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Omaggio a Maurizio Bartolucci

Lunedì 15 Luglio dalle ore 18.30 alle 21.30
Biblioteca Renato Nicolini
via Marino Mazzacurati 76

– Visita guidata a cura di Emiliano e Alberto Bartolucci
– Letture
– Proiezioni
– Musica dal vivo
– Presentazione del nuovo sito : www.mauriziobartolucci.it
Ingresso Gratuito

Con il patrocino del Municipio Roma XI (ex XV) Arvalia, di Biblioteche di Roma e nel circuito del Festival di Fotografia indipendente Occhirossi, prosegue prorogata fino al 31 Luglio, la mostra fotografica Passi del Nord “Luoghi, volti e parole del Nord Europa” di Emiliano Bartolucci, ideata e curata dal compianto Maurizio Bartolucci, protagonista ed organizzatore in questi anni di numerose iniziative culturali, sviluppate prevalentemente su tematiche sociali ed al quale è dedicata questa esposizione e la conseguente proroga.
La mostra in corso, Passi del Nord è un denso legame tra immagini e scrittura, racconta l’esperienza di viaggio condotta dall’autore da Amburgo fino al Circolo Polare Artico.
Un viaggio ispirato da grandi narratori, che hanno scritto pagine importanti nel secolo scorso e che ancora oggi, grazie alla straordinaria vena creativa del tutto nord europea, riescono a cogliere con ironia e inquietudine alcuni aspetti umani non semplici da raccontare.
Ad accompagnare la mostra con i loro scritti in questa selezione di immagini tra gli altri, Britt Annika Banfield, Jon Fosse, Hallgrímur Helgason ed il premio Nobel Halldór Laxness.
Allestimento e comunicazione a cura di Alberto Bartolucci.
info : http://myndroma.wordpress.com/2013/06/20/passi-del-nord/




“Io, criminale sopravvissuto vi mostro l’inferno di Scampia”

 

Gaetano Di Vaio è un produttore cinematografico con un passato pesante alle spalle: rapine, furti, carcere e lo spaccio di migliaia di dosi nella piazza di droga più imponente d’Europa. Per raccontarlo ha scritto un libro, “Non mi avrete mai”, insieme al regista Guido Lombardi. E ha realizzato un videoreportage esclusivo per Repubblica.it.

“Sono stato un delinquente, ho spacciato, fatto furti, rapine: ma sono sempre stato un indipendente, una vera e propria affiliazione alla camorra non l’ho mai voluta avere. Perché si può uscire dalla criminalità, si può uscire dalla droga, ma non si può uscire dalla camorra. Se sei camorrista muori fra i 30 e i 40 anni: io invece di anni ne ho 45. E  già per questo sono un sopravvissuto”. Capelli grigi, mascella decisa, volto tosto, voce con spiccato accento partenopeo insieme dura e gentile, Gaetano di Vaio racconta così – in un videoreportage realizzato in esclusiva per Repubblica.it – la sua prima vita: quella di maxi-pusher nell’inferno di Scampia, bravo ragazzo nel senso scorsesiano del termine, capace di controllare lo smistamento e lo smercio di cinque-seimila dosi al giorno. Nella più grande piazza di vendita di stupefacenti d’Europa, simbolo universale del potere dei clan.

“COSI’ VIVEVO DI DROGA”: IL VIDEOREPORTAGE ESCLUSIVO

Ma poi – dopo un percorso fatto di carcere, comunità di recupero, latitanza – Gaetano si è liberato dalle sue pendenze penali, ha voltato pagina e ha cominciato la seconda fase, quella attuale, della sua esistenza. Diventando produttore cinematografico, con l’associazione Figli del Bronx: tra le pellicole uscite dalla  sua scuderia ci sono il docufilm Il loro Natale, Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara (presentato alla Mostra di Venezia), e LA-BAS, emozionante che sempre al Festival della Laguna ha vinto, nel 2011, il premio come migliore opera prima. Ed è proprio col regista di quest’ultimo film, Guido Lombardi, che Di Vaio ha scritto un libro (appena pubblicato da Einaudi Stile Libero) in cui racconta la sua avventura umana, il suo autentico romanzo criminale.

Il titolo è già un programma, Non mi avrete mai, ed è una storia forte come il suo protagonista, a suo modo unica nel panorama letterario. Non solo per temi veri che tratta, personali e insieme capace di descrivere in presa diretta un grande male italiano; ma anche per la lingua utilizzata nei tanti dialoghi sparsi nelle 344 pagine del libro. Un dialetto molto colloquiale, comunque comprensibile da chi non è napoletano. E poi ci sono i tanti personaggi che incontriamo, andando avanti nella lettura: dai detenuti a cui il protagonista fa da scrivano in carcere al carabiniere che in cambio di due dosi al giorno lo avverte di eventuali blitz, e dei giorni a rischio cattura in cui è meglio non uscire a spacciare.

Ma non basta. Perché, in occasione dell’uscita del volume, i due autori hanno accettato di realizzare, davanti e dietro la macchina da presa, un videoreportage in esclusiva per Repubblica.it. Cinque minuti e mezzo di docu-cinema, in cui Di Vaio racconta ai nostri lettori alcuni momenti clou della sua vita. Mostrandoci le location autentiche in cui quei fatti si sono svolti. A partire da Scampia, dove Gaetano ci mostra il punto preciso in cui sovrintenteva alla vendita delle dosi a partire dalla fine degli anni Sessanta. “Materialmente non ho mai spacciato, lo facevano i ragazzi per me, io la droga la andavo a comprare e la preparavo”, dice davanti alla telecamera. Mentre nel libro spiega: “Qui ho rapinato, rubato, spacciato. Qui ho visto nascere la più grande piazza di droga d’Europa. Qui è nato mio figlio, che ora ha sei anni e mezzo. Qui sono nati i miei amici”.

Non solo Scampia, però: nel video realizzato per noi vediamo anche il casale di Villa Literno di proprietà del fratello, dove è stato nascosto da latitante. E l’ingresso del carcere di Poggioreale dove è stato l’ultima volta nel ’97. Un luogo che lui, nel filmato, definisce “Una vera e propria scuola, un moltiplicatore di criminalità là dentro, nella cella, dalla mattina alla sera si parla solo di crimini, e di come farli”.

Tutti luoghi, e temi, che il volume ovviamente approfondisce. Raccontandoci un’umanità brulicante, quasi sempre disperata, fatta di criminali e camorristi ma anche di immigrati. E insieme a tanta vita, nelle pagine di questa particolarissima biografia aleggia anche, e in maniera pesante, il suo opposto. La morte. Fatti di violenza, omicidi.  “Cose che succedevano sempre e comunque – si legge in un passaggio – anche se non c’era guerra tra i clan. A volte sgarri anche piccoli bastavano a provocare la punizione del Sistema. Secondo quella giustizia antica e animale che regna sempre nelle zone nostre”. E a cui lui, ex ragazzo balordo di periferia, a un certo punto ha detto no: “Non voglio sparare, non voglio picchiare, non voglio uccidere. Non voglio morire”. E ci è riuscito: diventando un Sopravvissuto, con la S maiuscola, come confessa davanti alla telecamera.

di CLAUDIA MORGOGLIONE

repubblica.it




Il welfare è un costo?

