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Periferie anno zero

Quando molti anni fa cominciai a studiare le grandi periferie urbane ed ebbi occasione di vivere a lungo nel nord Europa, venni inizialmente colpito dai grandi centri commerciali che un po’ fungevano da cuori pulsanti dei quartieri periferici di Copenaghen, Stoccolma, Helsinki. Avevo studiato all’università i progetti di quei quartieri, individuando spesso una stecca centrale di servizi in aree di nuova urbanizzazione. Ma andandoci e vivendoli di persona, insieme a quelle visioni di architetture omnicomprensive e anche piuttosto accattivanti, mi colpiva il silenzio dei luoghi, l’assenza di movimento, l’atmosfera priva di respiro. Di lì a poco, quello che era stato compreso come un grosso errore fisico e sociale, cominciò ad essere sostituito, o meglio implementato: insieme alle aree commerciali, prepotente fu il ritorno all’utilizzo di un piccolo commercio diffuso di quartiere, il cosiddetto “negozio di vicinato”, atto a rispondere alle esigenze di tutti i giorni ad una utenza che o per scelta, o per impossibilità, non si indirizzava ai grandi centri commerciali. Una tendenza, questa, progressivamente, benchè molto lentamente, giunta a colpire anche i territori, in primo luogo quelli americani, dove erano nati i centri commerciali. Che stanno ora ovunque manifestando criticità un po’ ovunque.

Da noi questi sono nati con forte ritardo rispetto ad altre aree geografiche, ma in pochi anni la loro presenza era letteralmente esplosa ovunque. Al solito, senza prendere atto che lì dove esistono da tempo, l’offerta di centri commerciali è stata equilibrata dal potenziamento di attenzione verso i centri storicie dal sostegno al piccolo commercio di quartiere: vale a dire, una pluralità di proposte sul libero mercato. A Bari, dove gli interventi sul territorio sono stati condizionati da visioni esclusivamente speculative e di scarsa prospettiva, è successo esattamente il contrario: la nascita e concentrazione di un notevole numero di centri commerciali in aree suburbane, si è sviluppata mentre crollava l’attenzione verso le aree centrali e le periferie crescevano disumane e totalmente prive di servizi.

A me piacerebbe che si prendesse definitivamente atto che la città è un sistema complesso ed intervenire su una sua parte non potrà mai dare esiti favorevoli di recupero, se non si interviene su tutte le sue componenti. Per meglio intenderci, pensare di recuperare un quartiere diventato ghetto, perché privo di servizi e con una utenza marginalizzata, intervenendo sui suoi aspetti fisici, difficilmente darà risultati solidi e duraturi se si fanno calare progetti dall’alto senza coinvolgere la popolazione locale, senza comprendere appieno quali siano le reali aspettative e non si riesce a far risorgere quei sentori storici, culturali, paesaggistici che certamente esistono ma sono stati schiacciati dall’ignoranza e dalla indifferenza a tali valori. Intervenire con proposte di incentivazione all’apertura di nuove attività commerciali è certamente un elemento positivo, ma forse sarebbe più opportuno prima sostenere le attività già esistenti e che magari stanno vivendo rischiosissime crisi, stimolando l’offerta e costruendo la domanda. Perché dovrei preferire il negozietto di Palese al centro commerciale? Cosa può darmi di più una tale scelta? Può essere sostenuta una fidelizzazione a tali scelte? E accanto ai negozi di vicinato, possono essere promosse iniziative per il tempo libero e liberato, per il volontariato, per la condivisione nell’uso delle aree pubbliche, per la concertazione di una programmazione che renda appetibile scegliere una offerta anziché un’altra? E agendo perché non sia un singolo a muoversi, ma l’intera categoria locale?

Di recente, pur di sostenere un bel concerto classico natalizio in una chiesa di Palese, mi sono per la prima volta impegnato in una ricerca di contributi porta a porta, presentandomi ad alcuni negozianti che ritenevo potessero rispondere positivamente. Il risultato: nessun interesse da parte di chi sta bene e non percepisce funzionale contribuire ad una iniziativa culturalmente importante; scarso interesse (ma con qualche risposta positiva) da parte di piccoli negozi alle prese con la quotidianità del mercato; infine, alcune risposte concrete e adeguate prevalentemente come rispetto e fiducia alla mia persona. Sono situazioni su cui riflettere e c’è comunque la percezione della pressochè totale assenza di prospettive. Ma davanti a proposte serie, belle, forti, c’è una parte del commercio di periferia che si rende disponibile: spazi per aprire dei varchi ci sono! Ed è su questi spazi che si deve puntare!

Il rischio, altrimenti, è che si intervenga in territori già in grave crisi socioeconomica, pensando di dar soluzione incentivando nuove attività: e poi?

Io sono fra quelli che furono duramente colpiti dall’impegno culturale in Bari vecchia nella sua primissima fase di rilancio: il forte investimento di risorse personali che affiancai al finanziamento pubblico, poco o nulla potè dopo il breve periodo, mancando totalmente la prosecuzione di un supporto che aiutasse la crescita della proposta e la consolidasse. E quelle conseguenze sono oggi tutte sulla mia vita personale e professionale.

Tutto questo avviene mentre il centro cittadino, infortissima crisi economica e identitaria, è bombardato da progetti, cantieri e previsioni di cantieri che ne modificheranno fortemente il paesaggio senza intervenire granchè sulla componente infrastrutturale (in primissimo luogo quella trasportistica)ed alcune zone semicentrali e di prima periferia saranno interessate da progetti finanziati dal Governo centrale. Troveranno certo il plauso di molti cittadini ed anche mio, se ben realizzati; ma nel frattempo, le componenti sociali saranno coinvolte perché nuove aree verdi vengano accolte come patrimonio locale, ben utilizzate, ben manutenute? Avevo proposto all’assessore Carla Tedesco la formulazione di una rete di laboratori partecipativi in seno ai municipi, come investimento di prospettiva delle risorse umane locali nel recupero dei luoghi di tutti i giorni. Non c’è stata risposta, ma forse parte di questo riusciremo ugualmente a farlo realizzando attività laboratoriali aperte al territorio in una scuola di Palese.

Nel frattempo, alcune grandi capitali europee si libereranno nel giro di pochissimi anni del traffico privato nei centri urbani, avendo massicciamente investito sul sistema trasportistico pubblico.

