il palazzo in fondo non è che uno degli elementi di un territorio molto vasto di circa 774 ettari, ricco di parchi, attrezzature sportive uniche a Roma (come la palestra di rugby), contenitori di arte contemporanea. Nel mese di novembre 2012, dopo trentacinque anni dalla costruzione, si è tenuto un convegno a Roma organizzato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e si è dato vita ad un partenariato di associazioni locali denominato Corviale Domani.

Monumentale mostro

Considerato da alcuni un “mostro” e da altri un monumento della Roma contemporanea, Corviale è un complesso di 958 metri di lunghezza, 200 metri di spessore, 30 metri di altezza divisi in nove piani il tutto per un totale di 750.000 metri cubi di cemento, su di un’area edificabile di circa 60 ettari; dentro quello che è uno dei più grandi parallelepipedi del mondo, ci sono 1.202 appartamenti dove vivono circa “8.500 vicini di casa”.

Quando conduco qui le incursioni urbane della mia associazione Ottavo Colle la prima cosa che si nota è l’estremo silenzio. Uno psichiatra della ASL locale, Antonello d’Elia, ha studiato questo silenzio correlandolo al senso di abbandono e all’assenza di una idea di città intesa come comunità, relazioni, strade e spazi.

Nessuno sa con esattezza quanti siano i residenti perché molti sono tutt’ora abusivi e l’ATER, che è proprietario dell’edificio, fatica a riscuotere gli affitti e a procedere al censimento. L’utopia di cui è stato vittima Corviale, realizzata dal team capitanato dall’architetto Fiorentini, ha in Le Corbusier e nella sua idea di città radiosa e città verticale la paternità. In questa città verticale la densità di popolazione sarebbe stata altissima, circa 3.000 abitanti per ettaro e questo avrebbe favorito l’instaurarsi di legami comunitari e solidaristici.

Nel 1972, nella relazione finale del progetto, Fiorentino scrive di essersi ispirato agli acquedotti romani per lo stagliarsi di questo enorme manufatto nella Valle dei Casali – si colloca infatti in una parte vasta di quello che resta della campagna romana: “Il progetto nacque da un’idea ispirata alla storia ed alle immagini di Roma e del suo territorio. Questo presentarsi dell’edificio, così perentorio, e solo nel paesaggio della campagna, su un costone emergente e questo suo proporsi nel paesaggio anche da grandi distanze alto sulla valle del Tevere e sulle colline, richiama alla memoria gli acquedotti e i grandi ruderi del paesaggio romano, un tempo soli e grandiosi, così come ci appaiono nei più ampi spazi delle incisioni della città e della campagna romana”.

Una volta era tutta campagna

Oggi, a dare vita a questo monumento al Novecento ci sono tante realtà associative che resistono. Come il Mitreo Iside, uno spazio polifunzionale che, solo grazie alla determinazione e al coraggio di Monica Melani, artista e promotrice culturale di questo luogo, è stato recuperato da uno dei tanti spazi comunali e dell’Ater rimasti vuoti e abbandonati per anni. L’artista Monica Melani, vera e propria pioniera in questo quartiere, così ricorda Corviale quando nel 1968 vi si trasferì con i genitori dal quartiere Marconi: “Una immensa area verde con pochi casali sparsi, boschi di eucaliptus, campi di grano, viali di ciliegi ed aree sterrate adibite a campetti da calcio animati da gruppi di bambini e ragazzi fino al tramonto. Una realtà, anche relazionale, più rurale che cittadina. Il muretto, dove da ragazzi ci riunivamo, era proprio all’angolo tra via Casetta Mattei e via di Poggio Verde, la strada/cantiere rimasta poi chiusa per circa un decennio durante la costruzione del chilometro, e che nei primi anni dell’occupazione era diventata, insieme a via Mazzacurati, dove è ora Il Mitreo, estremamente pericolosa, con insediamenti abusivi e criminalità diffusa, tanto che gli abitanti delle aree vicine, evitavano di passarci, condannando Corviale all’isolamento dal resto del territorio”.

Con l’isolamento venne quell’identità specifica che Corviale conserva ancora oggi: “Un periodo iniziale difficile – continua Monica Melani – generazioni decimate dall’eroina, come peraltro in tutta Italia, ma anche costellato dalle tante battaglie di cittadini che non si sono arresi, ed in virtù degli anticorpi sviluppati hanno chiesto con forza, ed in parte ottenuto, pari diritti e dignità, avviando un lento ma inesorabile, ed oggi potremmo dire inarrestabile e straordinario cambiamento. Un grido, uno strappo che in tanti abbiamo avvertito e a cui abbiamo risposto mettendoci il cuore, coltivando il sogno, con passione ed instancabile quotidiano impegno, di creare insieme una migliore e sostenibile qualità di vita per questo territorio così ricco di potenzialità e talenti”.