Il contributo delle politiche sociali alla creazione di nuova occupazione in Europa e in Italia

 

Scheda di sintesi del documento introduttivo alla ricerca promossa dalla Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia

Gruppo di lavoro:

 

 

Andrea Ciarini Sapienza Università di Roma (coordinatore), Roberto Fantozzi Istat

e

 

Sapienza Università di Roma,

 

 

Silvia Lucciarini Sapienza Università di Roma, Anna Maria Simonazzi

Sapienza

Università di Roma,

 

 

Emmanuele Pavolini Università politecnica della Marche, Sara Picchi

Sapienza

Università di Roma,

 

 

Michele Raitano

Sapienza Università di Roma

 

Il taglio della spesa pubblica che continua ad insistere sulle istituzioni del welfare deriva dalla convinzione

che i servizi e le prestazioni sociali rappresentino un costo improduttivo se non uno spreco che alimenta la

spirale del debito pubblico.

Al contrario investire oculatamente nel welfare non significa solo migliorare la qualità di vita delle persone

e delle loro famiglie (evidenti i problemi dell’invecchiamento della popolazione, della non autosufficienza,

della conciliazione vita-lavoro, della cura e assistenza all’infanzia), ma anche favorire celermente ed

efficacemente l’occupazione.

La forte domanda di questi servizi è testimoniata da un dato: tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi) a

fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123 mila unità (Eu 15)

l’incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623 mila unità (+7,8%).

I Paesi europei hanno reagito in modo diverso a questa evidente crescita della domanda. Alcuni hanno

puntato decisamente sull’occupazione formalizzata, pubblica o privata. Altri hanno preferito lasciare questa

domanda nell’informalità e cioè “delegando” alle famiglie la ricerca di risposte. Gli esiti sia per la qualità di

vita dei cittadini che per la qualità e quantità di occupazione sono stati conseguentemente diversi.

La Francia, ad esempio, ha puntato su una strategia di integrazione tra politiche di welfare e politiche per la

creazione di occupazione regolare nella cura e assistenza alle persone attraverso strumenti volti a rendere

solvibile la domanda, cioè a mettere le famiglie in grado di pagare i servizi con sgravi contributivi, voucher,

titoli d’acquisto. Queste scelte, hanno concorso a fare emergere dal mercato informale molte delle

prestazioni sociali a domicilio, contribuendo a sviluppare l’occupazione regolare nei servizi alle persone.

Il settore dei servizi alle persone si è andato rapidamente sviluppando. Nel 2011 sono state 3,4 milioni (il

13% del totale) le famiglie che hanno usufruito di servizi di cura e assistenza personale, con un incremento

rispetto al 2005 dell’8%. E il numero dei lavoratori salariati è giunto a 1,8 milioni.

In parte diverse le politiche della Germania. Nell’ambito delle misure adottate per stimolare l’occupazione

dei segmenti più marginali del mercato del lavoro e per l’emersione del sommerso, il sistema dei cosiddetti

 

minijobs

 

 

(impieghi remunerati per un massimo di 450 euro/mese privi di versamenti fiscali e contributivi)

ha accompagnato l’introduzione di procedure semplificate per l’assunzione di personale al domicilio da

 

parte delle famiglie, le quali possono beneficiare di sgravi contributivi e fiscali. Nel 2012 i

 

minijobs

sono

arrivati a più di 243 mila unità andando tuttavia ad ingrossare un segmento di forza lavoro strutturalmente

 

2

 

confinata in occupazioni a bassi salari e bassi livelli di protezione sociale.

 

L’altro lato della medaglia è che lo sviluppo dell’occupazione nei servizi sociali – che potrebbe essere ben

 

maggiore in particolare in Italia – ha premiato soprattutto la crescita numerica degli impieghi, senza un pari

 

sviluppo sul versante della qualificazione dell’occupazione creata, spesso a più bassi salari o sprovvista di

 

adeguate tutele. L’effetto certamente positivo dell’emersione del lavoro sommerso non è sufficiente: gli

 

investimenti sulla crescita dell’occupazione nei servizi di cura devono puntare anche alla qualificazione e

 

alla tutela sociale dei lavoratori.

 

Ma qual è la situazione nel nostro Paese? L’Italia si trova in ritardo su molti fronti, sul piano dello sviluppo

 

dei servizi di cura, ma soprattutto rispetto alla individuazione di una vera strategia nazionale di sviluppo del

 

welfare che abbia in animo la promozione dell’occupazione, oltre che la prioritaria tutela di nuovi e vecchi

 

bisogni sociali. E ci sono degli elementi distintivi che contraddistinguono questo ritardo.

 

La “delega” alle famiglie e l’attribuzione ad esse del lavoro di cura è forse l’elemento di maggiore impatto.

 

In Italia sono più di 15 milioni (il 38,4% della popolazione tra i 15 e i 64 anni) le persone impegnate

 

regolarmente nel lavoro di cura nei confronti di figli coabitanti di meno di 15 anni, altri bambini della stessa

 

fascia di età e/o di adulti anziani, malati, non autosufficienti, con disabilità.

 

Questa attività di cura familiare interessa soprattutto le donne, sia in valore assoluto (8,4 milioni di donne

 

contro 6,8 milioni di uomini), sia in termini percentuali (il 42,3% a fronte del 34,5%). Secondo stime

 

dell’Istat sono ben 240 mila le donne occupate che scelgono il part-time invece dell’orario a tempo pieno

 

per mancanza di servizi all’infanzia adeguati. 489 mila sono invece le donne non occupate ostacolate

 

all’ingresso nel mercato del lavoro per mancanza di alternative di conciliazione.

 

Ma oltre a questo impegno diretto, le famiglie ricorrono spesso a “badanti” o assistenti. Alcune stime

 

indicano che la spesa delle famiglie per il lavoro di cura privato, nel 2009, è stata pari a 9,8 miliardi di euro

 

contro i 7,1 miliardi di euro dell’intera spesa sociale dei Comuni registrata nello stesso anno. L’insufficienza

 

di questi servizi e la bassa capacità di pagamento delle famiglie hanno fatto esplodere il fenomeno delle

 

“badanti”, il vero pilastro del welfare all’italiana.

 

Ma si tratta spesso di lavoro sommerso. Detrazioni e deduzioni fiscali per chi assume regolarmente una colf

 

o una badante sono molto limitate. Al contempo voucher e buoni lavoro non sono stati ideati per il settore

 

specifico della cura e dell’assistenza alle persone, ma piuttosto per altre prestazioni occasionali e

 

accessorie, dai servizi personali al lavoro in agricoltura.

 

Anche in questo è evidente l’assenza di una strategia di sviluppo dell’occupazione dei servizi di welfare che

 

lascia intatti molti dei meccanismi che alimentano appunto il ricorso al mercato sommerso e al “welfare faida-

 

te”.

 

L’invecchiamento della popolazione e l’innalzamento dell’età media generano nuovi bisogni spesso

 

correlati alla non autosufficienza. L’Italia è uno dei pochi Paesi a non avere ancora elaborato una politica

 

 

 

ad

hoc

 

 

 

per la non autosufficienza: si pensi che nel pur ridondante corpus normativo italiano non esiste

nemmeno una definizione giuridica univoca di “persona non autosufficiente”. Nel 2007 era stato istituito

 

uno specifico Fondo nazionale per la non autosufficienza, la cui copertura è giunta all’azzeramento nel

 

2010, per poi essere rifinanziata nel 2013. Fra il 2008 e il 2012 la destinazione di risorse ai Fondi sociali è

 

crollata del 90%. Solo nel 2013 il Fondo nazionale politiche sociali è stato rifinanziato per un totale di 300

 

milioni, a cui vanno ad aggiungersi 275 milioni di euro per il Fondo non autosufficienza. E per il 2014, al

 

momento, il Fondo nazionale politiche sociali e il Fondo per la non autosufficienza risultano azzerati.

