“Io, criminale sopravvissuto vi mostro l’inferno di Scampia”
Gaetano Di Vaio è un produttore cinematografico con un passato pesante alle spalle: rapine, furti, carcere e lo spaccio di migliaia di dosi nella piazza di droga più imponente d’Europa. Per raccontarlo ha scritto un libro, “Non mi avrete mai”, insieme al regista Guido Lombardi. E ha realizzato un videoreportage esclusivo per Repubblica.it.
“Sono stato un delinquente, ho spacciato, fatto furti, rapine: ma sono sempre stato un indipendente, una vera e propria affiliazione alla camorra non l’ho mai voluta avere. Perché si può uscire dalla criminalità, si può uscire dalla droga, ma non si può uscire dalla camorra. Se sei camorrista muori fra i 30 e i 40 anni: io invece di anni ne ho 45. E già per questo sono un sopravvissuto”. Capelli grigi, mascella decisa, volto tosto, voce con spiccato accento partenopeo insieme dura e gentile, Gaetano di Vaio racconta così – in un videoreportage realizzato in esclusiva per Repubblica.it – la sua prima vita: quella di maxi-pusher nell’inferno di Scampia, bravo ragazzo nel senso scorsesiano del termine, capace di controllare lo smistamento e lo smercio di cinque-seimila dosi al giorno. Nella più grande piazza di vendita di stupefacenti d’Europa, simbolo universale del potere dei clan.
“COSI’ VIVEVO DI DROGA”: IL VIDEOREPORTAGE ESCLUSIVO
Ma poi – dopo un percorso fatto di carcere, comunità di recupero, latitanza – Gaetano si è liberato dalle sue pendenze penali, ha voltato pagina e ha cominciato la seconda fase, quella attuale, della sua esistenza. Diventando produttore cinematografico, con l’associazione Figli del Bronx: tra le pellicole uscite dalla sua scuderia ci sono il docufilm Il loro Natale, Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara (presentato alla Mostra di Venezia), e LA-BAS, emozionante che sempre al Festival della Laguna ha vinto, nel 2011, il premio come migliore opera prima. Ed è proprio col regista di quest’ultimo film, Guido Lombardi, che Di Vaio ha scritto un libro (appena pubblicato da Einaudi Stile Libero) in cui racconta la sua avventura umana, il suo autentico romanzo criminale.
Il titolo è già un programma, Non mi avrete mai, ed è una storia forte come il suo protagonista, a suo modo unica nel panorama letterario. Non solo per temi veri che tratta, personali e insieme capace di descrivere in presa diretta un grande male italiano; ma anche per la lingua utilizzata nei tanti dialoghi sparsi nelle 344 pagine del libro. Un dialetto molto colloquiale, comunque comprensibile da chi non è napoletano. E poi ci sono i tanti personaggi che incontriamo, andando avanti nella lettura: dai detenuti a cui il protagonista fa da scrivano in carcere al carabiniere che in cambio di due dosi al giorno lo avverte di eventuali blitz, e dei giorni a rischio cattura in cui è meglio non uscire a spacciare.
Ma non basta. Perché, in occasione dell’uscita del volume, i due autori hanno accettato di realizzare, davanti e dietro la macchina da presa, un videoreportage in esclusiva per Repubblica.it. Cinque minuti e mezzo di docu-cinema, in cui Di Vaio racconta ai nostri lettori alcuni momenti clou della sua vita. Mostrandoci le location autentiche in cui quei fatti si sono svolti. A partire da Scampia, dove Gaetano ci mostra il punto preciso in cui sovrintenteva alla vendita delle dosi a partire dalla fine degli anni Sessanta. “Materialmente non ho mai spacciato, lo facevano i ragazzi per me, io la droga la andavo a comprare e la preparavo”, dice davanti alla telecamera. Mentre nel libro spiega: “Qui ho rapinato, rubato, spacciato. Qui ho visto nascere la più grande piazza di droga d’Europa. Qui è nato mio figlio, che ora ha sei anni e mezzo. Qui sono nati i miei amici”.
Non solo Scampia, però: nel video realizzato per noi vediamo anche il casale di Villa Literno di proprietà del fratello, dove è stato nascosto da latitante. E l’ingresso del carcere di Poggioreale dove è stato l’ultima volta nel ’97. Un luogo che lui, nel filmato, definisce “Una vera e propria scuola, un moltiplicatore di criminalità là dentro, nella cella, dalla mattina alla sera si parla solo di crimini, e di come farli”.
