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L’operatore di quartiere: l’operaio della coesione sociale

Un operatore sociale dedicato al sostegno e alla cura di ogni quartiere. E’ questa una delle novità introdotte da Fili Sociali, il progetto lanciato a Bergamo, per promuovere un sistema di welfare di comunità, rendendolo più vicino ai cittadini.

“Si tratta di un ruolo nuovo, che però agisce su un contesto già esistente. L’operatore sociale infatti, più che con il singolo cittadino, lavora con l’intera comunità.” Spiega Andrea Preda, uno tra i primi sette operatori di quartiere ad aver assunto questo ruolo negli ultimi anni.

“Dalla fine degli anni novanta, infatti, a Bergamo sono state attivate delle reti che riuniscono i protagonisti delle realtà sociali di ogni quartiere, dando così origine a momenti di incontro e condivisione. Inizialmente le tematiche delle reti sociali erano concentrate sull’educazione, ma la nuova amministrazione ha deciso di investire su questo capitale, ampliandolo anche ad altri aspetti del sociale.”

Ad oggi le reti sociali del territorio sono 18, su 22 quartieri. Ogni operatore quindi gestisce 3 quartieri diversi, svolgendo un’azione di supporto, connessione e attivazione, dove queste non esistono ancora. Un’azione per cui è fondamentale trovare un’intesa con la comunità.

“Il nostro è un lavoro di ascolto. Avere un contatto così stretto coi diversi quartieri permette di avere costantemente il polso della situazione, intercettando le diverse domande presenti sul territorio.” Continua Andrea Preda, spiegando che gli operatori di quartiere funzionano come antenne territoriali.

“Partecipiamo agli incontri delle reti sociali e ai diversi tavoli tematici organizzati dalle reti stesse. In questo senso, il networking e la facilitazione costituiscono gran parte del nostro lavoro. Grazie all’osservatorio privilegiato che abbiamo, siamo in grado di mettere in connessione realtà sociali che non sono ancora in contatto, per rispondere ai bisogni specifici.” Un lavoro lungo che pagherà con il tempo, secondo Andrea Preda.

“Per ora non assumiamo ancora un ruolo di problem solving attivo, per questo il singolo cittadino fa ancora fatica a percepire il nostro impatto diretto, noi siamo un supporto ai gruppi.” Spiega, “inizialmente venivamo confusi come sostituti della circoscrizione, ma piano piano ci stiamo facendo conoscere. Per arrivare a capire davvero le persone e i luoghi ci vogliono tempo e molta pazienza.”

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Nuova Babilonia, la città fluida dei nomadi digitali