 

In questo scenario il costante taglio dei fondi ha lasciato incompiuta la prospettiva di crescita delle

 

prestazioni sociali e della conseguente occupazione, innescando una spirale al ribasso anche per le

 

organizzazioni del terzo settore, di fatto messe alla stretta dalla drastica diminuzione della spesa sociale.

 

Infine, nell’ambito delle prestazioni sociali si evidenzia un profondo squilibrio da Nord e Sud con distanze

 

che tendono ad allargarsi in un quadro di regionalismo a scarso coordinamento dal centro. Emblematica è

 

3

 

la condizione dei servizi di cura per la prima infanzia. I tassi di copertura degli asili nido sono nettamente al

 

di sotto delle reali dimensioni della domanda. L’indice di presa in carico 0-2 anni (anno 2010) è dell’11,8% a

 

livello nazionale, ma con forti variazioni regionali, dal 25,4% dell’Emilia-Romagna e 22,3% dell’Umbria, al

 

2,3% della Calabria e 1,9% della Campania. A fronte di regioni (nel Centro-Nord) vicine agli obiettivi fissati

 

dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 (il 33% di copertura dei servizi in tutti i Paesi europei entro il

 

2010), ve ne sono altre, tutte nel Mezzogiorno, in pesante ritardo.

 

La stessa percezione dei Cittadini rispetto alla loro salute si modifica al mutare della quantità e qualità dei

 

servizi sociali. Incrociando i dati dell’indagine ISTAT sugli interventi e servizi sociali dei comuni con la

 

percezione delle condizioni di salute emerge chiaramente una correlazione negativa tra la spesa nei servizi

 

sociali e il grado di disuguaglianza nella salute percepita dai Cittadini. Laddove la spesa sociale è più alta, più

 

basso è il grado di disuguaglianza nella salute percepita dai Cittadini. In altri termini l’aumento della spesa

 

sociale (o meglio nelle regioni che spendono di più in cura e servizi sociali) diminuisce la disuguaglianza

 

nella percezione delle condizioni di salute.

 

Come è stato di recente sottolineato da alcuni studi, l’uso della spesa pubblica per creare lavoro (in

 

particolare nei settori ad alta intensità di lavoro e tra questi certamente il welfare dei servizi) ha effetti

 

sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori

 

rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla

 

riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese.

 

Sarebbe una “ricetta”, quindi, diversa (o forse solo complementare) rispetto alla prevalente, concentrata

 

quasi esclusivamente sulle agevolazioni fiscali e gli incentivi all’assunzione. In sintesi: per rilanciare

 

l’occupazione si stanno preferendo politiche che agiscono sull’offerta, mentre – e nell’ambito del welfare

 

ne abbiamo l’esempio – sarebbe vincente puntare anche sulla “domanda”, laddove ce ne siano i

 

presupposti. Se bene congegnato l’investimento nei servizi di welfare è un fattore che non solo migliora il

 

grado di salute per quote tendenzialmente ampie e omogenee di popolazione, ma aiuta anche a bilanciare i

 

processi di de-ospedalizzazione e gli interventi di “razionalizzazione” sulla rete ospedaliera, destinatari, in

 

seguito all’ultima

 

 

spending review,

di forti tagli.

Gli interventi per favorire l’occupazione non sembrano andare in questa direzione. C’è una forte enfasi

 

sull’investimento in educazione e formazione e sulle politiche attive del lavoro come leva strategica per la

 

ripresa occupazionale. Il settore dei servizi sociali viene visto come uno degli ambiti nei quali innovare

 

l’intervento dei programmi dell’Unione, con particolare riferimento – tra l’altro – alla promozione di buona

 

occupazione. Si continua però a puntare sostanzialmente sul miglioramento delle condizioni di occupabilità

 

e adattabilità dei lavoratori. Insomma siamo ancora dentro un paradigma di politiche solo offertiste. Di

 

contro niente è rimesso alla creazione diretta di occupazione attraverso un innalzamento degli investimenti

 

finanziari nelle politiche sociali, come leva strategica per la creazione di nuovo lavoro.

 

Positivo anche il recente vertice europeo di fine Giugno 2013: sono previste misure innovative per il

 

contrasto della disoccupazione, soprattutto quella giovanile con 6 miliardi per l’istituzione della

 

 

 

Youth

european guarantee

 

 

 

nei Paesi (tra cui l’Italia) con tassi di disoccupazione giovanile superiori al 25%.

Tuttavia il problema appare lontano dall’essere risolto se affrontato con soli strumenti che intervengono

 

sull’offerta di lavoro (più flessibilità, più occupabilità), senza politiche in grado di incidere anche sulla

 

domanda.

 

In questa prospettiva sarebbe invece opportuno raccogliere l’opportunità offerta dalla decisione della

 

Commissione UE che ha concesso, proprio in queste ore, all’Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel

 

2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.

 

cresce_il_welfare_cresce_l_Italia

 

 

 




Parc de la Creueta del Coll – Barcelona, Spain

Visto il caldo di questa nuova afosa estate, condividiamo un progetto che compie trenta anni di vita e che ha segnato una nuova era per la progettazione di parchi ludici. E’ probabile che la realizzazione del parco della Creueta del Col a Barcellona sia stato tra i primi, se non il primo, che si è concentrato sul recupero di una cava dismessa, situata ai margini della periferia urbana di una grande e bella città come Barcellona. Il parco si trova nel terreno di una vecchia cava, nella parte alta di Barcellona, vicino alla valle di Hebron e dietro al Parco Güell. Si tratta di un giardino urbano di medie dimensioni di quasi due ettari di estensione, che è stato sfruttato per creare un ambiente accogliente per il divertimento ed il soggiorno di turisti ed abitanti della città. Al suo interno è stata realizzata una grande vasca dalla forma irregolare che durante l’estate viene riempita di acqua per rinfrescare i fruitori in uno scenario concavo, quello della cava, che è stato rimodellato in parte, davvero unico. Il progetto non è esente da critiche visto a distanza di trenta anni, ma non si può escludere che quelle del recupero delle cave dismesse sia un tema spinoso che incontra molti pareri discordanti. Il fatto che la cava fu inglobata dalla crescita urbana di Barcellona, è stato determinante perché il parco fosse destinato a fini ludici piuttosto che ad un semplice recupero ambientale. Molte delle soluzioni utilizzate per la stabilizzazione dei versanti e per la costituzione dei percorsi sono state sicuramente originali ed innovative e sono stati utilizzati come esempio in molti altri progetti posteriori di architetti paesaggisti.
Il gioiello del parco è la scultura di Eduardo Chillida a forma di artiglio, Elogi del’aigua (elogio dell’acqua). Il lavoro consiste in un pezzo di 50 tonnellate di calcestruzzo, sospeso con quattro cavi d’acciaio sulla piscina.
Sono convinto che una pagina della storia dell’architettura del novecento debba essere occupata con merito da questo progetto, da non dimenticare.




