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Parte il progetto “Puglia digitale 2.0”

pugliaUna piattaforma innovativa con servizi digitali messi a disposizione di imprese, PA e cittadini: il progetto “Puglia digitale 2.0”.
Diventa sempre più concreto il progetto Puglia digitale 2.0, la piattaforma che nascerà grazie all’accordo tra la Regione e sette imprese del Distretto produttivo dell’informatica locale ponendo le basi per la creazione di una filiera industriale dell’IT nel territorio.
Grazie a un investimento regionale di 630 mila euro e al contributo di Openwork pari a oltre 1,5 milioni di euro, Puglia Digitale 2.0 rappresenterà una vera e propria filiera dei servizi digitali fruibili sia da parte delle imprese sia della PA, come anche dagli stessi cittadini che potranno scegliere e acquistare applicazioni software verticali.
Il progetto coinvolge anche l’Università del Salento e l’Università e il Politecnico di Bari, vantando come capofila la società Exprivia di Molfetta affiancata da Computer Levante Engeneering di Bari, Gei Inform di Brindisi, Link Management and Technology di Lecce, Omnitech con sedi a Bari, Roma, Milano e Stoccolma, Openwork di Bari e Parsec di Cavallino, in provincia di Lecce. Salvatore Latronico, CEO di Openwork, sottolinea l’apporto innovativo del progetto:

«La nuova filiera industriale dell’IT che sta nascendo in Puglia rappresenta una novità importantissima: le aziende informatiche stanno imparando a concepire i loro prodotti come componenti da aggregare per creare un nuovo valore aggiunto, esattamente come accade nell’industria automobilistica. Questo porta alla nascita di un sistema industriale che consentirà alle aziende di competere su nuovi mercati, sia nazionali che internazionali. La piattaforma “Puglia Digitale 2.0” avrà un valore inedito per ogni azienda che collabora al progetto: ogni società metterà a disposizione degli utenti servizi applicativi specifici , creando un nuovo modello di business e un servizio innovativo a disposizione delle altre aziende del Distretto dell’Informatica e della comunità tutta».

di Teresa Barone

http://www.pubblicaamministrazione.net/connettivita/news/3731/parte-il-progetto-“puglia-digitale-20”.html




Incontro in prepazione del forum Corviale

municipio XIMercoledì 16 ottobre alle 16,30 al Mitreo incontro in prepazione del forum Corviale.
Saranno presenti il Presidente dell’XI° Municipio Maurizio Veloccia, il Direttore “Architettura e Arte Contemporanea” del Ministero dei Beni Culturali Maria Grazia Bellisario, l’Assessore alle Infrastrutture Politiche abitative e Ambiente Regione Lazio Fabio Refrigeri, l’Assessore Lavori Pubblici Paolo Masini, il Commissario ATER Daniel Modigliani.
invito all’incontro in prepazione del forum Corviale




El Pais: Abbiamo lasciato i nostri lavori per creare orti urbani

ortiRuben Garcia e il suo partner, Daniel Roig, sono i fondatori della
societa’ GrowinPallet, che vende orti urbani, dalla struttura per piantare in casa fino alla
manutenzione con un agricoltore a domicilio. Il loro sogno: riempire i tetti di Barcellona
di ortaggi e frutta. E creare un’attivita’ che sia subito redditizia.

Domanda. Come e’ nata l’idea di vendere orti urbani a domicilio?

Risposta. L’idea e’ nata alla fine dello scorso anno quando io e il mio socio Daniel
Roig abbiamo tenuto un corso di orti urbani come hobby mentre lavoravamo nei nostri
posti di lavoro che non avevano niente a che fare con gli orti. Un giorno, vedendo lo
spazio sottoutilizzato che c’e’ sui tetti di Barcellona, c’e’ nata l’idea di renderli produttivi
coltivando ortaggi biologici e al tempo stesso migliorando l’aspetto attuale delle terrazze
inospitali e abbandonate della citta’.

D. E l’idea e’ ormai un’impresa…

R. Come societa’ siamo nati di recente. Il mio socio e io abbiamo lasciato i nostri
lavori ben remunerati per dedicarci a questo progetto nel febbraio 2013, senza sapere
ancora se era fattibile. Ma abbiamo voluto dedicare piu’ tempo di quanto avremmo
potuto fare tenendo i nostri posti di lavoro.