Tutte le esperienze nazionali e internazionali parlano dell’investimento sulla componente umana, per poter davvero recuperare le periferie,non ci sono alternative. Allora, per tornare alla questione dell’assetto commerciale di queste aree: non giungerà certoaiuto, tutt’altro! aprendo l’ennesima grande area commerciale nella zonadi Santa Caterina, peraltro già abbondantemente invasa da queste; non sarà il cosiddetto “restyling” di via Sparano, lontanissimo dalla storia e dall’identità dei luoghi, a far rivivere la strada e l’intero borgo murattiano; non saranno certo alcuni nuovi negozi da aprirsi nelle nostre dimenticate periferie a farle rinascere. Ma è tutto un ampio tavolo di concertazione a dover indagare soluzioni condivise, a poter dare risposte coinvolgendo non solo le amministrazioni ma anche e specialmente le componenti umane, le categorie produttive, le risorse locali. Non dobbiamo dimenticare che mai come nell’ultimo periodo natalizio il centro di Bari è stato invaso dalle auto, mentre il commercio lamentava una crisi mai così pesante. Ma cos’altro poteva accadere, se dopo le 20 le strade periferiche sono piste desertiche?

Tutto questo mentre si continua a dimenticare che la struttura metropolitana dovrebbe ora guardare diversamente ai quartieri, in tale ottica ex periferici: Palese, Santo Spirito, Carbonara, Loseto, Torre a mare, San Paolo, Sant’Anna!!!! Sono ora territori centrali se visti all’interno della più vasta area metropolitana. E lungimiranza e intelligenza vorrebbero che proprio su queste aree, fortemente identitarie e che non a caso reclamano la loro autonomia, si debba investire maggiormente in risorse fisiche ed umane.

Recuperiamole, allora, le diverse anime della città metropolitana e lasciamo da parte, almeno per il momento, la velleità di trasformare anche la nostra bella costa! E su questo aspetto, il seguito alla prossima puntata.

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Bando Periferie, risposta al bisogno di civismo urbano?

Un’analisi del Programma governativo come occasione di rilancio delle politiche urbane: un modello d’iniziativa pubblica, seppure ancora da comprendere nella sua capacità d’incidere positivamente sulle nostre città

Il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia (D.P.C.M. del 25 maggio 2016 pubblicato in G.U. S.G. 127 del 01/06/2016) ha perso il principale artefice, Matteo Renzi, dimessosi dopo il risultato del referendum costituzionale, ma continua a tenere vivo il dibattito, in attesa del DPCM che renderà nota la graduatoria delle proposte.

In origine

Senza intenzione alcuna di avventurarsi in esegesi del Renzi pensiero, la gestazione del Bando Periferie è di duplice interpretazione: la prima riguarda la qualità della città post-bellica, presto scaduta in una più superficiale retorica delle periferie (a cui ha contribuito, suo malgrado, anche Renzo Piano); la seconda è direttamente legata a una visione, inequivocabile, dell’ex premier, rinvenibile fin dagli anni in cui era sindaco di Firenze. Già nel programma di mandato del 2009 Renzi scriveva: «L’urbanistica non è l’esibizione muscolare di interessi privati o l’elucubrazione mentale di tecnici in cerca di ardite fantasie. L’urbanistica è la risposta qui e oggi ai problemi dell’uomo del nostro tempo. […] dare risposta ai bisogni quotidiani di bellezza […]».

Bisogni quotidiani di bellezza e Fare presto erano dunque un mantra ben presente quando si volle accentrare, presso la Presidenza del Consiglio, la stesura e la gestione del Bando Periferie. La dichiarazione di Renzi premier del novembre 2015 (rimarcata l’anno dopo dal megafono mondiale dell’assemblea dell’ONU), «Per ogni euro investito in sicurezza, uno per la cultura: […] il terrorismo proviene anche dalle periferie abbandonate delle città», che ufficialmente lanciò il programma, è piuttosto ascrivibile alla comunicazione politica. Forse efficace e felice come immagine, ma inconsistente nel contenuto.

Vi sono altre due iniziative salienti che invece ne delineano l’approccio culturale, prima che politico: i cosiddetti Patti per lo Sviluppo che molte città hanno sottoscritto col Governo negli ultimi mesi; il progetto governativo Casa Italia che, pur ancora da decifrare, parrebbe essere sintonizzato sulla lunghezza d’onda di una vera e propria Agenda urbana.

Integrare, coordinare, mettere a sistema, allineare politiche settoriali, alimentare progettualità. Sono questi i termini che si ritrovano nei Patti per lo Sviluppo, Casa Italia e il Bando Periferie. Da qui, si comprende l’attenzione e l’interesse ricevuti da soggetti mobilitatori di cultura tra cui l’Istituto Nazionale di Urbanistica.

La visione e il contributo dell’INU

A fine aprile 2016 l’INU ha tenuto, a Cagliari, il suo XXIX Congresso. Un Congresso di svolta dove le parole d’ordine degli urbanisti italiani, per la prima volta, non hanno parlato di riforma dell’ordinamento, né anteposto la parola “piano” a tutto il resto. Si è asserito di urbanistica tra adattamenti climatici e sociali, innovazioni tecnologiche e nuove geografie istituzionali. Si è parlato di un progetto di sistema: Progetto Paese (titolo, appunto, dato al congresso). I mesi intensi di preparazione e maturazione del documento congressuale hanno coinciso col lavoro del Governo sul Bando Periferie.

Quei quattro commi nella Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978) furono il presupposto normativo del conseguente Bando per il quale arrivarono richieste, seppur informali, per apporti e collaborazione dall’INU. Il fermento culturale pre-congressuale del Progetto Paese di quel periodo è stato utile alla causa. Un’analisi e un punto di vista aggiornati fecero sì che l’Istituto esprimesse nella mancanza/inadeguatezza di progetti e nella scarsa capacità di spesa i due problemi endemici e complementari da cui sicuramente ripartire. L’INU chiedeva un bando che non spingesse i Comuni a un tour de force per produrre strategie ed elaborazioni tecniche in un tempo troppo compresso. Ma, soprattutto, auspicava un momento educativo collettivo: per le strutture tecniche degli enti locali, nell’esercizio di “pensiero competente” al servizio dei cittadini; per le comunità, mettendole in gioco nell’innovazione e sostenibilità urbana; per gli amministratori, nel riappropriarsi di funzioni di indirizzo e di scelta, del resto contratte dai troppi anni di crisi. In definitiva, l’INU proponeva di impiegare gran parte dei 500 milioni originari previsti per una progettazione urbana integrata sostenibile, diretta a costituire un “parco progetti” maturo e valido per tutte le possibilità (ordinarie e straordinarie) di programmazione, individuando, nel contempo, un numero definito di progetti da poter attuare subito.