Relazione AGCOM: Italia ancora poco digitale

L’Italia è un Paese ancora poco digitalizzato e a due velocità nel suo sviluppo nel settore, dove reddito, istruzione ed età fanno la differenza e che vede nei giovani i “traghettatori verso la modernità, nonostante tutto”. E’ questo, in estrema sintesi, il quadro delineato nella “Relazione annuale”, presentata in Parlamento, dal presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani.

“L’attendismo dei mercati, la responsabilità della politica e le difficoltà della regolamentazione, e infine la crisi” hanno rallentato lo sviluppo digitale in Italia”.
Il nostro Paese figura al quarto posto in Europa nella non invidiabile classifica del numero di individui che non ha mai avuto accesso a internet (37,2% contro una media UE di 22,4%). Ma nello stesso tempo siamo il Paese in Europa in cui gli internauti hanno la più alta frequenza di accesso (oltre il 91% di essi accede regolarmente ogni giorno, contro una media Ue del 79%). 38 milioni di italiani dichiarano di accedere a internet da qualunque luogo e device, ma l’accesso alla rete non favorisce la gamma di utilizzo delle attività on line.
L’analisi dell’Agcom evidenzia come esista una doppia velocità nello sviluppo digitale, misurata in reddito, istruzione ed età, e che una fetta di popolazione resta drasticamente ai margini della rete.
Le famiglie che al 2012 avevano una connessione a banda larga su cavo erano il 49%, ma quelle connesse con almeno un minorenne al suo interno erano il 71%. Le classi di età che hanno usato maggiormente internet nell’ultimo anno sono quelle comprese tra i 15 e i 19 anni, circa il 5% della popolazione.
Alle spalle, sotto i 15 anni, ci sono circa 8 milioni di ragazzi e bambini (13% della popolazione) che si affacciano a questo mercato come “nativi digitali” e che promettono un moltiplicatore di traffico per l’Italia maggiore di quello di Gran Bretagna, Germania e Francia. Dal lato dell’offerta, “nel momento in cui la pervasività delle tecnologie Ict e la loro intensità di utilizzo sono sotto gli occhi di tutti, il comparto delle telecomunicazioni sembra aver perso centralità. In Italia il contributo al Pil dei servizi di telecomunicazioni sconta la congiuntura negativa, anche se meno di altri servizi, passando dal 3,2% del 2006 al 2,4% del 2012”.
Serve insomma un salto di qualità, a partire dagli investimenti nel settore, per segnare una discontinuità, “per consentire il passaggio alle reti di nuova generazione (fissa e mobile) e lo sviluppo dell’architettura Ip”, perché “le nuove reti stentano a svilupparsi in Italia ancor più che in Europa”.
La diffusione dell’accesso alla rete fissa, così come per l’accesso ai servizi broad- band, risulta a livello regionale piuttosto differenziata. A fronte della media nazionale di famiglie con un collegamento alla rete fissa superiore al 69%, il quadro si differen- zia in misura anche non marginale nelle diverse aree geografiche del territorio italiano (Tabella 2.18), con una “forbice” compresa tra l’80,5% del Lazio ed il 59,4% della Cala- bria, mentre le principali aree metropolitane sfiorano il 91%.Tabella 2.18. Accessi alla rete fissa (dicembre 2012, % delle famiglie)

Piemonte 67,6 Molise 63,1
Valle d’Aosta 62,7 Campania 70,6
Lombardia 72,3 Puglia 66,6
Trentino-Alto Adige 62,9 Basilicata 60,7
Veneto 67,7 Calabria 59,4
Friuli-Venezia Giulia 69,3 Sicilia 64,2
Liguria 71,2 Sardegna 59,6
Emilia-Romagna 69,3 ITALIA 69,5
Toscana 72,0 Principali Comuni 90,8
Umbria 68,3 Nord Ovest 70,8
Marche 70,6 Nord Est 68,1
Lazio 80,5 Centro 75,6
Abruzzo 64,5 Sud e Isole 65,4

Fonte: elaborazioni e stime dell’Autorità su dati aziendali e IstatCon riguardo al quadro competitivo dell’accesso diretto alla rete fissa, Telecom Italia si attesta su base nazionale – come già osservato – a circa il 65%, ma con una marcata differenziazione geografica (Tabella 2.19).

Tabella 2.19. Accessi alla rete fissa – Quote di mercato (dicembre 2012, in %)

  TelecomItalia Fastweb Wind

BT

Italia

Tiscali VodafoneItalia Altri Totale
Piemonte 64,7 8,9 13,5 0,4 1,5

9,9

1,0 100
Valle d’Aosta 74,7 6,0 6,9 0,1 0,6 11,0 0,6 100
Lombardia 61,4 11,9 11,5 0,6 1,8 10,9 1,8 100
Trentino A.A. 78,4 3,5 6,5 0,2 0,5

9,9

1,1 100
Veneto 72,6 4,3 9,2 0,3 0,8 11,0 1,7 100
Friuli V.G 73,2 4,8 10,1 0,2 1,4

9,5

0,7 100
Liguria 58,8 13,0 13,5 0,3 1,6 11,8 0,9 100
Emilia-Romagna 68,7 8,2 10,8 0,4 1,4

9,6

0,9 100
Toscana 71,3 6,2 10,5 0,4 1,7

8,8

1,2 100
Umbria 72,7 5,5 8,6 0,2 0,6

7,7

4,7 100
Marche 73,6 5,5 9,1 0,2 1,0

8,4

2,1 100
Lazio 56,1 12,9 17,4 0,4 2,6

9,2

1,4 100
Abruzzo 69,0 8,3 10,5 0,2 1,0

9,4

1,6 100
Molise 74,8 3,7 10,6 0,3 0,4

9,6

0,7 100
Campania 58,4 8,9 22,5 0,2 0,8

7,7

1,4 100
Puglia 57,8 6,8 21,7 0,2 0,6

9,5

3,3 100
Basilicata 77,8 5,0 6,6 0,2 0,8

8,6

1,0 100
Calabria 75,4 2,4 10,1 0,1 1,3

8,5

2,1 100
Sicilia 62,9 5,3 18,2 0,2 1,5 10,2 1,8 100
Sardegna 61,3 2,8 7,3 0,2 18,8

8,3

1,2 100
ITALIA 64,6 8,3 13,5 0,3 1,9 9,7 1,6 100
Principali Comuni 41,1 23,6 22,5 0,8 2,5

8,4

1,2 100
Nord Ovest 62,1 11,2 12,2 0,5 1,7 10,7 1,5 100
Nord Est 71,6 5,9 9,7 0,3 1,1 10,2 1,2 100
Centro 64,1 9,4 13,6 0,4 2,0

8,9

1,7 100
Sud e Isole 62,7 6,3 17,5 0,2 2,5

8,9

1,9 100

 

Tabella 2.20. Accessi a larga banda (dicembre 2012, % delle famiglie)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