Dall’utopia di Constant, concepita ad Alba 60 anni fa, alla Senseable City aperta alla condivisione, in cui ognuno è libero di muoversi e decidere dove vivere
La meno conosciuta delle rivoluzioni urbane del XX secolo iniziava esattamente sessant’anni fa, per caso, in un campo nomadi alla periferia di Alba, nelle Langhe. È qui che Constant Nieuwenhuys, l’artista olandese per tutti noto come Constant, passeggiando su un appezzamento di terreno di proprietà dell’amico pittore Pinot Gallizio, ebbe un’intuizione che avrebbe cambiato il nostro modo di guardare alle città, al loro funzionamento e alla loro bellezza. In quelle settimane, su quel terreno ai bordi del fiume Tanaro era ospitato un gruppo di Sinti. Avvicinandosi alla comunità, e osservandone i ritmi, Constant intravide la possibilità di un’architettura nuova, al cui interno immaginare un’esistenza condotta in movimento perpetuo.
In altre parole, quel giorno d’autunno del 1956, ad Alba, era stato piantato il primo seme di New Babylon (la Nuova Babilonia): l’utopia urbana e artistica su cui Constant avrebbe lavorato nei vent’anni successivi. Nei tanti disegni e modellini oggi conservati al Gemeentemuseum dell’Aia, New Babylon si presenta come un insediamento esteso all’infinito: una rete di enormi piattaforme sopraelevate che attraversano l’intera Europa. Una via di mezzo tra una grande autostrada abitata e un intreccio di scale, vele e impalcature. In questo «campo per nomadi su scala planetaria» ogni individuo avrebbe potuto condurre un’esistenza fluida, libero di riconfigurare sia il suo luogo di residenza, sia il suo spazio domestico, sia la sua attitudine al lavoro. New Babylon sarebbe stata abitata da un uomo nuovo – chiamato Homo ludens riprendendo la definizione dello storico olandese Johan Huizinga – la cui vita flessibile avrebbe abbattuto ogni distinzione tra lavoro e arte.
L’architettura dinamica
A sessant’anni di distanza, il lavoro di Constant appare oggi più che mai attuale: capace di anticipare in modo straordinario alcuni paradigmi che definiscono la vita del XXI secolo, quali la mobilità a basso costo o l’ibridazione tra lavoro e tempo libero. Fino all’idea – fondamentale – che la città si possa rappresentare come una trama di flussi. A partire dalla New Babylon, dire «architettura dinamica» non è più un ossimoro.
In quegli stessi anni il sociologo francese Paul-Henry Chombart de Lauwe aveva realizzato, con gran fatica, una mappa di tutti i movimenti di una studentessa a Parigi durante un intero anno. La povera ragazza, tracciata nel suo peregrinare ricorrente tra casa borghese nel XVI Arrondissement, scuola a Sciences Po e lezioni di piano, era poi diventata un facile sberleffo del Sessantotto. Oggi, grazie al Gps e servizi come la Location History di Google, quella mappa è disponibile in potenza per ciascuno di noi.
Insomma, nell’epoca digitale i flussi ci circondano. E proprio a partire da una loro analisi possiamo capire meglio la nostra città, odierna Babilonia. Come Constant aveva intuito, i flussi sono oggi uno dei soggetti di indagine più importanti per il futuro dell’architettura: proprio per questo li ritroviamo al centro di molti progetti su cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, sia al Senseable City Lab del Mit, sia presso lo studio Carlo Ratti Associati. Uno dei nostri obiettivi è proprio quello di capire come riprogettare lo spazio a partire dalle scie di dati che la quotidianità lascia dietro di sé, in proporzioni crescenti.
Il mondo di Homo ludens
Ad esempio nell’estate 2006, con il progetto «Real Time Rome», abbiamo usato i dati dalla rete cellulare di Roma per interpretare la mobilità locale. Erano le ore della finale dei campionati mondiali di calcio: quella sera, con meraviglia, abbiamo iniziato a vedere milioni di persone palpitare e muoversi in sincrono. Era la prima volta che informazioni di questo tipo – Big Data alla scala urbana – venivano usate per leggere la città. Il disegno della metropoli in festa sembrava dare forma a un unico cuore pulsante – richiamando quell’idea, cara a Jorge Luis Borges, che le strade della città «sono le viscere dell’anima mia».
Constant sognava che ogni stanza dell’Homo ludens potesse essere rimodulata e riconfigurata – secondo un ventaglio di luci, pareti mobili o scale. Anche questo è per noi un campo di ricerca, che parte sempre dal flusso dei dati per dargli forma costruita. L’idea che l’architettura possa diventare come una terza pelle, sincronizzandosi con le nostre esigenze, ci sta guidando nei progetti di nuovi ambienti di lavoro a Singapore come a Torino.
Quale nome dare a questa nuova metropoli progettata a partire dai flussi? La definizione che più ci piace è Senseable City: una città che sente i dati, e che è allo stesso tempo una città sensibile, vicina all’uomo e al suo bisogno di bellezza. Si tratta di un ambiente aperto, portato alla condivisione, in cui ognuno è libero di muoversi e decidere dove vivere. Una città che deve non poco alla Nuova Babilonia.
Sempre più forte, in rete, assistiamo al crescere di una nuova generazione creativa – di programmatori, makers, scrittori – che si ribattezzano «nomadi digitali». Questi ragazzi, forse senza saperlo, stanno a loro volta dando nuova linfa proprio alle idee di Constant. Lavorando e allo stesso tempo svagandosi: una settimana in un co-working su una spiaggia della Tailandia, un giorno in un caffè a Città del Messico, un mese in una stanza di AirBnB in un villaggio norvegese. Provando, insomma, a realizzare le speranze dell’Homo ludens. Non soltanto nelle grandi metropoli, ma anche nelle discrete periferie del mondo – un po’ come accadde ai margini di Alba, quel giorno d’autunno del 1956.

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Corviale e l’occasione perduta

I fondi dirottati ad altre periferie
Il progetto di riqualificazione vincitore di un concorso internazionale è stato proposto da Regione e Ater come candidato a ottenere una parte dei finanziamenti del governo. Ma il Campidoglio preferisce spargere a pioggia i soldi in altri ambiti come i Forti Boccea e Trionfale o San Basilio e il Litorale.
Lo Zen a Palermo, Scampìa a Napoli, Corviale a Roma: tre esperimenti di edilizia popolare realizzati tardi rispetto ai tempi a cui erano destinati e per di più nemmeno portati a termine. Tre «quartieri» all’avanguardia che seguivano però di decine d’anni l’Unité d’habitation di Le Corbusier a Marsiglia, quella sì, veramente anticipatrice.

