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#periferiealcentro: il Book del nuovo numero di VITA

È la sfida decisiva per il futuro delle città. Il Book del nuovo numero di VITA, in edicola e nei Mondadori store da venerdì 9 settembre, raccoglie tutte le idee, i progetti e i sogni in campo
Matteo Renzi lancia il piano “Casa Italia”, mettendo in cima all’agenda politica ed economica una scommessa infrastrutturale che, nel quadro di una regia unica con linee guida chiare, mette insieme scuole, ricostruzioni, bonifiche, banda larga e dissesto idrogeologico. Accorpando così quelle voci che, riguardando argomenti non mediatici, da anni erano relegate in fondo ad ogni classifica programmatica.
VITA ha deciso di «provare a pensare fuori dal contesto», come scrive il nostro blogger Guido Bosticco, dedicando il numero del Bookazine di settembre, in edicola da venerdi 9, alle periferie, le vere protagoniste di questo piano del Governo.

L’indice del Book del nuovo VITA

1. Pensare oltre gli stereotipi

Marc Augé, al lavoro per “fare luoghi”
Alejandro Aravena, perché faccio le case a metà
Andrea Riccardi, la città secondo Bergoglio
Eraldo Affinati, ritorno al mio Tiburtino Terzo

Il bookazine si apre con una serie di riflessioni che aiutano a ribaltare gli schemi. Perché, come dice Marc Augé nell’intervista che apre questo numero, «l’uso delle parole non è mai innocente. Noi associamo la parola alle immagini della miseria e delle difficoltà urbane». E se invece fosse vero, come scrive Guido Bosticco nel suo intervento, che «in periferia nascono modelli di progettazione partecipata, si tentano strade per coinvolgere gli abitanti, per costruire edifici di avanguardia, convivenze possibili». Infatti, conferma Alejandro Aravena, grande architetto, in periferia si stanno sperimentando anche nuovi modelli di concepire l’abitare. Dove la co-progettazione con la popolazione è fattore di innovazione. Il capitolo si conclude con una grande presa diretta di Eraldo Affinati, che torna nel suo quartiere, il Tiburtino Terzo a Roma, e ci ricorda che la periferia prima di essere terreno di analisi è carne di chi la vive.

2. Governo e sindaci alla prova

Matteo Renzi, Casa Italia, solida se solidale
Beppe Sala, periferie, cominciamo dalle case
5stelle, partecipazione, la chiave di volta
Franco La Cecla, rammendare non basta

L’attesa è grande. Le risorse non sono più solo annunciate o premesse. Matteo Renzi, in occasione dell’inaugurazione della Biennale Architettura 2016, aveva annunciato di aver firmato il decreto che prevede il Bando da 500 milioni di euro per il recupero delle periferie introdotto dalla Legge di Stabilità 2016. E ora con quali programmi e con quali idee i nuovi sindaci si preparano a cogliere questa opportunità? Il presidente del Consiglio nell’intervista delle prossime pagine spiega le ragioni del perché il Cantiere sociale, di cui anche il Bando periferie è parte, è strategico per il governo. Beppe Sala, sindaco a Milano, indica nel ripristino dell’edilizia popolare la priorità della sua giunta. Virginia Raggi e Chiara Appendino hanno presentato progetti molto sostanziosi per il Bando, tutti all’insegna della partecipazione dei cittadini. Infine Franco La Cecla, autorevole osservatore delle dinamiche delle città, avverte: «Dobbiamo andare ben oltre l’idea di rammendo».

3. La periferia cambia dal basso
Straordinari laboratori di buone pratiche e di innovazione sociale. Sono tantissime e sorprendenti le esperienze che si incontrano appena ci si inoltra nel vissuto delle periferie. C’è la preside di Scampia, Rosalba Rotondo, che con determinazione e passione quest’estate ha tenuto aperte le aule con laboratori per ragazzi e anche mamme. Oppure c’è il grande quartiere romano, Tor Bella Monaca, capace di generare un nuovo immaginario, grazie ad eroi come Jeeg Robot. C’è tanta energia e tanta creatività, come quella che porta il teatro in angolo a San Berillo, ai margini di Catania. O quella dei percussionisti che a Tamburi, quartiere di Taranto, dettano i tempi di una possibile rinascita. A Napoli, quartiere Barra, una squadra di calcio arruola ragazzi di tutte le etnie, rom compresi. E dimostra di saper vincere. E nella piccola Mantova, al quartiere Lunetta, si può andare a vedere cosa significa far davvero intercultura. Come dice Arjun Appadurai, oggi le periferie sono davvero il luogo del “possibile”.