      TelecomItalia Fastweb  Wind

BT
Italia 

Tiscali VodafoneItalia Altri Totale
     Piemonte           49,7           14,6           16,5           0,9           2,8           13,2           2,2           100     
     Valle d’Aosta           62,4           10,1           8,5           0,3           1,7           15,7           1,3           100     
     Lombardia           47,2           18,1           13,3           1,1           3,2           13,7           3,4           100     
     Trentino A.A.           66,9           5,9           8,9           0,6           1,1           14,4           2,2           100     
     Veneto           59,0           7,4           12,1           0,8           1,8           15,5           3,3           100     
     Friuli V.G.           60,2           8,2           13,2           0,6           3,0           13,3           1,5           100     
     Liguria           43,3           20,4           16,5           0,7           2,8           14,3           2,0           100     
     Emilia-Romagna           54,4           13,4           13,3           1,0           2,7           13,4           1,9           100     
     Toscana           59,5           9,9           13,2           0,9           3,0           11,2           2,3           100     
     Umbria           59,5           9,2           11,2           0,5           1,4           10,1           8,1           100     
     Marche           63,2           8,7           11,5           0,6           1,8           10,5           3,6           100     
     Lazio           44,9           18,5           18,9           0,8           4,0           10,3           2,6           100     
     Abruzzo           56,6           13,6           12,8           0,7           2,1           11,4           3,0           100     
     Molise           59,2           7,9           16,0           0,8           1,2           13,1           1,7           100     
     Campania           49,4           12,4           25,5           0,4           1,3           

8,5

     

     2,5           100     
     Puglia           44,2           10,5           27,0           0,4           1,3           10,9           5,7           100     
     Basilicata           66,2           9,4           8,3           0,5           1,8           11,6           2,1           100     
     Calabria           66,1           4,5           12,2           0,4           2,4           10,6           3,8           100     
     Sicilia           52,0           8,1           22,2           0,5           2,6           11,4           3,2           100     
     Sardegna           43,9           4,4           8,1           0,5           30,0           11,0           2,2           100     
     ITALIA           51,6           12,9           16,3           0,7           3,3           12,1           3,0           100     
     Nord Ovest           47,5           17,4           14,4           1,0           3,1           13,7           2,9           100     
     Nord Est           57,9           9,8           12,4           0,8           2,2           14,3           2,5           100     
     Centro           52,5           14,1           15,8           0,8           3,3           10,6           3,0           100     
     Sud e Isole           50,9           9,6           21,1           0,4           4,2           10,4           3,4           100 