Tutti luoghi, e temi, che il volume ovviamente approfondisce. Raccontandoci un’umanità brulicante, quasi sempre disperata, fatta di criminali e camorristi ma anche di immigrati. E insieme a tanta vita, nelle pagine di questa particolarissima biografia aleggia anche, e in maniera pesante, il suo opposto. La morte. Fatti di violenza, omicidi. “Cose che succedevano sempre e comunque – si legge in un passaggio – anche se non c’era guerra tra i clan. A volte sgarri anche piccoli bastavano a provocare la punizione del Sistema. Secondo quella giustizia antica e animale che regna sempre nelle zone nostre”. E a cui lui, ex ragazzo balordo di periferia, a un certo punto ha detto no: “Non voglio sparare, non voglio picchiare, non voglio uccidere. Non voglio morire”. E ci è riuscito: diventando un Sopravvissuto, con la S maiuscola, come confessa davanti alla telecamera.
di CLAUDIA MORGOGLIONE
repubblica.it
Il welfare è un costo?
Il contributo delle politiche sociali alla creazione di nuova occupazione in Europa e in Italia
Scheda di sintesi del documento introduttivo alla ricerca promossa dalla Rete “Cresce il Welfare, cresce l’Italia
Gruppo di lavoro:
Andrea Ciarini Sapienza Università di Roma (coordinatore), Roberto Fantozzi Istat
e
Sapienza Università di Roma,
Silvia Lucciarini Sapienza Università di Roma, Anna Maria Simonazzi
Sapienza
Università di Roma,
Emmanuele Pavolini Università politecnica della Marche, Sara Picchi
Sapienza
Università di Roma,
Michele Raitano
Sapienza Università di Roma
Il taglio della spesa pubblica che continua ad insistere sulle istituzioni del welfare deriva dalla convinzione
che i servizi e le prestazioni sociali rappresentino un costo improduttivo se non uno spreco che alimenta la
spirale del debito pubblico.
Al contrario investire oculatamente nel welfare non significa solo migliorare la qualità di vita delle persone
e delle loro famiglie (evidenti i problemi dell’invecchiamento della popolazione, della non autosufficienza,
della conciliazione vita-lavoro, della cura e assistenza all’infanzia), ma anche favorire celermente ed
efficacemente l’occupazione.
La forte domanda di questi servizi è testimoniata da un dato: tra il 2008 e il 2012 (nel pieno della crisi) a
fronte di una perdita di occupazione nei comparti manifatturieri di 3 milioni e 123 mila unità (Eu 15)
l’incremento nei servizi di welfare, cura e assistenza è stato pari a 1 milione e 623 mila unità (+7,8%).
I Paesi europei hanno reagito in modo diverso a questa evidente crescita della domanda. Alcuni hanno
puntato decisamente sull’occupazione formalizzata, pubblica o privata. Altri hanno preferito lasciare questa
domanda nell’informalità e cioè “delegando” alle famiglie la ricerca di risposte. Gli esiti sia per la qualità di
vita dei cittadini che per la qualità e quantità di occupazione sono stati conseguentemente diversi.
La Francia, ad esempio, ha puntato su una strategia di integrazione tra politiche di welfare e politiche per la
creazione di occupazione regolare nella cura e assistenza alle persone attraverso strumenti volti a rendere
solvibile la domanda, cioè a mettere le famiglie in grado di pagare i servizi con sgravi contributivi, voucher,
titoli d’acquisto. Queste scelte, hanno concorso a fare emergere dal mercato informale molte delle
prestazioni sociali a domicilio, contribuendo a sviluppare l’occupazione regolare nei servizi alle persone.
Il settore dei servizi alle persone si è andato rapidamente sviluppando. Nel 2011 sono state 3,4 milioni (il
13% del totale) le famiglie che hanno usufruito di servizi di cura e assistenza personale, con un incremento
rispetto al 2005 dell’8%. E il numero dei lavoratori salariati è giunto a 1,8 milioni.
In parte diverse le politiche della Germania. Nell’ambito delle misure adottate per stimolare l’occupazione
dei segmenti più marginali del mercato del lavoro e per l’emersione del sommerso, il sistema dei cosiddetti
minijobs
(impieghi remunerati per un massimo di 450 euro/mese privi di versamenti fiscali e contributivi)
ha accompagnato l’introduzione di procedure semplificate per l’assunzione di personale al domicilio da
parte delle famiglie, le quali possono beneficiare di sgravi contributivi e fiscali. Nel 2012 i
minijobs
sono
arrivati a più di 243 mila unità andando tuttavia ad ingrossare un segmento di forza lavoro strutturalmente
2
confinata in occupazioni a bassi salari e bassi livelli di protezione sociale.
L’altro lato della medaglia è che lo sviluppo dell’occupazione nei servizi sociali – che potrebbe essere ben
maggiore in particolare in Italia – ha premiato soprattutto la crescita numerica degli impieghi, senza un pari
sviluppo sul versante della qualificazione dell’occupazione creata, spesso a più bassi salari o sprovvista di
adeguate tutele. L’effetto certamente positivo dell’emersione del lavoro sommerso non è sufficiente: gli
investimenti sulla crescita dell’occupazione nei servizi di cura devono puntare anche alla qualificazione e
alla tutela sociale dei lavoratori.