Moltiplicatore di cultura

Il Mitreo – Arte Contemporanea, coraggioso recupero e riuso di uno spazio pubblico di circa 800 metri quadrati, abbandonato da oltre vent’anni, nasce con questo intento e per contribuire a rimettere al centro della contemporaneità il valore sociale e propulsivo dell’arte.
Corviale

Uno degli spazi del Mitreo – Arte Contempranea

Attivo dal 2007, ha attratto competenze, energie, risorse, imprese, associazioni e singoli cittadini, fungendo da moltiplicatore di cultura, relazioni, scambio e condivisione, suggerendo collaborazioni, regalando fiducia, prendendosi cura di sogni e bisogni, facilitando contaminazioni virtuose e sviluppando reti di relazioni durevoli come il coordinamento Corviale Domani, un partenariato locale ispirato e reso possibile dall’instancabile Presidente dell’Associazione Pino Galeota, il cui progetto, riconosciuto nel 2012 di interesse Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali, attraverso un protocollo di intesa con i Municipi XI e XII e l’Università di Roma La Sapienza, ha dato il via ad una ricerca e confronto che ha coinvolto l’intera comunità fino alla realizzazione delle linee guida per il Concorso Internazionale di Architettura, indetto dalla Regione Lazio nel 2015, per la Rigenerazione di Corviale e del suo territorio.

“Sono anni che mi occupo come abitante, cittadino e poi amministratore, di Corviale – spiega Pino Galeota – Numerosi sono stati i laboratori, i seminari, gli incontri, le pubblicazioni, le collaborazioni e riconoscimenti che ne hanno segnato il cammino del progetto Rigenerare Corviale. Obiettivi strategici riguardano la realizzazione di interventi materiali e immateriali per promuovere beni relazionali e profitti sociali (cultura, sport, socialità) come veicolo di benessere, inclusione sociale e sviluppo economico accompagnato dal terzo settore e le imprese sociali”.
Vivaio d’arte

Negli ultimi mesi un gruppo di artisti, tra cui Mimmo Rubino e Angelo Sabatiello, sta portando avanti il progetto di arte pubblica L’albergo delle Piante: Tutto nasce circa un anno fa quando, sotto la supervisione della psicologa dell’ASL locale, Ester Stocco, alcuni ragazzi del Centro Di Aggregazione Giovanile iniziarono a portate delle piante in uno dei cinque spazi-cavea di Corviale, pensati inizialmente nel progetto come “spazi assembleari dei cittadini”, dove gli abitanti avrebbero dovuto riunirsi. Sono tutti abbandonati e non utilizzati, tranne questo dove, gradualmente, le persone stanno portando delle piante collocandole sui gradoni e prendendosene cura.

Rubino tiene a precisare che si tratta di un progetto artistico e che l’arte è nella relazione che si crea tra chi e da chi partecipa alla costruzione di questo vivaio urbano. La pianta diventa un medium per l’identità del luogo che volutamente gli artisti hanno lasciato come è, grigio e con tag qui e là sui muri. Né raccolgono gli inviti a pulire o a trasformare il luogo. Questi artisti non credono che Corviale debba trasformarsi in qualcosa d’altro per migliorare ma che possa trovare dentro di sé la capacità di affermarsi come comunità urbana.

Una radio nella notte

Un’altra realtà nata recentemente è Radio Impegno come diretta streaming notturna dal Campo dei Miracoli di Corviale. Il Campo dei Miracoli è la prima sede di Calciosociale in Italia. Il Calciosociale è una nuova tipologia di calcio: aperta a tutti e basata su regole fuori dalla logica comune e dallo straordinario impatto sociale. L’obiettivo è creare un modello di società più giusto e coeso trasformando i campi di calcio in palestre di vita dove l’integrazione avviene quando le persone disagiate entrano a diretto contatto con persone normodotate. Si distingue per essere un centro polifunzionale innovativo, ricostruito secondo le migliori soluzioni di Bioarchitettura ed è riconosciuto come il primo esperimento di Architettura Sociale in una periferia romana. La sua sede è a Corviale, nel Municipio XI.