Quanto queste proposte dell’INU abbiano influito nella costruzione del Bando non è dato sapere. Rimane il fatto oggettivo che l’art. 5 del Bando pubblicato indica: […] Una quota del 5% delle risorse dell’investimento per ciascuna città può essere destinata alla predisposizione di piani urbanistici, piani della mobilità, studi di fattibilità e/o atti necessari per la costituzione di società pubblico/private e/o interventi in finanza di progetto, investimenti immateriali quali e-government, marketing territoriale, sviluppo di nuovi servizi, formazione (se collegati e funzionali ai progetti innovativi proposti) […].

Questo impianto ha spinto l’INU, che ha gli enti pubblici tra la propria base associativa, a scrivere nell’estate scorsa ai Comuni eligibili manifestando loro la volontà di sostegno delle candidature. A quella disponibilità hanno risposto Ancona, Catania, Città metropolitana di Milano, Ferrara, Grosseto, Latina, Messina, Modena, Nuoro, Reggio Emilia. Queste città, insieme ad altre, hanno poi partecipato al convegno #progettaitalia: gli approcci per riqualificare le periferie d‘Italia (URBANPROMO, Milano, 10 novembre 2016).

Una prima valutazione

Il termine ultimo per la conclusione dei lavori del nucleo di valutazione sulle proposte dei Comuni era fissato dal bando per il 28 novembre scorso. Prima di tale data è accaduto un fatto importante. A metà ottobre, durante l’Assemblea ANCI, il primo ministro Renzi aveva annunciato il finanziamento, seppur differito nel tempo, di tutte le proposte pervenute (120 in totale).

Il combinato disposto tra questa importante decisione e la possibilità, prevista nel bando, di una quota di risorse da poter utilizzare per la predisposizione di piani urbanistici, piani della mobilità, ecc., si avvicina abbastanza a ciò che l’Istituto aveva proposto.

Rimane da comprendere se la componente ideologica del fare presto ha penalizzato oltremodo la qualità delle proposte, il loro contenuto, la loro reale fattibilità. E se così fosse, resta da capire se ci sarà possibilità di correggere qualcosa strada facendo (nelle more delle sottoscrizioni delle convenzioni). In ogni caso, se così fosse, nonostante i buoni presupposti sopra richiamati, il Bando Periferie sarebbe una risposta mancata a un bisogno, pressante, di civismo urbano; una necessità sentita di città più belle, accoglienti, sostenibili e dense di opportunità.

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Roma tra i primi comuni ad usufruire del bando delle periferie

La Befana porta al comune di Roma una calza ben colma di finanziamenti: esso è risultato infatti tra i 24 comuni che usufruiranno subito dei finanziamenti del bando delle periferie. Alla Città Metropolitana invece solo carbone perchè risultata al 104° posto, su 120, e quindi non rientra tra i primi finanziamenti.
Ecco il decreto della Gazzetta Ufficiale con l’allegata graduatoria :

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 6 dicembre 2016

Approvazione della graduatoria del Programma straordinario di
intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle
periferie, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 25 maggio 2016. (17A00004)

(GU n.4 del 5-1-2017)

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni,
recante «Disciplina dell’attivita’ di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei ministri»;
Vista la legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
di stabilita’ 2016)»;
Visto, in particolare, l’art. 1, comma 974, della legge 28 dicembre
2015, n. 208, che ha istituito per l’anno 2016 il Programma
straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la
sicurezza delle periferie delle citta’ metropolitane e dei comuni
capoluogo di provincia, finalizzato alla realizzazione di interventi
urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso
la promozione di progetti di miglioramento della qualita’ del decoro
urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree
pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti
all’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacita’ di
resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche
con riferimento alla mobilita’ sostenibile, allo sviluppo di
pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per
l’inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di
welfare metropolitano, anche con riferimento all’adeguamento delle
infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e
didattici, nonche’ alle attivita’ culturali ed educative promosse da
soggetti pubblici e privati;
Visto l’art. 1, comma 975, della citata legge 28 dicembre 2015, n.
208, secondo il quale ai fini della predisposizione del suddetto
Programma, entro il 1° marzo 2016, gli enti interessati trasmettono i
progetti di cui al comma 974 alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, secondo le modalita’ e la procedura stabilite con apposito
bando, approvato, entro il 31 gennaio 2016, con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti e con il Ministro dei beni e delle attivita’ culturali
e del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Visto l’art. 1, comma 976, della citata legge 28 dicembre 2015, n.
208, che ha stabilito che «Con il decreto di cui al comma 975 sono
altresi’ definiti:
a) la costituzione, la composizione e le modalita’ di
funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un
Nucleo per la valutazione dei progetti di riqualificazione, il quale
ha facolta’ di operare anche avvalendosi del supporto tecnico di enti
pubblici o privati ovvero di esperti dotati delle necessarie
competenze;
b) la documentazione che gli enti interessati devono allegare ai
progetti e il relativo cronoprogramma di attuazione;
c) i criteri per la valutazione dei progetti da parte del Nucleo,
in coerenza con le finalita’ del Programma, tra i quali la tempestiva
esecutivita’ degli interventi e la capacita’ di attivare sinergie tra
finanziamenti pubblici e privati.»;
Visto l’art. 1, comma 977, della citata legge 28 dicembre 2015, n.
208, secondo cui «Sulla base dell’istruttoria svolta, il Nucleo
seleziona i progetti in coerenza con i criteri definiti dal decreto
di cui al comma 975, con le relative indicazioni di priorita’. Con
uno o piu’ decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono
individuati i progetti da inserire nel Programma ai fini della
stipulazione di convenzioni o accordi di programma con gli enti
promotori dei progetti medesimi. Tali convenzioni o accordi di
programma definiscono i soggetti partecipanti alla realizzazione dei
progetti, le risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere sul
Fondo di cui al comma 978, e i tempi di attuazione dei progetti
medesimi, nonche’ i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso
di inerzia realizzativa. Le amministrazioni che sottoscrivono le
convenzioni o gli accordi di programma forniscono alla Presidenza del
Consiglio dei ministri i dati e le informazioni necessari allo
svolgimento dell’attivita’ di monitoraggio degli interventi. Il
monitoraggio degli interventi avviene ai sensi del decreto
legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, ove compatibile. L’insieme
delle convenzioni e degli accordi stipulati costituisce il
Programma.»;
Visto, altresi’, l’art. 1, comma 978, della citata legge 28
dicembre 2015, n. 208, che ha stabilito che per l’attuazione delle
disposizioni di cui ai commi da 974 a 977, per l’anno 2016 e’
istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e
delle finanze un fondo denominato «Fondo per l’attuazione del
Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana
e la sicurezza delle periferie», da trasferire al bilancio autonomo
della Presidenza del Consiglio dei ministri, e che a tale fine e’
autorizzata la spesa di 500 milioni di euro per l’anno 2016;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25
maggio 2016 ed il bando allegato, che ha disciplinato, tra le altre
cose, le modalita’ e le procedure di presentazione dei progetti, i
requisiti di ammissibilita’, nonche’ i criteri di valutazione dei
progetti;
Visto l’art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 25 maggio 2016, secondo il quale con ulteriore decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati, secondo
l’ordine di priorita’ definito dal Nucleo in base al punteggio
ottenuto con i criteri definiti nel bando allegato al decreto, i
progetti da inserire nel Programma, i termini per la stipulazione
stessa, le modalita’ di monitoraggio, di verifica dell’esecuzione, di
rendicontazione del finanziamento assegnato, anche in coerenza con
quanto disposto dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229;
Considerato che in data 30 agosto 2016 e’ scaduto il termine per la
presentazione dei progetti;
Visto il decreto del Segretario generale della Presidenza del
Consiglio dei ministri 6 settembre 2016 con il quale e’ stato
costituito il Nucleo per la valutazione dei progetti per la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie;
Visto il verbale del 22 novembre 2016 con il quale il Nucleo per la
valutazione, sulla base dell’istruttoria svolta e in coerenza con i
criteri di valutazione definiti nel bando sopra richiamato, ha
individuato i progetti da inserire nel Programma e redatto la
graduatoria finale;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23
aprile 2015, con il quale al Sottosegretario di Stato alla Presidenza
del Consiglio dei ministri, prof. Claudio De Vincenti, e’ stata
delegata la firma di decreti, atti e provvedimenti di competenza del
Presidente del Consiglio dei ministri;