Ma qual è la situazione nel nostro Paese? L’Italia si trova in ritardo su molti fronti, sul piano dello sviluppo
dei servizi di cura, ma soprattutto rispetto alla individuazione di una vera strategia nazionale di sviluppo del
welfare che abbia in animo la promozione dell’occupazione, oltre che la prioritaria tutela di nuovi e vecchi
bisogni sociali. E ci sono degli elementi distintivi che contraddistinguono questo ritardo.
La “delega” alle famiglie e l’attribuzione ad esse del lavoro di cura è forse l’elemento di maggiore impatto.
In Italia sono più di 15 milioni (il 38,4% della popolazione tra i 15 e i 64 anni) le persone impegnate
regolarmente nel lavoro di cura nei confronti di figli coabitanti di meno di 15 anni, altri bambini della stessa
fascia di età e/o di adulti anziani, malati, non autosufficienti, con disabilità.
Questa attività di cura familiare interessa soprattutto le donne, sia in valore assoluto (8,4 milioni di donne
contro 6,8 milioni di uomini), sia in termini percentuali (il 42,3% a fronte del 34,5%). Secondo stime
dell’Istat sono ben 240 mila le donne occupate che scelgono il part-time invece dell’orario a tempo pieno
per mancanza di servizi all’infanzia adeguati. 489 mila sono invece le donne non occupate ostacolate
all’ingresso nel mercato del lavoro per mancanza di alternative di conciliazione.
Ma oltre a questo impegno diretto, le famiglie ricorrono spesso a “badanti” o assistenti. Alcune stime
indicano che la spesa delle famiglie per il lavoro di cura privato, nel 2009, è stata pari a 9,8 miliardi di euro
contro i 7,1 miliardi di euro dell’intera spesa sociale dei Comuni registrata nello stesso anno. L’insufficienza
di questi servizi e la bassa capacità di pagamento delle famiglie hanno fatto esplodere il fenomeno delle
“badanti”, il vero pilastro del welfare all’italiana.
Ma si tratta spesso di lavoro sommerso. Detrazioni e deduzioni fiscali per chi assume regolarmente una colf
o una badante sono molto limitate. Al contempo voucher e buoni lavoro non sono stati ideati per il settore
specifico della cura e dell’assistenza alle persone, ma piuttosto per altre prestazioni occasionali e
accessorie, dai servizi personali al lavoro in agricoltura.
Anche in questo è evidente l’assenza di una strategia di sviluppo dell’occupazione dei servizi di welfare che
lascia intatti molti dei meccanismi che alimentano appunto il ricorso al mercato sommerso e al “welfare faida-
te”.
L’invecchiamento della popolazione e l’innalzamento dell’età media generano nuovi bisogni spesso
correlati alla non autosufficienza. L’Italia è uno dei pochi Paesi a non avere ancora elaborato una politica
ad
hoc
per la non autosufficienza: si pensi che nel pur ridondante corpus normativo italiano non esiste
nemmeno una definizione giuridica univoca di “persona non autosufficiente”. Nel 2007 era stato istituito
uno specifico Fondo nazionale per la non autosufficienza, la cui copertura è giunta all’azzeramento nel
2010, per poi essere rifinanziata nel 2013. Fra il 2008 e il 2012 la destinazione di risorse ai Fondi sociali è
crollata del 90%. Solo nel 2013 il Fondo nazionale politiche sociali è stato rifinanziato per un totale di 300
milioni, a cui vanno ad aggiungersi 275 milioni di euro per il Fondo non autosufficienza. E per il 2014, al
momento, il Fondo nazionale politiche sociali e il Fondo per la non autosufficienza risultano azzerati.
In questo scenario il costante taglio dei fondi ha lasciato incompiuta la prospettiva di crescita delle
prestazioni sociali e della conseguente occupazione, innescando una spirale al ribasso anche per le
organizzazioni del terzo settore, di fatto messe alla stretta dalla drastica diminuzione della spesa sociale.
Infine, nell’ambito delle prestazioni sociali si evidenzia un profondo squilibrio da Nord e Sud con distanze
che tendono ad allargarsi in un quadro di regionalismo a scarso coordinamento dal centro. Emblematica è
3
la condizione dei servizi di cura per la prima infanzia. I tassi di copertura degli asili nido sono nettamente al
di sotto delle reali dimensioni della domanda. L’indice di presa in carico 0-2 anni (anno 2010) è dell’11,8% a
livello nazionale, ma con forti variazioni regionali, dal 25,4% dell’Emilia-Romagna e 22,3% dell’Umbria, al
2,3% della Calabria e 1,9% della Campania. A fronte di regioni (nel Centro-Nord) vicine agli obiettivi fissati
dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002 (il 33% di copertura dei servizi in tutti i Paesi europei entro il
2010), ve ne sono altre, tutte nel Mezzogiorno, in pesante ritardo.