Tre casi di degrado abitativo che mostrano come buone architetture possono diventare cattive se monche, senza manutenzione e senza mixité sociale. Da anni il Serpentone di un chilometro sulla Portuense è oggetto di modesti interventi di riqualificazione. La grande occasione si è presentata un paio di settimane fa, quando il progetto vincitore di un concorso internazionale (45 partecipanti) è stato proposto dalla Regione Lazio e dall’Ater (proprietario dell’immobile) come candidato ad ottenere una piccola parte del fondo di 500 milioni stanziato da Renzi per il recupero delle periferie. Entro agosto i Comuni delle sei città metropolitane a cui è diretta la somma dovevano presentare i progetti da finanziare. Napoli ha puntato sul risanamento delle Vele, Palermo sulla riqualificazione dello Zen.

La giunta Raggi non ha tenuto conto che il progetto per la rinascita di Corviale ha avuto già oltre sette milioni dalla Regione, mentre ne mancano 15 per il suo completamento. Ed ha proposto di spargere a pioggia i soldi del governo in diversi ambiti periferici come i Forti Boccea e Trionfale o San Basilio e il Litorale. Per Corviale il Campidoglio chiede solo 2,5 milioni, oltretutto in gran parte per la scuola del quartiere. Sul piano elettorale si può capire la scelta della giunta Raggi, ma le elezioni sono alle spalle. Il risanamento di Corviale, secondo il progetto dell’architetto Laura Peretti vincitrice del concorso, si basa sull’idea, apprezzata dall’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, di «creare differenze in un ambito indifferenziato», cioè articolare il Serpentone monoblocco in parti riconoscibili e identitarie per suscitare un rapporto tra abitanti ed edificio. Forse la giunta Raggi non vuole associare il recupero del Corvialone al nome di Renzi: e così ha preferito raccogliere consensi sparsi nel fermento periferico.

Ancora una volta Roma manca un’occasione per dimostrare la capacità di immaginare il futuro, scegliendo la mera gestione del presente. Un presente dove le cose normali diventano fatti straordinari, come le strade pulite o i bus in marcia. Dove il riscatto di Corviale resta solo nelle mani di chi lo abita.

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Delibera Bando periferie Napoli

Delibere città metropolitane Bando periferie 2016




Roma 2024, con le Olimpiadi 15 impianti nuovi nelle periferie

Non è solo ambizione, la voglia di regalare a Roma il sogno delle Olimpiadi. E’ desiderio di rimodulare l’intera città, migliorandone soprattutto i servizi, siano essi sportivi ma anche legati ai trasporti, al verde pubblico, all’occupazione. Punta su questo il Comitato promotore Roma 2024 che ieri ha presentato, ai piedi dello stadio Flaminio, uno studio mai realizzato prima su quello che la Capitale già offre, in termini di impianti sportivi, su cosa si potrebbe migliorare e creare se riuscisse a strappare la candidatura in vista dei prossimi Giochi.

Si parte così dal censimento di Roma «il primo completo e analitico che c’è in Italia», ha spiegato il numero uno del Coni, Giovanni Malagò, punto di partenza senza il quale «non si potranno fare tutti gli interventi individuati». Un gruppo di studenti universitari ha, dunque, passato in rassegna 2.221 impianti di cui mille pubblici (scuole incluse), 6.336 spazi di attività, producendo oltre 9.600 foto sullo stato delle strutture. Il censimento è servito anche a capire dove creare 15 nuovi impianti sportivi e riqualificare almeno 20 strutture sportive scolastiche da lasciare in eredità a Roma. Tra le zone interessate, quelle ai margini del Centro. Periferie e borgate, dunque, da Tor Bella Monaca a Corviale.

A questo si aggiunge la forza che già Roma detiene, anche grazie all’eredità delle Olimpiadi del 1960. Dispone, infatti, del 70% degli impianti sportivi, alcuni dei quali come lo stadio Flaminio che «proprio grazie alle Olimpiadi – ha aggiunto Luca Cordero di Montezemolo – potrebbe essere riqualificato senza investimenti di denaro a carico del Campidoglio».