Scampia, Rosalba, la preside sempre aperta
Tor Bella Monaca, l’orgoglio di Jeeg Robot
Esperienze dalle periferie, sei best practice
Arjun Appadurai, dal probabile al possibile
L’antropologo e docente di “Media, culture & Communication” della New York University: «Dobbiamo favorire ciò che può accadere, non attendere passivamente ciò che, grazie alla nostra inerzia, è probabile che accada. La periferia va sottratta a fatalismo e vittimismo. Anche perché, in molti casi, è da ciò che chiamiamo periferia che arrivano sguardi concretamente innovativi sul futuro»

IL FUMETTO
Gianni Biondillo Story. Milano, da Quarto Oggiaro a via Padova – di Giulia Sagramola

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opinioni A Torino la politica culturale punta su periferie, biblioteche e teatri

Francesca Leon è la nuova assessora alla cultura della città di Torino. Nel corso della sua vita professionale ha accumulato una serie di esperienze in diversi settori del mondo culturale, dall’editoria alla tivù, occupandosi di promozione della cultura e inventandosi una formula di abbonamento ai musei torinesi e piemontesi che si è rivelata uno strumento efficacissimo per assicurarsi la fedeltà dei visitatori e l’aumento del loro numero.

Non a caso, la cosa è stata replicata altrove. Ora però forse ha di fronte il compito più impegnativo: impostare in veste di assessore alla cultura il lavoro che in questo ambito andrà fatto in una città come Torino nei prossimi cinque anni. Ma se le si chiede quali saranno le sue linee guida, preferisce parlare di metodo di lavoro:

L’esperienza mi ha insegnato che alla base di qualsiasi scelta debba esserci ascolto, conoscenza e condivisione. L’ascolto è indispensabile per capire i bisogni sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta; la conoscenza serve per capire il funzionamento e le interazioni tra i diversi attori del mondo culturale, per analizzarne le dinamiche, l’efficacia delle azioni nel contesto cittadino, i risultati e le ricadute sulla città, non solo in termini economici e strumentali. La condivisione, infine, è lo strumento per individuare gli obiettivi e le azioni da mettere in atto per raggiungerli. La città è un organismo complesso e per questa ragione il mio lavoro di assessore alla cultura sarà in stretta interazione con le politiche urbanistiche, educative, sociali.

Nel corso degli ultimi decenni, al pari di altre realtà europee con un grande passato manifatturiero, Torino è diventata una città postindustriale. E come altrove anche qui si è deciso di “puntare sulla cultura” per dare all’ex capitale dell’auto una nuova identità e nuove prospettive anche dal punto di vista economico.

Oggi però alla voce cultura si sovrappone spesso quello che un tempo si sarebbe detto intrattenimento, che non di rado ha a che vedere con l’effimero. E in molti si chiedono quali carte possa giocarsi una città come Torino per non diventare semplicemente una fabbrica di eventi. Francesca Leon sorride: “Magari fosse una fabbrica di eventi”. Secondo lei, la capacità di programmazione e quella produttiva si sono ridotte in modo più che proporzionale alla riduzione di risorse, anche se non mancano le eccezioni positive.

Alcune grandi istituzioni, teatro Regio innanzitutto, sono riuscite a produrre spettacoli e a farli circuitare; ma nel mondo delle compagnie indipendenti la produzione è limitata, le coproduzioni sono rare così come la loro circolazione di al di fuori del territorio piemontese, anche in questo caso, mi dice, con ovvie eccezioni.

Anche in alcuni ambiti in cui l’intervento pubblico ha avuto incidenza marginale, a Torino come in Italia, esistono realtà importanti, radicate sul territorio e al tempo stesso affermate nel mercato globale, come Club to club, Share festival, Movement, Kappa futur festival, View conference. Lo stesso problema si pone per le istituzioni museali: la linea di indirizzo seguita è stata quella dell’acquisto di eventi espositivi più che la loro programmazione e produzione e questo ha generato un doppio danno: perdita di competenze e perdita di relazioni con musei italiani e stranieri che si alimentano solo attraverso l’ ideazione, la progettazione, la programmazione delle attività e la continuità.

A suo parere, la chiave è tornare a produrre, dare spazio alle idee anche individuando sistemi di finanziamento pubblico legati a bandi che indichino la strada che si intende percorrere: innovazione, collaborazione pubblico privato, allargamento della platea, distribuzione delle attività sulla città, coproduzione, esportazione. Sottolinea:

La competitività e l’attrattività del territorio e la qualità dei servizi ai cittadini non sono obiettivi conflittuali e incompatibili, a patto di inserirli in una visione unitaria. Bisogna rendere protagoniste di questi obiettivi le forze creative e culturali locali, coinvolgendole nella ideazione e nella programmazione anche degli eventi in funzione di attrazione turistica purché in un percorso che costruisca opportunità di crescita professionale, di rafforzamento strutturale della scena creativa cittadina in una dimensione nazionale e internazionale.

Metto da parte i miei trascorsi di curatore del programma dedicato dal Salone del libro agli editori indipendenti, e prima ancora di Bookstock, la sezione dedicata ai ragazzi delle scuole, e a proposito di eventi che non sono stati effimeri ma che corrono oggi seri rischi di sopravvivenza le chiedo che cosa pensi si possa fare per evitare che Torino perda definitivamente questo appuntamento, per 29 anni la manifestazione legata al libro più importante d’Italia e, con la Buchmesse di Francoforte, la maggiore in Europa. La questione ovviamente mi tocca da vicino, volendo anche semplicemente in veste di autore, ma si tratta di un tema che non posso evitare di sollevare.
Francesca Leon in piazza Castello, Torino, il 3 settembre 2016. – Daniele Ratti per Internazionale
Francesca Leon in piazza Castello, Torino, il 3 settembre 2016. (Daniele Ratti per Internazionale)

Francesca Leon si mostra sicura, come peraltro la nuova sindaca Chiara Appendino. “Torino non perde il suo Salone internazionale del libro. Semmai rischiamo che con due appuntamenti in concorrenza perdano tutti”.