D. Vivete di questo nuovo lavoro?

R. Anche se sulla carta l’azienda e’ redditizia, lo sapremo solo tra un po’ di tempo. Al
momento non abbiamo un reddito con cui vivere ma questa e’ una scommessa a lungo
termine e nessuno aveva detto che sarebbe stato facile o veloce. Al momento siamo i
nostri unici dipendenti e con l’aiuto dei nostri collaboratori siamo in grado di soddisfare
le esigenze attuali.

D. Quali sono i vostri piani per crescere e fare di GrowinPallet un progetto redditizio?

R. Per la stagione estiva contiamo di realizzare sperimentazioni pilota con potenziali
utenti del nostro prodotto e del nostro servizio di agricoltori urbani. In questo modo
riceveremo un prezioso feedback per migliorare tutte le possibili carenze. E anche
lavorare con i clienti che abbiamo conquistato: un ristorante, un albergo e una comunita’
di condomini che vogliono disporre del servizio del contadino urbano per l’orto
GrowinPallet che hanno gia’ installato sul loro tetto. Inoltre, stiamo offrendo formazione
a giovani a rischio di esclusione sociale, in collaborazione con la fondazione Formació i
Treball. Questi giovani acquisiscono conoscenze sugli orti urbani e, in questo modo,
siamo in grado di offrirgli posti di lavoro nella nostra azienda come agricoltori urbani.

D. Con i vostri orti non c’e’ piu’ bisogno di andare al supermercato a comprare i
pomodori?

R. Le necessita’ coperte devono dipendere dal cliente a cui e’ diretto il prodotto. Mi
spiego: la ragione principale per cui un ristorante vuole un orto e il servizio di contadino
urbano, e’ quello di attirare clienti nel proprio locale offrendo ai commensali la
possibilita’ inconsueta di gustare piatti cucinati con verdure raccolte nell’orto accanto a
loro. Un prodotto, peraltro, ecologico e di qualita’, che non ha nulla a che fare con quelli
trovati nei grandi supermercati. In un condominio o in una casa per anziani, invece,
l’esigenza principale e’ quella di avere uno spazio per il tempo libero, una piccola oasi di
natura nel cuore della citta’ per riposarsi e per raccogliere qualche verdura con i figli e i
nipoti, senza tenere troppo conto del prezzo di cio’ che si sta raccogliendo. Anche se
abbiamo adeguato le nostre tecniche di coltivazione in modo che il prezzo per
chilogrammo di verdure sia il piu’ vicino possibile a quello dei negozi biologici, le nostre
verdure non saranno mai piu’ convenienti di quelle che si possono comprare al
supermercato.

D. Quanto costa un GrowinPallet?

R. Al prezzo dell’impianto, che varia da modello a modello, bisogna aggiungere
anche il costo di installazione. Inoltre, bisogna aggiungere il costo di manutenzione da
parte di un agricoltore urbano che viene una volta a settimana nel vostro orto. Per
esempio, il prezzo di un impianto di coltura di base e’ di 38 euro piu’ la spedizione. Il
costo di installazione (montaggio, miscela del substrato e semina) e’ di 125 euro. Un
totale di 163 euro.
Alejandra Agudo
link all’intervista




Importante post dell’assessore allo Sviluppo delle Periferie, Infrastrutture e Manutenzione Urbana Paolo Masini

periferiaOggi è un giorno importante per le nostre #periferie. Assieme all’Assessore Fabio Refrigeri, abbiamo incontrato la Direzione Generale per le Politiche Abitative del Ministero delle Infrastrutture e chiesto che venissero “salvati” i 9 milioni di euro destinati ai Contratti di Quartiere di #Primavalle e #Corviale. La Direzione ha preso atto dell’importante lavoro svolto in questi mesi grazie al coordinamento fra i due assessorati e con i Presidenti dei Municipi XI e XIV, Maurizio Veloccia e Valerio Barletta, e si è resa disponibile a non revocare i fondi, che rischiavano di essere sprecati a causa dell’incuria, dell’immobilismo e della mancanza di una progettualità condivisa con la cittadinanza da parte della precedente amministrazione.
In un momento complesso dal punto di vista delle finanze di Roma Capitale è fondamentale che neppure un euro vada perso. E questo è possibile solo con quel lavoro di squadra tra istituzioni e con i territori che assieme al Sindaco IGNAZIO MARINO stiamo mettendo in campo ogni giorno.