Perché qualora Roma riuscisse davvero a ospitare i Giochi, i 5,3 miliardi di euro previsti e divisi tra costi di investimento e costi operativi sarebbero coperti per 3,2 miliardi dal finanziamento del Cio, dalle sponsorizzazioni, dal marketing e per 2,1 miliardi dal contributo dello Stato. Non dalla singola amministrazione comunale di Roma. Non solo, perché Olimpiadi è sinonimo anche di occupazione. Stando alle analisi compiute dal Comitato promotore, infatti, con i Giochi si verrebbero a creare circa 177mila posti di lavoro e il Pil della città, nei prossimi sette anni, potrebbe crescere di almeno il 2,4%.

Infine, le migliorie non riguarderebbero soltanto gli impianti sportivi. Il polo universitario di Tor Vergata, ad esempio, dove è prevista la creazione del Villaggio olimpico, sarebbe trasformato dopo le Olimpiadi in un campus da 6mila unità residenziali.

La rete viaria e dei trasporti della Capitale, inoltre, ne gioverebbe. Sono infatti previsti interventi ferroviari, come la realizzazione di nuove stazioni al Foro Italico, Tor di Quinto, Valle Aurelia e Pigneto, e, altresì, interventi stradali che riguarderanno il Ponte dei Congressi, quello di Dragona, il nuovo ponte tra Circonvallazione Ostiense e via Fermi, il collegamento tra il Grande Raccordo Anulare e la Flaminia.

Inoltre con le Olimpiadi è prevista anche “una cura del verde” per il Tevere e la volontà di creare nuovi parchi – a Saxa Rubra, Magliana e tor Vergata – fruibili per i cittadini.

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Riqualificazione Periferie: selezionate le dieci aree tra quelle indicate dai Comuni

È terminata la selezione delle proposte ideative per la promozione di interventi di riqualificazione di periferie urbane che saranno oggetto di un concorso di idee per la promozione di dieci interventi, tra quelli selezionati, destinati a giovani architetti under 35.

Sulla base di una serie di proposte presentate dai Comuni chiamati ad individuare siti di periferie urbane da riqualificare, sono state selezionate le seguenti aree che adesso saranno oggetto di concorso di idee finalizzato alla loro riqualificazione:

Il quartiere Toscanini ad Aprilia (Latina);
Case minime in rione Belvedere a Corato (Bari);
l’ex Casa Cioni in frazione Avane a Empoli (Firenze);
il Parco della Salinella a Marsala (Trapani);
la Cittadella dello sport a S. Filippo Neri, allo Zen (Palermo);
i rioni Trabocchetto e Sant’Anna a Reggio Calabria;
l’ex Convento in rione Cappuccini a Ruvo di Puglia (Bari);
il quartiere Praissola a San Bonifacio (Verona);
l’ex Collegio Carta-Meloni a Santu Lussurgiu (Oristano);
il quartiere Latte Dolce a Sassari

Le dieci aree sono state selezionate dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane del MiBACT e dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. L’iniziativa, frutto di una convenzione sottoscritta tra i due organismi, ha registrato grande interesse con la partecipazione di 140 Comuni, 58 del Sud e delle Isole, 35 del Centro e 47 del Nord e ha visto premiare proprio il Sud del Paese con ben 7 aree selezionate. Tra le finalità della convenzione quelle di promuovere, attraverso interventi finalizzati alla riqualificazione delle periferie, la centralità e la qualità del progetto, la partecipazione e la condivisione delle comunità locali e la promozione dei talenti dei giovani architetti.

Su quest’ultimo aspetto l’iniziativa prevede che al concorso di idee finalizzato all’acquisizione delle proposte per la riqualificazione delle dieci aree scelte – lanciato oggi ed il cui bando scade il prossimo 11 novembre – partecipi, tra i firmatari degli elaborati, almeno un giovane professionista di età inferiore ai 35 anni.

Alle dieci proposte vincitrici (una per ciascuna area) la Direzione Generale assegnerà un premio di 10.000 euro; le idee saranno offerte gratuitamente ai Comuni interessati affinché, una volta reperite le necessarie risorse, possano procedere alle successive fasi della progettazione e della realizzazione degli interventi di riqualificazione urbana che dovranno essere affidate agli stessi architetti vincitori del concorso di idee.

Il CNAPPC ha sottolineato che la partecipazione al Concorso, in tutte le sue fasi, avverrà esclusivamente on line, attraverso la piattaforma “Concorrimi” messa a disposizione dall’Ordine degli Architetti di Milano e Provincia.