Ai suoi occhi è poco lungimirante pensare che basti fare una fiera a Milano per superare i problemi che oggi colpiscono il mondo dell’editoria. “Hanno prevalso gli interessi di pochi contro quelli di molti, in un mercato che in Italia perde terreno. Perché in Italia la lettura è una attività sempre meno praticata, con conseguenze che vanno ben oltre la crisi dell’editoria. Un paese che non legge è un paese che perde coscienza di sé, della sua storia e delle storie degli altri”. Da queste riflessioni, mi spiega, nascerà il nuovo Salone. “Che realizzeremo con i lettori, con le istituzioni formative, con gli editori, con gli autori e con i librai; mettendo al centro del nostro impegno il lettore e lavorando su temi come l’innovazione: oggi ci sono moltissimi modi di scrivere e di leggere, che utilizzano le molteplici opportunità di innovazione rese possibili dal digitale”.

Contrapposizione tra centro e periferia
Secondo Francesca Leon, l’obiettivo della manifestazione sarà lavorare sulla promozione della lettura al livello nazionale costruendo un appuntamento dove trovino spazio i progetti, i festival, le fiere e gli eventi legati al mondo del libro. “Lavorare in cooperazione con uno scopo condiviso è condizione indispensabile per superare le competizioni territoriali che, se non sono inserite in un progetto di respiro nazionale, non riescono a incidere su un paese che legge poco”.

Ma, tornando alla città: non da ora e non solo a Torino quando si parla di cultura salta spesso fuori la contrapposizione tra quanto offre il centro della città e quanto avviene nelle periferie. C’è chi non parla più di periferie ma sostiene l’idea di una città policentrica. Torino ha avuto una storia non facile con le sue periferie: quartieri come Mirafiori o le Vallette hanno solo da poco le loro biblioteche, che peraltro funzionano splendidamente.

E a parere di Francesca Leon, occorre individuare una scala di priorità di intervento che tenga conto dello stato attuale del rapporto tra i cittadini e l’offerta culturale. “Entrando in una biblioteca e partecipando a un evento in piazza San Carlo si scoprono due volti della stessa città. Ma i rispettivi sguardi non si incontrano quasi mai”. Per lei si tratta di rispondere ai bisogni che arrivano dai primi pensando a un sistema culturale più inclusivo, che riesca ad arrivare laddove il grande evento non può farlo. “In questo senso dare priorità al sistema bibliotecario vuol dire rispondere ai bisogni di una moltitudine di persone: le biblioteche sono il principale presidio culturale in città e oggi sono in sofferenza per problemi strutturali, di distribuzione e di personale. Occuparsene vuol dire in primo luogo avere un quadro preciso delle risorse necessarie per affrontare le maggiori criticità, programmando gli interventi nel medio e lungo periodo”.

Naturale che per Leon, che come si è detto in questi anni si è occupata di musei, proprio il sistema museale sia un’altra priorità: lo è del resto a ben vedere in tutta Italia, visto e considerato che proprio all’interno del sistema museale è conservata una parte notevole del nostro patrimonio culturale. “Il fatto è che bisogna collegare maggiormente il lavoro delle istituzioni museali e dei beni culturali ai bisogni della città, sviluppandone la funzione educativa e la capacità progettuale”.

Per quanto riguarda la prima, individuando strumenti per conoscere meglio il rapporto tra scuole e musei, stabilendo un dialogo che ne favorisca una relazione dinamica; quanto alla seconda, favorendo le collaborazioni tra le istituzioni museali torinesi e tra queste e quelle italiane ed europee, allo scopo di produrre eventi espositivi, scambi formativi e di esperienze. Un capitolo a parte è poi quello rappresentato dal mondo dello spettacolo dal vivo. “Che oggi appare cristallizzato, mentre la riduzione di risorse calata anche su questo settore dal 2008 ha portato a una forte riduzione di compagnie e artisti che operano a Torino, imponendo alla maggior parte dei soggetti una contrazione della capacità di produzione e di investimento”.

La città policentrica
Da qui in avanti, mi spiega, le politiche dovranno operare verso una modalità diversa nell’attribuzione delle risorse pubbliche e nella gestione degli spazi, così da recuperare un rapporto virtuoso tra le grandi istituzioni e le compagnie di produzione professionali, tra le grandi orchestre e le organizzazioni musicali più piccole, tra i professionisti e i giovani che si avvicinano a questo mondo. “Ritengo che puntare sulla cooperazione e sulla crescita sia più efficace della mera competizione sulle risorse che, all’inverso, porta chiusura e autoreferenzialità”.
Francesca Leon a palazzo Madama, Torino, il 3 settembre 2016. – Daniele Ratti per Internazionale
Francesca Leon a palazzo Madama, Torino, il 3 settembre 2016. (Daniele Ratti per Internazionale)

Torino è oggi tra le città italiane più visitate. Spesso in un recente passato c’è stato chi ha rilevato come certe piazze auliche della città siamo state usate in modo inappropriato, allo scopo di ospitare manifestazioni simili alle sagre di paese. E in molti si chiedono se sia possibile conciliare il senso estetico e il rispetto del patrimonio urbanistico e architettonico con le esigenze di bilancio. “Torino non è solo le sue piazze auliche, la città è grande e si possono valorizzare altri circuiti coinvolgendo a raggiera altri spazi, creando nuovi circuiti per le manifestazioni che ne hanno bisogno. Questo non configge con le esigenze di bilancio, anzi, vuol dire operare perché Torino diventi effettivamente una città policentrica”.