Alcuni mesi fa è stato oggetto di incendio doloso. Radio Impegno è nata anche per dare spazio alla voce del quartiere e per mostrare che anche di notte c’è una presenza attiva. Gli obiettivi dei curatori sono quelli di custodire il Campo dei Miracoli, bene simbolo della rinascita di un quartiere, costruire una rete di tutti quei soggetti impegnati a diffondere la cultura della legalità, costruire una rete di associazioni e cittadini impegnati sui temi dell’ambiente, della cultura, dell’informazione, dei diritti civili e della povertà. Ma anche quello di denunciare le piccole e grandi prepotenze della criminalità e stimolare la partecipazione e l’impegno della gente comune alla vita sociale e politica della città. Un’altra realtà made in Corviale per questo quartiere/città ancora in attesa di aprire un dialogo con Roma. Ce la stanno mettendo tutta e i risultati arriveranno.

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Boldrini riceve delegazione cittadini Corviale: parlerò con Raggi

Ho chiesto anche a Gabrielli di garantire presidio di sicurezza.
“Una volta che la Giunta capitolina sarà stata composta, chiamerò la sindaca Virginia Raggi per passare anche a lei le richieste degli abitanti di Corviale”. Lo ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini al termine dell’incontro a Montecitorio con alcune famiglie e ragazzi della periferia romana.

Boldrini spiega come oggi “sia stata mantenuta una promessa fatta in occasione della sua visita” a Corviale il 6 maggio scorso e dice di essere felice che le famiglie abbiano accettato di venire a Montecitorio: “Nelle grandi città la maggioranza delle persone vive in periferia e dunque la loro riqualificazione è un tema nazionale e non solo locale. Le diseguaglianze aumentano e bisogna individuare politiche per ridurre questa forbice, che è il segno che questa democrazia non sta bene”.

La Presidente della Camera ha fatto da ‘guida’ ai ragazzi e ragazze della periferia romana in Transatlantico e nell’Aula di Montecitorio e ha sottolineato più volte l’importanza del Parlamento, la sua storia e in cui ha anche spiegato l’andamento dei lavori parlamentari. Quindi ha ricordato che a maggio i cittadini di Corviale le abbiano “affidato alcune richieste, tra cui quella per un presidio di sicurezza. Ho già incontrato il prefetto Gabrielli, che ora sta valutando un intervento. Questi cittadini devono poter ottenere quello che chiedono: le istituzioni non possono deludere e devono uscire dal Palazzo. Altrimenti resta lo spaccio, la strada”, ha concluso.

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Ostia, inaugurata la pista di atletica al Giannattasio

È stata inaugurata la pista di atletica dello stadio Giannattasio di Ostia.

L’impianto sportivo è candidato ad ospitare le Olimpiadi del 2024 ed “è la prima opera realizzata con contributo governativo” ha detto Malagò.

Oltre al presidente del Coni era presente il sottosegretario di Stato Luca Lotti e il vicesindaco di Roma con delega allo sport, Daniele Frongia.

A Roma l’altro intervento riguarda la realizzazione del palazzetto di Corviale.

“Sono due zone, Ostia e Corviale, molto complicate, dove c’è un altissimo tasso demografico e molta fame di sport. Il Coni ci ha messo la faccia scegliendo questa struttura ad Ostia e quella a Corviale, sono scelte molto importanti” ha aggiunto Malagò.

“Credo che lo sport sia la medicina migliore per risolvere i problemi. Ora bisogna bandire la nuova gara per le infrastrutture, per spogliatoi e servizi”ha aggiunto il presidente del Coni.

Presente anche il presidente del Comitato Paralimpico Luca Pancalli.

“È un giorno importante, era una promessa che il nostro governo aveva fatto – ha sottolineato il sottosegretario di Stato Lotti – Avevamo lanciato una sfida: 100 milioni di euro per le periferie e lo sport e ora si iniziano a raccogliere i primi frutti anche se c’è ancora molto lavoro da fare”.

Il vicesindaco di Roma ha detto: “Siamo contenti di esserci oggi per l’inaugurazione della nuova pista Giannattasio. Questa giornata per noi è molto importante, è una risposta in un territorio che è stato sciolto per mafia: il valore dello sport è esattamente questo, riqualificare l’ordinario e dare risposte concrete ai cittadini”.

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Le periferie al centro, per far ripartire Roma

Paolo Berdini sarà il prossimo assessore all’Urbanistica di Roma. Un tecnico, con una storia a sinistra, scelto da Virginia Raggi in uno dei ruoli chiame per la sua amministrazione. Un nome di alto profilo per uno dei compiti più complicati per il rilancio della capitale. Come per il neosindaco di Milano Beppe Sala, la parola chiave è per il suo assessorato sarà “periferie”: da lì si deve ripartire. A differenza del primo sindaco di Milano, però, Berdini dell’argomento si occupa da tutta una vita. “Ma va bene, l’importante è rimettere al centro le periferie”. Se la Città eterna è arrivata a questo scempio, la colpa è’ dell’”ubriacatura da mattone facile”, che ha espanso le città all’inverosimile, distruggendo le strutture sociali e il welfare di prossimità. Come fermare questa deriva?