In particolare, il Concorso di idee, con procedura aperta, per la riqualificazione di dieci aree urbane periferiche, è aperto agli Architetti e agli Ingegneri ed articolato in unica fase in forma anonima (anonimato assicurato dal sistema Concorrimi che prevede l’assegnazione ad ognuno dei concorrenti un codice che sarà utilizzato per l’intero procedimento). Di seguito il calendario del Concorso:

12.09.2016 – pubblicazione del bando
12.10.2016 ore 23:59:59 – presentazione dei quesiti;
18.10.2016 ore 23:59:59 – pubblicazione delle risposte ai quesiti;
11.11.2016 ore 16:00:00 – ricezione delle proposte ideative;
12.11.2016 ore 11:00:00- prima seduta pubblica della Commissione Giudicatrice;
18.11.2016 – pubblicazione degli esiti del concorso.

Premi

Il concorso si concluderà con una graduatoria di merito per ciascuna delle dieci aree oggetto del concorso. Ai dieci concorrenti redattori delle proposte ideative classificate al primo posto (una per ciascuna area), sarà attribuito un premio di €. 10.000,00 (al lordo di IVA e contributi previdenziali).
Elaborati richiesti – Fase unica

La proposta ideativa dovrà riguardare solo una delle aree da riqualificare, poste a concorso e dovrà essere sviluppata con gli elaborati seguenti:

n. 1 relazione descrittiva, utile ad illustrare i criteri guida delle scelte progettuali in relazione agli obiettivi previsti dal bando e alle caratteristiche dell’intervento e stima sommaria dell’intervento. Dovrà essere contenuta in un numero massimo di 2500 battute, spazi inclusi, in formato UNI A4 su file PDF, orientamento in senso verticale, per un totale di max 2 facciate;
n. 3 (tre) tavole nel formato UNI A3, orientamento in senso orizzontale, su file PDF, contenente rappresentazioni grafiche, immagini, testo e quant’altro utile a rappresentare l’idea progettuale.

Affidamento dello sviluppo degli ulteriori livelli progettuali

I Sindaci dei Comuni nel cui territorio ricadono le aree selezionate e ammesse al concorso, hanno assunto, in sede di selezione, l’impegno di affidare i successivi livelli di progettazione ai vincitori del concorso, ai sensi del comma 6 dell’art. 156 del D.Lgs. n. 50/2016, a mezzo di procedura negoziata senza bando, a condizione che gli stessi vincitori comprovino, anche successivamente alla proclamazione, il possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economica di cui al presente articolo, in rapporto ai livelli progettuali da sviluppare.

Al fine di quantificare i requisiti speciali richiesti per la procedura negoziata a cui ricorrere per l’attribuzione del servizio di progettazione dei livelli successivi (progetto di fattibilità tecnico-economica, definitiva ed esecutiva anche in unico livello), le categorie e le ID delle opere saranno individuate sulla base dei contenuti della proposta ideativa a base di gara, applicando, per il calcolo, il D.M. 17 giugno 2016, a cui fa riferimento l’art. 24, comma 8, del D.Lgs.50/2016.

In particolare, per l’affidamento dell’incarico, relativo ai livelli progettuali da sviluppare, con le modalità di cui al presente articolo, saranno richiesti i seguenti requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-amministrativa:

all’avvenuto espletamento, nell’arco della carriera professionale e sino alla data di pubblicazione del presente bando, dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria, di cui all’art. 3, lett. vvvv) del Codice, relativi a lavori appartenenti ad ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare, individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali, per un importo globale per ogni classe e categoria pari ad 1 volta l’importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione, calcolato con riguardo ad ognuna delle classi e categorie;
all’avvenuto svolgimento, nell’arco della carriera professionale e sino alla data di pubblicazione del presente bando, di due servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria, di cui all’art. 3, lett. vvvv) del Codice, relativi ai lavori appartenenti ad ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare, individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali, per un importo totale non inferiore a 0,40 volte l’importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione, calcolato con riguardo ad ognuna delle classi e categorie e riferiti a tipologie di lavori analoghi per dimensione e per caratteristiche tecniche a quelli oggetto dell’affidamento.

I sopraelencati requisiti sono estesi all’intera carriera professionale, al fine di garantire la più ampia partecipazione dei soggetti di cui al precedente art. 3, in linea con le indicazioni riportate nella parte II (capacità tecnica) dell’allegato XVII al D.Lgs.50/2016.