A Roma si assegnano 33mila mq per farne orti urbani e strapparli così al degrado e al cemento

ortoSalvaguardare il territorio dal degrado urbano e dalla cementificazione: è questo l’obiettivo che la Regione Lazio ha intenzione di perseguire con l’assegnazione di ben 33.000 mq di terreno incolto all’Associazione Orto XII che presto lo trasformerà in un gigantesco orto urbano.
L’area destinata alla riqualificazione si trova a ridosso del Rio Vallerano, uno dei pochi affluenti del Tevere scampato alla cementificazione che negli ultimi anni ha divorato le campagne delle periferie capitoline. Grazie a questa decisione, l’abbandono e il degrado che affliggono il territorio hanno le ore contate.
Non appena l’Associazione entrerà ufficialmente in possesso dell’area e i lavori di bonifica saranno ultimati, si provvederà ad assegnare ad ogni cittadino che ne ha fatto richiesta un appezzamento di circa 250 mq di terreno. Un gesto importante anche dal punto di vista sociale, visto che la maggior parte dei 75 pre-assegnatari sono per lo più pensionati.
L’iniziativa è di fondamentale importanza per il recupero di una zona che negli ultimi anni è stata letteralmente divorata dal cemento, dai rifiuti e da una urbanizzazione selvaggia. La riconversione di quei terreni equivarrà ad una vera e propria ‘terapia’ per tutto l’Agro Romano e la zona del Rio, per troppo tempo dimenticata dalle autorità e dai romani.
Finalmente alcune associazioni si muovono perché il Comune collabori alla creazione di percorsi ciclabili attrezzati. E speriamo che almeno stavolta le lungaggini burocratiche non ostacolino questo importante processo di riqualificazione che tanto gioverebbe al territorio e ai cittadini.

di ERIKA FACCIOLLA

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Seminare il futuro

seminaNata in Svizzera nel 2006 da un’idea di Ueli Hurter, agricoltore biodinamico, e di Peter Kunz, selezionatore di cereali biologici, l’iniziativa, di anno in anno, è stata abbracciata da numerosi Paesi – nel 2011 dall’Italia – e ha coinvolto migliaia di cittadini in tutto il mondo.

L’obiettivo di Seminare il Futuro! è sensibilizzare le persone sul tema della provenienza del cibo e del futuro dell’agricoltura, sottolineando, grazie ad una proposta originale e coinvolgente, l’importanza della sovranità alimentare locale e la consapevolezza che i semi biologici e biodinamici rappresentano una vera opportunità.
L’evento si svolge contemporaneamente in differenti aziende agricole biologiche e biodinamiche: un’occasione festosa, per grandi e piccini, curiosi e appassionati del mondo bio, che offre l’opportunità di compiere un gesto nello stesso tempo simbolico e concreto, che unisce il cuore di ciascuno alla terra.

I semi biologici e biodinamici utilizzati nell’iniziativa provengono da un processo di selezione che rinuncia all’uso degli ibridi e alla manipolazione genetica. La semina potrà successivamente essere seguita dai partecipanti: ciascuno potrà tornare presso l’azienda agricola sul campo contraddistinto dallo striscione firmato e osservare la crescita dei cereali seminati, sino al momento della trebbiatura.




Georgia. Il fascino della funivia di Stalin

People pass a cable car station that is not running during a power cut in the town of ChiaturaL’incredibile rete di teleferiche della città di Chiatura, nata negli anni ’50 per servire le miniere di manganese, unico modo per trasportare lavoratori e metallo. E il suo legame con il dittatore.
La chiamano la funivia di Stalin. Definizione impropria, ma fino a un certo punto. Perché è vero che la rete degli “impianti di risalita” che solcano i cieli della città georgiana di Chiatura, a 220 chilometri a Nord-ovest di Tbilisi, fu varata nel 1954, cioè un anno dopo la morte del leader sovietico, ma l’opera e la sua città sono strettamente legate con il controverso Iosif Vissarionovich, che georgiano era d’origine e che in questa città ebbe i suoi primi importanti successi politici.