“Questa congiuntura economica aiuta un po’ a raggiungere l’obiettivo di bloccare quest’espansione urbanistica – risponde – costata anni di emarginazione sociale. Non sono contro il fatto che le città cambino: le città nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento sono cambiate dando però un servizio ai cittadini. Oggi noi stiamo costruendo periferie devastanti dove non c’è più alcun servizio, né alcun senso comunità. Credo sia un grande obiettivo risanre le periferie. E risanaree le periferie significa non far più crescere le città”.

È sempre stato un avversario del Piano regolatore che ha visto la luce nel 2008. Ci spiega perché?

“Perché il piano era basato su ubriacatura da mattone facile che ci veniva dagli Stati Uniti e dalle politiche liberiste. Gli Usa sono stati il faro di queste politiche da indebitamento delle famiglie per comprarsi un’altra casa. Dal 2008, guarda caso l’anno dell’approvazione del piano regolatore di Roma, questa finzione è crollata e con essa queste politiche scellerate. Tutto questo è legato alla più grave crisi del sistema capitalistico, più grave anche della crisi del ’29. Dunque bisogna pensare che quel piano scellerato pensato sull’efferscenza del mattone sia arrivato alla consunzione per sua stessa natura, se posso dire. Qui c’è un ragionamento a mio avviso molto interessante di come ricostruiamo le basi non solo di Roma, ma del sistema produttivo dell’Italia intera disancorandolo dalla speculazione immobilare”.

Il tema delle periferie è centrale, non solo a Roma, ma anche a Milano, stando alle parole del neosindaco Sala. Perché si insiste così tanto?

“Il tema è centrale e sono contento che lo dica anche Sala. Forse poteva avere il coraggio di dire che costruire la sede di Expo in espansione rispetto ad una città che ha già problemi urbanistici è stato un grande errore. Però va bene, oggi rimettiamo al centro le periferie. Sono centrali perché è lì che si concentra la sofferneza sociale. Con questa visione della città e delle periferie stiamo disarticolando la struttura della società che prima teneva un po’ tutti attraverso le forme del welfare. Mi sembra che rimettere al centro le periferie sia uno strardinario elemento che può aiutare un’evoluzione culturale del sistema Italia”.

Concretamente come intende agire per affrontare i problemi delle periferie romane?

“Il cardine del ragionamento è che bisogna accorciare le distanze tra centro e periferia. Accorciare le distanze in senso metaforico, avvicinandole ad esempio attraverso sistemi di trasporto su rotaia che a Milano esistono in grande quantità e sono molto efficienti ma a Roma non esistono. Dopodiché bisogna fare blocco per ricostruire il welfare urbano. Non possiamo non fare niente in periferia perché non abbiamo soldi. I soldi vanno tolti, come dice la campagna Sbilanciamoci, da altre poste di bilancio che non servono a nulla. Bisogna investire su inclusione sociale e cultura per i giovani”.

L’elemento centrale nella campagna elettorale è stato il tema delle Olimpiadi. È evidente che se dovessero farsi avranno un impatto significativo anche sul piano urbanistico. Si è già dichiarato contrario al villaggio per gli atleti a Tor Vergata e ora si vedrà se proeseguire con la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Che valutazione fa di questa partita? Come pensa di gestire impatto urbanistico?

“Bella domanda. Intanto diciamo che il nuovo sindaco Virginia Raggi aveva detto con molta nettezza che avrebbe ridiscusso la partecipazione di Roma. Dopodiché se si facessero, ci sono modelli postivi da seguire. Si prenda Barcellona ’92: hanno costruito una serie di impianti in periferia che sono rimasti alla città. Non è la stessa esperienza di Torino dove abbiamo costruito cattendrali in montagna che adesso dobbiamo demolire. A Barcellona si è costruito dentro la città. Si è pensato di fare del bene alla città e non di costruire case agli atleti. È un cambio di ottica, di prospettiva. Le Olimpiadi possono esere accettate, ma a patto che protino beneficio in periferia e non a chi ha guadagnato mettendo in ginocchio il 90% della popolazione mondiale”.

Quindi un’altra Olimpiade è possibile non esiste solo il no pregiudiziale.

“C’è un referendum in atto, per questo ne parlo con molta prudenza. Il segretario del partito radicale sta raccogliendo le firme. La democrazia è anche questa, ma se l’esito al referendum sarà favorevole, allora la realizzazione va impostata così. Quella spesa pubblica deve migliorare la vita dei romani”.