La stessa percezione dei Cittadini rispetto alla loro salute si modifica al mutare della quantità e qualità dei
servizi sociali. Incrociando i dati dell’indagine ISTAT sugli interventi e servizi sociali dei comuni con la
percezione delle condizioni di salute emerge chiaramente una correlazione negativa tra la spesa nei servizi
sociali e il grado di disuguaglianza nella salute percepita dai Cittadini. Laddove la spesa sociale è più alta, più
basso è il grado di disuguaglianza nella salute percepita dai Cittadini. In altri termini l’aumento della spesa
sociale (o meglio nelle regioni che spendono di più in cura e servizi sociali) diminuisce la disuguaglianza
nella percezione delle condizioni di salute.
Come è stato di recente sottolineato da alcuni studi, l’uso della spesa pubblica per creare lavoro (in
particolare nei settori ad alta intensità di lavoro e tra questi certamente il welfare dei servizi) ha effetti
sull’occupazione molto più alti e in tempi più rapidi rispetto ad altri tipi di misure: fino a 10 volte superiori
rispetto al taglio delle tasse, da 2 a 4 rispetto all’aumento di spesa negli ammortizzatori sociali o alla
riduzione dei contributi sul lavoro per le imprese.
Sarebbe una “ricetta”, quindi, diversa (o forse solo complementare) rispetto alla prevalente, concentrata
quasi esclusivamente sulle agevolazioni fiscali e gli incentivi all’assunzione. In sintesi: per rilanciare
l’occupazione si stanno preferendo politiche che agiscono sull’offerta, mentre – e nell’ambito del welfare
ne abbiamo l’esempio – sarebbe vincente puntare anche sulla “domanda”, laddove ce ne siano i
presupposti. Se bene congegnato l’investimento nei servizi di welfare è un fattore che non solo migliora il
grado di salute per quote tendenzialmente ampie e omogenee di popolazione, ma aiuta anche a bilanciare i
processi di de-ospedalizzazione e gli interventi di “razionalizzazione” sulla rete ospedaliera, destinatari, in
seguito all’ultima
spending review,
di forti tagli.
Gli interventi per favorire l’occupazione non sembrano andare in questa direzione. C’è una forte enfasi
sull’investimento in educazione e formazione e sulle politiche attive del lavoro come leva strategica per la
ripresa occupazionale. Il settore dei servizi sociali viene visto come uno degli ambiti nei quali innovare
l’intervento dei programmi dell’Unione, con particolare riferimento – tra l’altro – alla promozione di buona
occupazione. Si continua però a puntare sostanzialmente sul miglioramento delle condizioni di occupabilità
e adattabilità dei lavoratori. Insomma siamo ancora dentro un paradigma di politiche solo offertiste. Di
contro niente è rimesso alla creazione diretta di occupazione attraverso un innalzamento degli investimenti
finanziari nelle politiche sociali, come leva strategica per la creazione di nuovo lavoro.
Positivo anche il recente vertice europeo di fine Giugno 2013: sono previste misure innovative per il
contrasto della disoccupazione, soprattutto quella giovanile con 6 miliardi per l’istituzione della
Youth
european guarantee
nei Paesi (tra cui l’Italia) con tassi di disoccupazione giovanile superiori al 25%.
Tuttavia il problema appare lontano dall’essere risolto se affrontato con soli strumenti che intervengono
sull’offerta di lavoro (più flessibilità, più occupabilità), senza politiche in grado di incidere anche sulla
domanda.
In questa prospettiva sarebbe invece opportuno raccogliere l’opportunità offerta dalla decisione della
Commissione UE che ha concesso, proprio in queste ore, all’Italia una maggiore flessibilità di bilancio nel
2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita.
cresce_il_welfare_cresce_l_Italia
Parc de la Creueta del Coll – Barcelona, Spain
Visto il caldo di questa nuova afosa estate, condividiamo un progetto che compie trenta anni di vita e che ha segnato una nuova era per la progettazione di parchi ludici. E’ probabile che la realizzazione del parco della Creueta del Col a Barcellona sia stato tra i primi, se non il primo, che si è concentrato sul recupero di una cava dismessa, situata ai margini della periferia urbana di una grande e bella città come Barcellona. Il parco si trova nel terreno di una vecchia cava, nella parte alta di Barcellona, vicino alla valle di Hebron e dietro al Parco Güell. Si tratta di un giardino urbano di medie dimensioni di quasi due ettari di estensione, che è stato sfruttato per creare un ambiente accogliente per il divertimento ed il soggiorno di turisti ed abitanti della città. Al suo interno è stata realizzata una grande vasca dalla forma irregolare che durante l’estate viene riempita di acqua per rinfrescare i fruitori in uno scenario concavo, quello della cava, che è stato rimodellato in parte, davvero unico. Il progetto non è esente da critiche visto a distanza di trenta anni, ma non si può escludere che quelle del recupero delle cave dismesse sia un tema spinoso che incontra molti pareri discordanti. Il fatto che la cava fu inglobata dalla crescita urbana di Barcellona, è stato determinante perché il parco fosse destinato a fini ludici piuttosto che ad un semplice recupero ambientale. Molte delle soluzioni utilizzate per la stabilizzazione dei versanti e per la costituzione dei percorsi sono state sicuramente originali ed innovative e sono stati utilizzati come esempio in molti altri progetti posteriori di architetti paesaggisti.
