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Schema di ddl su Città metropolitane, Province, Unioni e fusioni di Comuni

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Guida alle semplificazioni del decreto del fare

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Davide, da nerd a imprenditore high tech




L’affare Bezos-Washington Post e i nuovi monopoli della notizia

giornaleCome giudicare l’acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos, il ricchissimo patron di Amazon: è un bene o un male per l’informazione, per la sua economia, per la sua libertà?

Si tratta, certamente, di un evento-choc, che può segnare l’inizio di una nuova tendenza, l’assalto dei poteri forti della Rete (quelli veri) ai mass media tradizionali. Qualche risposta può venire dall’osservazione di quanto e’ accaduto, negli ultimi dieci anni, nel mondo della musica. Dove il passaggio all’era digitale e alle nuove forme distributive non e’ stato dominato dall’industria discografica, proprietaria della creatività e dei contenuti, ma da Apple con l’iPod e da tutto ciò che ha creato la musica in Rete, cioè dai padroni di Internet.

E anche nell’industria delle notizie la “soluzione” dei problemi economici potrebbe arrivare dalle società come Amazon e Google, dominatrici assolute della distribuzione online.

C’è un ché di paradossale e di beffardo in tutto questo, se i venditori e gli aggregatori di informazioni, dopo aver messo in crisi i suoi produttori, ora se li comprano. Ma così va il mondo e ancor più va il mondo web, dove comanda non chi produce i contenuti ma chi li distribuisce, forte di innovazioni geniali che hanno cambiato le regole del gioco. E oggi, grazie all’immensa liquidità accumulata, può permettersi il lusso di ergersi a paladino dell’informazione di qualità.

Editori e giornalisti, d’altra parte, hanno sposato in fretta la causa di Internet ma regalando le notizie in Rete, e solo più tardi sviluppando l’offerta a pagamento, convinti che la pubblicità avrebbe fatto quadrare i conti. Non e’ accaduto. E, senza aspettare i posteri, già oggi i contemporanei possono giudicare quanto lungimirante e saggia sia stata questa nostra scelta.

E’ un bene dunque, per l’informazione, l’”affare” Bezos-Washington Post? Può anche darsi: purché non sia l’inizio, com’e’ legittimo temere, di una nuova stirpe di monopoli mediatico-digitali in confronto ai quali gli odierni tycoon sono teneri agnellini.

E. Segantini

corriere.it

http://estory.corriere.it/2013/08/08/laffare-bezos-washington-post-e-i-nuovi-monopoli-della-notizia/




Buone nuove

002Un potpourri di news che ci fanno ben sperare :

– George Clooney con i soldi che riceve per gli spot Nespresso paga un satellite spia con cui controlla Omar Al Bashir il dittatore del Sudan accusato di crimini di guerra e di genocidio.

– Facebook diventa sempre più uno strumento d’informazione: “La miss denuncia i pestaggi dell’ex su facebook”

– Varato un decreto legge sulla cultura che tra l’altro prevede il ritorno ai musei degli introiti dei biglietti e del merchandisng, l’assunzione di 500 giovani, il ripristino della detassazione per chi produce o finanzia le opere di cinema e di musica, l’agevolazione delle donazioni dei privati

– Disoccupazione USA al minimo da 4 anni

– Movimento 5 stelle: “pronti a legge elettorale e governo col partito democratico”

– La band dei Rudimental fa musica raccontando belle notizie come il recupero dei ragazzi dei ghetti di Philadelphia con l’ippoterapia

by Tommaso Capezzone




Dal Cdm via libera al dl cultura. Letta: “Diamo lavoro a 500 giovani”

culturaIl provvedimento include interventi per la stabilità delle fondazioni lirico-sinfoniche, la valorizzazione del sito archeologico di Pompei e il rilancio degli Uffizi. Il premier: “L’approvazione è il primo segnale di inversione di tendenza: la possibilità di attrarre investimenti nella cultura è tra le nostre priorità”. “In Parlamento si apra a privati nello sviluppo della cultura”.

E’ terminata a Palazzo Chigi, dopo circa due ore, la riunione del Consiglio dei ministri che, fra l’altro, ha approvato il decreto per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo. Nel provvedimento, attenzione a Pompei, al Museo degli Uffizi, alle fondazioni lirico-sinfoniche, ma soprattutto a una visione della cultura come valore aggiunto del Paese, in grado di creare lavoro e attrarre investimenti, non solo turisti.

“Diamo lavoro a 500 giovani per la cultura” ha subito annunciato il presidente del Consiglio Enrico Letta al termine del Cdm a proposito di una delle misure del decreto legge sulla cultura: “E’ un’opportunità di lavoro offerta a 500 giovani per un periodo determinato di tempo sullo sviluppo della digitalizzazione e della catalogazione del patrimonio culturale del Paese”.