I doveri di uno stato
Per tornare alla questione del “puntare sulla cultura”, Torino ha nel Politecnico un’eccellenza in grado di attirare studenti anche dal resto del mondo. Forse è questa una delle strade da percorrere, fare di Torino sempre più un luogo dove i giovani vogliano trasferirsi per studiare. Possibilmente non nei cinema o per strada, com’è accaduto ancora di recente a causa dei problemi di agibilità che affliggono palazzo Nuovo…

“Rendere Torino una città accogliente per i giovani è una priorità, non solo per chi studia”, mi dice l’assessora. “Ma perché questo accada non basta avere delle ottime università e una vita culturale dinamica. Occorre che quei giovani una volta finita l’università trovino lavoro in città e decidano di restare, di mettere su famiglia. Torino ha una disoccupazione giovanile altissima e se non si inverte la tendenza la città invecchia e le prospettive di sviluppo peggiorano”.

Uno dei temi più spinosi, per ciò che riguarda il patrimonio architettonico, è stato in questi ultimi anni quello del futuro della Cavallerizza, ovvero delle ex scuderie dei Savoia, un luogo di grande fascino iscritto dal 1997 tra i beni Patrimonio dell’Unesco e attualmente occupato.

Ho seguito le recenti vicende legate alla Cavallerizza e ne conosco la lunga storia dei tentativi di recupero e utilizzo, legata alle vicissitudini dei passaggi di proprietà e delle diverse destinazioni immaginate e percorse dalle giunte che si sono avvicendate negli ultimi 15 anni. A mio parere la destinazione dovrebbe essere a uso culturale, di servizio a enti, organizzazioni culturali e formative, proprio per la sua localizzazione al crocevia tra le più importanti istituzioni della città. A oggi la giunta sta approfondendo lo stato delle decisioni operate finora per capire come sarà possibile tracciare una nuova strada per la Cavallerizza.

Complice la crisi, oggi in Italia si dice che la cultura deve imparare a sostenersi senza più dipendere dai finanziamenti pubblici, convincendo con la bontà dei progetti anche sponsor privati. Ma c’è chi paventa il rischio di veder sopravvivere solo certe grandi realtà, e di vedere l’estinzione di esperienze magari validissime ma magari meno pop e dunque lontane dai grandi numeri. Francesca Leon scuote la testa.

Laddove vi è un patrimonio culturale pubblico da tutelare e valorizzare è dovere dello stato nelle sue diverse articolazioni farsene carico. E per patrimonio non intendo solo i beni culturali. L’obiettivo da porsi è sviluppare con i privati un rapporto di collaborazione che veda un impegno reciproco nel sostegno alla diffusione della partecipazione culturale, allo sviluppo delle idee e della loro realizzazione, puntando sulla capacità della città di diventare un luogo dove si produce cultura, dove le idee innovative prendono forma e crescono puntando alla loro sostenibilità nel tempo.

In questo senso, secondo lei, chi amministra una città ha il dovere di far emergere non solo il singolo ente, evento, manifestazione, ma come questo si inserisca nel progetto culturale complessivo, definendo obiettivi, strumenti e azioni che coinvolgano anche i soggetti privati interessati alla crescita e allo sviluppo della città. Si è fatto tardi, non voglio far perdere altro tempo alla mia interlocutrice, ma decido comunque di farle una domanda alla Marzullo, e le chiedo quale sia il suo sogno di assessora alla cultura. “Da quando sono stata nominata non ho avuto molto tempo per sognare e potrei dire che anche i bilanci non aiutano in questo senso. Preferisco restare con i piedi per terra e dare il mio contributo con il pragmatismo che mi è proprio, lavorando alla costruzione di futuro condiviso con la città”.

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Mancata pubblicazione dei progetti presentati sul bando periferie 2016

Alla Sindaca di Roma Capitale

Virginia Raggi

virginia.raggi@comune.roma.it

e p.c.: All’ Assessore all’Urbanistica e Infrastrutture

Paolo Berdini

paolo.berdini@inwind.it

Oggetto: mancata pubblicazione dei progetti presentati sul bando periferie 2016

Gent.ma Sindaca,

in rappresentanza di associazioni e cittadini impegnati da anni in azioni a tutela del territorio, per la crescita della qualità della vita e lo sviluppo dell’integrazione sociale nelle periferie urbane, notiamo con stupore la mancata pubblicazione sul sito istituzionale del comune dei progetti presentati dalla Città Metropolitana di Roma Capitale, relativi al bando statale in favore della riqualificazione urbana delle periferie (Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia – G.U. Serie Generale n. 127 del 1/06/2016).