Una curiosità: come si è avvicinato al M5S e a Raggi, lei, che ha una storia di sinistra?

“L’incontro con i Cinque Stelle è cominciato tre anni fa quando mi hanno chiesto di scrivere delle leggi per il Parlamento. Ho conosciuto questi ragazzi con meno di 30 anni che hanno a cuore la città pubblica e hanno una visione di città in controtendenza con l’idea che tutto è mercato. I quattro giovani consiglieri comunali del Movimento a Roma hanno impostato un’azione micidiale con cui hanno cui svelato tutta Mafia Capitale in anticipo: da lì ho inizato a collaborare con loro. Tra questi c’è anche Virginia Raggi. È avvenuto in questo frangente l’incontro, nel merito delle questioni al di là dello schieramento. È una problema di merito e lì non hanno sbagliato una mossa”.

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Sviluppo sano attraverso la parola, la creativita’ e la musica

È il progetto di ‘Il Carosello’ su ‘L’arte del gioco: attivita’ espressive stimolate dai cartoon’
(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 5 lug. – Uno sviluppo sano attraverso la parola, la creativita’ e la musica. A proporlo a bambini e adolescenti e’ la cooperativa romana ‘Il Carosello’, che per l’estate da’ vita a un nuovo progetto: ‘L’arte del gioco: attivita’ espressive stimolate dai cartoon’.

Da Snoopy a Inside out, da Zootropolis al libro della giungla, i giovani partecipanti saranno stimolati a costruire i costumi di scena, scrivere il proprio testo a partire da quello cinematografico e, infine, a sviluppare le attivita’ di movimento. Il tutto nel rispetto delle regole della casa: si fa la colazione la mattina, poi c’e’ la mensa, e si apparecchia rigorosamente tutti insieme. “Adesso abbiamo 20 bambini e possiamo arrivare a 60”, fa sapere Mariarosaria Danza, responsabile dell’area clinica del centro romano (in Via Mario De Renzi tra 42 e 48) e didatta della Societa’ italiana di psicodramma analitico.

La cooperativa integra culture e formazioni disciplinari diverse e si avvale della collaborazione di numerose figure professionali: educatori, insegnanti, logopedisti, operatori socio-sanitari, assistenti all’infanzia, psicologi dell’eta’ evolutiva e di comunita’, oltre a volontari che da anni operano nel settore dell’immigrazione e della mediazione familiare. “Il Carosello” collabora inoltre con la rete dei servizi socio-territoriali, progetta e realizza varie iniziative rivolte ai bambini per favorirne l’incontro, lo scambio creativo e lo sviluppo.

La musica e’ un elemento centrale delle sue attivita’. “Aiuta a trasmettere i principi, le regole del tempo e dello spazio.

Durante il soggiorno estivo- spiega Danza- i minori potranno scoprire i propri talenti musicali utilizzando il pianoforte, la batteria, il violino e piccoli strumenti costruiti insieme, fino ad arrivare al metodo ORFF: musica, ritmica, drammatizzazione e canto”. Alla base di queste offerte formative c’e’ un forte progetto pedagogico: “Non abbandoniamo mai i bambini ai giochi, ma li seguiamo con delle regole e degli obiettivi precisi. Ad esempio, i costumi saranno realizzati attraverso il taglio di stoffe sartoriali, la drammatizzazione del nuovo testo sara’ costruita dai bambini quale pretesto per parlare, creare e giocare. I giochi di movimento saranno quelli della nonna e l’arte del gioco- continua la psicodrammatista- consistera’ proprio nel mettere a punto nuovi scenari realizzati insieme con loro. Inoltre, i libri d’arte della casa editrice Arte bambino, ci guideranno nei giochi d’acqua”.

Il Carosello e’ un centro polifunzionale per la famiglia e l’infanzia. Ha in se’ una ludoteca, uno spazio baby che corrisponde a un nido e un centro clinico quale ‘maison verte’ ispirata e guidata dalla teoria di Francoise Dolto. Sono seguiti i minori dai 18 mesi ai 18 anni. “Negli ultimi anni i problemi dell’apprendimento sono aumentati notevolmente, ma noi li affrontiamo proponendo attivita’ d’arte, musica e lettura ad alta voce. Integriamo in maniera trasversale le diverse competenze cliniche, pedagogiche ed artistiche, per avviare un progetto di prevenzione”. La Cooperativa e’ immersa nel verde e questo rende possibile la realizzazione di tante attivita’ sportive e tanti altri giochi. “L’arte del gioco rientra nell’espressione della creativita’- continua la psicologa-, noi mettiamo a punto un gioco individualizzato e attento alle esigenze di ogni bambino, al fine di creare quella situazione simbolica adatta a lui”.