Il ministro Massimo Bray ha invece dato risalto a un’altra misura: dal 2014 l’economia restituirà ai musei gli introiti diretti dei biglietti. “Questo aspetto ci consentirà di tenere aperti i musei e di utilizzare al meglio le risorse”, ha aggiunto Bray chiarendo che nel decreto c’è una possibilità di donazione di 5000 euro da parte dei privati per la cultura. Bray ha sottolineato come uno dei criteri del decreto è quello della trasparenza.

L’approvazione del dl cultura “è il primo segnale di inversione di tendenza che il governo vuole dare di investimento nel campo della cultura – ha sottolineato Letta -. La cultura è il cuore del nostro Paese e la possibilità di attrarre investimenti è una delle nostre priorità”. Ci sono molti problemi nel campo della cultura, soprattutto sulla mancanza di fondi, ammette il presidente del Consiglio: “Abbiamo ritenuto necessario un intervento di largo impatto che desse alcuni messaggi molto forti: vogliamo investire sulla cultura e legare un legame tra giovani e cultura”.

Il dl sulla cultura, inoltre, contiene “un intervento complessivo” di salvataggio delle fondazioni lirico-sinfoniche, spiega ancora Letta in conferenza stampa, “un tema che si è avvitato in una condizione di grande difficoltà economica. Ma è importante che (le fondazioni, ndr) siano stabili e non abbiano l’acqua alla gola. Con questo provvedimento si crea una condizione che salva le fondazioni lirico-sinfoniche e dà loro una prospettiva di stabilità”.

C’è poi un articolo per la “valorizzazione di Pompei” che dà una “grande risposta al mondo” visto che “abbiamo una responsabilità di rendere fruibile” il sito archeologico che, in base al provvedimento approvato dal Cdm, fra l’altro prevede un direttore generale con ampi poteri. “E’ un messaggio per il Sud”, ha aggiunto Letta, soffermandosi anche sulla Reggia di Caserta.

Nel dl sui beni culturali anche un intervento “a favore dei nuovi Uffizi di Firenze” che prevede interventi di “sviluppo e rilancio” del museo.

Il presidente del Consiglio ha poi fatto un “appello al Parlamento: in sede di conversione di questo decreto, si apra alla discussione sulla partecipazione dei privati nello sviluppo della cultura. Siamo aperti con il

 

Parlamento per valutare se possono essere introdotti elementi migliorativi”.

All’ordine del giorno del Cdm anche il disegno di legge costituzionale di abolizione delle Province e il disegno di legge su ‘Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno’.

repubblica.it

http://www.repubblica.it/politica/2013/08/02/news/cdm_letta_ok_dl_cultura-64168655/?ref=HRER1-1




Il New York Times torna in utile con gli abbonamenti in digitale

nytL’editore del quotidiano newyorkese ha chiuso il secondo trimestre dell’anno con profitti per 20,1 milioni – oltre le stime degli analisti – contro una perdita di 87,6 milioni dello stesso periodo dello scorso anno.

Gli abbonamenti digitali spingono i conti del New York Times che compensa il calo della raccolta pubblicitaria. Nel secondo dell’anno, l’editore del quotidiano newyorkese, è tornato in attivo, grazie all’aumento degli abbonamenti online (+40% a 738.000): i profitti netti sono saliti a 20,1 milioni di dollari, 13 centesimi per azione, contro il rosso da 87,6 milioni, -58 centesimi per azione, dello stesso periodo dell’anno scorso. Escludendo le voci straordinarie i profitti sono saliti da 11 a 14 centesimi per azione. Il fatturato, invece, è calato dello 0,9% a 485,4 milioni di dollari.

Gli analisti attendevano un utile di 12 centesimi per azione su un fatturato di 487 milioni di dollari. Complessivamente il fatturato generato dalla diffusione del quotidiano è cresciuto del 5,1%, ma quello pubblicitario è sceso del 5,8% (-6,8% sulla carta stampata, -2,7% sul digitale). I risultati riflettono “l’evoluzione in corso delle iniziative per gli abbonamenti digitali”, ha detto l’amministratore delegato Mark Thompson.

E sulla stessa lunghezza d’onda si muove Ruper Murdoch: la versione online del tabloid The Sun da oggi diventa a pagamento con un costo di due sterline a settimana. La decisione era stata annunciata a marzo quando l’editore aveva spiegato che i costi della versione gratuita non potevano più essere sostenuti. Il Sun, che si definisce il quotidiano più popolare della Gran Bretagna, ha una tiratura di 2,3 milioni di copie e vanta 1,7 milioni di visite sul suo sito ogni giorno.