E’ un incredibile network di teleferiche, nato per servire le miniere di manganese della città, trasportando sia i minatori che la materia prima. Delle 21 coppie di cabine che si inerpicavano per un’estensione complessiva di oltre 6mila metri, ancora 15 rimangono in servizio, pressoché identiche rispetto a 50 anni fa, nel loro esterno in metallo dal look retrò e vagamente lugubre. E seppure la città e il suo contorno, pur scosceso, circondato da boschi e incastonato nella valle del fiume Qvirila, non abbiano una vocazione turistica naturale, a maggior ragione addobbate come sono da tanta edilizia socialista-reale, è l’audacia dell’opera in sé a ergersi ad attrazione: chi l’ha vista la definisce come una delle opere ingegneristiche più affascinanti del pianeta.

Tutto nato per necessità, in un’area che già alla fine dell’Ottocento era diventata un importante “nodo” minerario, e dove nel periodo di massimo splendore si estraeva il 60 per cento dell’intera produzione mondiale di manganese. La costruzione di una città funzionale all’estrazione del metallo è del 1905, ma ci vollero quasi 50 anni prima di realizzare quel progetto che, data l’orografia, ben presto si intuì indispensabile: a tutt’oggi, infatti, la via aerea è nettamente la più veloce ed efficiente per domare i multipli saliscendi della zona.

E’ a quel punto che entra in scena Stalin. Il futuro dittatore sovietico, durante la Rivoluzione Russa del 1905 (la Georgia fa parte dell’Impero russo da circa un secolo) è attivissimo propagandista nella zona. E proprio a Chiatura lascia il segno, conquistandola con la sua oratoria alla causa dei Bolscevichi, unica città in un’area menscevica. Nacque così la leggenda del “sergente maggiore Koba” – così era stato battezzato in quei giorni – che Stalin riuscì a far vivere sino a dopo la sua morte, nonostante le ripetute deportazioni (o forse anche per quello, visto che ebbero come vittime le minoranze etniche) che ordinò dalle aree del Caucaso alla Siberia.

Quali siano i meriti del sergente maggiore Koba nel progetto, resta tutto da verificare. E’ un fatto che i primi leader del movimento operaio avessero ben chiari i problemi della città, dove circa 4mila minatori erano costretti a turni massacranti, dell’ordine delle 18 ore, con frequenti pernotti in miniera, anche a causa delle difficoltà logistiche, poi risolte dalla rete di teleferiche. Che oggi continuano a trasportare lavoratori e metallo, ma cominciano ad attirare l’attenzione dei turisti. Nonostante la loro palese arretratezza e i trascorsi non proprio edificanti della rete di trasporto aereo via cavo della Georgia, dove nella capitale Tbilisi un incidente alla funivia che collega la Rustaveli Avenue al Monte Mtatsminda provocò morti e feriti.

di Arturo Cocchi

http://viaggi.repubblica.it/articolo/georgia-il-fascino-della-funivia-di-stalin/228296?ref=HREC2-13




WORKSHOP GRATUITO ARDUINO – 14/10/2013

arduinoIn occasione del Quasar Open Day del 14 ottobre , alle ore 14:30 in via Nizza 152 – Roma, presso l’Istituto Quasar si svolger à il WORKSHOP GRATUITO di ARDUINO.
Osservare e imparare a progettare, in poco tempo, piccoli prototipi interattivi che comunicano con l’ambiente circostante attraverso dei sensori e l’uso di un semplice software.
I partecipanti al workshop saranno coinvolti in una sessione di progettazione attraverso l’utilizzo della piattaforma Arduino.
Emanuele Tarducci – Interaction Designer e coordinatore del corso in Web & Interaction – darà dimostrazione pratica di come progettare oggetti e sistemi interattivi basati su questa piccola scheda a microprocessore.
I partecipanti al workshop potranno utilizzare i computer messi a disposizione dall’Istituto Quasar oppure installare direttamente sui propri computer il software e sperimentare in prima persona quanto sia facile muovere i primi passi nell’affascinante mondo della progettazione interattiva.
Per partecipare basta riservare il proprio posto allo 06 8557078 o sul sito: http://istitutoquasar.com/content/quasar-open-day/.

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Google si prepara a investire in Italia. Eric Schmidt: «Ma serve la banda larga»

googleEccolo mister Google, Eric Schmidt. Fa il suo ingresso da star al Tempio di Adriano, in una delle più belle piazze di Roma. E la platea pende dalle sue labbra perché sta per fare un annuncio. Saluti di rito, una breve introduzione e via: «Abbiamo deciso – scandisce l’executive chairman del Colosso di Mountain View – di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il Made in Italy alla conquista dell’economia digitale».