Il gioiello del parco è la scultura di Eduardo Chillida a forma di artiglio, Elogi del’aigua (elogio dell’acqua). Il lavoro consiste in un pezzo di 50 tonnellate di calcestruzzo, sospeso con quattro cavi d’acciaio sulla piscina.
Sono convinto che una pagina della storia dell’architettura del novecento debba essere occupata con merito da questo progetto, da non dimenticare.
Relazione AGCOM: Italia ancora poco digitale
L’Italia è un Paese ancora poco digitalizzato e a due velocità nel suo sviluppo nel settore, dove reddito, istruzione ed età fanno la differenza e che vede nei giovani i “traghettatori verso la modernità, nonostante tutto”. E’ questo, in estrema sintesi, il quadro delineato nella “Relazione annuale”, presentata in Parlamento, dal presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani.
La diffusione dell’accesso alla rete fissa, così come per l’accesso ai servizi broad- band, risulta a livello regionale piuttosto differenziata. A fronte della media nazionale di famiglie con un collegamento alla rete fissa superiore al 69%, il quadro si differen- zia in misura anche non marginale nelle diverse aree geografiche del territorio italiano (Tabella 2.18), con una “forbice” compresa tra l’80,5% del Lazio ed il 59,4% della Cala- bria, mentre le principali aree metropolitane sfiorano il 91%.Tabella 2.18. Accessi alla rete fissa (dicembre 2012, % delle famiglie)
Piemonte | 67,6 | Molise | 63,1 |
Valle d’Aosta | 62,7 | Campania | 70,6 |
Lombardia | 72,3 | Puglia | 66,6 |
Trentino-Alto Adige | 62,9 | Basilicata | 60,7 |
Veneto | 67,7 | Calabria | 59,4 |
Friuli-Venezia Giulia | 69,3 | Sicilia | 64,2 |
Liguria | 71,2 | Sardegna | 59,6 |
Emilia-Romagna | 69,3 | ITALIA | 69,5 |
Toscana | 72,0 | Principali Comuni | 90,8 |
Umbria | 68,3 | Nord Ovest | 70,8 |
Marche | 70,6 | Nord Est | 68,1 |
Lazio | 80,5 | Centro | 75,6 |
Abruzzo | 64,5 | Sud e Isole | 65,4 |
Fonte: elaborazioni e stime dell’Autorità su dati aziendali e IstatCon riguardo al quadro competitivo dell’accesso diretto alla rete fissa, Telecom Italia si attesta su base nazionale – come già osservato – a circa il 65%, ma con una marcata differenziazione geografica (Tabella 2.19).
Tabella 2.19. Accessi alla rete fissa – Quote di mercato (dicembre 2012, in %)
TelecomItalia | Fastweb | Wind |
BT Italia |
Tiscali | VodafoneItalia | Altri | Totale | |
Piemonte | 64,7 | 8,9 | 13,5 | 0,4 | 1,5 |
9,9 |
1,0 | 100 |
Valle d’Aosta | 74,7 | 6,0 | 6,9 | 0,1 | 0,6 | 11,0 | 0,6 | 100 |
Lombardia | 61,4 | 11,9 | 11,5 | 0,6 | 1,8 | 10,9 | 1,8 | 100 |
Trentino A.A. | 78,4 | 3,5 | 6,5 | 0,2 | 0,5 |
9,9 |
1,1 | 100 |
Veneto | 72,6 | 4,3 | 9,2 | 0,3 | 0,8 | 11,0 | 1,7 | 100 |
Friuli V.G | 73,2 | 4,8 | 10,1 | 0,2 | 1,4 |
9,5 |
0,7 | 100 |
Liguria | 58,8 | 13,0 | 13,5 | 0,3 | 1,6 | 11,8 | 0,9 | 100 |
Emilia-Romagna | 68,7 | 8,2 | 10,8 | 0,4 | 1,4 |
9,6 |
0,9 | 100 |
Toscana | 71,3 | 6,2 | 10,5 | 0,4 | 1,7 |
8,8 |
1,2 | 100 |
Umbria | 72,7 | 5,5 | 8,6 | 0,2 | 0,6 |
7,7 |
4,7 | 100 |
Marche | 73,6 | 5,5 | 9,1 | 0,2 | 1,0 |
8,4 |
2,1 | 100 |
Lazio | 56,1 | 12,9 | 17,4 | 0,4 | 2,6 |
9,2 |
1,4 | 100 |
Abruzzo | 69,0 | 8,3 | 10,5 | 0,2 | 1,0 |
9,4 |
1,6 | 100 |
Molise | 74,8 | 3,7 | 10,6 | 0,3 | 0,4 |
9,6 |
0,7 | 100 |
Campania | 58,4 | 8,9 | 22,5 | 0,2 | 0,8 |
7,7 |
1,4 | 100 |
Puglia | 57,8 | 6,8 | 21,7 | 0,2 | 0,6 |
9,5 |
3,3 | 100 |
Basilicata | 77,8 | 5,0 | 6,6 | 0,2 | 0,8 |
8,6 |
1,0 | 100 |
Calabria | 75,4 | 2,4 | 10,1 | 0,1 | 1,3 |
8,5 |
2,1 | 100 |
Sicilia | 62,9 | 5,3 | 18,2 | 0,2 | 1,5 | 10,2 | 1,8 | 100 |
Sardegna | 61,3 | 2,8 | 7,3 | 0,2 | 18,8 |
8,3 |
1,2 | 100 |
ITALIA | 64,6 | 8,3 | 13,5 | 0,3 | 1,9 | 9,7 | 1,6 | 100 |
Principali Comuni | 41,1 | 23,6 | 22,5 | 0,8 | 2,5 |
8,4 |
1,2 | 100 |