Decreta:

Art. 1

Individuazione dei progetti da inserire nel Programma straordinario
di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle
periferie
1. Sono inseriti nel Programma straordinario di intervento per la
riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, nell’ordine
di punteggio decrescente assegnato dal Nucleo, i progetti presentati
dai comuni capoluogo di provincia e dalle citta’ metropolitane (di
seguito, «Enti beneficiari») di cui all’allegato 1, parte integrante
del presente decreto.
2. I progetti dal numero 1 al numero 24 sono finanziati con le
risorse di cui all’art. 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015,
n. 208.
3. Gli ulteriori progetti saranno finanziati con le risorse che
saranno successivamente disponibili.

Art. 2

Termini per la stipula della convenzione

1. Entro il 28 febbraio 2017 gli enti beneficiari e il Segretario
generale della Presidenza del Consiglio dei ministri stipulano le
convenzioni relative alla realizzazione e al finanziamento dei
progetti di cui all’art. 1.
2. Qualora, per cause imputabili a un ente beneficiario, non sia
possibile sottoscrivere la convenzione ai sensi ed entro il termine
di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri revoca
l’ammissione del progetto al Programma e al relativo finanziamento,
al fine di procedere alla riassegnazione del finanziamento secondo
l’ordine della graduatoria.

Art. 3

Istituzione e funzionamento del gruppo di monitoraggio

1. Ai sensi dell’art. 3, commi 2 e 6, del decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri 25 maggio 2016, e’ istituito presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri un gruppo di monitoraggio e di
verifica sull’esecuzione del programma.
2. Il gruppo di monitoraggio di cui al comma 1 e’ composto dal
Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri o da
un suo delegato, con funzioni di Presidente, e da sei esperti di
particolare qualificazione professionale in materia di appalti
pubblici o dei settori oggetto delle specifiche azioni di cui
all’art. 4, comma 3, lettera a), b), c), d), e), del bando allegato
al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 maggio 2016.
3. I componenti del gruppo di monitoraggio sono nominati con
decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei
ministri entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente decreto.
4. Si applicano le speciali disposizioni in materia di
incompatibilita’ e inconferibilita’ degli incarichi di cui al decreto
legislativo 8 aprile 2013 n. 39.
5. Il gruppo di monitoraggio ha sede presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri, Segretariato generale. E’ convocato dal
Presidente.
6. Il gruppo di monitoraggio definisce le modalita’ operative di
funzionamento, nonche’ le procedure, le fasi e i tempi delle
attivita’ di monitoraggio e di verifica sull’esecuzione del
programma, al fine di verificare il conseguimento degli obiettivi
qualitativi e quantitativi definiti dal Programma e il rispetto degli
impegni assunti dagli enti beneficiari, con particolare riferimento
a:
a) le fasi e i tempi di attuazione stabiliti nelle convenzioni
stipulate e i relativi adempimenti;
b) i criteri generali di monitoraggio dei progetti selezionati.
7. Il gruppo di monitoraggio puo’ convocare in audizione i
responsabili unici dei procedimenti per verificare le procedure
approntate per la realizzazione degli interventi e lo stato di
avanzamento dei progetti, anche al fine di valutare il rispetto del
cronoprogramma.
8. Il gruppo di monitoraggio opera ordinariamente fino alla
chiusura delle attivita’ di rendicontazione dei finanziamenti
assegnati dal «Programma».
9. Il gruppo di monitoraggio si avvale di una Segreteria
tecnico-amministrativa, istituita con decreto del Segretario
generale, presso il Segretariato generale della Presidenza del
Consiglio dei ministri, composta anche da persone estranee alla
pubblica amministrazione.
10. Il gruppo di monitoraggio puo’ avvalersi, a titolo gratuito,
del supporto di enti pubblici o privati, ovvero di esperti dotati
delle necessarie competenze.
11. Ai componenti del gruppo di monitoraggio e della Segreteria
tecnico-amministrativa non e’ corrisposto alcun emolumento o
indennita’. E’ previsto il rimborso delle spese sostenute dai
componenti del gruppo di monitoraggio e della Segreteria
tecnico-amministrativa non residenti a Roma, nonche’ quelle sostenute
per le eventuali missioni di cui all’art. 6, comma 2, del presente
decreto, a valere sul Fondo previsto dall’art. 1, comma 978, della
legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Art. 4