Qualora l’autore del progetto vincitore non fosse in possesso dei requisiti sopra elencati, potrà associarsi con altri soggetti di cui all’articolo 46, comma 1 del D.Lgs.50/2016, che ne siano in possesso, nelle forme del raggruppamento temporaneo e/o ricorrere allo strumento dell’avvalimento previsto dall’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016.

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Renzi da Sala per la firma del Patto per Milano. Metrò, militari, periferie Seveso: i punti dell’accordo

Sul tavolo anche la richiesta di creare una ‘no tax area’ dove una volta c’era Expo. Messi tutti insieme, i progetti e i desiderata della città rappresentano un conto che supera il miliardo di euro.
A due mesi (quasi) esatti dalla riunione straordinaria di giunta alla presenza del premier, Matteo Renzi torna a Milano per firmare con il sindaco Beppe Sala il Patto Milano: il documento che segna i fronti strategici per la città e su cui governo e Comune si impegnano a lavorare insieme. Dall’ambizione in chiave post Brexit di candidarsi come alternativa a Londra per diventare sede dell’Agenzia europa del farmaco al futuro delle aree Expo; dai prolungamenti delle metropolitane alla sicurezza, dalla casa al welfare. Fino al nodo, ancora irrisolto, del destino anche economico della Città metropolitana.

È lungo l’elenco di proposte che si è trasformato in un documento spedito a Roma. Tra cui la parte che riguarda la possibilità di utilizzare i militari, solo su base volontaria, per scopi di polizia locale, che è ancora in discussione. Il motivo: la possibilità sulla carta esiste, ma non è semplice da realizzare e soprattutto non ci sono fonti di finanziamento precise. L’architettura generale, però, c’è. Così come la volontà di Renzi, sono convinti in giunta, di mettere la faccia anche politicamente su questa operazione puntando le proprie carte su Milano.

Messi tutti insieme, i progetti e i desiderata della città rappresentano un conto che supera il miliardo di euro. In Comune si respira un generale ottimismo. Anche perché, è il ragionamento, l’importanza del patto è nella sua visione strategica e i fondi, a cominciare da quelli per le metropolitane, non devono essere trovati nell’immediato. Solo far viaggiare per i primi tratti i treni del metrò fino a Monza e Settimo Milanese (l’allungamento di M5) e Buccinasco (la 4) vale centinaia di milioni. Ma quello che deve partire ora, appunto, è solo il percorso.

Tra i punti c’è anche la protezione dal rischio esondazione del Seveso e del Lambro, con gli ultimi pezzi del piano che ancora mancano. Altri impegni del governo, però, non prevedono assegni da staccare, ma sponde politiche, legislative e diplomatiche. A cominciare dall’orizzonte più ampio. Per conquistare l’Agenzia europea dei medicinali o quella delle banche in fuga da una Londra fuori dall’Ue, servirà la volontà dell’esecutivo di spendersi a livello internazionale. Così come sarà Roma a dover studiare strumenti per attirare investimenti sulle aree Expo dedicati all’innovazione o fare di quel luogo una “no tax area”.

Infine, i campi in cui è Milano a candidarsi come modello nazionale: la casa e il welfare, con progetti pilota contro le povertà. Nel primo caso, la città conterà sulle proprie forze per trovare i 130 milioni necessari per curare periferie e quartieri popolari. Al governo si chiedono interventi normativi per velocizzare, ad esempio, le procedure per assegnare gli appartamenti che verranno ristrutturati. E una discussione dovrà essere aperta anche sulla questione degli arrivi dei profughi.

pattomilano

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Lazio: nuove norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani

Entro 1 anno la Giunta regionale individuerà i criteri di indirizzo per i comuni e le modalità di attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, della Legge 10/2013.
La Regione Lazio “riconosce l’importanza ed il ruolo della diffusione del verde nel contesti urbani e promuove lo sviluppo e la qualificazione delle aree a verde come strumento di valorizzazione del paesaggio e come strumento di contrasto e contenimento delle emissioni climalteranti in atmosfera e della difesa delle falde freatiche in area urbana, come componente strutturale del sistema città destinate ad elevare il comfort e il benessere urbano, favorire il risparmio energetico e la prevenzione del rischio idrogeologico.”

È quanto dispone il comma 1 dell’articolo 26 della Legge regionale del Lazio 10 agosto 2016, n. 12 “Disposizioni per la semplificazione, la competitività e lo sviluppo della regione”, pubblicata sul Burl n. 64, Supplemento n. 2 dell’11 agosto 2016 e in vigore dal 12 agosto.