 

Anche il Times, altro giornale di proprietà del magnate australiano, e il Daily Telegraph avevano scelto di diventare a pagamento.

repubblica.it

http://www.repubblica.it/economia/2013/08/01/news/ny_times_utili_digitale-64115249/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-17_01-08-2013




La prossima sfida dei Bric si gioca tutta nelle città

favelasIl movimento sociale che ha scosso il Brasile a giugno è stato animato da studenti, in grande misura di classe media, che hanno manifestato la crescente insoddisfazione per l’asimmetria tra accesso a beni di consumo e capacità di orientare le politiche pubbliche. Che sia successo proprio in Brasile, tra i quattro Bric, non è casuale. In nessun altro coesistono tolleranza politica e pluralità democratica, diffusione dei social network e di Internet e, soprattutto, alti indici di urbanizzazione.

L’essere umano è un animale non solo sociale ma anche urbano: la città rende liberi, produttivi, ricchi e felici. Nessuno dei milioni di contadini che negli ultimi decenni si sono trasferiti dalle campagne alle città, magari sfidando rigide norme, come l’hukou, che regolano le migrazioni in Cina, è a conoscenza della tesi di Edward Glaeser, professore a Harvard. Ma è un dato di fatto che per la prima volta nella storia più della metà degli abitanti del pianeta vivono in città (erano 14% nel 1900); che la crescita delle città produce maggiore efficienza economica e sviluppo; e che la relazione tra dimensione delle città e povertà è inversa. Ma le differenze tra paesi rimangono importanti. Mentre in Brasile la popolazione urbana rappresenta l’84% del totale (censimento 2010) e in Russia arriva al 74% (2011), in Cina ha superato il 50% solo nel 2012 (era 49% nel censimento 2010) e in India non è che al 31% (2011). Shanghai e Pechino, Mumbai e Delhi possono pure essere mega-metropoli di decine di milioni di abitanti, ma concentrano appena il 30% della popolazione cinese e indiana; invece un russo ogni nove vive a Mosca e San Pietroburgo, un brasiliano su dieci a San Paolo e Rio de Janeiro.

 

Le immagini delle megalopoli possono tradire, in realtà considerando l’effetto dell’urbanizzazione sul reddito in Cina, le città cinesi sono più piccole del dovuto. Spingere l’acceleratore della crescita urbana è diventato un imperativo in Asia. Li Keqiang, nel discorso programmatico di marzo, ha indicato che tra poco più di un decennio il 70% dei cinesi dovrà abitare in città. Vuol dire aumentare di quasi 250 milioni la popolazione non solo delle grandi città, ma anche di quelle medie. Secondo i calcoli McKinsey, nel 2025 in Cina ci saranno 221 città con almeno un milione di abitanti (in Europa sono 35). In India, già nel 2007 Manmohan Singh considerava vicino il momento in cui mezzo miliardo di cittadini sarebbero stati in città.

Perpetuare le tendenze del recente passato rischia di essere insostenibile. Le favelas non sono più solo un luogo di povertà, ma rimangono prive dei servizi sociali essenziali. E dove questi esistono sono il risultato di investimenti privati e servono dei clienti, non dei cittadini. Due terzi della popolazione di Mumbai vive in slums, magari a poche decine di metri dalle residenze principesche delle star di Bollywood. A Bangalore, grazie al successo dell’informatica la popolazione è cresciuta del 40% negli ultimi 10 anni, la superficie costruita del 25 per cento. Il mismatch ha prodotto maggiore congestione.

Il rischio che queste lezioni non siano sufficienti è sempre latente, ma per il momento l’ottimismo è legittimo. Il prossimo salto dell’urbanizzazione potrà accompagnare il rebalancing dell’economia cinese verso un modello di sviluppo fatto di maggiore produttività, non solo di costi salariali ridotti all’osso; di domanda interna dinamica, non solo di politiche commerciali mercantilistiche; di utilizzo più intelligente delle risorse naturali. Secondo le notizie filtrate, è proprio perché la prima versione non era abbastanza ambiziosa sul fronte delle riforme che Li Keqiang ha chiesto alla National Development and Reform Commission di riscrivere il piano di politiche urbane entro cui verranno spesi 40 miliardi di yuan.

Rivoltando Gandhi sulla sua testa, i veri Bric si trovano non nei villaggi che vanno spopolandosi, ma nelle loro grandi città. Che sono destinate a crescere grazie alla nascita di nuove realtà e alla migrazione dalle zone rurali a quelle urbane. Rendendo sempre più necessario pianificare la crescita fisica delle agglomerazioni per renderle compatibili con la dinamica demografica e lo sviluppo economico.

ilsole24ore.com

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-08-01/prossima-sfida-bric-gioca-071253.shtml?uuid=Abp1jIJI




Corviale in un’importante rivista tedesca (che stiamo traducendo)

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