È molto importante, sia per i cittadini, sia per le associazioni ed enti che da anni si occupano di tali problemi, che il comune – di cui sono cittadini o dove svolgono la propria attività – dia informazione in maniera trasparente degli atti che adotta sul tema della riqualificazione urbana e della sicurezza delle periferie della città di Roma.

Unitamente alla necessità della trasparenza e conoscenza delle decisioni assunte dall’Amministrazione, ribadiamo l’esigenza della partecipazione, perché il recupero e la rigenerazione delle periferie si fa insieme alle associazioni dei cittadini attivi e riaffermiamo la nostra disponibilità alla collaborazione e alla condivisione degli impegni che ci assumiamo e che ci siamo già assunti in piena autonomia con le passate amministrazioni.

Successivamente a tale pubblicazione, Le chiederemo di incontrarci per dare il nostro contributo sul tema della riqualificazione delle periferie romane.

Confidando in una rapida pubblicazione dei progetti sul sito di Roma Capitale, Le porgiamo cordiali saluti e ci auguriamo di vederci presto.

Coordinamento Periferie Roma




Bando delle periferie: “Per Corviale chiesti soldi che già ci sono

Con il Bando delle periferie, Virginia Raggi ha annunciato anche dei fondi per il completamento della scuola di via Mazzacurati. Veloccia: “Quei soldi già sono stati introitati per il piano di recupero di Corviale. E vanno spesi subito, altrimenti si rischia di finirla chissà quando.
Ci sono 2,5 milioni per la riqualificazione di Corviale. E sono soldi stanziati con il bando delle periferie. La cifra, ha annunciato la Sindaca Virginia Raggi, “include il completamento della scuola in via Marino Mazzacurati”. Una notizia salutata con soddisfazione dal titolare del Municipio XI. “È un piacere leggere che buona parte di questi fondi arriverà sul nostro territorio e in particolare su Corviale” ha osservato il Minisindaco Mario Torelli. Ma dall’opposizione municipale, le reazioni sono state di tutt’altro segno.

LA RIQUALIFICAZIONE DELLA SCUOLA – “I soldi per il completamento della scuola, che assorbono almeno 1,3 milioni della cifra annunciata – ha chiarito l’ex Presidente Maurizio Veloccia – già sono in possesso di Roma Capitale, perché sono soldi introitati dagli interventi privati del piano di recupero di Corviale” ha ricordato il capogruppo democratico. “Se i soldi che già hanno li spendessero subito il prossimo anno la scuola sarebbe pronta. Invece così subordinando i lavori della scuola al finanziamento del bando periferie. Si corre un rischio enorme – avverte Veloccia – perché non si sa se e quando questi finanziamenti verranno erogati. Un errore dato dalla non conoscenza”.

I FONDI DISPONSIBILI – Una certa preoccupazione traspare anche dalle parole del Capogruppo di Fratelli d’Italia “La somma totale dei progetti presentati per il Bando delle Periferie, pari a 50 milioni, supera di gran lunga i 18 milioni stanziati dal Governo per Roma – ha sottolineato Garipoli – e questo comporta dei sacrifici nella scelte finali dei progetti”. Un taglio che potrebbe ricadere proprio su Corviale visto che, come ha spiegato Veloccia, i fondi sono già stati stanziati. Ma anche se così non fosse c’è comunque “il timore che tali risorse possano arrivare davvero con il contagocce” ha osservato Garipoli.

LE NECESSITA’ DEL TERRITORIO – Ci sono poi altre necessità, oltre quella della riqualificazione di Corviale, che attengono il territorio e che tuttavia non sono contemplate nel Bando delle periferie. Valerio Garipoli prova ad elencarne alcune. “Ci sono poi tante altre criticità nel territorio: al Trullo va riqualificata ‘ex scuola Baccelli, a Piana del Sole serve un centro di aggregazione giovanile ed un capolinea per il 701, a Ponte Galeria bisogna concludere i lavori per la scuola fratelli Cervi, a Borgata Petrelli occorre riqualificare l’unica piazza esistente ed alla Muratella bisogna fare i marciapiedi di via Magliana, lungo il tragitto del FL1”. Insomma, probabilmente gli interventi elencati sono troppi per il bando annunciato dalla Sindaca. E proprio per questo, scegliere bene quali sono gli interventi da realizzare, non solo è importante. Ma è addirittura essenziale.

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Abbattere le Vele

Napoli e il piano da 18 milioni per Scampia: giù le torri che hanno fatto da set per Gomorra. Il nodo di una casa per un centinaio di famiglie.
A giugno il decreto per le periferie: cinquecento milioni «per farle belle» e, secondo il pensiero di Renzo Piano, trasformarle in un argine «alla barbarie». Lunedì scorso la risposta del Comune di Napoli: un progetto per le Vele di Scampia, quelle immortalate per la prima volta da Salvatore Piscicelli in «Le occasioni di Rosa», e poi rese famose da «Gomorra» e famosissime da «Gomorra-LaSerie». Nel primo film, del 1981, la bella Rosa guarda le Vele da poco abitate e sogna di rifarsi una vita altrove (c’era ancora speranza). Nella serie tv, il boss Savastano le guarda da lontano e trama invece per riprendersele e ripristinare la sua mega-piazza di spaccio (siamo già in piena barbarie).