Al comma 2 del suddetto art. 26 si legge che la Regione Lazio “aderisce alla “Giornata nazionale degli alberi”, riconosciuta ai sensi dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani) fissata per il 21 novembre di ogni anno. Durante tale Giornata, la Regione promuove ed incentiva forme di collaborazione fra il Corpo forestale dello Stato, i comuni, gli enti gestori delle aree naturali protette, le associazioni e le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per la messa a dimora dì essenza arboree in viali pubblici ed in aree pubbliche nonché realizza iniziative per la promozione della conoscenza dell’ecosistema boschivo, il rispetto delle specie arboree ai fini dell’equilibrio tra comunità umana e ambiente naturale, rieducazione civica ed ambientale sulla legislazione vigente, nonché per stimolare un comportamento quotidiano sostenibile al fine della conservazione delle biodiversità.”

La Giunta regionale, “entro un anno della data di entrata in vigore della presente legge, con propria deliberazione, adottata previo parere della commissione consiliare competente, individua i criteri di indirizzo per i comuni e le modalità di attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, della l. 10/2013.”

La presente normativa “non si applica per gli edifici soggetti a vincolo architettonico, paesaggistico, culturale, storico, artistico ed etnoantropologico, salvo diverso parere delle competenti Soprintendenze.”

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Mafie, manager pensionati o disoccupati per gestire le imprese confiscate

Non c’è solo l’idea di utilizzare le case sequestrate al crimine organizzato per l’emergenza abitativa e per i profughi: l’Emilia Romagna pensa a un tutoraggio manageriale per la gestione delle imprese sequestrate, che si concretizzerebbe affiancando all’amministratore giudiziario un manager.
Non c’è solo l’idea di utilizzare le case sequestrate al crimine organizzato per l’emergenza abitativa e per i profughi. Il nuovo Testo unico per la legalità della Regione Emilia Romagna, al vaglio dell’Assemblea legislativa, apre la strada anche ad un’altra novità: il ricorso gratuito a manager in pensione o disoccupati per aiutare le imprese sequestrate a restare sul mercato, salvaguardando l’occupazione. Di questa ipotesi ha parlato il relatore della legge, il consigliere regionale Antonio Mumolo (Pd), intervenendo nei giorni scorsi alla Festa dell’Unità di Bologna.

Il Testo unico contiene “un articolo sulla salubrità produttiva delle imprese sequestrate e confiscate – spiega Mumolo -. La stragrande maggioranza delle imprese confiscate fallisce poco dopo. Ci sono imprese confiscate che sono cartiere, servono soltanto a riciclare denaro. Ci sono imprese confiscate che servono ad altro, sono di facciata, quindi non potrebbero stare sul mercato e fallirebbero comunque”. Allo stesso tempo, però, “ci sono imprese confiscate che sono sane”, perché i mafiosi “fanno anche investimenti veri” e queste imprese, continua il consigliere dem, “possono stare sul mercato”.

Agenzia giornalistica
Beni confiscati, così la Lombardia crea posti di lavoro “sociali”
Beni confiscati: cibo, comunicazione e turismo fanno rinascere Casal di Principe
AREA ABBONATI
Il limite, però, è che dopo il sequestro o la confisca vengono affidate ad un amministratore giudiziario, individuato all’interno di un albo “in cui normalmente ci sono avvocati e commercialisti: io faccio l’avvocato da 22 anni – afferma Mumolo – e vi assicuro che non sarei in grado di gestire un’impresa, perché per farlo non basta conoscere le leggi, bisogna conoscere il mercato e come attirare nuovi clienti, tenersi quelli che ci sono, bisogna conoscere i fornitori”.
C’è l’esempio di un albergo che fu sequestrato a Granarolo “e non è finita benissimo”, ricorda Mumolo. Bisogna fare di più, però: “C’è la necessità di garantire il livello occupazionale, perché altrimenti si rischia che i lavoratori dicano ‘si stava meglio quando c’era il mafioso, perché almeno lo stipendio lo portavo a casa’ facendo un lavoro onesto”. Per questo, “immaginiamo la possibilità di tutoraggio manageriale per la gestione delle imprese sequestrate e confiscate”, che si concretizzerebbe “affiancando all’amministratore giudiziario un manager che lo faccia gratuitamente, che accompagni l’impresa ad una gestione ottimizzata”.