Stavolta a parlare non è un politico o un imprenditore qualunque, ma il presidente di una delle più grandi e importanti aziende del mondo. Lo fa al Big Tent, evento organizzato nella Capitale da Google insieme ad Uniocamere, per discutere di come le tecnologie digitali possano fare da volano all’economia italiana, ma anche per raccontare le storie di chi, tra le migliaia di imprenditori del nostro Paese, ha già intrapreso il cammino della digitalizzazione.

Oltre a Schmidt, sul palco del Big tent si avvicendano il ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo, il presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, il segretario generale Cgil Susanna Camusso e Francesco Sacco.

Anche se sugli aspetti concreti del progetto (a partire dall’entità dell’investimento) Eric Schmidt dice assai poco, il fatto che l’azienda più importante del web si interessi all’Italia è già una buona notizia. Mister Google si dice molto interessato dalle potenzialità di sviluppo del nostro Paese, ricordando che «l’Italia, in cui l’economia internet è a poco più del 2% del Pil, ha dalla sua un potenziale unico che deriva dalla sua tradizione. Ossia, da quello che all’estero siamo ormai abituati a chiamare il Made in Italy. Il sistema economico italiano, infatti, seppur penalizzato da un ritardo tecnologico, ha tutte le caratteristiche per risultare vincente su Internet: l’Italia è un brand fatto di prodotti, di stile di vita, di cultura e di luoghi, ed è riconosciuto e ricercato all’estero».

Ma c’è un «ma». E Schmidt non manca di porvi l’accento: «Il governo dovrà garantire la banda larga veloce ovunque, nulla può accadere senza questo», sottolinea. Lo stesso governo, d’altronde, è il primo partner annunciato del progetto di Google. Il ministro De Girolamo ha incontrato il presidente del motore di ricerca e insieme hanno già individuato alcune delle direzioni da prendere. Il progetto, che vedrà la luce nel 2014, punta alla valorizzazione del made in Italy agroalimentare.

«Portare l’economia italiana nel digitale non deve significare snaturare la vostra economia e abbandonarne i settori di punta nel tentativo di creare in Italia una nuova Silicon Valley; significa piuttosto utilizzare internet come tecnologia abilitante, come strumento per analizzare i mercati, far conoscere il proprio prodotto e raggiungere i potenziali clienti». Ma per far questo «serve una maggiore capacità delle imprese italiane, tutte, anche le più piccole, di farsi vedere agli occhi del mondo attraverso internet».

L’azienda di Mountain View, dice Schmidt, si prefigge di aiutare l’Italia a raggiungere questo obiettivo: «In un paese con il 40% di disoccupazione giovanile, trovare soluzioni alla portata del tessuto imprenditoriale che aiutino a far crescere il fatturato delle imprese, il Pil del paese e allo stesso tempo utilizzino il talento dei giovani, sembra essere imprescindibile.

Ecco perché, come Google, abbiamo deciso di fare un importante investimento in Italia e offrire il nostro contributo per accompagnare il Made in Italy alla conquista dell’economia digitale. Ci concentreremo su tre aree: I) far conoscere le eccellenze nascoste dell’Italia II) diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali III) valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale dell’economia italiana. L’Italia è straordinaria nel mondo, se questa straordinarietà riusciamo a portarla online, un piccolo pezzettino per volta, ne deriverà un grande contributo alla crescita del paese. E noi siamo qui per fare la nostra parte».
di Filippo Bernardi
articolo del Messaggero




E’ il paesaggio più bello dell’anno e si trova in Australia

giardinoil giardino più bello del mondo
Il giardino botanico di Cranbourne ha vinto il premio come migliore progetto paesaggistico al World Architecture Festival 2013. Ospitato all’interno di una vecchia cava di sabbia, vicino a Melbourne, il giardino si presenta come un viaggio attraverso la flora australiana: dalla costa al deserto, tra costruzioni e laghi artificiali. 170,000 piante per 1700 specie: “E’ una raccolta di diversità – commentano i giudici – con un forte comune denominatore: l’evocazione dell’identità australiana senza bisogno di parole né di cartelli, solo la straordinaria flora del continente”
repubblica.it