Modalita’ di monitoraggio

1. Il monitoraggio degli interventi avviene, in quanto compatibile,
ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, anche
attraverso l’implementazione di un sistema informativo specifico. Le
eventuali spese sostenute per la realizzazione del sistema
informativo suddetto saranno a valere sul Fondo di cui all’art. 1,
comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
2. Il gruppo di monitoraggio adotta, entro trenta giorni
dall’istituzione, un prospetto indicativo del set informativo dei
dati che gli Enti beneficiari devono comunicare al fine del corretto
monitoraggio dello stato di adempimento degli interventi finanziati.
3. I responsabili unici dei procedimenti, che sono stati
individuati dai comuni capoluogo di provincia e dalla citta’
metropolitane, sono tenuti a comunicare al gruppo di monitoraggio,
con cadenza trimestrale a decorrere dalla data di sottoscrizione
delle convenzioni, lo stato di avanzamento degli interventi,
trasmettendo i dati necessari a garantire l’attivita’ di monitoraggio
indicati nel prospetto di cui al comma 1, nonche’ le eventuali
ulteriori informazioni specificatamente prescritte dalle convenzioni,
anche in ragione delle peculiari caratteristiche di ciascun progetto.
4. I comuni capoluogo di provincia e le citta’ metropolitane che
all’atto della presentazione della domanda hanno dichiarato uno stato
di avanzamento dei progetti a livello di fattibilita’ tecnica sono
tenuti a comunicare, entro 60 giorni dalla stipulazione della
convenzione, ai sensi dell’art. 5 commi 4 e 5, e dell’art. 6, comma 1
lettera b), del bando di cui al decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 25 maggio 2016, le delibere di approvazione dei progetti
esecutivi degli interventi, nonche’ tutte le autorizzazioni e/o i
nulla osta necessari rilasciati dai competenti uffici preposti alla
tutela dei vincoli del patrimonio culturale, previsti nelle parti II
e III del Codice dei beni culturali e del paesaggio (di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e/o dalle autorita’
competenti in materia ambientale.
5. I responsabili unici dei procedimenti sono, inoltre, tenuti a
comunicare:
i) entro 20 giorni dall’adozione, le determine di indizione delle
procedure di gara relative all’aggiudicazione di contratti di appalti
e/o concessioni di lavori, forniture e/o servizi, delle procedure per
la concessione di beni, per l’erogazione di contributi e/o
sovvenzioni, ovvero di qualsivoglia ulteriore diritto esclusivo o
beneficio concesso a privati in relazione alla realizzazione degli
interventi risultati assegnatari dei finanziamenti;
ii) entro 20 giorni dall’adozione, le determine a contrarre e i
contratti eventualmente sottoscritti, in relazione alla realizzazione
degli interventi risultati assegnatari dei finanziamenti.
6. In caso di omesso adempimento agli obblighi comunicativi di cui
ai precedenti commi, il gruppo di monitoraggio potra’ richiedere,
tramite posta elettronica certificata, al responsabile unico del
procedimento dell’ente beneficiario risultato inadempiente di
trasmettere i dati mancanti e/o motivate giustificazioni.

Art. 5

Oneri comunicativi ed erogazione dei finanziamenti

1. L’adempimento degli obblighi di comunicazione previsti dal
presente articolo e’ un presupposto del relativo finanziamento a
carico del Fondo per l’attuazione del Programma straordinario di
intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle
periferie istituito dall’art. 1, comma 978, della legge 28 dicembre
2015, n. 208.
2. Prima dell’effettiva erogazione di ciascuna quota di
finanziamento prevista nelle convenzioni stipulate, il gruppo di
monitoraggio verifica l’effettivo adempimento agli obblighi
comunicativi di cui all’art. 3.
3. In particolare, la quota di finanziamento anticipato non
superiore al 10%, prevista all’art. 4, comma 3, del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 25 maggio 2016, potra’ essere
erogata soltanto in esito alla verifica da parte del gruppo di
monitoraggio dell’effettiva approvazione, da parte degli enti
beneficiari, dei progetti esecutivi degli interventi proposti e del
rilascio da parte delle autorita’ competenti di tutte le
autorizzazioni e/o i nulla osta necessari per realizzare gli
interventi, che dovranno essere trasmessi e attestati dal
responsabile unico del procedimento in una relazione tecnica
analitica.
4. La successiva quota di finanziamento, pari al 30%, prevista
dall’art. 4, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 25 maggio 2016, potra’ essere erogata previa verifica della
attestazione trasmessa dal responsabile unico del procedimento
tramite una relazione tecnica di monitoraggio, comprovante lo stato
di avanzamento dei lavori e dei servizi pari al 50% del progetto, ed
attestante le opere e i servizi realizzati, le voci di spesa
sostenute e il rispetto del cronoprogramma. La relazione deve essere,
inoltre, corredata dello Stato di avanzamento lavori (SAL) e dei
mandati di pagamento emessi in ordine cronologico, adeguatamente
quietanzati.
5. La restante quota di finanziamento, pari al 60%, prevista
all’art. 4, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 25 maggio 2016, potra’ essere erogata soltanto in seguito
alla verifica della conclusione, nel rispetto del cronoprogramma, di
tutti gli interventi realizzati e delle spese effettivamente
sostenute e della certificazione della corretta esecuzione delle
opere e dei servizi, nonche’ della effettiva approvazione degli atti
di collaudo delle opere realizzate e della certificazione della
corretta esecuzione dei servizi. A tal fine, il responsabile unico
del procedimento dovra’ trasmettere al gruppo di monitoraggio la
relazione tecnica conclusiva sulle opere e i servizi realizzati,
attestante le spese sostenute a completamento dell’intervento,
nonche’ la conformita’ degli interventi realizzati a quanto previsto
nel progetto finanziato e il rispetto dei termini stabiliti per il
conseguimento dei relativi obiettivi, corredata delle copie conformi
dei seguenti documenti:
i) certificato di collaudo oppure di regolare esecuzione;
ii) determina di approvazione dei certificati di collaudo oppure
di regolare esecuzione;
iii) determina di approvazione del quadro economico finale, che
certifichi l’eventuale economia sul finanziamento concesso;
iv) attestazione della corrispondenza dell’intervento alle norme
vigenti in materia di tutela del territorio e dell’ambiente e
conformita’ agli strumenti urbanistici.
6. Il gruppo di monitoraggio, anche ai sensi dell’art. 6, puo’
procedere, altresi’, alla verifica, anche a campione, delle opere e
dei servizi realizzati.