La «partita» politica

Col decreto del governo e col piano del Comune si aprono ora due partite decisive. Una tutta politica tra Renzi e de Magistris e un’altra tutta di civiltà, con Renzi e de Magistris, si spera, questa volta dalla stessa parte. La partita politica è presto detta: Renzi ha già commissariato l’ex area di Bagnoli e il progetto va a rilento, anche perché de Magistris, messo nell’angolo, non collabora; a Scampia, invece, i tecnici comunali e quelli di Palazzo Chigi hanno lavorato gomito a gomito, e il sindaco vuole dimostrare che è questo il metodo da seguire. Non solo. «Con noi, seduti allo stesso tavolo — spiega l’assessore-architetto Carmine Piscopo — ci sono stati anche i rappresentati dei comitati di base, e questo a riprova del fatto che nulla calerà dall’alto».

La «partita» civile

Più complicata, ma più interessante, la partita «civile». Il Comune vuole abbattere tre delle quattro Vele ancora esistenti, dove vivono 300 famiglie, e vuole salvarne una — la B, quella che nelle intenzioni doveva essere celeste — per riqualificarla e farne o un museo o un centro di aggregazione sociale: sarà un concorso internazionale a dire cosa e come. La gran parte dei residenti, duecento famiglie, hanno già una casa assegnata altrove. Gli altri dovranno invece aspettare l’evolversi del progetto. Per tutto questo, il Comune chiede il massimo che secondo il decreto può chiedere: 18 milioni per sé e 40 per l’area metropolitana. Di suo, poi, ci aggiunge altri 9 milioni. Ne mancano 53, ma intanto è chiaro che de Magistris ha deciso di giocarsi tutto su Scampia. Un’ulteriore sfida a Renzi.

Il simbolo del degrado

Ispirate alle architetture di Le Corbusier e di Kenzo Tange, le Vele sono poi diventate il simbolo del degrado italiano. Cioè l’esatto opposto di quella modernità progressista per cui furono pensate: come il quartiere Zen a Palermo di Vittorio Gregotti e il Corviale a Roma di Mario Fiorentino. Spinto dalla stessa «ideologia», Franz Di Salvo, tra il 1970 e il 1972 coordinò, per conto della Cassmezz, il gruppo di 6 architetti e 11 ingegneri che le disegnò. Ma ecco il punto. Quel gruppo progettò le Vele, ma non ne curò la realizzazione, perché nel frattempo arrivò il terremoto del 1980 e non ci fu più tempo per i corridoi leggeri e trasparenti o le gradinate più larghe che avrebbero dovuto dare luce alle case. «Dovevamo accompagnare quel progetto con un piano di sviluppo e non trasferire là solo i ceti più poveri e emarginati; e invece volemmo il maledetto e subito», disse poi l’assessore comunale del tempo, il comunista Andrea Geremicca. Risultato: in quelle sette Vele di 14 piani, alte fino a 45 metri, e ora quasi tutte con gli ascensori fuori uso da anni, ci finirono oltre mille famiglie. Divennero un inferno. E toccò a Bassolino, nel 1997, il compito di iniziare l’abbattimento. Quando in diretta Tv gli artificieri azionarono il comando a distanza, però, qualcosa non funzionò. Per l’imbarazzo, Bassolino impallidì, e si sentì uno scugnizzo urlargli: «Sindaco, avite fatto fetecchia». Avete fatto cilecca. Ci volle qualche settimana per completare l’opera, ma rimasero comunque in piedi le attuali quattro vele. Ora Renzi ha 90 giorni di tempo per accettare o respingere il piano. Se lo accoglierà, occorreranno altri 30 giorni per stipulare le convenzioni. In primavera potrebbero così iniziare i lavori. Sarebbe una svolta, per Napoli, la fuoriuscita da un dopo terremoto durato 35 anni. E la camorra? Si ritirerà in buon ordine? Si vedrà.

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Periferie, entro il 10 settembre le 10 aree da riqualificare

Sono 130 le proposte presentate dai Comuni. Il 15 settembre il concorso di idee.
Verranno rese note entro il 10 settembre le 10 aree periferiche, selezionate tra le 130 proposte, che saranno riqualificate attraverso un concorso di idee rivolto ai progettisti under 35.

È scaduto il 31 agosto 2016 il termine entro cui i Comuni potevano proporre aree periferiche da candidare al Bando lanciato dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, e dal Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

I Comuni hanno segnalato 130 aree pubbliche e strutture edilizie esistenti che necessitano di interventi per il Ri.U.So e la rifunzionalizzazione, per finalità d’interesse pubblico, il miglioramento della qualità del decoro urbano, l’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, il potenziamento delle prestazioni e dei servizi di scala urbana, la mobilità sostenibile e l’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative.

Dopo aver reso note le 10 aree prescelte, i promotori del Bando lanceranno, entro il 15 settembre, il concorso di idee. La partecipazione al concorso prevedrà l’obbligo della presenza di un progettista under 35.