RELAZIONE_PRESIDENTE_AGCOM_2013




EXPO 2015: occasione per l’Italia

Gli interventi di Napolitano, Letta e Maroni

(regioni.it) Per il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano,  l’Expo 2015 “è un’occasione straordinaria per Milano, per la valorizzazione del suo ruolo europeo e internazionale, ed è insieme un’occasione straordinaria per un nuovo sviluppo dell’Italia nel suo insieme, Nord e Sud, per il superamento, dunque, della crisi che stiamo vivendo nel mondo dal 2008, della recessione che sta mettendo a dura prova l’Europa e in particolare l’economia e la società italiana”.
“Ho ritenuto di dover rappresentare l’interesse comune della nazione sostenendo fin dall’inizio la candidatura dell’Italia e di Milano per l’Expo 2015. Il fatto che dopo aver vinto la battaglia della candidatura, condotta con spirito unitario, sia cambiato il contesto politico, si siano avvicendati governi diversi, senza che la scelta e l’impegno per l’Expo 2015 subissero contraccolpi, fossero messi in questione o vacillassero, ha un evidente, importante significato. Sta in effetti a significare che nonostante le tensioni e i fattori di instabilità che da tempo caratterizzano i rapporti politici e la vita istituzionale nel nostro paese, si sa in certi momenti egualmente riconoscere – da parte di tutte le forze politiche e sociali responsabili – quel che tocca esigenze vitali della nazione e deve sollecitare la più larga convergenza di sforzi, un’autentica feconda coesione sociale e istituzionale. Ed è ciò che saluto qui oggi, vedendo fianco a fianco il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Regione Lombardia, il Sindaco di Milano e tutte le autorità locali all’indomani dell’incontro tra i Presidenti di tutte le Regioni italiane e delle decisioni di lavoro comune che ne sono scaturite.
Rivolgendosi poi al dottor Sala, Commissario unico di governo, e alla dottoressa Bracco, Commissario generale di sezione per il Padiglione Italia, il Presidente della Repubblica ha espresso “piena fiducia e forte incoraggiamento, sapendo quale determinazione occorrerà sprigionare per superare difficoltà e residui ritardi, dato che – come si è detto – “non c’è più un giorno da perdere”.
“Siamo un Paese – ha concluso Napolitano – che ha fiducia in se stesso, che deve averne anche più di quanta ne dimostri, percorso com’è ancora da nervosismi destabilizzanti e da tendenze al pessimismo. L’Expo di Milano, e più in generale quel che faremo e costruiremo di qui al 2015, in termini di crescita economica e di riforme istituzionali, proverà che possiamo avere fiducia in noi stessi e suscitare rinnovata fiducia verso l’Italia da parte dell’Europa e del mondo”.
Secondo il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, “Expo sarà un progetto vincente se sarà espressione di unità”. “Expo riuscirà – ha chiarito Letta – se sarà di tutti, non se sarà di qualcuno. Riuscirà se sarà di tutto il Paese”. “Noi – ha aggiunto – leghiamo all’Expo non un semplice appuntamento, ma l’obiettivo della ripresa economica del nostro Paese. Per questo dobbiamo essere conseguenti coi fatti e stiamo insistendo su obiettivi di grande concretezza. Il DL del fare ha dato l’abbrivio ad alcune infrastrutture fondamentali anche per il dopo Expo e per la funzionalità del nostro territorio: dalla Pedemontana, alla BreBeMi, alla Tangenziale Est Esterna di Milano, alle linee della metropolitana. Questa concretezza dovrà continuare: le infrastrutture sono fondamentali per fare di quest’appuntamento un’opportunità per la mobilità”. “Expo sarà poi – ha proseguito Letta – l’opportunità fondamentale per il rilancio del turismo in Italia. Non possiamo accettare che il nostro Paese sia scivolato così in basso nelle graduatorie europee e internazionali, e sono certo che Expo sarà anche l’occasione per tornare a scalare queste classifiche”. “Su tutto, l’idea forte di Expo – ha aggiunto il Presidente del Consiglio – è mettere insieme l’Italia-museo con l’Italia-laboratorio, l’interazione tra prossimità e internazionalizzazione”. “Dobbiamo fare in modo – ha ricordato Letta – che Expo arrivi immediatamente dopo un altro grande successo del nostro Paese, la Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea che comincia il 1 luglio 2014: dobbiamo viverla come un semestre di pre-apertura dell’Expo”.
“Credo fermamente che Expo 2015 – ha concluso Letta – sia la frontiera ideale per un’Italia affamata di futuro, che deve uscire una volta per tutte da una cappa di sottovalutazione e di autolesionismo. Questa cappa stona con le nostre capacità e con la nostra Storia. Expo è una sfida radicata sul bisogno più concreto dell’uomo, di ieri e di oggi: il nutrimento. Il Governo garantisce il suo impegno totale: la vinceremo insieme.
“Vogliamo fare di Milano, nel 2015, la capitale d’Europa”, ha affermato il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni, “vogliamo che Milano Expo 2015 sia un grande evento europeo’. L’obiettivo fissato è ambizioso: fare di Milano la capitale europea per sei mesi. In mezzo due anni di intenso lavoro, con l’handicap di un piccolo ritardo, in termini infrastrutturali, da recuperare. Eppure il Presidente della Regione Lombardia non ha dubbi. “Ci sono tutte le condizioni perché Expo 2015 sia quello che deve essere: un grande successo per tutta l’Italia. E sia un evento che l’Unione Europea sente davvero suo”. Per questo il presidente della Regione Lombardia ha voluto promuovere il riuscito evento andato in scena nella splendida e suggestiva cornice della Villa Reale di Monza, un evento dal titolo: ‘Verso Expo 2015’. Un’occasione per riunire tutte le istituzioni coinvolte, dai comuni, in primis quello di Milano, rappresentato dal sindaco Giuliano Pisapia, fino al Governo nazionale, con il presidente Enrico Letta, fino alla Commissione Europea, presente con il suo vice presidente Antonio Tajani. Tutti insieme, riuniti alla presenza del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per imprimere un cambio di marcia nel percorso che porterà alla grande manifestazione universale del 2015. Meno di due anni di lavoro, in una sorta di cantiere dove ognuno dei soggetti coinvolti dovrà portare il suo contributo. E anche per questo Maroni ha scelto la Villa Reale di Monza come sede di questa prima tappa di avvicinamento a Expo, come da lui stesso svelato nelle prime battute del suo intervento: “Ho scelto questa Villa Reale, splendida opera del Piermarini, nascosta dai ponteggi del cantiere allestito per la sua ristrutturazione, anche per questa ragione: perché Expo 2015 è un ‘grande cantiere’. E questa villa che abbiamo eletto a sede rappresentanza dell’esposizione universale è un po’ la metafora del grande lavoro che ci attende: colmare alcuni ritardi accumulati e completare lavoro i lavori entro i tempi previsti”. Una sfida, quella per Expo, che dovrà essere giocata di squadra, come ha tenuto a specificare il Presidente lombardo: “L’esposizione universale non è un fatto solo di Milano o della Lombardia. L’iniziativa di oggi (7 Luglio, ndr) è stata fortemente voluta da Regione Lombardia, perché vogliamo dare il segnale dell’impegno di tutte le istituzioni. C’è molto da fare c’è da recuperare un po’ di tempo perso, ma c’è un convinto impegno da parte di Comune, Regione, Commissario unico e da parte di tutti i soggetti coinvolti”. “Oggi – ha spiegato Roberto Maroni rivolgendosi alla platea della Villa Reale dopo aver ringraziato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per la sua significativa presenza – ci sono qui tutti i livelli di governo del territorio. Questa forte intesa fra le istituzioni che oggi qui è rappresentata e si rafforza sarà la marcia in più che serviva per imprimere alla macchina Expo la necessaria accelerazione. Con la nomina del Commissario unico, largamente condivisa fra Comune, Regione e Governo, abbiamo fatto un passo in avanti decisivo per assicurare la realizzazione della nostra esposizione in tempi certi e nel rispetto degli impegni assunti con il Bie e con tutti i Paesi partecipanti”. “Da Presidente della Regione Lombardia – ha assicurato Maroni – continuerò a lavorare perché questa grande intesa istituzionale ci accompagni in questi due anni che ci separano da Expo. Ogni sforzo sarà compiuto anche per il pieno coinvolgimento delle parti economiche e sociali, perché il Paese con tutti i suoi territori sia protagonista e beneficiario del successo dell’evento”.
La prima sfida sarà quella per il rispetto dei tempi per la realizzazione delle opere infrastrutturali, da terminale entro l’aprile del 2015. “I tempi di realizzazione – ha ricordato il presidente della Regione Lombardia – sono quelli previsti da un cronoprogramma di cui seguiamo con attenzione l’evoluzione. La Regione non ha la responsabilità diretta sull’attuazione delle opere, ma svolgiamo un ruolo costante di controllo, per questo tutte le settimane abbiamo un incontro con il commissario e con tutti i responsabili per monitorare l’andamento dei lavori e intervenire laddove sarà necessario. Ho chiesto al Governo  la disponibilità ad arricchire il decreto che attribuisce i poteri al commissario, eventualmente attribuendone di nuovi per derogare ad alcune norme”.  Velocità e precisione nei lavori, ha precisato il presidente della Regione Lombardia, ma senza mai abbassare la guardia verso il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata. “Abbiamo la massima attenzione nei confronti del pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata. C’è il gruppo speciale di investigatori che avevo costituito quando ero ministro dell’Interno, inoltre in Regione Lombardia – ha sottolineato Maroni – abbiamo un comitato di controllo sui cantieri e c’è un’ottima collaborazione con la Prefettura e con la Questura, quindi l’attenzione è massima. Ci vuole il massimo impegno da parte di tutte le istituzioni affinché l’Expo sia Mafia free”.
Il Presidente della Regione ha garantito anche il suo impegno affinché “le opportunità di lavoro che si moltiplicheranno con l’evento, siano vere e sicure, nonché volano per i nostri livelli occupazionali’. Maroni ha informato di aver discusso di questi aspetti con il presidente del Consiglio e ha voluto sottolineare che ‘lavoro flessibile non può significare lavoro meno tutelato o meno sicuro”. Oltre ai contenitori, ovvero le opere infrastrutturali, l’altra grande sfida da vincere sarà quella dei contenuti. In primis fare di questo evento una grande manifestazioni per tutta l’Europa, che si riconosca in un’unica capitale ovvero Milano. ‘Sviluppare e diffondere i contenuti di Expo 2015, questo è l’impegno  – ha ribadito il presidente lombardo – che la Regione si è assunta e l’evento di oggi è il primo di una serie di appuntamenti che organizzeremo da qui al 2015 toccando le capitali dei paesi che aderiscono ad Expo, cominciando da casa nostra, dall’Europa, da Bruxelles, perché vogliamo che davvero l’Europa senta sua questa Expo 2015. E vogliamo che Milano sia la capitale d’Europa”. “Questa è per noi una straordinaria avventura, una grande chance di valorizzazione dei nostri territori e del nostro patrimonio, paesaggistico e culturale. Nel 2015 avremo la grande occasione di attirare milioni di visitatori e dovremo essere pronti, l’Italia intera nel 2015 dovrà raccontarsi. Ogni territorio – ha proseguito Maroni – dovrà essere capace di mostrare al mondo lo splendore delle nostre città, la suggestione dei nostri borghi e l’ineguagliabile bellezza del nostro patrimonio culturale”. “Nel nostro cantiere – ha aggiunto – stiamo costruendo tutti gli strumenti con cui gestire questo eccezionale flusso di turisti, pochi giorni fa ne abbiamo parlato in una riunione con tutte regioni e Regione Lombardia, insieme alla Camera di Commercio di Milano e alla società di Expo, ha deciso di creare una società dedicata proprio alla gestione della migliore offerta turistica”.
“Expo 2015 non deve rimanere nella memoria per straordinari manufatti o faraoniche costruzioni, ma deve lasciare il segno per i suoi messaggi e i suoi contenuti, per lo straordinario tema ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Sono passati più di vent’anni dalla conferenza Onu di Rio de Janeiro del 1992 che ha dato una prima definizione di ‘sviluppo sostenibile’ da intendersi come uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie. In questi anni è maturata a livello globale la consapevolezza della necessità di integrare nell’agire politico la dimensione economica, sociale e ambientale per puntare a una vera sostenibilità”.
Secondo Maroni, I due pilastri imprescindibili di questo modello di sviluppo sono la food safety e food security, come ha più volte ribadito l’organizzazione delle Nazioni unite, altra prestigiosa partecipante a Expo Milano 2015. ‘Il nostro agire politico – ha proseguito il presidente – deve dunque garantire non solo l’accesso al cibo, ma anche l’accesso a un cibo sano e sicuro”. A questo proposito Maroni ha lanciato una proposta: ‘Dai nostri territori venga lanciata una battaglia contro la contraffazione alimentare. I dati di questo fenomeno sono allarmanti per il nostro Paese. Vogliamo combattere contro il cosiddetto italian sounding, ossia contro lo sfruttamento illecito della fama mondiale dei prodotti della filiera agro-alimentare italiana”.
La dilagante pratica della contraffazione, ha ricordato il governatore citando una stima del 2011 della commissione parlamentare anti-contraffazione, costituisce ‘un danno serio per la nostra economica, che vale oltre 60 miliardi di euro all’anno. Una cifra pari a due volte e mezzo il valore complessivo di tutte le esportazioni italiane del settore agroalimentare. Essa determina anche una consistente perdita di posti di lavoro in un momento nel quale certo non possiamo permettercelo. E come è stato ribadito nel tavolo di lavoro che ho voluto porre  in apertura dell’evento di oggi, la contraffazione minaccia la salute dei consumatori. E’ importante coinvolgere tutti i governi dei paesi partecipanti ad Expo, perché si impegnino con noi nella battaglia contro la contraffazione alimentare e in difesa della salute’.
Ribadendo l’importanza della promozione dei temi di Expo e rinnovando l’impegno di Regione Lombardia in questa direzione, Maroni  ha auspicato che la giornata di oggi possa ‘dare il via a un dibattito globale sul tema. In prima persona mi farò interprete di questo messaggio ogni qual volta si discuterà di Expo Milano 2015, in Italia come all’estero’. Il presidente infine ha dichiarato che quello di oggi è solo ‘il primo di una serie di appuntamenti che organizzeremo da qui al 2015 toccando le capitali dei Paesi aderenti. Cominciando da casa nostra, dall’Europa, da Bruxelles, perché vogliamo davvero che l’Europa senta davvero sua questa esposizione’.
In un’intervista, pubblicata da QN il 9 Luglio, il Presidente della Lombardia ha manifestato un certo ottimismo, ma ha anche posto alcuni paletti. “Dopo domenica – ha detto – sono molto più fiducioso. Grazie alla presenza del Presidente Giorgio Napolitano e del premier Enrico Letta, abbiamo dato al mondo il segnale che le istituzioni sono compatte a sostegno di Expo. Ora il Governo, la Regione, il Comune di Milano e gli altri Comuni lombardi hanno un interesse condiviso: far sì che l’Expo sia un’occasione di rilancio economico per il Paese e che abbia ricadute positive anche dopo i 6 mesi dell’evento. A me è chiaro che la condizione necessaria perché questo avvenga è varare non una semplice deroga, che avrebbe carattere temporaneo, ma una modifica permanente al Patto di stabilità che consenta ai Comuni di trattenere più risorse e utilizzarle per gli investimenti. Ora mi aspetto – prosegue Maroni – che questa necessità sia altrettanto chiara al Governo, che sia condivisa. Ma sono ottimista”.  
Quanto all’allentamento del Patto di stabilità il Presidente della Regione è categorico: “o arriva entro l’autunno o faremo da soli. Tutti sappiamo che l’allentamento è indispensabile, quindi o il Governo condivide questa esigenza o la Regione è determinata e pronta a far da sé”, ovvero, conclude Maroni,” non rispetteremo i vincoli del Patto e apriremo un contenzioso col Governo”.
intervento del Presidente Napolitano
 