Nord Ovest | 62,1 | 11,2 | 12,2 | 0,5 | 1,7 | 10,7 | 1,5 | 100 |
Nord Est | 71,6 | 5,9 | 9,7 | 0,3 | 1,1 | 10,2 | 1,2 | 100 |
Centro | 64,1 | 9,4 | 13,6 | 0,4 | 2,0 |
8,9 |
1,7 | 100 |
Sud e Isole | 62,7 | 6,3 | 17,5 | 0,2 | 2,5 |
8,9 |
1,9 | 100 |
Tabella 2.20. Accessi a larga banda (dicembre 2012, % delle famiglie)
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EXPO 2015: occasione per l’Italia
Gli interventi di Napolitano, Letta e Maroni
“Ho ritenuto di dover rappresentare l’interesse comune della nazione sostenendo fin dall’inizio la candidatura dell’Italia e di Milano per l’Expo 2015. Il fatto che dopo aver vinto la battaglia della candidatura, condotta con spirito unitario, sia cambiato il contesto politico, si siano avvicendati governi diversi, senza che la scelta e l’impegno per l’Expo 2015 subissero contraccolpi, fossero messi in questione o vacillassero, ha un evidente, importante significato. Sta in effetti a significare che nonostante le tensioni e i fattori di instabilità che da tempo caratterizzano i rapporti politici e la vita istituzionale nel nostro paese, si sa in certi momenti egualmente riconoscere – da parte di tutte le forze politiche e sociali responsabili – quel che tocca esigenze vitali della nazione e deve sollecitare la più larga convergenza di sforzi, un’autentica feconda coesione sociale e istituzionale. Ed è ciò che saluto qui oggi, vedendo fianco a fianco il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Regione Lombardia, il Sindaco di Milano e tutte le autorità locali all’indomani dell’incontro tra i Presidenti di tutte le Regioni italiane e delle decisioni di lavoro comune che ne sono scaturite.
“Siamo un Paese – ha concluso Napolitano – che ha fiducia in se stesso, che deve averne anche più di quanta ne dimostri, percorso com’è ancora da nervosismi destabilizzanti e da tendenze al pessimismo. L’Expo di Milano, e più in generale quel che faremo e costruiremo di qui al 2015, in termini di crescita economica e di riforme istituzionali, proverà che possiamo avere fiducia in noi stessi e suscitare rinnovata fiducia verso l’Italia da parte dell’Europa e del mondo”.
Startup innovative, online i modelli di certificazione per iscriversi al registro Imprese. Srl a 1 euro anche per gli Over 35
Importanti novità sul fronte startup innovative? Pare di si, anche se, come sempre, aspettiamo il corso finale degli eventi per esprimere un giudizio complessivo: da qualche giorno, comunque, sono disponibili i moduli elettronici per certificarsi.
L’autocertificazione dei requisiti delle start up e degli incubatori certificati per l’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese, quindi, viaggia solamente in formato elettronico. Le Camere di commercio, con il coordinamento del MSE, hanno redatto e pubblicato sul sito Mise, dal 21 giugno, i moduli di domanda in formato elettronico con il quale le start up e gli incubatori di start up innovative possono autocertificarsi e iscriversi nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese. È stata inoltre aggiornata la guida sintetica sugli adempimenti della startup innovativa.
L‘iscrizione è un adempimento regolamentato dall’articolo 25, commi 8 e 9, della legge 17 dicembre 2012 n. 221 (di conversione al dl 18 ottobre 2012 n. 179 c.d. decreto sviluppo bis) che pone l’iscrizione nella sezione speciale del registro imprese (al 24 giugno iscritte 908 start up) come condizione per ottenere le agevolazioni previste per tali nuove tipologie societarie.
Va ricordato che seppur ci si aspetti una regolamentazione e delle agevolazioni sempre migliori, le startup sono state introdotte per la prima volta nell’ordinamento del nostro Paese attraverso il decreto Crescita 2.0, convertito poi nella legge 221/2012.