I progetti dovranno essere presentati entro il 10 novembre 2016. Entro il 30 novembre 2016 si concluderanno i lavori della giuria e saranno assegnati i premi.

Il concorso si concluderà con la proclamazione di un vincitore per ciascuna area, al quale sarà affidato dal relativo Comune l’incarico per le successive fasi progettuali, secondo l’impegno assunto dalle Amministrazioni all’atto della presentazione della loro proposta.

Per l’attuazione dell’iniziativa, la Direzione Generale finanzierà i premi dei vincitori del concorso di idee, per un importo complessivo di 100.000 euro

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LETTERA APERTA A BEPPE GRILLO ED AL MOVIMENTO ROMANO : L’INSOSTENIBILITA’ DELL’ASSESSORE PAOLA MURARO

Caro Beppe ed amici del M5S romano,

l’acceso dibattito pubblico in corso a Roma sulla giunta di Virginia Raggi ha certamente preso avvio da subito rispetto alla scelta incoerente di affidare l’incarico di assessore a Paola Muraro, presidente di ATIA-ISWA e sostenitrice dell’incenerimento come parte fondamentale della “gestione integrata” dei rifiuti a Roma …. altro che Rifiuti Zero. http://www.atiaiswa.it/chi-siamo/consiglio-direttivo/

Tale giudizio negativo sulla figura di Paola Muraro e sulla sua posizione “inceneritorista” è stato condiviso anche da tutto il M5S e larga parte del suo gruppo parlamentare che sino a due anni fa dichiarava alle critiche sul film TRASHED

http://www.movimento5stelle.it/parlamento/ambiente/2014/08/il-film-trashed-le-polemiche-e-quel-disperato-bisogno-di-monnezza.html .

La scelta è evidente che sia stata basata su semplici considerazioni “emergenziali”, per cui si è valutato fondamentalmente che la Muraro fosse “l’unica persona che sapesse dove mettere le mani data la sua lunga esperienza in AMA” …. nonostante tale elemento avrebbe potuto essere svolto con un ruolo di “consulenza” transitoria, posto che il principio fondante e di prospettiva del M5S è tuttora quel “percorso Rifiuti Zero” a cui la Muraro non crede e che a Roma viene evocato a parole e solo quando serve una “copertura” rispetto a scelte del tutto diverse.

Tale diverso indirizzo è certificato dalla delibera sulle Linee Programmatiche 2016-2021 approvata in Aula Capitolina il 21 luglio u.s. in cui il “percorso Rifiuti Zero” è del tutto assente e con esso la rinuncia all’incenerimento, partendo dal non produrre più il CDR negli impianti TMB di Rocca Cencia e Salaria, ma in modo semplicistico si citano solo le fasi di Riduzione – Riuso – Riciclo, senza alcuna indicazione strategica di obiettivi, tempi ed alternative impiantistiche concrete per l’azzeramento della gestione della fase di smaltimento che riguarda invece circa i due terzi dei rifiuti a Roma.

Ci si è voluti affidare ad un tecnico lontano ed estraneo al M5S, incoerente con i suoi principi e che ha di fatto collaborato con il sistema marcio che si vuole rimuovere, andando di fatto a far decadere il tanto atteso radicale cambiamento nel tema forse più sensibile per Roma, non dando fiducia alle pur disponibili alternative di manager ed esperti da noi indicati e “certificati Rifiuti Zero” dalle concrete esperienze fatte in questi anni a Roma ed in altre grandi città.

Si è sinora volutamente ignorato il percorso popolare “Roma verso Rifiuti Zero” avviato da noi con la precedente giunta Marino, nonostante questo sia stato approvato a dicembre 2014 con deliberazione n. 129 dalla Assemblea Capitolina, in cui riteniamo siano stati introdotti elementi importanti di innovazione a partire da una vera “partecipazione popolare” che non si limita alla mera consultazione ma crea una vera “condivisione decisionale” tra istituzioni e cittadinanza organizzata.

Riteniamo che ci sia spazio per riavviare rapidamente l’esperienza di Virginia Raggi e siamo pronti a dare tutto il supporto tecnico necessario, se si partirà dal resettare gli incarichi di assessori e collaboratori “incompatibili” con la storia ed i principi del M5S come Paola Muraro e dal convocare un urgente confronto con noi, con l’esperienza in atto nella città e con il documento strategico inviato a tutti in campagna elettorale rispetto al “Programma di governo 2016 – 2021 per la gestione sostenibile del ciclo rifiuti di Roma Capitale e della Città Metropolitana” che riteniamo contenga una visione puntuale delle azioni da mettere in campo a Roma a partire dall’attuazione della citata Delibera AC n. 129/2014.




Terremoto Amatrice, nasce coordinamento Oltreilsisma

Un nuovo inizio per i territori del Reatino colpiti dal sisma del 24 agosto, superando la fase emergenziale per puntare alla loro ripresa. Questo l’obiettivo delle realtà del Terzo Settore del Lazio che ieri pomeriggio a Roma hanno creato la rete OLTREILSISMA, con sede operativa a Rieti, per far fronte ai bisogni delle comunità locali.