 intervento del Presidente Letta



Startup innovative, online i modelli di certificazione per iscriversi al registro Imprese. Srl a 1 euro anche per gli Over 35

Importanti novità sul fronte startup innovative? Pare di si, anche se, come sempre, aspettiamo il corso finale degli eventi per esprimere un giudizio complessivo: da qualche giorno, comunque, sono disponibili i moduli elettronici per certificarsi.

L’autocertificazione dei requisiti delle start up e degli incubatori certificati per l’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese, quindi, viaggia solamente in formato elettronico. Le Camere di commercio, con il coordinamento del MSE, hanno redatto e pubblicato sul sito Mise, dal 21 giugno, i moduli di domanda in formato elettronico con il quale le start up e gli incubatori di start up innovative possono autocertificarsi e iscriversi nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese. È stata inoltre aggiornata la guida sintetica sugli adempimenti della startup innovativa.

L‘iscrizione è un adempimento regolamentato dall’articolo 25, commi 8 e 9, della legge 17 dicembre 2012 n. 221 (di conversione al dl 18 ottobre 2012 n. 179 c.d. decreto sviluppo bis) che pone l’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese (al 24 giugno iscritte 908 start up) come condizione per ottenere le agevolazioni previste per tali nuove tipologie societarie.

Va ricordato che seppur ci si aspetti una regolamentazione e delle agevolazioni sempre migliori, le startup sono state introdotte per la prima volta nell’ordinamento del nostro Paese attraverso il decreto Crescita 2.0, convertito poi nella legge 221/2012.

Secondo quanto stabilito dalla legge, la startup innovativa è “una società di capitali di diritto italiano, costituita anche in forma cooperativa, o società europea avente sede fiscale in Italia” che ha come fine principale “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”.

Vantaggi e mancanze

Le principali agevolazioni della certificazione online consistono, evidentemente, in:

  • totale esenzione dal pagamento dei diritti di segreteria, dall’imposta di bollo nonché dal pagamento del diritto annuale(tale esenzione dura non oltre il quarto anno di iscrizione);
  • rilevanti deroghe al diritto societario(in caso di copertura delle perdite che superano il terzo del capitale, viene prevista la possibilità di rinviare la decisione di procedere alla riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale, alla chiusura dell’esercizio successivo);
  • regime fiscale e contributivo di favore per i piani di incentivazione basati sull’assegnazione di azioni, quote o titoli similari ad amministratori, dipendenti e collaboratori e in una specifica disciplina dei rapporti di lavoro.

La start up innovativa e incubatore certificato sono automaticamente iscritti alla sezione speciale del registro delle imprese, a seguito della compilazione e presentazione, tramite ComUnica.  Però le note positive finiscono qui, perché ci si attende a breve l’attuazione di tutta una serie di decreti attuativi, sempre riferiti al decreto crescita 2.0, tra i quali in particolare spiccano le agevolazioni fiscali a favore di chi investe nel capitale sociale di start up innovative, che prevede che le persone fisiche abbiano diritto a una detrazione Irpef del 19% sulla somma investita nel triennio 2013-2015 fino a un massimo di 500 mila euro.

E le Srl semplificate a 1 euro anche per gli Over 35

Le società giuridiche possono invece portare in deduzione dal reddito imponibile il 20% dell’investimento, sempre che esso venga mantenuto per almeno due anni, fino a un massimo di 1,8 mln di euro. Inoltre è allo studio il decreto attuativo della norma che istituisce, sotto forma di credito di imposta, un contributo del 35% sulle spese effettuate per le nuove assunzioni di personale altamente qualificato.

Particolare interessante a livell0 di imprese e non solo di startup, infine, è l’abolizione del limite di età per la creazione di società a responsabilità semplificate (le famose Srl a 1 euro). Il decreto lavoro, approvato dal Consiglio dei Ministri, ha eliminato il limite di 35 anni di età per la loro creazione.