Di progetti ‘Il Carosello’ ne ha tanti. “Abbiamo creato una nuova App ‘LE PinoPAROLE: Impariamo i gruppi consonantici con PINO!’, per aiutare insegnanti, genitori e logopedisti a prevenire i disturbi del linguaggio e dell’apprendimento. Abbiamo costruito delle fiabe legate all’uso delle parole con i gruppi consonantici che creano le maggiori difficolta’ ai bambini.

Prossimamente vorremmo lavorare sulle relazioni aggressive con gli adolescenti seguiti dai servizi sociali, partendo dai filmati sul bullismo. Faremo parlare i ragazzi e poi svilupperemo con loro uno psicodramma. Vorremmo proporre a questi adolescenti- conclude- anche un corso da pizzaiolo con tanto di attestato professionale per aiutarli ad un autentico reinserimento nel tessuto sociale”.

Per informazioni si veda il sito: www.ilcarosello.it

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La risposta è nel vento

“Chiacchierare, farsi raccontare, capire, ascoltare i mormorii della gente” suggerisce Marco Ciancia ne “L’idraulico di Giolitti e il consenso perduto” sul Corriere di oggi.
Contemporaneamente sullo stesso giornale Serena Danna ci informa che “Dei 13 mila link ad articoli della Bbc che vengono condivisi in un mese su Twitter ne vengono aperti…meno della metà” e che “Non esistono…strumenti scientifici per capire se un lettore “della carta” abbia letto…l’articolo”.
Se mettiamo insieme le due argomentazioni troviamo forse una risposta a quello che ci si domanda oggi di fronte ai risultati elettorali.
Abbiamo ancora un ascolto in corso tra la politica e la gente?
La rete può creare canali di contatto tra i cittadini e le istituzioni?
Se non troviamo una risposta a queste domande non riusciremo neanche a spiegarci che cosa è avvenuto nelle ultime elezioni.
Se le periferie hanno decretato la sconfitta di chi le ha governate negli ultimi anni vuol dire che nessuno tra i politici e gli amministratori è stato in grado di parlare con il popolo delle periferie.
Tanto cianciare di rigenerazione urbana non ha prodotto un solo risultato concreto per la qualità della vita nei territori.
Tanti convegni non hanno generato un solo posto di lavoro tra le masse giovanili urbane in cerca di occupazione.
Tante inchieste e reportage non hanno aperto nessun cantiere di riqualificazione, di mobilità, di sicurezza.
Bastava andare a sentire gli umori di chi in periferia lotta per mantenere un minimo di decoro e di vivibilità nel totale abbandono delle istituzioni pubbliche.
Bastava ascoltare le associazioni che da anni operano in questi territori offrendo servizi sociali, culturali, sportivi, sanitari in sostituzione della latitanza delle amministrazioni.
Quanti asili, biblioteche, consultori, teatri, centri sociali sono stati definanziati se non chiusi?
La risposta è semplice e sta nel farsi le domande giuste.




Il piano periferie di Renzi: prestiti ai condomini

Un fondo pubblico per ristrutturarli. I soldi restituiti a rate in bolletta.
Tornare ai fasti di Petroselli – il sindaco comunista che diede una casa a molti romani a cavallo fra i Settanta e gli Ottanta – è impossibile. Altri tempi, altri numeri. Fu lui a volere Tor Bella Monaca, il quartiere che oggi simboleggia il degrado di Roma e che allora apparve come un sogno realizzato. I numeri bulgari conquistati lì dai Cinque Stelle e in altri quartieri popolari delle grandi città hanno però messo in allarme il governo. Oggi stesso al ministero del Tesoro ci sarà una riunione di Padoan con la sua squadra per analizzare i risultati e iniziare a ragionare seriamente della prossima legge di Stabilità. C’è da scommettere che le ragioni di chi punta a nuovi sgravi alle famiglie rispetto a quelli promessi alle imprese (Renzi è il primo a pensarla così) avranno più orecchie attente di qualche giorno fa. La tentazione di far prevalere scelte di impatto mediatico su quelle capaci di cambiare in profondità la struttura dell’economia italiana sarà sempre più forte. In ogni caso, a meno di andare allo scontro con la Commissione europea, per il governo non sarà facile far quadrare i conti. Come dimostra la discussione sul prestito pensionistico, oggi le ipotesi più gettonate sono le meno costose per il bilancio pubblico. Oppure deve trattarsi di misure capaci di stimolare la domanda interna: la più avanzata, già valutata tecnicamente da Tesoro e Palazzo Chigi prima delle elezioni, riguarda proprio la cura delle grandi periferie.