Per riuscirci, precisa Mumolo, la strada più efficace sarà quella di protoccoli ad hoc con i Tribunali. Questo perché “ci sono anche i manager che fanno volontariato – assicura Mumolo – e magari vanno in Africa a seguire la gestione o costruzione di un ospedale e ci sono manager che hanno la volontà di operare, gratuitamente e volontariamente, in Italia”. Inoltre, bisogna tener presente che la disoccupazione riguarda anche i dirigenti. “Per un manager poter rimanere sul mercato e gestire un’azienda, anche gratuitamente – afferma il democratico – significa moltissimo, perché vuol dire non disperdere una professionalità e quindi ci sono anche manager disoccupati che sono disponibili a gestire per qualche mese, gratuitamente, un’impresa sequestrata perché tra l’altro un domani quella gestione potrebbe trasformarsi nel loro futuro posto di lavoro”.
Lo stesso schema, segnala inoltre Mumolo, potrebbe essere applicato anche per il sostegno alle vittime dei reati: in questo caso, ad esempio, una forma di intervento volontario potrebbe intervenire sul fronte del supporto legale.

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Programma Straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie di Roma

Deliberazione n. 29
Programma Straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle Città Metropolitane e dei Comuni capoluoghi di provincia – partecipazione da parte di Roma Capitale al “Bando Periferie 2016” (DPCM 25/05/2016).

Deliberazione n. 30

Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione, da parte della Città Metropolitana di Roma Capitale, del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”. Approvazione del progetto pilota di azioni integrate “Una strategia olistica per la rigenerazione delle aree periurbane del quadrante nord-ovest di Roma” e dei relativi progetti di fattibilità tecnica ed economica. Nomina del R.U.P.

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Emilia-Romagna: 6,2 MLN per l’efficientamento energetico di oltre 400 case popolari

Finanziamenti per ristrutturare gli alloggi Erp o per il contenimento energetico attraverso interventi fino a un massimo di 50 mila euro per ogni alloggio.
La Regione Emilia-Romagna stanzia 6,2 milioni di euro ai Comuni e le Unioni di Comuni per il risanamento e l’efficientamento energetico di oltre 400 alloggi di edilizia residenziale pubblica. Si tratta di ulteriori risorse, previste dalla Legge di stabilità 2016, che vanno ad aggiungersi ai circa 40 milioni di euro già concessi all’Emilia-Romagna nell’ambito del Programma di recupero degli alloggi Erp (Decreto Interministeriale del 16 marzo 2015).

Il nuovo stanziamento, approvato dalla Giunta regionale nell’ultima seduta, concede ai Comuni e alle Unioni finanziamenti per ristrutturare le case popolari o per il contenimento energetico mediante interventi fino a un massimo di 50 mila euro per ogni alloggio, assegnandoli in base allo scorrimento della graduatoria approvata nel 2015.

Gli interventi dovranno iniziare entro 12 mesi dalla data di pubblicazione del provvedimento sul Bollettino ufficiale telematico della Regione Emilia-Romagna.

Questa l’assegnazione dei fondi: 3,667 milioni vanno al Comune di Bologna (interventi su 142 alloggi), 100mila euro al Comune di Sasso Marconi, sempre nel bolognese (6 alloggi); 600 mila euro al Comune di Lugo (Ra) per 12 alloggi; 576 mila euro al Comune di Parma per 30 alloggi; 500 mila al Comune di Modena per 93 alloggi; 208 mila euro al Comune di Piacenza (43 alloggi) e 113 mila al Comune di Fiorenzuola D’Arda, sempre nel piacentino (6 alloggi). Nella provincia di Rimini, 150mila euro al Comune di Cattolica (3 alloggi) e 56mila a quello di Bellaria-Igea Marina (12 alloggi); 192mila euro al Comune di Forlì (31 alloggi); 48mila euro al Comune di Ferrara (1 alloggio) e, nel reggiano, 16mila al Comune di Castelnovo di Sotto (4 alloggi) e 24 mila al Comune di Sant’Iario D’Enza (21 alloggi).

In Emilia-Romagna il patrimonio di edilizia residenziale pubblica (Erp), gestito perlopiù dalle Acer, comprende attualmente oltre 55.000 alloggi, il 97% dei quali di proprietà dei Comuni. Le case occupate sono 51mila (92% del totale) e 2mila (3,6%) quelle pronte per essere assegnate perché non necessitano di alcun intervento di ristrutturazione. I nuclei familiari composti da una o più persone in lista di attesa per l’assegnazione di un alloggio Erp sono 35mila. Attualmente nelle case popolari vivono 120mila persone. I nuclei familiari sono 51.258.

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