Il welfare produce occupazione: in Europa creati un milione e 600 mila nuovi posti di lavoro

“Il welfare produce occupazione. I dati lo confermano”.  E’ la ricerca presentata dal coordinamento “Cresce il welfare cresce l’Italia” su investimenti nel welfare e rilancio dell’occupazione, realizzata da un gruppo di ricercatori dell’Università “La Sapienza” di Roma.

Dai dati emerge che è proprio il settore dei servizi ad aver registrato una costante crescita in Europa, anche durante la crisi. Dal 2002 e al 2009 il settore dei servizi sociali e in quello della salute ha creato più di 4 (4,2) milioni nuovi posti di lavoro, oltre un quarto dei 15 milioni totali. Tra il 2008 e il 2012, in piena crisi economica, i servizi di welfare, cura e assistenza sono cresciuti di un milione e 600 mila unità (1.623.000).

La crescita del settore accomuna tutti i paesi europei,

le strategie adottate sono molto diverse: c’è chi ha puntato sulla crescita dell’occupazione formale, pubblica o privata o di terzo settore, esterna alla famiglia, e altri – come Italia, Spagna, Portogallo -, in cui lo sviluppo è stato perlopiù trainato dall’occupazione in seno alle famiglie, con un’ampia quota tuttavia di lavoro nero e irregolare. Secondo stime del ministero per le Attività produttive francese, la percentuale di lavoro nero in questo ambito varia dal 70 per cento in Italia e in Spagna, al 45 per cento nel Regno Unito, fino rispettivamente al 30 per cento e 15 per cento della Francia e della Svezia. D’altro canto in alcuni paesi – come la Germania e anche l’Austria – è poco sviluppata sia l’occupazione formale sia quella alle dipendenze delle famiglie. L’incremento dell’occupazione nei servizi sociali non ha però solo aspetti positivi. Secondo il Coordinamento è mancato un adeguato sviluppo sul versante della qualificazione dell’occupazione, spesso a più bassi salari o sprovvista di adeguate tutele. Eppure, il contrasto ai circuiti dei bassi salari e delle basse qualifiche implica, per gli estensori del rapporto, “un di più di spesa sociale che né il mercato privato né peggio quello informale presuppongono. E questo è stato senza dubbio uno dei motivi che in questi anni ha più influito su un certo trend occupazionale”, spianando di fatto la strada anche al lavoro nero. Invece, alcuni studi mostrano che “l’introduzione degli incentivi fiscali e contributivi per l’acquisto di cura in famiglia hanno ridotto l’area del lavoro sommerso” si spiega nel documento, che cita a maggiore conferma il caso della Danimarca, dove è stato documentato un aumento del lavoro sommerso parallelamente alla riduzione degli incentivi fiscali.




“Avevamo la luna”, il bel libro di Michele Mezza

Non sono bravo a scrivere di libri, ma quello dell’innovatore Michele Mezza è davvero ben fatto e vale la pena cimentarsi. Anche perché con Michele discutiamo di innovazione dagli albori di Innovatori Europei nel 2006.

In ”Avevamo la luna” Michele mette su carta (e su evoluti supporti digitali, che interagiscono direttamente con il volume, attraverso l’uso di smartphone) una enorme mole di originali informazioni “connesse” tra loro nello storico ”anno – cronotopo” 1962-64: “tre anni di grandi corse, di spericolate acrobazie, di scoperte e innovazioni. Quaranta mesi vissuti tutti d’un fiato. Con una continua alternanza di improvvise accelerazioni e brusche frenate. Un sogno realistico concluso in una curva senza uscita, come l’elegantissima Lancia Aurelia del film Il Sorpasso, del grande Dino Risi, interpretato da un baldanzoso e un po’ gaglioffo Vittorio Gassman e da un timido ma fremente Jean – Louis Trintignant, prodotto proprio nel 1962, un fotogramma del quale abbiamo scelto per la nostra copertina” dice l’autore.

Un libro che parla di un periodo di potenziale svolta per il Bel Paese, intrecciandone fenomeni politici, nazionali ed internazionali, con le dinamiche delle nascenti industrie del futuro (principalmente elettronica – digitale, spazio ed energia) che mettevano le prime radici proprio nel nostro Paese. Proprio mentre il mondo cattolico viveva un incredibile periodo di innovazione con il Concilio Vaticano II, facendo di Roma il centro del mondo per vari mesi.

Un’Italia nel pieno di un potenziale protagonismo mondiale, fermata – secondo l’attenta analisi del libro, sviluppata anche attraverso numerose interviste con i protagonisti di quei tempi (come Reichlin, De Rita e tanti altri) – dalla assenza di una guida politica forte e consapevole.

– Una sinistra non capace e non interessata a leggere fenomeni a quel tempo destabilizzanti per la proprio ideologia e visione del mondo, come quelli che ad esempio già “vedeva” un Adriano Olivetti nel presentare al Presidente della Repubblica Gronchi i primi personal computer della storia mondiale – gli Elea – dicendo (siamo nel 1959!) che “L’elettronica….sta avviando l’uomo verso una nuova condizione di liberà e di conquiste”.

– Un partito governo (la DC) nei fatti ostacolato da un “quarto potere” (confindustriale e statunitense), che impedisce ad una leadership illuminata (come era già accaduto con Fanfani, in questo “cronotopo” con Moro) di riformare completamente il Paese, con lo sviluppo dei settori industriali strategici del futuro (soprattutto l’elettronica, ceduta agli americani), riducendone l’impatto – con la stagione del consumismo “all’americana” – alla troppo repentina trasformazione di un popolo, uscito troppo in fretta dalle campagne per entrare prima nelle fabbriche “fordiste” e poi “sentirsi” al centro del mondo come consumatore.

Ed è proprio dall’incrocio dei problemi di una sinistra incapace di leggere il nuovo e di un centro – motore di governo – impossibilitato a portare il Paese verso un futuro roseo dai suoi alleati extra politici ed internazionali, che viene  una esplicita richiesta al Paese alla rinuncia della leadership industriale del privato nei settori che avrebbero poi disegnato il futuro, in cambio di una accettazione di un esperimento innovativo di governo (quello di centro – sinistra).

Mezza conclude dicendo quello che da tempo penso anche io: che oggi il “centro sinistra” di governo ha una nuova (e ultima) opportunità di “leggere” il potenziale di innovazione e sviluppo legato alla rivoluzione digitale – originato proprio a partire quel “cronotopo”, cresciuto poi negli Stati Uniti e poi di nuovo accolto negli ultimi decenni da una Italia naturalmente portata a “lavorare in rete” – e farne driver di sviluppo sostenibile delle proprie comunità (territoriali ed imprenditoriali) puntando sulla naturale convergenza che esiste tra le nuove tecnologie digitali ed energetiche  per lo sviluppo delle città intelligenti.

E’ su questo punto che – come Innovatori Europei, insieme a vari partners – avvieremo da settembre un mini tour con Michele e il suo “Avevamo la Luna”: per arrivare a spunti ulteriori  sul come avviare politiche sistemiche di innovazione, che facciano incontrare i mondi del digitale e delle energie distribuite per creare sviluppo diffuso e sostenibile e maggiore democrazia.

di Massimo Preziuso




Accade a Corviale

Sabato 6 Luglio

ore 19.00

al Mitreo-ArteContemporanea


“King of Cypher”

Contest di Gruppi Rap

SPECIAL LIVE SHOW: LORD MADNESS – LUCI SOFFUSE

HOST: ESDI’

DJ SET: DJ FASTCUT – EL GABRO – BASCA


– Maggiori informazioni –