Il punto di partenza è uno sconto fiscale in vigore. Oggi chi vuole ristrutturare il condominio o installare pannelli solari può contare su un bonus piuttosto forte: del 55 per cento nel primo caso, addirittura del 65 nel secondo. Tutte le spese sostenute fino al limite dei 96 mila euro sono detraibili per ben dieci anni. Di qui il boom dei lavori negli appartamenti e nelle palazzine. Ma per quanto lo sconto sia alto, chi deve mandare avanti una famiglia con meno di mille euro al mese non è in grado di sostenere alcuna spesa straordinaria. L’idea è quella di applicare il meccanismo su larga scala per chi ha un reddito molto basso, soprattutto al di sotto degli ottomila euro all’anno, la soglia sotto la quale non si paga nemmeno l’Irpef.

Immaginate una grande palazzina in cattive condizioni, i cui condomini siano d’accordo per ritinteggiare le scale, la facciata, e magari anche risparmiare sulle bollette con l’installazione di pannelli fotovoltaici. L’amministratore si rivolge ad un fondo pubblico, il quale si incarica di sostenere le spese in vece dei singoli proprietari. Al fondo andrà il vantaggio fiscale che oggi è riconosciuto a ciascun privato. Il pagamento dei lavori veri e propri avverrebbe attraverso la bolletta energetica dei condomini, la quale beneficerebbe in ogni caso di una riduzione dei costi per via dei pannelli fotovoltaici. Il piano è già stato studiato con l’Enea, e prevede il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti, presso la quale verrebbe costituito il fondo. I dettagli sono ancora da mettere a punto: potrebbe essere costituito presso Cdp immobiliare, o ad hoc. «In ogni caso sarà uno strumento virtuoso dai costi contenuti per lo Stato», dice il viceministro Enrico Morando. «Il vantaggio può essere esponenziale: per il settore edilizio, per quello dell’energia, e di sostegno alla ripresa dei prezzi immobiliari. Vivere in un appartamento in una palazzina ristrutturata e resa più efficiente è un vantaggio anzitutto per chi li possiede». Per risolvere i problemi di Tor Bella Monaca o delle Vallette non basta certo la tinteggiatura dei palazzi. Le periferie non sono tutte uguali: più si scende a Sud, più è facile che sommino degrado urbano a degrado sociale. Altri strumenti nel frattempo stanno prendendo il via, come il fondo per la povertà educativa finanziato con il sostegno delle Fondazioni bancarie. Piccoli passi per ritrovare il consenso perduto.

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Torino e Roma, la politica nelle periferie

La campagna elettorale appena conclusa sarà ricordata per una parola: periferie. Cerchiamo di capire quanto sono importanti.

In questa campagna elettorale, la parola più utilizzata – a volte correttamente, a volte a sproposito – è stata periferie. Proprio nelle periferie il peso degli elettori si è rivelato decisivo per cambiare gli equilibri politici delle principali città italiane, soprattutto Roma e Torino. Ci sono due mappe molto interessanti realizzate da You Trend, dalle quali partiremo nella nostra analisi.
Virginia Raggi (wikimedia.org)

Virginia Raggi (wikimedia.org)
Roma, un monte innevato.

La prima, quella forse più ovvia dato il risultato finale, sembra un monte, dove le periferie rappresentano le pendici che salgono verso una punta innevata. Le “scure” periferie hanno votato la candidata del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi, per oltre il 60% (e anche fino al 79%). Al centro, invece, il divario con Roberto Giachetti, candidato del Partito Democratico, è stato più stretto ma comunque a vantaggio della Raggi, che ha trionfato al ballottaggio con il 67,15%. Oramai, purtroppo, constatiamo una scarsa affluenza alle urne. Roma ha di poco superato il 50% (per la precisione 50,15%), e in diverse municipalità si è scesi ampiamente sotto, come ad esempio nella 15, che ha toccato il 44,46%.
Le due Torino.