Secondo quanto stabilito dalla legge, la startup innovativa è “una società di capitali di diritto italiano, costituita anche in forma cooperativa, o società europea avente sede fiscale in Italia” che ha come fine principale “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”.
Vantaggi e mancanze
Le principali agevolazioni della certificazione online consistono, evidentemente, in:
- totale esenzione dal pagamento dei diritti di segreteria, dall’imposta di bollo nonché dal pagamento del diritto annuale(tale esenzione dura non oltre il quarto anno di iscrizione);
- rilevanti deroghe al diritto societario(in caso di copertura delle perdite che superano il terzo del capitale, viene prevista la possibilità di rinviare la decisione di procedere alla riduzione del capitale e al contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo legale, alla chiusura dell’esercizio successivo);
- regime fiscale e contributivo di favore per i piani di incentivazione basati sull’assegnazione di azioni, quote o titoli similari ad amministratori, dipendenti e collaboratori e in una specifica disciplina dei rapporti di lavoro.
La start up innovativa e incubatore certificato sono automaticamente iscritti alla sezione speciale del registro delle imprese, a seguito della compilazione e presentazione, tramite ComUnica. Però le note positive finiscono qui, perché ci si attende a breve l’attuazione di tutta una serie di decreti attuativi, sempre riferiti al decreto crescita 2.0, tra i quali in particolare spiccano le agevolazioni fiscali a favore di chi investe nel capitale sociale di start up innovative, che prevede che le persone fisiche abbiano diritto a una detrazione Irpef del 19% sulla somma investita nel triennio 2013-2015 fino a un massimo di 500 mila euro.
E le Srl semplificate a 1 euro anche per gli Over 35
Le società giuridiche possono invece portare in deduzione dal reddito imponibile il 20% dell’investimento, sempre che esso venga mantenuto per almeno due anni, fino a un massimo di 1,8 mln di euro. Inoltre è allo studio il decreto attuativo della norma che istituisce, sotto forma di credito di imposta, un contributo del 35% sulle spese effettuate per le nuove assunzioni di personale altamente qualificato.
Particolare interessante a livell0 di imprese e non solo di startup, infine, è l’abolizione del limite di età per la creazione di società a responsabilità semplificate (le famose Srl a 1 euro). Il decreto lavoro, approvato dal Consiglio dei Ministri, ha eliminato il limite di 35 anni di età per la loro creazione.
Il welfare produce occupazione: in Europa creati un milione e 600 mila nuovi posti di lavoro
“Il welfare produce occupazione. I dati lo confermano”. E’ la ricerca presentata dal coordinamento “Cresce il welfare cresce l’Italia” su investimenti nel welfare e rilancio dell’occupazione, realizzata da un gruppo di ricercatori dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Dai dati emerge che è proprio il settore dei servizi ad aver registrato una costante crescita in Europa, anche durante la crisi. Dal 2002 e al 2009 il settore dei servizi sociali e in quello della salute ha creato più di 4 (4,2) milioni nuovi posti di lavoro, oltre un quarto dei 15 milioni totali. Tra il 2008 e il 2012, in piena crisi economica, i servizi di welfare, cura e assistenza sono cresciuti di un milione e 600 mila unità (1.623.000).
La crescita del settore accomuna tutti i paesi europei,
le strategie adottate sono molto diverse: c’è chi ha puntato sulla crescita dell’occupazione formale, pubblica o privata o di terzo settore, esterna alla famiglia, e altri – come Italia, Spagna, Portogallo -, in cui lo sviluppo è stato perlopiù trainato dall’occupazione in seno alle famiglie, con un’ampia quota tuttavia di lavoro nero e irregolare. Secondo stime del ministero per le Attività produttive francese, la percentuale di lavoro nero in questo ambito varia dal 70 per cento in Italia e in Spagna, al 45 per cento nel Regno Unito, fino rispettivamente al 30 per cento e 15 per cento della Francia e della Svezia. D’altro canto in alcuni paesi – come la Germania e anche l’Austria – è poco sviluppata sia l’occupazione formale sia quella alle dipendenze delle famiglie. L’incremento dell’occupazione nei servizi sociali non ha però solo aspetti positivi. Secondo il Coordinamento è mancato un adeguato sviluppo sul versante della qualificazione dell’occupazione, spesso a più bassi salari o sprovvista di adeguate tutele. Eppure, il contrasto ai circuiti dei bassi salari e delle basse qualifiche implica, per gli estensori del rapporto, “un di più di spesa sociale che né il mercato privato né peggio quello informale presuppongono. E questo è stato senza dubbio uno dei motivi che in questi anni ha più influito su un certo trend occupazionale”, spianando di fatto la strada anche al lavoro nero. Invece, alcuni studi mostrano che “l’introduzione degli incentivi fiscali e contributivi per l’acquisto di cura in famiglia hanno ridotto l’area del lavoro sommerso” si spiega nel documento, che cita a maggiore conferma il caso della Danimarca, dove è stato documentato un aumento del lavoro sommerso parallelamente alla riduzione degli incentivi fiscali.