Art. 6

Verifiche e attivita’ ausiliaria

1. Il gruppo di monitoraggio, al fine di verificare l’effettiva
realizzazione e la conformita’ rispetto al progetto presentato degli
interventi assegnatari dei finanziamenti, accerta la corrispondenza
delle opere e dei servizi eseguiti con quelli proposti e il rispetto
del cronoprogramma e, ove necessario, formula prescrizioni
finalizzate a garantire il raggiungimento degli obiettivi indicati
nel progetto.
2. Gli enti beneficiari devono garantire al gruppo di monitoraggio
l’accesso alla documentazione e ai cantieri per l’espletamento della
attivita’ di verifica.

Art. 7

Rendicontazione delle spese

1. La rendicontazione delle spese sara’ effettuata sulla base di un
modello di rendicontazione predisposto dalla Presidenza del Consiglio
dei ministri.

Art. 8

Sospensione dell’erogazione finanziamento
e revoca del finanziamento

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri potra’ disporre, ad
esito del monitoraggio di cui agli articoli precedenti, in presenza
di situazioni di grave inadempimento, previo parere dell’Avvocatura
generale dello Stato, la sospensione dell’erogazione del
finanziamento nonche’ la revoca dello stesso. In tal caso si
procedera’ alla riassegnazione delle risorse secondo l’ordine della
graduatoria allegata al presente decreto.
Il presente decreto e’ sottoposto alla registrazione dei competenti
organi di controllo ed e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Roma, 6 dicembre 2016

p. Il Presidente del Consiglio dei ministri
De Vincenti

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Prevenire le tragedie

Spett.li
Nicola Zingaretti
Presidente della Regione Lazio

Virginia Raggi
Sindaca di Roma Capitale

Paolo Berdini
Assessore Urbanistica e Infrastrutture di Roma Capitale

Giovanni Tamburino
Commissario Straordinario Ater Roma

Mario Torelli
Presidente XI° Municipio di Roma Capitale

OGGETTO : Prevenire le tragedie

All’ennesima tragedia, il crollo della palazzina di Acilia, spesso in periferia, diciamo sempre : mai più!
Mai frase fu più ipocrita: seppelliti i morti ci si ridimentica, sempre, della prevenzione.
Noi che abbiamo a cuore le Periferie di Roma vi ricordiamo le vostre responsabilità richiamandovi ai vostri doveri istituzionali di controllo, prevenzione e – quando serve – repressione.
Non aggiungiamo altre parole ma solo le foto dei pericoli che l’abusivismo e l’illegalità nel palazzone di Corviale, insieme alle bombole di gas che non possiamo fotografare perché all’interno degli appartamenti occupati, determinano quotidianamente per tutti gli abitanti onesti e incolpevoli.
Continueremo con le nostre denunce finchè la sicurezza e la legalità non saranno un diritto, e un dovere, per tutti i cittadini romani.

Il Coordinamento delle Periferie di Roma

coordinamentoperiferie.it |corviale.com | romainpiazza.it

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Da 2016 a 2017: da Corviale a Corviale: auguri Roma auguri Italia auguri Europa auguri mondo

Un altro pezzo di strada, un altr’anno è andato, entriamo nel 2017 ricordando le immagini di un anno lungo, denso, impegnativo, un abbraccio e una promessa: nel 2017 saremo ancora qui a camminare con Corviale, con i suoi abitanti, con le sue associazioni, con i suoi tanti amici, con i suoi tanti progetti, affinchè i sogni diventino finalmente realtà…………………………………………….

Il Giornale delle Periferie, Corviale Domani, Il Coordinamneto delle Periferie, Tommaso, Pino, Monica, Angelo, Antonio, Eugenio, Stefano, Sandro, Renato, Elisa, Valerio, Cinzia, Brigitte, Toni, Irene, Massimo………………………………………………………….e tutti quelli che dimentco perchè io dimentico sempre i nomi ma ricordo eternamente i volti e i sorrisi

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gabrielli

radio

stefano

biblioteca

caudo

mitreo

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Il nuovo attivismo nelle periferie urbane

A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che da Corviale trasmette tutta la notte a Roma, o di Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città. In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare, incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova. Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità. Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato. Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane. L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie. Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni e dalle richieste dei cittadini organizzati alle amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.] A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che da Corviale trasmette tutta la notte a Roma, o di Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città.

In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare, incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova. Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità.

Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato.

Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane. L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie.

Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni e dalle richieste dei cittadini organizzati alle amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.

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La Botta: Santoro racconta le piazze di spaccio romane di Ponte di Nona e Tor Bella Monaca

Roma come Napoli, Tor Bella Monaca come Scampia, l’inchiesta trasmessa da Rai2 mostra il livello di degrado raggiunto dalle periferie della Capitale.