È necessario lavorare sul medio-lungo termine, dopo aver compiuto un’attenta analisi delle specificità delle aree coinvolte insieme alle organizzazioni reatine. Il terremoto ha infatti colpito territori che presentano criticità preesistenti quali insufficienza della rete viaria e mancato sostegno allo sviluppo delle attività economiche tradizionali.

Puntare a un nuovo inizio significa sostenere l’avvio di un diverso processo di sviluppo locale che crei opportunità di lavoro ed incentivi i giovani a rimanere, investendo sul proprio territorio per diventarne motore e forza vitale.
Tra le azioni da mettere in campo ci sono la messa in sicurezza e la riqualificazione degli edifici e della viabilità; la riattivazione ed il rilancio delle risorse esistenti quali agricoltura, allevamento, enogastronomia, artigianato, turismo; il recupero e la promozione del patrimonio ambientale e storico-artistico. OLTREILSISMA, insieme alle organizzazioni locali, individuerà nelle prossime settimane quali iniziative avviare.

“Esprimo vicinanza e dolore alle persone, alle famiglie, alle comunità così duramente provate – ha dichiarato Gianni Palumbo, Portavoce del Forum Terzo Settore Lazio, che coordina la rete – Il nostro impegno è prima di tutto di aiuto ai sopravvissuti per cui ringrazio le organizzazioni di Protezione Civile che hanno prestato le operazioni di primo soccorso e le altre, in attesa a bordo campo. Ma non basta, vogliamo trasformare il dolore e la perdita di oggi in una risorsa per il domani e sostenere progetti di sviluppo locale insieme alle istituzioni e alle forze economiche del territorio.”

Alla rete hanno già aderito: Acli Lazio, Acli Roma, Agci Solidarietà Lazio, Ancis Politeia onlus, Arci Lazio, Arci Roma, Atdal Over 40, CAI Lazio, Cesv-Spes Centri di Servizi per il Volontariato del Lazio, Comunità Capodarco di Roma, Consorzio CSA Group, Cooperativa Sociale “Assalto al Cielo”, Cooperativa sociale Demethra, Cooperativa sociale Ludus, Coordinamento Periferie Roma, CRI Lazio, Modavi Lazio, Progetto Itaca Roma, Seniores Italia Lazio, Virtus Italia.
L’elenco completo sarà pubblicato nei prossimi giorni.

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TorPiùBella

NottInSogni
6 incontri in cui sognare un quartiere diverso… per poi realizzarlo.

NottInSogni sono le Notti che vorremmo vivere in questo quartiere; oggi desolato, chiuso in sè stesso e incapace di narrare e immaginare una realtà diversa.
Siamo partiti dalla volontà di sradicare una convinzione: “a Tor Bella Monaca si può solo dormire”. Quando si riesce a dormire! Perchè le notti dell’oggi sono insonni, passano con le pale degli elicotteri che fendono l’aria, dei fumi tossici dei cassonetti, sempre traboccanti di immondizia.
E allora se le notti sono insonni perché non passarle insieme, a riflettere su ciò che siamo e su ciò che potremmo essere e a guardare oltre le nostre torri, capendo i problemi e cercando le soluzioni.

PARTECIPO DUNQUE SONO

Venerdì 9 settembre 2016 ore 21 Parco di via Cigola
Cos’è Tor Bella oggi? Quali sono i suoi punti di forza e quali invece i lati da curare?
In questi mesi se lo sono chiesto gli studenti dell’Università de La Sapienza coordinati dal prof. Carlo Cellamare mappando il quartiere secondo 5 aree tematiche. I lavori di quella ricerca saranno esposti agli abitanti affinché dalla conoscenza del quartiere possa nascere la volontà di custodire e di impegnarsi per esso; in una parola partecipare.

Ne parleremo inoltre con Simone Budini docente di Filosofia Politica alla Pontificia Salesiana, Emiliano Sbaraglia professore presso la scuola di via dell’Archeologia e Gervasio Capogrossi, segretario CGIL Roma Est Valle dell’Aniene.

TorPiùBella

Partenza alle 10:30 di sabato 10 Settembre dal parco di Via Cigola per un viaggio attraverso i secoli alla scoperta di una Tor Bella Monaca meno nota.
Dalle fondamenta dell’Antica Roma fino alle torri attuali erette negli anni ’80 passando per la storia medievale. Una narrazione diversa, una riscoperta delle nostre radici per guardare un quartiere diverso!
Le nostre guide saranno Carlo Cellamare, Michela Rustici e Francesco Montillo.




Quando la terra trema

Quando la terra trema non ci resta che stringerci attoniti.
È quello che riusciamo a fare in questi momenti terribili dimenticando tutte le differenze e le divisioni. Siamo con voi non riusciamo che a dire. Siamo con chi soffre, come sempre, per scelta, per istinto, col cuore e la testa. Siamo con voi. Dalle periferie di Roma alle periferie dell’Appennino. Diteci come possiamo aiutarvi e cercheremo di farlo, con la solidarietà dei simili, con l’affetto degli ultimi.
Il Coordinamento Periferie di Roma aderisce alle iniziative in corso del CESV e del Forum del Terzo Settore per i terremotati.