“Avevamo la luna”, il bel libro di Michele Mezza
Non sono bravo a scrivere di libri, ma quello dell’innovatore Michele Mezza è davvero ben fatto e vale la pena cimentarsi. Anche perché con Michele discutiamo di innovazione dagli albori di Innovatori Europei nel 2006.
In ”Avevamo la luna” Michele mette su carta (e su evoluti supporti digitali, che interagiscono direttamente con il volume, attraverso l’uso di smartphone) una enorme mole di originali informazioni “connesse” tra loro nello storico ”anno – cronotopo” 1962-64: “tre anni di grandi corse, di spericolate acrobazie, di scoperte e innovazioni. Quaranta mesi vissuti tutti d’un fiato. Con una continua alternanza di improvvise accelerazioni e brusche frenate. Un sogno realistico concluso in una curva senza uscita, come l’elegantissima Lancia Aurelia del film Il Sorpasso, del grande Dino Risi, interpretato da un baldanzoso e un po’ gaglioffo Vittorio Gassman e da un timido ma fremente Jean – Louis Trintignant, prodotto proprio nel 1962, un fotogramma del quale abbiamo scelto per la nostra copertina” dice l’autore.
Un libro che parla di un periodo di potenziale svolta per il Bel Paese, intrecciandone fenomeni politici, nazionali ed internazionali, con le dinamiche delle nascenti industrie del futuro (principalmente elettronica – digitale, spazio ed energia) che mettevano le prime radici proprio nel nostro Paese. Proprio mentre il mondo cattolico viveva un incredibile periodo di innovazione con il Concilio Vaticano II, facendo di Roma il centro del mondo per vari mesi.
Un’Italia nel pieno di un potenziale protagonismo mondiale, fermata – secondo l’attenta analisi del libro, sviluppata anche attraverso numerose interviste con i protagonisti di quei tempi (come Reichlin, De Rita e tanti altri) – dalla assenza di una guida politica forte e consapevole.
– Una sinistra non capace e non interessata a leggere fenomeni a quel tempo destabilizzanti per la proprio ideologia e visione del mondo, come quelli che ad esempio già “vedeva” un Adriano Olivetti nel presentare al Presidente della Repubblica Gronchi i primi personal computer della storia mondiale – gli Elea – dicendo (siamo nel 1959!) che “L’elettronica….sta avviando l’uomo verso una nuova condizione di liberà e di conquiste”.
– Un partito governo (la DC) nei fatti ostacolato da un “quarto potere” (confindustriale e statunitense), che impedisce ad una leadership illuminata (come era già accaduto con Fanfani, in questo “cronotopo” con Moro) di riformare completamente il Paese, con lo sviluppo dei settori industriali strategici del futuro (soprattutto l’elettronica, ceduta agli americani), riducendone l’impatto – con la stagione del consumismo “all’americana” – alla troppo repentina trasformazione di un popolo, uscito troppo in fretta dalle campagne per entrare prima nelle fabbriche “fordiste” e poi “sentirsi” al centro del mondo come consumatore.
Ed è proprio dall’incrocio dei problemi di una sinistra incapace di leggere il nuovo e di un centro – motore di governo – impossibilitato a portare il Paese verso un futuro roseo dai suoi alleati extra politici ed internazionali, che viene una esplicita richiesta al Paese alla rinuncia della leadership industriale del privato nei settori che avrebbero poi disegnato il futuro, in cambio di una accettazione di un esperimento innovativo di governo (quello di centro – sinistra).
Mezza conclude dicendo quello che da tempo penso anche io: che oggi il “centro sinistra” di governo ha una nuova (e ultima) opportunità di “leggere” il potenziale di innovazione e sviluppo legato alla rivoluzione digitale – originato proprio a partire quel “cronotopo”, cresciuto poi negli Stati Uniti e poi di nuovo accolto negli ultimi decenni da una Italia naturalmente portata a “lavorare in rete” – e farne driver di sviluppo sostenibile delle proprie comunità (territoriali ed imprenditoriali) puntando sulla naturale convergenza che esiste tra le nuove tecnologie digitali ed energetiche per lo sviluppo delle città intelligenti.
E’ su questo punto che – come Innovatori Europei, insieme a vari partners – avvieremo da settembre un mini tour con Michele e il suo “Avevamo la Luna”: per arrivare a spunti ulteriori sul come avviare politiche sistemiche di innovazione, che facciano incontrare i mondi del digitale e delle energie distribuite per creare sviluppo diffuso e sostenibile e maggiore democrazia.
di Massimo Preziuso
Accade a Corviale
Sabato 6 Luglio
ore 19.00
al Mitreo-ArteContemporanea
“King of Cypher”
Contest di Gruppi Rap
SPECIAL LIVE SHOW: LORD MADNESS – LUCI SOFFUSE
HOST: ESDI’
DJ SET: DJ FASTCUT – EL GABRO – BASCA