Un servizio destinato a rimanere negli annali del giornalismo di inchiesta quello mandato in onda ieri sera, 15 dicembre, su Rai2, nel corso della seconda puntata della trasmissione Italia condotta da Michele Santoro. Il video, facilmente reperibile sul sito serviziopubblico.it e di cui forniamo un’anticipazione, mostra senza alcun tipo di censura, il degrado, l’abbandono e la miseria in cui versano alcune periferie romane. Luoghi come #Tor Bella Monaca, #Ponte di Nona e San Basilio, divenuti delle vere e proprie ‘nuove Scampia’, dove ci sono piazze di spaccio a cielo aperto e i pusher si lasciano intervistare mentre confezionano dosi di cocaina ed eroina, oppure ‘pippano’ indisturbati anche in mezzo alla strada.
Il contenuto dell’inchiesta

La seconda puntata di Italia si apre con le immagini che arrivano da Ponte di Nona, quartiere dormitorio costruito in spregio di qualsiasi piano regolatore fuori dal Grande Raccordo Anulare a Roma Est, vicino al solito, immenso, centro commerciale. Siringhe, sporcizia e perquisizioni dei Carabinieri. Ad un certo punto, l’inviata santoriana Francesca Fagnani, appostata con un collega nei pressi di una piazza di spaccio, viene avvistata dalle vedette (bambini, minorenni e persino madri con le carrozzine) e minacciata ripetutamente da uno spacciatore: “Te la ficco in c… la telecamera”.

Immagini quasi ‘normali’ per chi abita le periferie della Capitale, ma che sembrano tratte direttamente da ‘Gomorra’. E, infatti, a discutere in studio col conduttore c’è proprio Roberto Saviano, autore dell’omonimo best seller da cui sono stati tratti un film e una serie di grande successo. Ed è proprio Saviano a certificare che il ‘modello Scampia’ è stato fotocopiato anche a Roma, reso possibile dall’assenza totale delle istituzioni. “Dire che non c’è mafia a Roma è una follia – afferma lo scrittore napoletano – la droga nelle periferie romane arriva dai cartelli calabresi, campani e siciliani”. Chiacchiere a parte, comunque, a parlare sono le immagini e l’umanità ‘corrotta e piegata’ che abita quei luoghi.

Esemplare è la storia di Dario (condannato a 6 anni di carcere) e della madre, una famiglia di spacciatori per necessità. Uniche anche le interviste ‘volanti’ fatte ad alcuni dei molti ragazzi costretti agli arresti domiciliari, ma disposti a tutto, alla galera ma anche a morire, pur di fuggire da quell’inferno. Da Pulitzer l’intervista strappata alla madre e alla ex compagna di un ragazzo pregiudicato ucciso in strada dall’ex marito di lei, imbottito di cocaina, morto anche lui nel conflitto a fuoco. Un altro mondo rispetto a quello patinato raccontato dalle tv.
Aloha ‘pippa’ in strada a Tor Bella Monaca

Altro quartiere, ma stesse scene a Tor Bella Monaca. Qui l’inviata Dina Lauricella entra in confidenza con un certo ‘Aloha’, un personaggio di certo molto conosciuto in zona e nell’ambiente, che non si fa problemi ad aprire un ‘pezzo di coca’ e farsi una sniffata in mezzo alla strada, davanti a decine di persone di ogni età. Sempre a ‘Torbella’, non si sa come, la Lauricella viene invitata a casa di alcuni spacciatori incappucciati che, tranquillamente, raccontano come funziona il mercato della cocaina e della ‘robba’ (eroina ndr) mentre preparano con mani sapienti le dosi, i ‘pezzi’ appunto’, destinati alla vendita. “Qui si spaccia per fame, non per soldi”, dicono. E forse non hanno tutti i torti. #La Botta

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Attenzione, quell’energia può diventare distruttrice se non è ben governata

Siamo più rapidi negli spostamenti, circondati da eventi eppure sempre più disconnessi e soli. In pochi tratti Marc Augé, direttore di ricerca ed ex direttore dell’École des hautes études en sciences sociale (EHESS) e ideatore del fortunato termine “non luogo”, descrive l’essenza di quella che chiama “surmodernità”: il tempo in cui siamo immersi, il nostro tempo, scandito dal ritmo pulsante delle grandi metropoli contemporanee. (Scopri di più su: OrigamiSettimanale.it)

Marc Augé (Intervista a cura di Laura Aguzzi)

In questi spazi complessi e molteplici, al cui studio Augé ha dedicato i suoi testi più noti, le interconnessioni tra centro e periferia determinano continui spostamenti di senso, dinamiche e situazioni da non leggere come immutabili. Perché, ci spiega Augé, lo stesso concetto di periferia è “ingannevole”.

Professor Augé, ma una periferia può davvero diventare capitale culturale? Più di un centro?

Certamente, in molte città la periferia gioca un ruolo culturale molto importante. Si tratta soprattutto di lavori sperimentali, teatro d’avanguardia, iniziative legate al mondo della musica e della letteratura. Accade a Parigi, in distretti il cui solo nome sembra essere legato a una maledizione, come il 93, quello di Saint Denis. È qui che nascono molte delle innovazioni culturali che poi andranno a nutrire il “centro”.

Come spiega questo fenomeno?

Le periferie sono il posto in cui i problemi che si dibattono sul piano nazionale sono reali: la disoccupazione, le tensioni tra le diverse comunità religiose, la lontananza dalle istituzioni (anche europee). Ma proprio perché sono posti difficili, sono posti vivi. La lotta per risolvere queste difficoltà genera anche molta energia creativa. Tanto più che moltissimi creativi decidono poi di trasferirsi in quelle zone per seguirne il battito.

Che cos’è per lei la “periferia”?

Troppo spesso la si confonde con un concetto geografico: qualcosa che sta fuori dalle città. Come se le città fossero circondate da una corona di povertà. Ma la realtà è più complessa: le periferie non sono un concetto geografico ma sociale. Ci sono quartieri centralissimi a Parigi, ma anche altrove, le cui dinamiche sono periferiche, degradate. Penso ad alcune aree del 19emo arrondissement ad esempio, ma anche a Molenbeek a Bruxelles, divenuta nei mesi scorsi snodo del terrorismo internazionale: non si tratta di un quartiere estraneo alla città quanto alla società.

Molto spesso in questi quartieri risiedono molti immigrati di seconda o terza generazione, che si sentono esclusi o emarginati dai giri che contano.

Esattamente. E quella stessa energia creativa di cui parlavamo prima, quella forza che fa sì che compagnie americane vengano a reclutare giovani informatici proprio nelle zone più disagiate, può rapidamente trasformarsi in una forza distruttrice se non è ben indirizzata, ben utilizzata. Siamo in un regime di concorrenza dove ciò che non viene attratto dalle forze positive e propositive può spesso rivolgersi verso le sirene del proselitismo religioso.

Se le periferie popolate di migranti possono essere il nuovo centro della cultura, gli immigrati o i loro figli possono esserne i futuri protagonisti?