Diverso il discorso di Torino che, per certi aspetti, appare ancora più illuminante. Nella mappa di You Trend la città appare spaccata in due. Le periferie hanno votato per la pentastellata Chiara Appendino (c’è anche una mappa realizzata da Sky, ancora più dettagliata). A queste zone si aggiungono anche quartieri più “giovani” e multiculturali come Borgo Rossini e Vanchiglietta. Al contrario, zone come La Crocetta, San Salvario e in generale il centro e la collina hanno scelto il sindaco uscente PD, Piero Fassino.
Il dato dell’astensione, comunque migliore della Capitale, è pesante. Sebbene sia uniforme in tutte le zone della città, quasi un cittadino su due non è andato a votare (54,41% è l’affluenza finale). A poco valgono le indignazioni e gli attacchi verso chi non vota: sono cittadini anche quelli che non votano, e se quelli che non votano sono in tanti significa che c’è un problema politico, non ci vuole molto a capirlo. Per lo stesso motivo, considerare “voti di serie B” quelli del «centrodestra che ha votato 5 stelle» significa non voler ascoltare l’elettorato.
Chiara Appendino (chiaraappendino.it)

Chiara Appendino (chiaraappendino.it)
Le periferie hanno votato un po’ di più.

Sempre per restare attaccati ai numeri, emerge come nei quartieri in cui si è votato di più si siano imposte Raggi e Appendino. A Roma, dove Virginia Raggi ha prevalso ovunque, nelle municipalità 1 e 2 l’affluenza media è stata del 48,2%, qui la nuova sindaca ha ottenuto meno consensi. Nelle municipalità 6 e 10, dove ha stravinto, l’affluenza è stata del 49,83%.

Molto più interessante, invece, il dato di Torino. L’unica circoscrizione in cui Fassino ha vinto (superando il 59% dei consensi), cioè la 1 (Torino Centro), è anche quella dove si è votato di meno, con un’affluenza del 51,2%. In tutte le altre, dove Chiara Appendino ha prevalso con un picco del 64,76% nella Circoscrizione 5, l’affluenza è stata sempre superiore al 52%, con una media del 54,6%. Dove si è votato di più, si è scelto di mandare a casa Fassino. In generale, sono state le periferie ad alzare l’affluenza, premendo per il cambio di rotta, pur mantenendo una fiacca corsa alle urne.
Quanto contano le periferie.

Almeno nelle grandi città, si registra la netta risalita dell’importanza politica delle periferie. Eppure non è un concetto nuovo. Basta guardare le cronache degli ultimi anni per capire che le periferie sono il luogo in cui si misura la forza istituzionale di una città, quando non addirittura dello Stato.

Qualche anno fa, Torino visse una sorta di pogrom contro alcuni nomadi in zona Vallette, scaturito da un’aggressione poi rivelatasi inventata. Negli scorsi giorni, invece, in zona Falchera sono state sgomberate alcune famiglie in emergenza abitativa che occupavano appartamenti vuoti. Emergenza ancora più forte a Roma, dove sono frequenti gli sgomberi e la città è salita alla ribalta delle cronache, negli ultimi anni, per gli scontri “tra poveri”, cioè tra abitanti delle periferie – fortemente provati da crisi e disoccupazione – e stranieri (come, ad esempio, i fatti di Tor Sapienza).

Si tratta di zone dove il conflitto sociale è acuito dalle difficoltà economiche. Qui la politica deve (doveva) intervenire al più presto, la sua assenza (ricordata da Diego Novelli) ha contribuito ad allargare il divario tra “poveri” e “ricchi”, fino a registrare addirittura differenze di salute. Lo studio del professor Giuseppe Costa, epidemiologo dell’Università di Torino, pubblicato sul «Venerdì» di Repubblica, ha evidenziato un divario nell’aspettativa di vita: più bassa alle Vallette (77,8 anni), più alta in collina (82,1).ù
La retorica dell’aiuto.

Il rischio, ora, è che la “riscoperta” delle periferie, citate da tutti i candidati nelle città più grandi (anche Sala, appena eletto sindaco di Milano con il centrosinistra, ne ha parlato), diventi lo studio di un fenomeno folkloristico, nella stucchevole logica delle «periferie che vanno aiutate». Ebbene no, le periferie delle grandi città non vanno «aiutate», vanno «incluse», quindi coinvolte in politiche di integrazione, sviluppo e riqualificazione. Dove, precisiamo, riqualificazione non può coincidere soltanto con la costruzione di nuovi centri commerciali e grandi stradoni. Vanno sostenute le iniziative culturali, senza “imporle” dal centro, perché le energie ci sono, vanno bensì ascoltate. Basti pensare – tanto per fare due esempi torinesi – a Barriera di Milano o a Mirafiori, dove le iniziative sono variegate e stimolanti.

Il rapporto con le periferie, per Virginia Raggi, Chiara Appendino e tutti gli altri, sarà la vera sfida. Chi perderà le periferie, lo abbiamo visto, perderà la città, allontanando i cittadini dalla politica e dalle istituzioni. Qui si gioca il futuro delle metropoli e non è una scoperta di due giorni fa.

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