Molto spesso lo sono ma bisogna diffidare di una visione troppo ottimistica. La presenza di un teatro d’avanguardia o di un’iniziativa culturale in periferia non implica necessariamente che gli immigrati lì presenti ne siano parte integrante, vi prendano parte. Il rischio è quello di dar vita a dinamiche di coesistenza piuttosto che di coabitazione.

Quali sono allora i rischi da evitare nel ripensare le periferie?

Non bisogna sottovalutare lo sforzo richiesto: ciò che facciamo o non facciamo oggi avrà un impatto importante sulla società di domani. Purtroppo l’esempio francese in tal senso è negativo: quando negli Anni 70 abbiamo accolto le generazioni di migranti in arrivo soprattutto dal Nord Africa, si è creduto che la loro sarebbe stata una presenza solo temporanea. I bambini sono andati a scuola ma per formarli adeguatamente e dare loro pari opportunità ci sarebbe voluta una mobilitazione eccezionale. Cosa che non è accaduta. È stata una politica miope e incompleta.

E del centro, cosa ne sarà in futuro?

È difficile dirlo, proprio perché la realtà non è così dicotomica come spesso la descriviamo. Già oggi ci guardiamo continuamente intorno in cerca di un centro. Ma in realtà il centro dov’è? Non lo sappiamo più.

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Anche Barcellona riqualifica gli scali ferroviari con un parco sopraelevato

‘Jardins de la Rambla de Sants’ è un parco sopraelevato di 20mila mq che nasconde e abbellisce la linea ferroviaria di Barcellona
Si chiama ‘Jardins de la Rambla de Sants’ il parco sopraelevato di 20.000 mq che è stato inaugurato quest’anno a Barcellona. Ricorda i progetti di riqualificazione degli scali ferroviari di Parigi (Promenade plantée) e New York (High Line) ma in realtà è qualcosa di diverso perché la ‘rambla’ non prende il posto della linea ferroviaria ma la nasconde grazie a una sorta di ‘scatola’ contenente più di 160 alberi e 85mila piante organizzati in diversi gradini.

I lavori sono durati più di 10 anni e ora il progetto, realizzato dagli architetti Sergi Godia e Ana Molino è stato ultimato: una passeggiata di 760 metri, il cui ingresso è stato realizzato a Plaza de Sants, che offre una vista spettacolare sulla città e una serie di spazi pubblici da ususfruire.

Il parco sopraelevato è sorretto da un sistema strutturale di travi tamponate e vetrate, che consentono ai visitatori di vedere anche i treni che passano. In alcuni punti la struttura si erge a 12 metri sopra il livello della strada ed è qui che sono state piantumate delle piante rampicanti che hanno già iniziato a salire sulla parete in cemento.

L’obiettivo è quello di fondere la natura con la civiltà metropolitana.

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Un canale web tutto dedicato al sociale: nasce “Strana Tv”

Lanciato lo scorso 23 novembre per festeggiare i 30 anni dalla cooperativa sociale “Stranaidea” a Torino, ogni settimana il canale offrirà al pubblico un diverso punto di vista sulle attività dell’ente: dai servizi “a domicilio” all’ospitalità notturna per i senza dimora
Una tv tutta dedicata al mondo del volontariato, che conduca lo spettatore nella quotidianità di utenti, associazioni e operatori. Così, una cooperativa sociale ha deciso di festeggiare i suoi primi 30 anni di attività, traguardo non da poco in un mondo che, più di altri, deve vedersela quotidianamente con tagli, flessioni di budget e “chiusure per crisi”. Accade a Torino, e la coop si chiama “Stranaidea”, una realtà che dal 1986 opera nel capoluogo sabaudo con progetti di integrazione sociale, sostegno alla cittadinanza attiva e incremento dell’occupabilità, coprendo l’intero scibile relativo al
Agenzia giornalistica
Nasce il magazine “Riiks”, giornalismo e arte per raccontare le migrazioni
Giornalismo, la scuola fa notizia, i giovani per un’informazione consapevole
AREA ABBONATI
sociale: disabilità, infanzia e minori, adulti in difficoltà, politiche attive per il lavoro e la sanità. Il traguardo dei tre decenni di attività, a dirla tutta, Stranaidea lo ha tagliato già da qualche mese: il lancio ufficiale del sito web (www.stranaidea.it) risale al maggio scorso, ed è su quella stessa piattaforma che i soci della cooperativa hanno deciso ora di raccontarsi “in diretta”, lanciando una web tv che, settimana per settimana, aggiornerà il pubblico sulle attività messe in piedi dall’ente.

Le trasmissioni di “Strana tv” sono iniziate ufficialmente il 23 novembre scorso: da allora, e fino al maggio prossimo, ogni settimana il canale proporrà un diverso punto di vista sulle attività messe in piedi dagli 81 soci e dagli oltre cento lavoratori della cooperativa. Il taglio è quello documentaristico proprio dell’informazione in rete: ma a differenza che altrove, qui si parla esclusivamente di cooperazione, volontariato e cittadinanza attiva. L’ultimo episodio, online dallo scorso venerdì, è una panoramica sui servizi offerti dal Ser “L’Orobilogio”, un centro educativo e riabilitativo rivolto agli adolescenti over 16 in condizione di disabilità intellettiva o con disturbo della relazione e del comportamento. Il servizio di lancio, invece, si era occupato di “Stranarte”, lo spettacolo di varietà con cui ogni anno la coop porta sul palcoscenico ragazzi con la sindrome di Down o con forme di disabilità intellettiva.

“L’idea – spiegano dalla cooperativa – è mostrare ciò che accade quotidianamente in Stranaidea, dall’apertura della segreteria fino all’accoglienza dell’ultimo ospite delle Case di Ospitalità Notturna. Nei prossimi episodi, ad esempio, porteremo il pubblico nella giornata di un Easy trainer, un particolare tipo di operatore ‘a domicilio’ che utilizziamo in percorsi personalizzati di sostegno all’apprendimento. E ancora, Marco, un operatore del nostro servizio notturno, ci porterà per una notte nel mondo dei senza dimora per le strade di Torino”. Ogni episodio, oltre che sul sito web, verrà rilanciato sui canali Facebook e youtube di Stranaidea. Per informazioni su questa e altre iniziative è possibile visitare la sezione “30 anni in diretta” del sito web.

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